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ANTEPRIMA MULTIMEDIALI

Il segmento testuale Dio è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 1053Analitici , di cui in selezione 34 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Vittorio Lanternari, Discorso sul messianismo in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 9 - 1 - numero 46

Brano: DISCORSO SUL MESSIANISMO
La tradizione occidentale d'origine giudaicocristiana ha così profondamente e univocamente improntato il nostro corredo di idee circa i fenomeni religiosi, che può facilmente sembrare improprio — se non irriverente — parlare di messianismo in un senso che di proposito trascende il filone religioso giudaicocristiano. Recentemente uno studioso cattolico mi faceva osservare che il termine « messianismo » non può legittimamente applicarsi a fenomeni religiosi che non siano in qualche modo legati all'ambiente culturale originario da cui il termine stesso (cc messia », dall'ebraico máshiah = « l'unto » (di Dio), ossia « l'eletto ») trae la sua vera radice etimologica. In proposito, c'è da osservare anzitutto che lo stesso termine ebraico aveva originariamente un significato talmente generico e — per così dire — extramessianico (nel senso cristiano), che con esso indicavasi ugualmente un sommo sacerdote, un monarca israelita, in quanto cerimonialmente investiti di un'alta dignità, o perfino un alienigena pagano come il persiano Ciro, liberatore degli Ebrei deportati in Babilonia. Vero è che il termine poteva anche applicarsi a quel personaggio annunciato ed atteso per un tempo futuro dal ceppo d'Isr[...]

[...]ne, che affondano certamente fino allo strato mosaico, e assai presumibilmente piú indietro: poiché lo stesso Mosaismo é sintesi nuova, (1) di elementi in gran parte piú antichi. Comunque, i profeti ebraici posteriori, a lor volta si riallacciano ad un tema d'attesa messianica già contenuto nell'arcaico messaggio mosaico (Deut. XVIII, 1522), rielaborandolo in forme adatte alle nuove esigenze di liberazione: o che il messia si denomini « Servo di Dio » (Isaia, XXXV, XLII), « Signore di giustizia » (Geremia, XXIII, 58), o « Figlio dell'uomo » (Ezechiele, XX, 33, 42, XXXIII), o « Capo dell'esercito » (Daniele, IX, 2327), ecc.
Come ipotesi di lavoro ci sembra dunque che per « messia » debba intendersi ogni ente — singolare o plurale, piú o meno antropomorfo — atteso da una collettività, nel quadro della vita religiosa, come futuro apportatore di salvezza.
Ora, nel quadro generale della storia religiosa, ci pare legittimo porre il problema, se l'atteggiamento messianico sia connaturato, peculiare, esclusivo del filone giudaicocristianoislam[...]

[...]à un altro grande filone messianico ricorre nel campo di certe religioni storiche fra le maggiormente progredite, Zoroastri
(:) Per il Mosaismo, come sintesi religiosa di componenti arcaiche, d'origine in parte pastorale e in parte agricola, v. LANTERNARI, La grande festa, Milano, 1959, pp. 44851.
DISCORSO SUL MESSIANISMO 15
smo e Buddismo. Nel Zoroastrismo si attendeva la venuta del Saosyant, futuro Salvatore, per la decisiva lotta contro il dio del male Angramaniu e il finale trionfo del bene. Da questa concezione, intrecciata con le teorie indoiraniche del progressivo corrompimento degli evi cosmici fino alla ripresa di un nuovo ciclo del tempo, nasceva in seno al Buddismo popolare la concezione del Budda futuro, Maitreya, che quando il male avrà saturato il mondo scenderà un di sulla terra per ripristinare il regno del bene (2). Come si vede, l'attesa di un ente sovrannaturale che dovrà venire o tornare, a coronamento di un intero ciclo di esistenza degli uomini, per aprire un'era nuova liberatrice, é comune ad altre religioni fuo[...]

[...]a, Prophetismus und Heilsertvartungsbeivegungen als völkerkundliches und religionsgeschichtliches Problem, HornWien 1959). Un secondo lavoro di sintesi universale, orientato in senso storico più che tipologico, é quello dello scrivente (V. Lanternari, Movimenti religiosi di libertà e di salvezza dei popoli oppressi, Milano, Feltrinelli, 1960) (4).
Nel quadro dei problemi che riguardano i movimenti profetici e che ne rendono vivo e attuale lo studio, lo storico delle religioni avrà un particolare interesse ad individuare la « struttura » dei vari movimenti in questione, ossia l'insieme dei temi mitici e rituali che via via li caratterizzano. Ma, per intendere la natura e la funzione di tali movimenti, egli dovrà scomporre tale struttura nelle differenti ed eterogenee componenti storicoreligiose, identificare gli elementi della tradizione arcaica che vi sono conservati, quelli acquisiti dalle religioni superiori (Cristianesimo), e infine il significato, la funzione della nuova sintesi religiosa in ciascuno effettuata.
In relazione a ques[...]

[...]luogo, di delineare in sintesi i principali di questi temi nelle rispettive rielaborazioni moderne.
Uno dei temi più frequenti é quello dell'eroe culturale scomparso, di cui alcuni miti originari annunciavano esplicitamente il. ritorno. Tale tema sta al fondo di numerosi movimenti profetici presso civiltà eterogenee: il movimento Koréri (is. Schouten, N. Guinea olandese) e dei Waropen (5) (N. Guinea olandese), i movimenti brasiliani degli uominidio, dei pagé e dei beatos, certe forme della Ghost Dance (Indiani delle praterie), varie manifestazioni religiose africane. In questi casi dunque sì rinnova l'attesa di un eroe fondatore, protagonista di miti arcaici, e che all'origine dei tempi instaurò gli elementi della civiltà, poi si diparti promettendo un ritorno foriero di benessere. In sostanza, l'annunciato rinnovamento del mondo é inteso come rifondazione del medesimo, ed esso finisce con il costituire un'unica esperienza religiosa con quella delle origini mitiche.
Il tempo dell'escaton e del rinnovamento viene a identificarsi con l'e[...]

[...]miglianza fra la storia di Gesù e una delle loro tradizioni antiche. Secondo essa, il figlio di uno dei grandi capi locali sarebbe stato ucciso dai sudditi, ed in onor suo i nativi osservavano ogni sette di un giorno commemorativo. Ora, si pensava che il defunto principe, il cui nome era tuttavia ignorato, sarebbe un giorno tornato fra gli uomini, ed essi ne attendevano la venuta (16). Dall'Africa occidentale si conosce il mito di un « figlio di Dio », Ilongo ja Anyambe, il quale avrebbe dovuto discendere, un giorno, in terra per liberare gli uomini dai tormenti e portare felicità. Secondo la fonte, ii mito era stato abbandonata poco avanti il tempo dell'indagine (1861), il che potrebbe indicare che si tratti di un mito originario (17).
In tutt'altro ambiente culturale, l'Oceania, non mancano germi di messianismo nelle mitologie originarie pagane. Nelle Figi,
i divini gemelli, figli dell'essere supremo Degei, erano spariti via dal. paese. Ultimamente, a seguito dell'arrivo dei bianchi, si atten
(14) C. M. DOKE, The Lambas of Northern [...]

[...]terra nativa, e con loro sarebbero tornati tutti i morti, apportatori dell'età di beatitudine (18). Nella mitologia delle Hawaji si narra che Lono, divinità dell'agricoltura, dopo aver fondato la festa Matahiki (il Capodanno), parti per mare su una canoa e scomparve, promettendo tuttavia che sarebbe tornato per portare prodotti e ricchezze agli indigeni. La stessa festa annua Matahiki ricelebra, col rito della « canoa di Lono », la dipartita del dio, di cui si attende successivamente il ritorno (19).
Come si vede, la mitologia tradizionale dei popoli incolti contiene, avanti al contatto coi bianchi, il tema del ritorno di esseri supremi, divinità, eroi culturali e altri enti mitici previamente scomparsi. Nell'urto culturale seguito all'avvento dei bianchi questo tema ben si prestava, nelle varie sue formulazioni, a venire riplasmato come espressione delle nuove esperienze ed esigenze messianiche indotte dall'urto stesso. Un esempio di questo processo di riplasmazione religiosa ci sembra significativo, anche al di fuori di veri e propri [...]

[...]halla, Kanatuk, ecc.), per il grande movimento della Ghost Dance: è altresì il caso di John Wilson e di Handsome Lake, che dal Grande spirito ricevettero ispirazione per fondare rispettivamente il Peiotismo e la « Nuova Religione » irochese: per non dire di altri numerosi casi in cui l'essere supremo funge da elemento di congiunzione fra antico e nuovo, ed é veicolo del rinnovamento della tradizione. L'essere supremo è spesso identificato con il Dio giudaicocristiano: ed é questa un'altra forma di sincretismo, in cui si rivaluta in senso messianico un tema mitico tradizionale.
Fin qui s'è visto che il complesso dell'eroe culturale scompar
(21) J. MOONEY, Ann. Rep. Bur. Amer. Ethn. 1896, pp. 7014.
24 VITTORIO LANTERNARI
so, e dell'essere supremo che torna fra gli uomini agiscono come altrettanti germi originali del messianismo moderno fra i popoli incolti. Anche gli spiriti dei morti, nel quadro delle nuove formazioni profetiche, rivestono la funzione di rigeneratori del mondo, e a loro modo di messia e salvatori, seppure in maniera m[...]

[...]ié col messia negro e dell'Africa stessa col regno paradisiaco della salvezza sono riplasmazioni mitiche di determinati eventi ed esperienze storiche. Ciò mostra come i miti si creano exnovo, sotto l'impulso di esigenze vitali fattesi particolarmente urgenti e drammatiche. Altre forme religiose di « ritorno » all'Africa si esprimono, a lor modo, nei culti negri afroamericani (Vodu di Haiti, Candomblé di Bahia, Xango, ecc.) dell'America centromeridionale. In essi l'intensificata ripresa dei mistici riti originali africani attua simbolicamente un 1 ritorno all'Africa » nel quale trova adeguata
DISCORSO SUL MESSIANISMO 27
espressione l'esigenza di autonomia religiosa e culturale dei Negri (26).
Il ritorno a una lontana epoca storica ormai scaduta si annuncia e si propugna nel movimento del profeta Santos Atahuallpa, nel Perù del sec. XVIII (civiltà dei Campa). Costui predicava, come panacea d'ogni male, il ripristino dell'impero degli Incas contro la dominazione spagnola; egli stesso si presentava come ultimo antesignano degli Incas. D'a[...]

[...]o fra le religioni cosiddette primitive e le grandi religioni storiche, compreso il Cristianesimo: talché ad un attento e spregiudicato esame, in queste ultime possono riconoscersi ï vari complessi mitici e rituali di origine antica, ripresi, rielaborati e trasformati via via in rapporta ai diversi sviluppi storicoculturali, e alle differenti, sempre rinnovate esigenze culturali e religiose.
In realtà, se si ripensa all'obiezione mossa dallo studioso cattolico di cui sopra dicevasi, contro il tentativo da noi operato di unificare — in senso fenomenologico e comparativo — sotto un comune denominatore « messianico » fenomeni desunti da livelli culturali i più disparati, anche dal campo etnologico, si comprende che la preoccupazione soggiacente a quella significativa obiezione é di
(34) Il primo autore che riconosce metodicamente l'attesa di salvezza come nucleo centrale dei movimenti profetici C G. GUARIGLIA, op. cit., 1959.
DISCORSO SUL MESSIANISMO 33
natura soggettiva, fideistica e confessionale, non propriamente scientifica. Tale pr[...]

