Brano: Risiera di San Sabba
possibile trarre elementi consistenti sui meccanismi repressivi nazisti e fascisti dai processi per collaborazionismo istruiti nel dopoguerra dalle Corti straordinarie d’assise istituite dal G.M.A. appunto per giudicare tali reati (v. Processi ai fascisti), notizie che sarebbero state utili al momento dell’apertura di una istruttoria sulla Risiera.
Tali processi misero più che altro in evidenza (anche prescindendo dalla posizione del G.M.A.) la superficialità delle istruttorie e la sommarietà, per non dire l’assenza di ogni serio tentativo di ricostruire la rete di rapporti politicopolizieschi fra collaborazionisti e nazisti. Grazie a questo comportamento di una parte della magistratura locale, in ciò non diverso da quello seguito in altre parti d'Italia, furono assolti o condannati a miti pene anche noti esponent[...]
[...] fascismo di Salò. Per esempio, fu condannato (in contumacia) a soli 8 anni Giuseppe Gue//, capo dell’ispettorato Speciale di pubblica sicurezza per la Venezia Giulia, nonostante gli innumerevoli crimini accertati a suo carico.
Le remore del dopoguerra
Il particolare clima politico regnante a Trieste nel dopoguerra, dovuto alle tensioni e agli scontri nazionali e sociali legati al problema dell'appartenenza statale, poi alle sorti del mai realizzato “Territorio libero” (v. Istria), indubbiamente influì anche sui processi contro i fascisti, i cui esiti favorirono non solo un rapido reinserimento degli ex collaborazionisti nella vita pubblica, ma concorsero, unitamente agli altri fattori politiconazionali, alla crescita del neofascismo (v.). A Trieste, questo si rivelò da un lato il più aggressivo fautore di una politica di violenza in nome delIitalianità”, dall'altro sfruttò le varie occasioni offerte dagli altalenanti e tormentati sviluppi della questione triestina per guadagnarsi una non trascurabile area di consensi. Dopo il rit[...]
[...]non solo un rapido reinserimento degli ex collaborazionisti nella vita pubblica, ma concorsero, unitamente agli altri fattori politiconazionali, alla crescita del neofascismo (v.). A Trieste, questo si rivelò da un lato il più aggressivo fautore di una politica di violenza in nome delIitalianità”, dall'altro sfruttò le varie occasioni offerte dagli altalenanti e tormentati sviluppi della questione triestina per guadagnarsi una non trascurabile area di consensi. Dopo il ritorno deU’Italia a Trieste (1954), oltre ad alimentare una tattica di squadrismo strisciante, il neofascismo locale si articolò in veri e propri gruppi e organizzazioni eversive (Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale ecc.), gruppi fiancheggiatori del M.S.I. ma agenti anche autonomamente e che si resero responsabili di numerose aggressioni e di attentati dinamitardi, col legandosi con le cellule “nere” del Veneto. La scarsa o tardiva vigilanza dei corpi dello stato e, in molti casi, anche l’indulgenza dimostrata dagli organi giudiziari, la stessa scelta governativa di un r[...]
[...] Stato italiano, affidata a uno stuolo di funzionari di polizia e prefetti legati ai vecchi schemi e mentalità, vennero così a sommarsi alle pesanti eredità della guerra e del dopoguerra. A tutto ciò si aggiunse lo scarso impegno antifascista e la remissività nei confronti della politica dei prefetti e questori nominati da Roma, da parte delle forze politiche locali del
blocco “governativo”. Queste forze, arroccatesi per anni su una rigida linea di difesa “nazionale”, condizionante anche l'azione diplomatica del governo, alla lunga avevano offerto occasioni di rilancio e di iniziativa all'estremismo nazionalistico di una destra largamente controllata dai fascisti. In tale contesto, in cui ebbero notevole peso la linea nazionalconservatrice del quotidiano Il Piccolo (v.), forte anche di appoggi romani, e quella dell’edizione triestina del Messaggero Veneto di Udine, si consolidarono tendenze e mentalità di una parte ragguardevole della società locale, nutrite di ostilità o indifferenza verso ogni ripensamento sulla storia recente della città e della regione.
Per molti, divenne quasi un luogo comune identificare la Resistenza con le “foibe” e la “minaccia slava”, quindi considerare l'occupazione nazista (con i suoi misfatti) alla stessa stregua del movimento partigiano jugoslavo, contro il quale i nazisti[...]
[...]egua del movimento partigiano jugoslavo, contro il quale i nazisti avrebbero “difeso” la città opponendosi alle mire annessionistiche di Tito. Questo fenomeno di rimozione storica e, insieme, di mistificazione politica concorse ad attenuare e quasi a cancellare dalla memoria collettiva sia il ruolo svolto dal collaborazionismo locale di varia estrazione e tendenza, sia le violenze e le stragi naziste e fasciste, delle quali la Risiera era stata teatro e manifestazione esemplare. Anche a ciò si dovette l'assenza di qualsiasi iniziativa giudiziaria sui fatti della Risiera dopo la partenza del Governo militare alleato.
