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Il segmento testuale Già è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 1143Analitici , di cui in selezione 44 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Alfonso Paolella, Varietà e documenti. Semiologia, narratologia e retorica. Una rassegna bibliografica 1975-1979 in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - maggio - 31 - numero 3

Brano: VARIETÀ E DOCUMENTI
SEMIOTICA, NARRATOLOGIA E RETORICA
UNA RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 19751979
La vasta eco suscitata dai piú recenti sviluppi della semiotica, la sua istituzionalizzazione in associazioni nazionali ed internazionali e in congressi periodici e, in ultimo, il suo affacciarsi in alcune strutture accademiche hanno sanzionato una collocazione precisa di questa disciplina nel panorama culturale di questi anni.
È noto come il fascismo da un lato ed il crocianesimo dall'altro abbiano tenuto la cultura italiana, per circa trent'anni, lontana dalle ricerche linguistiche e letterarie di punta del nostro secolo. Solo negli anni Ses[...]

[...]i classici della linguistica (Saussure nel 1967, Hjelmslev nel 1968, Sapir nel 1969 ecc.) proseguita poi nel decennio successivo, mentre a soli tre anni di distanza dall'edizione francese venivano riproposti in Italia i Saggi di linguistica generale di Jakobson (1966) e, poco dopo, nel 1971, i Problemi di linguistica generale di Benveniste (1966). Nello stesso tempo la traduzione di Erlich (1954, tr. it. 1966) e la riedizione italiana dell'antologia di Todorov (1965, tr. it. 1968) diffondevano in Italia alcuni pezzi classici del formalismo (e con la raccolta di Faccani e Eco, 1969, dei loro continuatori). Unica eccezione a questa ritardata apertura verso macroscopici fenomeni della cultura internazionale è la precoce traduzione, nel 1956, di Theory of Literature di Wellek e Warren (prima ed. 1949), solo di recente scoperta in Francia.
Gli anni Settanta hanno assistito ad una vera esplosione e quasi ad una inflazione di studi di linguistica e semiotica, che tuttavia trovano sensibile solo una piccola fetta del mondo accademico. Nel 1974 [...]

[...]uni lavori magari importanti. Non è perciò mia intenzione essere esauriente (esistono ottime bibliografie e riviste che annoterò in seguito); ma vorrei solo offrire una veloce panoramica su alcuni sviluppi di questa disciplina relativamente recente: saranno utilizzate solo le pubblicazioni italiane o straniere apparse in volume in Italia dal 1975 ossia dall'anno successivo al primo Congresso dell'iAss (per il periodo precedente si veda, oltre al già ricordato n. 8/9 di « VS », la Biblioteca di « Strumenti critici » dedicata ai piú recenti studi semiotici).
Lavori di carattere generale e divulgativo sono apparsi anche recentemente: va innanzitutto citata la facile e buona sintesi di Calabrese & Mucci (1975), Caprettini (1976), il volumetto di Casetti (1977), il Segno di Eco (1973), la recente traduzione della Semiologia di J. Martinet (1979); per quanto riguarda la situazione in Italia fino al 1976 (con buona bibliografia) si veda il volume antologico di Ponzio (1976). Notizie bibliografiche abbastanza recenti si trovano pure in Gambarara (1979). Nel 1979 Eco ha inaugurato una nuova collana, « Espresso Strumenti », di divulgazione scientifica e in cui finora sono apparsi diversi volumi. Un quadro sommario per argomenti riguardanti anche la letteratura, con esauriente bibliografia, si trova in Raimondi e Bottoni (1975). Un panorama internazionale relativo alle aree di ricerca, ai problemi e alle teorie semiot[...]

[...] tuttavia notevoli lacune bibliografiche per la non motivata decisione degli autori di operare un appiattimento cronologico del materiale esaminato; infine è da ricordare quello di Marchese (1978), piuttosto insoddisfacente e lacunoso in molti lemmi.
Da quando Peirce e Saussure, ciascuno per conto proprio, scoprivano il valore « segnico » degli oggetti, questa disciplina, chiamata ormai indifferentemente, dopo varie polemiche e proposte, semiologia o semiotica, si è sviluppata
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ed allargata fino al punto che gli stessi semiologi non sono concordi all'unanimità sulla sua definizione. Essa è straripata dagli originari margini strettamente filosofici
o linguistici per andare ad indagare, prima con strumenti strutturali e poi più specificamente semiotici, altri oggetti come l'antropologia (LeviStrauss), le pratiche culinarie e la moda (Barthes), l'araldica (Mounin), il fumetto (FresnaultDeruelle), la musica (Pagnini, Stefani), l'architettura (De Fusco, Scalvini), la comunicazione animale (Sebeok), il cinema (Metz, Bettetini), il teatro (Ruffini), la psicanalisi (Lacan, Verdiglione) ecc.
La semiotica, come è considerata da qualche decennio, riconosce come propri ascendenti sia Peirce, che sul versante logicofilosofico scopriva, alla fine del secolo scorso, l'esistenza di « una dottrina quasi necessaria o formale dei segni », sia Saussure, che sul versante linguistico, agli ini[...]

[...]attaccata da Mounin (1970, tr. it. 1972).
Innegabili e notevoli sono i contributi della grammatica trasformazionale (Chomsky), della « Textlinguistik » (Dressler, Petöfi ecc.), della teoria degli atti linguistici (Austin, Searle), della logica (Quine, Linsky) alla semiotica, ma basti qui solo una menzione.
Linguista di ascendenza saussuriana è Prieto, il cui ultimo volume apparso in Italia è Pertinenza e pratica (1975, tr. it. 1976). La semiologia di Prieto può essere considerata uno sviluppo ed estensione della scuola fonologica di Praga e, in particolare di Trubeckoj. Prieto, in dura polemica con il neopositivismo e con ogni concezione che ammetta l'esistenza di una lingua naturale, oggettiva
e che goda di vita autonoma, sostiene che la lingua, avendo come fine principale,
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secondo l'insegnamento di Saussure, la comunicazione, è un prodotto sociale. Il sistema di equivalenze e di opposizioni attraverso il quale II parlante riconosce i suoni della propria lingua viene determinato dal fatto che egli si serve d[...]

[...]ativo di concepire un oggetto, l'altro modo di concepirlo che viene presupposto da quel primo è sempre un modo (de)notativo di concepire l'oggetto in questione. Si avrebbe cosí connotazione quando si ha a che fare con una concezione di un oggetto che si può dire `sussidiaria' nei confronti di un'altra concezione dello stesso oggetto » (p. 58).
Per Prieto la costruzione di ogni conoscenza della realtà materiale è legata ad una pratica. Una ideologia è un discorso tendente a far dimenticare questo legame tra conoscenza e pratica e cioè a « naturalizzare » le conoscenze. Ciò interessa in particolare II gruppo sociale egemone che riesce ad imporre le pratiche per esso privilegianti tramite la « naturalizzazione » delle conoscenze che ne derivano. Prieto quindi, conciliando le posizioni marxiste con la concezione saussuriana della lingua, riesce ad elaborare un sistema ricco di conseguenze teoriche e pratiche anche di ordine sociopolitico.
Sullo stesso filone marxista, ma di ascendenza morrisiana si pone RossiLandi. Già nei lavori precedenti (1968 e 1972), analizzando il concetto di discorso ideologico, RossiLandi aveva affermato che esso « usa privilegiare se stesso, cioè autodichiararsi piú importante, piú fondato, piú obiettivo, piú rappresentativo di tutti gli altri discorsi che riguardino lo stesso tipo di situazioni » (1968, p. 152). L'autore sostiene che è possibile una omologia tra merci e segnali linguistici in quanto ambedue presentano lo stesso tipo di « alienazione ». In altri termini il parlante viene espropriato dalla classe egemone, che possiede i mezzi di produzione e di comunicazione, dei mezzi di comunicazione propri e della sua comunità attraverso la proposta di modelli linguistici e il controllo della formulazione grammaticale e lessicale delle sue espressioni fino a fargli produrre espressioni « corrette » del messaggio.
Afferma RossiLandi (1975) che tra struttura e sovrastruttura, tra modi di produzione ed ideologia esiste un elemento mediatore (il si[...]

[...]ni il parlante viene espropriato dalla classe egemone, che possiede i mezzi di produzione e di comunicazione, dei mezzi di comunicazione propri e della sua comunità attraverso la proposta di modelli linguistici e il controllo della formulazione grammaticale e lessicale delle sue espressioni fino a fargli produrre espressioni « corrette » del messaggio.
Afferma RossiLandi (1975) che tra struttura e sovrastruttura, tra modi di produzione ed ideologia esiste un elemento mediatore (il sistema semiologico) che permette un'analisi piú articolata e completa della realtà: « l'elemento mediatore consiste nel complesso dei sistemi segnici, verbali come non verbali che sono presenti in ogni comunità, `costituiscono' il sociale... Se tale ipotesi è corretta, i `pezzi del gioco' sono pertanto non già due ma tre: ai modi di produzione ed alle ideologie è necessario aggiungere i sistemi segnici » (p. 206). Evidente
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risulta l'importanza della pubblicità, dei massmedia per la formazione e vitalità di una ideologia, Su questo argomento si veda anche Foucault (1970, tr. it. 1972).
Recentemente sono apparsi due volumi della Kristeva (1969, tr. it. 1978 e 1974, tr. it. 1979). Nel primo EriµrLwti.xrj, Ricerche per una semanalisi, viene avanzata la proposta di parlare di semanalisi piuttosto che di semiologia. La Kristeva osserva che il lavoro (in senso marxiano) della lingua consiste nel produrre senso e, in questa produzione, subisce un processo di trasformazione che viene, ogni volta, fissato nel testo; l'autrice propone quindi di parlare di una « semanalisi che studia nel testo la significanza e i suoi diversi tipi, [e che] dovrà perciò attraversare il significante con il soggetto e il segno, come pure l'organizzazione grammaticale del discorso per raggiungere la zona dove si adunano i germi di ciò che significherà la presenza della lingua » (p. 20). Per l'autrice il significante assume un val[...]

[...]Jakobson (1963, tr. it. 1966, cap. 11), che costituirebbe la « messa a punto rispetto al messaggio in quanto tale, cioè l'accento posto sul messaggio stesso » (p. 191). Il linguaggio letterario sarebbe quindi il linguaggio in cui la funzione poetica è predominante sulle altre funzioni, ma su questo argomento si rimanda al volume di Di Girolamo (1978). Questo settore di interessi è giustificato dal motivo che compito della semiotica, come abbiamo già detto, è anche lo studio della significazione, del linguaggio come capacità espressiva e, quindi, del codice, dei modelli culturali e sociali che lo determinano. Numerosi sono i lavori teorici ed applicativi in questo ambito di studi: basterà sfogliare qualche numero di « Strumenti critici » per rendersene conto.
Lo studio del testo letterario come oggetto semiotico, ossia come sistema di segni polivalenti, è stato il tema dell'ultimo volume miscellaneo di Segre (1979) che prende a prestito, elaborandoli, alcuni concetti di linguistica testuale, i « modelli culturali secondari » della scuola[...]

[...]tici » per rendersene conto.
Lo studio del testo letterario come oggetto semiotico, ossia come sistema di segni polivalenti, è stato il tema dell'ultimo volume miscellaneo di Segre (1979) che prende a prestito, elaborandoli, alcuni concetti di linguistica testuale, i « modelli culturali secondari » della scuola di Tartu (uxss), sistematizzandoli nel discorso filologico che è l'unico punto di ancoraggio per qualsiasi analisi testuale: « la filologia aiuta a superare il soggettivismo e il solipsismo di certe posizioni moderne della critica e, ahimé, della semiotica » (p. 20). La partita quindi si gioca sul testo, il solo punto di incontro e terreno valido per verificare qualsiasi modello teorico. Nella tesi proposta da Segre il formalismo si innesta
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su una base storica piú robusta, per la quale i modelli semiologici, che sono anche storici e culturali, subiscono una verifica rigorosa su un supporto piú concreto: il testo filologicamente corretto. La presenza di tali modelli non deve spingere il semiologo a presta[...]

[...]lica con rigore sistematico le tecniche semiotiche soprattutto a testi medievali (1975 e 1977); mentre la Corti nei Principi della comunicazione letteraria (1976) presenta un accurato discorso di sintesi sul fenomeno del funzionamento del linguaggio letterario inserito nel sistema socioculturale ed ideologico della società in cui vive l'autore (si vedano soprattutto i capitoli riguardanti i generi letterari). L'autrice, approfondendo un concetto già enunciato nel volume precedente (il testo è un segno polisemico e dinamico suscettibile di letture diverse), propone, con la metafora del Viaggio testuale (1978) un'indagine del testo come « viaggio dell'autore verso il testo e quello del testo verso il profondo della propria legge costruttiva; e poi viaggio di ogni lettore nel testo e del testo nella realtà o nella storia » (p. 5): in questo modo saggi su Dante e su Bonvesin da la Riva si trovano accanto a saggi sul neorealismo, sulla neoavanguardia e su Calvino. Sul concetto di letteratura e letterarietà si veda anche il buon manualetto di [...]

[...]entale che dia conto di tutte le possibili forme di significazione.
Un altro grosso filone della semiotica fa capo al formalismo russo degli anni Venti e si è sviluppato per conto proprio. Il discorso sulla tradizione sovietica, scoperta in Italia solo negli anni Sessanta, si fa piú complesso, poiché queste
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ricerche abbracciano ambiti e settori di indagine tra i piú disparati, come la filosofia del linguaggio, la tipologia della cultura, la metrica, la narratologia, l'analisi letteraria, il folklore ecc. Si possono, in ogni caso, distinguere almeno due fasi: il formalismo degli anni 19151930, in cui studiosi di diversa estrazione, ma con prevalenti interessi letterari, si raccolgono intorno al Circolo di Mosca
e all'oPoJAz di Leningrado. I maggiori rappresentanti di questo periodo sono Sklovskij, il giovane Jakobson, Ejchenbaum, Tomasevskij, Tynianov che cercano di analizzare, in ambiti diversi, i procedimenti della « Jetterarietà » indipendentemente dai fattori esterni ed ambientali che la determinano. In una seconda fase, il formalismo russo si innes[...]

[...]orma il lettore su tutto ciò che è stato tradotto in Italia, dagli anni Sessanta, dei lavori dei formalisti russi e degli strutturalisti e semiotici sovietici del dopoguerra. Aggiungerò solo due volumi apparsi recentemente: Prevignano (a cura di) (1979) e Bachtin (1979).
La riflessione della semiotica letteraria sul testo comporta anche la considerazione di un tipo particolare di testo, che è il racconto. Per l'analisi del racconto,
o narratologia, bisogna risalire alle « lezioni » dei formalisti russi (contributi vengono dagli americani Forster, 1927, tr. it. 1963, Frye, 1957, tr. it. 1969): Veselovskij (1977), Propp (1928, tr. it. 1966), Sklovskij (1925, tr. it. 1966 e 1976; 1959, tr. it. 1969), Tomasevskij (1928, tr. it. 1978) e Todorov (1965, tr. it. 1968) e alle piú recenti ricerche francesi: il n. 8 di « Communications » tradotto in volume (AA.VV., L'analisi del racconto, 1969), Barthes (1970, tr. it. 1973), Bremond (1973, tr. it. 1977), Greimas (1966, tr. it. 1969). A Tomasevskij e a Sklovskij siamo debitori dei concetti di intr[...]

[...]i personaggi, abbastanza vasta, ma anche semplice, è sorretta dal materiale semantico e da 7 verbi modali e/o descrittivi (volere, potere, sapere, fare; avere, essere, sembrare) che si combinano tra loro in varie misure. Il tutto è tenuto su dai fili dell'isotopia, ossia dal piano di coerenza semantica di un testo.
Bremond (1966, tr. it. 1969 e 1973, tr. it. 1977) individua in ogni tipo di racconto un'organizzazione ternaria (principio ternario già descritto nella Poetica di Aristotele) dell'azione narrativa: virtualità, attualizzazione (o mancata), scopo raggiunto (o mancato). Egli si propone, seguendo una linea di tipo logico, di tracciare una grammatica dei comportamenti dei personaggi, individuando i punti in cui questi, costretti dalle circostanze, devono « scegliere ». Per questo motivo i personaggi sono divisibili in categorie tipo: agentepaziente, influenzatore, produttore di miglioramento o di peggioramento, retributore ecc. e ciò comporta che in ogni racconto l'eroe agisce in modo da ottenere un miglioramento o evitare un pegg[...]

[...]l contributo italiano in questa area di ricerca e nel periodo qui esaminato, e quantitativamente molto scarso: ai due volumi di Ruffinatto sul Lazzarillo de Tormes (1975 e 1977) si aggiunga il volume di Avalle (1977a) che analizza il tema della « fanciulla perseguitata » attraverso la vita di Santa Uliva, la novella n, 7 del Decameron fino alla Justine di Sade. Nel 1975 esce Semiotica, storia e cultura di Segre che mette a punto delle intuizioni già accennate nel 1974. Segre propone di ridurre le complesse analisi dei formalisti russi e della scuola francese e suggerisce una lettura del testo almeno secondo quattro tagli descrittivi: il discorso, l'intrigo, la fabula, il modello narrativo cui corrispondono rispettiva
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mente: la lingua (retorica, metrica ecc.), tecniche dell'esposizione, materiali antropologici, concettichiave e logica dell'azione.
Per Segre questi tagli « hanno un grado di mobilità e di complessità decrescenti. Uno stesso sistema, concettuale e logico si realizza attraverso molteplici temi, miti[...]

[...]orso dell'Enciclopedia Einaudi) « tra intreccio e fabula da un lato, e modello narrativo dall'altro, sussiste una differenza fondamentale: nell'intreccio e nella fabula le azioni vengono indicate metalinguisticamente con termini generali sullo stesso asse semantico di quelli usati nel discorso; nel modello narrativo le categorie coinvolgono campi semantici vari, comprendenti azioni diverse che possono svolgere la stessa funzione entro un modello già definito di narrazione » (vol. Iv, p. 1072). Siamo ancora lontani dal postulare una grammatica generale del racconto, ma questo, di Segre, forse è già un tentativo apprezzabile.
Anche l'ultimo volume di Eco (1979) affronta queste problematiche. Il discorso di Eco è piú complesso perché si pone al crocevia di diversi settori di indagine, proprio perché un testo, essendo un ipersegno polivalente, può essere analizzato su molteplici livelli. Eco infatti considera il testo narrativo come un insieme di blocchi semantici, linguistici, logici, pragmatici, retorici ecc. che devono essere analizzati dagli strumenti delle discipline corrispondenti. Il nodo centrale ed anche il punto di partenza del discorso di Eco è che il testo, per essere compreso[...]

[...]nzi (1979). Una raccolta di saggi di diversa provenienza metodologica, sempre su problemi di narrativa, è apparsa nell'ultimo Quaderno della rivista « Lingua e Stile » redatto a cura di E. Raimondi & B. Basile: Dal « Novellino » a Moravia (1979).
La riflessione sul linguaggio e sui meccanismi che lo regolano hanno risvegliato un interesse per la retorica da parte della semiotica che ha tentato un recupero straordinario di questa antica scienza. Già il Florescu (1960, tr. it. 1971) notava che il recupero del « retorico », nella storia della cultura, si verifica ogni volta che si medita sugli oggetti linguistici o letterari. Spesso essa è stata confusa con la poetica o è stata ritenuta « ancilla » della poetica. Di fatto si è verificato che durante i secoli da Quintiliano (Inst. orat. ni, 34) in poi, fino a Ramus, Du Marsais, Fontanier, Kant, Hegel e Croce è stata progressivamente sfrondata delle 5 parti in cui si costituiva (inventio, dispositio, elocutio, memoria e actio) fino ad essere in pratica identificata solo con la « elocutio » o[...]