[...]cente a quella significativa obiezione é di
(34) Il primo autore che riconosce metodicamente l'attesa di salvezza come nucleo centrale dei movimenti profetici C G. GUARIGLIA, op. cit., 1959.
DISCORSO SUL MESSIANISMO 33
natura soggettiva, fideistica e confessionale, non propriamente scientifica. Tale preoccupazione rivela, secondo noi, una pericolosa, sottintesa tendenza antistorica. In sostanza, per chi pieghi la propria ragione, pur nello studio scientifico, a influssi di provenienza dottrinale, fideistica e confessionale quali che siano, non é lecito unire, a titolo di una comparazione che deve essere il primo passo verso la storia, un fenomeno storicoreligioso dato per unico autentico, assolutamente valido, prodotto di una vera, obiettiva rivelazione (per es. il messianismo giudaicocristiano), con fenomeni storicoreligiosi ritenuti assolutamente (e non solo storicamente) altri da esso, prodotti da ispirazioni soggettive, episodiche, inautentiche (35).
Ora, in sede prettamente storica risulta per noi inconsistente il problema della[...]

[...]sse l'intendono e l'auspicano per sé. Pertanto non su questa base è possibile affermare che il messianismo delle « grandi civiltà » (Hochkulturen) sia « altro » dalla « religione d'attesa di salvezza » (Heilserwartungsglaube) dei popoli « primitivi » (ibid.).
L'altro elemento differenziale, secondo il G., fra messianismo « vero » e movimenti di popoli primitivi, sarebbe nel ruolo di « mediazione » (Vermittlung) che il messia svolge fra uomini e Dio. Ma ciò è come dire, implicitamente, che un messia « vero può esistere solo nell'ambtio di religioni monoteistiche: e questo è, evidentemente, il sottinteso pensiero del G.: pensiero che peraltro precede l'esposizione dei fatti, e condiziona la stessa definizione di messianismo ch'egli viene fornendo (cfr., op. cit., p. 22). È chiaro che « differenze » grandi esistono, fra messianismo di religioni prepoliteistiche, e politeistiche, e infine monoteistiche: ma tali differenze debbono riportarsi non ad « alterità » congenita dei « veri » o « inautentici » messianismi: sebbene al differente svilu[...]

[...]le, l'essere supremo, i morti. A questo livello culturale, la sua funzione è indifferenziata serbando esso (od eventualmente essi, nel caso di una molteplicità anonima, come per i morti) un generico potere magicocreativo sancito dai miti delle origini. Al livello di religioni politeiste il « messia » s'identifica con una « figura divina » ben individuata nella forma, differenziata nella funzione: è il caso dei Polinesiani, con la figura di Lono, dio di carattere agrario, che scompare ed è atteso come colui che dovrà torna
DISCORSO SUL MESSIANISMO 35
re portando il benessere. Le civiltà politeistiche hanno struttura agricola, con società nettamente gerarchicizzata. Dalle civiltà politeistiche in avanti si può parlare di un « messia » individuato in senso antropomorfo, e insieme già come figura divina. Uno sviluppo ulteriore si avvera nel messianismo giudaico (Mosaismo), ove l'esigenza di affermare un puro monoteismo sopra la tendenza politeistica popolare d'origine cananea (agricola) porta ad una rivalutazione e reinterpretazione teolog[...]

[...] può parlare di un « messia » individuato in senso antropomorfo, e insieme già come figura divina. Uno sviluppo ulteriore si avvera nel messianismo giudaico (Mosaismo), ove l'esigenza di affermare un puro monoteismo sopra la tendenza politeistica popolare d'origine cananea (agricola) porta ad una rivalutazione e reinterpretazione teologica della « storia » ebraica, come praeparratio di un escaton (tempo finale), nel quale si avvererà il regno di Dio. Il messia assume la veste di demiurgo di tale regno, nel quale una perfetta armonia dominerà nei rapporti fra uomini e Dio: pace, concordia, giustizia per quelli, piena e sincera venerazione per quello, al di sopra ormai d'ogni polemica antipoliteista. Pertanto la peculiarità del primo messianismo giudaico non é già nella figura d'uomodio assunta dal messia, quanto invece nella sua componente monoteistica, nonché nella reinterpretazione teologica e messianica della storia: la quale tuttavia resta una storia sostanzialmente « nazionale ». Infatti soltanto nei profeti dell'esilio si avvera l'ulteriore sviluppo del messianismo, in un senso decisamente universalistico. Ma non bisogna dimenticare che tale sviluppo universalistico dell'intera religione giudaica — foriero dell'universalismo cristiano — era il prodotto storico delle drammatiche esperienze subite dal popolo ebraico deportato in massa, dietro l'urto con potenze egemonic[...]



da Rocco Scotellaro, L'uva puttanella (con una nota introduttiva di Carlo Levi) in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1955 - 11 - 1 - numero 17

Brano: [...]i dei frammenti inediti del libro l'« Uva puttanella » di Rocco Scotellaro. Il volume è comparso in questi giorni, per i tipi di Laterza. E un avvenimento importante nella nostra letteratura: è certamente una delle opere più ricche di valore e di peso di questi anni, da tutti i punti di vista: come creazione poetica originale, come racconto di fatti e descrizione di condizioni e avvenimenti di vita che sono vicini a tutti noi, come documento meridionalista, come strumento di lotta ed espressione di libertà. È forse la migliore delle opere dello scrittore lucano, morto a trent'anni, quella in cui, con più larghezza che nelle poesie, con più libertà e complessità che nell'o Inchiesta », Rocco ha espresso se stesso e insieme il mondo contadino in movimento, di cui egli era parte e guida.
L'« Uva puttanella » (come il lettore vedrà leggendo il libro, e dando un'occhiata alla lunga prefazione che lo accompagna) fu lasciato incompiuto per la morte di Rocco: e quello che è stato pubblicato in volume sono le parti finite e coerenti dell'opera; [...]

[...]ento. Ripetendoli qui, essi hanno la forza fredda degli ossi, dispersi, nemmeno legati in scheletro. L'ordine che non c'è non lo troverete come appunto è nel grappolo d'uva che gli acini sono di diversa grandezza anche a volere usare la piú accurata sgramolatura. Questi sono acini piccoli, apireni, seppure maturi che andranno ugualmente nella tina del mosto il giorno della vendemmia. Cosi il mio paese fa parte dell'Italia.
Io e il mio paese meridionale siamo l'uva puttanella, piccola e matura nel grappolo per dare il poco succo che abbiamo. Infine l'invenzione e la realtà sono ugualmente gratuite, malgrado ogni strumento di misura e di paragone e perciò nessuno — uomini e partiti — si quereli e i giudici, li prego, non diano retta alle chiacchiere.
2.
Disegno generale del libro «L'uva puttanella»
la parte — Le dimissioni questa volta mi riportano, nudo e fanciullo, alla vigna del padre.
Istintivamente, perduta ogni illusione di potere essere utile agli altri e pensando di non essere stato utile a me stesso, vorrei prendere in mano l[...]

[...] vogliono bene agli uomini; per loro le linee di una qualsiasi logica, la più reale e palmare, possono essere sconvolte da un maleficio sempre corrispondente.
6 ROCCO SCOTELLARO
La provvisorietà del mondo orienta il contadino al pieno godimento di una vita, anche misera, stentata e grama; d'altra parte lo induce alla credenza religiosa.
Ma il credo religioso é anch'esso logica costruzione di uomini non c'è niente di veramente credibile.
« Se Dio c'è lo sa lui ». Il Dio è anche il maleficio.
La macchina forse potrebbe urtare contra la loro diffidenza, e vincerla, ma la macchina non é più misteriosa di un serpe. Il giorno di festa è un giorno di dura fatica.
I morti sono l'umiliazione della propria carne ad opera del maleficio.
I vivi sono portatori di maleficio, che o dorme o si sveglia nelle liti, nei furti, negli assassini.
Il padre e la madre sono i primi rivelatori del male.
Le malattie stanno nell'aria e si combinano per inaspettati colpi di vento.
La nascita è un premio prezioso che ci possono rubare e che bisogna assicurare col battesimo.
L'amo[...]

[...] quella de' bassi si pongono alti sopra de' monti, similmente, a conoscere bene la natura de' populi, bisogna essere principe, e a conoscere bene quella dei principi, bisogna essere populare ».
Machiavelli, Il Principe.
u Vivendo adunque gli uomini intra tante persecuzioni, portavano descritti negli occhi lo spavento dello animo loro, perché, oltre agli infiniti mali che sopportavano, mancava buona parte di loro di poter rifuggire all'aiuto di Dio, nel quale tutti i miseri sogliono sperare; perché, sendo la maggior parte di loro incerti a quale Dio dovessero ricorrere, mancando di ogni aiuto e di ogni speranza, miseramente morivano ».
Machiavelli, Istorie Fiorentine.
6.
Uva puttanella sono gli amici miei ed io, ostriche attaccate a un masso, che non vedono e non sanno il segreto delle barche, delle petroliere, delle portaerei e dei cacciatori subacquei.
8 ROCCO SCOTELLARO
Viviamo al coperto delle preoccupazioni degli economisti, anche se riusciamo a capire le loro lotte e perciò ne profetizziamo l'inutilità. Al coperto delle ultime conoscenze fisiche: il peggio é sapere che non avremo dei figli, abbastanza adulti e intelligenti (n[...]

[...]oli: anormali; artisti col capo
volante, esseri non esseri, ma uccelli, sia che abbiano o non abbiano
pane e comodi.
Mia madre mi vuole bene, io non le voglio bene, o soltanto
qualche volta per abbandono o malanno provvisorio.
C'é gente che studia e deve arrivare, arriva ed é contenta.
C'é persone che vogliono sposarsi e si sposano.
Io non so che fare, forse mi ucciderò: sarà l'unico gesto nor
male, di cui spero essere capace.
Penso che Dio è l'uomo più furbo di questa terra, sta nascosto
in un buco per manovrarci così bene.
10.
Uva puttanella é l'uva che ha l'acinellatura : consiste nella presenza di acini più piccoli tra quelli di grandezza normale.
Questi acini sono apireni (senza semi) e, se non restano verdi (acinellatura verde), maturano fino a essere più dolci di quelli normali (acinellatura dolce).
L'acinellatura dipende dalla mancata o incompleta fecondazione.
11.
L'uomo dell'Uva puttanella ha il solo problema : l'attesa del giorno in cui a suo dispetto sarà gettato nel tinello per far mosto.
12.
L'uva putta[...]

[...]ti i calamai, sette, neri sulle pezze di carta assorbente: ai quattro lati, disposte diagonalmente le penne. La scolaresca è pronta, diceva Rocco, dopo aver apparecchiato.
6.
Genzano, prima del consiglio: — Oh, sindaco, stasera c'è la mia terra.
7.
Scardillo. Prima di andartene, toglimi dalle spalle mio cognato disoccupato, cagli il posto di bidello.
8.
Noi chiediamo una cosa giusta : ci hanno denunziati per le terre. Chi sa come andrà. Dio e la fortuna.
12 ROCCO SCOTELLARO
9.
I tavoli in consiglio erano tre: una sfilata di calamai e di penne nei due tavoli tra loro, in fondo la libreria con i volumi di raccolta Leggi e decreti dal 1800 e dispari.
10.
La terra da Miglionico a Grottole, dove c'erano gli ulivi, era grassa nella nebbia.
11.
Dove mangiano quattro, mangiano cinque. Tendenza a ridurre ogni giorno il proprio cibo e il proprio spazio di terra.
12.
Il Prefetto di Matera rimprovera il veterinario Petrillo, che al suo passaggio era rimasto seduto avanti al circolo Unione, senza salutarlo.
— Io stavo qui con [...]

[...] partiti correndo dietro il trotto dell'asino: tatati, tatati, che è stato una nota simpatica fino a smorzarsi alla svolta.
In casa del mugnaio, marito e moglie, hanno parlato ad alta voce mentre schiariva, questa settimana si sposa la figlia.
I bambini giocano, si sono levati presto con i genitori. Giocheranno anche se piove fino a stasera.
40.
La sera il senso d'attesa dei contadini, nella Camera del Lavoro. Che è successo ? Sentiamo la radio. Chi é venuto ? Che dice ? Si va a lavorare ?
Uscivano da casa in piazza.
Solo il vino rompeva la monotonia e creava la guerra del padrone e del sotto.
Di questi giorni ricordo che mi ritiravo a casa sapendo di trovare il baccalà con i peperoni croccanti o questi con le olive fritte che fanno mangiare tanto pane e bere tanto vino.
41.
((Tutti pazzi al mio paese». Il paese era pieno di botte come un asino scorciato.
L'UVA PUTTANELLA 23
Le botte erano diffuse sul corpo, alcune visibili altre no, la più grossa stava sotto il basto. Avevano voglia di dire che il panorama visto da Santa Ma[...]

