Brano: [...] pazzo, e credo che non aveva tutti i torti, perché sciupavo a destra e a manca non solo tutto quello che guadagnavo ma anche ciò che avevo potuto realizzare vendendo parte della mia poca proprietà e quando non potevo avere danaro diversamente prendevo a prestito presso banche e privati che mi davano credito.
Arrivai così verso la metà del 1930 e mi trovavo oberato di debiti e mezzo rovinato. In questo frattempo erano avvenuti vari mutamenti. Gli Armoni erano falliti ed avevano liquidato tutto rimanendo sul lastrico, e, del resto, non poteva andare altrimenti, data la loro stupidaggine ed inettitudine, tanto vero che quando si voleva nel paese dire che un individuo era veramente sciocco, si esclamava : « È più stupido di don Cesare Armoni! ». Ultimamente veramente avevano riaperto il negozietto, ma non c’era più nulla e se vendevano qualche scampolino non bastava per il pane e tutti si domandavano come facevano proprio a vivere. Avevo saputo anche, e ciò m’importava più di tutto, che mia sorella aveva venduto tutta la sua parte di proprietà [...]
[...]he mia sorella non aveva più nulla cercava di allontanarsi pian piano e che nonMEMORIALE DAL CARCERE
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intendeva più sposarla. Mia sorella di questo fatto aveva avuto anche lei sentore ed aveva dichiarato che quando diventava certa e sicura che l’Armoni non l’avesse più sposata sarebbe andata a gettarsi di notte tempo in un pozzo vicino al paese. Più tardi venni a sapere ancora che se io mi fossi messo in mezzo impegnandomi di sborsare agli Armoni una data cifra, forse poi il Giacomo ed i suoi genitori avrebbero acconsentito al matrimonio. Pensai: «Ormai è senza onore e senza dote e se non la sposa lui non la sposerà nessuno. E certamente finirà o nel pozzo o chi sa come. Mi conviene perciò far qualunque sforzo e sacrificio purché la sposi immediatamente ». E poi, benché cercassi di rimanere persuaso al contrario, l’amavo sempre ed ora più di prima giacché la sapevo maggiormente in pericolo. Mi recai a M... dal mio amico Avv. Giulio Sacerdote, lo misi al corrente di tutto e
10 pregai d’intromettersi lui nella faccenda e di aggiustar[...]
[...]rutte acque sia che mi sentivo obbligato per le cinque mila lire che avevo promesso a mio cognato Giacomo. Per fortuna che allora godevo anche della nona categoria di pensione per una ferita riportata in guerra e così in qualche modo me la cavavo bene. Avevo smesso anche da un pezzo di andare al circolo, non facevo più spese inutili e pazzesche e dato ora che c’era mia sorella, quando non avevo altro da fare, o restavo in casa oppure mi recavo dagli Armoni ovvero andavo a sedermi nel loro negozio. In uno di questi giorni mi vidi chiamare dal sarto Antonio De Vincenzo da N... per dirmi che mio cognato prima di sposare gli aveva ordinato un vestito, ma dato che poi lui si era rifiutato di darlo in credito, giacché lo sapeva cattivo pagatore, mio cognato ora, a sua volta, gli aveva mandato a dire che il vestito non lo voleva più. Il De Vincenzo quindi prima di convenirlo in giudizio si era rivolto a.me per dirmi come doveva regolarsi. Io parlai con Giacomo e siccome Giacomo insistè che il vestito non lo .prendeva più, io dopo un lungo lavorio pers[...]
