Brano: IDEOLOGIA E VERI TA
« En cette grande ville où je suis, n'y ayant aucun homme, excepté moi, qui n'exerce la marchandise, chacun y est tellement attentif à son profit, que j'y pourrais demeurer toute ma vie sans être jamais vu de personne. Je vais me promener tous les jours parmi la confusion d'un grand peuple, avec autant de liberté et de repos que vous sauriez faire dans vos allées... Le bruit même de leur tracas n'interrompt pas plus mes rêveries que celui de quelque ruisseau... »
Descartes a Balzac, Amsterdam, 5 maggio 1631
O vous tous, oubliez une croyance sombre. Le splendide génie éternel n'a[...]
[...]Toast funèbre
Ci sembra, ogni tanto, che il grande meccanismo della storia proceda a vuoto, con improvvisi e insensati sobbalzi. Invece di svolgersi secondo un ritmo sicuro e spontaneo, fedeli alla lenta progressione dei loro sviluppi, gli avvenimenti si susseguono senza ragione, come fossero improvvisamente impazziti. Ora vengono travolti da una nevrastenica eccitazione, che non permette né pazienza né soste; ora, invece, precipitano in una grigia e indifferente atonia che li eguaglia, li annulla, li spegne. Anche in chi li patisce, gli scatti dell'isterismo si alternano con gli abbandoni della noia. Il filo naturale e continuo dei fatti pare spezzato. La vita diviene ogni giorno piú confusa ed irriconoscibile, finché perdiamo persino la speranza di intendere e di renderci conto.
Ma, ad un tratto, il mondo é cambiato. Davanti ai nostri occhi si apre un nuovo capitolo di storia, nel quale ci muoviamo sicuri, con i piedi a terra, capaci di pensare e di agire, infine compresi in un quadro che svela in ogni parte la coerenza di una intenz[...]
[...] voglio far concorrenza anzitempo ai manualisti futuri, stabilendo quando questo trapasso sarebbe avvenuto. Da un secolo a questa parte, gli ideologi, gli scrittori, gli uomini di cultura lo andavano immaginando, anche se di solito nella direzione sbagliata. La società intellettuale inglese ed americana inaugurò la nuova epoca con vent'anni di anticipo su di noi. E, in Italia, quelle che chiamiamo, con una mescolanza ormai convenzionale di nostalgia e di ironia, le generose illusioni del 1945, parevano annunciare, é vero, i tempi nuovi; ma non facevano invece che prolungare quelli antichi, esaltandone gli aspetti più generosamente utopistici. Il socialismo come ideale eticopolitico, l'avanguardia come condizione permanente delle lettere: i miti che accomunarono i gruppetti di Politecnico sparsi in tutto il mondo, erano ancora i medesimi che avevano ispirato il diciannovesimo secolo.
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Successe, come ognuno sa, proprio il contrario di quello che i rivoluzionarii di allora avevano sperato. Con la morte di Stalin, quando il[...]
[...]ca della prosa. L'utopia cedeva alla ordinaria amministrazione. Senza peccare in alcun modo di fantasia, Cesare Brandi proclamò, alcuni anni or sono, La fine dell'avanguardia. E, a conti fatti, chi potrebbe dargli torto? E quasi banale ripetere che anche le novità narrative pittoriche, teatrali, cinematografiche specialmente francesi annunciano questa morte, mentre sembrano mascherarla. Condotta alla perfezione liscia ed ambigua del prodotto artigianale, la grande avanguardia europea del nostro secolo trova, in questi tentativi, l'ultimo riassunto e riepilogo eclettico.
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Prima ancora di nascere, la nuova epoca ha cominciato a proclamare il suo atto di nascita. L'età borghese ha atteso dei secoli prima di riconoscersi in un'immagine, accontentandosi di condurre a lungo una vita sotterranea e nascosta. Ma la nostra epoca si è già data un nome: civiltà di massa. Stipendia ogni giorno convegni, giornalisti, intellettuali, filosofi, letterati, che la studiino, la analizzino, la rappresentino. Riflette su di sé, inventa le formule e i modi per descriversi e criticarsi, con un tale entusiasmo giovanile, con una compiacenza ed una baldanza così amabili e frivole, come se avesse bisogno di dimostrare, innanzi tutto a se stessa, di essere nata. Quando parla di sé, é insieme querula e provocatoria, troppo umile e troppo superba. Non si riesce mai a capire se si ami troppo o troppo poco. La sua massima astuzia é, probabilmente,[...]
[...]e provocatoria, troppo umile e troppo superba. Non si riesce mai a capire se si ami troppo o troppo poco. La sua massima astuzia é, probabilmente, quella di trovarsi francamente ripulsiva. O invece non le importa di suscitare consensi: accetta con animo egualmente grato gli amici e i nemici, i critici e gli apologeti, purché ammettano la sua esistenza, parlino continuamente di lei, la interpretino senza posa, e soprattutto le forniscano un'ideologia.
Parrebbe di vivere in un'età animata da uno straordinario fervore di idee, da una intelligenza inventiva e creativa, se le
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stesse cose aspirano alla luce della ragione. Ed é vero, invece, il contrario. Codesto lusso ideologico, codesta ricchezza interpretativa trionfano proprio in un tempo che ignora la vera novità ed intensità del pensiero. I sistemi e le ideologie di oggi riprendono
e riutilizzano, con una eleganza sovente pari soltanto alla loro debolezza speculativa, i relitti della cultura di quarant'anni or sono. L'epoca scorsa ha provveduto a pensare anche per noi.
Un tempo ogni pensatore affondava, con una tranquilla e matura persuasione, una ingenuità assoluta e a suo modo paradossale, ent[...]
[...]dea precedente, attenti solo al ritmo pacato del proprio pensiero. Invece che speculativa, essa é naturalmente combinatoria. Non ha piú bisogno di quelli che un tempo chiamavamo filosofi; ma soltanto di interpreti del tempo, di saggisti, di chiosatori.
