Brano: [...]iducendolo a empirico « canone d’interpretazione storica » 1. Ove, allo storico delle idee, soprattutto interessa
1 B. Croce, Materialismo storico eà economia marxistica, Bari, 19275 (cfr. particolarmente le pp. XI, 9, 13, 15, 79, 86, 111).446
Le relazioni
la convergenza delle due negazioni, che appare sintomatica di un certo atteggiamento di pensiero in formazione. Infatti più tardi il Croce verrà identificando la « teoria », anzi, la filosofia (tutta la filosofia, cioè la sua filosofia) con la « metodologia della storia ». QucH'abbassamento del marxismo da « metodo » a « canone » conteneva, a fortiori, anche la negazione (contro il Labriola con cui Croce era in discussione) che esso fosse una «filosofia», ossia una autonoma concezione delle realtà1.
Nel clima filosofico odierno la parola « metodologia » si presenta carica di nuove suggestioni e riferimenti determinati a dottrine e tendenze filosofiche che erano ancora poco sviluppate negli anni di Gramsci e comunque, allora, inoperanti in Italia. Si tratta di interessi sorti su un terreno diverso da quello della ricerca storica e delle scienze umane (politica, economia, sociologia, psicologia ecc.), anche se oggi essi tendono in qualche modo ad investirle: e precisamente delle indagini di carattere logico e « linguistico » intorno alle st[...]
[...]la ricerca storica e delle scienze umane (politica, economia, sociologia, psicologia ecc.), anche se oggi essi tendono in qualche modo ad investirle: e precisamente delle indagini di carattere logico e « linguistico » intorno alle strutture intime e ai procedimenti delle scienze matematiche e fisiche. Tali indagini sembrano comportare un atteggiamento mentale diametralmente opposto a quello ora indicato nel Croce della maturità, per cui tutta la filosofia si risolve in un’unica metodologia (la metodologia, almeno in assunto, della conoscenza del concreto, ossia della « storia » ). Se queste tendenze filosofiche rimasero» in quelli che erano allora i loro inizi (e più esattamente dovremmo dire: in quella che fu la loro prima fase di svolgimento), ignote a Gramsci, sarebbe errato, credo, affermarle estranee in modo radicale alla sua mentalità. Effettivamente i Quaderni del carcere si presentano assai ricchi di osservazioni, spunti, suggerimenti critici particolari, di carattere « metodologico» relativi a settori o campi determinati dall’indagine[...]
[...]sci non aveva esperienza), ed è di lui l’affermazione che « ogni ricerca ha un suo determinato metodo e costruisce una sua determinata scienza » 2. Farli oggetto di studio e di svolgimento non vi è dubbio che sarebbe cosa da incoraggiarsi e, voglio aggiungere, quel clima filo
1 Op. cit., p. 90.
2 M. S., p. 136. Il passo è, caratteristicamente, citato da Ludovico Geymonat nel saggio « Caratteri e problemi della nuova metodologia » in Saggi di filosofia neorazionalista, Torino, 1953, pp. 7374.Cesare Luporini
447
sofico odierno in cui respirano, anche nel nostro paese, buona parte delle giovani generazioni degli specialisti di filosofia, dovrebbe essere a ciò particolarmente favorevole. Indubbiamente quegli spunti sono indicativi di alcuni fra gli interessi più odginali di Gramsci1. Essi tuttavia non sono isolabili, se li si vuole intendere e non fraintendere, se non si vuole commettere cioè una sopraffazione intellettuale, dalla metodologia del marxismo come vive ed opera in Gramsci: cioè del procedimento effettivo con cui egli elabora i concreti problemi di cui si occupa. Rilevare questa effettiva, esplicita, o implicita, metodologia, è il primo compito; ed è ciò a cui qui si cerca di recare un contributo.
Ora, proprio [...]
[...]come vive ed opera in Gramsci: cioè del procedimento effettivo con cui egli elabora i concreti problemi di cui si occupa. Rilevare questa effettiva, esplicita, o implicita, metodologia, è il primo compito; ed è ciò a cui qui si cerca di recare un contributo.
Ora, proprio a questo punto potrebbe sorgere l’equivoco a cui mi riferivo in principio. Conviene perciò dichiarare subito che il marxismo non è per Gramsci soltanto un « metodo » ma è una filosofia, in quanto integrale e « generale » concezione della realtà, o, come egli suole dire,, sulle orme del Labriola, « concezione del mondo » 2. >11 momento metodico (riferito sia al conoscere, sia al pratico agire) e il momento « concezione del mondo » si condizionano e provano reciprocamente, nel pensiero di Gramsci, e non sono separabili senza grave deformazione. Non si tratta solo della prova che di ciò si può ricavare d'a innumerevoli passi citabili^ ma del nesso profondo, organico, del suo pensiero.
Vorrei richiamare qui, per un momento, l’attenzione su un punto che, almeno per i filosofi[...]
