Brano: [...]di rapporti. Le cose restano cose: pure funzioni, che a poco a poco si sono svuotate di ogni energia e di ogni significato personale. Libero da qualsiasi definizione o vincolo oggettivo, l'uomo moderno é finalmente diventato colui che non possiede.
Quando si trovavano di fronte a sentimenti ed istinti che i tc classici » mantenevano separati — i nervi, il sesso, la bile, la cupidigia, l'amore, l'orgoglio, l'isterica esibizione di sé —, Balzac o Dostojevskij spezzavano qualsiasi barriera divisoria, aggrovigliando ed impastando in un unico ed enorme intrico tutte le emozioni, affondando sino al collo in una materia così stupendamente infetta. Lo scrittore e il lettore di oggi, come l'uomo che ogni giorno incontriamo per la strada, sono stati tutti — anche senza saperlo — educati a questa scuola. Ma siamo così abituati, ormai, a vivere in un mondo mescolato, confuso ed impuro: siamo talmente allenati a considerare insieme fisiologia e psicologia, che codesto mostruoso groviglio di pensieri, sensazioni e sentimenti, dal quale i nostri padri erano an[...]
[...]vvie conclusioni della nostra ipotetica inchiesta. La figura umana ha ristretto e concentrato i propri confini, perdendo molti dei suoi contenuti tradizionali. Ha, soprattutto, perduto in realtà.
Supponiamo per un momento che il nostro fantoccio umano sia davvero il rappresentante simbolico dei tempi moderni. E una ipotesi come un'altra. Immaginiamolo a confronto con i personaggi e le figure storiche che può incontrare nei romanzi di Balzac, di Dostojevskij, di Dickens, di Flaubert, o nelle memorie di Retz e di SaintSimon. Ne avrà senza dubbio un'impressione di vitalità quasi intollerabile, come se quella gente avesse badato in primo luogo ad una autoesibizione istrionica e cafonesca. Quei volti pletorici, sanguigni, quelle ambizioni sfrenate, cupe ed abbiette, quei sentimenti falsamente sublimi lo immergeranno in una atmosfera di incubo. Sarà certo la sua diminuita e impoverita umanità a non tollerare quelle eroiche dismisure. Ma sul nostro immaginario uomo moderno non vorrei incrudelire. Come non accorgersi, alla fine, quanto poetici possano e[...]
[...]rà sovente riservato, come già sta accadendo, agli scrittori più legati al costume e, in una pa rola, alla letteratura di consumo.
Certo Vladimir Nabokov, e il suo romanzo Lolita, sembrerebbero star li a dimostrare proprio il contrario, che invece la civiltà delle villette a due piani, dei motels e dei campeggi, della psicanalisi e della letteratura cosmopolita, continua a provocare, in scrittori fumisti e poliglotti, egualmente devoti a Fiodor Dostojevskij, a Marcel Proust e a James Joyce, le furie della deformazione grottesca. Ma è proprio vero? O invece il caso, sia pure straordinario, di Lolita svela con quale difficoltà uno scrittore grottesco utilizza ormai una materia che si va ogni giorno di più riducendo ed assimilando? Come tutti gli artisti della sua famiglia, anche Nabokov aveva bisogno di fleurs trop grandes; ma i suoi fiori enormi e viziosi dovette ricorrere, per trapiantarli e farli crescere, a un grosso trucco narrativo, inventando dal nulla un artificiale caso patologico. Studioso di letteratura francese, cinico e
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[...]leo. Sembra che la stessa vita si sia assunta il compito a cui un tempo adempivano gli scrittori: lascia cadere tutti i sentimenti secondari, abolisce il corpo, le circostanze, i tempi, esige l'essenziale, illumina soltanto il nascosto centro del cuore. Ma la psicologia non ha bisogno, per svilupparsi e fiorire, di un campo vastissimo e contraddittorio di esperienze. Prima che Balzac affondasse la propria sonda a tutti i livelli della persona, e Dostojevskij raffigurasse gli sconvolgimenti dell'isterismo e della dispersione nervosa, i grandi poeti ed interpreti dell'animo umano sapevano concentrare il fuoco della propria attenzione su di un solo punto, trascurando ogni possibile e curiosa deviazione, ma illuminando di una luce spietata quell'unico centro sentimentale.
L'uomo moderno probabilmente richiede, per essere rappresentato, una attitudine psicologica infinitamente più antica di quella che ci ha suggerito il secolo scorso. Invece di sottolineare gli estremi, invece di tendere all'enorme o al violentemente realistico,
IDEOLOGIA E VERITÀ 8[...]
[...]Fedra e di Berenice continuano a vivere, ancora oggi, persino nei cuori che sembrerebbero più grigi ed avviliti fra i detriti della realtà quotidiana. Forse l'abitante delle moderne villette di periferia : il fantoccio simbolico che abbiamo sin troppo evocato e dal quale finalmente ci congediamo, colui che non possiede né cose né corpo, ma soltanto il proprio cuore, sarebbe veramente dispiaciuto assai meno a Virgilio e a Racine, che a Balzac e a Dostojevskij.
Non vorrei indulgere a dei dubbii giochi di prestigio, tirando fuori di nascosto, sotto il logoro e banale mantello dell'« uomo moderno », i nobili fantasmi di Virgilio e di Racine. E tantomeno vorrei ripetere una nuova e noiosa professione di classicismo. Sarebbe del resto una inutile resurrezione, perché il classicismo moderno — se questa parola ha ancora un significato — esiste già ed è ben vivo, sotto le insegne di Flaubert e di Cechov. Non é davvero il caso di riscoprire la « attualità » della Education sentimentale o de Il duello. O di ricordare che non esiste, nella narrativa moderna[...]