[...]on il corpo diviso e i due occhi distanti l'un dall'altro per la sbarra, cui si schiacciava il naso, fu il rubagalline pieno e alto quanto il cancello.
— Com'é che vieni in ritardo ? Non hai a tempo avuto il telegramma di chiamata ? — mi disse, e frattanto il cancello si apriva sotto il solletico dell'agente che si piegò con la chiave alla serratura bassa.
Pensai solo la notte che nemmeno mi volsi all'agente che mi chiudeva per dare prima un addio all'aria abbracciando i ferri e traendo un sospiro per poi farmi prendere nello stuolo degli uomini schierati attorno al rubagalline.
— Noi ti aspettavamo ieri al secondo rancio — riprese. — Tutta la notte siamo stati in pensiero —. Io ero piccolo avanti a lui che adesso riunito nel corpo e visto intero pareva più maestoso sulle due gambe gonfie nei calzoni attillati da militare. Fingevo un sorriso a quelle sue parole che venivano calde dalla grossa bocca dai denti gialli di pane e aspettavo che smettesse quello sguardo orrido e serio. Mi vidi circondato.
Il rubagalline accennò a ridere, gl[...]

[...]di volerlo sempre servire.
Arrivò il maresciallo, sbilenco con la sua persona a sinistra, come se avesse avuta una mazzata o la bestemmia di un carcerato che l'aveva torto in quel modo. Aveva una faccia bianca di pesce e la bocca larga; i capelli grigi avvolti a destra. Veniva sempre ragionando tra sé col capo basso, tanto che io pensai fosse molto preoccupato delle sue funzioni.
Il suo tavolo era a mano sinistra, nell'angolo, poi c'era un armadio, e poi il tavolo, diventato mio, dove scrivevo le tabelle segnando i grammi di pasta, di legumi, di burro, di patate, e i centigrammi di aromi secondo la dieta giornaliera e moltiplicando ogni voce per il numero dei detenuti. Accanto era l'alto scanno col registrane matricola.
Di fronte a quello del maresciallo era il tavolo, dove stava seduto il capoguardia di giornata con i subi gradi rossi al braccio, e che era occupato dal prete all'ora della censura della posta, a mezzogiorno.
Il maresciallo si sedette e allargò le gambe, tirò da un taschino un mazzo di piccole chiavi e apri nella pare[...]

[...]ccostandosi col petto e cambiando tono per allontanare
L'UVA PUTI'ANELLA 39
la tentazione dell'affabilità: — Ha fatto bene il tema Gigino? — Lo facemmo ieri — gli risposi.
— Ma, é vero che é bravo ? Si distrae e poi io non ho i mezzi come i signori e gli avvocati.
Sapeva bene che il figlio era uno sciocco, io stesso glielo avevo francamente detto. — Che gli faccio fare, se non studia? Lo posso mantenere io ? Io appena campo, con questo stipendio e con tutto questo lavoro.
Non lavorava mai. Seduto al tavolo stava pochissimo: egli ufficialmente non avrebbe potuto fare il comandante, come tutti lo chiamavano, perché quello era posto da sottotenente. La responsabilità e l'autorità su noi era per legge del procuratore. I suoi uffici consistevano nel ricevere i rapporti dai detenuti nel giorno fissato della settimana ed egli era bravo quanto nessuno nel concluderli rapidamete:
— Per questo il Procuratore, per quest'altro il Procuratore. Fai la domandina. Il Procuratore. Al Procuratore. — Le decisioni, alla fine, le prendeva lui, come poi[...]

[...]ni, alla fine, le prendeva lui, come poi tutti sapevano e io stesso ebbi modo di accorgermi: — Questo Gramasci, Antonio Gramasci — mi dis. se — il Procuratore non l'ammette.
Siglava i libri con la sua firma, che era un disegno di filo spinato: Olivoso si chiamava.
— Che dicono i detenuti di me ? Modes mente sono un signore. Li aiuto tutti e mi affeziono, ricchi e poveri. Non faccio differenza (1).
Il maresciallo: le sigarette, la figlia, la radio, i discorsi dei comunisti, il procuratore, l'agente bruno, l'avvocato che mi fece in realtà assumere come scrivanello, il medico, la bicchierata serale. La casa e sua moglie, governatrice del reparto donne. La richiesta d'impiego al Comune: quando uscite, mi farete econo mo del Municipio, sono ragioniere.
Giudizio nettamente positivo sul maresciallo Olivoso.
Era il prototipo dell'impiegato italiano, per quanto riguarda
(1) Notare gli scatti del discorso, una volta freddo, altre caldo, altre indifferente, appena da maresciallo. (N. dell'Autore).
40 ROCCO SCOTELLARO
inettitudine, cattiva v[...]



da Alberto Moravia, La ciociara in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1955 - 11 - 1 - numero 17

Brano: [...]sciandomi capire che mi avrebbe dato la roba gratis se gli davo retta; ma io gli rispondevo in modo che capiva subito che non aveva a che fare con una di quelle. Sono sempre stata fiera e ci vuol poco a farmi montare il sangue alla testa, allora vedo rosso ed é una fortuna che le donne non portino in saccoccia il coltello come gli uomini perché altrimenti sarei anche
LA CIOCIARA 43
capace di ammazzare. Ad uno dei venditori che mi dava più fastidio degli altri e s'intignava a farmi delle proposte e voleva regalarmi la roba per forza un giorno gli corsi dietro con uno spillone e per fortuna intervennero le guardie, altrimenti glielo piantavo nella schiena.
Basta, tornavo a casa contenta, e dopo aver messo su l'acqua a bollire per il brodo, con gli odori e qualche osso e qualche pezzetto di carne scendevo subito a bottega. Anche li ero felice. Vendevamo un po' di tutto, pasta, pane, riso, legumi secchi, vino, olio, scatolame e io stavo dietro il banco come una regina, con le braccia nude fino al gomito e il mio medaglione col cammeo appu[...]

[...]egina, con le braccia nude fino al gomito e il mio medaglione col cammeo appuntato al petto : prendevo, pesavo, facevo il conto svelta svelta con un pezzo di matita e un pezzo di carta gialla, impacchettavo, porgevo. Mio marito, lui, era più lento. Parlando di mio marito, dimenticavo di dire che era già quasi vecchio quando lo sposai e ci fu chi disse che l'avevo sposato per interesse e certo non sono mai stata innamorata di lui ma, quant'è vero Dio, gli sono sempre stata fedele, sebbene lui, invece, non lo fosse con me. Era un uomo che aveva le sue idee, poveretto, e la principale era che lui piaceva alle donne, mentre invece non era vero. Era grasso, ma non di un grasso sano, con gli occhi neri picchiettati di sangue e tutta la faccia gialla e come macchiata di briciole di tabacco. Era bilioso, chiuso, sgabato e guai a contraddirlo. Si assentava continuamente dal negozio e io sapevo che andava a trovare qualche donna, ma ci giurerei che le donne non gli davano retta se non quando lui gli dava dei soldi. Coi soldi si sa, si ottiene tutt[...]

[...]enti e chiamandomi perfino, alla maniera napoletana, « donna Cesira », glielo dissi francamente: « Vediamo un po', se non avessi il negozio e l'appartamento, me le verresti a dire queste cose? ». Quello almeno fu sincero. Rispose ridendo : « Ma l'appartamento e il negozio, tu ce l'hai ». È vero, però, che fu sincero perché ormai gli avevo tolto ogni speranza.
LA CIOCIARA 47
Intanto la guerra continuava, ma io non me ne occupavo e quando alla radio, dopo le canzonette, leggevano il comunicato, dicevo a Rosetta : « Chiudi, chiudi quella radio... li mortacci loro, 'sti figli di mignotte, si scannino tra di loro finché vogliono ma io non voglio sentirli, che ce ne importa a noi delle loro guerre?... loro se le fanno tra di loro senza chiedere il parere della povera gente che deve andarci e allora noialtri che siamo la povera gente, siamo giustificati a non occuparcene ». Però, da un'altra parte, bisogna dire che la guerra mi favoriva : sempre più facevo la borsa nera con prezzi d'affezione, sempre meno vendevo al negozio coi prezzi fissati dal governo. Quando cominciarono i bombardamenti a Napoli e nelle altre città, la gente veniva[...]

[...] un dito e chi diceva che erano gli americani e chi diceva che erano i tedeschi. Io però dissi a Rosetta : « Tu devi farti il corredo e la dote. Tornano i soldati dalla guerra, no? Eppure in guerra gli sparano addosso tutto il tempo e si ingegnano in ogni modo di ammazzarli... ebbene torneremo anche noi da queste gite che facciamo ». Rosetta non diceva nulla, oppure diceva che lei andava dove andavo io. Era un carattere dolce, diverso dal mio, e Dio sa se ci fu mai un angiolo in terra era proprio lei.
Io dicevo sempre a Rosetta : « Prega Iddio che la guerra duri ancora un par d'anni... tu allora non soltanto ti fai la dote e il corredo ma diventi ricca ». Ma lei non rispondeva, oppure sospirava e alla fine seppi che aveva l'innamorato in guerra, appunto, e temeva tutto il tempo che gliel'ammazzassero. Si scrivevano, lui stava adesso in Iugoslavia, e io presi le informazioni e venni a sapere che era un bravo giovane di Pontecorvo, e che i suoi parenti avevano un po' di terra, e lui studiava da ragioniere e poi per la guerra aveva interrotto gli studi ma contava di riprenderli a guerra finita. Allora io dissi a Rosetta : « L'importan[...]

[...]ominciarono ad andar male dal giorno che si mise con la Petacci, perché, si sa, l'amore fa perdere la testa agli uomini anziani e Mussolini era ormai nonno quando aveva conosciuto quella ragazza. Il solo vantaggio di quella notte del venticinque luglio, fu che misero sottosopra un magazzino dell'Intendenza, a via Garibaldi e io ci andai con tutti gli altri e mi riportai a casa, in bilico sulla testa, una forma di parmigiano. Ma c'era ogni ben di Dio e si portarono via ogni cosa. Un mio vicino si portó a casa sopra un carrettino la stufa di terracotta che stava nell'ufficio dell'amministratore.
Durante quell'estate si fecero molti affari, la gente aveva paura
e ammucchiava la roba in casa e non gli pareva mai abbastanza. C'era più roba nelle cantine e nelle dispense che nei negozi. Ricordo che un giorno portai un prosciutto da una signora, dalle parti di via Veneto. Abitava in un bel palazzo, mi venne ad aprire un cameriere in livrea e io avevo il prosciutto nella solita valigia di fibra e la signora, tutta bella e profumata con tanti g[...]

[...] nella solita valigia di fibra e la signora, tutta bella e profumata con tanti gioielli addosso che pareva la Madonna, mi venne incontro nell'anticamera
e dietro di lei c'era il marito, un piccoletto grasso e la signora quasi mi abbracciava dalla gratitudine dicendomi: « Cara... o cara... venga da questa parte, si accomodi... venga, venga ». Io la seguii in un corridoio e la signora apri la porta della dispensa e allora vidi davvero ogni ben di Dio. C'era più roba là dentro che in una pizzicheria. Era un camerotto senza finestre con tanti scaffali giro giro e sugli scaffali si vedevano disposte qui una fila di scatole grosse di quelle da un chilo, di sardine all'olio, lì altro scatolame fino, americano e inglese e poi tanti pacchi di pasta, e sacchi di
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farina e di fagioli e vasi di confettura e almeno una decina tra prosciutti e salami. Io dissi alla signora: «Signora, lei qui ci ha da mangiare per dieci anni ». Ma lei rispose: « Non si sa mai ». Misi il prosciutto accanto agli altri e il marito li per li mi pagò e [...]