Le cose non cambiarono neppure quando, alle notizie di cronaca forzatamente incomplete, si aggiunsero resoconti più dettagliati, le testimonianze dei superstiti, le prime ricostruzioni storiche apparse su alcuni giornali e riviste ('// Gazzettino”, la rivista “Trieste” con l'articolo dello storico Carlo Schiffrer (v.) sulla Risiera, le pubblicazioni dell'istituto regionale per la storia del movimento di liberazione (I.R.S.M.L.) di Trieste, il “Primorski dnevnik”, il libro dell'avvocato triestino Bruno Piazza « Perché gli altri dimenticano» ecc.). Nessuna richiesta di informazioni perven[...]
[...]iuti da S.S. che avevano operato anche in Italia.
Gli immediati contatti presi con la magistratura tedesca dal presidente dell'I.R.S. M.L. Ercole Miani (v.), dal presidente della Sezione óeWA.N.E.D. Giovanni Postogna (v.) e dal giornalista Albin Bubnic, nonché l'invio di un primo rapporto dell’I.R.S.M.L. corredato da fatti e nomi, fornirono al Tribunale di Francoforte sul Meno (dove si stava appunto processando per altri crimini il famigerato E.A. Dietrich Allers e alcuni suoi complici) elementi concreti che indussero i giudici tedeschi a venire a Trieste, a chiedere alla magistratura locale di interrogare i testi forniti dall'I.R.S.M.L. e dalla Comunità, infine a visitare la Risiera. Si dovette a questa sollecitazione giunta d'Oltralpe e alle deposizioni rese dai testi se il giudice istruttore Sergio Serbo del Tribunale di Trieste sollecitò a sua volta la Procura affinché avviasse un'inchiesta
L’istruttoria da parte italiana potè faticosamente aprirsi solo nel 1970, ma fu ben presto bloccata dalla stessa Procura che decise di deman[...]
[...]iera. Si dovette a questa sollecitazione giunta d'Oltralpe e alle deposizioni rese dai testi se il giudice istruttore Sergio Serbo del Tribunale di Trieste sollecitò a sua volta la Procura affinché avviasse un'inchiesta
L’istruttoria da parte italiana potè faticosamente aprirsi solo nel 1970, ma fu ben presto bloccata dalla stessa Procura che decise di demandare per competenza il procedimento al Tribunale militare di Padova, considerando erroneamente i delitti compiuti in Risiera come “violazioni delle leggi di guerra”, quindi assoggettabili alla magistratura militare che, da parte sua, fece subito propria l’errata tesi. Era, questa, una decisione che rischiava di liquidare tutto, essendo tali reati (alla luce del diritto di guerra) già prescritti o estinguibili per amnistia, ma l’opposizione del giudice Serbo alla competenza del Tribunale militare determinò il trasferimento degli atti alla Cassazione.
Nel 1973 la Cassazione si pronunciò a favore della magistratura ordinaria, consentendo all'istruttoria iniziata nel 1970 di proseguire e di concludersi, nel 1975, con la sentenza e ordinanza del giudice Serbo di rinviare a giudizio: Dietrich Allers, comandante dell’Einsatzkommando a Trieste, già condannato a 7 anni In Germania per i crimini dell'eutanasia ma rilasciato dopo aver scont[...]
[...]ntificati.
La sentenza istruttoria, frutto di un faticoso e contrastato lavoro che richiese ripetuti interventi presso la magistratura tedesca per l'interrogatorio delle S.S. attive a Trieste, l'audizione dei testi superstiti provenienti anche dalla vicina Jugoslavia, la ricerca dei civili già impiegati presso i vari comandi locali dello S.D.S.I.P.O., l'esame dei fascicoli dei processi per collaborazionismo nel dopoguerra ecc., stabilì che i reati perseguibili erano soltanto quelli che le S.S. della Risiera avevano commesso nei confronti delle vittime « innocenti », cioè colpite iper motivi razziali o per rappresaglia o per motivi abietti, e che non erano perseguibili i reati commessi nei confronti dei resistenti politici e militari, dal momento che questi ultimi erano stati avversari attivi del Reich e delle sue forze di occupazione, perciò soggetti alle misure previste dalle leggi di guerra o condannati da corti marziali. Questa assurda distinzione, insieme ad altri erronei punti e arbitrarie tesi delle sentenze (l'Einsatzkommando veniva considerato come una sorta di associazione a delinquere operante al di fuori delle leggi di guerra tedesche; il Litorale Adriatico era visto come teatro di uno scontro fra jugoslavi e tedeschi, quindi fra due entità statuali a[...]
[...]to che questi ultimi erano stati avversari attivi del Reich e delle sue forze di occupazione, perciò soggetti alle misure previste dalle leggi di guerra o condannati da corti marziali. Questa assurda distinzione, insieme ad altri erronei punti e arbitrarie tesi delle sentenze (l'Einsatzkommando veniva considerato come una sorta di associazione a delinquere operante al di fuori delle leggi di guerra tedesche; il Litorale Adriatico era visto come teatro di uno scontro fra jugoslavi e tedeschi, quindi fra due entità statuali antagoniste e incompatibili, senza che la R.S.I. avesse avuto responsabilità dirette nelle violenze ed eccidi legati a questa lotta; la natura “contingente”
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