Codesta condizione può raggiungere, come nel caso di Theodor W. Adorno, uno dei cervelli più intelligenti e tentatori del nostro tempo, un fascino ambiguo e inquietante. Gelido fumista dell'ideologia, pasticheur virtuosissimo, stridula e acuto cancer tista di idee, Adorno impasta insieme senza fine Lukàcs e Freud, Nietzsche e Mann, Benn e La Rochefoucauld, Hegel e la sociologia. Dell'intelligenza non conosce né l'amore né la pazienza, ma soltanto la meravigliosa e penetrante forza dell'arbitrio. Tra le sue mani il morto eclettismo diventa stile; e la combinazione stri
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dente e grottesco pastiche intellettuale. Quello che lo salva alla fine, e lo rende di tanto superiore agli ideologhi del nostro tempo, non é la ricchezza delle idee; ma proprio la sua natura di artista, la estrema e disperatamente gelata violenza del suo temperamento, che raccoglie insieme tutte le possibili suggestioni intellettuali.
Cosa manca dunque agli intelligenti, acuti e br[...]
[...]tta, ideologica. Ci avviamo, lentamente, a morire.
Queste conclusioni sono ormai divenute banali, tanto siamo abituati a vedercele presentare ogni giorno, con la più sicura convinzione e la più terribile tranquillità. Se fossero vere, non vedo per quale ragione dovremmo ancora sforzarci di vivere. Potremmo lasciare per sempre questa infernale e noiosa scena del mondo ad una umanità meno indifesa e nevrotica della nostra, che compaia sulla terra già protetta da qualsiasi ferita possibile, catafratta nella propria disumana efficienza, abituata a vivere e a prosperare nella morte come se fosse vita. Ma é possibile, io credo, avanzare una ipotesi meno spaventosa.
Nessuno poteva immaginare, cinquant'anni or sono, che nella civiltà di massa il pensiero avrebbe dimostrato di possedere una forza di penetrazione e di attuazione fino allora sconosciute. In
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vece di perdersi davanti alla violenza meccanica dei fatti, come prevedevano gli spiriti idillici ed utopisti, ora li domina, invece, li attrae a sé, o si adatta, si piega, ma per trasformarli e modificarli continuamente. Fragile, un tempo, lento a trasmettersi e ad agire, oggi si risolve e si incarna nelle cose con una straordinaria ed eccessiva facilità, sino a costituire la crosta apparente del nostro tempo. Lui che si nascondeva nel profondo, ora risplende e luccica in superficie: agisce senza posa, sotto gli occhi insensibili di tutti. Intanto la realtà sembra avere perduto [...]
[...]lende e luccica in superficie: agisce senza posa, sotto gli occhi insensibili di tutti. Intanto la realtà sembra avere perduto la testarda e cocciuta forza di resistenza che la distingueva: é divenuta infinitamente recettiva e plasmabile, cede e si trasforma docilmente sotto gli impulsi continui della mente organizzata.
Con la medesima facilità con cui le idee si incarnano nelle cose, i fatti non hanno nemmeno avuto il tempo di manifestarsi che già trovano la loro esatta trascrizione ideologica. Mai un'epoca é stata capace di rappresentarsi con una simile perfezione. Qualsiasi cosa accada: qualsiasi fenomeno appaia all'orizzonte — lo sport o la televisione, la letteratura commerciale o l'avanguardia — e sembri modificare la nostra vita associata, ecco che subito schiere di interpreti sono pronti a descriverli, a qualificarli, a storicizzarli. E di rado queste interpretazioni riescono arbitrarie, e mancano il segno. Sono, se mai, troppo vere, come se la stessa realtà quotidiana si offrisse spontaneamente in esame, e venisse fedelmente re[...]
[...]elevisione, la letteratura commerciale o l'avanguardia — e sembri modificare la nostra vita associata, ecco che subito schiere di interpreti sono pronti a descriverli, a qualificarli, a storicizzarli. E di rado queste interpretazioni riescono arbitrarie, e mancano il segno. Sono, se mai, troppo vere, come se la stessa realtà quotidiana si offrisse spontaneamente in esame, e venisse fedelmente registrata e ricalcata nei grandi quaderni dell'ideologia. Questi neutri e fedeli negativi di idee, queste perfette e sbiadite decalcomanie non hanno mai, intorno, la ricca distanza, la generosa libertà e lo spazio inventivo che sono stati sempre necessarii alla vita del vero pensiero. Potrebbero pensarsi e svilupparsi da sé, senza conoscere autori. Non siamo ancora giunti a questa ultima perfezione: l'ideologia automatica, spontaneo e trasparente cellophane delle cose. Ma gli infiniti ideologi, dovunque diffusi, all'opera sui giornali, sulle riviste tecniche, negli uffici studio, che dedicano le loro fatiche a studiare i fenomeni del nostro tempo, sono già degli interpreti autorizzati e qualificati dalla stessa civiltà di massa. Non parlano mai a proprio
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nome. Sono la voce delle cose: le prime, superficiali lacrimati rerum.
Troppo plasmabili, troppo plastici, capaci come mai di adattarsi e di combinarsi a vicenda, la realtà ed il pensiero sembrano sul punto di incorrere nella sclerosi. Proprio questo mutamento ininterrotto, l'eccesso di storicità, la prontezza a diventare diversi, la continua successione di incarnazioni, la facilità apparente di capire e di ricevere, proprio questo vorticoso movimento si rapprende e si ragge[...]
