Brano: [...] non vengono mantenuti in vita per qualche vana curiosità, non sono considerati come storie inventate. Per gli indigeni essi sono piuttosto manifestazioni di una originaria realtà più grande e più importante che determina la vita, il destino e le attività attuali dell'umanità, mentre la loro conoscenza fornisce agli uomini sia i motivi per gli atti rituali e morali, sia le avvertenze sul come mettere questi in pratica ». I miti, ci ripete Mircea Eliade nella sua vasta produzione di storico delle religioni, hanno la funzione fondamentale di stabilire modelli esemplari per tutti i riti e tutte le azioni umane significative. Bisogna cioè dissociare la nozione di « mito », da quella di « parola », di « favola », e avvicinarlo, ci dice ancora Mircea Eliade (dr. Trattato di storia delle religioni, tr. it. 1954, p. 430), alle nozioni di « azione sacra », di « gesto significativo », di a avvenimento primordiale ». « È mitico non soltanto tutto quel che si racconta circa eventi svolti e personaggi vissuti in illo tempore, ma anche tutto ciò che si trova in relazione diretta o indiretta con tali eventi e con. personaggi primordiali ». (op. cit., p. 430). Cose sostanzialmente non diverse ci dicono LévyBrühl nella sua Mythologie primitive (1935), Kerény in tutta la sua opera dedicata allo studio della mitologia, il Preuss nell'opera Der religiöse Geha[...]
[...]tr. it. 1952, p. 114, 115).
Ci potremmo chiedere — in via preliminare se è legittimo parlare di mito come di un mondo unitario, se cioè esiste una realtà storicoculturale cui si possa, senza essere tacciati di arbitrio o di genericità, dare il name di mito. L'esistenza di questa realtà ci è comprovata dalle mitologie presenti in tutte le culture e in tutte le epoche, ai livelli più diversi di civiltà. Gli studi di Cassirer, Lévy Brühi, Kerény, Eliade, Jung, Gusdorf — per non citare che alcuni studiosi recenti — ci autorizzano a parlare di un « pensiero mitico » o di una « coscienza mitica », come ha fatto, ad esempio, Ernst Cassirer nel secondo volume della sua Filosofia delle forme simboliche. L'esistenza di una forma simbolica, chiamata mito e caratterizzata da una sua particolare struttura, che è possibile descrivere come un mondo unitario, non significa che i contenuti della coscienza mitica siano sempre i medesimi, né che sia possibile cristallizzare il significato e la funzione del mito prescindendo dalle condizioni storiche partico[...]
[...] primi cercano la continuità di mito e ragione, i secondi la discontinuità. James Frazer, Edward B. Tylor, Emile Durkheim, ad esempio, vogliono appunto rintracciare nel pensiero magicomitico dei primitivi i rudimenti, ma anche i fondamenti, del nostro pensiero razionale e scientifico. Essi insistono sulla « omogeneità » della mente umana pur nella varietà delle forme fenomenologiche in cui la mente storicamente si obiettiva. Il LévyBrühl, Mircea Eliade, Rudolf Otto, Walter Otto, Carlo Kerény e molti altri, sono sensibili soprattutto all'elemento di eterogeneità e discontinuità esistente tra esperienza « primitiva », « sacrale », « mistica », da un lato, ed esperienza razionale, profana, logicoconcettuale dall'altro. Il problema di una fenomenologia della ragione si allarga qui nel problema più vasto, e in certo senso più drammatico, di una fenomenologia dell'esperienza. Esisterebbero cioè non solo vari tipi di ragionamento, ma addirittura vari modi di essere nel mondo. Da quest'ultimo punto di vista la ragione stessa e le sue varie tecniche[...]
[...]enza nella trascrizione immaginosa e simbolica dei mitologemi, così come l'acquista nei prodotti più alti dell'arte e della letteratura. Il mito maschile di Prometeo, o quello femminile di Niobe, non sono racconti qualsiasi bensì narrazioni nelle quali appare un modo di essere dell'uomo nel mondo, una situazione del suo esistere altamente significativa e chiarificatrice. Secondo Carl Gustav Jung, le cui ricerche stanno a fondamento dei lavori di Eliade e di Kerény, i miti sono archetipi che rappresentano una « esperienza primaria » dell'uomo in una forma simbolicoimmaginativa. Questi archetipi, limitati di numero, costituirebbero esperienze umane tipiche e fondamentali fin dall'origine dei tempi. In tutte le culture umane é possibile, secondo Jung, ritrovare i medesimi motivi fissati in immagini archetipiche costitutive dell'esperienza umana. In tutte le mitologie, nei racconti di fiabe, nelle tradizioni, nei misteri religiosi, nella letteratura, nella stessa vita quotidiana, in forme più o meno pure, incontriamo, ad esempio, i motivi del v[...]