[...]vano reciprocamente, nel pensiero di Gramsci, e non sono separabili senza grave deformazione. Non si tratta solo della prova che di ciò si può ricavare d'a innumerevoli passi citabili^ ma del nesso profondo, organico, del suo pensiero.
Vorrei richiamare qui, per un momento, l’attenzione su un punto che, almeno per i filosofi « specialisti », ma forse non solo per loro, credo non indifferente. Questa posizione di Gramsci comporta l’idea che la filosofia sia sempre, anche, in qualche modo, « concezione del mondo ». Ciò non era per Gramsci oggetto di discussione. Che si possa proporre l’idea di una filosofia quale « strenge Wissenschaft », scienza rigorosa, proprio in quanto contrapposta alla W eltanschauung, e in certo modo svuotata di essa, era tesi che ancora non aveva avuto, praticamente, risonanza in Italia, negli anni in cui scriveva Gramsci (e del resto, se non erro, neppure in Francia). Essa era stata affacciata dallo Husserl nel 1911, in uno scritto thè credo di grande interesse per la storia filosofico
1 Penso, in modo particolare, alle riflessioni e osservazioni di Gramsci intorno ai problemi del linguaggio e dei linguaggi (tecnici, specialistici ecc.).
2 Cfr. A. Labriola, Discorre[...]
[...], praticamente, risonanza in Italia, negli anni in cui scriveva Gramsci (e del resto, se non erro, neppure in Francia). Essa era stata affacciata dallo Husserl nel 1911, in uno scritto thè credo di grande interesse per la storia filosofico
1 Penso, in modo particolare, alle riflessioni e osservazioni di Gramsci intorno ai problemi del linguaggio e dei linguaggi (tecnici, specialistici ecc.).
2 Cfr. A. Labriola, Discorrendo di socialismo e di filosofia, Bari, 19444?
p. 10 e passim.448
Le relazioni
culturale europea di questo secolo1 (di queirideale lo Husserl veniva da tempo elaborando e applicando il metodo). Ricordo ciò perché quella tesi ci appare storicamente annunciatrice di tanti successivi indirizzi e procedimenti concettuali (penso non solo alla fenomenologia husserliana, ma alle correnti, di assai diversa origine, che appunto amano chiamarsi « metodologiche » )2 che si sono immensamente dilatati, che oggi campeggiano largamente nel mondo filosofico e coi quali il marxismo non può non trovarsi in discussione.
Ora è inte[...]
[...]oggi campeggiano largamente nel mondo filosofico e coi quali il marxismo non può non trovarsi in discussione.
Ora è interessante notare, mi sembra, che in Gramsci si trova, e tutt’altro che accidentalmente, una concezione del filosofo la quale contiene una risposta a queiratteggiamento. Si tratta proprio del « filosofo », non in un senso generico, ma nel senso professionale. Gramsci, che è stato critico cosi severo ed acuto della storia della filosofia elaborata, come avviene tradizionalmente, sulla linea dei « filosofi individuali » e della successione dei loro sistemi, non manifesta per il filosofo professionale il disprezzo pregiudiziale di cui si compiacque Benedetto Croce. Al filosofo professionale, o « tecnico », egli assegna una parte precisa; esso « ha nel campo del pensiero — dice Gramsci — la stessa funzione che nei diversi campi scientifici hanno gli specialisti » 3. Conoscenza dello stato dei problemi, del loro sviluppo fino a lui, del punto in cui vanno ripresi, come accade, o dovrebbe accadere, per ogni specialista. Ma il suo [...]
[...]ro — dice Gramsci — la stessa funzione che nei diversi campi scientifici hanno gli specialisti » 3. Conoscenza dello stato dei problemi, del loro sviluppo fino a lui, del punto in cui vanno ripresi, come accade, o dovrebbe accadere, per ogni specialista. Ma il suo combito più specifico appare la riduzione dei procedimenti del pensiero a « omogeneità », « coerenza », « logicità ». Sotto tale riguardo, osserva Gramsci, « non sarà esatto chiamare “ filosofia ” ogni tendenza di pensiero, ogni orientamento generale ecc. e neppure ogni “concezione del mondo e della vita ” ». Siamo sul terreno, potremmo dire, almeno come atteggiamento di fondo, delle odierne filosofie metodologiche.
1 Philosophie als strenge Wissenschaft, in Logos, I (191011). È interessante notare che lo Husserl svolge la sua posizione atraverso una discussione con lo Historismus, cioè con un certo tipo di storicismo. Di ciò che compone la Weltansehauung egli accentua l’elemento « saggezza » ( Weisheit, Weltweisheit).
2 Cfr. I. M. BOCHENSKI, Europdische Philosophie der Gegenwa[...]
[...]o ideologico, a una molteplicità di raggruppamenti), siamo sempre « uominimassa », « uomini collettivi » 2.