[...]Michele Pannunzio. Fu in questo periodo ancora che il figlio Giovanni partì per soldato ed il figlio Lorenzo invece venne congedato, dato ch’era stato degradato da sergente a soldato, per il motivo vero che io non ho potuto sapere mai, e quindi non poteva fare più carriera. E per fortuna che suo zio Giulio Armoni, tocco da compassione, vedendolo ora gironzolare per le strade, lo mantenne agli studi e così divenne maestro elementare. Naturalmente gli Armoni, dopo che il loro figlio divenne insegnante, per contraccambiare lo zio del beneficio ricevuto se lo inimicarono di nuovo e poco mancò che non lo battessero e lo malmenassero stante le minacce che gli facevano in mia presenza e specie dopo che PArmoni Giulio si era deciso di sposare per la seconda volta facendo perdere loro la speranza dell’eredità. Appresi in seguito che PArmoni Giulio da tempo non varcava la soglia del fratello, come del resto non la varca tuttavia, proprio per non incontrarsi con la cognata e cioè con la mia attuale suocera, tanto vero che quando morì la prima moglie dell’[...]
[...] dalla vita, ma l’ho fatto e lo farò perché mio cognato Giacomo impari a conoscere, e sempre che Iddio, o presto o tardi, gli voglia togliere dagli occhi il fitto velo dell’attuale sua perversa cecità, la gente in mezzo alla quale è vissuto ed a cui sono affidate ora le sorti delle sue tre figlie femmine.
Mi sovviene a questo punto che una volta e prima che il fratello Giovanni di mio cognato fosse partito per soldato fui chiamato d’urgenza dagli Armoni. Recatomi in casa loro vi trovai l’Elena con una mano spaccata in due da una larga ferita lacero contusa. Mi pregarono di medicargliela io alla meglio, perché, secondo affermavano loro,
il medico era assente. Io, dato che tenevo sempre in casa i medicinali, più urgenti, glie la medicai come meglio potei e seppi poi, più tardi, che la ferita all’Elena l’aveva prodotta il fratello Giovanni colpendola ripetutamente colla paletta di ferro della cucina.
Dopo che anche mio cognato Giacomo si persuase che difficile mente avrei potuto sposare bene facendo le cose in fretta, si decise di andare [...]
[...]e altro. Dapprincipio dormì per alcun tempo nella mia casa l’Ottavio il fratello minore di mio cognato, ma poi accortomi che riferiva tutte le mie cose ai suoi non lo feci venire più e mi feci fare tutto dal padre della persona di servizio che avevo ultimamente, dato che per trasportarmi l’acqua, giacché in casa non c’era, veniva da me da tempo.
Intanto io andavo quasi tutte le sere a sedermi nel negozio di mia sorella e qualche volta anche dagli Armoni e mia sorella veniva da me, ma la vedevo sempre più triste e che sfioriva e deperiva sempre più. Lei però allora non mi diceva mai niente, perché non voleva disturbarmi e perché, si vede, ancora i suoi guai erano alquanto sopportabili. In questo frattempo mi ero accorto che il barbiere Armando Romeo, colla scusa che tagliava i capelli alle ragazze della famiglia Armoni, frequentava allo spesso e qualche volta anche con la moglie la loro casa e che l’Aurora, a sua volta, accompagnata di quando in quando dal fratello Lorenzo, frequentava anche lei la casa del Romeo.
11 Lorenzo la portava fi[...]
[...]atello di mia moglie Lorenzo, il quale si era riabilitato in Africa divenendo S. Tenente di complemento e per cui io ebbi molto piacere. Quando aveva appreso del mio matrimonio aveva scritto una lettera a mia moglie dicendole ,della grande fortuna che aveva avuto a sposare me ed a me chiedendo scusa pel fatto dell’incidente colla figlia di P anetta giustificandosi che allora si era trattato di una vile calunnia.
Quel Natale andai a passarlo cogli Armoni, come buona parte .delle feste successive, benché a malincuore e sempre per accontentare mia sorella, la quale ogni volta mi diceva: «Se non vieni, se la pigliano con me e son sicura che non mi lasciano venire più da te. E poi se non vieni tu con chi vuoi che io passi le feste? Con loro? Con loro e cogli estranei è tutt’uno! E poi, dato che tu non devi pensare più per le spese del pranzo, come una volta, in verità, ce ne hanno molto piacere, specie Giacomo, perché a te son sicura che ti voglionoMEMORIALE DAL CARCERE
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bene ed anche per dimostrarti che ora che spendono loro ti desider[...]