[...]mai di adattarsi e di combinarsi a vicenda, la realtà ed il pensiero sembrano sul punto di incorrere nella sclerosi. Proprio questo mutamento ininterrotto, l'eccesso di storicità, la prontezza a diventare diversi, la continua successione di incarnazioni, la facilità apparente di capire e di ricevere, proprio questo vorticoso movimento si rapprende e si raggela, alla fine, nell'immutabile ripetizione. Continuamente sottoposte ad un bagno di ideologia, le case sono ricoperte di un lieve ma fermo sfrata trasparente di gela intellettuale. Intanto il pensiero si isterilisce, perde fantasia, naturalezza, rilievo. Tuttavia la sclerosi non è nella natura profonda della realtà quotidiana; ma, invece, nello sguardo che vede e non sa capire, nella proliferazione, nella sovrastruttura mostruosa di idee e di interpretazioni che si depositano sulla realtà. E, in una parola, nell'ideologia.
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La fine dell'ideologia l'ha decretata la civiltà di massa, che sembrerebbe invece favorirla. Nel momenta che ne produce una quantità straordinaria, quasi fosse un oggetto di consumo, e se ne serve come armatura del suo evanescente ed irreale edificio, ecco che la distrugge come strumento di verità. A che scopo gli scrittori e gli intellettuali dovrebbero fornire altre dosi di cultura ideologica al nostro tempo, quando essa nasconde ed ottenebra, invece di illuminare? Si dice che, abbandonato a se stesso, senza questo continuo .controllo intellettuale e morale, il nostro tempo perderebbe ogni freno, precipitando nel[...]
[...] meccanica. Sa badare così bene, invece, alla propria coscienza. Conosce i pericoli e le crisi che lo minacciano. Si confessa continuamente, mosso a suo modo da un sincero amore di bene. E pronto, con la massima buona volontà, a correre ai ripari, a cercar garanzie, a trovar compensi ed equilibrii. Non c'è davvero — lo dico senza alcuna ironia — da preoccuparsi per la sua salute.
Potesse almeno servire a qualcuno questa nobile e continua
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azione di polizia pedagogica. Ma dopo mezzo secolo che gli intellettuali puntano gli occhi vigili ed acuti sulla realtà meccanica che avanza, e le disputano qualsiasi angolo o frammento di terreno, nemmeno un'anima, io credo, è stata strappata alle noiose tentazioni del mostro. E, come si poteva immaginare, é accaduto esattamente il contrario. Il mostro ha assorbito i suoi critici. Ossessionati, logorati, limitati dalla lotta che stavano conducendo, codesti scrittori ed intellettuali sono divenuti prigionieri del loro amato nemico, presi in quei perfetti ingranaggi, dominati e sv[...]
[...] la vita. Vedono soltanto, ormai, il volto morto e sterile delle cose, e le formule con cui le hanno definite. Se la civiltà di massa, obbedendo alla sua natura fantomatica ed irreale, dovesse scomparire di colpo dalla scena del mondo, si troverebbero disoccupati, incapaci di pensare e di scrivere. Secondo una vecchia ma sempre vera osservazione, la critica alla civiltà di massa é la forma più velenosa che la civiltà di massa possa mai assumere, giacché il peccatore riesce, in questo modo, a peccare e insieme a soddisfare immediatamente gli assilli della coscienza.
C'é chi, invece, non si propane fini pedagogici; e non vuol salvare l'anima di nessuno, ma soltanto difendere la propria. Intenta all'uomomassa, come Elémire Zolla nell'Eclissi dell'intellettuale, un processo meticoloso e feroce, condanna, disprezza, non concede requie, vive in un'aria continua da apocalissi. E chi vuol negare che « bisogna saper disprezzare per poter amare, rifiutare per potersi aprire, condannare per poter assolvere? ». Ma a colui che voglia comporre la vit[...]
[...]uno. Solamente un grande scrittore racchiude in sé tanto coraggio, una tale fantasia e ricchezza vitale. una così enorme comprensione, un disprezzo e un dominio di sé così assoluti, da poter ricominciare ogni mattina quest'esercizio di ironica ed ascetica finzione. Il grande scrittore é capace di sospendere, per un momento, il lavoro della propria intelligenza: si rifiuta di coordinare ed illuminare i rapporti che corrono fra le cose; per
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capire, rinuncia a capire. Si costringe a non guardare più lontano del proprio naso, tuffa i propri occhi da talpa nell'indifferente groviglio umano, rifiutando di andar oltre, di trarre conclusioni, di affermare verità. Seconda lo spirito di identificazione che lo spinge ad esplorare profondamente la realtà, non esistono mai due cose, al mondo, assolutamente simili fra di loro.
« Cosa è l'immaginazione — scriveva Berenson — se non il senso vivo e spontaneo di tutto se stesso al posto di un altro ? L'immaginazione non é altro che la facoltà di sentire in se stessi quello che l'o[...]
[...]ofondamente la realtà, non esistono mai due cose, al mondo, assolutamente simili fra di loro.
« Cosa è l'immaginazione — scriveva Berenson — se non il senso vivo e spontaneo di tutto se stesso al posto di un altro ? L'immaginazione non é altro che la facoltà di sentire in se stessi quello che l'oggetto rappresentato si suppone che debba sentire, non solo coscientemente, ma anche incoscientemente; fisicamente sentire come quello respira, come poggia sul terreno quando è in piedi, come pesa quando é seduto, come le sue braccia, le sue mani, i suoi piedi si rilassano. Tutto rientra nel mettiti tu al suo posto in ogni circostanza, in ogni incontro, in ogni esperienza ». Ma a forza di mettersi al posto degli altri: di pazientemente, oscuramente capire; di raccogliere minute verità particolari, le relazioni si stabiliscono, e una idea delle cose investe questi spessi e meticolosi sguardi da miope. Le conclusioni, le somme non saranno certo edificanti: anzi forse più tragiche e disperate; ma non convenzionali, ma non sclerotiche, ma non mortua[...]
