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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 740

Brano: [...]to a 24 anni di reclusione.

Sutjeska, Battaglia della

Definita dalla storiografia jugoslava “Quinta grande offensiva nemica”, la battaglia della Sutjeska fu il punto culminante della Operazione Schwarz. Protrattasi dal 14 maggio al 18.6.1943, nelle intenzioni delle forze di occupazione nazifasciste in Jugoslavia, la battaglia della Sutjeska avrebbe dovuto portare alla distruzione del nucleo principale dell’esercito popolare di liberazione (E.P.L.J.), quindi alla liquidazione della lotta armata dei popoli jugoslavi. Degli altri quattro precedenti tentativi in tal senso, l’ultimo (“Operazione Weiss”) era fallito con la battaglia della Neretva (v.). Immediatamente dopo questa battaglia, il gruppo operativo centrale dell’E.P.L.J., al seguito di Tito si era spinto dalla Bosnia verso est, liberando fino alla metà di maggio un vasto territorio tra il Montenegro e i! Sangiaccato, da dove, ricacciati tutti i presìdi italiani, si accingeva a proseguire verso la Serbia passando il fiume Lim.

L’operazione “Schwarz"

In seguito al cedimento del fronte italotedesco nell'Africa settentrionale, era accresciuta l’importanza strategicomilitare del fronte jugoslavo dell’E.P.L.J.. Paventando la possibilità di un’invasione delle truppe angloamericane in Italia, in Grecia e sulla costa orientale dell’Adriatico, i Comandi germanici videro nell’esercito di Tito una grave minaccia alle spalle: l’ulteriore penetrazione del grosso di quell’esercito nella vallata della Morava e del Vardar avrebbe potuto tagliare i collegamenti con la Grecia. Da qui la decisione di distruggere quelle forze attuando l’“Operazione Schwarz” che si tradurrà nella più drammatica e sanguinosa battaglia dell’intera guerra popolare di liberazione (19411945).

Secondo i piani tedeschi (comunicati all[...]

[...] (comunicati all'alleato italiano all’ultimo momento), l’“Operazione Schwarz” avrebbe dovuto realizzarsi in due fasi, ciascuna della durata di dieci giorni: stringere un ampio cerchio intorno al territorio liberato (lo “Stato di Tito” come lo definivano i tedeschi) lungo la linea Foca Gorazde Pljevlja Prijepolje Kolasin Podgorica Niksic Bileca Gacko Kalinovik; restringere via via questa morsa respingendo il Gruppo operativo centrale dell'E.P.L.J. sull’altipiano del Piva, tra i canyon dei fiumi Tara e Piva e sull'altissimo massiccio del Durmitor, e in quello spazio ristretto distruggere l'avversario, rastrellando infine i superstiti.

Per l'attuazione del loro piano i tedeschi raggrupparono la I Divisione Alpina, la 7a Divisione SS Prinz Eugen, la 118a Divisione Cacciatori, parti della 369a e della 104a divisione, e il Reggimento Brandenburg, con l'appoggio di un reggimento bulgaro, di una brigata croata e delle divisioni italiane “Venezia” e “Ferrara” di fanteria e “Taurinense” alpina, sostenute da una forte aviazione, da carri arma[...]

[...]117.000 uomini, ovvero circa 40.000 in più di quanti impiegati nella battaglia di El Alamein. Contro queste forze stavano la I e la II Divisione Proletaria, la III Divisione d'assalto, la 111 Divisione della Banija e tre brigate del Gruppo operativo della Drina, per un totale di 19.700 partigiani, dei quali 4.000 feriti o ammalati, sistemati nell’Ospedale centrale e negli ospedali divisionali mobili, anch’essi al seguito del Comando Supremo dell’E.P.L.J..

Il 14.5.1943 la I Divisione Alpina te

desca penetrò nel settore occupato dalla “Venezia” senza nemmeno consultare le autorità militari italiane.

Alle proteste del Comando divisionale, del Comandante del Corpo d’armata generale Roncaglia, del governatore del Montenegro generale Alessandro Pirzio Biroli e dello stesso Mussolini, il 19 maggio Hitler rispose che non gli interessavano i punti di vista dei generali italiani, accusandoli di scarsa collaborazione. Di fatto, le forze italiane in Montenegro vennero così a trovarsi agli ordini dei Comandi germanici nel corso del l’operazione. [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 202

Brano: [...]ppi di assalto sorti nelle città ancora nel periodo preparatorio deld’insurrezione (maggioluglio 1941). All’inizio, infatti, l’esercito partigia

no di Tito si chiamò N.O.P.O.J. {Narodnooslobodilacki partizanski odredi Jugoslavije = Distaccamenti popolari partigiani di liberazione della Jugoslavia), sigla che molto più tardi si trasformò in N.O.V.J. (AAarodnooslobodilacka vojska Jugoslavije — Esercito popolare di liberazione della Jugoslavia o E.P.L.J.).