[...]tavo per lasciare. Finalmente suonarono alla porta e io mi sottrassi dolcemente al peso di Rosetta addormentata e andai alla porta. Era Giovanni, sorridente, il sigaro in bocca. Io non lo lasciai neppure rifiatare: « Senti », gli dissi con furore, « quello che é successo é successo e io non sono più quella che ero prima, lo ammetto, e tu hai ragione a trattarmi cdme una mignotta... ma tu dammi un'altra manata come stamattina, e io, quanto é vero Dio, t'ammazzo... poi vado in galera ma di questi tempi può anche darsi che in galera ci si stia bene e io ci vado volentieri ». Lui inarcò appena appena le sopracciglia per la sorpresa, ma non disse nulla. Passò nell'anticamera pronunziando a fior di labbra : « Allora, facciamo questa consegna ».
Andai in camera da letto e presi un foglio sul quale avevo fatto scrivere a Rosetta tutta la roba che ci avevo nella casa e nel. negozio. Avevo fatto scrivere anche i più piccoli oggetti non tanto perché non mi fidassi di Giovanni ma perché é bene non fidarsi di nessuno. Così prima di cominciare l'inve[...]

[...]a tranquilla, ritroverai tutti i tuoi chiodi ».
Cominciai dalla camera da letto. Avevo fatto due copie della lista, una la teneva lui e una Rosetta e io via via gli indicavo gli oggetti. Gli mostrai il letto, a due piazze, di ferro dipinto uso legno, tanto bello, con tutte le venature e i nodi del legno che uno lo scambiava proprio per noce. Sollevai la coperta e gli feci vedere che c'erano due materassi, uno di crine e uno di lana. Aprii l'armadio e gli contai le coperte, le lenzuola e tutta la biancheria. Gli aprii i comodini e gli mostrai gli orinali di porcellana a fiorami rossi e blu. Poi feci l'elenco dei mobili: un cassettone dal piano di marmo bianco, uno specchio ovale incorniciato d'oro, quattro seggiole, un letto, due comodini, un armadio con lo specchio a due battenti. Contai tutti i gingilli e i sopramobili: una campana di vetro con sotto un mazzo di fiori finti di cera che parevano proprio veri, e li avevo avuti in dono per le mie nozze dalla mia comare, una bomboniera di porcellana per i confetti, due statuette che rappresentavano una pastorella e un pastorello, un puntaspilli di velluto azzurro, una scatola di Sorrento che ad aprirla suonava un'arietta e il coperchio ci aveva un intarsio con il Vesuvio, due bottiglie per l'acqua con i relativi bicchieri, di vetro intagliato e massiccio, un vaso di fiori di porcellana colo[...]

[...] tutto il servizio di porcellana a fiori e ghirlande, tanto bello, completo per sei, che ci avevo mangiato sì e no due volte in tutta la mia vita. L'avvertii a questo punto : « Guarda che questo servizio ce l'ho caro quanto la luce degli occhi... tu
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rompimelo e poi vedrai ». Lui rispose sorridendo: « Sta tranquilla ». Continuando l'elenco gli mostrai tutti gli altri oggetti: le due stampe con i fiori, la macchina da cucire, la radio, il divanetto di reps con le sue due poltroncine, la rosoliera di vetro rosa e azzurro con i sei bicchierini, qualche altra bomboniera e scatola, un bel ventaglio che avevo inchiodato al muro, tutto dipinto a colori, con una vista di Venezia. Poi passammo in cucina e qui gli contai pezzo per pezzo tutto il vasellame e le pentole che ce le avevo di alluminio e di rame, e la posateria, di acciaio inossidabile, e gli feci vedere che non mancava nulla né il forno, né lo schiacciapatate, né l'armadietto per le scope né la pattumiera di zinco. Insomma gli feci vedere ogni cosa e quindi scendemmo ab[...]

[...]di più ci rimasi male e fui stupita di sentirgli dire queste cose e quasi non credevo alle mie orecchie come quando aveva detto che mio marito era una carogna e fin'allora gli era stato amico e per così dire erano inseparabili. Conoscevo, infatti, la moglie di Giovanni e avevo sempre pensato che lui le volesse bene o per lo meno le fosse affezionato, essendo stati sposati tan'anni
e avendo avuto tre figli e invece, ecco qua, lui ne parlava con odio
e sperava che morisse e il modo con il quale ne parlava lasciava capire che l'odiava da chissà quanto tempo e ormai non provava per lei altro che odio seppure aveva mai provato qualche altro sentimento in passato. Dico la verità, provai quasi uno spavento al pensiero che un uomo potesse essere amico e marito per tanti anni
e poi dire così, con tanta freddezza e tanta cattiveria, carogna e schifosa, dell'amico e della moglie. Ma di tutto questo non dissi nulla a Giovanni che intanto era passato in cucina e sentivo che già scherzava con Rosetta che nel frattempo si era alzata anche lei. t< Vedrai che tornerete tutte e due ingrassate e questa sarà la sola conseguenza della guerra per voi... li in campagna c'è il formaggio, ci sono le uova, ci[...]



da Saverio Montalto, Memoriale dal carcere in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 7 - 1 - numero 3

Brano: [...]l comune di un paese vicino, si era dato ad una vita disordinata confondendosi con la borghesia inutile e vana che lo circondava. Però non ne era soddisfatto. Innamoratosi di una ragazza di quella borghesia, si accorse a sue spese come, in tale ambiente, l’amore non sìa un sentimento apprezzabile. Riprese la sua vita dissipata, trascinato dal demone dell’immaginazione e della sensualità, finché non si trovò avvinto nelle reti di una famiglia insidiosa, dove era caduta pure la sorella, sposa infelicissima.

A questo punto Saverio Montalto si ritira dalla società, preferendo la solitudine della sua cameretta in una modesta casa di affitto. Uno scrittore che lo conosce gli offre la sua amicizia, incoraggiandolo; e Saverio Montalto incomincia a leggere e aMEMORIALE DAL CARCERE

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Incomincio coll’anno 1927. Nella mia casa nativa di M... mio zio Arciprete era morto da due anni, le mie due sorelle maggiori erano sposate per i fatti loro una a M... stesso e l’altra a R.« e perciò in famiglia erano rimasti mio padre, il quale ancora abb[...]

[...]senza coscienza. Non so più quando mi alzai e quanti giorni rimasi in casa senza vedere nessuno. In certi momenti sentivo un desiderio ardente di rompere e distruggere tutto, di prendere la pistola e scappare e fare non so che cosa per vendicarmi a qualunque costo, ma quando poi si trattava di dover mettere in atto i miei piani, la paura, divenuta ora più forte che mai, mi teneva immobile al mio posto. Fu questa la prima volta che pensai al suicidio, ma avvicinatomi ad un certo punto al tiretto ove c’era l’arma, la stessa paura mi teneva legate le braccia. Pensavo con raccapriccio: «A che serve possedere la pistola quando non si ha la forza di adoperarla al momento opportuno? » e fui tentato di prenderla ed andarla a buttare in un pozzo vicino. Ma ancora la stessa paura non mi lasciava buttare neanche l’arma nel pozzo. Quando dopo diversi giorni uscii fuori perché non potevo fare più a meno, camminando per la via tenevo la testa bassa, giacché avevo la sensazione che la gente, già a parte dei fatti miei, mi sorridesse sardonicamente in f[...]

[...]alcuni mesi dopo andai a M... per prendermi i libri e le altre cose che mi occorre130

SAVERIO MONTALTO

vano, in modo di non avere occasione di ritornarci più, e m’incontrai nella mia casa coll’Armoni, e con un’altra faccia che neanche ebbi la forza di guardare, per poco non svenni dalFavvilimento e dalla paura ed entrai ed uscii muto e fuori di me e senza sapere ove ero e ove mi trovavo.

Dopo qualche tempo credei di aver trovato il rimedio di tutti i mali: avevo comprato da poco l’automobile e mi misi a scorazzare di qua e di là insieme agli amici in cerca di felicità attraverso ogni sorta di svago e divertimento colla speranza di far tacere il tormento che per partito preso tenevo celato in fondo al cuore. Qualcuno in quel tempo mi prese per pazzo, e credo che non aveva tutti i torti, perché sciupavo a destra e a manca non solo tutto quello che guadagnavo ma anche ciò che avevo potuto realizzare vendendo parte della mia poca proprietà e quando non potevo avere danaro diversamente prendevo a prestito presso banche e privati che[...]

[...]omplesso di circostanze, specie economiche come ognuno può immaginare, non era mai possibile e particolarmente in quel momento. Una sera infatti, che mio cognato ci trovò soli nella stanza da lavoro, dato che mia sorella si era allontanata momentaneamente non ricordo più per quale motivo, io rimasi assai male e cambiai colore. Ma lui trovò la cosa semplice e naturale come se nulla fosse, o per lo meno credè opportuno di trovarla, e così io, come Dio volle, dopo un po’ ripigliai l’aspetto normale di prima. Seppi in seguito da mia sorella, forse a questo proposito, che mio cognato un giorno aveva chiamato la madre e le aveva detto: «Oh mamma! Non credi che fra mio cognato ed Aurora ci sia qualche cosa? Tu lo sai che lui non la può sposare! ».

«Oh figlio mio bello! E tu sai che tua madre è donna di permettere certe cose? Tu ormai capisci e puoi sapere da te stesso l’onore e la grande illibatezza di tua madre e di tutta la tua famiglia. Aurora poi, non solo che è la perla fra le perle di N... e di tutto il mondo, ma data la sua intelligen[...]

[...]ievoli ecc. ecc. E dichiaro, fin da questo momento, che se io sono stato costretto fin qui a mettere in chiaro alcuni fatti poco piacevoli riguardanti le donne della famiglia Armoni, come del resto sarò costretto ancora nel seguito di questa esposizione, non l’ho fatto, né lo farò, per mia giustificazione, perché io ormai non ho nulla più da sperare dalla vita, ma l’ho fatto e lo farò perché mio cognato Giacomo impari a conoscere, e sempre che Iddio, o presto o tardi, gli voglia togliere dagli occhi il fitto velo dell’attuale sua perversa cecità, la gente in mezzo alla quale è vissuto ed a cui sono affidate ora le sorti delle sue tre figlie femmine.

Mi sovviene a questo punto che una volta e prima che il fratello Giovanni di mio cognato fosse partito per soldato fui chiamato d’urgenza dagli Armoni. Recatomi in casa loro vi trovai l’Elena con una mano spaccata in due da una larga ferita lacero contusa. Mi pregarono di medicargliela io alla meglio, perché, secondo affermavano loro,

il medico era assente. Io, dato che tenevo sempre in[...]

[...]ugate, mi disse: «Non voglio farmi vedere che ho pianto, altrimenti chi sa che diranno! » e si mosse per andarsene.

10 rimasi sulla via per guardarla. Lei prima di scomparire nella discesa si girò, ma senza avere ormai la forza di dirmi più nulla. Poi reprimendo ancora le lagrime, scomparve. Quella faccia sconfortata e di dolore ancora mi attraversa l’anima da parte a parte e la porterò con me fino alla tomba.

Rimasto solo mi diedi allo studio. Veniva spesso da me il mio carissimo amico Giuseppe Larussa il quale si era dedicato agli studi letterari e mi consigliò molti libri utili che mi servirono in seguito di molto aiuto e conforto specie nei momenti difficili della mia vita. Ebbi anche in alcuni momenti la velleità di scrivere, ma scrivevo per me e non per gli altri e quando non avevo voglia di fare altro. Dapprincipio dormì per alcun tempo nella mia casa l’Ottavio il fratello minore di mio cognato, ma poi accortomi che riferiva tutte le mie cose ai suoi non lo feci venire più e mi feci fare tutto dal padre della persona di serv[...]

[...]re cose che in quel momento mi suggerì la morale e l’ira, e, lui, dopo avermi ascoltato a testa bassa, si alzò e se ne andò sempre a testa bassa e senza aver avuto il coraggio di profferire una parola.