Mi sia qui consentito di interrompere il filo di questa iniziale ricostruzione del pensiero gramsciano, per introdurre una diversa considera
1 M. S., p. 31.
2 M. S., p. 4.m
450 Le relazioni
zione. Questi concetti di Gramsci, ora illustrati, li troviamo nei Quaderni del carcere sotto il titolo di « Avviamento allo studio della filosofia e del materialismo storico » quali « punti preliminari di riferimento ». Gramsci certo non pensava di scrivere in quel momento un « avviamento alla filosofia » per le scuole del Regno (come proprio in quegli anni ne entrarono in uso...), tuttavia vi è nel modo di quelle sue riflessioni non solo un nesso logico autonomamente valido, ma un evidente e assai esplicito intento pedagogico. « Occorre distruggere il pregiudizio molto diffuso — cosi si inizia quella serie di appunti — che la filosofia sia un alcunché di molto difficile per il fatto che essa è l’attività intellettuale propria di una determinata categoria di scienziati specialisti o di filosofi professionali e sistematici... ». Sembra di sentire, in queste righe, leco delle personali conversazioni di Gramsci con gli operai di Torino, di cui sappiamo, o con i compagni di persecuzione, di confino e di carcere (fino a quando gli fu possbile), che egli veniva istruendo idealmente e politicamente, di cui veniva formando la personalità di quadri rivoluzionari del partito della classe operaia. Non è una notazione marginale che si i[...]
[...] che vogliono lo stesso cambiamento e se questo cambiamento è razionale, il singolo può moltiplicarsi per un numero imponente di volte e ottenere un cambiamento ben più radicale di quello che a prima vista può sembrare possibile » \
Mi sono fermato su queste parole, cosi semplici, perché in esse è come l’a b c deireducazione rivoluzionaria della classe operaia, nel suo aspetto teorico, ma esse coincidono rigorosamente con un’introduzione alla filosofia. Cosi Gramsci avrebbe potuto iniziare un suo « saggio popolare ». E, si noti, il punto di partenza è proprio l’uomo singolo, concreto, vivo, a cui ci si rivolge; membro, in questo caso, di un gruppo sociale subalterno; e innanzi tutto è posta la questione della soia personalità, della conquista e formazione di essa. Ora, appunto, in quel medesimo contesto, leggiamo: « si può dire che ognuno cambia se stesso, si modifica, nella misura in cui cambia e modifica tutto il complesso dei rapporti di cui egli è centro di annodamento. In questo senso il filosofo reale è e non può non essere altri che [...]
[...] centro di annodamento. In questo senso il filosofo reale è e non può non essere altri che il politico, cioè l’uomo attivo che modifica l’ambiente, inteso per ambiente l’insieme dei rapporti di cui ogni singolo entra a far parte ». In queste parole troviamo presentata nella sua forma, se vogliamo, più brusca ed elementare (ma che ce ne fa comprendere, proprio perciò, con grande immediatezza, tutta la portata realistica) quella identificazione di filosofia e politica che in altri passi è da Gramsci ben altrimenti elaborata e arricchita di anelli e processi di mediazione; e in cui si trae la più conseguente conclusione della XI tesi su Feuerbach: «I filosofi hanno solo interpretato il mondo in modi diversi; si tratta però di mutarlo ».
Gramsci poneva in relazione questa tesi col detto famoso del « prole
1 M. S., p. 29.452
Le relazioni
tariate tedesco erede della filosofia classica tedesca », detto che, natijfalmente, ha assunto un significato estensivo, generale, per il proletariato rivoluzionario. Gramsci si guarda bene dal prendere questo motto quasi un emblema, un blasone, come spesso superficialmente e retoricamente è stato fatto, ma cerca di comprenderne ed elaborarne il significato. Ed uno dei significati fondamentali è questo: che il marxismo, proprio in quanto è filosofia, ossia « concezione del mondo », quella concezione del mondo che tende ad unificare coerentemente innanzi tutto la coscienza della classe rivoluzionaria nella sua azione collettiva, è, per questa sua intrinseca natura, filosofia di massa ( « concezione di massa », « concezione unitaria di massa » ). Non in un senso, naturalmente, deteriore e antiscientifico, o sottoscientifico, ma in un senso nuovo e rivoluzionatore del concetto tradizionale di « filosofia ». (E certo tale espressione potrà fare arricciare il naso a chi non sa staccarsi da quest’ultimo.) Ossia, è una filosofia che, nella storica concretezza del suo svolgimento, attinge dal movimento delle masse, dalle esperienze di esso e della sua direzione, la sua stessa ragione di essere e gli elementi del proprio sviluppo critico. Ma questo fatto, ossia questo legame fra la coscienza in trasformazione di grandi masse umane e la criticità filosofica (che naturalmente ha molte* plici gradi ed elementi di mediazione) è un fatto assolutamente nuovo' e rivoluzionario nella storia, il quale modifica le dimensioni stesse del filosofare (introducendo in esso quello che potremmo dire un nuovo parametro, un coefficiente [...]