I primi distaccamenti partigiani avevano struttura variabile, dai 100 ai

3.000 uomini, talora solo parzialmente armati. Essi operavano in prevalenza intorno ai luoghi di origine, con accampamenti improvvi* sati nei boschi; si sostenevano con quanto veniva fornito volontariamente dai contadini dei villaggi, dalle organizzazioni locali di partito, dai Comitati popolari di liberazione e dai Comitati del Fronte popolare di liberazione delle città, che a tale scopo raccoglievano viveri, vestiario, medicinali e altro tra la popolazione. Questi primi distaccamenti cominciarono a funzionare d[...]

[...]liberazione e dai Comitati del Fronte popolare di liberazione delle città, che a tale scopo raccoglievano viveri, vestiario, medicinali e altro tra la popolazione. Questi primi distaccamenti cominciarono a funzionare dall’ottobre 1941 anche nei territori di confine politicamente italiani (Fiume, Istria, Friuli, Isontino), con capillari collegamenti con la Croazia e la Slovenia.

Anche in seguito alla creazione di reparti regolari e mobili dell’E.P.L.J. (Brigate proletarie e d’assalto), gli « Odredi » continuarono a esistere, solitamente nelle zone semiliberate e in quelle completamente controllate dalle forze di occupazione (in Istria le formazioni partigiane operarono in distaccamenti fino all’estate del 1944). Conoscendo alla perfezione il terreno, essi conducevano azioni di guerriglia nelle retrovie del nemico, per liquidare spie e collaborazionisti, attuare requisizioni dei.loro beni, compiere agguati e attacchi fulminei, quasi sempre di notte, contro presidi isolati

o colonne in movimento, per rifornire di armi e viveri se stessi e [...]

[...]pazione (in Istria le formazioni partigiane operarono in distaccamenti fino all’estate del 1944). Conoscendo alla perfezione il terreno, essi conducevano azioni di guerriglia nelle retrovie del nemico, per liquidare spie e collaborazionisti, attuare requisizioni dei.loro beni, compiere agguati e attacchi fulminei, quasi sempre di notte, contro presidi isolati

o colonne in movimento, per rifornire di armi e viveri se stessi e le formazioni deH’E.P.L.J..

Di norma, dopo alcuni mesi di guerriglia i distaccamenti si trasformavano in brigate e divisioni, mentre il loro posto veniva preso da altri combattenti. Venivano così creati sempre nuovi « Odredi », dipendenti dalle organizzazioni locali di partito ma rigorosamente tenuti a seguire una precisa « Ordinanza sulla tattica, sui compiti, sulla disciplina e sui rifornimenti dei distaccamenti partigiani » diramata da Tito il 10.8.1941. Secondo il numero degli effettivi, ogni distaccamento veniva strutturato in squadre, compagnie e battaglioni. I distaccamenti servivano anche per l’addestramento[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 66

Brano: [...] centrale in Comitato militare (22 giugno), mobilitando l’intero partito nella resistenza armata.

Il 4 luglio ordinò l’insurrezione e, postosi alla testa del movimento popolare di liberazione come comandante supremo dei Distaccamenti partigiani della Jugoslavia, il 16 luglio raggiunse il primo territorio libero partigiano, in Serbia. Da quel momento guidò personalmente il gruppo centrale dell’Esercito popolare di liberazione della Jugoslavia (E.P.L.J.), dirigendo operativamente sia la lotta armata che l’azione politica nel paese. Bene interpretando le aspirazioni dei lavoratori jugoslavi, facendo leva sulla massiccia adesione popolare al movimento di liberazione e sulla costante crescita dell’esercito partigiano (nell’ottobre 1941 erano già operanti Divisioni e Corpi d’armata), attaccando senza tregua le forze d’occupazione e i collaborazionisti cetnici (v.), ustascia (v.), belogardisti ecc., instaurando in tutti i territori via via liberati il nuovo potere Tito prese l’iniziativa di costituire un Parlamento rivoluzionario (A.V.N.O.J.) che[...]