Venne il 1935, e giacché ancora dovevo dare le trecento lire mensili a mio cognato Giacomo e pagare per lui altre piccole spese che non ricordo più e che qualche debito pressava tuttavia e non potevo più rimediare, cedetti il quinto dello stipendio per cinque anni realizzando circa cinquemila lire. Fu verso questo periodo, mi sembra, che finii di pagare per conto di mio cognato al signor Marano Luigi la somma di lire seicento per legname che il Marano aveva consegnato ai fratelli Fontana al momento che sposò mio cognato per la costruzione della sua stanza da letto e per cui il Marano prima di consegnarla aveva voluto la mia garanzia. E fu qualche anno prima anche, almeno così mi pare, che un giorno mi vidi arrivare in casa tutta trafelata mia sorella Anna, la quale mi disse:

« Questa volta siamo rovinati! ».

Io spaventato domandai[...]

[...]gni tanto la debbo aiutare pure. Che vuoi; son fatto così! Non sono capace vedere soffrire i miei ed io scialare e godere. Per il fatto di tua madre, io non ti dico di non andare a vederla, perché so che non te lo posso proibire; però ricordati che meno vai o se non vai del tutto è meglio ancora. Tua madre è combinata in modo che uno più lontano sta e meglio è. Ti dico ancora che io le voglio tutt’altro che male; anzi il male che voglio a lei, Iddio lo faccia ricadere su di me; ma è così. Forse poveretta, dato che è fatta così, neanche lei ci ha colpa».

Mia moglie fu molto contenta di questo discorso. In casa stava sempre in silenzio, non faceva mai niente senza di me, anche perché non lo sapeva fare e così pian piano sotto la mia guida, si abituò a fare tutto ed anche bene. Per qualche anno le cose procedettero a meraviglia giacché non andava mai da sua madre e seppure andava, stava un po’ e poi ritornava a casa. Anche per mia so'rella le cose sembrava an158

SAVERIO MONTALTO

dassero bene. Ma dopo qualche anno la situazione peg[...]

[...]giunta fuori la porta ritornò e si coricò. Io dopo sfogato capii che lei in fondo non c’entrava e ritornato in me subito cercai di riparare al mal fatto chiedendo scusa a mia moglie e rifacendomela amica. Ormai non ci pensavo più a ciò ch’era avvenuto, quando dopo alcuni giorni, nel pomeriggio ti vedo arrivare mia suocera cogli occhi del cane arrabbiato. Era questa la prima volta che veniva in casa mia dopo che mi ero sposato. Mi chiamò nello studio, chiuse la porta, mi fece sedere, sedè anche lei ed incominciò a dire :

« Sappiate che la mia famiglia è la prima di N... ed io sono figlia di chi sono figlia (suo padre poveretto era ciabattino), perché mio padre era il primo negoziante di questi contorni e non a torto i miei figli mi chiamano la padrona di sette paesi. E sulla onestà e serietà mia e delle mie figlie non si è mai permesso nessuno di dire il minimo che, perché io non sono una di quelle bagascione vecchie come vostra sorella che se non la sposava mio figlio non l’avrebbe sposata più nessuno. Capite? Non perché vostra sorell[...]

[...]bolina come le vostre sorelle e non di una vecchia sdentata e di una tisica come me? E me ne vado! Io non ero tisica! Mi avete ridotta voi tisica! E per questo mi ha preso a schiaffi mentre stavo nel letto ad allattare la bambina. Immagina che se la pigliano anche con me perché ho tre figlie femmine! Io li volevo meglio di loro i maschi e non per me, ma per accontentare loro. Ma164

SAVERIO MONTALTO

mi posso mettere io contro la volontà di Dio o della natura, chi è che li manda? Parla? Dici tu che sei un uomo che capisci? ».

«Calmati, calmati!».

« Non mi posso calmare! Io son pazza, perché lo so che son pazza! Ed io perciò me ne voglio andare! ».

«Ma che avete avuto ora?».

«Niente! Perché io seguendo il tuo consiglio non parlo mai. Ultimamente dato che mi trovavo in queste condizioni e che dovevo allattare la bambina e che loro mi trattavano come una cagna, feci presente a mio marito che volevo mangiare quando mangiava lui perché così mi avrebbero trattata meglio. Lui trovò la cosa giusta ed accondiscese, perché lui in [...]

[...]ducare che si mettono loro davanti e se la pigliano con me. Anche la tua ragazza di servizio ha paura di parlarmi, che se se ne accorgono che viene qui, l’ammazzano. Ed intanto mi lasciano qui sola, abbandonata, con questa bambina, anche a morire di fame. Non ne parliamo poi che cosa hanno fatto con questa casa! Che io non ero degna di entrare in questa reggia, che io non ho visto mai mura pittate ad olio, che io non ho visto mai poltrona ed armadio, che io ero abituata a stare in mezzo ai porci ed in mezzo alle puttane e tutto il resto che sanno dire loro. C’è anche che la grande finge di essermi amica, ma lo fa solamente per dispetto di sua madre e di tua moglie e forse per fare capire a te che se tu avessi sposata lei, tutto questo non si sarebbe verificato. Ma io non voglio niente da nessuno più e solo me ne voglio andare! Ora che il negozio l’ho portato a questo stato e che può andare anche senza di me, non vogliono che ci vada più compreso il mio marito. Hanno invidia perché la gente quando viene cerca sempre di me e vuole comprare[...]

[...]i tutti, compreso mio marito! ».

«Va bene! Adesso manderò a chiamare tuo marito!». Mi alzai ed uscii.

Mentre ritornavo a casa mi sentivo avvilito e pensavo : « Ma perché, perché tanta malvagità sulla terra? Che cosa ha fatto per essere trattata così dagli uomini? Adesso se ne vuole andare! E dove andrà? Ed io poi come potrei continuare a vivere con mia moglie? ».

Dopo pranzo mandai a chiamare mio cognato Giacomo. Lo feci sedere nello studio e gli parlai così: «Vi prego, abbiate un po’ di carità per quella donna! Vostra madre lo sapete, è insopportabile con166

SAVERIO MONTALTO

noialtri, immaginate poi con la nuora. Io non vi dico di non trattarla e non crediate che io le voglia del male, no; però non è giusto che per causa sua voi dobbiate malmenare così mia sorella. Vostra madre è così e forse neanche lei ci ha colpa! Ma se non ha fatto mai pane con nessuno? E se è nemica con suo fratello, volete proprio che vada d’accordo con mia sorella? Vi prego, cambiate casa, giacché son disposto di pagarvi anche l’affitto. Adesso di[...]

[...] quel momento era rimasta muta per la presenza del fratello, ora che il fratello non c’era più si mise a copiare la madre dicendo che se ne voleva andare via a fare la cameriera dato che ormai lei non poteva stare più nella sua casa e che io mi ero permesso di scacciarla via. Allora io mi umiliai anche di fronte a mia moglie, mi get'jii ai suoi piedi, piansi, la pregai, la scongiurai come avevo fatto la :/fa avanti con sua madre e così lei, come Dio volle, si placò ed acce j discese di rimanere ancora con me. I

Verso le undici andai da mia sorella e| t trovai alzata che si stava accomodando le cose sue personali in una cassetta e decisa di andarsene via anche senza la sua bambina. Le atrocità le avevano fatto perdere anche l’istinto della maternità così vivo anche nelle bestie. In alcuni momenti si fermava e guardava forsennata. Io tentai un ultimo supremo sforzo ed andai giù di nuovo per scongiurare mia suocera ed umiliarmi ancora una volta come la sera avanti. Ma mia suocera tenne sempre duro. Salii di nuovo sopra e vidi mia sorella[...]

[...]o Giacomo si sentì in dovere di dire: « Ci siamo ridotti come i... » e nominò una famiglia di facchini del paese famosa per le continue risse fra di loro. Io, incoraggiato da queste parole, ebbi la forza di dire a mia moglie:

«Però neanche voi dovete avvicinare più i vostri?».

« Sì, neanche io! ».

« Andiamo allora! » ed andammo muti e senza più dire una parola.

Rimasi tutta la notte e buona parte del giorno appresso sdraiato nello studio con la testa fra le mani. Non saprei descrivere ciò che mi passava per la mente. La mattina il padre ed i fratelli, tranne di mio cognato Giacomo, entravano di colpo nella mia casa, parlavano sottovoce con mia moglie e poi se ne andavano. Quando non volevano entrare fischiavano, perché un’altra caratteristica degli Armoni era quella di chiamarsi col fischio, mia moglie apriva il balcone e così si allontanavano. Quel fischio mi attraversava le cervella da parte a parte e mi dava un senso di lugubricità tale da farmi perdere completamente la ragione e così mi perseguitò fino alla fine quando qu[...]

[...]schiavano, perché un’altra caratteristica degli Armoni era quella di chiamarsi col fischio, mia moglie apriva il balcone e così si allontanavano. Quel fischio mi attraversava le cervella da parte a parte e mi dava un senso di lugubricità tale da farmi perdere completamente la ragione e così mi perseguitò fino alla fine quando qualcuno veniva e fischiava perché sapeva che c’ero io e non voleva salire.

Verso le undici entrò mia sorella nello studio. Anche lei era trasfigurata o almeno mi sembrò tale. Ebbe la forza di piangere e mi disse:

« Ho dovuto dare ragione a loro perché sennò mi avrebbero strangolata! Io ormai sono disposta a fare qualsiasi sacrificio, purché tu ti calmi! ».178

SAVERIO MONTALTO

«È impossibile! Ho deciso di andarmene via! Vedi; tu lo sai il bene che ti volevo! Ormai non mi interesso più neanche di te! ».

«E mi lasci sola, in mezzo a loro? Ti prego, per l’anima della mamma! ». Al nome di mia madre ebbi una trafitta al cuore e non fui capace di vedere ancora soffrire quella donna. Mi calmai un po’ e doma[...]

[...]o la ragazza andava da loro e non era pronta a servirli la picchiavano di santa ragione. Verso febbraio, capito ormai mia moglie che io senza di mia sorella non ci andavo a C..., ci andò lei sola con la servetta e rimase per vari giorni. Al suo ritorno si presentò col fratello e la sorella più piccola per tenerseli con sé una settimana. Io non parlai, ma si vede che la mia faccia non doveva essere tanto chiara, giacché dopo un giorno o due, come Dio volle, se ne andarono.

Fi! verso febbraio mi sembra che un giorno mentre mia sorella si trovava nel negozio domandò all’Ottavio non so più che cosa per diverse volte senza che l’Ottavio avesse avuto l’educazione di rispondere o di guardarla almeno in faccia. Allora a mia: sorella le scappò detto: «Ma bisogna essere proprio villani! ». Il mio suocero stava seduto fuori ed intese. Entrò dentro, si avvicinò a mia sorella, le appuntò le dita negli occhi ed urlò : « I miei figli sono i primi di N... perché figli della migliore famiglia di N... e non come te che sei figlia di quello ubbriacone m[...]

[...]finito delle tenebre e destinato a perire miseramente ed inesorabilmente. In un giorno che la testa non me la sentivo affatto ed il cuore batteva più del solito ed un certo essere feroce e strano tentava a qualunque costo aprirmi il cranio per masticarmi le cervella, barcollando mi portai in cucina gridando e mi misi colla testa sotto il rubinetto. Mia moglie s’intimorì e mandò a chiamare di corsa il dott. Castagna. Il Castagna mi trovò nello studio sdraiato sul lettino che serviva ora per il professore e quando entrò era così emozionato e stravolto che per un pezzo rimase quasi muto ed indeciso su ciò che avesse dovuto fare.

10 lo guardavo, notavo la sua perplessità, ma badavo al mio stato. Egli poi si decise, mi fece un’iniezione di canfora, mi ordinò il canfidrolo e se ne andò. Dopo che il Castagna se ne andò l’attacco si ripete più forte. Verso sera presi alcune gocce di canfidrolo e si ripete più forte ancora. Allora smisi la canfora e non mandai più a chiamare il Castagna. Né lui si sentì in dovere di venire più da me, non dico [...]