[...]ocratizzarsi, essere più attuale: l’uomo del Rinascimento non è più possibile » \
Quante crisi ripetutamente denunziate, o annunziate o autoannunziatey del filosofare (o della cultura) in quest’ultimo secolo, dopo Hegel, a parte i contenuti dottrinali, hanno la loro radice reale e trovano una loro spiegazione nella situazione indicata da Gramsci in queste parole.
Questo fatto nuovo e rivoluzionario del presentarsi nella storia umana di una filosofia critica e scientifica come filosofia di massa, come « concezione unitaria di massa », è ciò onde Gramsci caratterizza il marxismo, in quanto movimento reale, e inteso nella sua potenzialità di svolgimento, quale « riforma popolare dei tempi moderni » : nel senso di « riforma intellettuale e morale ». Nel qual termine « riforma », evidentemente, non vi è nulla di contrapposto a « rivoluzione » ; non vi è neppure la più lontana sfumatura di riformismo. È una riforma che ha come propria origine e contenuto appunto quel fatto nuovo e rivoluzionario, il quale prima di indirizzarsi a dirigere il movimento reale delle masse lo riflette[...]
[...]orizzonte più ampio, quello della unificazione culturale di tutti gli uomini. È l’orizzonte, virtualmente universale, di sviluppo e di dilatazione della società socialista e comunista, onde Lenin aveva scritto (1913) che « il punto essenziale della dottrina di Carlo Marx è l’interpretazione della funzione storica mondiale del proletariato come creatore della società socialista ».
Ciò riguarda, in modo non estrinseco ma Ìntimo, la natura della filosofia marxista, che è, prima di ogni altra cosa, la teoria rivoluzionaria della classe operaia e si rivolge innanzi tutto ad essa (Marx, Engels, Lenin, si preoccuparono sempre molto dell’educazione « teorica » degli « operai coscienti » e ne curarono attentamente i progressi, anche di piccoli gruppi), ma che assegna nel medesimo tempo alla rivoluzione proletaria un significato universale di riscatto dell’integrale umanità dell’uomo, dilacerata dalla divisione della società in classi antagoniste, le quali fondano la loro esistenza su « sistemi di sfruttamento » del lavoro, succedentisi storicamente.[...]
[...]pporti con gli altri uomini per giustapposizione, ma organicamente, cioè in quanto entra a far parte di organismi dai più semplici ai più complessi. Cosi l’uomo non entra in rapporti con la natura semplicemente per il fatto di essere egli stesso natura, ma attivamente, per mezzo del lavoro e della tecnica » 1.
A chi ben guardi questa posizione (che abbiamo riscontrato in Marx e in Gramsci) comporta la centralità del materialismo storico nella filosofia marxista. Ossia, la centralità della considerazione dell’uomo nel suo nesso permanente e attivo con la natura (dal cui svolgersi e complicarsi storico si sviluppa tutta la storia sociale umana), come dell’unico punto di partenza concreto che possediamo per ogni altra considerazione sul reale. È il punto di partenza teorizzato riassuntivamente, ma incisivamente, da Marx nelle undici Tesi su Feuerbach (testo capitale per Gramsci) e il cui principio gnoseologico fu espresso da Lenin come « criterio della prassi». Ma qui conviene essere molto chiari, perché quanto stiamo dicendo contiene un preci[...]
[...]azioni precostituite, per quanto esse possano apparire suggestive e pregnanti. Egli si sforza sempre di pensarle e vederle in tutte le loro connessioni, e appunto per questo è un maestro di metodo. La questione che abbiamo dinanzi è quella della difficile saldatura obiettiva (ossia non più soltanto nel soggetto umano, come prassi sensibilerazionale) fra naturalità e storicità, che è indubbiamente, credo, il punto teorico più delicato di tutta la filosofia marxista. Da quel margine estremo, che si è detto, Gramsci indicava, tuttavia, lo sviluppo ulteriore della ricerca neirapprofondimento della tesi di Engels che « l’unità reale del mondo consiste nella sua materialità, e questa è dimostrata da uno sviluppo lungo e laborioso della filosofia e delle scienze naturali ». Ove Gramsci commentava dicendo che questa formulazione « contiene il germe della concezione giusta, perché si ricorre alla storia e all’uomo per dimostrare la realtà oggettiva » \ Notazione storicistica squisitamente gramsciana. Eppure solo chi avesse gli occhi bendati di dogmatismo e di scolasticismo potrebbe vedere in essa un qualche allontanamento dalla posizione dei classici (che non fu mai né empiristica, né positivistica, né materialisticovolgare). Proprio lo Engels, nel 1885, concludendo la sua prefazione alla seconda edizione dell’Antiduhring, sottolineava [...]
[...]are la realtà oggettiva » \ Notazione storicistica squisitamente gramsciana. Eppure solo chi avesse gli occhi bendati di dogmatismo e di scolasticismo potrebbe vedere in essa un qualche allontanamento dalla posizione dei classici (che non fu mai né empiristica, né positivistica, né materialisticovolgare). Proprio lo Engels, nel 1885, concludendo la sua prefazione alla seconda edizione dell’Antiduhring, sottolineava tale complessa storicità della filosofia e insieme delle scienze (delle une in rapporto all’altra) come unico punto di riferimento possibile per liberarsi da qualsiasi visione « metafisica » della natura e « filosofia della natura » 2.