[...]l'unico pessimismo serio é quello che non uccide mai la speranza, si conserva lo sguardo libero, rifiuta i paraventi utipici o catastrofici, e continua a dar credito, qualsiasi cosa accada, agli uomini e ai fatti. Ignoro quale volto stia per assumere il nostro futuro. Tuttavia, se il mondo futuro si é per la prima volta incarnato nelle nuove città americane o svedesi,. con le periferie disseminate di discrete e convenzionali villette col piccolo giardino erboso, gremite di elettrodomestici e di utilitarie,
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lo scrittore moderno potrà, io credo, accoglierlo con la medesima naturalezza che spingeva i contemporanei di Elisabetta o di Luigi XIV ad accettare i loro tempi. Purché la civiltà moderna resti un fatto: una pura realtà. Purché i giardini erbosi, gli elettrodomestici e le utilitarie non pretendano di possedere un significato, e si limitino ad essere quello che sono: frammenti, strumenti destituiti di valore. Gli scrittori potranno allora continuare ad aggirarsi, fra l'enorme frastuono delle nostre città, la dispersione, la confusione, la perdita di tempo e di calma, con la stessa libertà e la stessa quiete che accompagnavano il giovane Cartesio fra i grandi traffici e le strade popolose di Amsterdam secentesca.
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Soccorsa dalle sue agili, brillanti ed acute antenne interpretative, l'ideologia pretende di raccontarci l[...]
[...]ello che sono: frammenti, strumenti destituiti di valore. Gli scrittori potranno allora continuare ad aggirarsi, fra l'enorme frastuono delle nostre città, la dispersione, la confusione, la perdita di tempo e di calma, con la stessa libertà e la stessa quiete che accompagnavano il giovane Cartesio fra i grandi traffici e le strade popolose di Amsterdam secentesca.
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Soccorsa dalle sue agili, brillanti ed acute antenne interpretative, l'ideologia pretende di raccontarci la storia dei progressivi mutamenti, delle lente o violente alterazioni, che hanno trasformato l'uomo moderno in una creatura senza paragone possibile con quelle che lo precedettero sulla terra. Proviamoci per un momenta a darle ascolto. Proviamo ad accettarne le conclusioni, anche se ci troveremo naturalmente fra le mani un fantoccio simbolico, uno schema umano, invece che una figura viva, vera e reale.
La forza violenta e tumultuosa della vitalità ha abbandonato, secondo l'ideologia, l'uomo moderno. O, per meglio dire, non é più sua, non é più privata: si é trasferi[...]
[...]delle lente o violente alterazioni, che hanno trasformato l'uomo moderno in una creatura senza paragone possibile con quelle che lo precedettero sulla terra. Proviamoci per un momenta a darle ascolto. Proviamo ad accettarne le conclusioni, anche se ci troveremo naturalmente fra le mani un fantoccio simbolico, uno schema umano, invece che una figura viva, vera e reale.
La forza violenta e tumultuosa della vitalità ha abbandonato, secondo l'ideologia, l'uomo moderno. O, per meglio dire, non é più sua, non é più privata: si é trasferita, impersonalmente e astrattamente, nei grandi schemi collettivi, fra le folle delle officine, fra le masse organizzate dai partiti, nei riti sportivi, nelle manipolazioni della tecnica pubblicitaria. Il fatto individuale del vivere ha finito per perdere il suo contenuto quotidiano ed oggettivo: significa, ormai, essere, od esistere. Pensiamo invece al personaggio di un narratore dell'Ottocento, che viveva cosí oggettivamente e concretamente, da possedere la propria vita. Era, senza riserve, quello che faceva[...]
[...]istere. Pensiamo invece al personaggio di un narratore dell'Ottocento, che viveva cosí oggettivamente e concretamente, da possedere la propria vita. Era, senza riserve, quello che faceva. Possedeva il proprio corpo, i propri sentimenti, i propri gesti, il cibo di cui si nutriva, i paesaggi o i quadri che ammirava, le parole che scriveva o stava pronunciando. Per i propri beni nutriva l'attaccamento incondizionato ed esclusivo che si prova
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per una realtà assolutamente personale. La casa, la terra, i marenghi d'oro non sono, per Goriot o il vecchio Karamazov, delle cose, ma dei brandelli dolorosi e sanguinanti di carne. In quegli oggetti essi hanno furiosamente trasferito, scaricato e consolidato la loro vitalità, trasformandoli in vivi prolungamenti di energia fisica. Essi diventano quello che possiedono. Ad ogni marengo che Goriot mette da parte, o che Karamazov dilapida, la loro figura psicologica cresce di volume, acquista statura e rilievo. Oggi, invece, tra il proprietario e la proprietà regna l'indifferenza, l'assoluta mancanza di rapporti. Le cose restano cose: pure funzioni, che a poco a poco si sono svuotate di ogni energia e di ogni significato personale. Libero da qualsiasi definizione o vincolo oggettivo, l'uomo moderno é finalmente diventato colui che non possiede.
Quando si trovavano di fronte a sentimenti ed istinti che i tc classici » mantenevano separati — i nervi, il sesso, la bile, la cupidigia, l'amore, l'orgoglio, l'isterica esibizione di sé —, Balzac o Dostojevskij spezzavano qualsiasi barriera divisoria, aggrovigliando ed impastando in un unico ed enorme intrico tutte le emozioni, affondando sino al collo in una materia così stupendamente infetta. Lo scrittore e il lettore di oggi, come l'uomo che ogni giorno incontriamo per la strada, sono stati tutti — anche senza saperlo — educati a questa scuola. Ma siamo così abituati, ormai, a vivere in un mondo mescolato, confuso ed impuro: siamo talmente allenati a considerare insieme fisiologia e psicologia, che codesto mostruoso grovig[...]
[...]a divisoria, aggrovigliando ed impastando in un unico ed enorme intrico tutte le emozioni, affondando sino al collo in una materia così stupendamente infetta. Lo scrittore e il lettore di oggi, come l'uomo che ogni giorno incontriamo per la strada, sono stati tutti — anche senza saperlo — educati a questa scuola. Ma siamo così abituati, ormai, a vivere in un mondo mescolato, confuso ed impuro: siamo talmente allenati a considerare insieme fisiologia e psicologia, che codesto mostruoso groviglio di pensieri, sensazioni e sentimenti, dal quale i nostri padri erano ancora così cupamente affascinati, ha perso per noi gran parte del suo incanto. Sicuro ed impartecipe, il nostro sguardo analizza le zone di confine e distingue ogni volta in quale misura il corpo e lo spirito oscillino e si confondano nelle nostre emozioni.