[...]tta, dato che ora mia moglie entrava ed usciva di casa senza darmi più conto dove andasse e che facesse, né, io del resto, glie lo chiedevo, le domandai perché quel giorno aveva detto quel « Parlerei ?! » a denti stretti. Dapprincipio la servetta negò, ma poi, dietro le mie insistenze alquanto aspre, mi dichiarò che mia moglie amoreggiava col medico Castagna. Mi disse che quando io mancavo lei se la faceva sempre alla finestra dirimpetto allo studio del Castagna, che una mattina il Castagna, mentre io ero all’ufficio, colla scusa che cercava di me, era salito sopra e si era intrattenuto in salotto con mia moglie e che tutto ciò lo sapeva anche la padrona di casa che abitava sotto di noi e forse anche il resto della famiglia. Io non volli sapere niente più, le raccomandai se si fosse accorta di altro per l’avvenire di riferirlo a me e mi serrai nello studio. Nello studio intesi che la mia casa ormai era definitivamente crollata e che ora per davvero non c’era alcuna via di scampo. « Anche le corna! » mi ripetevo chiuso in me passeggiando su e giù e poi soggiungevo: «Dote no, posizione sociale no, intelligenza no, bontà niente del tutto: ed anche disonesta? ». E poi soggiungevo ancora: «Eh già! La meraviglia sarebbe stata se fosse stata onesta!». Non so più quanto tempo rimasi in questo stato. Fino a questo momento non conoscevo l’odio, ma da questo momento in poi odiai non solo mia moglie e tutta la sua famiglia, ma anche il genere umano, dato che anche il ge[...]

[...]asa ormai era definitivamente crollata e che ora per davvero non c’era alcuna via di scampo. « Anche le corna! » mi ripetevo chiuso in me passeggiando su e giù e poi soggiungevo: «Dote no, posizione sociale no, intelligenza no, bontà niente del tutto: ed anche disonesta? ». E poi soggiungevo ancora: «Eh già! La meraviglia sarebbe stata se fosse stata onesta!». Non so più quanto tempo rimasi in questo stato. Fino a questo momento non conoscevo l’odio, ma da questo momento in poi odiai non solo mia moglie e tutta la sua famiglia, ma anche il genere umano, dato che anche il genere umano, contribuiva per la sua parte alla186

SAVERIO MONTALTO

mia completa rovina, per opera di un Castagna che io, fra l’altro, avevo stimato sempre amico. Ora più di prima non potevo sopportare la gente e specie la casa del Castagna che avevo di rimpetto. A mia sorella non la odiavo, però le sue sofferenze non mi facevano più né caldo e né freddo e così fu, si può dire, fino alla fine. Dopo un certo tempo mi calmai un po’ perché pensavo di aver trovato la [...]

[...]llontanata, lo strano individuo pronto mi disse: «Te lo dicevo io di stare zitto perché altrimenti ne buscavi? Beh, non ti dar pensiero, che anche così si sta bene! ». Io però più tardi ricominciai la nenia, perché ormai non potevo farne a meno, ma la durai un poco e sottovoce in modo che non mi sentisse mia moglie e poi la smisi completamente. Sera di venerdì, dappoiché mia moglie aveva dato l’allarme, venne mia sorella da me, mi portò nello studio e mi disse: « Son venuta per stare con te stasera, perché Giacomo non c’è — era da molto che non veniva più da me —. Ma insomma che hai? Ti sembra giusto che la devi ingiuriare puttana? ».

« A chi ? ».

« Andiamo! Dimmi che cosa è successo! ».

«Nulla! Ma giacché lo vuoi sapere, a te, lo dico! Mia moglie mi fa le corna col medico Castagna. Hai capito ora? ».

« Vedi, mi si accappona la pelle! » e mi mostrò il braccio. « Però io non ci credo! E come l’hai saputo? ».

« Ho ricevuto una lettera anonima; però io lo sapevo da tempo e perciò me ne volevo andare ».

« Senti, io ti dico [...]

[...]sso io a cucinare, e siccome lei rispose che intendeva rimanere a letto, mi portai in cucina ed incominciai a preparare. Verso l’una la pentola stava per bollire quando intesi bussare al portone. La servetta andò ad aprire e dopo un po’ vidi entrare in cucina mio cognato Giacomo senza salutare e per giunta, alle mie parole piuttosto cordiali dato che lo sapevo assente rispose con semplici monosillabi. Mi disse invece andando difilato verso lo studio : «Sentite cognato, debbo dirvi una parola! ». Io lo seguii e giunti nello studio ci sedemmo l’uno di fronte all’altro. Senza tanti preamboli mi chiese gesticolando colla mano:

« Fuori la lettera! ».

Io intesi che la parola mi veniva meno come un tempo, ma mi dominai subito e risposi:

« Quale lettera? ».

«Andiamo! Voi mi conoscete chi sono io! Se non me la date colle buone me la darete colle cattive! ».

«Ma vi dico che non vi capisco? ».190

SAVERIO MONTALTO

« Voi mi capite anche bene! E vi dico che me la dovete dare, perché io per questa sorella ci tengo al suo onore».

A questa sua affermazione volevo sorridere, ma non fui capace. Poi risposi:

«[...]

[...]re, allora si stringeva sempre più fin quasi a spappolarmi il cervello, obbligandomi a mettermi sdraiato se non avessi voluto andare a finire per terra.

Intanto entrai in cucina, dissi alla persona di servizio di cuocere la pasta per sé e per la piccola Livia che mi sorpresi di vederla lì per quanto era presente fin dal giorno prima, e di mangiare loro, perché

10 non volevo mangiare.

Ritornato ai casi miei mi misi a passeggiare dallo studio al salotto. Mi vennero per la mente tante idee ma non fui capace di attuarne nessuna. Ad un certo punto presi mille lire dal tavolino del salotto e

11 misi nel tiretto della scrivania, per andarmene a Palermo, ma poi più tardi quando pensai di vestirmi per uscire non fui capace di farlo. Me ne accorsi in questo mentre che avevo la pistola nella scrivania e la portai nel tiretto del salotto ma non ricordo più se per evitare che l’avessi a portata di mano io oppure mia moglie o i suoi fratelli. Più tardi ancora venne una persona che desiderava parlarmi per certi documenti: prima lo feci sali[...]

[...]enirmi incontro, ma il colpo era partito. Da questo momento divenni tutto spirito di conservazione e scaricai tutti gli otto colpi della pistola perché davanti a me non vedevo altro che ombre che mi volevano uccidere. Né so come son rimasto vivo. Dopo un certo tempo che non so precisare mi sembrava di girare insieme alla casa, ma senza sapere ancora dove mi trovassi. Poi ebbi come un barlume di coscienza e mi vidi nei pressi del balcone dello studio insieme a mia moglie e mio cognato che si contorcevano e si lamentavano vicino a me; e, non vedendo più mia sorella, mi ricordai che prima c’era anche lei presente. Mi slanciai verso la stanza da pranzo e la trovai per terra immobile e supina. Mi buttai sopra, la chiamai, ma non avuta risposta dal suo labbro, la baciai freneticamente e scappai in mezzo alla strada.

A questo punto non posso fare a meno a non invocare, con tutte le forze della mia anima lacerata e dilaniata, la maledizione eterna sul capo di coloro che mi hanno portato a quel passo estremo.

Quando fui in mezzo alla strada[...]

[...]eti. E l’amore e il dolore mi hanno lasciato solo amarezza e non altro che amarezza! E se qualcuno, che è venuto a trovarmi, mi ha visto calmo e forse sorridere, ed avrà scambiato questa mia calma e sorriso per indifferenza e cinismo, può stare certo e sicuro questo qualcuno, che non è atto a comprendere tuttocciò, che sotto la veste della calma e del sorriso, si può racchiudere e contenere in un cuore umano.

Ed ora voglio chiedere una cosa a Dio. Voglio che Lui attraverso la sua Provvidenza faccia sì che il cadavere di quella martire, di quella santa martire, perseguiti fino alla tomba, e, se può, anche fino alPoltre tomba, gli autori del suo continuo ed ultimo martirio. E non per sete di vendetta, no; perché il mio cuore non sa cercare vendetta, ma perché si ricordino, una volta tanto nella vita, che anche loro sono uomini e non soltanto bestie feroci.

E poi voglio ancora che la Giustizia scenda per un istante dalle alte sfere in cui la Divina Sapienza l’ha messa, e mettendosi a cercare attraverso le miserie del mio cuore, si fac[...]



da Osvaldo Bayer, Il cimitero dei generali prussiani in KBD-Periodici: Belfagor 1984 - 3 - 31 - numero 2

Brano: [...]repressi gli operai in Argentina:

Questo paese è amministrato da un governo molto pratico e di ordine. Sinceramente, mi ha fatto molto bene vedere con che vigore reprime qualsiasi tentativo di creare disturbi nello sviluppo della vita pubblica. Nella darsena sud, alla foce del Riachuelo, era ancorata una nave piuttosto grande che, a quanto mi riferirono con eloquenti sorrisi, si stava poco a poco popolando di una ciurma fatta di carne da presidio che la polizia andava arrestando qua e là. Mi facevano notare, inoltre, che, quando si riempiva, cominciava un viaggio turistico verso la Terra del Fuoco dove venivano sbarcati. E lf veramente potevano fare tutto il casino che volevano. Si è parlato molto di uno sciopero generale che avrebbe dovuto cominciare con delle irregolarità nelle numerose linee di tram elettrici, indispensabili mezzi di comunicazione in una città cosi estesa. Ma prima ancora che cominciasse, c’erano già i soldati appostati davanti e dietro ai veicoli, con il fucile carico e, dalle precedenti esperienze, si sapeva beni[...]

[...]distoglie da ricordi e da cavilli. I caduti del 1914 hanno lapidi migliori di quelli morti nel 1918. La pietra era di migliore qualità al principio della guerra; poi tutto divenne scadente, perfino la morte. Prima si moriva uno alla volta, poi aIL CIMITERO DEI GENERALI PRUSSIANI

133

dozzine. I soldati. Si chiamava Jorge Aguila, visse a Neuquén, Argentina. Era pastore di pecore a cavallo, o come diciamo noi, pecoraio. Aveva i tratti dell’indio araucano. Manteneva, col suo lavoro, la mamma e il nonno materno. Appena compì 18 anni gli misero l’uniforme e in aprile del 1983 lo mandarono alle Georgine del Sud. Appena arrivato si beccò una pallottola. Lo seppellirono lì. Ecco la storia di un soldato argentino classe 63.

A cento metri da casa mia c’è un enorme edificio di mattoni rossi. È l’ex caserma della guardia dei corazzieri del Kaiser. Oggi c’è la polizia ed è il posto dove si consegnano le patenti per le automobili di Berlino. Su una parete c’è una targa che nessuno legge più: « Questa caserma ospitò il Reggimento della Guardia[...]

[...]o poter accomodare le spalle e le braccia morte li, nella terra dove crescono fiori umili, bocche di leone, papaveri e margherite di campo. Sono morti di una guerra dimenticata che non viene ricordata nemmeno più a scuola. Ormai non hanno più un volto. Sono soldati senza figli perché sono morti quasi bambini. Forse è ancora viva qualche sorella che li ricorda in due o tre scene: la strada fino a scuola, il pranzo con i genitori, il giorno dell’addio quando partirono per il fronte. I fiori nella canna del fucile. Il Kaiser al balcone, con i suoi movimenti da burattino e le eterne parole di Patria, Dio e Fino all’ultima Goccia di Sangue. Proprio come altri burattini truculenti apparsi in altri balconi di altre latitudini. E i giornali, tutti i giornali. E il popolo, tutto il popolo. Tranne gli incorreggibili. Quelli che von der Goltz chiama con arrogante ironia: « gli ‘ apostoli ’ della pace ».

Decido di aspettare il crepuscolo perché è questa l’ora di Georg Trakl per la sua poesia « Grodek », la pagina letteraria che in diciassette versi dice più di un’intera biblioteca contro la guerra: « Nel crespuscolo rimbombano i boschi autunnali / di armi mortali / ...la notte copre ormai soldati [...]