1 M. S., p. 142.
2 « ... Sono le opposizioni diametrali, rappresentate come irreconciliabili ed insolubili, le linee di demarcazione e le differenze fra le classi fissate violentemente quelle che hanno diito alla moderna scienza teorica della natura il suo ristretto carattere metafisico. 11 riconoscimento che queste opposizioni e queste differenze in verità sono presenti nella natura, ma con una validità solo relativa, e che invece quella rigidità e quella assoluta validità con cui sono presentate viene introdotta nella natura solo dalla nostra riflessione; questo rico[...]
[...]dall’interpretazione gramsciana del marxismo come « concezione unitaria di massa » e « riforma intellettuale e morale », « riforma popolare dei tempi moderni ». E tuttavia è un allontanamento solo apparente, perché il contenuto critico del marxismo non è concepito da Gramsci come indifferente o superiore e distaccato rispetto alla concretezza del movimento reale di cui esso è la teoria.
L esigenza di far convergere storicamente l’aspetto di « filosofia di massa » del marxismo con la soluzione dei compiti teorici e scientifici più alti e complessi, cioè l’esigenza di una « cultura integrale », che sulla base della classe rivoluzionaria, possegga una espansività illimitata fra gli uomini, appare perciò in Gramsci essenziale alla dinamica stessa del marxismo e viene a caratterizzare la sua originalità. Anche l’identificazione dialettica operata da Gramsci fra filosofia e politica (attraverso i momenti storia, cultura, ideologia ecc.) — che ha aspetti qualitativamente diversi se rivolta al passato (come criterio di interpretazione storiografica) 1 o proiettata verso il futuro — non è comprensibile senza
e questo pensiero ha una lunga storia sperimentale; né più e né meno dell’indagine naturalistica sperimentale. Appunto imparando a far propri i resultati dello sviluppo della filosofia durante venticinque secoli, essa si libererà da un lato da ogni filosofia della natura che stia a parte e al di fuori e al di sopra di essa, ma anche, d’altro lato, dal suo proprio metodo limitato di pensare, ereditato dall’empirismo inglese » (F. Engels, Antiduhring, trad. it., Roma, 1950,
pp. 1819).
1 Importante, ad esempio, a questo riguardo la nozione gramsciana di quella che è la filosofia di un’epoca : « Dal punto di vista che a noi interessa, lo studio della storia e della logica delle diverse filosofie dei filosofi non è sufficiente. Almeno come indirizzo metodico, occorre attirare l’attenzione sulle altre parti della storia della filosofia; cioè sulle concezioni del mondo delle grandi masse, su quelle dei più ristretti gruppi dirigenti (o intellettuali) e infine sui legami tra questi vari complessi culturali e la filosofia dei filosofi. La filosofia di un’epoca non è la filosofia di uno o altro filosofo, di uno o altro gruppo di intellettuali, di una o altra grande partizione delle masse popolari: è una combinazione di tutti questi elementi che culmina in una determinata direzione, in cui il suo culminare diventa norma d’azione collettiva, cioè diventa “ storia ” concreta e completa (integrale). La filosofia di un’epoca storica non è dunque altro che la “ storia99 di quella stessa epoca, non è altro che la massa di variazioni che il gruppo dirigente è riuscito a determinare nella realtà precedente: storia e filosofia sono inscindibili in questo senso, formano “ blocco Possono però essere “ distinti ” gli elementi filosofici propriamente detti, e in tutti i loro diversi gradi : come filosofia dei filosofi, come concezioni dei gruppi dirigenti (cultura filosofica) e come religioni delle grandi masse, e vedere come in ognuno di questi gradi si abbia a che fare con forme diverse di “ combinazione ideologica 99 » : AL S., p. 22. Cfr. anche pp. 151 e 232).462
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quella dimensione nuova del filosofare (non ha nulla a che vedere, ad esempio, con una identificazione verbale di tipo attualistico).
Anche la polemica contro l’idealismo, che si svolge in Gramsci attraverso una serie estremamente differenziata di motivi (legati in gran parte a circostanze della cultura ital[...]
[...]nuova del filosofare (non ha nulla a che vedere, ad esempio, con una identificazione verbale di tipo attualistico).