[...]d era stato riconosciuto dalla coalizione alleata, il Parlamento popolare denunciò

il tradimento della monarchia e proclamò la nascita della nuova Jugoslavia (v.) democratica e federativa, creando un governo di cui Tito fu nominato presidente. Nella stessa occasione gli fu confermato il grado di maresciallo. ^

Sfuggito nel maggio 1944 alla cattura a Drvar (dove i tedeschi avevano attuato un aviosbarco accerchiando il Quartier generale dell’E.P.L.J.), Tito giunse con un aereo in Italia per incontrarsi con Churchill (a Napoli e a Caserta, in agosto) ; poi si portò a Craiova, in Romania, dove incontrò i comandanti sovietici e infine a Mosca (settembre e ottobre), dove conferì con Stalin. In questa occasione concordò che l'Armata Rossa entrasse in Jugoslavia in appoggio all’E.P.L.J. nelle operazioni finali per la liberazione del paese.

Il 27.10.1944, a Belgrado liberata, tenne il suo primo discorso pubblico nella triplice veste di comandante supremo deH’Armata Jugoslava, di capo del governo e di segretario del P.C.J..

Alla testa della nuova Jugoslavia

Capo militare e politico indiscusso in Jugoslavia, Tito mirò a ottenere il riconoscimento ufficiale della nuova realtà statuale anche in campo internazionale. Il 7.3.1945 egli costituì pertanto il primo governo provvisorio della Jugoslavia Democratica Federativa (del quale furono chiamati a far parte anche esponent[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 400

Brano: [...]onima. Trasformata in fortezza dagli inglesi che l’occuparono dal 1811 al 1815, fu ancor più fortificata dall’Austria, divenendo celebre per la battaglia navale che si concluse il 20.7.1866 con la disfatta della flotta italiana.

Nella Seconda guerra mondiale fu occupata il 23.4.1941 dalle truppe italiane. Liberata dai partigiani nel settembre 1943, divenne il principale caposaldo nell’Adriatico dell’Esercito popolare di liberazione jugoslavo (E.P.L.J.) e, dalla fine di maggio del 1944, sede del Comando della Marina e del Comando supremo.

Lotta partigiana

Nel corso della seconda metà del

1941 il movimento partigiano dell’isola si limitò alla raccolta di armi e alla costituzione di piccoli gruppi armati operanti neH’illegalità, quindi alla formazione di una Compagnia volante partigiana. Una “spedizione punitiva” nel gennaio 1942 da parte delle truppe di occupazione italiane fallì, ma arresti e deportazioni si infittirono. Il 20.8.1943 I fascisti fucilarono 20 ostaggi, dieci a Vis e altrettanti a Komiza (Còmiso). Nel settembre, dopo [...]

[...]e loro armi furono raccolte dalla popolazione. Nello stesso mese si formarono un Battaglione partigiano e una flottiqlia armata (v. Patrolni camac) \ suH’isola posero la loro sede il Comitato regionale del P.C.J. per la Dalmazia, il Comando generale della Marina partigiana, ii Comando operativo per la difesa di Vis, il Centro per i collegamenti con le forze alleate che si trovavano nell'Italia meridionale.

Il 20.1.1944 il Comando supremo dell’E.P.L.J. ordinò che per la difesa dell’isola venisse impegnata la XXVI Divisione dalmata, i cui reparti si trasferirono a Vis e Komiza. Si procedette quindi a costruire opere

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 30

Brano: [...]uppi “Aosta” e “Susa”; un Battaglione alpini del Genio; un Battaglione della Guardia di finanza e una compagnia di carri leggeri. Il 3° Reggimento alpini, con i Battaglioni “Pinerolo”, “Exilles” e “Fenestrelle”, era stato invece posto alle dipendenze tattiche della Divisione “Emilia” operante alle Bocche di Cattaro.

Le forze partigiane nel Montenegro erano invece assai ridotte e consistevano in circa 600 uomini della Brigata Montenegrina dell'E.P.L.J.. Dopo la proclamazione dell’armistizio dell’8.9.1943, nella notte sul 9

il comandante della 119a Divisione Cacciatori tedesca (generale Kubler), che si era insediata a Pljevlia al posto degli italiani, inviò un messaggio al Comando della “Taurinense” imponendo la resa e la consegna delle armi; poi, di fronte al rifiuto opposto dal generale Vi

valda in pieno accordo con i suoi ufficiali, Kubler lanciò contro Niksic un’autocolonna per disarmare e catturare i reparti italiani. Il convoglio tedesco fu fermato alle ore 8,15 del

9 settembre, lungo la rotabile SavnichNiksic, da 5 colpi di c[...]

