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Il segmento testuale Eliade è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 27Analitici , di cui in selezione 2 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da (Mito e civiltà moderna) Remo Cantoni, Mito e valori in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 3 - 1 - numero 37

Brano: [...] non vengono mantenuti in vita per qualche vana curiosità, non sono considerati come storie inventate. Per gli indigeni essi sono piuttosto manifestazioni di una originaria realtà più grande e più importante che determina la vita, il destino e le attività attuali dell'umanità, mentre la loro conoscenza fornisce agli uomini sia i motivi per gli atti rituali e morali, sia le avvertenze sul come mettere questi in pratica ». I miti, ci ripete Mircea Eliade nella sua vasta produzione di storico delle religioni, hanno la funzione fondamentale di stabilire modelli esemplari per tutti i riti e tutte le azioni umane significative. Bisogna cioè dissociare la nozione di « mito », da quella di « parola », di « favola », e avvicinarlo, ci dice ancora Mircea Eliade (dr. Trattato di storia delle religioni, tr. it. 1954, p. 430), alle nozioni di « azione sacra », di « gesto significativo », di a avvenimento primordiale ». « È mitico non soltanto tutto quel che si racconta circa eventi svolti e personaggi vissuti in illo tempore, ma anche tutto ciò che si trova in relazione diretta o indiretta con tali eventi e con. personaggi primordiali ». (op. cit., p. 430). Cose sostanzialmente non diverse ci dicono LévyBrühl nella sua Mythologie primitive (1935), Kerény in tutta la sua opera dedicata allo studio della mitologia, il Preuss nell'opera Der religiöse Geha[...]

[...]tr. it. 1952, p. 114, 115).
Ci potremmo chiedere — in via preliminare se è legittimo parlare di mito come di un mondo unitario, se cioè esiste una realtà storicoculturale cui si possa, senza essere tacciati di arbitrio o di genericità, dare il name di mito. L'esistenza di questa realtà ci è comprovata dalle mitologie presenti in tutte le culture e in tutte le epoche, ai livelli più diversi di civiltà. Gli studi di Cassirer, Lévy Brühi, Kerény, Eliade, Jung, Gusdorf — per non citare che alcuni studiosi recenti — ci autorizzano a parlare di un « pensiero mitico » o di una « coscienza mitica », come ha fatto, ad esempio, Ernst Cassirer nel secondo volume della sua Filosofia delle forme simboliche. L'esistenza di una forma simbolica, chiamata mito e caratterizzata da una sua particolare struttura, che è possibile descrivere come un mondo unitario, non significa che i contenuti della coscienza mitica siano sempre i medesimi, né che sia possibile cristallizzare il significato e la funzione del mito prescindendo dalle condizioni storiche partico[...]

[...] primi cercano la continuità di mito e ragione, i secondi la discontinuità. James Frazer, Edward B. Tylor, Emile Durkheim, ad esempio, vogliono appunto rintracciare nel pensiero magicomitico dei primitivi i rudimenti, ma anche i fondamenti, del nostro pensiero razionale e scientifico. Essi insistono sulla « omogeneità » della mente umana pur nella varietà delle forme fenomenologiche in cui la mente storicamente si obiettiva. Il LévyBrühl, Mircea Eliade, Rudolf Otto, Walter Otto, Carlo Kerény e molti altri, sono sensibili soprattutto all'elemento di eterogeneità e discontinuità esistente tra esperienza « primitiva », « sacrale », « mistica », da un lato, ed esperienza razionale, profana, logicoconcettuale dall'altro. Il problema di una fenomenologia della ragione si allarga qui nel problema più vasto, e in certo senso più drammatico, di una fenomenologia dell'esperienza. Esisterebbero cioè non solo vari tipi di ragionamento, ma addirittura vari modi di essere nel mondo. Da quest'ultimo punto di vista la ragione stessa e le sue varie tecniche[...]