Anche la polemica contro l’idealismo, che si svolge in Gramsci attraverso una serie estremamente differenziata di motivi (legati in gran parte a circostanze della cultura italiana, e specialmente alla discussione col crocianesimo), e conduce altresì a una serie di « traduzioni » e di recuperi dal « linguaggio speculativo » della filosofia idealistica a quello concretamente storicistico del marxismo, è innanzi tutto argomentata e fondata sulla « impotenza della filosofia idealistica a diventare una integrale concezione del mondo» *, valida per tutti gli uomini, nella realtà di oggi; cioè fede e senso comune non di gruppi ristretti,, legati al privilegio sociale, ma dell’intiera umanità associata. Per converso, la polemica di Gramsci contro le penetrazioni nel marxismo di materialismo volgare o metafisico, benché si svolga su un piano strettamente teorico, comporta anche la relativa giustificazione storica di quelle penetrazioni, come caratteristiche di una fase ancora arretrata del movimento reale (rivoluzionario) di cui il marxismo è espressione2.
Alluna [...]
[...]nsiero di Gramsci. Di fronte all’idealismo contemporaneo anche quelle traduzioni e recuperi, a cui si è accennato 3, sono connessi, in grande parte, a questo punto centrale, già nuclearmente presente in Antonio Labriola. « Gli intellettuali “ puri99 —' scrive Gramsci — come elaboratori delle più estese ideologie delle classi dominanti, come leaders dei gruppi intellettuali dei loro paesi, non potevano non servirsi almeno di alcuni elementi della filosofia della prassi, per irrobustire le loro concezioni e moderare il soverchio filosofiamo speculativo col realismo storicista della teoria nuova, per fornire di nuove armi l’arsenale del gruppo sociale cui erano legati. D’altra parte la ten
1 M. S., p. 226.
2 Su questo concetto Gramsci torna frequentemente, studiando i diversi aspetti della questione. Cfr., in particolar modo, M. S., pp. 81, 84, 87* 151, 1623, 223.
3 Ciò vale soprattutto nei confronti deH’idealismo, o « neohegelianesimo », italiano del Croce e del Gentile, che prese l’avvio, alla fine del secolo, dalla discussione col marxismo ed a quella è sempre rimasto, in qualche modo, legato.denza ortodossa si trova[...]
[...]uperarlo solo col più crudo e banale materialismo che era anche esso una stratificazione non indifferente del senso comune, mantenuta viva, più di quanto si credesse e si creda, dalla stessa religione che nel popolo ha una sua espressione triviale e bassa, superstiziosa e stregonesca, in cui la materia ha una funzione non piccola. Il Labriola si distingue dagli uni e dagli altri per la sua affermazione (non sempre sicura, a dire il vero) che. la filosofia della prassi è una filosofia indipendente e originale che ha in se stessa gli elementi di un ulteriore sviluppo per diventare da interpretazione della storia filosofia generale ».
In queste parole, a chi ben guardi, troviamo delineato, e nei suoi termini polemici e in quelli costruttivi, l’intiero ambito in cui si muove,, sotto il riguardo teorico e metodologico, il pensiero di Gramsci. Vi è da fare anche un’altra osservazione, che credo assai caratterizzante : quella « indipendenza e originalità filosofica del marxismo » è vista da Gramsci non semplicemente come un dato, come una cosa già fatta, ma come un elemento di sviluppo e di conquista continua delle sue più profonde implicazioni. E ciò nel quadro di una lotta ideale in cui sono presenti non solo [...]
[...]», dall’altro le masse popolari, in certo modo depositarie del « senso comune ». Quella lotta ideale in cui il marxismo esplica e sviluppa, di fatto, la sua autonomia filosofica, si presenta cosi immediatamente come momento necessario di una complessa lotta reale. In Gramsci questo nesso non va mai perduto, non è mai obliato.
Quel medesimo nesso determina, ci sembra, il suo modo di concepire
10 svolgimento e l’esposizione del marxismo come filosofia. Soprattutto neirepoca in cui lo sviluppo storico ha posto alla classe rivoluzionaria
11 problema dell 'egemonia (direzione politica e culturale sull’insieme della società) particolarmente astratta e insufficiente gli appare ogni presentazione del marxismo che sia svolta solo in riferimento polemico alle sistemazioni filosofiche tradizionali e non coinvolga in modo essenziale la discussione col «senso comune». La nozione di «senso comune» diventa perciò fondamentale.464
Le relazioni
Essa, nel contesto gramsciano, è ben più complessa del convenzionale riferimento che sotto tale denom[...]
[...] in riferimento polemico alle sistemazioni filosofiche tradizionali e non coinvolga in modo essenziale la discussione col «senso comune». La nozione di «senso comune» diventa perciò fondamentale.464
Le relazioni
Essa, nel contesto gramsciano, è ben più complessa del convenzionale riferimento che sotto tale denominazione serve molto spesso ai filosofi per indicare un presunto atteggiamento staticamente contrapposto alla « criticità » della filosofia o della metodologia scientifica (salvo, eventualmente, a considerarlo, in ultima analisi, con essa conciliabile). Il « senso comune » non è per Gramsci univocamente rappresentabile e riducibile nei suoi contenuti, come se fosse l’espressione di un atteggiamento natmale. Esso è sempre, per lui, « prodotto storico » che contiene, stratifica e cristallizza contraddittoriamente le più varie eredità passive de) passato : oltre, naturalmente, agli elementi attivi da liberare ed elaborare 1. Esso è il terreno su cui esercitano la loro azione e la loro presa le ideologie dominanti di gruppi e di clas[...]