[...]tranei è tutt’uno! E poi, dato che tu non devi pensare più per le spese del pranzo, come una volta, in verità, ce ne hanno molto piacere, specie Giacomo, perché a te son sicura che ti voglionoMEMORIALE DAL CARCERE
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bene ed anche per dimostrarti che ora che spendono loro ti desiderano più di prima ».
La sera di quel Natale dopo cena venne un certo mastro muratore Pierino Lombardia con la famiglia, il quale stava riadattando la casa degli Armoni e così ci mettemmo a giocare a nocciole tutti quanti, tranne dei fratelli maggiori di mia moglie che si trovavano già fuori per i fatti loro. Ad un certo punto mia sorella aveva perduto tutte le nocciole e disse di non volere giocare più. Mia suocera allora adirata se ne uscì con queste parole : « Giuoca, pezzentona scostumata! ». Io a queste parole rimasi interdetto anche perché c’era la famiglia del Lombardia ed alzandomi dissi di non volere giocare più neanche io. I Lombardia anche loro sconcertati si alzarono e se ne andarono. Come loro se ne furono allontanati, io dissi a mia moglie: «An[...]
[...] proposta, rimanevo trepidante,MEMORIALE DAL CARCERE
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e più tardi mi vestii ed uscii. Andai dritto al negozio. Imboccata la soglia vidi mio cognato Giovanni con la rivoltella in mano che faceva come un pazzo dicendo « Mi perdo io, ma si salvano due famiglie! » ed il padre che cercava di disarmarlo e di trattenerlo. Ad un certo momento si sganciò dal padre ed il padre allora si lanciò appresso di corsa. Anch’io mi avviai verso la casa degli Armoni e mentre mi avvicinavo tremavo come una foglia. Entrai dentro e vidi mia suocera che si dimenava come un energumento e la figlia Aurora quasi morta per terra. Salii sopra di corsa da mia sorella. Al termine della scala incontrai mio suocero che teneva il figlio Giovanni a viva forza e che lottava per portarselo via. Li oltrepassai ed entrai nella stanza da letto di mia sorela. La vidi dritta in mezzo al letto in camicia e colle braccia tese come un crocefisso che gridava ripetutamente « Aiuto, mi vogliono ammazzare! » ed il marito inferocito ed in atto bestiale che stava per batterla. Mandai [...]
[...]proposito della cattiva condotta di sua sorella Aurora ed Elena, ebbe a dichiararmi : « Credete forse che io e mio fratello Giovanni non saremmo capaci di tirare un colpo in fronte a mia sorella Aurora ed un altro ad Elena e poi sotterrarle nel basso o nell’orto e spargere la voce che sono scomparse? Noi saremmo capaci ed ancora non è detta l’ultima parola! ». E fu forse in seguito a questa sua dichiarazione che subentrò in me la convinzione che gli Armoni avendo assassinata già e sotterrata nel loro basso mia sorella, dovevo allontanarmi da N##* diversamente avrebbero assassinato anche me pver cui avevo scritto due lettere, una al Podestà ed una al Tenente dei RR. CC. per giustificare la mia decisione ed il mio allontanamento. E se le lettere poi rimasero nel tiretto ed io non mi fui per allora allontanato più, non lo feci perché prevalse in me la paura che ovunque fossi andato o nascosto, gli Armoni mi avrebbero raggiunto e quindi assassinato lo stesso. Come non ricordo più neanche se fu verso quest’epoca che andai dal Comm. don Tiberio Spada per consigliarmi con lui come dovevo fare per emigrare nell’America del Sud confidandogli che la ragione principale per cui dovevo allontanarmi erano proprio le mie disgraziate condizioni di famiglia. E non ricordo più neanche se fu verso quest’epoca che incominciai a sfogarmi cogli amici, raccontando loro delle mie sventure, specie coll’amico Avv. Giulio Sacerdote, coll’amico oculista Dott. Francesco Polichemi e coll’amico Ing. Filippo Giusti.170
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[...]vati al 1939. Io in questo frattempo aveva dovuto cambiare casa a causa di mia moglie la quale si era messa a litigare inimicandosi coi vicini come soleva fare sua madre e fra l’altro pretendeva che anch’io mi fossi messo a tu per tu con gente alquanto turbolenta e che non aveva che pensare, quando una sera dei primi di febbraio mi mandò a chiamare d’urgenza mio cognato Giacomo. Io pensai in un primo istante a mia sorella poi raggiunta la casa degli Armoni vidi mio cognato Lorenzo moribondo perché mentre scendeva dal villaggio di S... in bicicletta era caduto fracassandosi il cranio. Senza perdere tempo lo portammo all’ospedale ed io per ben quindici giorni e quindici notti vegliai solo al suo capezzale, per poterlo strappare alla morte coll’aiuto del mio amico chirurgo dott. Antonio Spataro. In ultimo, sempre a causa di mia suocera e di mio cognato Giacomo, giacché mi riempirono la testa che non era stato curato bene e che avevano preteso molto compenso, mi dovetti bisticciare col segretario dell’ospedale ed intaccare alquanto l’amicizia col c[...]