[...]e sono perciò sottratti al divenire e passare individuale ». Gli archetipi sarebbero, dunque, nel linguaggio metafisico e teologico di cui troppo spesso si compiace la psicologia del profondo, « presenze eterne » che la coscienza a volte percepisce e a volte no. Essi emergono in molti stadi e piani psichici nelle forme più varie, negli adattamenti e nelle metamorfosi più singolari, pur rimanendo i medesimi nella loro originaria struttura. Mircea Eliade e Carlo Kerény hanno ripreso questi motivi junghiani. Eliade li ha addirittura portati a una forma di esasperazione metafisica
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e teologica, adoperandoli, per così dire, in ' chiave antimoderna, come argomenti per una polemica a sfondo irrazionalisticodecadente contro l'empirismo e l'intellettualismo del mondo contemporaneo. Non seguiremo certo Eliade lungo questa strada che porta a contrapporre artificiosamente i valori religiosi del mito alle insidie presunte o reali dell'umanismo e dello storicismo moderni. Ma occorre riconoscere che alla comprensione del mito hanno recato un forte contributo proprio quegli studiosi moderni come LévyBrühl, Walter Otto, Eliade, Kerény, che hanno cercato di avvicinarsi alle creazioni culturali del mito dall'interno, simpaticamente invece che polemicamente. Comprendere il mito é problema analogo a quello di capire che cosa sia la musica, la poesia. Kerény ha ragione quando afferma che le grandi creazioni mitologiche costituiscono un fenomeno paragonabile, per profondità, durata, e universalità, soltanto alla natura stessa. Allo stesso modo che poco o nulla comprende della musica o dell'arte chi non si pone in un contatto vivo e diretto con l'opera, così poco o nulla intende della mitologia chi si avvicina ad essa già[...]
[...] con opere, ossia con qualcosa di obiettivato, K qualcosa — dirà Kerény — che é già diventato oggetto autonomo che parla da sé, qualcosa a cui non si rende giustizia con interpretazioni e spiegazioni, bensì tenendolo presente e lasciando che pronunci da sé il proprio senso»; (Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia, 1948, p. 16). Questa metodologia diventa pericolosa quando i valori culturali del mito vengano proclamati (è il caso di Eliade!) storicamente più attuali e fecondi che non i valori del pensiero storico e scientifico. Ma il modo per neutralizzare tale pericolo consiste nell'evitare tali assurdi confronti nell'aprirsi liberamente alla pluridimensionalità e alla fenomenologia della vita culturale. Come non é possibile trascrivere il linguaggio dell'arte in linguaggio matematico, così non è possibile, se vogliamo continuare a intendere, trascrivere il linguaggio della mitologia, intessuto di immagini e simboli, in un altro linguaggio che parta dalla premessa di rinunciare alle immagini e ai simboli, e di volerli sostitui[...]
[...]a alcuna logica, e non è neppure prefigurazione immaginosa e provvisoria di una spiegazione razionale. Essa contiene tanto l'elemento fabulatore quanto l'elemento logico, ma quell'evento caratteristico che é il mito non viene interpretato secondo la scala originaria quando viene ridotto univocamente all'uno o all'altro elemento oppure a una commistione arbitraria dei due. Gli interpreti romantici del mito hanno torto quando ritengono, con Mircea Eliade, che i miti scoprano una struttura ontologica inaccessibile all'apprendimento empiricorazionalista o che i miti esprimano plasticamente e
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drammaticamente quel che la metafisica e la teologia definiscono dialetticamente (cfr. op. cit., p. 431 e 433); ma certamente il mito é movimento verso valori, significati e fondamenti culturali.
L'estromesso — e giustamente estromesso — mondo delle partedpazioni e delle connessioni vitali non può accampare oggi la pretesa di costituirsi in sistema del sapere o in organismo scientifico. La nascita della scienza e della filosofia defene[...]