Educato da Freud, abituato a sottomettere allo spettroscopio qualsiasi emozione, l'uomo moderno ha subito una curiosa esperienza. Dopo un secolo di psicologia « totale », gli capita ormai di seguire il comportamento del proprio corpo qua[...]
[...]ti, dal quale i nostri padri erano ancora così cupamente affascinati, ha perso per noi gran parte del suo incanto. Sicuro ed impartecipe, il nostro sguardo analizza le zone di confine e distingue ogni volta in quale misura il corpo e lo spirito oscillino e si confondano nelle nostre emozioni.
Educato da Freud, abituato a sottomettere allo spettroscopio qualsiasi emozione, l'uomo moderno ha subito una curiosa esperienza. Dopo un secolo di psicologia « totale », gli capita ormai di seguire il comportamento del proprio corpo quasi con la medesima astratta sicurezza con la quale può tracciare linee o cerchi sulla lavagna. Il suo corpo non gli appartiene: é di nuovo fuori
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di lui. Come un tempo, la psicologia può tornare a liberarsi dalla fisiologia, che affida alle cure dello scienziato o del tecnico. E l'ambizione, l'orgoglio, la coscienza di sé, quei sentimenti attorno ai quali la moralistica classica edificò la sua nozione dell'anima? Basterebbe ritrascrivere i Caratteri di La Bruyère nel linguaggio del ventesimo secolo, per comprendere quanti sentimenti stiano perdendo la loro antica forza propulsiva. Possiamo dunque anticipare le ovvie conclusioni della nostra ipotetica inchiesta. La figura umana ha ristretto e concentrato i propri confini, perdendo molti dei suoi contenuti tradizionali. Ha, soprattutto, perduto in realtà.
Supponi[...]
[...]o immergeranno in una atmosfera di incubo. Sarà certo la sua diminuita e impoverita umanità a non tollerare quelle eroiche dismisure. Ma sul nostro immaginario uomo moderno non vorrei incrudelire. Come non accorgersi, alla fine, quanto poetici possano essere anche i nostri civili e poco vitali contemporanei. Sensibili, modestamente infelici, grigi, intelligenti, delicati, ansiosi, essi hanno innanzitutto bisogno, per essere intesi, di una psicologia che sappia cogliere il valore delle nuances.
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Con quali strumenti psicologici, con quali disposizioni analitiche ci avvicineremo al mitico abitante delle villette? La psicologia moderna ha asató l'inosabile, ha accolto tutti i contenuti, ha tentato .tutte le tecniche, e sembrerebbe che nessunsentimento debba mai riuscirle difficile o alieno. Quanto alle nuances, poi,
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è nata con loro; e ha talmente sacrificato al loro valore conoscitivo, da dissolversi nell'indistinto. Dopo due secoli di analisi infinitesimali, di furibonda investigazione attorno alle gradazioni e ai passaggi impercettibili, di scavi in zone fino allora proibite, il narratore moderno si trova immerso in una immensa ricchezza di reazioni psicologiche pure, in un infinito conglomerato di sfumature. Chi vorrebbe negarlo? Ma dimentichiamo di aggiungere che i creatori della psicologia moderna lavoravano d'après nature, descrivevano acutamente le sfumature, abbondavano nelle mezzeti[...]
[...]rificato al loro valore conoscitivo, da dissolversi nell'indistinto. Dopo due secoli di analisi infinitesimali, di furibonda investigazione attorno alle gradazioni e ai passaggi impercettibili, di scavi in zone fino allora proibite, il narratore moderno si trova immerso in una immensa ricchezza di reazioni psicologiche pure, in un infinito conglomerato di sfumature. Chi vorrebbe negarlo? Ma dimentichiamo di aggiungere che i creatori della psicologia moderna lavoravano d'après nature, descrivevano acutamente le sfumature, abbondavano nelle mezzetinte e nei mezzitoni, nelle evanescenze e nell'indefinibile, soltanto, come avrebbe detto Van Gogh, per dipingere des fleurs trop grandes.
Alla psicologia gli inventori della psicologia moderna, gli autori di quelle farse dilatate e sublimi che si chiamano la Comédie Humaine e la Recherche, I Fratelli Karamazov e l'Ulysses e Der Mann ohne Eigenschaften, non ebbero mai alcuna intenzione di fermarsi. La consideravano appena un ingrediente di una tela che mirava ad abbracciare tutto l'universo, deformandolo e travolgendolo nelle più aggrovigliate contraddizioni grottesche. Mescolavano insieme Dio e l'inferno, l'eccelso e l'informe, impastando le più diverse note linguistiche usufruivano ad ogni passo dei salti di tono; si abbandonavano al lirismo per ricorrere subito dopo alle [...]
[...] disporre di un materiale umano arcaico, colorito e violento come quello del Palazzo dei Pescicani o degli Ori, a via Merulana. E Pasolini continua a cercare i suoi contenuti ai margini condannati dalla storia, rovesciando le lenti ossessive e meticolose del proprio cannocchiale sugli opposti idillii peccaminosi del Friuli e delle informi borgate romane.
La civilta del ventesimo secolo é tuttavia così livellata ed uniforme come pretende l'ideologia ? È proprio questa ipotesi che uno scrittore di temperamento grottesco od espressionistico non vorrà mai accettare. L'uomo delle villette, l'irreale e sensibile, grazioso e delicato possessore di elettrodomestici non é per lui che una ipotesi inesistente e soprattutto noiosa; o nasconde invece le più folli possibilità di ironiche contraddizioni. L'idea della realtà moderna alla quale egli obbedisce è, difatti, completamente diversa. Mai come oggi il mondo avrebbe esaltato l'antitesi, sottolineato gli estremi, enfatizzato i contrasti, proprio perché avvicina e confonde insieme costumi e gusti [...]