[...]to formalistico di « scarto » da una norma come misura per cercarvi lo spazio del poetico e del linguaggio letterario. Lo stesso Gruppo µ, fondandosi sulle dicotomie saussuriane significante/significato, sintagma/paradigma, ripropone il medesimo schema tassonomico delle figure retoriche, secondo l'antica consuetudine anche se vestite a nuovo. Le figure (metabole) sono infatti il risultato di mutazioni parziali o complete che riguardano la morfologia (metaplasmi), la sintassi (metatassi), la semantica (metasememi), la logica (metalogismi). L'imperialismo della metafora sulle altre figure è giustificata, secondo gli autori, dal fatto che essa « è la figura centrale di ogni retorica » ed è il prodotto di due sineddochi. Gli autori, presi a discutere formalmente sulle « figure della comunicazione » spesso dimenticano il contesto e la competenza del destinatario che, in fin dei conti, è il solo giudice che può stabilire il tasso di figuralità di un enunciato. Quest'ultima osservazione vale anche per l'altro volume Rhétorique de la poésie (197[...]

[...]ce che può stabilire il tasso di figuralità di un enunciato. Quest'ultima osservazione vale anche per l'altro volume Rhétorique de la poésie (1977) di prossima pubblicazione in Italia.
Ma forse tutto il discorso di una fondazione scientifica della retorica sta proprio nello stabilire lo statuto di una figura e se essa debba essere considerata in termini di scarto da una norma. Su questo punto si è cominciato a discutere, una volta consacrato il già citato sopravvento della « elocutio », fin da Du Marsais, Fontaniér e poi, piú recentemente, ma per altri fini, con Sklovskij (ostranenie: « straniamento ») e con le ricerche di Toma"sevskij e di Tynianov sulla norma e sullo scarto. Spesso si è creduto di poter risolvere il problema operando una equazione tra norma = linguaggio denotativo e scarto = linguaggio connotativo (Barthes, 1957, tr. it. 1974; 1964, tr. it. 1966 e van Dijk, 1972, tr. it. 1976), ma questo si è rivelato scarsamente operativo (Todorov, 1972, tr. it. 1972, p. 301 e Di Girolamo, 1978, pp. 1123) proprio perché bisognerà def[...]

[...]te, Il campo dell'argomentazione (1970, tr. it. 1979) che costituiscono l'uno un abbozzo, l'altro un parziale sviluppo delle tesi del Trattato. Un'applicazione al comico dello stesso Trattato è il Comico del discorso della OlbrechtsTyteca (1977, tr. it. 1977).
Sulla stessa scia della neoretorica di Perelman, ossia della rivalutazione di tutte le parti della retorica si pone Barilli (1979) che, dopo un lungo excursus storico della retorica, appoggia le tesi del Perelman in quanto la retorica « è l'occasione in cui si usa il discorso nel modo piú pieno e totale, dove cioè le componenti fisiche del parlare non cedono rispetto a quelle intellettuali » (p. 1): e per « componenti fisiche vanno intese anche le modalità del porgere, gli atti di pronuncia, la mimica facciale, i gesti» (ibid.). Interessante è l'ultimo lavoro di Ducrot apparso in Italia (1979) che insiste sull'uso delle implicazioni logiche del discorso e sulle strategie comunicative. Di retorica si è interessato anche Eco in alcuni capitoli dei suoi già citati volumi ed insiste s[...]

[...]cioè le componenti fisiche del parlare non cedono rispetto a quelle intellettuali » (p. 1): e per « componenti fisiche vanno intese anche le modalità del porgere, gli atti di pronuncia, la mimica facciale, i gesti» (ibid.). Interessante è l'ultimo lavoro di Ducrot apparso in Italia (1979) che insiste sull'uso delle implicazioni logiche del discorso e sulle strategie comunicative. Di retorica si è interessato anche Eco in alcuni capitoli dei suoi già citati volumi ed insiste sull'uso che si è fatto della retorica sia come mezzo per la manipolazione ideologica sia come pratica di ipercodifica espressiva. L'unico lavoro organico che esiste sulle tecniche della memoria è quello della Yates (1966, tr. it. 1972). In Italia, per gli studi di retorica, è molto attivo il Circolo filologico linguistico padovano diretto da G. Folena, che ha dedicato, in alcuni dei convegni che tiene ogni anno a Bressanone, molto spazio
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a questa scienza: Attualità della retorica (1973), Retorica e politica (1974), Retorica e poetica (1975),[...]

[...]telstvo « Chudo%estvennaja Ljteratura », tr. it. Estetica e romanzo. Un contributo fondamentale alla «Scienza della letteratura», a cura di C. Strada Janovic, Torino, 1979; BARILLI, Renato 1979: Retorica. Milano, ISEDI; BARTHES, Roland 1957: Mythologies, Paris, Seuil, tr. it. Miti d'oggi, trad. di L. Lonzi, Milano, Lerici, 1962, e Torino, Einaudi, 1974'; 1964: Eléments de sémiologie, « Communications » 4 (1964), 91135, tr. it. Elementi di semiologia, trad. di A. Bonomi, Torino, Einaudi 1973; 1967: Système de la mode, Paris, Seuil, tr. it. Sistema della moda, trad. di L. Lonzi, Torino, Einaudi, 1970; 1970: S/Z, Paris, Seuil, tr. it. S/Z, trad. di L. Lonzi, Torino, Einaudi, 1973; 1970a: L'ancienne rhétorique, « Communications » 16 (1970), 172229, tr. it. La retorica antica, trad. di P. Fabbri, Milano, Bompiani, 1972 (19792); BREMOND, Claude 1966: La logique des possibles narrati f s. « Communications » 8 (1966), 6071. Tr. it. La logica dei possibili narrativi, in AA.vv. L'analisi del racconto, 97122,
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Milano, Bompi[...]

[...]i, 1972 (19792); BREMOND, Claude 1966: La logique des possibles narrati f s. « Communications » 8 (1966), 6071. Tr. it. La logica dei possibili narrativi, in AA.vv. L'analisi del racconto, 97122,
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Milano, Bompiani, 1969; 1973: Logique du récit, Paris, Seuil, tr. it. Logica del racconto, trad. di R. Gramatica, Milano, Bompiani, 1977; CALABRESE, Omar & Mucci, Egidio 1975: Guida a La semiotica, Sansoni, Firenze; CAPRETTINI, Gian Paolo 1976: La semiologia. Elementi per una introduzione, Torino, Giappichelli; CASETTI, Francesco 1977: Semiotica. Saelio critico testimonianze documenti, Milano, Accademia; COLETTI, Vittorio 1978: Il linguaggio letterario, Bologna, Zanichelli; CORTI, Maria 1976: Principi della comunicazione letteraria, Milano, Bornpiani; 1978: Il viaggio testuale. Le ideologie e le strutture semiotiche, Torino, Einaudi.
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[...]enza letteraria sovietica in Italia. Saggio bibliografico. 196077, « Strumenti critici » 3637 (1978), pp. 353417; FINzi, Alessandro 1979: Modelli grafici e critica letteraria, Torino, Einaudi; FLORESCU, Vasile 1960: Retorica si reabilitarea ei in fclozofia contemporanä, Bucuresti, Ed. Academiei R.S. România, tr. it. La retorica nel suo sviluppo storico, trad. di A. Serra, Bologna, Il Mulino, 1971; FoNzI, Ada & NEGRO SANCIPRIANO, Elena 1975: La magia delle parole. La riscoperta della metafora, Torino, Einaudi; FORSTER, Edward Morgan 1927: Aspects of the Novel, London, tr. it. Aspetti del romanzo, trad. di C. Pavolini, Milano, Il Saggiatore, 1963 (19682); FOUCAULT, Michel 1970: L'ordre du discours, Paris, tr. it. L'ordine del discorso, trad. di A. Fontana, Torino, Einaudi, 1972; FRYE, Northrop 1957: Anatomy of Criticism. Four Essay, Princeton University Press, tr. it. Anatomia della critica. Quattro saggi, trad. di P. RosaClot e S. Stratta, Torino, Einaudi, 1969; GAMBARARA, Daniele (a cura di) vedi Jakobson, R.; LeviStrauss et alii; GARRONI, Emilio 1972: Progetto di semiotica, Bari, Laterza; 1977: Ricognizione della semiotica. Tre lezioni, Roma, Officina Ed.; GENETTE, Gérard 1966: Figures, Paris, Seuil, tr. it. Figure. Retor[...]

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[...]1: Dictionnaire de poétique et de rhétorique, Paris, PUF; MORRIS, Charles W. 1939: Foundations of the Theory of Signs, Chicago, tr. it. Lineamenti di una teoria dei segni, di F. RossiLandi, Torino, Paravia, 1954; 1945: Signs, Language and Behavior, New York, tr. it. Segni, linguaggio e comportamento, di S. Ceccato, Milano, Longanesi, 1949 (19632); MOUNIN, Georges 1970: Introduction d la sémiologie, Paris, Minuit, tr. it. Introduzione alla semiologia, di N. Colecchia, Roma, Ubaldini, 1972; OLBRECHTSTYTECA, Lucie 1977: Le comique du discours, Bruxelles, Editions de l'Université, tr. it. Il comico del discorso. Un contributo alla teoria generale del comico e del riso, di A. Serra, Milano, Feltrinelli, 1977. PEIRCE, Charles Sanders 1960: Collected Papers, Cambridge, Massachussets, Harvard Univ. Press; PERELMAN, Chaim 1952: Rhétorique et Philosophie, Paris, PUF, tr. it. Retorica e filosofia, Bari, De Donato, 1979; 1970: Le champ de l'argumentation, Bruxelles, Presse Universitaire de Bruxelles, trad. it. Il campo dell'argomentazione. Nuova ret[...]

[...]ondamenti teorici, Bari, Dedalo; PREVIGNANO, Carlo (a cura di) 1979: La semiotica nei paesi slavi, Milano, Feltrinelli; PRIETO, Luis 1975: Pertinence et pratique. Essai de sémiologie, Paris, Minuit, tr. it. Pertinenza e pratica. Saggio di semiotica, di D. Gambarara, Milano, FeltrinelliBocca, 1976; PRODI, Giorgio 1977: Le basi materiali della significazione, Milano, Bompiani; PROPP, Vladimir Ja. 1928: Morfologija skazki, Leningrad, tr. it. Morfologia della fiaba, a cura di G. L. Bravo, Torino, Einaudi, 1966 (19712); RAIMONDI, Ezio & BASILE, Bruno 1979: Dal «Novellino» a Moravia. Problemi della narrativa. Bologna, Il Mulino; RAIMONDI, Ezio & BOTTONI, Luciano (a cura di) 1975: Teoria della letteratura, Bologna, Il Mulino; ROSSILANDI, Ferruccio 1968: Il linguaggio come lavoro e come mercato, Milano, Bompiani; 1972: Semiotica e ideologia, Milano, Bompiani; 1975: Charles Morris e la semiotica novecentesca, Milano, Feltrinelli; RUFFINATTO, Aldo 1975: Struttura e significazione del «Laxxarillo de Tormes ». I. Costruzione del modello operativo. Dall'intreccio alla fabula, Torino, Giappichelli; 1977: Struttura e significazione del «Laxxarillo de Tormes ». II. La fabula. Il modello trasformazionale, Torino, Giappichelli.
SAUSSURE, Ferdinand de 1916: Cours de linguistique générale, publié par Ch. Bally & A. Sechehaye, Paris, Payot (19312), tr. it. Corso di Linguistica generale, a cura di T. De Mauro, Bari, Laterza, 1967 (19702); SEBEOK, Thomas 1976: Contributions to the doctrine of signs, Indiana University, Bloomington, tr. it. Contributi alla dottrina dei segni, Milano, FeltrinelliBocca, 1979; SEGRE, Cesare 1969: I segni e la critica. Fra strutturalismo e semiologia, Torino, Einaudi; 1974: Le strutture e il tempo. Narrazione poesia modelli. Torino, Einaudi; 1977: Semiotica storia e cultura, Padova[...]

[...]AUSSURE, Ferdinand de 1916: Cours de linguistique générale, publié par Ch. Bally & A. Sechehaye, Paris, Payot (19312), tr. it. Corso di Linguistica generale, a cura di T. De Mauro, Bari, Laterza, 1967 (19702); SEBEOK, Thomas 1976: Contributions to the doctrine of signs, Indiana University, Bloomington, tr. it. Contributi alla dottrina dei segni, Milano, FeltrinelliBocca, 1979; SEGRE, Cesare 1969: I segni e la critica. Fra strutturalismo e semiologia, Torino, Einaudi; 1974: Le strutture e il tempo. Narrazione poesia modelli. Torino, Einaudi; 1977: Semiotica storia e cultura, Padova, Liviana; 1978: Discorso, « Enciclopedia Einaudi », Vol. Iv: CostituzioneDivinazione, Torino, Einaudi; 1979: Semiotica filologica. Testo e modelli culturali, Torino, Einaudi; SKLOVSKIJ, Viktor 1925: 0 teorii proxy, Moskva, tr. it. Una teoria della prosa, di M. Olsoufieva, Bari, De Donato, 1966; Teoria della prosa, trad. di C. De Michelis e R. Oliva, Torino, Einaudi, 1976; 1959: Chudozestvennaja proza, Moskva, tr. it. Lettura del «Decameron ». Dal romanzo d'avve[...]



da Giovanni Pirelli e Piero Malvezzi (a cura di), Lettere di condannati a morte della Resistenza europea in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 7 - 1 - numero 3

Brano: [...]ione degli scolari e studenti ai valori che animarono il Movimento di Liberazione in Italia e negli altri Paesi e, in genere, la conoscenza di quel momento della nostra vita nazionale che fu l'atto di nascita della Repubblica Italiana. È mancata da parte degli studiosi ed artisti una elaboiazione dei fatti e dei temi di quei tempi, ostando, fra molte cause spcci
LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA EUROPEA
fiche e generiche, lo scoraggiamento degli editori, anche fra i più democratici, di fronte al disinteresse del mercato librario per i testi sulla Resistenza. Il solo Istituto per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia ha rappresentato, pur nella estrema limitatezza dei mezzi finanziari a disposizione, una certa continuità negli studi e nella raccolta di documenti. E ciò proprio nel periodo in cui avveniva la fioritura delle memorie degli exgerarchi fascisti e repubblichini. Analoga vicenda sembra aver subito la pubblicistica degli altri Paesi dell'Europa Occidentale e una parallela fioritura di memorie di nazisti [...]

[...] Resistenza erano state protagoniste e dei partiti che avevano formato i Comitati di Liberazione Nazionale; ma furono nel loro insieme, (ignorandosi qui volutamente gli insulti di una parte della stampa neofascista) serie e impegnate. Perciò ci parve di essere su di una buona strada e di dover fare, su di essa, un passo avanti.
LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA EUROPEA 3
Dapprima pensammo ad una seconda raccolta di lettere di partigiani, non più limitata al tema dei condannati a morte. Ne facciamo qui cenno perché è una ricerca che qualcuno dovrà compiere (e subita, prima che altro materiale vada disperso!) rifacendosi al lavoro che l'Omodeo compi sulle lettere dei combattenti della prima guerra mondiale e da cui emerge, sia pure limitatamente ai ceti intellettuali borghesi, la storia morale delle generazioni che in quella guerra si sacrificarono. Noi ci orientammo invece verso un lavoro che fosse la diretta estensione delle Lettere italiane e iniziammo, d'accordo con l'Editore Einaudi, le ricerche per una raccolta di Lett[...]

[...]ratta di procedere allo spoglio di pubblicazioni sulla Resistenza che possano contenere lettere scritte in punto di morte dai patrioti «giustiziati » e di organizzare una rete di collaboratori che conducano le ricerche nei vari settori. C'è da superare la difficoltà rappresentata dalla lingua, c'è da interessare alla iniziativa persone lontane, studiosi, direttori di istituti storici o di uffici culturali, responsabili di associazioni di expartigiani, esponenti politici, excappellani di carceri, per i quali il nostro solo biglietto di presentazione è il lavoro da noi precedentemente compiuto in Italia. L'esito delle ricerche è percid ampiamente condizionato alla buona volontà e comprensione delle persone a cui ci rivolgiamo e che agiscono nelle situazioni storicopolitiche le più diverse. Talvolta interviene il caso che ci fa scoprire un titolo o un nominativo grazie al quale il problema di un intero settore giunge rapidamente ad una felice conclusione. Possiamo dire di essere attualmente, dopo un anno circa dall'inizio, a tre quarti del nostro lavoro. Restano da superare, tuttavia, i problemi più difficili.
1 documenti che presentiamo sono una scelta di quelli finora raccolti e tradotti. Solo una parte dei Paesi in cui vi fu Movimento di Liberazione vi sono rappresentati. Da altri attendiamo il materiale che [...]

[...]rono vittime di eccidi di massa, senza tri, bunali e senza preavvisi, ed intere famiglie, anzi, intere comunità, furono sterminate; malgrado le ricerche compiute dallo Zwiazek Bojownikow di Varsavia, la sola Lettera finora reperita (che qui presentiamo, di ignota presumibilmente polacca, ci proviene da un archivio berlinese). Presentiamo
4 LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA EUROPEA
anche alcune delle lettere italiane che nell'antologia europea faranno parte del capitolo Italia.
Quanta l'Europa sia divisa, ce ne rendiamo ben conto attraverso questa esperienza di lavoro. Non ci riferiamo, s'intende, alla cosidetta cortina di ferro. Ci riferiamo alla difficoltà di scambi culturali fra Paese e Paese, alle difficili relazioni fra i gruppi culturali di diverse ideologie nei singoli Paesi. La ricerca intrapresa potrà avere anche questa ragione: di aver portato il suo contributo all'abbattimento delle barriere che ci dividono.
PIERO MALVEZZI e GIOVANNI PIRELLI
IGNOTA
Presumibilmente polacca. II documento originale si trova pres[...]

[...]VVNVerlag di Berlina che lo ha pubblicato in lingua tedesca nella raccolta « Briefe von Antifascisten geschriebenen vor Ihrer Hinrichtung ».
Tarnopol, 7 aprile 1943
Miei cari,
prima che me ne vada da questo mondo, vorrei, miei carissimi, lasciarvi qualche riga. Quando un giorno questa lettera vi raggiungerà, io e noi tutti non esisteremo più. La nostra fine si avvicina. Lo si sente, lo si sa. Tutti, come gli altri ebrei inermi e innocenti che già sono stati giustiziati, siamo condannati a morte. Tra brevissimo tempo sarà la volta del piccolo residuo che finora é sfuggito alle uccisioni in massa. Per noi non cë scampo da questa orribile tremenda morte.
Subito al principio (nel giugno 1941) furono uccisi circa 5000 uomini, fra i quali anche mio marito. Dopo sei settimane, quando ebbi cercato per cinque giorni fra i cadaveri (gli uomini venivano uccisi davanti alla fabbrica di mattoni e trasportati poi al cimitero), trovai anche il suo. Da quel giorno la mia vita è cessata. Non avrei potuto augurarmi un compagno migliore e più fedele ne[...]

[...] può veder scorrere tanto sangue innocente e non dire nulla, e non fare nulla, e aspettare ciascuno la medesima morte ?
Così, miseri e senza pietà dobbiamo finire. Credete forse che vogliamo finire così, morire così ? No! No! Non vogliamo! Nonostante tutte queste esperienze, l'istinto di conservazione sembra diventare più forte, più intensa la volontà di vivere quanto più s'avvicina la morte. Non si riesce a comprendere nulla.
Miei cari, David giace al cimitero ebraico. Non so dove giac
LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RES ISTENZA EUROPEA 7
cia la mamma, l'hanno portata a Balaec. Dove sarò sepolta io, non lo so. Se forse verrete qui dopo la guerra, qualche conoscente vi dirà dove sono stati condotti i trasporti dei lager. Non è facile dire addio per sempre. Addio, addio...
JULIUS FUGÍK
Cecoslovacco, nato a Smikhov, sobborgo di Praga, il 23 febbraio 1903. Studente in Filosofia vive facendo il fattorino, l'allenatore sportivo, il muratore e infine il redattore del « Rude Pravo a. Studioso e scrittore, nella clandestinita organizza una rete di giornali e riviste ed é me[...]