[...]ed il suo molto saper fare, che quando andava a Fiuggi cercava sempre di trovare una qualche donnina danarosa per farsi pagare alla fine le spese di cura eMEMORIALE DAL CARCERE
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soggiorno. E mi ricordo anche come una volta il dott. Arturo Calabrese mi raccontò che un giorno sul treno mio cognato Giacomo aveva preso arrogantemente a male parole il ten. colonnello Giorgio Cordopatre, sol perché questi si era permesso di dire, che ora che gli Armoni si erano rimessi a posto, potevano pagargli una cambiale di L. 2000 circa che lui aveva dovuto pagare un tempo come avallante di mio suocero. Dico anche, dappoiché cade a proposito, che il mio cognato Giacomo usava viaggiare, come forse anche ora, in seconda classe per darsi aria di uomo importante e dello snob e potere impressionare così il pubblico, malattia questa, del resto, di famiglia come ho potuto constatare esperimentando mia moglie. E la meraviglia mia qual era? Che si davano aria dello snob non solo con coloro che non
li conoscevano, ma anche con coloro che li conoscevano bene e[...]
[...]erdersi sì ma a mia sorella no, e se qualche volta m’imponevo mia moglie a me non mi pigliava a schiaffi, benché me lo facesse capire che l’avrebbe fatto ben volentieri ma la serva che andava senza del suo permesso, quando mancavo io ne buscava poi di santa ragione. Basta dire che se qualche volta volevo dare a mia sorella un po’ di roba di maiale, dovevo portarla io di nascosto, quantunque il maiale delPanno serviva se non tutto buona parte per gli Armoni. Un giorno mentre mi mettevo a tavola, pensando a mia sorella, mi venne da piangere e non volli mangiare. Mia moglie allora mi domandò : « Perché questo ora? ».
«Perché? Perché io mangio e mia sorella non mangia! ».
« Ho capito! D’ora in avanti significa che non debbo mangiare neanche io».
Si alzò ed andò a coricarsi a letto, ove rimase per vari giorni senza volere mangiare. Però dopo che io uscivo mangiava e beveva e faceva i comodi suoi ed io per non aggravare la situazione fingevo di non capire niente. Né era questa la prima e l’ultima volta che mia moglie si metteva a letto e non[...]
[...]tacevo e mi rodevo dentro. Un giorno che feci presente a mia moglie che ciò non istava bene, lei negò dicendo che durante la mia assenza non era venuto mai nessuno. Io allora tacqui, perché ormai avevo paura non solo di loro, ma principalmente di mia moglie, la quale ormai aveva presa l’abitudine di minacciarmi coi fratelli e col padre, abitudine che mantenne fino alla fine.