[...]enza nella trascrizione immaginosa e simbolica dei mitologemi, così come l'acquista nei prodotti più alti dell'arte e della letteratura. Il mito maschile di Prometeo, o quello femminile di Niobe, non sono racconti qualsiasi bensì narrazioni nelle quali appare un modo di essere dell'uomo nel mondo, una situazione del suo esistere altamente significativa e chiarificatrice. Secondo Carl Gustav Jung, le cui ricerche stanno a fondamento dei lavori di Eliade e di Kerény, i miti sono archetipi che rappresentano una « esperienza primaria » dell'uomo in una forma simbolicoimmaginativa. Questi archetipi, limitati di numero, costituirebbero esperienze umane tipiche e fondamentali fin dall'origine dei tempi. In tutte le culture umane é possibile, secondo Jung, ritrovare i medesimi motivi fissati in immagini archetipiche costitutive dell'esperienza umana. In tutte le mitologie, nei racconti di fiabe, nelle tradizioni, nei misteri religiosi, nella letteratura, nella stessa vita quotidiana, in forme più o meno pure, incontriamo, ad esempio, i motivi del v[...]

[...]e sono perciò sottratti al divenire e passare individuale ». Gli archetipi sarebbero, dunque, nel linguaggio metafisico e teologico di cui troppo spesso si compiace la psicologia del profondo, « presenze eterne » che la coscienza a volte percepisce e a volte no. Essi emergono in molti stadi e piani psichici nelle forme più varie, negli adattamenti e nelle metamorfosi più singolari, pur rimanendo i medesimi nella loro originaria struttura. Mircea Eliade e Carlo Kerény hanno ripreso questi motivi junghiani. Eliade li ha addirittura portati a una forma di esasperazione metafisica
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e teologica, adoperandoli, per così dire, in ' chiave antimoderna, come argomenti per una polemica a sfondo irrazionalisticodecadente contro l'empirismo e l'intellettualismo del mondo contemporaneo. Non seguiremo certo Eliade lungo questa strada che porta a contrapporre artificiosamente i valori religiosi del mito alle insidie presunte o reali dell'umanismo e dello storicismo moderni. Ma occorre riconoscere che alla comprensione del mito hanno recato un forte contributo proprio quegli studiosi moderni come LévyBrühl, Walter Otto, Eliade, Kerény, che hanno cercato di avvicinarsi alle creazioni culturali del mito dall'interno, simpaticamente invece che polemicamente. Comprendere il mito é problema analogo a quello di capire che cosa sia la musica, la poesia. Kerény ha ragione quando afferma che le grandi creazioni mitologiche costituiscono un fenomeno paragonabile, per profondità, durata, e universalità, soltanto alla natura stessa. Allo stesso modo che poco o nulla comprende della musica o dell'arte chi non si pone in un contatto vivo e diretto con l'opera, così poco o nulla intende della mitologia chi si avvicina ad essa già[...]

[...] con opere, ossia con qualcosa di obiettivato, K qualcosa — dirà Kerény — che é già diventato oggetto autonomo che parla da sé, qualcosa a cui non si rende giustizia con interpretazioni e spiegazioni, bensì tenendolo presente e lasciando che pronunci da sé il proprio senso»; (Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia, 1948, p. 16). Questa metodologia diventa pericolosa quando i valori culturali del mito vengano proclamati (è il caso di Eliade!) storicamente più attuali e fecondi che non i valori del pensiero storico e scientifico. Ma il modo per neutralizzare tale pericolo consiste nell'evitare tali assurdi confronti nell'aprirsi liberamente alla pluridimensionalità e alla fenomenologia della vita culturale. Come non é possibile trascrivere il linguaggio dell'arte in linguaggio matematico, così non è possibile, se vogliamo continuare a intendere, trascrivere il linguaggio della mitologia, intessuto di immagini e simboli, in un altro linguaggio che parta dalla premessa di rinunciare alle immagini e ai simboli, e di volerli sostitui[...]