[...]ndo il fattorino, l'allenatore sportivo, il muratore e infine il redattore del « Rude Pravo a. Studioso e scrittore, nella clandestinita organizza una rete di giornali e riviste ed é membro del Comitato Centrale del Partito Comunista Ceco. Arrestato nella primavera del 1942, viene processato a Berlino nell'agosto 1943 ed impiccato l'8 settembre 1943. (Lettera tratta dalla raccolta «Poslední Dopisy », Svoboda, Praga, 1946)
Miei cari,
come forse già saprete ho cambiato abitazione. Il 23 agosto aspettavo una vostra lettera a Bautzen e ho ricevuto, invece, l'ordine di trasferimento a Berlino. Il 248 passavo già per Goerliz e Cottbus, il 258, di mattina, iniziò il processo e a mezzogiorno era già finito. E andato secondo le aspettative. Ora sono, con un compagno, in una cella a Ploetzensee, incolliamo dei sacchetti, cantiamo ed aspettiamo che venga il nostro turno. Rimangono alcune settimane, a volte si aspetta anche dei mesi. Le speranze cadono silenziosamente e dolcemente, come foglie secche.
L'inverno sfronda l'uomo come un albero. Credetemi: nulla, proprio nulla di ciò che è successo ha potuto togliermi la gioia che è in me e che ogni giorno si annuncia con qualche motivo di Beethoven. L'uomo non diventa più piccolo anche se viene accorciato della testa. E vi prego caldamente, qu[...]

[...]criveteglielo. Quando ritornerà, se ritornerà.
Voi, ora, vorreste forse sapere (vi conosco!), come vivo. Viva del tutto bene. Anche qui ho del lavoro, libri e giornali ed oltre a ciò non sono solo in cella, cosicché il tempo passa... anche troppo presto, come dice il mio compagno.
Il trattamento qui è molto buono, come dappertutto dove sono stato finora in Germania. A Bautzen, per esempio, ogni settimana arrivavano da casa dei pacchi con il mangiare, che si conservava, malgrado la lunghezza del viaggio (pane, zucchero, mele, lardo, ecc.). Non si poteva scrivere in proposito, ma a tutti venivano consegnati i pacchi. Sapete che in me non c'è mai stato rancore per il popolo tedesco e le mie esperienze qui niente (seguono alcune parole cancellate dalla censura) ...è svanito. Ma naturalmente: c'è
ancora la guerra. Julius Fucík
JOSEF MATUgEK
Cecoslovacco, minatore di Slezská Ostrava. Lavora nel movimento sindacale operaio e diventa Segretario della Federazione dei minatori e redattore del giornale « Havir ». Arrestato dalla Gestapo ad Ost[...]

[...] — moglie di un comunista trucidato — ed anche' tutte le altre donne alle quali la Gestapo ha preso gli uomini, vi porrete al posto dei vostri mariti ed appoggerete il Partito Comunista e lavorerete per esso.
Hedvika, sulle nostre nozze d'argento é piombata una nube nera. Io, però, ringrazio il destino per i 25 anni trascorsi al tuo fianco. Questo é stato per me il più bel regalo. Questo é stato il mio più bel sogno, la favola della mia vita. E già svanita. Mi sembra non sia trascorso molto tempo dall'epoca in cui, a, mezzogiorno, ti venivo incontro in via Josefska, quando andavi a pranzo. Mi sembra non sia trascorso molto tempo dall'epoca in cui prima di sposarci, in maggio, sedevano sulle rocce e la silenziosa notte ci portava, da Zarubek, il suono della canzone: o Quando il destino ti porta il dolore e la malinconia t'entra nel cuore ». Canto quella canzone che cantavamo pulendo le piume e anche quell'altra: o Arriva la primavera, arriva, di nuovo verrà maggio ». Sii coraggiosa, non piangere, soltanto l'uomo debole dispera di sé. In [...]

[...]rigione e suppliziato a Brandemburgo nel maggio 1944. (Lettera tratta dalla raccolta « Poslední Dopisy », Svoboda, Praga, 1946)
Potsdam 5. 3. 1944
Miei cari tutti,
sono contento di aver ricevuto, come tutti gli altri, della carta da lettera e di potervi così scrivere di nuovo. Oggi é una bellissima domenica, un bel sole ha brillato tutto il giorno, il firmamento era azzurro e non c'era neppure una nuvola. Si sentiva in pieno la primavera, che già si annuncia lentamente, anche se fa ancora freddo. Quando ci sono delle belle giornate così, si diventa subito piú allegri per via del sole.
Oggi, miei cari, vi siete forse ricordati di me, ed io pure di voi.
Ho guardato le fotografie, che mamma mi ha mandato il 14.1 (le ho ricevute però solo 1'1.3 dopo il giudizio), mi sono intrattenuto con voi tutti, ed anche con te, Emilka, lo sai che non mi sono mai dimenticato di te. Penso a voi tutti, nessuno escluso delle nostre grandi famiglie, ogni giorno. Appena mi alzo il mio o buon giorno » é anzitutto rivolto a voi tutti, miei cari, e quando va[...]

[...]ma. Ma nella vita succede così: dobbiamo continuamente imparare e prima che si riesca a imparare perfettamente, viene la fine. Ma tuttavia il domani sarà sempre migliore del ieri, forse tutto migliorerà e la gente vivrà sempre meglio. Potesse ciò essere vero, miei cari! Bene, io auguro a tutti voi che la vostra vita sia bella come questa giornata, che vi sia in essa molto sole e pochissime nuvole, oppure che vi siano solo quelle che portano la rugiada.
Così, miei cari, ed anche voi più piccini, ricevete tutti un gran bacio (a voi piccoli anche un buffetto sulla guancia per ognuno, in aggiunta) e un caldo abbraccio. A tutti i conoscenti una stretta di mano. State tutti bene.
Vostro
Jan
gig
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LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA EUROPEA 13
IVAN VLADKOV
Bulgaro, nato a Drjanovo il lo gennaio 1915, impiegato di Tribunale Dipartimentale, poi licenziato per la sua attività nel movimento operaio. Sorpreso nel maggio 1943 come operatore di una radio trasmittente clandestina, viene fucilato il 22 novembre dello stesso anno. (Let[...]

[...]via, ti toglie lentamente la coscienza; lo spazio della cella diventa stretto, la cella sembra senza aria. Eppure, avere tanto desiderio di vivere!
14 LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA EUROPEA
E il bambino! Caro il mio figliolo, che fin da adesso sente la mancanza del suo papà. Sono ancora commosso delle sue parole: « Papa, quando vieni mi compri un tramvaiuccio, il trenino, le scarpe ».
Mio figlio sente la mia mancanza, ha nostalgia di me, della carezza e del pensiero del papà. Quando gli ho risposto che non mi lasciavano andare da lui, mi ha detto: «Ma allora se non vuoi venire vuol dire che non mi vuoi bene, papà ». Che puro amore infantile, che grande amore racchiude il suo animo!
Ma questi che ci hanno condannato a morte non hanno forse bambini? Non capiscono gli errori, non hanno compassione? Certo per se stessi trovano sempre unn giustificazione, ma quando, se non altro per i nostri figli, dovrebbero mitigare la condanna, essi dicono che la legge non lo permette. Che sciocchezze! Ma forse non sentono un amore altr[...]

[...]ché era degna che si morisse per lei.
E tu, Laci mio, cerca di mitigare agli altri il dolore che io ho causato con la mia morte.
Babbo, vecchio mio! So che mi hai voluto tanto bene e che tu soffri che io me ne vada. Ti consoli il sapere che hai una famiglia per la quale merita vivere e lavorare. Fa' per la famiglia, anche in avvenire, tutto quello che puoi. Vogliatevi bene, perché solo l'affetto dá senso alla vita.
Perdonatemi se sto filosofeggiando, ma credetemi, io sento così, mi fa bene dirvi questo per l'ultima volta e mi pare di essere tra voi e di conversare e parlare con voi.
Mi congedo da tutti: non mi sarebbe possibile nominarli uno a uno.
Mia adorata mamma, babbo, sorelle mie, vi abbraccio con caldo affetto.
Pista
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LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA EUROPEA
ZOLTÁN SCHOENHERZ
Ungherese, nato a Ko"síce nel 1905. Segretario del Partito Comunista Ungherese, dopo quattro anni di attività clandestina viene arrestato, il 6 luglio 1942, e consegnato alla Gestapo ungherese. Condannato a morte il 29 settembre 19[...]

[...]terna legge della vita, la natura. Tutto quello che nasce deve anche morire. Io muoio, ma in te sta sorgendo nuova forza che continua la vita: u ...der Weg, die brennende Strasse geht weiter, wenn auch dein Weg, wenn auch mein Weg Kamarade zu Ende geht ». Ancora tu non puoi capire quello che sta succedendo intorno a te. Quando sarai grande, tua madre, . e anche altri, ti racconteranno come era tuo padre, cosa fece, e che grande guerra c'è stata. Giá, cara Márta, questa guerra è orrenda. Sono convinto che, tra poco tu potrai continuare la tua vocazione, interrotta dalla tua malattia e da altri motivi. Ma intanto cerca di procurarti un lavoro che ti assicuri una indipendenza economica. Trovo naturale che tu, se credi, ti sposi nuovamente. Spero che Gyuri possa avere un padre che gli voglia bene e che lo educhi bene.
Bisogna cercare che Gyuri venga educato all'indipendenza e non venga viziato da un esagerato affetto, che non abbia una educazione esclusivamente intellettuale, ma anzi severa, affinché possa tenere bene il suo posto nella vit[...]

[...]c'é da contare sulla grazia e, secondo le esperienze fatte sinora, non c'é nemmeno da contare su di una revisione del giudizio, devo concludere la mia vita e su questi fogli vòglio dirti i miei ultimi pensieri e desideri. Cucirò questi fogli in un materasso e spero che qualche uomo giusto e buono li trovi un giorno e che pervengano in buono stato, sia pure con un certo ritardo, nelle tue care mani. Quando li avrai, se ciò avverrà mai, tutto sarà già comunque chiarito. Vari prigionieri condannati a pene minori, che sopravviveranno a me, ti racconteranno più estesamente di me e delle mie cose, del mio destino e del mio con tegno. La morte non é in definitiva così orribile come generalmente la si pensa. Una volta che ci si è rassegnati al proprio destino e se si tiene conto dello stato in cui qui vegetiamo, essa é una vera liberazione. Ognuno si augura che venga subito, eppure tutti temono le ore estreme, l'angoscia della morte prende ogni uomo ed ogni nervo si ribella contro la morte violenta. Con tutta
24 LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DE[...]

[...]e ogni uomo ed ogni nervo si ribella contro la morte violenta. Con tutta
24 LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA EUROPEA
la rassegnazione esteriore e nonostante una continua preparazione spirituale, è sempre una terribile prova per i nervi quando, dalla propria cella o da quella vicina, dei prigionieri vengono prelevati per essere giustiziati. In ogni giorno in cui le esecuzioni hanno luogo, in gènere il mercoledì, giovedì e venerdì, già si è presi dallo spavento quando si sente l'avvicinarsi dei passi alla cella e lo stridere dei catenacci alla porta. La nostra condizione è indescrivibile. Fra la vita. e la morte, senza diritti, simili a bestie destinate al macello. Abbiamo soltanto gli indumenti indispensabili, fornitici dalla prigione, pantaloni, blusa, berretto e zoccoli, i ¡pantaloni guarniti di una larga striscia nera, il segno dei condannati a morte, camicia, mutande, fazzoletto, asciugamano e pedalini. Di nostra proprietà personale solo lo spazzolino da denti. I capelli sono rasati a zero, ci viene fatta la barba una [...]

[...]uarniti di una larga striscia nera, il segno dei condannati a morte, camicia, mutande, fazzoletto, asciugamano e pedalini. Di nostra proprietà personale solo lo spazzolino da denti. I capelli sono rasati a zero, ci viene fatta la barba una volta ogni due settimane. La Iuce rimane accesa tutta la natte. Di notte dobbiamo lasciare i nostri vestiti in corridoio, davanti alla porta della cella. Mi hanno messo nella cella il 23 novembre 1942, c'erano già due candidati alla morte. I miei compagni erano Franz Scholle, telegrafista capo a St. Poelten (giustiziato il 25 novembre) e Leopold Bill (se ne andò il 6 gennaio). Il 26 novembre al pasto di Scholle venne un altro candidato alla morte, Walter Rosporka. E un muratore di Leobersdorf, delle mie parti. Ha 35 anni ed è stato condannato a morte per aver pagato ed incassato dei contributi del Partita Comunista! Dalla mia cella finora due sono stati condotti all'esecuzione, da una delle celle attigue pure due, da un'altra ancora uno. Dal 23 novembre 1942, nei 55 giorni cioè che mi trovo qui, sano s[...]

[...]esso. Al secondo piano e sopra an
LE'TERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA EUROPEA 25
cora vi sono dei prigionieri che hanno diritto all'acquisto di un giornale e che ci forniscono le più importanti notizie della giornata.
Dal 26 novembre eravamo compagni di cella noi tre, Bill, Rosporka ed io. Il 6 gennaio Bill fu giustiziato; noialtri ne abbiamo molto sofferto. Ci fu difficile superare questo colpo. Eravamo insieme da sette settimane. Già dal 7 settembre era stato condannato a morte e si trovava nella cella. Era maturo da molto tempo. Durante i temuti giorni delle esecuzioni egli se ne stava spesso ore ed ore davanti alla porta e cercava di capire se e quanti venivano condottii alla esecuzione. E poi, il 6 gennaio, del tutto inatteso venne il suo turno. Nel bel mezzo del lavoro, senza sospetto, sperando in qualcosa di meglio, lasciò sorridendo la cella senza un addio. Da allora siamo Walter ed io soli.
In due si sta meglio, per l'aria e perché ci figuriamo sempre di essere in tanti. Walter sarebbe stato uno dei migliori con c[...]

[...]sere forti, fino ad incassare il debito che ancora deve essere saldato, oggi. Vi posso assicurare che nemmeno il vostro Poldi si nasconde dietro i nostri eroici caduti, e non rimpiange in nessun modo la sua vita perché ora vogliono la sua testa! No, per me c'é solo un avanti, e non una vergognosa diserzione della bandiera. So cosa mi attende, ed aspetto con animo sereno quella giornata.
28 LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA EUROPEA
Già il mio avvocato mi ha fatto un quadro del mio nuovo ambiente, cioè nel suo intimo mi ha dato per perduto. Io sapevo e conoscevo la mia posizione sin dalla prima giornata del mio arresto, ma non mi volevo arrendere, per quanto Kohim avesse rivelato tutto. Il mio motto era: guadagnare tempo vuol dire guadagnare mezza vita. Ma, se quest'ultimo atto non mi sarà risparmiato, lo saprò sopportare da combattente.
La mia vita l'avevo già conclusa il 3 dicembre '42, e non ho perciò desideri, soltanto vi pregherei di una cosa: Anni, finché se lo merita, consideratela come mia moglie. Essa è giovane, forse non mi ha capita, ma ci siamo amati, e se il destino non ci avesse toccato così duramente, forse sarebbe diventata più saggia. Essa, dopo tutto, è stata tirata su in un altro mondo. Il suo destino mi addolora molto, e sono triste perché non sono stato in grado di aiutarla.
Era mio destino essere lottatore, e non l'ho mai dimenticato. Voglio ancora salutare tutti i conoscenti qui, i Leder, anche essi mi comprenderanno e ciò fa bene. Salutami anche Prinz, le mie zie, i miei zii e le cugine. Peperl mi resterà sempre in un felice ricordo, per me era più di un cugino. Se nella mente faccio passare la fila dei parenti, mi rimangono ben pochi che mi abbiano compreso. I nostri nonni, Dada e Babi, quei deliziosi vecchietti,[...]

[...]Poldi non verrà più, ah si, Babi, egli è morto perché voleva vivere umanamente. Perciò lo chiamano traditore ecc. ecc. Ma consolati, cara nonna, muoio per una buona causa e sono felice. Ma migliaia e migliaia di persone si dissan guano e non sanno perché. Non sono triste, so che la nostra morte coopererà ad un più felice avvenire di molti.
E con ciò, cari genitori, voglio terminare. Su con la testa, se no non potrete vedere le stelle e il rosseggiare del mattino, si, si avvicina con passi giganteschi la giornata in cui i proletari di tutto il mondo si riuniranno per marciare sotto il sole dolce di maggio. Non camminate curvi! Anche a voi sorriderà il raggio di sole sulla mia bara. Vi chiamo coraggiosi genitori: siate coraggiosi e fieri: voi avete posto le fondamenta e la gioventù costruirà su di esse. Così il nostro stendardo non si ammaina mai, ed è questo
LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA EUROPEA ' 29
ciò che vogliamo. Vi auguro salute ed una tarda età perché possiate vedere il compimento della nostra opera. Con fierezz[...]

[...]sso.
Vostro figlio Leopold
P. S. Vi prego, salutate anche la coraggiosa mamma di Franzl Reingruber, e ringraziatela per il suo grande aiuto. Anche il suo dolore é un ammonimento per il movimento, anche a lei bisognerà porgere ringraziamenti perché per lei la vita é stata durissima. La saluta uno dei suoi figli.
Leopold
ELEF'E1'IRIOS CHIOSSÈS
Greco, nato al Pireo nel 1923, studente in lettere e filosofia. Appartenente ad una formazione partigiana che affiancava l'opera dell' EAM, viene arrestato al Pireo, il 19 febbraio 1942, mentre stampa un giornale clandestino, e fucilato al Pireo il 5 giugno 1942, con otto exufficiali della R. Marina greca. (Lettera inedita tradotta da amici greci dall'originale esistente negli archivi dell'Arcivescovado di Atene)
'Cara mammina, papà e sorelline,
oggi 5.6.42 ci fucileranno. Affrontiamo la morte per la nostra Patria da veri uomini. Non soffro per niente e così non voglio che voi soffriate. Non voglio pianti né lacrime. Abbiate pazienza. Vi auguro tanta felicità e non vi addolorate per me. Salut[...]

[...] da amici greci)
martedì 26.5.42
Carissimi genitori,
ricevete questa nostra ultima lettera e non vi addolorate. Così voleva Iddio.
Papà, ti preghiamo di prendere la mamma e di andare a Livanátes per passare lá la vostra vecchiaia.
Papà ti consegnamo la mamma, curala tu dopo che noi non. ci saremo piú. E tu, povera mammina, non dimenticarci. Venite a trovarci. Mammina e papà, vi abbracciamo e vi diciamo addio per l'ultima volta. Non vi amareggiate; date i nostri ultimi saluti ai parenti, agli amici e ai vicini. Iddio onnipotente ha voluto prenderci vicino a sé così giovani. Mammina e papa, vivete voi per vedere giorni migliori, se per noi era destino di non vedere questi giorni buoni.
Chiediamo per l'ultima volta la vostra benedizione. Perdonateci. Se potete sapere in quale cimitero ci seppelliranno, allora vi aspettiamo. Venite ad accendere la nostra piccola candela.
Vi mandiamo tutta la nostra roba e siamo certi che giungerà nelle vostre mani. Non vi agitate! Non é poi una gran cosa. Per l'umanità sono stati uccisi milioni di gio[...]

[...] un gruppo di guastatori e ricercato dalla Gestapo, riprende l'attività clandestina a Silkeborg, dove viene arrestato dopo l'azione contro le officine di Darr e suppliziato nel marzo 1945. (Lettera tratta dalla raccolta « De Sidste Timer », Berlingske Forlag, Copenaghen, 1946)
13 marzo 1945
Cara mamma e papà,
questa mia lettera sarà dunque il mio ultimo saluto a voi. Oggi ho saputo la mia condanna. La pena capitale. Molto probabilmente avrete già saputo cosa ho fatto. Ho partecipato a varie azioni di sabotaggio e sono corresponsabile dell'uccisione di un ufficiale tedesco, ed ora é finita. Il pensiero non mi preoccupa eccessivamente, perché, da (panda partecipavo a quelle cose, ero preparato alla possibiltà che il peggio si verificasse.
Mi dispiace soltanto di non avervi avvertiti, quando mi recavo da voi in ferie, ma ogni volta pensavo che sarebbe andata bene, e non c'era dunque ragione di informarvene. Per quanto riguarda il motivo che mi ha spinto ad agire come ho agito, non mi resta che dire che ho obbedito alla mia convinzione, [...]