In questo frattempo il dott. Castagna smise di frequentare la casa degli Armoni, ma conoscendo chi fossero loro, io rimasi amico. Penso che mia suocera sapendo che Gennaro Grandi aveva una qualche idea per l’Aurora, dato che era rimasto vedovo con vari figli e senza donna di casa, credè prudente allontanarlo e non certo perché faceva la corte a mia moglie, giacché quando una volta il Castagna a proposito di mia moglie le aveva detto che aveva per figlia una bambolina fatta col pennello, lei lusingata e contenta aveva risposto: «Avreste dovuto vedere me a vent’anni e le mie figlie di fronte a me ora sono scaglie! ». E mi spiego anche perché una volta mia moglie riferì all[...]
[...] allora! » ed andammo muti e senza più dire una parola.
Rimasi tutta la notte e buona parte del giorno appresso sdraiato nello studio con la testa fra le mani. Non saprei descrivere ciò che mi passava per la mente. La mattina il padre ed i fratelli, tranne di mio cognato Giacomo, entravano di colpo nella mia casa, parlavano sottovoce con mia moglie e poi se ne andavano. Quando non volevano entrare fischiavano, perché un’altra caratteristica degli Armoni era quella di chiamarsi col fischio, mia moglie apriva il balcone e così si allontanavano. Quel fischio mi attraversava le cervella da parte a parte e mi dava un senso di lugubricità tale da farmi perdere completamente la ragione e così mi perseguitò fino alla fine quando qualcuno veniva e fischiava perché sapeva che c’ero io e non voleva salire.
Verso le undici entrò mia sorella nello studio. Anche lei era trasfigurata o almeno mi sembrò tale. Ebbe la forza di piangere e mi disse:
« Ho dovuto dare ragione a loro perché sennò mi avrebbero strangolata! Io ormai sono disposta a fare quals[...]
[...]mi confortò, mi disse che difficilmente nei miei fatti si potevano trovare le determinanti di una separazione e mi consigliò in fine, dato che c’era anche la guerra in vista, di attendere pel momento, che poteva darsi che con la guerra tutti saremmo stati richiamati e quindi poi da cosa poteva nascere cosa. In quel momento mi persuasi, ma ritornato a casa seguitavo a persi > stere nella mia decisione.
Chiamai mio cognato Grandi e feci sapere agli Armoni che intendevo dividermi, benché sapevo che non mi sarei diviso perché avevo paura, ma io cercavo di tenere duro proprio per soffocare la paura, e che anche mia sorella si sarebbe divisa. Dopo qualche giorno venne mio cognato Giacomo col Grandi per comunicarmi con la sua aria magna, che io non avevo nessun motivo di potermi dividere; però se mia sorella avesse voluto dividersi poteva farlo anche subito. Io non ricordo più che cosa risposi e lui se ne ndò. Ma dopo alcuni giorni gli Armoni, capito il pericolo, vennero a più miti consigli e mio cognato mi fece sapere che ormai era disposto a fare[...]
[...] sapevo che non mi sarei diviso perché avevo paura, ma io cercavo di tenere duro proprio per soffocare la paura, e che anche mia sorella si sarebbe divisa. Dopo qualche giorno venne mio cognato Giacomo col Grandi per comunicarmi con la sua aria magna, che io non avevo nessun motivo di potermi dividere; però se mia sorella avesse voluto dividersi poteva farlo anche subito. Io non ricordo più che cosa risposi e lui se ne ndò. Ma dopo alcuni giorni gli Armoni, capito il pericolo, vennero a più miti consigli e mio cognato mi fece sapere che ormai era disposto a fare famiglia a parte dai suoi, ma che però da quel momento in poi lui doveva fare l’uomo e non mia sorella, giacché fino ad allora lui aveva fatto la donna e mia sorella l’uomo. Io capii a lampo quest’altra sua recondita malvagità e siccome ormai la piaga recente causatami da mia moglie andava scomparendo, tremai ancora una volta per mia sorella. Lo presi col dolce, mi umiliai ancora una volta e lo esortai che avesse per l’avvenire una certa carità per quel rudere di donna, quasi impazzita [...]