[...]a alcuna logica, e non è neppure prefigurazione immaginosa e provvisoria di una spiegazione razionale. Essa contiene tanto l'elemento fabulatore quanto l'elemento logico, ma quell'evento caratteristico che é il mito non viene interpretato secondo la scala originaria quando viene ridotto univocamente all'uno o all'altro elemento oppure a una commistione arbitraria dei due. Gli interpreti romantici del mito hanno torto quando ritengono, con Mircea Eliade, che i miti scoprano una struttura ontologica inaccessibile all'apprendimento empiricorazionalista o che i miti esprimano plasticamente e
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drammaticamente quel che la metafisica e la teologia definiscono dialetticamente (cfr. op. cit., p. 431 e 433); ma certamente il mito é movimento verso valori, significati e fondamenti culturali.
L'estromesso — e giustamente estromesso — mondo delle partedpazioni e delle connessioni vitali non può accampare oggi la pretesa di costituirsi in sistema del sapere o in organismo scientifico. La nascita della scienza e della filosofia defene[...]



da Andrea Binazzi, Raffaele Pettazzoni in KBD-Periodici: Belfagor 1984 - 3 - 31 - numero 2

Brano: [...]scenza dei fatti religiosi, con gli autori classici, con gli storici delle religioni, gli etnologi e gli antropologi stranieri25. Gli interlocutori del suo dialogare furono costantemente il Tylor, il Frazer, lo Schmidt, il LévyBruhl, il Lang, Max Miiller: le loro opere gli offrirono la materia fondamentale delle sue riflessioni sull’evoluzionismo, sul comparativismo, sulla scuola storicoculturale. A questi si aggiunsero più tardi van der Leeuw e Eliade. La ricerca empirica, la raccolta cioè dei documenti e delle testimonianze, gli forniva un prodotto che aveva bisogno di essere analizzato e interpretato, non piegato forzatamente a dimostrare una teoria precostituita. Anzi,

i concetti sono sempre in movimento, il pensiero si arrischia a muoversi con i fatti e perciò in modo non sempre lineare, tanto che, per esempio, non sembra che al Pettazzoni sia apparso strano risolvere il fatto religioso nella storia delle religioni e contemporaneamente mantenere il valore autonomo della religione con una conseguente scienza che sembra affiancarsi al[...]

[...]lazione e anche di un movimento interno che sembra avere caratterizzato sempre il suo pensiero. Evoluzionismo, comparativismo tipologico, teoria del monoteismo originario non consideravano la connessione tra i fatti religiosi e il modo di essere complessivo di una civiltà e delle diverse società. Di qui la sua polemica degli anni Venti verso quelle posizioni teoriche, ma dalla stessa radice nasce anche la critica serrata dell’uomo archetipico di Eliade consegnata agli ultimi suoi appunti (« L’uomo, fin da quando comincia ad essere uomo è insieme archetipico e storico, mitico e razionale, magico e religioso. Non esiste una umanità archetipica, anteriore all’uomo storico »27).

Mi sembra che il Pettazzoni migliore si scopra tentando di seguirlo in alcune analisi attraverso le quali egli cerca di individuare le forme specifiche in cui una religione si connette con la civiltà alla quale appartiene e non dimenticando quel presupposto dal quale egli si fece sempre guidare

nella polemica con lo Schmidt come in quella con il van der Leeuw che[...]

[...]me della caccia, della pastorizia e dell’agricoltura , le quali non sono schemi astratti, anzi mondi concreti... tutte solidalmente connesse, corrispondendo alla diversa struttura economica una diversa struttura sociale, nonché una diversa ideologia ed anche una diversa religione, compresa una diversa nozione dell’Essere supremo (ivi, p. 109).

Viene in mente, leggendo queste righe, la rivendicazione appassionata del valore della storia contro Eliade, negli ultimi appunti, e, sempre di questi fogli, la decisa negazione che l’uomo primitivo possa appartenere a una specie diversa dall’uomo moderno. Il mondo degli archetipi « è il mondo mitico delle origini, nel quale l’uomo si rifugia nei momenti critici, quando è in gioco la sua esistenza, e vi si rifugia per superare la crisi, per assicurarsi un nuovo periodo di esistenza tranquilla, normale »38. Non si dimentichi che proprio i miti e le leggende avevano occupato moltissimi anni della sua vita di ricercatore e che a contatto di essi gli si era venuta chiarendo quella idea della « verità »[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Eliade, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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