[...]r ragioni di studio, debito che purtroppo non posso più liquidare.
Innanzi tutto vi prego salutare le zie Elsa e Margrete e rin graziarle per ciò che hanno fatto per me durante la mia infanzia e gioventù. Seguono due indirizzi a Silkeborg. Uno é il mio domicilio in Thorsgade 46 (il padrone di casa si chiama Jensen); l'altro é un certo salumiere Skou, Ornsovej 93, dove mi recavo a
u
34 LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA EUROPEA
mangiare. Egli vi aiuterà certamente a procurare e ad inviarvi
quanto mi appartiene.
In fine, i più cari saluti e grazie ancora per tutto ciò che avete
fatto per me durante la mia infanzia e gioventù.
Perdonatemi.
Leif
CHART J'S APPELMAN
Olandese vissuto in Belgio, nato a Villersle Bouillet, fucilato alla cittadella di Liegi il 26 novembre 1943. (Lettera avuta dall'Armée Belge des Partisans)
Miei cari fratelli e cari compagni,
vi scrivo questa lettera, 7 ore e 50 prima della mia morte.
Paul, quando Jean ritornerà dalla Germania gli dirai che non mi é dispiaciuto di morire perché da quando [...]

[...]f
CHART J'S APPELMAN
Olandese vissuto in Belgio, nato a Villersle Bouillet, fucilato alla cittadella di Liegi il 26 novembre 1943. (Lettera avuta dall'Armée Belge des Partisans)
Miei cari fratelli e cari compagni,
vi scrivo questa lettera, 7 ore e 50 prima della mia morte.
Paul, quando Jean ritornerà dalla Germania gli dirai che non mi é dispiaciuto di morire perché da quando ho lasciato casa sapevo quello che facevo. Non prendermi per un bugiardo, ma andremo alla fucilazione cantando, perché noi non moriremo come molti nel letto, ma per la nosta libertà, per il Belgio, per la nostra Patria. Mio caro fratello Jean, quando ritornerai io sarò già morto, ma è una morte difficile da guadagdarsi in tempo di pace, ma facile da guadagnarsi in tempo di guerra.
Jean, fatti coraggio e soprattutto tieni alto il morale, perché un giorno non ci si vedrà sulla terra, ma in cielo.
Mio caro Paul, la tua pipa l'ho regalata ad uno dei miei migliori amici, che mi ha dato da mangiare e me ne ha data un'altra, con la quale ho molto fumato, è molto buona, conservala come mio ricordo. Sebbene sia un tedesco mi ha abbracciato, aveva le lacrime agli occhi. Mio caro Paul, mi saluterai i compagni Adrien, Edgar, Paul Delise e sua moglie e Willy, Pauline e madrina, Arturo Jacques, mi saluterai pure il signor Jacques, Allaert, Laruelle, il signor Vicario ed il signor Curato. Pregate per noi, questo vi farà del bene.
Ecco un verso che abbiamo composto nell'ultima nostra ora:
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LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA EUROPEA
« Il sole si alza all'orizzonte, ma la mia [...]

[...]bbraio 1944. (Lettera avuta dall'Armée Belge des Partisans)
Caro papà e cara Mamy,
eccovi una seconda lettera nella quale vi racconto come tutto é andato. Siamo stati traditi. Arrivato alla Piazza Vieuxtemps, mi sono visto circondato di Feldgendarmes. Da quel momento ho capita che tutto era finito. Alla Kommandantur mi hanno interrogato, hanno voluto farmi parlare. Sono stato battuto, legato ad un tavolo, con fustigate che cadevano come la pioggia. Ma mai, davvero mai, ho fatto il nome di nessuno. Avrei potuto salvare la mia testa, ma ho preferito nulla fare e nulla dire che potesse tradire la patria.
Ti renderai conto che dopo tutto questo ho il coraggio sufficiente per essere fucilato. Che è una bagatella in confronto a tutto quello che ho sopportato.
Parecchie persone debbono ringraziarmi per non aver fatto il loro nome. Ed ora sono fiero di me, perché ho resistito a tutto ed ho salvato molte vite.
Vi sarò riconoscente di far conoscere questo resoconto a Gilberte così come alle associazioni di cui facevo parte.
Il mio corpo rest[...]

[...]iremo molto coraggiosamente.
Alla mia cara moglie, alla mia famiglia, ai miei compagni, a tutti, addio.
A tutti voi affido mia moglie, amatela, aiutatela, io l'amo tanto.
Paul
JEAN CAMUS
Francese, nato a Gonesse (S.et0.) il 25 matzo 1926, fucilato i1 25 aprile 1944. (Lettera tratta dalla raccolta ((Lettres de fusillés », Editions France d'Abord, Paris, 1946)
Fresnes, 25 aprile 1944
Cará mammina cara,
perdonami, mia cara mamma, di averti già dato tante pene, ma oggi te ne dò una più dolorosa di tutte: fra due ore, cioè alle quindici di questo pomeriggio, sarò fucilato dal plotone d'esecuzione.
Sono stato condannato a morte 1'11 aprile e sarò fucilato a 18
40 LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA EUROPEA
anni ed un mese giusto: muoio da valoroso che ha la coscienza di non aver fatto che il suo dovere. Voglio proprio, cara mamma, che tu non ti faccia del cattivo sangue per tuo figlio, perché io non sono più da compiangere, parto per raggiungere il regno di Dio dove sari) molto felice: quelli che sono più da compiangere [...]

[...]ntoine e Renée, così come la nonna e Huguette. Andrai da Suzanne e abbraccerai tutti, questa è la mia ultima volontá. Soprattutto, soprattutto, mammina mia cara, reagisci e riprendi il corso della vita normale.
Dopo la guerra, fa riprendere il mio corpo o i suoi resti e falli mettere vicino al mio povero nonno Désiré Camus: va a trovare il Signor T... e digli che il suo vecchio allievo lo abbraccia di tutto cuore.
Ti lascio, cara mamma, per mangiare un poco e per non morire a stomaco vuoto. Per adesso ti dico arrivederci, cara mamma, ma t'invito a credere che solo ora vedo ciò che tu rappresentavi per me
Jean Camus
JEAN ARTHUS
Francese, studente al Liceo Buffon di Parigi. Arrestato con altri quattro studenti nel corso di una manifestazione al liceo, il 10 marzo 1942, viene con essi fucilato, l'8 febbraio 1943, al MontValerien (Parigi). (Lettera al padre tratta dalla raccolta «Lettres de fusillés n, Éditions France d'Abord, Paris, 1946)
8 Febbraio 1943
Mio carissimo,
non so se tu t'aspettassi di rivedermi: io me lo aspettavo. Ci h[...]

[...]I A MORTE DELLA RESISTENZA EUROPEA 41

po molto duro per te, ma spero che tu sia abbastanza forte e che saprai continuare a vivere, avendo sempre fiducia nell'avvenire.
Lavora, fa questo per me, continua ad occuparti dei libri che volevi scrivere, pensa che io muoio da Francese per la mia Patria..
T'abbraccio forte.
Addio, carissimo jean Arthus
VALERIO BAVASSANO
Italiano, nato a Genova il 14 gennaio 1923, operaio elettromeccanico. Partigiano nella III Brigata Garibaldi « Liguria », il 17 aprile 1944 viene catturato nel corso di un rastrellamento, tradotto di carcere in carcere e più volte seviziato. Fucilato al Colle del Turchino, il 19 maggio 1944, con altri cinquantasette patrioti. (Lettera inedita avuta dalla famiglia per il tramite di Calisto Saettone di Genova)
Carceri 16/5/1944
Mammina carissima,
un triste presentimento mi dice che oggi é stata l'ultima volta che ci siamo visti.
Mammina cara, il destino continua ad essere crudele con te.
Questa mia vita che insieme abbiamo contesa tante volte alla morte, credo stia p[...]

[...]omando se di fronte a te avevo il diritto di farlo.
Perdonami, mammina, se ti cagiono questo grande dolore. Ti avevo pur detto che mi sembrava poco naturale restar vivo solo io fra tanti compagni morti.
Adesso andrò con loro. Doveva finire così.
Ancora una volta, mammina, perdonami.
Anche Milli deve perdonarmi e dille che se spesse volte ci si bisticciava, era proprio perché ci volevamo bene.
Quando il dolore ti sembrerà insopportabile, rifugiati in lei, ti sarà di grande sollievo.
42 LUTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA EUROPEA
Ricevi da tuo figlio il più affettuoso abbraccio e tanti, tanti
baci, anche per Milli. Per l'ultima volta perdonatemi.
Vostro
Valerio
PAOLA GARELLI
Italiana, nata a Mondovì (Cuneo) il 14 maggio 1926, pettinatrice. E collegatrice e rifornitrice di viveri e materiale per le formazioni partigiane operanti nella zona di Savona. Arrestata nella notte fra il 14 ed il 15 ottobre 1944, il successivo lo novembre viene fucilata alla Fortezza di Savona con altri cinque patrioti tra cui due donne. (Lettera tratta dalla raccolta «Lettere di condannati a morte della resistenza italiana », Einaudi, Torino, 1952)
Mimma cara,
la tua mamma se ne va pensandoti e amandoti, mia creatura adorata, sii buona, studia ed ubbidisci sempre agli zii che t'allevano, amali come fossi io.
Io sono tranquilla. Tu devi dire a tutti i nostri cari parenti, nonni e gli altri, che mi perdonino il dolore che dò loro[...]

[...]uilla. Tu devi dire a tutti i nostri cari parenti, nonni e gli altri, che mi perdonino il dolore che dò loro. Non devi piangere né vergognarti per me. Quando sarai grande capirai meglio. Ti chiedo una cosa sola: studia, io ti proteggerò dal cielo.
Abbraccio con il pensiero te e tutti, ricordandovi
la tua infelice mamma
GUGLIELMO JERVIS
Italiano, nato a Napoli il 31 dicembre 1901, ingegnere. E uno dei primi organizzatori delle formazioni partigiane della Valle d'Aosta e commissario delle formazioni G. L. nelle valli Pellice, German asca e Chisone. Arrestato ai primi di marzo 1944, tradotto nelle carceri Nuove di Torino, più volte seviziato viene fucilato nella notte fra il 5 e il 6 agosto 1944 nella piazza principale di Villar Pellice (Torino). (Messaggio scritto con uno spillo sulla copertina d'una bibbia e ritrovato nei pressi del luogo dove fu fucilato. Dalla raccolta « Lettere di condannati a morte della resistenza italiana », Einaudi, Torino, 1952)
Non piangetemi, non chiamatemi povero. Muoio per aver servito un'idea.



da Carlo Falconi, La crisi della Parrocchia in Italia in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 7 - 1 - numero 3

Brano: [...]i ed organizzazioni si fonda tutto l'edificio del successo politico delle forze cosiddette clericali. Il problema insomma d'una ricerca storica veramente esauriente dovrebb'essere posto piú o meno in questi termini: la fortuna politica attuale della Chiesa in Italia corrisponde effettivamente a un risveglio della religiositá del suo popolo e a una vivificante operosità _dei suoi istituti religiosi ? Se si, é ovvio che le sue fortune politiche poggiano su una base tuttaltro che superficiale e ci si dovrebbe cautelare dal darle per essenzialmente transitorie; nel caso contrario, la loro provvisorietà sarebbe indiscutibile.
Questo saggio non presume affatto, evidentemente, d'offrire una risposta completa al quesito enunciato, bensì mira a dare un contributo, anche se parziale, fortemente indicativo alla sua sa luzione.
44 CARLO FALCONI
In genere, gli scrittori laici — storici, sociologi o politici che siano — ignorano o trascurano l'importanza dell'istituto parrocchiale per la Chiesa. Preoccupati come sono da problemi prevalentemente pro[...]

[...]) a testimoniare la vigorosa vitalità della giovane iniziativa. E nonostante l'accusa di parrochismo gettata da alcuni autonomisti, l'A.C.I, non si staccò più dal sistema delle cellule ecclesiastiche: anzi oggi più che mai (lo si vedrà più avanti) é dalla cura
(1) G. DE ROSA, L'Azione Cattolica. Storia politica dal 1894 al 1904, Bari, Laterza, 1953, pp. 98,135, 155.
(2) « I Congressi e l'organizzazione dei cattolici in Italia », in Nuova Antologia, 16 ott. 1897.
LA CRISI DELLA PARROCCHIA IN ITALIA 45
parrocchiale che muove il suo nuovo movimento di conquista religiosa del paese.
Effettivamente la parrocchia è così essenziale alla Chiesa come la cellula al corpo. La Chiesa potrebbe perdere in un sol istante tutti i suoi ordini religiosi senza subirne un contraccolpo fatale. La dissoluzione dell'istituto parrocchiale — nei suoi elementi costitutivi, s'intende, non solo in qualche modalità accessoria — equivarrebbe, invece, alla sua morte. La Chiesa stessa, del resto, non è forse l'ingrandimento di quella prima comunità parrocchiale in[...]

[...]ornare in Italia, dove fu canonizzata nel Concilio di Pistoia, che non solo asserì l'istituzione divina dei parroci ma precisò che la giurisdizione dei vescovi é limitata esclusivamente ai parroci e non ai loro fedeli.
Dalla fine dell'epoca missionaria della diffusione del Cristiane simo sino al sec. XIX tuttavia, come ha acutamente rilevato il Noppel (3), il problema della parrocchia rimase eminentemente un problema giuridico. Fu la nuova teologia ecclesiologica, iniziata oltre un secolo fa dal Moelher, a ricondurre la concezione della parrocchia nell'ambito della verità del Corpo Mistico. A questa teologia collaborarono in Italia famosi teologi romani come il Passaglia e il Franzelin, seguiti subito dopo in Germania dal loro discepolo M. J. Scheeben. La nuova impostazione soprannaturalmente vitalistica accompagnava quel processo di dissecolarizzazione e di accentramento curialista a cui si stava adattando la Chiesa dopo le scosse subite nei vari paesi europei per contraccolpo della Rivoluzione Francese e delle occupazioni napoleoniche oltre che per l'evoluzione democraticolaicista della politica: e finì così per
(3) La Nuova Parrocchia, tr. it., Torino, 1941.
48 CARLO FALCONI
influire non so[...]

[...]zione soprannaturalmente vitalistica accompagnava quel processo di dissecolarizzazione e di accentramento curialista a cui si stava adattando la Chiesa dopo le scosse subite nei vari paesi europei per contraccolpo della Rivoluzione Francese e delle occupazioni napoleoniche oltre che per l'evoluzione democraticolaicista della politica: e finì così per
(3) La Nuova Parrocchia, tr. it., Torino, 1941.
48 CARLO FALCONI
influire non solo sulla teologia pastorale del tempo, ma per penetrare anche nei documenti della Chiesa docente e per informare persino lo schema sulla Chiesa preparato per il Concilio Vaticano.
Inferto, nel '70, col dogma dell'infallibilità e della supremazia papale sul concilio, l'ultimo colpo alle resistenze gallicane, e concluso ormai il pontificato rinascimentale, politicamente e culturalmente magnifico ma apostolicamente povero, di Leone XIII, urgeva, sul principio del '900, un lavoro più modesto e capillare per assicurare alla Chiesa la fedeltà delle masse credenti e la saldezza della loro coesione. Pio X, il papapar[...]

[...]ente magnifico ma apostolicamente povero, di Leone XIII, urgeva, sul principio del '900, un lavoro più modesto e capillare per assicurare alla Chiesa la fedeltà delle masse credenti e la saldezza della loro coesione. Pio X, il papaparroco, si mise subito all'opera sia nella propria diocesi che nell'intera cristianità, promuovendo la rinascita delle parrocchie dapprima con la riforma del canto gregoriano (motu proprio 1903), per riportare la liturgia a contatto del popolo (solo dal 1909 si cominciò a parlare di « movimento liturgico », specie per merito del card. Mercier e dei monaci della badia di MontCésar di Lovanio), poi con l'ammissione dei bambini alla comunione e la propaganda della comunione frequente tra gli adulti. Nel 1905 la canonizzazione dell'umile Curato d'Ars da parte dell'exparroco di Riese fu considerata come un simbolo della nuova direzione di riforma interiore impresso dal Sarto alla Chiesa.
E per tutta la prima metà del sec. XX l'azione di governo della S. Sede doveva infatti rimanere decisamente orientata in senso p[...]

[...]ell'umile Curato d'Ars da parte dell'exparroco di Riese fu considerata come un simbolo della nuova direzione di riforma interiore impresso dal Sarto alla Chiesa.
E per tutta la prima metà del sec. XX l'azione di governo della S. Sede doveva infatti rimanere decisamente orientata in senso parrocchiale. Le affermazioni pontificie — da Pio X a Pio XII — relative all'importanza della parrocchia nella vita della Chiesa potrebbero costituire un'antologia di non irrilevanti proporzioni, dove, forse, ad avere il primato, sarebbe Pio XI, il papa delle missioni, dell'A.C., della Conciliazione, é vero, ma non meno il Papa della parrocchia. Canonizzando, a neppur due anni dalla sua elezione, il Curato d'Ars (che più tardi, in occasione del giubileo della sua ordinazione sacerdotale, avrebbe costituito patrono di tutti i parroci) egli sembrò voler raccogliere dal predecessore Pio X la bandiera di combattimento. E quello ch'egli fece, anche solo in Italia, per lo sviluppo e la dotazione delle parrocchie, dimostra la concretezza dei suoi propositi. Si[...]

[...]a dá all'istituto parrocchiale nell'attuale fase di riassesto e di conquista che la caratterizza. Chi conosca anche solo superficialmente la parrocchia del 1953 e la confronti con quella di 50 anni or sono non può del resto meravigliarsi di tale condotta. Una parrocchia — quella degli ultimi anni del pontificato leoniano —pacifica, e sonnolenta, fatta sulla misura del ceto borghese d'allora, quasi sempre deserta durante la settimana dal pacifico giansenismo dei fedeli e appena messa in discreto orgasmo la domenica e nelle
(4) ofr. ad es. i due numeri unici de L'Assistente Ecclesiastico, 1948, VI; e di Vita Sociale (con le relazioni della « Settimana della Parrocchia », tenuta a Firenze dal 4 al 10 nov. 1951 per iniziativa del locale Centro Cattolico di Studi Sociali), genn. apr. 1952.
7V CARLO FALCONI
rade solennità dell'anno. Una parrocchia larga d'ozi al suo clero, lasciato libero di consacrarsi alla serenità dello studio o al piacevole scambio di visite tra benpensanti dell'alto ceto; e non certo affati cato dalla preparazione del [...]

[...]gli alloggi... ».
Mutatis mutandis i quesiti si pongono anche per le non poche parrocchie onorarie dei massimi centri cittadini. Ma nelle grandi città questo rimane sempre un problema assolutamente secondario di fronte all'urgenza e alla gravità del fenomeno d'elefantiasi che caratterizza le parrocchie di periferia. Tanto più che l'urbanesimo non é stato arginato neppure dalle tragiche esperienze dell'ultima guerra, anzi ne é uscito accentuato. Già un secolo fa l'Italia era all'avanguadia dei paesi europei coi suoi 10 centri con oltre 100.000 abitanti — al principio dell'800 tali centri erano ancora (sin dal 1500) soltanto sei: Napoli Venezia Milano Palermo Roma e Genova sostituitasi da poco a Messina spopolata dal terremoto del 1783 —; ma il fenomeno si accelerò soprattutto nel nostro secolo (12 centri con oltre 100.000 ab. nel 1900; 22 nel 1936). Ed è constatabile in modo non meno perspicuo nell'incremento di popolazione dei centri superiori ai 20.000 ab. 54 nel 1865, nel 1931 eran ben 142; ma mentre nel 1861 abbracciavano appena 1'11[...]

[...]hia, ma senza piú sperequazioni e assicurando da 3 a 5 sacerdoti per ciascuna. In queste condizioni la cura d'anime tornava ad essere ideale. La situazione rimase press'a poco stazionaria per mezzo secolo. Con l'occupazione italiana del '70 e l'elevazione della città a capitale d'Italia, la crisi di crescenza scoppiò, come é noto, tragicamente. Per quel che ci riguarda, basterà dire che, sul principio del novecento, quando la popolazione toccava già il mezzo milione d'abitanti, si davano parrocchie (salite nel frattempo a 58) con 40.000 anime, come S. Maria Maggiore, e con 30.000 come S. Giovanni in Laterano, SS. Vincenzo e Aurelio, ecc. (10). Pio X corse ai ripari con opportuni smembramenti. Ma toccò a Pio XI, subito dopo la prima guerra mondiale, ten
(10) Abbiamo ricavato queste notizie dal volume La cura d'anime nelle grandi città di H. Swoboda (prof. di teol. past. all'Univ. di Vienna), tr. it. Roma, 1912: la prima pubblicazione in tutta la letteratura internazionale che affrontò exprofesso il problema, e di cui fu notevolissima l'e[...]