[...]nte accompagnato da un capitano. Costui gli disse più o meno che: Rosa Ana è (o era) agli arresti nella Base ma è stata uccisa dai suoi compagni in uno scontro l’8 marzo.IL CIMITERO DEI GENERALI PRUSSIANI

137

Insoddisfatto da questa risposta, il denunciante insistette nella sua azione legale e un mese più tardi ottenne un certificato di defunzione nel Registro Civile in cui si dice che Rosa Ana è deceduta per « arresto cardiaco, trauma cardiotoracico ». Cioè una causa contraddittoria e completamente diversa da quella addotta dal Comandante e che induce ad altre supposizioni. Il 31 marzo i suddetti ufficiali consegnarono un foglio senza firma che dice: « Cimitero del Parco, tomba 1133 Sezione Tombe Temporanee Settore B », comunicando che la vittima è sepolta in quel luogo. Il denunciante ha cercato di ottenere l’esumazione del cadavere per verificare l’esattezza di quanto riferito nei rapporti ufficiali, ma fin’ora senza risultato.

Durante quell’incontro i denuncianti reagirono con violenza, accusando gli ufficiali loro interlo[...]

[...]ntroinformazione. A posteriori, le autorità informarono la famiglia di Rosa Ana Frigerio sull’accaduto e comunicarono il luogo dove era seppellito il suo cadavere.138

OSVALDO BAYER

Dobbiamo far notare che il Giudice Federale di Mar del Piata autorizzò, il

25.4.1979, la famiglia a portare via il corpo di Rosa Ana Frigerio per metterlo nel cimitero che gli sembrasse più opportuno, cosa che fin’ora non è accaduta J. Questo spiacevole episodio, tipico di una aggressione non convenzionale, com’è quella che stava vivendo l’Argentina, va interpretato nel contesto della lotta che il popolo argentino insieme alle sue autorità, ha dovuto affrontare contro il flagello del terrorismo ».

La Commissione dell’oEA, il 9.4.1980, nel suo 49° ciclo di sedute ha studiato il caso, alla luce delle informazioni ottenute durante Pindagine ‘ in loco * oltre a quelle già in suo possesso, come pure della risposta del Governo Argentino anteriormente citata, ed ha adottato una risoluzione che nelle sue parti analitiche e risolutive recita:

« Consider[...]

[...] la sua tutela, a causa di alcuni preconcetti e per una certa formazione alquanto ideologizzata che indubbiamente gli appartiene, non semini nella mente di coloro che saranno suoi discepoli, cioè nella mente della gioventù tedesca, idee disgreganti che potrebbero attentare contro la costituzione stessa di una nazione democratica, il che significa attentare in poche142

OSVALDO BAYER

parole alla libertà dell’uomo, il bene più prezioso che Dio ha dato a noi mortali costretti ad attraversare tutte le vicissitudini di un mondo sempre più conflittivo. Dottoressa Kaufmann, il dottore Bergalli le potrà fornire artatamente la sua personalissima versione dei fatti che accadono nel mio paese. Non mi preoccupa né ci preoccupa quanto potrà dire fuori dalla verità. La verità è Tarma che i popoli devono imbracciare per difendersi dai falsi profeti che, attraverso la predica della democrazia e del rispetto dei diritti umani, cercano di sovvertire e di cambiare i regimi al fine di, una volta realizzato ciò, annullare la libertà e non permettere [...]

[...]à categorica. La famosa frase del maresciallo von Moltke: ‘ La guerra è un elemento dell’ordinamento divino del mondo. La pace eterna è un sogno, e neanche un bel sogno ’, definisce in modo evidente questa necessità di aggressione ». Il sociologo Alexander Mitscherlich aggiunge: « Perché l’aggressione arrivi al momento di scarico deve incontrare un nemico, e se non l’incontra, se l’inventa ».

L’uniformità non accetta la critica. Per questo l’odio dei militari verso gli intellettuali che mettono in dubbio i criteri tradizionali di autorità ed onore e la sfiducia verso quel sistema politico che promuove discussioni di base. Il generale tedesco Wolf, conte di Baudissin uno degli ideologi del nuovo esercito germanico dopo la sconfitta del 1945 , racconta che quando entrò nella carriera d’ufficiale, durante la Repubblica di Weimar (19191933), gli ufficiali dell’Esercito prima di cominciare a mangiare alzavano il primo bicchiere per brindare in onore dello sconfitto Kaiser che chiamavano « nostro vero comandante ». Avevano bisogno della ve[...]

[...]lla mano, con gli ordini scritti dei comandi superiori, non abbiamo mai avuto bisogno, cosa di cui ci accusano, di organismi paramilitari, ci era sufficiente la nostra capacità e la nostra organizzazione legale per combattere faccia a faccia le forze irregolari in una guerra non convenzionale (...) Questa nostra guerra è stata condotta dalla Giunta Militare del mio paese attraverso gli Stati Maggiori (...) Guerra cui ho partecipato per Grazia di Dio »).

I marescialli Keitel e Jodl, comandante in capo e capo dello Stato Maggiore della Wehrmacht durante l’ultima guerra impostarono tutta la loro difesa personale al Tribunale di Norimberga sul grande alibi dell’obbedienza agli ordini superiori.

(Interrogati dalle Madri di Plaza de Mayo sul perché reprimessero cosi delle donne disarmate, gli ufficiali della Polizia Federale rispondevano invariabilmente con il tabù « obbediamo agli ordini »).

Sfiducia ed odio verso i critici esterni, e come contrapposizione, un acceso spirito di corpo. Alcuni anni dopo Tultima guerra cominciarono le p[...]

[...]li Keitel e Jodl, comandante in capo e capo dello Stato Maggiore della Wehrmacht durante l’ultima guerra impostarono tutta la loro difesa personale al Tribunale di Norimberga sul grande alibi dell’obbedienza agli ordini superiori.

(Interrogati dalle Madri di Plaza de Mayo sul perché reprimessero cosi delle donne disarmate, gli ufficiali della Polizia Federale rispondevano invariabilmente con il tabù « obbediamo agli ordini »).

Sfiducia ed odio verso i critici esterni, e come contrapposizione, un acceso spirito di corpo. Alcuni anni dopo Tultima guerra cominciarono le pratiche di commilitanza fra ex ufficiali nemici. Gli aviatori da caccia inglesi per esempio — che avevano difeso Londra dalla Blitzkrieg aerea tedesca, si danno appuntamento ogni quattro anni con gli ex aviatori dei bombardieri nazisti, loro ex nemici. Li accompagnano le loro mogli ed a volte anche i loro nipotini. Passano due o tre giorni in case di campagna, al mare o in montagna fraternizzando sui temi della guerra e ricordando le prodezze reciproche. Le riviste s[...]

[...] non è finita, dicono i generali argentini mentre fanno colazione. Ma il pastore Aguila e i marinaretti di 18 anni della « Generale Belgrano » hanno chiuso definitivamente, per i secoli dei secoli. Non ci sarà nemmeno un Giudizio Universale).

Ma nell’attesa della loro battaglia finale e del loro definitivo trionfo, la storia è crudele, cinica e sarcastica con gli scheletri dei generali che giacciono a Gamisonfriedhof. La storia deve essere un dio grasso, volgare e sudicio a cui piace fare scherzi grossolani. Al cimitero dei generali prussiani è stato tolto un pezzo di terra ed il comune di Berlino lo ha affidato alla comunità ottomana. Ora c’è il cimitero turco di Berlino, dove vengono sepolti i poveri dell’Anatolia, emigrati durante l’epoca delle vacche grasse del capitalismo per raccogliere la spazzatura e lavorare alle interminabili catene di montaggio delle fabbriche di automobili e di televisori. Hanno avuto un posto proprio nel cimitero dei generali per seppellire i loro umili morti. I morti turchi avanzano sulla terra degli ari[...]

[...]spettavano. La vita non si arrende. Per ogni pallottola che cerca la morte, un filo d’erba spunta per sentire la brezza.

trad. di Alessandra Riccio

Osvaldo Bayer

* El cementerio de los generales prusianos: dal prossimo volume Exilio, Buenos Aires, Legasa, redatto a Berlino, ove Bayer nel 1976 prese dimora dovendo lasciare PArgentina. Nato nel 1927 a Santa Fe da famiglia di origineIL CIMITERO DEI GENERALI PRUSSIANI

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tedesca, studiò a Buenos Aires ed Amburgo, segretario di redazione di « Garin » e responsabile del Sindacato dei giornalisti, è autore di scritti come la biografia di Severino Di Giovanni, el idealista de la violencia, Los Anarquistas e Los vengadores de la Patagonia tràgica in quattro volumi; il film di Bayer La Patagonia rebelle, sul massacro dei braccianti nel 1921, fu presentato e premiato a Berlino nel 1974.

Le citazioni che figurano nel testo sono state tratte da:

Paul von Schmidt, Das deut sche Offizierskorps, Berlin 1904; Colmar Graf von der Goltz, Reiseeindrucke aus Argentinien, Berlin 1911 e [...]



da Elemire Zolla, Antropologia negativa [Il borghese progenitore dell'uomo di massa, L'uomo massa come Prospero, La memoria dell'uomo massa è eccezionale,Il gusto dell'uomo massa è sicuro, L'uomo massa sa di essere tale,L'uomo massa pensa intensamente, L'uomo massa è poetico, L'uomo massa moltiplica il linguaggio. L'uomo massa è diabolico, Ciò che annoia diverte e viceversa,Ciò che è comico ha dignità e viceversa, Ciò che si pensa seriamente si finge scherzoso e viceversa, Chiama gioioso ciò che è torturan... in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 1 - 1 - numero 30

Brano: [...]ccise è per lo più fissata al 1914; con lui crollarono le due speranze che avevano animato l’uomo sotto il dominio borghese: quella nel proletariato erede della filosofia e quella nelle liberamente circolanti élites borghesi.

Il proletariato, specie tedesco, si prestò alla strage che era assai più crudele di quelle celebrate dagli Atzechi, i quali vivevano in un mondo dove il sole voleva tributi, mentre nel 1914 nessuno credeva seriamente che Dio volesse benedire le insegne. Le élites si mostrarono incapaci di reggere le fila del loro stesso destino, nonostante fossero bene state avvertite che la nuova guerra non poteva recare vantaggio a nessuno dei partecipanti; cioè anche la ragione della forza denunciava la loro incapacità e inutilità. L’avatar del borghese è l’uomo massa, che è senza antagonisti, ed assai più raffinato del suo progenitore. L’uomo massa si divide in ceti, ma non conosce altro da sé in tutto il mondo. Per la prima volta la classe è superata; il direttore d’azienda ed il fattorino guardano gli stessi spettacoli, pen[...]

[...]i, ed assai più raffinato del suo progenitore. L’uomo massa si divide in ceti, ma non conosce altro da sé in tutto il mondo. Per la prima volta la classe è superata; il direttore d’azienda ed il fattorino guardano gli stessi spettacoli, pensano le stesse cose.106

ELÉMIRE ZOLLA

L’uomo massa come Prospero

L’uomo massa è l’uomo sbarcato dai secoli oscuri in un’isola che egli domina appieno. Lo si è scambiato per un Calibano indurito nell’idiozia, incapace di seguire le sollecitazioni della bellezza o di godere della verità, incapace di spontaneità ancor più del suo progenitore borghese. Ma l’uomo massa non è un Calibano; se lo fosse sarebbe lecita la speranza di modificarlo, di insegnargli, con paziente abnegazione, ad apprezzare i valori ai quali preferisce i suoi lugubri trastulli. L’uomo massa è dotato di un discernimento sottile: è un Prospero che impiega i suoi poteri per abbrutirsi. Il borghese sotto la maschera sentimentale era uno scettico smascheratore, un cinico senza pudori, era l’autentico selvaggio hobbesiano non appe[...]

