Brano: [...] mesi di carcere e lo volevano denunciare all'alta corte. Poi, per fortuna, si sono ricordati che era solo un cavolo e l'hann.o lasciato libero. Il nostro comandante, invece, in quel periodo, faceva il contrabbando.
Di mestiere faccio l'alesatore, in una ditta che fabbrica macchine utensili. E da tre anni e mezzo che lavoro in Svizzera. Prima lavoravo a Modena, la mia città. Ho fatto fino alla quinta industriale poi sono entrato a lavorare alla FIAT. Ma dopo la guerra di Abissinia il lavoro diminuì, così mi licenziai ed andai a lavorare da un'altra ditta. Poi scoppiò la guerra ed andai militare. Ero in uno dei reparti pompieri dell'esercito e lavoravo nel carro attrezzi, ma non sono mai stato un buon militare. Ho sempre detto a tutti che facevo parte del battaglione « lepre » (o « scappa »). A quei tempi ero giovane, non pensavo che a mangiare, quando avevo la pancia piena ero contento. Mi ricordo che una volta, quando ci si trovava sempre in Sicilia, andammo ad aiutare un proprietario a fare dei lavori. Quando si ebbe finito ci portò un[...]
[...] paesino.
Finita la guerra tornai a Modena, ma ero in incognito, per non essere richiamato dai fascisti, allora c'era la Repubblica di Salò; e così, per un po' di tempo, dovetti arrangiarmi a fare tutti i mestieri, per vivere. Ho pulito mosti, poi sono entrato in una bottega per riparazioni di macchine da scrivere. Siccome non ero dichiarato non avevo tessere per i viveri e non ce la facevo, avevo sempre fame. Alla fine decisi di rientrare alla FIAT dove cercavano degli alesatori; non l'avevo mai fatto, ma, con la mia esperienza di tornitore, non mi ci volle molto ad impararlo. Intanto ero entrato in contatto con il movimento di liberazione ed avevo cominciato a leggere cose serie; mi erano capitati tra le mani due opuscoletti di Giustizia e Libertà
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che mi influenzarono moltissimo: uno di John Stuart Mill sulla libertà, l'altro era l'ultimo discorso di Matteotti alla Camera. Mi piacquero tutti e due ma il primo mi colpì particolarmente. C'era come una unità tra quello che trovavo scritto e quello che sentivo [...]
[...]ancora, ma è qualche cosa di più che mi fa aborrire tutti gli strumenti di guerra. Così preferivo fare l'altro lavoro.
Alla fine del '44 lasciai il movimento G.L. e cominciai a lavorare con il P.C.I.: credevo che quest'ultimo lavorasse più in profondità e creasse più che ogni altro le condizioni di un rinnovamento totale dell'Italia. Ero capocellula. Ero molto attivo: quasi tutte le sere facevo qualche riunione. Nel frattempo ero rientrato alla FIAT. Restai nel partito un anno. Ma c'era qualcosa che non mi andava. Si facevano le riunioni, per esempio, e non è che si chiedesse alle persone presenti di discutere su un problema. Ognuno avrebbe potuto portare la sua esperienza e ne sarebbero venute fuori delle cose importanti. Alla fine, semmai, avremmo potuto leggere cosa dicono, su quel problema, i grandi del marxismo. Arrivava invece uno scritto, di una o due pagine, con sopra quello che il partito pensava su quell'argomento. Si leggeva il biglietto alla gente ed alla fine si faceva un sermoncino in cui si diceva che ognuno poteva prender[...]
[...]uasi a sostenere il suo punto di vista ma poi si mettevano tutti d'accordo sul da farsi. Nella lettura dei loro giornali e nei loro libri trovai ciò che sentivo confusamente in me, spiegato in modo chiaro e trovai in quelle idee una etica ed un senso di libertà che da tanto tempo cercavo. E da allora sono restato anarchico, mi ci trovo bene perché ognuno può pensare come crede, mi sento libero nei miei pensieri e mi sento qualcuno.
Nel '55 alla FIAT di Modena ci furono i famosi licenziamenti, 200 circa. Dissero che non erano politici ma intanto licenziarono tutte e due le commissioni interne al completo. Io non c'ero più, ne avevo fatto parte qualche anno prima, subito dopo la guerra; ero molto attivo, allora. Ero
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stato anche a Torino per una riunione di tutte le commissioni interne. Ne avevo approfittato per visitare anche la FIAT centrale. A quei tempi esisteva anche il consiglio di gestione ma, nella nostra fabbrica, ha sempre avuto poco valore. I dirigenti lo chiamavano ogni tanto, solo per dargli informazioni su qualcosa di secondario, ma non ha mai avuto un valore effettivo. In quel tempo, però, i padroni avevano ancora bisogno degli operai e si dimostravano gentili con loro. Ci dicevano « Noi non siamo nemici, dobbiamo collaborare insieme per ricostruire la fabbrica, abbiamo bisogno l'uno dell'altro » e così via. Ma a poco a poco che la fabbrica era rimessa su hanno incominciato ad essere sempre più duri ed a dir[...]
[...]lub universitario. Ultimamente hanno dato « La terra trema », di Visconti. Che film! L'ho rivisto tre volte e mi piace sempre di piú. È difficile capire il dialogo, con quel dialetto, ma come film è stupendo.
Leggo anche molto. Ora sto leggendo Proust: « Un amore di Swann »; scrive molto bene. Compro libri usati sulle bancherelle, oppure me li faccio prestare da amici che hanno delle buone biblioteche. Ora mi piacerebbe leggere « Inchiesta alla Fiat », che hanno pubblicato su Nuovi Argomenti. Ma qui non si trova. Potrebbe procurarmela in Italia?
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III
In un bar alla periferia di Ginevra, nella zona industriale, ho fatto la conoscenza di un operaio italiano. E un tipo di circa 35 anni, basso, un poco calvo. Lavora come meccanico in una grande fabbrica, da circa 8 anni. Viene da una cittadina del Nord Italia, dove lavorava alla Breda. Ecco il suo racconto:
« Durante la guerra, la Breda della nostra città è stata completamente distrutta. Fu il Comitato di liberazione che decise di ricostruirla e convertirla in p[...]