[...]PARROCCHIA IN ITALIA 57
dustrialismo, con la diffusione di agi e di strumenti di piacere prima insospettati, ha materializzato soprattutto le masse distogliendole dalle severe meditazioni sull'al di là e sui destini dell'anima che caratterizzano le popolazioni rigidamente cristiane. Il primo treno del regno di Napoli (Napoli Caserta) nel 1830 sostava ancora davanti alle cappelle ed evitava le gallerie per non offrir occasione di peccato ai viaggiatori. Ma ben presto la civiltà della macchina preferì sciogliersi da tutti gli scrupoli sino a proporsi come l'antitesi più completa possibile dello spirito del cristianesimo. Ma son motivi troppo risaputi perché occorra rievocarli qui per esteso, né urge davvero ricordare che tutto questo processo fu ancor più agevolato dalla situazione storica determinatasi dalla cri si politicoreligiosa che aspreggiò per tutto il suo corso dal 1861 al 1929 il nostro Risorgimento.
A che punto sia giunta la scristianizzazione della popolazione cittadina dei nostri centri non si può purtroppo dire con precisi[...]

[...]erano il 31%, gli adulti il 17%. Il precetto pasquale era osservato dal 57% della popolazione obbligata, con la solita prevalenza delle donne sugli uomini. Le funzioni vespertine domenicali invece raccoglievano soltanto il 6% della popolazione (« per lo più l'assemblea é costituita da donne [e da donne attempate] »). La stessa percentuale valeva per gli iscritti all'A.C., con netta prevalenza degli elementi giovani sugli adulti.
(12) «La Sociologia religiosa in Italia », in Scuola Cattolica, 1952, IIIII.
(13) Sociologia e Geografia religiosa di una Diocesi, Roma, Pont, Univ. Gregoriana, 1951.
LA CRISI DELLA PARROCCHIA IN ITALIA 59
Queste poche statistiche, anche se scarse, non mancano d'essere eloquenti. Ma é forse migliore la situazione nelle campagne? Un tempo era senz'altro così. Nel 1874 eran solo zelo e preveggenza che ispiravano al segretario generale del I Congresso Cattolico Italiano, Alfonso Rulliani, il proposito di proteggere le zone rurali dall'aggressione dei «rivoluzionari governativi» e che gli dettavano questa pagina pittoresca ed enfatica:
Nella genesi della città noi troviamo il rimorso [...]

[...]chiudendosi in un cerchio di manufatti, che non portino si direttamente il sigillo della mano creatrice, che il colpevole vede armata di folgori e di flagelli. L'uomo nello stato di colpa doveva necessariamente edificare delle città, e non per nulla il primo omicida, il primo fra gli uomini maledetti da Dio, Caino, riscontrasi nel libro della Genesi come il primo che costruisce una città. L'uomo innocente invece era stato collocato da. Dio in un giardino, tra i fiori e le piante: ed ecco come si spiega l'attrattiva che conserva pel giusto, per colui che ha la coscienza tranquilla, il silenzio della campagna, e il bisogno invece che trova il delinquente di nascondersi, di intanarsi, di circoscrivere e limitare l'orizzonte. La società moderna che dell'igiene e della morale ha fatto ormai una cosa sola, si direbbe che era sotto l'impressione di idee somiglianti e che intravvedeva l'attitudine misteriosa a conciliare sentimenti di ordine e di moralità che possiede il verde ammanto della natura, quando ideava i suoi boulevards piantati di al[...]

[...]bisogno invece che trova il delinquente di nascondersi, di intanarsi, di circoscrivere e limitare l'orizzonte. La società moderna che dell'igiene e della morale ha fatto ormai una cosa sola, si direbbe che era sotto l'impressione di idee somiglianti e che intravvedeva l'attitudine misteriosa a conciliare sentimenti di ordine e di moralità che possiede il verde ammanto della natura, quando ideava i suoi boulevards piantati di alberi, le sue piazzegiardino, i suoi squares: meschino tentativo di empirici che riesce solo a condannare i superbi testimoni della creazione divina a vivere tisici in un'atmosfera eterogenea, in cui sospeso vi ha di tutto, dalla cipria della cortigiana al vapor d'acqua della bestemmia e ai frustoli d'immonde gazzette... Quando si vede questa gente (le popolazioni delle campagne) che rispetta anche il prete, che osserva i comandamenti di Dio, che pone anche una croce a tutela della propria fortuna, che resiste insomma in qualche guisa alla propaganda delle idee sovversive della mente e del cuore, fa duopo cavarsi il cappello e pensare che molto probabilmente si avrà bisogno delle rozze lane per rinsanguare di un umore più cristiano questa fracida società!... Ma se nelle popolazioni campagnole ci sembra con fondamento ravvisare un elemento [...]

[...]utela della propria fortuna, che resiste insomma in qualche guisa alla propaganda delle idee sovversive della mente e del cuore, fa duopo cavarsi il cappello e pensare che molto probabilmente si avrà bisogno delle rozze lane per rinsanguare di un umore più cristiano questa fracida società!... Ma se nelle popolazioni campagnole ci sembra con fondamento ravvisare un elemento di ordine, di cui a un dato momenta pub sentirsi provvidenzialmente vantaggiata la società, é naturale che quanti siano desiderosi e deliberati anzi a prestare il nostro umile concorso sotto il vessillo di. Gesù Cristo alla restaurazione del suo regno sulla terra, incomba il debito di non trascurare una risorsa, la quale si presenta con caratteri fondamentali... Preservare le
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popolazioni agricole dal contagio pestilenziale delle idee rivoluzionarie, irreligiose e socialiste che emanano dalla società, e mantenerle affezionate alla vecchia fede, alle vecchie abitudini, alla loro tradizionale vita di agricoltori: ecco dove pub il laicato coadiuvare pod[...]

[...]si suol distinguerle in esterne ed interne. Le prime coincidenti, da una parte, con l'evoluzione economica, sociale e politica dei rurali; dall'altra, con la deficienza numerica del clero e con quella qualitativa della sua azione; le seconde radicate nelle caratteristiche stesse della religiosità del contadino, definita come superficiale (perché incolta e ignorante), superstiziosa (e quindi egoista e materialista) e perseverante solo perché appoggiata a un complesso sentimentalmente ancor solido di tradizioni secolari.
Queste ultime, non c'é dubbio, se vere, sarebbero le più preoccupanti. Ma, in ogni caso, esse eran le medesime mezzo secolo fa, quando era di moda esaltare ditirambicamente le campagne come le riserve delle energie più sane della religione. Il crollo del mondo religioso rurale va quindi attribuito in definitiva agli agenti cosiddetti esterni, la cui azione però ha penetrato anche intimamente la coscienza e lo spirito del contadino. Nel tempio della sua religiosità, cioè, prima che le pareti ne cadessero in frantumi, si er[...]

[...]ancora lo spirito cristiano e dove la maggioranza é tuttora praticante;
b) le parrocchie indifferenti ma di tradizione cristiana, in cui iI cristianesimo vive alla giornata a seconda della prevalenza dei buoni o no;
c) e le parrocchie di missione dove il distacco tra clero e popolo è ormai totale.
Anche per le parrocchie rurali tradurre in cifre il processo di scristianizzazione che va pervadendole é impossibile per la mancanza di statistiche già deplorata a proposito di quelle urbane. Il solo studio scientifico a cui é possibile rifarsi é, anche qui, quello purtroppo assai circoscritto del Leoni, che concerne, come s'è visto, una diocesi eminentemente agricola. La diocesi di Mantova per() ha il vantaggio di essere limitrofa di tre regioni — la Lombardia, il Veneto e l'Emilia — notoriamente assai diverse per il loro carattere religioso, e può assurgere quindi a un valore di testimonianza assai singolare. Il Leoni ha riassunto complessivamente la situazione religiosa del mantovano in questi termini: a Abbiamo potuto stabilire che nel s[...]

[...]oso, e può assurgere quindi a un valore di testimonianza assai singolare. Il Leoni ha riassunto complessivamente la situazione religiosa del mantovano in questi termini: a Abbiamo potuto stabilire che nel sec. XVI tutti gli abitanti delle campagne e della città, fatte rarissime eccezioni, erano osservanti, sicché non si scorgono differenze né tra le classi sociali, né tra i sessi, né tra una generazione e l'altra. Nel secolo scorso il quadro era già molto diverso, presentando, tra le malte zone di ancor viva osservanza, parecchie altre zone di indifferenza religiosa, persino nelle campagne. Il qua
(16) in Problèmes missionnaires de la France rurale, Paris, 1945, ridotto in it. Nelle parrocchie di campagna a cura. di G. Barra, Brescia, 1948. — Un'altra divisione é stata proposta da N. Bussi (« Il problema rurale » ne L'Ass. Eccl., 1947, V), ma solo ap parentemente diversa.
i
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LA CRISI DELLA PARROCCHIA IN ITALIA
dro odierno é pure diverso dai precedenti: la diocesi non presenta ormai quasi affatto zone di unanime osservanza, ma so[...]

[...]inor dispersione c'è una pratica religiosa più intensa e dove c'è maggior dispersione c'è una pratica più debole» (20) e che «ove minore é la densità, ivi abbiamo notato minor pratica religiosa» (21): infatti il Basso Mantovano — cioè la zona che presenta soltanto parrocchie notevolmente popolose, è il meno praticante (22). Ma anche la coincidenza tra le zone religiose e quelle pedologiche non é meno sorprendente: « Composizione, configurazione, giacitura altimetrica e grado di permeabilità del terreno ci spingono a riconoscere nel territorio diocesano una zona morenica e ghiaiosa, bibula, di alta pianura, corrispondente in gran parte a quella da noi chiamata, sotto l'aspetto religioso, Alto Mantovano, di intensa pratica cristiana, e due zone di bassa pianura, impermeabili, tagliate dal Po, l'una siliceocalcareocretosa, l'altra alluvionale argillosa, corrispondenti in gran parte rispettivamente al Medio M., di media pratica religiosa, e al Basso M., di scarsa pratica religiosa. Tale coincidenza sarà meramente causale o non indicherà un'i[...]

[...]tica cristiana, e due zone di bassa pianura, impermeabili, tagliate dal Po, l'una siliceocalcareocretosa, l'altra alluvionale argillosa, corrispondenti in gran parte rispettivamente al Medio M., di media pratica religiosa, e al Basso M., di scarsa pratica religiosa. Tale coincidenza sarà meramente causale o non indicherà un'influenza della diversa natura del suolo sulle varietà delle attitudini religiose? Propendiamo per la risposta affermativa, giacché a diverse strutture del
(20) op. cit., p. 138.
(21) op. cit., p. 139.
(22) op. cit., cfr. i dettagli specifici a pp. 52, 79, 91 e 137.
LA CRISI DELLA PARROCCHIA IN ITALIA 65
suolo corrispondono di fatto diversi generi di economia, diversi tenori di vita, che certamente incidono sulla struttura sociale e quindi anche sul fatto religioso» (23).
Il declinante movimento demografico e la crisi dell'istituto familiare sono — sempre secondo il Leoni — conseguenze del diminuito senso religioso. La diminuzione di fecondità nel mantovano è un dato incontestabile (nel quinquennio 19251929: 956[...]

[...]ri al 21,6%; nel quinquennio 193539: 8074, pari al 19,9%); e altrettanto quella delle nascite illegittime, dovuta al maltusianesimo e alle pratiche abortive: ((la contrazione dell'indice delle nascite illegittime forse più della denatalità ci sospinge verso la stessa conclusione, che l'allontanamento della pratica religiosa incide negativamente sulla moralità coniugale e individuale ». Anche (( le famiglie patriarcali non esistono [ormai] più ». Già nel 1936 le famiglie con 7 e più membri (compresi parenti ed estranei) erano appena un quinto, ma anche la loro compattezza interna non é certo più assoluta se si pensa ai fortissimi scarti fra uomini e donne e tra gruppi d'età nella pratica religiosa. Quanto ai concubinati notori, essi toccherebbero la media di 8 su mille famiglie, 6 nell'Alto e Medio M., più credenti, 12 nel Basso, più irreligioso.
Tra le più imprevedute ammissioni del nostro autore va però riconosciuta quella sui rapporti tra cultura e religiosità. Ammesso che oggi il 97% dei fanciulli frequenta regolarmente la scuola obb[...]

[...]ella parrocchia: quello provocato dall'evoluzione sociale.
Non possiamo qui esporre tutti i dati raccolti dal Leoni a proposito della pratica religiosa nel mantovano secondo le varie classi sociali. Ci limiteremo a quelli relativi all'osservanza del precetto festivo e pasquale ricordando ch'egli suddivide le categorie sociali in sei gruppi: 1) proprietari terrieri, 2) affittuali diretti e mezzadri, 3) salariad e braccianti, 4) industriali e artigiani, 5) operai e 6) impiegati statali, ecc. Per il primo precetto l'osservanza raggiunge rispettivamente la media diocesana del 57, 54, 28, 37, 34 e 56%; per iI secondo quella del 66, 55, 35, 43, 35, 66. E cioè: la categoria dei proprietari terrieri si afferma su tutte le altre, seguita immediatamente dagli impiegati, dopo i quali si classificano gli affittuali e mezzadri. Notevolmente distanziati sono gli appartenenti alla quarta categoria (industriali e artigiani), la prevalenza dei quali supera tuttavia quella degli operai, mentre i braccianti e salariati
(24) op. cit., p. 149.
(25) op. ci[...]

[...] e 6) impiegati statali, ecc. Per il primo precetto l'osservanza raggiunge rispettivamente la media diocesana del 57, 54, 28, 37, 34 e 56%; per iI secondo quella del 66, 55, 35, 43, 35, 66. E cioè: la categoria dei proprietari terrieri si afferma su tutte le altre, seguita immediatamente dagli impiegati, dopo i quali si classificano gli affittuali e mezzadri. Notevolmente distanziati sono gli appartenenti alla quarta categoria (industriali e artigiani), la prevalenza dei quali supera tuttavia quella degli operai, mentre i braccianti e salariati
(24) op. cit., p. 149.
(25) op. cit., p. 150.
LA CRISI DELLA PARROCCHIA IN ITALIA 67
segnano la cifra minima. « In una terra ad economia prevalente
mente agricola commenta il nostro a. — ove gli addetti all'agri
coltura rappresentano i 2/3 della popolazione attiva, il fatto che 1/2 di essi (braccianti e salariati) siano assai poco praticanti, mentre gli appartenenti ad altre condizioni sociali (proprietari e fittavoli) sono del doppio più osservanti, non pue) lasciar dubbi sull'incidenza del[...]

[...]uto pastore d'una sola porzione del suo gregge, da (( uomo di tutti » è stato ridotto a «uomo di parte ».
LE CONTROMISURE
Naturalmente la Chiesa non s'è accontentata di gettare l'allarme a proposito della crisi della parrocchia, ma ha tentato e tenta di fermarla e di vincerla. In Italia, però, questo non è avvenuto con esperimenti tosi vistosi, come ad es. in Francia (dove, d'altra parte, la situazione era assai più grave), bensì con una più ligia conformità alle tradizioni, modernizzando cautamente i metodi sia dell'organizzazione che dell'azione. Invano perciò si cercherebbero da noi o delle originali teologie della parrocchia o dei coraggiosi manuali di pastorale per i parroci. Quanto alle prime, l'unico abbozzo (dovuto al domenicano Spiazzi) è un riecheggiamento d'una tesi di laurea di Adam Josefcyk (31); per i secondi non brillan certo di originalità i lavori anteguerra di un Portaluppi (32) o di uno Stocchiero (33) (quest'ultimo, per altri lati, notevole) o quelli più recenti del Faggioli (34) e d'altri. L'iniziativa editoriale più interessante in materia è forse quella, assai modesta, affrontata dalla Morcelliana con la collana di saggi pastorali diretta da Giovanni Barra e consistente esclusivamente in traduzioni dal francese (35).
Da noi s'è anche cercato, specie dal '36, di diffondere nella coscienza dei cattolici un più vivo senso della [...]

[...]te in materia è forse quella, assai modesta, affrontata dalla Morcelliana con la collana di saggi pastorali diretta da Giovanni Barra e consistente esclusivamente in traduzioni dal francese (35).
Da noi s'è anche cercato, specie dal '36, di diffondere nella coscienza dei cattolici un più vivo senso della parrocchia. A tale scopo hanno scritto manualetti abbastanza agili il Cavagna (36), il Feli
(31) cfr. R. SPIAZZt o. p., « Spunti per una teologia della Parrocchia », in Scuola Cattolica, 1952, I, pp. 2642, dove è riassunti la tesi del J. dal titolo A modern parish as modelled in the life of the Cenarle, edita a Friburgo (Svizzera) nel 1951.
(32) Noi Parroci, Milano, 1941.
(33) Pratica Pastorale, Vicenza, 1942, e ed.i successive.
(34) Il buon Pastore, Torino, 1944, — Si veda anche Ros. PERENNA, Innovazioni o rinnovamento della Parrocchia?, Como, 1950.
(35) Autori, il Godin, il Loew, il Boulard, ecc.
(36) La Parrocchia e la vita cristiana, Torino, 1936.
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ci (37), e il Chiesa (38), per citarne [...]

[...]L'Assistente Eccl., 1952, II, pp. 325 segg.
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oltre all'utilizzazione delle prestazioni dei religiosi o dei sacerdoti non in cura d'anime.
Ma le parrocchie cittadine, anche opportunamente ridotte di superficie e di popolazione, rivelano sempre delle zone morte o inerti (secondo omissioni ufficiose esse morderebbero efficacemen te su poco piú d'un decimo della sua popolazione). Per vivificarle Pio XII ha approvato la formazione, già esperimentata qua e là per spontanee iniziative di privati, di cellule cristiane, fungenti da ritrovi spirituali aperti, nelle famiglie ospitanti, alle più libere discussioni religiose, ma dirette da sacerdoti; e l'utilizzazione di «posti provvisori» (come le cappelle interne degli istituti religiosi) per la moltiplicazione dei luoghi di culto. Quest'ultima era una realizzazione discussa da anni, ma che attende ancor oggi la sua messa in atto. Meta ultima: quasi ogni via, fuor che nelle immediate vicinanze della chiesa parrocchiale, dovrebbe avere una sua cappella. Ma non manca chi, come il g[...]

[...]lle più libere discussioni religiose, ma dirette da sacerdoti; e l'utilizzazione di «posti provvisori» (come le cappelle interne degli istituti religiosi) per la moltiplicazione dei luoghi di culto. Quest'ultima era una realizzazione discussa da anni, ma che attende ancor oggi la sua messa in atto. Meta ultima: quasi ogni via, fuor che nelle immediate vicinanze della chiesa parrocchiale, dovrebbe avere una sua cappella. Ma non manca chi, come il già citato Spiazzi, propane addirittura l'apertura d'un locale per il culto in ogni palazzo...
Quanto alle parrocchie lillipuziane, una recente (1952) circolare del Prefetto della S. Congregazione del Concilio diretta ai Vescovi italiani si esprimeva cosí: «In ordine a una migliore distribuzione del Clero che sia proporzionata alle necessità delle anime, mi si permetta di far notare che, dato il progresso e lo sviluppo delle comunicazioni stradali e dei mezzi di locomozione, non sembra piú necessario che — salvo casi particolari — piccole località di cento o duecento abitanti abbiano un proprio [...]

[...]trattenere in seminario, ancora un anno dopo l'ordinazione, i neosacerdoti per un vero e proprio addestramento apostolico. La scarsità del clero rende per() praticamente impossibile persino alle grandi diocesi l'attuazione di questa piano. Qualche seminario la domenica congeda i suoi alunni per la pratica del catechismo e dell'assistenza ai giovani nelle parrocchie cittadine o suburbane: ma la cosa non riesce priva d'inconvenienti.
La vita collegiale del clero (nelle parrocchie cittadine, s'intende) è un altro problema tattico di molta importanza. Solo in tal modo, infatti, esso potrebbe realizzare quel lavoro organico e disciplinato che può veramente incidere sulla popolazione d'una parrocchia. Ma anche questa prospettiva é tutt'altro che facilmente raggiungibile. Per ora la collegialità si realizza soprattutto nella forma più larga di convivenza nella stessa canonica (in distinti appartamenti).
***
Alla crisi di laicizzazione ambientale la parrocchia, sia citta dina che rurale, può opporre soprattutto la vivacità delle sue varie e molteplici .attività apostoliche. (Non esclusivamente, certo, perché le opere e attività profane — come le scuole, i cinematografi, i campi sportivi, ecc. — vanno oltre il puro e semplice lavoro apostolico). S'è già detto del cambiamento notevole tra la parrocchia di 50 anni fa e quella attuale: notevole nei quadri e nell'impostazione del lav[...]