[...]di elettrodomestici non é per lui che una ipotesi inesistente e soprattutto noiosa; o nasconde invece le più folli possibilità di ironiche contraddizioni. L'idea della realtà moderna alla quale egli obbedisce è, difatti, completamente diversa. Mai come oggi il mondo avrebbe esaltato l'antitesi, sottolineato gli estremi, enfatizzato i contrasti, proprio perché avvicina e confonde insieme costumi e gusti affatto dissimili, imponendo a tutti
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le medesime vesti. Che i ragazzacci di Pietralata indossino gli stessi bluejeans degli amabili ragazzetti americani: che le stesse canzonette e i medesimi films trionfino a Londra e a Bagdad, mentre i cuori e le menti rimangono ancora talmente diversi — questa assurda e paradossale compresenza dovrà per forza suscitare le tensioni più violente, stridenti e grottesche. Viviamo in un mosaico, in un coacervo di sentimenti e di culture, nella mescolanza continua dei più estremi contrasti. Il barocco sembra la vocazione spontanea del nostro secolo. A codesta ipotesi affascinante e ric[...]
[...]ie naturali.
Non so se queste contraddizioni rappresentino tuttavia qualcosa di più di un fiorito e spettacoloso caleidoscopio. La verità essenziale, il fuoco umano e doloroso non starà forse di là da queste apparenze, le quali intanto cadranno via via, mentre insieme ai bluejeans anche i cuori e le menti diventano simili in tutto il mondo? E codesta ricchezza di contrasti superficiali non costituisce propriamente il regno prediletto dell'ideologia? È presumibile, difatti, che col passare degli anni la parte del falsetto, l'amore ironico ed acre per la contraddizione verrà sovente riservato, come già sta accadendo, agli scrittori più legati al costume e, in una pa rola, alla letteratura di consumo.
Certo Vladimir Nabokov, e il suo romanzo Lolita, sembrerebbero star li a dimostrare proprio il contrario, che invece la civiltà delle villette a due piani, dei motels e dei campeggi, della psicanalisi e della letteratura cosmopolita, continua a provocare, in scrittori fumisti e poliglotti, egualmente devoti a Fiodor Dostojevskij, a Marcel Proust e a James Joyce, le furie della deformazione grottesca. Ma è proprio vero? O invece il caso, sia pure straordinario, di Lolita svela con quale diffico[...]
[...]storia d'amore sarebbe altrimenti rimasta senza spunto. Ma le droghe non sono permesse in letteratura. Nonostante tutto, Lolita é piuttosto un grande avvenimento letterario che un capolavoro. Provocato artificialmente, il grottesco rischia di rimanere ad ogni passo sospeso nel vuoto, senza materia, meravigliosamente trascritto e lavorato di seconda mano.
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Continuiamo ad assumere per buono il figurino simbolico dell'uomo di oggi, che l'ideologia ha così brillantemente ritagliato e descritto. La gamma dei suoi sentimenti e delle sue emozioni é dunque divenuta più povera e più ristretta: intere zone del suo animo stanno cedendo ad una esperienza che si raccoglie, via via, attorno al proprio nucleo. Sembra che la stessa vita si sia assunta il compito a cui un tempo adempivano gli scrittori: lascia cadere tutti i sentimenti secondari, abolisce il corpo, le circostanze, i tempi, esige l'essenziale, illumina soltanto il nascosto centro del cuore. Ma la psicologia non ha bisogno, per svilupparsi e fiorire, di un campo vastissimo e contraddi[...]
[...]timenti e delle sue emozioni é dunque divenuta più povera e più ristretta: intere zone del suo animo stanno cedendo ad una esperienza che si raccoglie, via via, attorno al proprio nucleo. Sembra che la stessa vita si sia assunta il compito a cui un tempo adempivano gli scrittori: lascia cadere tutti i sentimenti secondari, abolisce il corpo, le circostanze, i tempi, esige l'essenziale, illumina soltanto il nascosto centro del cuore. Ma la psicologia non ha bisogno, per svilupparsi e fiorire, di un campo vastissimo e contraddittorio di esperienze. Prima che Balzac affondasse la propria sonda a tutti i livelli della persona, e Dostojevskij raffigurasse gli sconvolgimenti dell'isterismo e della dispersione nervosa, i grandi poeti ed interpreti dell'animo umano sapevano concentrare il fuoco della propria attenzione su di un solo punto, trascurando ogni possibile e curiosa deviazione, ma illuminando di una luce spietata quell'unico centro sentimentale.
L'uomo moderno probabilmente richiede, per essere rappresentato, una attitudine psicologic[...]
[...]entrare il fuoco della propria attenzione su di un solo punto, trascurando ogni possibile e curiosa deviazione, ma illuminando di una luce spietata quell'unico centro sentimentale.
L'uomo moderno probabilmente richiede, per essere rappresentato, una attitudine psicologica infinitamente più antica di quella che ci ha suggerito il secolo scorso. Invece di sottolineare gli estremi, invece di tendere all'enorme o al violentemente realistico,
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l'artista moderno dovrà piuttosto disporre di quella magica intuizione, di quel tocco fuso e vellutato, di quella scienza sicura e spontanea delle sfumature alla quale i classici davano il nome di natura. I nostri paesaggi urbani e suburbani potranno sembrare, a qualcuno, senza cime e senza sorprese. Ma chi muova su quelle superfici uno sguardo acuto ed attento, robusto e discreto, scostando a poco a poco le apparenze, utilizzando volta a volta la loupe grandissante e la tenue ombreggiatura, alternando senza parere la pazienza inflessibile della esagerazione e la umana violenza d[...]