[...]classi antagonistiche, le resistenze a ogni spinta unificante della coscienza umana. L’assunto implicito, reperibile in molte esposizioni dogmatiche del marxismo, di una propria conciliazione in certo modo aprioristica col « senso comune » (assunto che comporta la mancanza di approfondimento di questa nozione nella sua effettiva realtà storicosociale) si presenta cosi come inaccettabile al pensiero di Gramsci, tale da frenare lo sviluppo della « filosofia della prassi » nella sua capacità riformatrice delle coscienze di grandi masse umane. (E giova qui ricordare che tale assunto non fu mai proprio dei classici del marxismo.)
Questa presentazione della posizione di Gramsci potrebbe anche venir fraintesa unilateralmente. A Gramsci, che si era formato e aveva lottato in continuo contatto con le masse lavoratrici, non sfugge ciò su cui Lenin aveva richiamato l’attenzione, scrivendo : « Sarebbe il pia
1 Gfr., per la discussione del senso comune, M. S., pp. 57, 9, 11, 2527, 4647, 119121, 123 e passim. Inoltre cfr. p. 148. Gramsci si rifà qualc[...]
[...]m. Inoltre cfr. p. 148. Gramsci si rifà qualche volta alla distinzione di « senso comune » e « buon senso » e ricorda anche il noto passo del Manzoni (Pp. 216). Alcune riflessioni di Gramsci potrebbero essere confrontate con il capitolo dedicato dal Cattaneo al « senso comune » nella sua Logica, (v. C. CATTANEO, Scritti filosofici letterari e vari, Firenze, 1957, p. 186 sgg.).
2 «...per le grandi masse della popolazione governata e diretta la filosofia o religione del gruppo dirigente e dei suoi intellettuali si presenta sempre come fanatismo e superstizione, come motivo ideologico proprio di una massa servile ».Cesare Luporini
465
grande errore e il peggiore che possa commettere un marxista, quello di credere che le masse popolari, costituite da milioni di esseri umani (e soprattutto dalla massa dei contadini e degli artigiani) condannati alle tenebre, all’ignoranza e ai pregiudizi da tutta la società moderna, possano uscire da queste tenebre solo seguendo la retta via di un’istruzione puramente marxista » 1. È, anzi, proprio un pro[...]
[...]l che non avviene né in un giorno, né in astratto, ossia come educazione astratta, verbale e libresca, bensì in connessione con la lotta politica e di classe. Occorre perciò, dice Gramsci, che la « nuova concezione... si presenti intimamente fusa con un programma politico e una concezione della storia che il popolo riconosca come espressione delle sue necessità vitali » 2. E aggiunge : « Non è possibile pensare alla vita e alla diffusione di una filosofia che non sia insieme politica attuale, strettamente legata all’attività preponderante nella vita delle classi popolari, il lavoro, e non si*presenti pertanto, entro certi 'limiti, come connessa 'necessariamente alla scienza. Essa concezione nuova magari assumerà inizial
1 Lenin, Il significato del materialismo militante (trad. it. in MarxEngelsmarxismo, Roma, 1952, p. 445).
2 M. S., p. 226.466
Le relazioni
mente forme superstiziose e primitive come quelle delk religione mitologica, ma troverà in se stessa e nelle forze intellettuali che il popolo esprimerà dal suo seno gli elementi [...]
[...]età politica e civile, e delk direzione culturale: problemi nei quali si è straordinariamente allargata, a contatto con lo sviluppo reale, nel nostro secolo, la problematica marxista dello Stato, e di cui fu maestro Lenin. Ora, è importante notare che qui fanno nodo e si articokno tutti gli elementi teorici del pensiero di Gramsci: « L’egemonia realizzata — egli scrive (riferendosi alla rivoluzione di Ottobre) — significa la critica reale di una filosofia, la sua reale dialettica » \
La quale asserzione, a questo punto, non avrebbe bisogno di ulteriori chiarimenti. Ma essa guadagna la pienezza del suo significato se la proiettiamo in un contesto concettuale più largo. Scrive altrove Gram
1 M. S., p. 75. Ove anche si legge: «La fondazione di una classe dirigente (cioè di uno Stato) equivale alla creazione di una W eltanschauung. L’espressione che il proletariato tedesco è l’erede della filosofìa classica tedesca, come deve essere intesa? Non voleva indicare Marx l’ufficio storico della sua filosofia divenuta teoria di una classe che sarebbe diventata Stato? Per Ilic questo è realmente avvenuto in un territorio determinato ». Cfr. p. 32 e passim.Cesare Luporini
AGI
sci: «La proposizione contenuta nella introduzione alla Critica dell’Economia politica che gli uomini prendono coscienza dei conflitti di struttura sul terreno delle ideologie deve essere considerata come un affermazione di valore gnoseologico, e non puramente psicologico e morale. Da ciò consegue che il principio teoricopratico dell’egemonia ha anch’esso una portata gnoseologica e pertanto in questo campo è da ricercare[...]