[...]oprattutto nella forma più larga di convivenza nella stessa canonica (in distinti appartamenti).
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Alla crisi di laicizzazione ambientale la parrocchia, sia citta dina che rurale, può opporre soprattutto la vivacità delle sue varie e molteplici .attività apostoliche. (Non esclusivamente, certo, perché le opere e attività profane — come le scuole, i cinematografi, i campi sportivi, ecc. — vanno oltre il puro e semplice lavoro apostolico). S'è già detto del cambiamento notevole tra la parrocchia di 50 anni fa e quella attuale: notevole nei quadri e nell'impostazione del lavoro. Ma anche negli effetti raggiunti ? In proporzione, certo, no. Non di rado, anzi, i quadri d'una parrocchia finiscono per essere l'attestazione della sua impotenza anziché della sua vitaHa. Sta al senso pratico e alla giusta intuizione del parroco dotare adeguatamente la propria comunità parrocchiale degli organismi più essenziali e opportuni. Il volere ad ogni costa e subito — come spesso accade — l'impianto di tutti, significa né più "né mena che il ristagnamen[...]

[...]chi vorrebbe metterlo in dubbio? il punto di partenza, il punto d'arrivo ed il più desiderata punto di riferimento; ma, poiché non basta più, occorre integrarla. Ecco la parrocchia del marciapiede.
«Gli operai in parte notevolissima non entrano più in chiesa? Che si fa? Si vanno a prendere in fabbrica. Gli studenti in iscuola, ecc. ecc.
« Occorrono dei ministri di Dio che rompano ogni rapporta colla propria comodità, ritornino alla forte e saggia audacia dei tempi apostolici e vadano incontro agli uomini che si perdono. In Italia è provvidenzialmente sorto l'Onarmo; ci sono gli Insegnanti di religione che possono diventare più uniti...
«....Tutti costar() per() devono mirare sempre a riversare alle parrocchie il frutto del loro lavoro. Ed anche questo "riversare" va accuratamente organizzata.
«Ecco la parrocchia nuova. Che gioia quando potremo abolire la parrocchia del marciapiede ed attendere la gente che verrà, perché avrà un'altra volta imparato a venire!» (43).
Nelle campagne il problema è diverso: di adattamento e insieme di i[...]

[...]adizione, ritualismo, superstizione e interesse (sia pur d'ordine spirituale), ha ragione il Bussi (44) di ritenere urgente una rievangelizzazione radicale fatta in uno stile concreto, adatto alla mentalità degli uomini dei campi, e con metodo essenzialista. (« Si potrebbero fissar tre articoli fondamentali: Dio é padre; Cristo è fratello; la Chiesa è una famiglia))!; una rievangelizzazione inoltre accompagnata ad una rivalorizzazione della liturgia fondamentale e integrata da una bonifica umanistica del rurale mediante scuole professionali, che ne aprano l'intelligenza, gli insegnino le condizioni igieniche del lavoro, gli parlino del problema della casa, ecc.
(43) « La Parrocchia del marciapiede », ivi, 1948, VI.
(44) «Umanesimo rurale », ivi, 1947, VIIVIII.
LA CRISI DELLA PARROCCHIA IN ITALIA 77
Un programma, come si vede, ma anche quasi soltanto un programma. Tuttavia le avanguardie dell'A.C. si sono spinte anche nel mondo rurale. Nel solo settore femminile son state fondate dall'Unione Donne le Associazioni rurali nel cui seno l[...]

[...]ù in là del pane di S. Antonio o del ricovero dei vecchi — cioè più in là dell'elemosina saltuaria e della carità organizzata — non s'andava. Prima del fascismo (e sin dall'ultimo quarto dell'Ottocento) non era così. Il regime fascista però evocò a sé tutte le opere d'assistenza sociale e anche le parrocchie dovettero smobilitare. Nei seminari, i futuri sacerdoti crebbero così, durante l'intero ventennio, nell'ignoranza più assoluta della sociologia. La caduta del fascismo e l'esasperazione della questione sociale all'indomani della sconfitta trovaron perciò la maggior parte dei parroci impreparati alle nuove necessità. Il lavoro fatto in pochi anni tuttavia è veramente notevole, se si pensa alla difficoltà di mettersi al passo da soli o quasi con le istanze acuite dei tempi. Si può anzi dire che l'appello lanciato dal Pontefice con una circolare del 121'46 all'Episcopato italiano per mezzo della Segreteria di Stato (« Desidera il Sommo Pontefice ripetere oggi al Clero italiano l'esortazione, già rivolta da alcuni suoi Predecessori, di r[...]

[...]perciò la maggior parte dei parroci impreparati alle nuove necessità. Il lavoro fatto in pochi anni tuttavia è veramente notevole, se si pensa alla difficoltà di mettersi al passo da soli o quasi con le istanze acuite dei tempi. Si può anzi dire che l'appello lanciato dal Pontefice con una circolare del 121'46 all'Episcopato italiano per mezzo della Segreteria di Stato (« Desidera il Sommo Pontefice ripetere oggi al Clero italiano l'esortazione, già rivolta da alcuni suoi Predecessori, di ritenere come un dovere d'apostolato il dedicarsi allo studio e all'azione sociale, e insieme di prestare aiuto e assistenza al laicato cattolico che lavora rettamente nelle associazioni professionali ») ha raccolto, come pochi altri, una pronta e generosa, se pur interessata, risposta.
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Dal '45 ad oggi, infatti, la maggior parte delle parrocchie ha dato vita al Segretariato del Popolo per i servizi sociali dei lavora
tori, alle Sezioni della Pontificia Commissione d'Assistenza, ai Segretariati della Carita, ai Circoli della G.I.O.C. [...]

[...]a di esigere una collaborazione organica e solidale di tutti, a cominciare da quelli che non possono far niente, i malati, i sofferenti... alle anime oranti nei conventi di clausura... per finire alla collaborazione di tutto il popolo della parrocchia nella sua qualificazione professionale e di lavoro e casi esigere che l'industriale dia il modo di risolvere il problema dei disoccupati, l'ingegnere e il costruttore quello di dare una casa, l'artigianato quello di dare il lavoro, il commerciante di fornire la merce a prezzo di costo o giù di 11, il professionista di risolvere gli imbrogli della vita civile, e tutto questo non in una maniera frammentaria e saltuaria, ma organica, continua e fraterna. Che siano tutti a dare del loro tempo e del loro denaro perché la famiglia della parrocchia possa sentirsi veramente tale: che sia un'azione
(45) v. in proposito L. CivARn1, « La Parrocchia e l'azione sociale », ne L'Ass. Eccl., 1948, VI.
(46) C. ZUCCARO, in Vita Sociale, 1951, I.
LA CRISI DELLA PARROCCHIA IN ITA IA 79
totale di tutti i su[...]

[...]ì da renderne ragionevole e giustificata la partecipazione. Il movimento liturgico in Italia non é stato così organico, originale e fecondo come oltralpe; ma, specialmente per mezzo dell' cc Opera della Regalità », promanata dal Gemelli e dall'Università Cattolica, ha attinto una risonanza che non va sottovalutata. Il Messale quotidiano e più ancora quello festivo sono anche da noi abbastan za diffusi (sebbene tra i soli ceti devoti); ma la liturgia parrocchiale non va oltre, quasi dappertutto, la messa dialogata. E vero che le remore più gravi alla pietà liturgica sono poste proprio dal conservatorismo idolatra della Curia, ma troppo poco si tenta dai
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sacerdoti di a iniziare» i fedeli ai misteri liturgici (47). Molto più facile è solleticarne il sentimentalismo con pratiche extraliturgiche e specialmente con le devozioni mariane. Ed infatti é quello che i parroci italiani si son limitati, per lo più, a fare. Citare i fasti nefasti raccolti dall'invenzione delle Madonne Pellegrine tra il '46 e e il '48 non é davvero ne[...]

[...]que in grado di far benissimo da sé. Poiché tuttavia non ci par lecito sbrigarci col solito (( messo t'ho manzi », diremo che un raffronto tra il panorama della crisi e quell'o della restaurazione della parrocchia in Italia ci sembra che si chiuda in netto vantaggio della prima. La redistribuzione territoriale e logistica delle parrocchie é, infatti, da noi, un'intrappresa ancor troppo morosa; la loro vita
(47) cfr. F. TONOLo, Parrocchia e Liturgia, Roma, 1949; e, come es. di qualche realizzazione pratica, G. BEVILACQUA, «La Vigilia Pasquale in un centro periferico», ale L'Ast. Eccl., 1952, III, pp. 174 segg.
LA CRISI DELLA PARROCCHIA IN ITALIA 81
comunitaria, nella maggior parte dei casi, introflessa e chiusa, rivelando solo nel campo sociale una notevole facoltà di ripresa; la vita religiosa propriamente detta, infine, è proprio quella che accusa i deficit più gravi. Con questo non si vuol minimamente disconoscere gli sforzi compiuti dall'alto e dal basso clero per una riforma .adeguata dell'istituto parrocchiale. Le buone volontà n[...]

[...]onoscere gli sforzi compiuti dall'alto e dal basso clero per una riforma .adeguata dell'istituto parrocchiale. Le buone volontà non sono davvero mancate, ma i risultati sono stati piuttosto mediocri sia per lo sproporzionato aumento dei nuovi bisogni e per le reMore frapposte dai vecchi metodi e mezzi, sia, e soprattutto, per gli infausti compromessi con la politica.
Se la parrocchia infatti ha perduto terreno sul settore religioso, s'è avvantaggiata enormemente, in questi ultimi anni, su quello politico, a beneficio, s'intende, delle mire egemoniche della Chiesa. E che questa sua progressiva profanizzazione sia un bene, nessun vero credente vorrà certo sostenerlo. Si è detto della prevalenza eccessiva che nell'attuale dopoguerra hanno assunto nella parrocchia italiana gli attributi e le attività sociali. Ma troppo si sarebbe tentati d'aggiungere qui sulla sua politicizzazione. In fondo, se oggi è nata l'antiparrocchia, la responsabilità di questo contraltare va rivendicata al fatto che la parrocchia è quasi ovunque diventata la sede d'[...]

[...]sificazione di manifestazioni religiose alla vigilia delle competizioni elettorali? La stessa A. C. è davvero ancora un movimento missionario (di puro apostolato) o non piuttosto — specie dopo l'ultimo « cambio di guardia » — il cavallo di Troia delle rivendicazioni politiche della Chiesa ? Lo storico di domani non avrà certo molti scrupoli, come il cronista d'oggi che voglia ad ogni costo corazzarsi d'obiettività per tema d'esser giudicato partigiano, nel
1
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rispondere a questi interrogativi, tanto la realtà gli apparirà d'un'evidenza violenta.
Ebbene, quali conseguenze matureranno da questo stato di cose ? Naturalmente, non è facile prevederle. Troppi imprevisti possono sovvertire i calcoli più prudenti. Ma una cosa si può tranquillamente asserire: e cioè che la strada della politicizzazione porterà la Chiesa a delle amare esperienze. Oggi essa sta tentando con tutte le sue forze di slaicizzare l'Italia, rimedioevizzandola in una nuova teocrazia solo apparentemente più rispettosa del progresso e aperta al riconoscim[...]



da Rutilio Cateni, Quella volta che venne il Federale in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 7 - 1 - numero 3

Brano: [...]essuno offendeva.
E la Pavana senti il suo nome e si affacciò sull'uscio di casa. Disse: « Mi chiamate, Giolitti? ».
« Dicevo che una donna come . te può essere l'Italia ».
« Ah! — fece lei — Un'Italia povera e stanca... ».
«E Cristo non era tutto pelle e ossa? Non era povero e stanco? », disse il vecchio.
« Ma si fece buggerare e si fece ammazzare ».
« Ma poi risuscitò — disse il vecchio — e fece tanti miracoli ».
« E i miracoli li ha mangiati il vento » disse la Pavana.
« Il vento non può mangiare tutti i miracoli. La terra è terra e quella non s'ingoia! ». E intanto batteva il piede per far sentire che qualche miracolo c'era rimasto.
« La terra sola non dice niente », disse la Pavana.
Ma Giolitti si indispettì e cominciò e sputare saliva dalla voragine dei baffi a parafango. «No — disse — la terra dice tante cose. È il più grande miracolo che ci sia. La terra é più bella del mare, del cielo e del Paradiso. E c'è gente che la insulta! ».
« Io no! — disse lei — Io non la insulto di certo. Per me la terra é pane! ».
« E l'Italia cos'è? — disse Giolitti. — E tutta campi e orti... ».[...]

[...]a casa del fascio, in mezzo a questa quiete, ci fosse uno che potesse rompere questa quiete con la voce da cane, potesse rompere il beato silenzio della campagna oscurata. Arroventare gli animi. Eccitare gli animi per qualcosa d'indefinito come la conquista di un'Abissinia lantana da casa nostra. Fatta in un'altra maniera da come é fatta la nostra terra. Con gli uomini che hanno un altro colore e vedono un cielo diverso con un sole diverso. E mangiano formiche e ragni e scorpioni.
Un gatto, sopra un cornicione, miagolava ai sette venti.
« Non si sa perché piange quello II. Non si sa se piange per l'amo rosa o per questa serata tranquilla o per la fame che ha in corpo. Ma certo non piange per la venuta del federale. Non sa niente di queste cose. Sta in cima al cornicione, e dei dolori e delle pene degli uomini se ne frega. Che gli importa se uno ha un campo e rischia di perderlo? E se poi uno' ha una donna che gli hanno disonorato? E se poi uno ha le corna? E se poi uno deve vestirsi di nero e andare al fascio a fare il saluto romano? E[...]

[...]accorgersi di lui fu Bucaneve.
« Buona sera camerata — disse — non si salutano gli amici? ».
«« Sono stanco », disse Libertario.
Mangione intervenne. Prese subito le sue difese.
« Ha ragione. Lavora più di tutti noi. Va a fare il bracciante e
lavora il suo campo. Non ha un minuto di riposo, poveretto ».
Ci sarebbe la notte, — disse Bucaneve ma la notte l'amico
non si riposa ».
Quattro Tèmpora tirò fuori la sua parola di poeta.
« FA l'orgia — disse — l'orgia notturna ».
Bucaneve ridacchiò e osservò che l'orgia è la virtù dei grandi e
degli eletti. Sulla storia romana c'è un'orgia dietro l'altra.
Libertario non sentiva. Aveva gli occhi addosso a Mangione. Sen
tiva il cuore battere forte e il sangue correva su e giù per le vene.
Una cosa che faceva impressione. Mangione se ne accorse e cercò di
non guardarlo, ma Libertario insisteva. Lo seguiva da ogni parte. An
che dietro l'albicocco. Anche dietro il muro di cinta. Allora, Man
gione si fece coraggio e gli si avvicinò. Gli parlò con voce calma,
suasiva. Da angelo custode.
« Tu l'hai con me! » disse Mangione. Libertario non rispose.
« Fu uno scherzo — disse Mangione — uno scherzo e nulla più,
te lo posso giurar[...]

[...]l'acqua e il bicchiere. Il federale andò in cima alla stanza e si siedé comodamente dietro al tavolino. Accanto a lui c'era Mangione. Alle parti: Bucaneve, Quattro Témpora e qualche altro.
Il federale era un uomo massiccio. Alto. Impettito. Con un berretto a visiera che gli tappava i sopraccigli folti e la testa calva e schiacciata. Chiacchierò un po', sottovoce, con Mangione guardando davanti a sé. Poi, con un sospiro, si alzò dalla sedia appoggiando le mani al tavolino.
Bucaneve subito gridò: « A...ttenti! ». La sua voce fu molto spettacolare. Tutti si irrigidirono. Allora parlò Mangione: «La parola al camerata Tarquinio Andò, nostro amatissimo federale ». Scoppiò un uragano di applausi. Erano cinquanta e parevano mille. La stanza rimbombava furiosamente. Bucaneve si avvicinò a Mangione. Gli disse:
110 RUTILIO CATENI
« Il rimbombo! » e Mangione alzò gli occhi al cielo e in cuor suo schiacciò un moccolo grosso come una casa. Non c'era niente da fare. I1 rimbombo c'era e ci stava. Quando si fu schiarita la gola, il federale, fece la [...]

[...]. Aspettò il resto del discorso e allora si rinfrancò. I1 federale diceva: «Infatti: quanti volontari ci sono in questo paese? Quanti fascisti di questa sezione sono andati a combattere in terra d'Africa? ». Mangione era come estasiato.
« Dico a voi, segretario politico! » urlò il federale.
« Nessuno » disse allora Mangione con un gentile soffio di voce.
Il federale, di fronte a questa laconica risposta, s'incattivì. Gli occhi gli diventarono gialli come tuorli d'uovo. Era la bile che faceva il suo corso. « Mi fate schifo tutti quanti! — disse. — Siete una massa di smidollati! ».
La stanza rimbombava. « Siete una massa di somari! ».
Mangione si fece piccino piccino: « Anche qui c'è da lavorare.. Siamo gente operosa ».
« Gente inutile! » gridò il federale. — Gente che si sta a grattare
i coglioni dalla mattina alla sera. Che cosa ci fate qui, tappati in questo paese? In questo paese puzzolente? Bisogna andare dove la Patria chiama ».
« Ci andremo » disse Mangione per consolarlo.
« Alzi una mano chi vuol partire! ». Ma nessuno alz[...]

[...]Vieni avanti camerata — disse il federale. — E una domanda originale e interessante ». Libertario andò li, davanti al federale. Fece il saluto romano. «Riposo! » disse l'altro. E lui rimase sull'attenti e fissò intensamente e senza paura gli occhi di Mansione. Tutti capirono il perché di quella domanda. Erano li. Incantati di vedere Libertario che aveva chiesto la parola, che si era staccato dal loro gruppo ed era distante quattro passi da loro. Già una barriera. Anche Quattro Tèmpora disse: «Però é coraggioso ». Ma Bucaneve si sentiva rodere dentro e Mangione tremava impercettibilmente, con la paura addosso che lo ghiacciava.
«Allora? » disse il federale, bonario.
« Ecco... » Non trovava le parole adatte. Si sentiva confuso. Eppure vedeva negli occhi di Mangione (ah! com'erano quegli occhi!) l'immagine piangente e indifesa della Pavana. La carne di lei. L'ombelico. Il pube... Tutti aspettavano con ansia che lui continuasse a parlare. E allora si fece forte e disse nel grande silenzio: « Signor federale, quanti anni di galera diamo a q[...]

[...]l tavolino. Disse: « È un minorato » e si batté una mano, sulla fronte. Il federale stava quasi per cedere, ma la pancia di Quattro Tèmpora si muoveva. Urtò nel tavolino. La bottiglia cadde e versò l'acqua sui pantaloni del federale. Mangione disse: «Signor federale, questo è un nostro poeta. E un genio. Ha scritto una poesia su donna Rachele ».
Ma il federale urlò: « Lasciatelo parlare! ». E Quattro Témpora. si allontanò di nuovo con le mani pigiate sulla pancia.
Allora Libertario rimase ancora li. Fermo e muto. E tutto intorno era un sussurare soffocato. Un ronzio di mosche e di libellule_ Lo guardavano. Lo scrutavano. Lo ingoiavano con gli occhi per quella
112 RUTILIO CATENI
sua posizione di privilegio. Era il padrone assoluto della stanza. Ma proprio per questo si senti come stringere l'anima in una morsa, come soffocare. Quel coraggio che aveva avuto si andava annebbiando. (E dopo? Dico: dopo cosa accadrà a me, alla casa, al campo, alla Pavana?). Eppure, nel briciolo di coraggio che gli rimase, legato proprio fra la gola e lo st[...]