[...]ntinuava a far parte la Divisione fu costretta a lasciare quasi l’intero armamento (artiglierie, mortai, mitragliatrici pesanti) nelle mani di un battaglione tedesco ivi stanziato, al quale poi si aggregò (nella stessa Danilovgrad) il Battaglione “Camicie nere” che aveva deciso di mettersi al servizio del nemico.

Nel frattempo alcuni ufficiali della “Taurinense”, all’insaputa del Comando di divisione, avevano preso contatti con esponenti dell’E.P.L.J. del Montenegro per unirsi alle forze partigiane. Quando il 13 settembre giunse l’ordine di resa, i soldati si rifiutarono di consegnarsi ai tedeschi. A Danilovgrad gli artiglieri del gruppo “Aosta”, comandato dal maggiore Carlo Ravnich, opposero anzi resistenza attiva, ricuperando due obici che precedentemente erano stati consegnati ai tedeschi e mettendo fuori uso le altre artiglierie. A Niksic il Battaglione “Intra” e quello della Guardia di finanza, che erano stati lasciati a custodia dei magazzini, ruppero l’accerchiamento tedesco per congiungersi al grosso della Divisione.

Il 16 sette[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 793

Brano: [...]orizia, Gorizia 1973; Comitato unitario antifascista Città di Monfalcone, Inizio della Resistenza nell'Isontino, Monfalcone, 1977.

Proletarie, Brigate

Unità dell’Esercito popolare di liberazione della Jugoslavia (v.). Costituite con i migliori elementi partigiani delle diverse nazionalità jugoslave, furono organizzate come reparti regolari con gerarchia, disciplina, addestramento e armamento completi; furono, in pratica, il primo nucleo óeWE.P.L.J..

Verso la fine del 1941, dopo le prime esperienze della lotta insurrezionale, esplosa soprattutto in Serbia e nel Montenegro, e convinto che per il successo della guerra di liberazione era necessario puntare su formazioni bene organizzate che potessero spostarsi secondo le necessità da una parte all’altra del paese, costituendo la base di un vero e proprio esercito popolare, Tito decise di creare le cosiddette Brigate Proletarie. Esse dovevano essere formate prevalentemente da operai, contadini e studenti delle diverse nazionalità e regioni della Jugoslavia, scegliendo dai Distaccamenti pa[...]

[...]941 e venne strutturata su 6 battaglioni, comprendenti complessivamente

1.200 uomini. La 2a Brigata Proletaria nacque a Kupres con 1.000 uomini ordinati in 4 battaglioni.

Il 2.11.1942 vennero formate anche le prime due Divisioni Proletarie.

Brigate scelte

Non tutte le Brigate partigiane (e prima che si concludesse la guerra ne sarebbero sorte 251, di cui 10 italiane) portarono l’appellativo di « Proletarie ».

Con l’ingrandirsi deH’E.P.L.J., il termine di « Proletario » venne riservato esclusivamente ai reparti migliori e più combattivi che si erano distinti nelle più dure battaglie. Per meritare questo appellativo e la speciale bandiera cui dava diritto, un reparto doveva prima essere stato proclamato « d’assalto » (tale fu, per esempio, la Brigata Triestina d’assalto operante nel IX Korpus sloveno).

Fino al termine della guerra le Brigate proclamate « Proletarie » furono in tutto 15. A differenza delle altre unità, che portavano i vessilli nazionali (serbo, croato, sloveno, italiano, ecc.), le Brigate Proletarie avevano la [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 401

Brano: [...]tariamente nell'esercito di Tito nei campi di raccolta delle Puglie. Della Brigata faceva parte il Battaglione italiano “Antonio Gramsci” forte di 800 uomini. Contemporaneamente l’isola divenne la base operativa di una Brigata britannica di commandos composta da 1.000 uomini, di una Squadra di motosiluranti e cannoniere, nonché base dell'aviazione alleata.