[...]sizione contenuta nella introduzione alla Critica dell’Economia politica che gli uomini prendono coscienza dei conflitti di struttura sul terreno delle ideologie deve essere considerata come un affermazione di valore gnoseologico, e non puramente psicologico e morale. Da ciò consegue che il principio teoricopratico dell’egemonia ha anch’esso una portata gnoseologica e pertanto in questo campo è da ricercare l’apporto massimo di Ilic [Lenin] alla filosofia della prassi » \ Un imponente gruppo di problemi teorici, metodologici, storiografici, che si è costretti a tralasciare, si collega a questa affermazione. Sono i problemi relativi alla realtà e storicità delle soprastrutture (la discussione di Gramsci con lo storicismo idealistico è in gran parte legata a questo tema), alla eredità storicoculturale, al nesso fra ideologia, scienza, filosofia, e, ancora una volta, fra filosofia e politica; sono i problemi, soprattutto, relativi alla questione della oggettività (e correlativamente della soggettività, non solo individuale ma di gruppo), intorno ai quali Gramsci, come si è accennato, presenta suggestioni e impostazioni cariche della possibilità di ulteriori svolgimenti. « L’uomo conosce oggettivamente in quanto la conoscenza è reale per tutto il genere umano storicamente unificato in un sistema culturale unitario; ma questo processo di unificazione storica avviene con la sparizione delle contraddizioni interne che dilaniano la società umana, contraddizioni che sono la [...]
[...]so l’unificazione concreta e oggettivamente universale e non già un presupposto unitario ecc. La scienza sperimentale ha offerto finora il terreno in cui una tale unità culturale ha raggiunto il massimo di estensione... » 2.
È un modo di considerare le cose che pone immediatamente il problema del marxismo come soprastruttura. Ma vi è, dice Gramsci, « una
1 M. Sp. 39.
2 M. S., p. 142.468
Le relazioni
differenza fondamentale tra la filosofia della prassi e le altre filosofie: le altre ideologie sono creazioni inorganiche perché contraddittorie, perché dirette a conciliare interessi opposti e contraddittori; la loro “ storicità” sarà breve perché la contraddizione affiora dopo ogni avvenimento di cui sono state strumento. La filosofia della prassi invece non tende a risolvere pacificamente le contraddizioni esistenti nella storia e nella società, anzi è la stessa teoria di tali contraddizioni... » 1. La filosofia della prassi non tende cioè a mettere le «brache al mondo», come le filosofie idealistiche (anche se diversa fu la loro pretesa)2, a presentarsi come sintesi ideale illusoriamente risolutiva dei contrasti reali. All’opposto,, essa è «!la coscienza piena delle contraddizioni, in cui lo stesso filosofo, inteso individualmente o inteso come intiero gruppo sociale, non solo, comprende le contraddizioni ma pone se stesso come elemento della contraddizione, eleva questo elemento a principio di conoscenza e quindi azione» 3.
Qui è il nocciolo del modo in cui Gramsci intende la dialettica, secondo[...]
[...]e, non solo, comprende le contraddizioni ma pone se stesso come elemento della contraddizione, eleva questo elemento a principio di conoscenza e quindi azione» 3.
Qui è il nocciolo del modo in cui Gramsci intende la dialettica, secondo che egli aveva appreso, congiuntamente, dalia sua strenua esperienza di lotta e dalla lezione dei classici (si pensi, in particolare, al metodo con cui Marx svolse la polemica contro Proudhon nella Miseriadelia filosofia, considerata da Gramsci un momento essenziale della formazione della « filosofia della prassi » 4). Cosi, la stessa interpretazione del marxismo come soprastruttura ne accentua l’irriducibile autonomia filosofica e insieme la storicità (o « mondanità » o « terrestrità » ), risolutiva di ogni pretesa assolutezza posta al di là del processo dell'esperienza umana. Trovandosi ad annotare un’asserzione del Graziadei, che presentava Marx « come unità di una serie di scienziati » Gramsci commenta : « Errore fondamentale : nessuno degli altri ha prodotto una originale e integrale concezione del mondo. Marx inizia intellettualmente un’età storica, che durerà probabilmente dei seco[...]
[...]: nessuno degli altri ha prodotto una originale e integrale concezione del mondo. Marx inizia intellettualmente un’età storica, che durerà probabilmente dei secoli, cioè fino alla sparizione della Società politica e all’avvento della Società regolata. Solo allora la sua concezione del mondo sarà superata » 5.
1 M. S.y p. 237.
2 L’espressione « metter le brache al mondo » ripresa da Gramsci contro Croce per indicare il moderatismo della sua filosofia, era stata dal Croce stessa adoperata nella introduzione al primo fascicolo de La Critica.
3 M. S., pp. 9394.
4 Mach., p. 31 (in nota).
5 M. S., p. 75.