[...]orsa, come soffocare. Quel coraggio che aveva avuto si andava annebbiando. (E dopo? Dico: dopo cosa accadrà a me, alla casa, al campo, alla Pavana?). Eppure, nel briciolo di coraggio che gli rimase, legato proprio fra la gola e lo stomaco, disse ad alta voce (e la voce era troncata): « Federale. Mangione é entrato in casa mia. Ha preso con la forza la mia Pavana. E poi le ha sputato addosso ». Il federale aspettava queste parole. Ormai conosceva già da molto tempo Mangione e sapeva di lui vita e miracoli.
Disse: «Camerata, ci vogliono le prove! ». Il federale, chissà perché, sperava in cuor suo che le prove ci fossero. Quel Mangione ne stava combinando troppe. Ma Libertario era ormai troncato. Si guardò intorno, notò i quattro passi che lo distanziavano dagli altri ed ebbe le vertigini di quell'abisso. Si cercò le mani e se le strinse. Piagnucolò: « Federale io... sono cornuto! ».
« Ma le prove, le prove ci sono? » disse ancora il federale.
Non rispose. Non rispose piú. La testa gli girava per via di quella barriera oltrepassata. Allo[...]

[...]e. Guardò la notte al di là dei vetri. Una notte regale e taciturna.
« Camerata! — disse il federale. — Se non ci sono le prove... ». Si mosse dal tavolino. Andò accanto a Libertario e gli parlò paternamente. « Sei stanco figliolo... Hai la barba lunga. L'uniforme scomposta. Hai bisogno di riposo, di calma... ». Gli mise una mano sulla spalla. Gli disse: « Coraggio. Ci sono passato anch'io ». Come se lui avesse avuto le corna. Ma Libertario era già lontano coi pensieri. Già diviso da quella gente. Era dentro alla casa accanto alla Pavana. O nel campo a frullanare il fieno. Qualunque cosa dicessero, qualunque cosa facessero, non lo riguardava più. La vera vita da vivere, da accettare
QUELLA VOLTA CHE VENNE IL FEDERALE 113
come sofferenza vera, era un'altra. Al di lá di quelle mura. Subito al di lá. Dove c'erano la luna, la notte, le case del paese, i campi addormentati, i grilli canterini, le rane, i muggiti di vacche partorienti. Tutte cose attaccate all'anima e alla carne.
Qualcuno lo prese per le spalle, dolcemente. Gli sussurravano parole e parole. Lo mise[...]



da Boris Lavreniev, La vecchia in KBD-Periodici: Rinascita - Mensile ('44/'62) 1944 - numero 1 - giugno

Brano: [...]tato distrutto dai guastatori, allorehè i tedeschi si erano dovuti ritirare frettolosamente. I nove amici furono perciò meravigliati quando, tra tanto caos di rovine e di desolazione, scopersero quasi intatta, nel bel mezzo della landa arsa, la capanna di Sukhonin, costruita con robusti tronchi di pino ed ancòra ritta in piedi dopo tanta guerra che aveva infuriato là intorno. Inerpicandosi sulle macerie e inciampando sui tronchi carbonizzati che giacevano al limite della radura, i giovani furono ancora più stupiti di accorgersi che v'era un'anima viva in mezzo a quello squallore di morte e di abbandono. fina donna infatti stava tristemente lavorando all' esterno della capanna : riparava le impannate delle finestre con pezzetti di vetro tolti dalla cenere e tenuti insieme con strisce di vecchi giornali. Quando si furono avvicinati, i nove uomini si trovarono davanti ad una vecchia dall'aspetto pauroso e straziante ad un tempo. Le ciocche dei capelli bianchi e scarmigliati sfuggivano da uno sbrindellato fazzoletto di canapa che le ricopriv[...]

[...]nali. Quando si furono avvicinati, i nove uomini si trovarono davanti ad una vecchia dall'aspetto pauroso e straziante ad un tempo. Le ciocche dei capelli bianchi e scarmigliati sfuggivano da uno sbrindellato fazzoletto di canapa che le ricopriva il capo, e le pendevano sulle guancie emaciate e rugose ; gli occhi, dallo sguardo smarrito e spento, erano infossati nelle occhiaie ; gli abiti laceri le pendevano sul corpo mostrando qua e là la pelle gialliccia e grinzosa. Quel relitto umano non mosse il capo, li sbirciò appena di sottecchi e continuò a lavorare. Il sergente Vinogradov che comandava il gruppo e scherzava sempre volentieri, portandosi giù il cappello con la stessa galanteria di un moschettiere del re Sole si rivolse allora allegramente a lei : c E con vero piacere, nonna, che vi porgo il saluto della Marina Rossa. Abbiamo 1' ordine di gettar le àncore in questa popolosa metropoli. Da quel che pare, nonnina cara, la vostra è la sola magione nelle immediate vicinanze, e gli abitanti assommano ad un' anima sola. Noi siam prodi ma[...]

[...] vero piacere, nonna, che vi porgo il saluto della Marina Rossa. Abbiamo 1' ordine di gettar le àncore in questa popolosa metropoli. Da quel che pare, nonnina cara, la vostra è la sola magione nelle immediate vicinanze, e gli abitanti assommano ad un' anima sola. Noi siam prodi marinai che le alterne fortune della guerra hanno obbligato ad abbandonare temporaneamente i lucidi ponti della nostra corazzata " Marat „ e a trascorrere un po' di villeggiatura a terra. Siamo dunque bene accetti nel vostro ostello 9... >.
Le labbra della vecchia si mossero come se biascicasse qualcosa ed i giovani si accorsero che era completamente sdentata. Barbugliò distrattamente, guardando altrove con gli occhi spenti :
. Se vi piace, statevene pure qui. La capanna è vuota e posto ce n' è per tutti. Voi fatevi i fatti vostri ed io mi faccio i miei ,.
c t ben strano, nonna, che siate così poco ospitale, — rispose il sergente Vinogradov, grattandosi la nuca, contrariato, — che significa " fatevi i fatti vostri "... Y Ecco qui nove poveri marinai modello 194[...]

[...]vivere insieme, caspita, — borbottò Katye Malinin in. un tono misto di congettura e di certezza, — sta a noi dunque badare alla vecchia
e darle un boccone. Forse suo figlio è all' altra estremità del fronte e soccorre la madre di qualcuno di noi, compagni... ).
La mattina seguente i nove marinai russi, figli di donne russe che avevano probabilmente la sua stessa età e che erano sparse qua e là sulla lunghissima linea del fronte in fiamme, gareggiarono per sopperire ai bisogni della vecchia. Raccolsero legna da ardere nal bosco, accomodarono la capanna, rifecero la staccionata, ripulirono il pozzo, ripararano il fornello in cucina e vi accesero un bel fuoco. Si sedettero a mangiare maiale e fagioli cotti nella loro caldaia : da bere avevano preparato del cioccolatto in un loro bricco di rame ed invitarono la vecchia. Ella si rifiutò a lungo, ostinatamente, ma poi dovette cedere ai giovani marinai che allegramente mescevano mestolate di minestra nella sua scodella, la forzavano ad accettare grosse fette di pane imburrato. Già verso la fine del pranzo lo sguardo di lei si ammorbidì ; pulì accuratamente il cucchiaio con una cocca del fazzoletto di canapa, si . alzò ed incrociando le mani sul ventre piatto si inchinò goffamente : c Grazie assai, compagni...). Una lacrima scorreva sul volto rugoso e avvizzito ed i giovani ne furono commossi... c Non c' è di che, nonna, non piangete, ci rattristate, — disse il sergente con una voce un poco tremolante. — A
dire il vero abbiamo qualche cosa da proporvi : siamo soldati e non sappiamo lavare i panni, ram
mendare. Noi vorremmo che vi occupaste voi di que
ste faccende, or[...]

[...]bile. Per farle una sorpresa, Zurgin si mise al lavoro in soffitta, dove la vecchia non capitava mai. A scanso di equivoci, sulla porta fu affisso un cartello : c Riservato. Ê severamente proibito l' ingresso >. Vanya Kleimenov, 1' elettricista, basso e tnagrolino, e su per giù della stessa taglia della vecchietta, fungeva da manichino tra le risate e i lazzi di quei bravi soldatacci. In capo ad una settimana tutto fu pronto. Kleimenov si pavoneggiava in gonna blu cobalto ed in farsetto : quando poi si infilò il cappotto ricavato dalla mantella e da un paio di pantaloni per le maniche, fu tutto un coro di congratulazioni per 1' abilità del sarto. Le tre maglie a righine rosse erano state sapientemente ridotte e, rifinite da un fazzoletto di seta che Peregudov aveva comprato a Riga prima della guerra, erano diventate ora una blusa piuttosto elegante. La stanza era piena del fumo delle loro pipe quando finalmente la vecchia fu chiamata al loro cospetto per iniziare solennemente la cerimonia : c Stimatissima mamma adottiva, regalataci per c[...]

[...]a per ore innanzi alla capanna, con la testa sulle mani grinzose, immobile, a guardaretristemente il verde dei boschi oltre la radura. Venne la sera della partenza e i ma
rivai, dopo aver caricato tutto il loro bagaglio, erano pronti a partire. Vinogradov si avvicinò alla donna: Arrivederci, nonna cara, ti ringrazio a nome di
tutti per il tuo amore materno e per le tue cure ..
e ti faccio tanti auguri': Aspettaci, ritorneremo. E
vero che sei già vecchia, pure speriamo un giorno di ritrovarti ancora qui e di rivederti. Ti scriveremo
e anche tu mandaci un rigo e dicci come stai... L' abbracciò "ed improvvisamente ella gli gettò le braccia al collo, gli preme la guancia flaccida contro il viso e tutto il suo corpo fu scosso da un pianto dirotto: c Ma che farò senza di voi, compagni ?—i marinai la udirono dire tra i singulti.—Mi avete dato la v.ita mentre eravate qui ed ora non mi resta che tornare nella mia tomba... ,. c Ma calmati, su, che ti viene in mente, — disse Vinogradov in tono scherzoso battendole la schiena ossuta,—...la tomb[...]



da Massimo Robersi, La Turchia "atlantica" e la crisi di Cipro. [sopratitolo: Gli impegni di Ankara nella NATO] [sottotitolo: La massiccia presenza del capitale anglo-americano grava sugli orientamenti della politica estera turca] in KBD-Periodici: Rinascita 1964 - 2 - 15 - numero 7

Brano: [...]roblemi di fondo del paese, alcuni dei quali hanno direttamente causato il tracollo elettorale di novembre, rimangono intatti, pronti a riemergere in tutta la loro urgenza non appena la tempesta nelle acque cipriote si calmi. E poichè proprio nella pesante condizione interna della Turchia pensiamo siano racchiusi parecchi motivi atti a spiegare l'intransigenza di Ankara nella questione di Cipro, è più che opportuno soffermarsi una volta a tratteggiare. le caratteristiche di tale situazione, alla luce, pure, dei vivaci e interessanti discorsi e interventi che è sta
possibile ascoltare in occasione della presentazione alla Camera ed al Senato della compagine governativa.
Al riguardo pare giusto prendere le mosse dalle affermazioni fatte da Inonu. Nell'esporre il suo programma di lavoro al parlamento egli ha sostenuto infatti che gli indici economici per il 1962 e per il 1963 avrebbero dimostrato un andamento positivo segnando un incremento annuo del reddito nazionale dei 67 per cento. Purtroppo altre notizie sono invece venute presto a c[...]

[...]tero e la necessità permanente di soccorsi e aiuti, e dall'altro l'eccesso di spese militari. Per quanto riguarda il primo punto, autorevoli esponenti del mondo politico turco hanno recente mente denunciato un indebitamento verso l'estero di oltre 15 miliardi di lire turche al 31 dicembre 1962. Per il 1964, è previsto in partenza, secondo fonti governative, un deficit di 160 milioni di lire turche (1 dollaro = 9 lire turche). Ma oltre a ciò si è già convinti che gli investimenti non raggiungeranno la cifra prevista
e che gli appoggi esterni diminuiranno. « Già gli Stati Uniti — scriveva quindici giorni fa il Cumhuriyet — hanno effettuato sensibili riduzioni nel capitolo degli aiuti militari; ad esempio essi hanno deciso di accollare la fornitura di carburanti al ministero della Difesa nazionale ».
Le spese
militari
Se si tiene presente che nel bilancio del 1963 le spese militari ammontavano a 2,8 miliardi di lire turche (in confronto coi 440 milioni destinati all'agricoltura e coi 190 milioni per l'industria), c'è da stupirsi che lo stesso giornale denunciasse come il famoso piano quinquennale sin dall'inizio sia assai lontano dagli obiettivi fi[...]



da Ernesto de Martino, Il folklore. Un invito ai lettori del «Calendario» in KBD-Periodici: Calendario del Popolo 1951 - numero 86 - novembre

Brano: [...]le presa di contatto con le tradizioni popolari.
D'altra parte il folklore non è soltanto tradizione, memoria presente del passato, ma contiene anche motivi progressivi, vivaci riflessi delle aspirazioni attuali del mondo popolare, e accenni e indicazioni verso il futuro. Sotto la spinta del moto di emancipazione della classe operaia e dei suoi naturali alleati, i ceti contadini, il folklore è entrato in un profondo fermento di trasformazione.
Già da tempo la festa del primo Maggio è entrata nel ciclo delle grandi feste popolari, e recentemente, dopo la liberazione, anche la festa dell'Unità hanno dato luogo a nuove tradizioni folkloristiche progressive. Gli esperimenti del Teatro di massa e il concorso di Mortara per il migliore canto popolare delle mondine rientrano nello stesso processo di trasformazione del folklore tradizionale. Vi è oggi in Italia tutto un patrimonio cospicuo, vero solenne commento canoro che accompagna nella sua storia il movimento operaio e contadino. Si tratta di canti che esprimono ora semplice protesta e ora[...]

[...]segue è la « canta » di Matteotti.
Raccolta in Romagna, a Ravenna. dalla bocca della Cuciretta, una vecchia bracciante. E' cantata su un motivo tradizionale, di solito impiegato per raccontare storie di amore e di sangue di Teresina e Eugenio, e di Silla e Diletto. Diffusa in Emilia, al tempo dell'as
sassinio di Matteotti.
Cari signori, se . ascoltar mi state
canto il delitto di quei galeotti
che con grand'odio voller trucidare
il deputato Giacom Matteotti
Un dì che Matteotti aveva scovato
affari di petrolio e altre tresche
venne su una macchina caricato
da quei vigliacchi delle bande nere
In mezzo a un bosco fu trascinato allor
e quei vili assassini gli disser con furor: « Tu che il fascismo hai sempre odiato ora dovrai morire sull'istante D.
E dopo averlo tanto bastonato,
di pugnalate gliene dieder tante.
Rispose lui a quei vili assassini:
« Voi uccidete me, ma ognun si sbaglia:
finirà il brigante Mussolini,
che male porterà a tutt'Itaglia (sic)
Se io muoio l'idea non morrà
e il buon lavoratore vendicar mi saprà.
L[...]

[...]i vili assassini:
« Voi uccidete me, ma ognun si sbaglia:
finirà il brigante Mussolini,
che male porterà a tutt'Itaglia (sic)
Se io muoio l'idea non morrà
e il buon lavoratore vendicar mi saprà.
La sposa amata e tutti i miei bambini
nel lutto più atroce son piombati.
Ma il dì della riscossa voi avrete
dal popol tutto ciò che meritate s.
Ed ora dopo tanti patimenti
da noi tutti dev'esser ricordato:
da quei fascisti vili e delinquenti
Giacom Matteotti va vendicato.
Ed eccovi la « canta » dei 40 ladroni.
Raccolta a Conselice. in Romagna, informatrice la bracciante Maddalena. La canta si riferisce a un episodio che risale al 189798. epoca in cui un gruppo di crumiri aveva monopolizzato il lavoro nella risaia, lavorando più di otto ore e accettando un salario assai basso. La forza pubblica intervenne a « proteggere la libertà di lavoro » dei « quaranta ladroni s: seguirono violenze e arresti, etc. Intanto una canzone popolare nacque a commento dell'episodio. La canzone dice: fra l'altro.
Il ricatto maledetto
si è alleato con [...]

[...] dei crumiri
è al servizio dei padroni.
Fra gli altri esempi di queste cante possiamo ricordarne una (composta da Rocco Scotellaro, scrittore, in collaborazione con i contadini Giuseppe Cètari, Rocco Tammone, Giuseppe Paradioso e altri), diffusa attualmente tra gli abitanti della Ràbata, quartiere povero di Tricarico in Lucania.
Di canti nati fra il popolo spesso si fecero divulgatori « cantastorie » o « ciarlatani ». (Qui il famoso quadro di Gian Domenico Tiepolo)
Eccone due tra le più significative strofe:
Nule nun mangiamme mai la carne
perchè tene la colpa lu guvern.e.
E se chiste nun ci abbasta
mittite a' tassa e a' suprattassa.
Ce chiammeno zulù e beduini
ca nuie mangiamme assieme a le galline
Int'a Ràbata nun ce sò signure
nun c'è nè Turati nè Santoro.
Ogni strofa è seguita da un ritornello:
Adda fernesce sta cuccagna
cà aimmo esse tutti cumpagne...
Famosa è, poi, le canta per la morte di Ca
serio, il giovane anarchico che uccise il 23
giugno 1894, il presidente della Repubblica
francese, che comincia coi seguenti versi:
Il 16 d'Agosto
Sul far della mattina
Il boia avea disposto
L'orrenda ghigi'fbttina.
Mentre Caserio
Dormiva ancor
E non pensava
Al triste orror.
Entrò nella prigione
Il Direttor Prefetto
Con voce d'emozione
Svegliò il gi[...]



da Necessità di fare da sé in KBD-Periodici: Rinascita - Mensile ('44/'62) 1944 - numero 3 - agosto

Brano: [...]lizzati, mentre avrebbero forse potuto fare parecchie cose utili se invece di guardar tanto lontano si fossero occupati concretamente ,delle cose che stanno loro tra i piedi.
La situazione internazionale del nostro paese è quella che è. E' la situazione di un paese che dopo aver minacciato e aggredito mezzo mondo è stato sconfitto; di un paese, quindi, contro ii quale giustamente si dirige la diffidenza generale delle nazioni aggredite. Abbiamo già dimostrato parecchie volte e continueremo fino alla sazietà a ripetere che non esiste manovra sapiente o intrigo tortuoso di politica in ternazionale il quale possa sanare questa situazione. 1 nostri diplomatici dilettanti, i quali sognano gli allori di Cavour dopo ,Novara e vorrebbero ricalcar quelle orme, dimenticano soltanto che il popolo italiano nel 184849 era stato battuto in una guerra giusta, che ad esso si rivolgevano le simpatie di tutti i popoli civili, e che anche la politica dinastica di Cavour non poîeva non trarre beneficio da questa circostanza. La prima cosa che si deve fare [...]

[...]
Il liberalismo, dicevo, postula logicamente la democrazia. Infatti, non appena la libertà si sgancia dall'idea medioevale del privilegio — tante singole libertà, dunque, spettanti a singole persone in virtù di un titolo particolare —per affermarsi nella sua universale validità, come principio fondamentale di struttura dell'organizzazione statale ed attributo, riconosciuto e garantito dalle leggi, di tutti indistintamente I cittadini come tali, già si pongono all'atto stesso le premesse della democrazia. intesa come governo di tutti da parte di tutti quindi come diritto di ogni cittadino a partecipare direttamen te o indirettamente, al governo dello Stato. Progressivo allargamento del suffragio fino a giungere alla formula del suffragio universale; crescente prevalenza delle assemblee rappresentative sull'esecutivo, fino a giungere (come in talune Costituzioni successive alla prima guerra mondiale) alla nomina dei ministri da parte delle Camere; introduzione in sempre maggior misura del referendum, sboccandosi (come negli Stati Uniti) [...]

[...]e) alla nomina dei ministri da parte delle Camere; introduzione in sempre maggior misura del referendum, sboccandosi (come negli Stati Uniti) in forme plebiscitarie di elezione del capo dello Stato: eceo le tappe successive (non tutte, ma le più significative) ovunque storicamente accertabili dello svolgimento in senso demoeratico del liberalismo.
Ma la democrazia, ho aggiunto, si presenta storicamente in antitesi con il liberalismo originario. Già una prima riprova di fatto se ne ha nella repugnanza di taluni teorici liberali per certe forme di democrazia estrema, per la cosiddetta « tirannia della maggioranza D; negli sforzi di molti pensatori liberali di circoscrivere il fenomeno liberale nelle formule di un garantismo legalistico, di porre limiti e contrappesi all affermarsi delle maggioranze, di ricorrere addirittura — come nella fase recentissima — ad espedienti protezionistici (il cosiddetto « liberalismo protetto »), che sono in contrasto con il. vero significato essenziale dell'ideologia liberale. La riprova più flagrante è off[...]