[...]orre di quella magica intuizione, di quel tocco fuso e vellutato, di quella scienza sicura e spontanea delle sfumature alla quale i classici davano il nome di natura. I nostri paesaggi urbani e suburbani potranno sembrare, a qualcuno, senza cime e senza sorprese. Ma chi muova su quelle superfici uno sguardo acuto ed attento, robusto e discreto, scostando a poco a poco le apparenze, utilizzando volta a volta la loupe grandissante e la tenue ombreggiatura, alternando senza parere la pazienza inflessibile della esagerazione e la umana violenza della misura, tornerà a scoprire in quei paesaggi che crediamo monotoni la linea drammatica delle montagne, l'ombra profonda degli avvallamenti e delle depressioni, la traccia nascosta dei sentieri.
Con la stessa orribile e intricata profondità, le passioni di Fedra e di Berenice continuano a vivere, ancora oggi, persino nei cuori che sembrerebbero più grigi ed avviliti fra i detriti della realtà quotidiana. Forse l'abitante delle moderne villette di periferia : il fantoccio simbolico che abbiamo sin[...]
[...]assai meno a Virgilio e a Racine, che a Balzac e a Dostojevskij.
Non vorrei indulgere a dei dubbii giochi di prestigio, tirando fuori di nascosto, sotto il logoro e banale mantello dell'« uomo moderno », i nobili fantasmi di Virgilio e di Racine. E tantomeno vorrei ripetere una nuova e noiosa professione di classicismo. Sarebbe del resto una inutile resurrezione, perché il classicismo moderno — se questa parola ha ancora un significato — esiste già ed è ben vivo, sotto le insegne di Flaubert e di Cechov. Non é davvero il caso di riscoprire la « attualità » della Education sentimentale o de Il duello. O di ricordare che non esiste, nella narrativa moderna, una tradizione più completa e conseguente di questa, che si svolge con la fedeltà e la perfezione di un teorema, quasi dovesse assumere una funzione di simbolo, pressapoco come la pittura filava imperterrita la sua parte, necessaria fino allo spavento, da Cézanne a Mondrian.
In quel simbolo concentrato del mondo moderno che é la Francia dopo il 1848, quale é riflessa nella Education s[...]
[...]al loro posto, un enorme vuoto, una muta ossessione visiva; o corrodono appena le cose, scrostano la vernice di un muro, allungano un'ombra fredda sulle pareti. Nemmeno le cose esistono piú. Soltanto la loro astratta impronta geometrica, o la loro ombra, continua ad incidersi nello spazio, come la macchia irregolare che segna per sempre, sulla parete, l'impronta del grosso millepiedi schiacciato dal tovagliolo di Frank. Non si é molto lon
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tani dal tentativo di Joyce, nei racconti piú scarni ed impartecipi dei Dublinars. Di suo RobbeGrillet ci ha aggiunto specialmente l'abilità diabolica del congegno, e quella specie di folle ascetismo avanguardistico, per cui la poesia viene a coincidere interamente con le trovate tecniche, con le formule che si vengono man mano inventando. Ma quanto a fare di questa formula quella stessa della narrativa moderna, l'unica arte possibile in un mondo dove la psicologia sarebbe scomparsa, non é nemmeno il caso di parlarne. Sono quei discorsi che passano gli anni, la vita continua e mu[...]
[...]vo di Joyce, nei racconti piú scarni ed impartecipi dei Dublinars. Di suo RobbeGrillet ci ha aggiunto specialmente l'abilità diabolica del congegno, e quella specie di folle ascetismo avanguardistico, per cui la poesia viene a coincidere interamente con le trovate tecniche, con le formule che si vengono man mano inventando. Ma quanto a fare di questa formula quella stessa della narrativa moderna, l'unica arte possibile in un mondo dove la psicologia sarebbe scomparsa, non é nemmeno il caso di parlarne. Sono quei discorsi che passano gli anni, la vita continua e muta, l'avanguardia si copre di rughe, e uno si vergogna persino di averli non dico fatti ma pensati.
In un recente articolo, Italo Calvino, raccogliendo insieme alcuni sintomi e tendenze recentissime, vede la letteratura e l'arte di oggi sepolte sotto Il mare dell'oggettività. Non riesco per conto mio a condividere la sua tesi, che uno spartiacque senza rimedio divida le tendenze oggettivistiche dei RobbeGrillet e dei Pollock dall'arte, per cosí dire soggettivistica, della prima[...]
[...]e dinamico. Alla società letteraria consente di vivere, ma a patto che rimanga ai suoi servizi, e infiori di trovate i suoi brutali procedimenti.
Stiamo andando incontro ad una progressiva e violenta diminuzione, per non dire ad una scomparsa, degli uomini di cultura e dei letterati. Il moderno amante delle lettere, il curioso, il « lettore », come Valery Larbaud definiva se stesso, subirà forse le sconfitte più gravi. Molta della odierna ideologia é condannata al medesimo destino; o verrà, come dicevamo, fornita
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fisicamente dalla società stessa, secondo una specie di autoproduzione, alla quale, col tempo, le macchine elettroniche sapranno certamente bastare. Gli scrittori finiranno di esistere come scrittori, perdendo quella funzione politicosociale, tra di vati, interpreti del tempo ed utopisti, della quale li aveva investiti la società letteraria del Settecento e dell'Ottocento. Non c'è bisogno, a questo proposito, di avanzar profezie. Già oggi gli intellettuali come gruppo non contano piú nulla; ed é perfettamente inutile tentar di protestare o di ribellarsi contro questa evidente sentenza dei tempi.
Della prossima scomparsa della categoria sociale alla quale appartengo non riesco veramente a dolermi. Di fronte alle cose che stanno morendo il comportamento migliore e più morale rimane sempre, io credo, quello di aiutarle a morire. Questa scomparsa sembrerà dolorosa e penosa; certo brutale. Ma per tanti indugi, compiacenze, mezzi termini, luci indirette, che invece di aiutare intrigano e complicano la nostra vita, non vedo mot[...]