Capitale di guerra

Dal gennaio al settembre 1944, partendo dall’isola, le unità dell’E.P.L.J. condussero un’intensa attività offensiva contro i mezzi navali da trasporto e da guerra tedeschi, compiendo inoltre sbarchi sulle isole circostanti e sulla costa di terraferma. L’aeroporto di Vis divenne base per unità della I e della II Squadriglia aerea partigiana jugoslava, nonché per una squadriglia che teneva i collegamenti con il Comando supremo dell’E.P.L.J.. Uscito incolume da un accerchiamento tedesco in Bosnia, all’inizio di giugno

lo stesso Tito, nonché gli altri membri del Comando e del Governo rivoluzionario si insediarono a Vis che, da quel momento e fino alla liberazione di Belgrado (20.10.1944), divenne quindi la capitale della nuova Jugoslavia.

Partendo da Vis, la 26a Divisione dalmata sbarcò sull'isola di Brac (Brazza) nella notte sul 12 settembre, la liberò e intraprese da qui le operazioni per la liberazione della Dalmazia. L’isola di Vis, che all’epoca contava poco più di 7.000 abitanti, diede 1.032 combattenti all’Esercito di[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 613

Brano: [...]on gli scrittori Bozidar Adzija, Ognjen Prlca e altri sette compagni.

G.Sco.

Késic, Rade

N. a Spalato (Split) nel 1913; ufficiale di marina.

In servizio nella marina di guerra a Spalato occupata dalle truppe italiane, nel 1941 aderì al movimento popolare di liberazione jugoslavo. Nel 1942 fu arrestato e condannato a 6 anni di reclusione.

Confinato alle isole Tremiti, dopo !’8.9.1943 riacquistò la libertà, si presentò alla base deM’E.P.L.J. a Bari e si arruolò nelle Brigate di Oltremare, in seno alle quali combattè con il grado di capitano meritan

dosi due alte onorificenze al valor militare.

Nel dopoguerra è stato direttore della compagnia marittima “Jugolinija”, deputato al Parlamento federale, presidente della Camera di commercio dell’lstria.

G.Sco.

Keynes, John Maynard

N. a Cambridge (Inghilterra) il 5.6. 1883, m. nel Sussex (Inghilterra) il 21.4.1946; economista.

Di genitori intellettuali (il padre insegnava economia, la madre era scrittrice), studiò a Eton e successivamente seguì corsi di matematica e dis[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 529

Brano: [...]ponente del movimento progressista studentesco, dal 1937 al 1939 combattè in Spagna nelle Brigate Internazionali col grado di tenente deH’Esercito repubblicano.

Rientrato in Jugoslavia, fu tra gli organizzatori deH’insurrezione montenegrina (luglio 1941) e il più noto comandante delle forze partigiane che tennero impegnate le truppe italiane di occupazione fino all'8.9.

1943. A quella data Dapcevic era comandante del II Corpo d’armata dell’E.P.L.J. e, come tale, portò le Divisioni italiane “Venezia” e “Taurinense” a unirsi alle forze partigia

ne jugoslave (v. Buce, Accordo di). Tenne poi a battesimo la Divisione “Garibaldi” e questa combattè ai suoi ordini fino all’autunno del 1944, quando Dapcevic assunse il comando della I Armata jugoslava.

Nel dopoguerra è stato capo di stato maggiore dell’Armata Popolare Jugoslava, ministro, ambasciatore, deputato e vicepresidente dell’Assemblea federale. È insignito dell’Ordine di Eroe del Popolo.

Bibliografia: G. Scotti, Ventimila caduti, Milano 1971.

G.Sco.

Daveri, Francesco

N. [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 517

Brano: [...], con un susseguirsi di attacchi e contrattacchi.

All’alba del 21 aprile fu liberata Cherso e verso sera il nemico fu liquidato anche nelle altre zone dell’isola. I tedeschi ebbero ben 495 morti. Altri 685 caddero prigionieri e pochi furono coloro che riuscirono a raggiungere la penisola istriana. Le perdite partigiane (IX Divisione) furono di 25 morti e 85 feriti, fra cui alcuni italiani.

Dopo la liberazione di ChersoLussino le forze dell’E.P.L.J. poterono accingersi all’operazione di sbarco sulla costa orientale dell’lstria.

G.Sco.

Chiarugi, Giuseppe

N. a Empoli (Firenze) il 27.12.1907, m. in Spagna nel 1937; studente. Dirigente della Federazione giovanile comunista clandestina di Empo

li (v.) dopo l’ascesa del fascismo al potere, nel 1931 espatriò clandestinamente in Francia per sfuggire all’arresto. Durante la latitanza, venne prosciolto in istruttoria per insufficienza di prove (16.12.1932).

Da Parigi, il centro del P.C.d’I. Io inviò a Mosca a frequentare l’univer

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successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine E.P.L.J., nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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