[...]azia estrema, per la cosiddetta « tirannia della maggioranza D; negli sforzi di molti pensatori liberali di circoscrivere il fenomeno liberale nelle formule di un garantismo legalistico, di porre limiti e contrappesi all affermarsi delle maggioranze, di ricorrere addirittura — come nella fase recentissima — ad espedienti protezionistici (il cosiddetto « liberalismo protetto »), che sono in contrasto con il. vero significato essenziale dell'ideologia liberale. La riprova più flagrante è offerta pero dalla crisi delle vecchie istituzioni liberali e della stessa ideologia liberale di fronte all'affacciarsi imperioso delle grandi masse popolari, portate dall'attuazione pratica degli ordinamenti democratici alla ribalta della vita politica ed affermanti nuove esigenze di giustizia sostanziale e di piu concreta e dunque più vera 'libertà. E' inutile negarlo. L'osservazione storica dimostra all'evidenza che il sistema liberale ha funzionato ottimamente e senza bisogno di arcigne protezioni legislative eontro partiti e movimenti ritenuti in partenza illiberali, finchè la base del sistema è rimasta relativamente ristretta e sufficientemente omogenea, ossia in certo [...]



da Vezio Crisafulli, Liberalismo e democrazia in KBD-Periodici: Rinascita - Mensile ('44/'62) 1944 - numero 3 - agosto

Brano: [...]
Il liberalismo, dicevo, postula logicamente la democrazia. Infatti, non appena la libertà si sgancia dall'idea medioevale del privilegio — tante singole libertà, dunque, spettanti a singole persone in virtù di un titolo particolare —per affermarsi nella sua universale validità, come principio fondamentale di struttura dell'organizzazione statale ed attributo, riconosciuto e garantito dalle leggi, di tutti indistintamente I cittadini come tali, già si pongono all'atto stesso le premesse della democrazia. intesa come governo di tutti da parte di tutti quindi come diritto di ogni cittadino a partecipare direttamen te o indirettamente, al governo dello Stato. Progressivo allargamento del suffragio fino a giungere alla formula del suffragio universale; crescente prevalenza delle assemblee rappresentative sull'esecutivo, fino a giungere (come in talune Costituzioni successive alla prima guerra mondiale) alla nomina dei ministri da parte delle Camere; introduzione in sempre maggior misura del referendum, sboccandosi (come negli Stati Uniti) [...]

[...]e) alla nomina dei ministri da parte delle Camere; introduzione in sempre maggior misura del referendum, sboccandosi (come negli Stati Uniti) in forme plebiscitarie di elezione del capo dello Stato: eceo le tappe successive (non tutte, ma le più significative) ovunque storicamente accertabili dello svolgimento in senso demoeratico del liberalismo.
Ma la democrazia, ho aggiunto, si presenta storicamente in antitesi con il liberalismo originario. Già una prima riprova di fatto se ne ha nella repugnanza di taluni teorici liberali per certe forme di democrazia estrema, per la cosiddetta « tirannia della maggioranza D; negli sforzi di molti pensatori liberali di circoscrivere il fenomeno liberale nelle formule di un garantismo legalistico, di porre limiti e contrappesi all affermarsi delle maggioranze, di ricorrere addirittura — come nella fase recentissima — ad espedienti protezionistici (il cosiddetto « liberalismo protetto »), che sono in contrasto con il. vero significato essenziale dell'ideologia liberale. La riprova più flagrante è off[...]

[...]azia estrema, per la cosiddetta « tirannia della maggioranza D; negli sforzi di molti pensatori liberali di circoscrivere il fenomeno liberale nelle formule di un garantismo legalistico, di porre limiti e contrappesi all affermarsi delle maggioranze, di ricorrere addirittura — come nella fase recentissima — ad espedienti protezionistici (il cosiddetto « liberalismo protetto »), che sono in contrasto con il. vero significato essenziale dell'ideologia liberale. La riprova più flagrante è offerta pero dalla crisi delle vecchie istituzioni liberali e della stessa ideologia liberale di fronte all'affacciarsi imperioso delle grandi masse popolari, portate dall'attuazione pratica degli ordinamenti democratici alla ribalta della vita politica ed affermanti nuove esigenze di giustizia sostanziale e di piu concreta e dunque più vera 'libertà. E' inutile negarlo. L'osservazione storica dimostra all'evidenza che il sistema liberale ha funzionato ottimamente e senza bisogno di arcigne protezioni legislative eontro partiti e movimenti ritenuti in partenza illiberali, finchè la base del sistema è rimasta relativamente ristretta e sufficientemente omogenea, ossia in certo [...]

[...]motivo dell'eguaglianza dei
cittadini» ed operando in estensione con il dare crescente diffusione alla libertà e particolarmente alla libertà attiva o politica. Ma quanto più la libertà si diffondeva in tutti gli strati della popolaizone, tanto più essa doveva fatalmente rivelarsi illusoria per coloro — ed erano la stragrande maggioranza — ai quali le condizioni materiali del loro lavoro, l'urgenza del bisogno economico, l'impossibilità di gareggiare ad armi pari con i privilegiati dalla sorte, toglievano in pratica l'effettiva possibilità di un concreto e consapevole esercizio di quelle libertà, che pur erano solennemente proclamate nelle leggi fondamentali e nelle svariate « dichiarazioni dei diritti s. Di qüi la delusione; di qui la critica socialista contro la « democrazia borghese » (che non vuol dire affatto contro la democrazia tout court); di qui le ricorrenti crisi costituzionali, le agitazioni popolari e d'altro lato i ritorni reazionari in funzione difensiva ed offensiva, Je sfasature sempre più frequenti tra Parlamenti e popoli ed i contrasti tra paese leg[...]

[...]tta prima potrebbe sembrare ove ci si fermi alla lettera dei testi, una antitesi della democrazia, ma costituiscono invece le conseguenze estreme, rigorosamente dedotte dalle premesse democratiche: e proprio per questo, si oppongono polemicamente alla democrazia capitalistica, della quale denunciamo le intime eontraddizioni e la congenita insufficienza. An21, puo ben dirsi, spingendosi più lontano su questo piano, che socialismo e comunismo sono gia impliciti, embrionalmente, nella stessa ideologia liberale, della quale pure rappresentano una critica radieale. O. per esprimersi eon maggior esattezza: che socialismo e comunismo presuppongono, concettualmente e storicamente, il liberalismo; solo che, prendendone alla lettera le suggestive formulazioni di principio, interpretandone in profondità il contenuto umano fondamentale, ne traggono conclusioni, teoriche e pratiche, che, — al pari della democrazia, ed in misura assai maggiore e con più vivace intensità di accenti — finiscono per contraddire nettamente quel sistema di convinzioni e di istituti giuridici ed economici, nel quale sotto [...]

[...] possono oggi, dopo venti anni di eclissi della libertà e della democrazia, parlare di libertà e di demoerazia con non minor diritto di chiunque altro ed ecco perchè se si vuole davvero instaurare in Italia una democrazia vitale, è necessario evitare con la massima cura i ritorni indietro e sforzarsi di . eliminare, o almeno di ridurre, le più gravi contraddizioni interne della democrazia liberale d'anteguerra.
VEZIO. CRISAFULLI
La fiera dei bugiardi
Flora...
Secondo Flora, nella rivista « Aretusa », Mussolini, che « guardava rapito al comunismo russo », rubò al comunismo russo il saluto romano, la funzione del partito nella vita dello Stato, le adunate, le parate, l'opera della maternitd, il dopolavoro, ecc. Ogni parola, una bugia. In Russia la gente si saluta, come in tutto il mondo, stringendosi la mano o togliendosi il cappello; non vi sono nè adunate nè parate che assomiglino nemmeno da lontano a quelle fasciste; il partito è una organizzazione volontaria e de.nocratica (con elezioni libere e segrete di tutte le cariche dall'alto al basso), e tosi via. Quanto al « rapimento » di Mussolini per ii comunismo, stia a darne prova l'aggressione vigliacca del 21 giugno 1941, punto d'approdo di una politica rabbiosamente anticomunista di vent'anni. Flora, dunque, mente. E mente, tanto per poter mantenere in piedi qualcosa [...]



da Milovan Ginas (dello Stato Maggiore dell'Esercito di Liberazione jugoslavo), Il Maresciallo Tito in KBD-Periodici: Rinascita - Mensile ('44/'62) 1944 - numero 3 - agosto

Brano: LA RINASCITA 9
II Maresciallo Tito
Nel corso della dura lotta per la loro esistenza nazionale, che conducono i popoli della Jugoslavia, è sorta dalle unità partigiane l'Armata popolare liberatrice jugoslava. Essa è stata formata dal popolo, dal lavoro e dalla fatica comuni di tutti i suoi combattenti. Tutti, dal semplice soldato al eapitano supremo, hanno dato ad essa tutto ciò che potevano. L'esistenza stessa di questo esercito, dai primi suoi passi sino ad oggi, è legata al nome del suo organizzatore e dirigente — il maresciallo Jossip Bros — Tito.
I popoli della Jugoslavia nel passato ebbero ognuno i suoi grandi uomini. Per la prima volta nella storia essi hanno in Tito un capo la cui autorità è rieonosciuta da tutti, dai serbi, dai croati, dai maced[...]

[...]itare. Era neeessaria infatti una profonda, penetrante comprensione della situazione politica, erano necessarie notevoli capacità militari, per poter eondurre una guerra così complicata come quella della Jugoslavia contro la Germania hitleriana, non solo resistendo alla pressione nemica, ma riportando segnalate vittorie. Soltanto un uomo animato da un grande e generoso ideale d'amor patrio é di devozione al popolo. soltanto un uomo di enorme energia e di volontà ferrea, pieno di decisione e di coraggio, poteva formare e dirigere l'Armata jugoslava e conquistarsi il rispetto e l'amore dei popoli della Jugoslavia. E tale è il Maresciallo Tito.
Chi conosce la storia gloriosa della lotta secolare degli slavi del sud, — dall'epoca delle Crociate fino. agli anni oscuri dell'attacco hitleriano contro l'Europa, — chi conosce la storia di questi popoli, uniti dal sangue e dal destino e che da tempo immemorabile tendono all'unità, all'indipendenza e alla parità di diritti, sa eome i nemici secolari degli slavi del sud sfruttarono le rivalità nazi[...]

[...]fino. agli anni oscuri dell'attacco hitleriano contro l'Europa, — chi conosce la storia di questi popoli, uniti dal sangue e dal destino e che da tempo immemorabile tendono all'unità, all'indipendenza e alla parità di diritti, sa eome i nemici secolari degli slavi del sud sfruttarono le rivalità nazionali per asservirli ed opprimerli. Ed è alla luce di questa esperienza storica che si comprende la grande importanza dell'unità di questi popoli forgiata nella lotta contro Hitler e che si comprende quindi anche la funzione del Maresciallo Tito.
E' quindi chiaro che è un errore pensare a Tito, — così come non di rado si fa all'estero, — semplicemente come a un capo ardito e eapace di partigiani e di masse in rivolta, 'o semplicemente come all'uomo che ha saputo dominare una situazione politica intricata, o infine come a un fenomeno occasionale o transitorio, a un essere portato alla superficie dalla tempesta della guerra e destinato a sparire senza tracce quando la tempesta sarà passata.
Nella sua vita privata Jossip BrosTito è, come tutti gli uomini grandi, semplice e modesto. Egli è pieno di quello spirito scherzevole che. rende più facile la vita nei momenti più difficili. E' un amieo e un compagno mirabile.
Tito ama rimanere a lungo assorto, sprofondato nei suoi pensieri. Al[...]

[...]vi sono limiti alla volontà umana e alla iniziativa creatrice delle masse. Questa volontà e questa iniziativa esistano nei nostri combattenti e comandanti. Perciò passeremo.
E così avvenne. I ponti furono costruiti letteralmente con nulla; ma il fiume fu passato e il nemico sconfitto.
La quarta offensiva hitleriana contro l'Esercito popolare jugoslavo si proponeva obiettivi molto ampi. Essa tendeva ad accerchiare e distruggere questo Esercito. Già eravamo accerchiati, — come, del resto, noi siamo sempre, —e il nemico iniziò la sua offensiva. Il piano di Tito fu semplice ed eccellente. Egli cercò dove era il punto debole del cerchio nemico, ed ivi lo spezzò. Quindi ordinò di far saltare i ponti attraverso la Neretva, attraverso i quali avremmo dovuto ritirarci, per far credere ai tedeschi che ci trovassimo ancora entro il cerchio.
In pari tempo cambiò il fronte delle sue truppe, attaccò i tedeschi e passò la Neretva in un altro punto, su ponti di legno improvvisati, portando con sè persino quattromila feriti. I tedeschi avevano prepara[...]


precedenti successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Già, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---Storia <---siano <---Diritto <---Pratica <---Così <---italiano <---Ecco <---italiana <---Ciò <---Più <---abbiano <---fascismo <---ideologia <---italiani <---Logica <---Perché <---Sulla <---Del resto <---Dialettica <---Dio <---Filosofia <---Fisica <--- <---Quale <---socialismo <---Come <---Cosa <---comunisti <---fascista <---cristiana <---marxismo <---Davanti <---Francia <---Però <---Poetica <---Psicologia <---Sei <---Voglio <---autista <---comunista <---cristiano <---fascisti <---ideologica <---ideologie <---psicologia <---psicologica <---socialista <---umanesimo <---Basta <---Scienze <---Sociologia <---Stato <---Viene <---cristiane <---imperialismo <---sociologia <---storicismo <---Andiamo <---Cominciò <---Dei <---Dico <---Dogmatica <---Freud <---Gramsci <---Il lavoro <---La lotta <---La sera <---Linguistica <---Meccanica <---Non voglio <---Psicanalisi <---Sistematica <---artigiani <---capitalismo <---cominciano <---comunismo <---cristianesimo <---cristiani <---d'Italia <---ideologiche <---ideologici <---ideologico <---italiane <---liberalismo <---marxista <---materialismo <---socialisti <---Bibliografia <---Chiesa <---Dinamica <---Ernesto De Martino <---Estetica <---Farmacia <---Folklore <---Gli <---Infine <---La casa <---Lenin <---Meglio <---Perchè <---Pochi <---Povera <---Retorica <---Va bene <---anziane <---dell'Italia <---diano <---lasciano <---lista <---nazista <---psicologiche <---psicologici <---sappiano <---zarista <---Adesso <---Agli <---Ahi <---Arrivò <---Certo <---Chimica <---Cosi <---Egitto <---Fai <---Fenomenologia <---Fonetica <---Fuori <---Hai <---La notte <---Lascio <---Lei <---Marx <---Metafisica <---Mi pare <---Mircea Eliade <---Noi <---Non parlare <---Nuovo Testamento <---Ogni <---Presto <---Resta <---Sarai <---Sarà <---Sessanta <---Stalin <---Storiografia <---Teologia <---Tornò <---Troia <---Tua <---abbracciano <---antropologia <---artigiano <---cinismo <---d'Europa <---dell'Ottocento <---dell'Università <---dinamismo 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<---Eléments <---Entro <---Entrò <---Eranos Jahrbuch <---Etica <---Famagosta <---Farmaceutica <---Febbraio <---Fedone <---Filosofia della storia <---Fisiologia <---Frazer <---Garbatella <---Gehalt <---Gesù Cristo <---Gettò <---Giunti <---Giustizia <---Grande <---Guardò <---Gusdorf <---Hachette <---Hegel <---Hitler <---Inghilterra <---James Joyce <---Jensen <---John Lewis <---Jossip Bros <---La Chiesa <---La guerra <---Lanciani <---Lasciatelo <---Lasciò <---Lecce <---Leeuw <---Leone XIII <---Les <---Lettera a Giuseppe Bloch <---Liberalisifio <---Linguistica strutturale <---Lombardia <---Lévy <--- <---Ma mi <---Mallarmé <---Marx-Engels <---Medicina <---Memory <---Mesopotamia <---Molta <---Mondo Magico <---Mugnone <---Muoio <---Muovetevi <---Myth in Primitive Psychology <---Mythen <---Mythologie <---Neretva <---New Haven <---Nicò <---Niente <---Nord <---Nuovi Argomenti <---Ordine Nuovo <---Ottobre <---Paese <---Papa <---Partito Iiberale <---Patria <---Pedagogia <---Philosophie <---Pierre Janet <---Pio X <---Pio XI <---Pio XII <---Ponte Milvio <---Portò <---Potete <---Praga <---Pratiche Editrice <---Presso <---Preuss <---Primitive Psychology <---Préface <---Psichiatria <---Psicoanalisi <---RAFFAELE CRIVARO <---Recherches <---Repubblica Democratica Tedesca <---Ricominciò <---Riuscì <---Rocco Scotellaro <---Romagna <---Russia <---Sacro <---Salutandola <---San Pancrazio <---Sardegna <---Scese <---Scienza politica <---Scienze umane <---Semantica <---Seuil <---Slesia <---Societé <---Statti <---Stia <---Stilistica <---Storia religiosa <---Studi <---Sudeti <---Taunus <---The <---The Hague <---Thule <---Théorie <---Tor <---Tredici <---Trotzki <---Turchia <---URSS <---Urzeit <---Van Gogh <---Venuti <---Versilia <---Zio Alfonso <---Zogovic <---agnosticismi <---analfabetismo <---annunciano <---antagonista <---antifascista <---antropologica <---antropologici <---autonomismo <---autopiste <---biologia <---biologico <---cambiano <---capitalista <---capitalisti <---cattolicesimo 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<---Ad-Duruz <---Adam Josefcyk <---Adario <---Adda <---Addio Ellade <---Adeth <---Adib Shishakli <---Administration <---Afanasjev <---Aflaq <---Aggiungerò <---Aghiios Ioannis <---Ah <---Ahimè <---Ahotuhulac <---Ahé <---Aion <---Aiuto Cristiano <---Akademisk <---Akkord <---Akram Awrani <---Aktiv <---Al Hafiz <---Al Quwali <---Alain Robbe <---Alauita <---Albertina Butteri <---Albertina Hulleri <---Alberto Carocci Iscrizione <---Alburni <---Alcesti <---Alchemie <---Alchemìe <---Aldo Leoni <---Aldo Oberdorfer <---Aldo Rossi <---Aleppo <---Alessandretta <---Alessandro Cardulli <---Alexander Bedward <---Alfa <---Alfonso Rulliani <---Alfredo Giuliani <---Algirdas <---Algirdas Jules <---Aliud <---All Souls <---All-Father <---Alla <---Allaert <---Allargò <---Allegre <---Allentò <---Allineàti <---Allontanatisi <---Allontanatosi <---Allontanò <---Allora <---Allò <---Almeno <---Alphonse Allais <---Alphonses <---Altare <---Although <---Althusser <---Alto Commissario <---Alto Mantovano <---Altro <---Alzi <---Alzò <---Amarcord <---Ambrogio Lorenzetti <---Amburgo <---America Archeology <---American <---American Academy <---American Folclore <---American Indians <---American Institute <---Americans <---Amin Al <---Ammannati <---Amore mio <---Amsterdam-Leipzig <---Américains <---Analizziamole <---Analyse <---Analytische Psychologie <---Anarchia <---Ancona <---Ancora pochi mesi e sarebbe finita male <---And O <---André Daspre <---André Matsua <---Andò <---Angela Chiaravalle <---Angelo Chiarenza <---Angelo Saba <---Angelo Spurio <---Angioy <---Angius <---Anglicanismo <---Anglocattolicismo <---Angoscia <---Angramaniu <---Angriff <---Angst in Allg <---Anguria <---Ankara <---Anmerkung <---Annabella Rossi <---Annanze <---Annexe <---Anthropdogie <---Anthropos <---Anticristo <---Antifascisten <---Antiquity <---Antoinette Delmazière di Cour <---Antonio Gramasci <---Antonio Gramsci <---Antonio Labriola <---Antonio Sanna <---Antonio Spataro <---Antonio Stura <---Antropologia 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