[...]i.
Della prossima scomparsa della categoria sociale alla quale appartengo non riesco veramente a dolermi. Di fronte alle cose che stanno morendo il comportamento migliore e più morale rimane sempre, io credo, quello di aiutarle a morire. Questa scomparsa sembrerà dolorosa e penosa; certo brutale. Ma per tanti indugi, compiacenze, mezzi termini, luci indirette, che invece di aiutare intrigano e complicano la nostra vita, non vedo motivi di nostalgia. Il lavoro di mediazione di una società letteraria sopravvissuta a se stessa non serve, ormai, più a nessuno. Fra la società letteraria, com'è oggi, e la futura stirpe di robot commercializzati che ne hanno ereditato o ne erediteranno i compiti sui giornali o nelle case editrici, forse i più morali sono proprio que sti ultimi. Sanno di obbedire solamente alle leggi della produzione. Di solito non ostentano intenzioni o presunzioni letterarie. Sappiamo finalmente con chi trattare. Il mondo industriale sarà quanta si vuole brutale e impaziente, ma ammette di essere quello che è e non pretende g[...]
[...] dai tempi: isolati e abbandonati come si sentivano, incapaci di stabilire rapporti con una società indifferente o nemica. E invece non avevano mai avuto a disposizione un così perfezionato, intrecciato e capillare sistema di relazioni con le cose. Una società letteraria raffinatissima badava a fornire
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motivi, tentando una prima elaborazione della vita, provvedendo ad assimilarla e a filtrarla; l'esistenza di una classe privilegiata in decadimento, di un côté de Guermantes, poteva rappresentare ancora un appiglio suggestivo; la nascita e lo sviluppo del proleletariato si prestava alla coscienza di una missione, o ad accrescere almeno la riserva di preziosismi letterari; persino la durezza delle condizioni di vita, l'atteggiamento orgoglioso di solitudine e di protesta — quanti elementi, quanti sostegni contribuirono a costituire agli scrittori dell'Ottocento un piedistallo invidiabile. I puristi del nostro secolo hanno obbiettato che proprio una simile abbondanza di miti e di mediazioni rese impura la loro poesia. Qualche volta sarà certamente accaduto così; anche se ha suscitato per contraccolpo, spesso nei medesimi scrittori, il più assoluto delirio di purezza. Si stabiliva comunque una rete ricchissima, fine, continua, di relazioni vitali.
Adrian Leverkühn, nel Doktor Faustus, poteva confidare nel demonio, sp[...]
[...]erando che vincesse con l'ironia e l'intelligenza diabolica la inibizione dell'artista moderno a produrre un'arte naturale ed ingenua. L'artista di oggi, di fronte al quale Levekühn sembra quasi un remoto antenato, non può credere nemmeno nel diavolo; e non ha ispirazioni e rimedii, non conosce droghe ed eccitazioni fuori di sé. Gli espedienti che il demonio di Mann aveva consigliato a Leverkühn sono entrati, uno per uno, a far parte della ideologia, la quale é per l'appunto ironica, intellettualistica ed ambigua, capace di orchestrare pastiches e mistificazioni quasi con la medesima sapienza con la quale Mann aveva trascritto, da uno spartito vuoto, la musica dell'Apocalypsis cum figuris. Ma é una sapienza convenzionale: prodotta in serie. Oggi il demonio non rende: continua come prima a richiedere l'anima, ma non ha nulla da concedere in cambio. Meno che mai l'ispirazione. In fondo é un povero tentatore, con la mentalità e i mezzi intellettuali di un agente letterario. Mentre il vero tentatore, il demonio salutare e benefico, colui che[...]
[...]a da concedere in cambio. Meno che mai l'ispirazione. In fondo é un povero tentatore, con la mentalità e i mezzi intellettuali di un agente letterario. Mentre il vero tentatore, il demonio salutare e benefico, colui che sa creare per fede o per ironia, è di nuovo il poeta con la sua sapienza ricca e complicata, che non ha bisogno di espedienti e di trovate, né di provocare l'odore di zolfo. Lo scrittore ha cominciato a riprendere e a rias
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sumere in sé la parte che per tanto tempo aveva gestito il demonio, tornando una figura completa ed intera, sanando la vecchia lacerazione romantica. Non vorrei affermare che questo processo sia ormai veramente compiuto. $ la società stessa, dal momento che ha ingoiato ed assimilato il diavolo, ad imporla ad ogni scrittore.
Mai la fatica degli scrittori è stata, come oggi, disumana e quasi impossibile. Ricoperta dai rottami convenzionali delle ideologie, la realtà sembra, a prima vista, senza rilievo, senza appigli, liscia, uniforme, tendenzialmente nemica di chi vuole esprimerl[...]
[...]elle mediazioni. Non hanno fretta, non attendono nulla dal futuro. Procedono con la calma, la delicatezza, la miracolosa attenzione che non si può non avere per un organismo naturale che cresce, matura e trova le proprie leggi, lentamente, in noi stessi.
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Codesta pazienza disumana il mondo aveva quasi dimenticato di chiederla agli uomini. Vivere nel proprio tempo come se fosse, semplicemente, il Tempo. Scrivere come se si fosse già morti. Meno che mai l'artista può oggi ricorrere alle sue doti di immediato osservatore, o giovarsi delle annotazioni di costume c delle lievi incisioni ironiche. Per restituire vita e profilo al mondo deve guardarlo con uno sguardo tosi distante, così assente, che provenga da lontananze così stellari (telescopico, diceva Proust), con un amore e un odio talmente violenti e completi ma disincarnati da sé, da renderlo in primo luogo inesistente. Forse soltanto da questa originaria ed immane inesistenza, il mondo moderno può tornare a ricevere l'intera ricchezza dei suoi significati.
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