[...]rflue nonché dei dati del loro cursus honorum: direttori di bande musicali, giocatori di sports, caratteristi del cinematografo, annunciatori della televisione. Non solo, ma l’uomo massa ricorda le canzonette in voga a mano a mano che gliele impone l’industria dei dischi, anzi è suo vizio caratteristico fischiarle o canticchiarle come a segnalare «mi sono sottomesso agli ordini dell’industria dei dischi » ; egli ricorda altresì le trasmissioni radiofoniche o televisive, i conteggi dei punti delle squadre sportive, i caratteri distintivi dei vari tipi di automobili nonché d’altre macchine.

Perché? Invano cercheremo nella lista dei vizi e delle virtù l’incentivo che spinge a stipare nella memoria tanta immondizia. Per capire bisogna rifarsi ai metodi di allenamento dell’esercito tedesco. Uno dei «mezzi per piegare la volontà», anzi, fra quelli il più efficace, era il martirio degli «ordini insensati». Così: obbligare i soldati a destarsi nel cuor della notte e correre a svuotare in breve l’acqua d’una cisterna onde riversarla in un’altr[...]

[...]l’azienda dove lavoro è una famiglia o una squadra sportiva dove tutti si vogliono bene, quando è evidente che è un’azienda e basta? Perché debbo credere agli esperti che sbagliano nel calcolare gli effetti dei vaccini, nel predire gli effetti delle esplosioni atomiche, che mutano di anno in anno le loro opinioni su ciò che giova e ciò che danneggia? Perché in particolare debbo adattarmi lietamente ad essere sottoposto a superiori evidentemente idioti? Perché devo fare come suggeriscono gli agenti pubblicitari e i giornalisti? Perché debbo tenere un’automobile dell'ultimo tipo, rassegnandomi alla servitù delle rate?

Nell’Inghilterra borghese, durante la prima rivoluzione industriale, i fanciulli erano sottoposti ad ogni sorta di sevizie al fine di cavarne un reddito secondo l’impiego più razionale: quali costretti a scopare i camini, essendo più economico sacrificare taluno di loro nella cappa che rifare gli impianti, quali altri indotti ad ingoiare grosse dosi di alcool per fermare la crescita, sicché restassero bassi quanto bastasse[...]

[...]isgustose e filistee dei moralisti che vorrebbero fumetti, spettacoli «morali», come nell’Inghilterra ottocentesca chi avesse suggerito di far pulire le cappe o strisciare per i cunicoli con l’assistenza di macine per preghiere.

Così istupiditi i ragazzi vengono poi costretti a studiare quel che studiavano i loro progenitori, sicché gemono di fatica; forse presto li si libererà, non dal gravame dell’immondizia, ma dall’eccessivo peso dello studio. Appunto, come i giovani minatori inglesi venivano liberati non già dall’infame lavoro, ma dalla scomoda crescita del loro corpo.

L’uomo massa fa a se stesso ciò che erano un tempo i riranni a fare ai loro sudditi. Egli reprime sitematicamente nella sua memoria così ampia e tenace il ricordo di tutto ciò che possa avere un umano interesse. Un uomo massa giunge a punti di altissima raffinatezza nell’eseguire l’operazione: egli ricorda la lista d’attori d’un film, ma non c’è verso che ricordi il nome del regista. Perché non è visibile? No, tanto che egli ricorda il nome della casa produttric[...]

[...]ttamente educato, sapendo discernere e scartare. Mai darà la palma di bestseller ad un’opera d’arte, anzi mai concederà la sua presenza ad uno spettacolo sospetto di espressività artistica, ancorché avvincente. Mai vedrete stipato di clienti il caffè fornito di televisione quando si trasmetta un dramma non filisteo; in Italia perfino un’opera lirica non attrae più.

Vi è mai capitato di trovarvi su una corriera sciaguratamente fornita di una radio di bordo ? Noterete come un mero bigliettaio

o guidatore cali la sua mano rapida e sicura sul bottone di comando a stroncare fin dalle prime note una musica che non sia irrimediabilmente volgare, segno che sa discernere il grano dal loglio. All’uomo massa è tuttavia offerta un’amplissima scelta; egli può frequentare teatri, se li preferisce agli stadi, può comprar libri, se li preferisce ai rotocalchi, può frequentare concerti invece di azionare macchinettegiradischi, ma di fatto la sua scelta obbedisce alla legge di Gresham, opta per la moneta falsa. Ciò significa che sa distinguere al su[...]

[...]re macchinettegiradischi, ma di fatto la sua scelta obbedisce alla legge di Gresham, opta per la moneta falsa. Ciò significa che sa distinguere al suono la falsa dalla buona. Per un’intuizione di natura animalesca, o non piuttosto perché la sua intelligenza ne fa un Prospero lucido e saggio? Valga un esempio.

Capitò a chi scrive di soffermarsi in una locanda e di avvicinare alcuni uomini massa i quali, dopo aver spostato sul quadrante della radio il bottone di comando, si fermarono udendo una certa musica consistente di sette note non accompagnate da veruna armonia, a distanze e rapporti pressoché invariati per cinANTROPOLOGIA NEGATIVA

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que minuti primi, con un ritmo uguale, inflessibile come il battito di un orologio. Questa preferivano ad altra, costruita bellamente eppur semplice. Vinto dalla curiosità domandai, pur rendendomi conto del non lieve pericolo, perché mai preferissero la prima alla seconda. Caso volle che fossero bene disposti, e dopo varia mia insistenza e vario scambiarsi occhiate di pazientante sufficienza [...]

[...]i quelle perigliose che ci ricordano la gioia e la tristezza, ci ricordano che possiamo contrastar questa e vagheggiar quella con deboli mezzi umani soltanto. Di fatto essendo noi tristissimi essa ci porterebbe a riconoscerlo; la nostra musica invece ci garantisce che tutto è triste, e dove tutto è triste nulla lo è più, ci si abbandona all’ebetudine di chi ha scoperto che nulla di nuovo accade e può accadere. Dal patire la nostra vita ci scampi Dio, ovvero l’industria, nella specie, dei dischi.

Resta una conclusione: l’uomo massa sa discernere l’armonia, quando diventi complessa e quando resti elementare, il ritmo, quando si modelli su sentimenti autentici e quando obbedisca ad uno schema astratto di sincopi obbligatorie, sa distinguere melodia e mero motivo, sa tutto ciò e opta per il peggio. Egli vuole che il motivo (e nel suo linguaggio opportunamente lo degrada ancor più, bamboleggiando, chiamandolo motivetto) sia la cosa più importante e insieme la più trascurabile, corvéable à merci, serva dello schema ritmico. Così vi si rifle[...]

[...]OLOGIA NEGATIVA

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Favole? Basta uscir di casa per incontrare i nomadi del nord apparentemente inoffensivi e gli Odradek apparentemente innocui. Sostiamo dinanzi a questo bar: ecco uomini massa con facce corrugate intenti attorno ad un bigliardino a provocare l’accensione di lampadine elettriche girando una manovella; è un gioco puro, senza infingimenti di interessi, perché non si può ricavare alcun guadagno facendolo, un gioco del tutto idiota, e infatti uomini massa stanno con faccia accigliata ad osservare. Vedine altri attorno ad una tabella che reca risultati sportivi, con pari animalesca serietà intenti a mandarli a mente quasi si trattasse d’un poema soavissimo. Nello stanzino riservato vedine altri che fissano lo schermo della televisione: paiono assopiti, cullati dalla dolce certezza che qualcuno parla e guarda in vece loro.

Dapprima in questi accampamenti dei nomadi ci si inoltra sicuri, ma poco alla volta ci si accorge che il terreno è pericoloso. Impercettibilmente il nostro sguardo devia, per disattenzione, verso l[...]

[...]assa moltiplica il linguaggio

Forse si obietterà all’idealizzazione poetica dell’uomo massa che Kafka ha torto dicendo che esso non ha un linguaggio. Di fatto esso talvolta parla, ma è il suo un linguaggio o non una pluralità di linguaggi che esclude la comunicazione?

Il borghese corrompeva il linguaggio con la rettorica. L’uomo massa non ha bisogno di servirsene male, lo fa proliferare come un cancro perché muoia e non possa dare più fastidio.

Anzitutto l’uomo massa crea per ogni attività un linguaggio cifrato a parte del tutto superfluo ai fini della comunicazione, ma sommamente utile nel dividere il mondo del lavoro dal mondo umano generale. Un tempo un medico si esprimeva nella lingua italiana o francese o inglese o latina, ora ha un gergo di parole gratuitamente formate per ravvolgere d’una nebbia il discorso scientifico. Una sentenza di cent’anni fa poteva essere prontamente compresa dalla massima parte dei buoni parlanti, oggi i giudici si industriano di scriverla in modo che appaia indecifrabile a chi non abbia il cifrar[...]

[...]gergo sessuomane è tipico dell’uomo massa: è un invito e non lo è, non impegna e comunque non è personale ma anonimo, è il gergo, non la persona parlante,ANTROPOLOGIA NEGATIVA

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che rivolge l’invito. Inoltre i termini che provengono dall’esercito, dalla scuola, dalla burocrazia, dalle officine, hanno attorno a loro l’alone redentore dei prodotti di convivenze forzate, di agglomerati di massa. La lingua tradizionale decade, stretta d’assedio fra gerghi professionali e questo linguaggio dal tono anonimo e sportivamente sessuale. Quel che ne resta si avvilisce sempre più, perde continuamente gli elementi di differenziazione e precisione, che vengono considerati dall’uomo massa con sospetto. Così il soggiuntivo, l’uso di aggettivi non cliché, i pronomi personali vanno livellandosi, quello scomparendo, quelli vergognandosi di esistere, questi perdendo il genere e la declinabilità.

Per l’uomo massa l’imprecisione è un reagente che lo fa sentire più vivo, e per rimediare alla crescente imprecisione ricorre alla moltiplicazione di ge[...]

[...]e alla crescente imprecisione ricorre alla moltiplicazione di gerghi spurii e convenzionali.

L’uomo massa è diabolico

L’uomo massa non vuole dunque comunicare, e infatti evita la conversazione, e quando mai debba affrontarla la ridurrà a notiziario deH’industria culturale ed a luoghi comuni. Egli è estremamente discreto perché non potrebbe mai vedere in altri qualcosa che non sia la « simpaticità » o « l’antipaticità », alla stregua degli idioti. Tutto poggia su un equivoco, affermava Kafka. Ma l’equivoco è voluto dall’uomo massa, il quale ha stabilito le seguenti inversioni.

Ciò che annoia diverte e viceversa

Sarà dunque divertente un romanzo poliziesco, la sosta micidiale sotto il sole in una pubblica spiaggia, un film triviale, un programma televisivo di domande, una partita sportita, e via enumerando, mentre un poema, una conversazione saranno tediosi, (o barbosi) termine slang di origine forse scolastica con cui l’uomo massa vuole mostrare di non prendere sul serio la sua reazione e che dovrebbe svalutare e quindi bloccare l’inchiesta che si tenti di istituire.120

ELJiMIRE ZOLLA

Ciò che ha dignità è comico e viceversa.

L’automatismo comico con cui l’uomo massa abbrustolisce le sue membra, la sua perdita del pudore una volta entrato nel recinto balneare ed il pronto riacquisto appena fuori di esso, l’automatismo con cui compra fingendo di trarne spunto di facezia ciò che l’annunciatore della radio gli raccomanda di comprare, gl[...]

[...]rio la sua reazione e che dovrebbe svalutare e quindi bloccare l’inchiesta che si tenti di istituire.120

ELJiMIRE ZOLLA

Ciò che ha dignità è comico e viceversa.

L’automatismo comico con cui l’uomo massa abbrustolisce le sue membra, la sua perdita del pudore una volta entrato nel recinto balneare ed il pronto riacquisto appena fuori di esso, l’automatismo con cui compra fingendo di trarne spunto di facezia ciò che l’annunciatore della radio gli raccomanda di comprare, gli sempra naturale. Al contrario egli trova comico un linguaggio articolato e ritmato o il gesto della tragedia classica.

Ciò che si pensa seriamente si finge scherzoso e viceversa

Quando mai si prendono sul serio i film imperniati sulle attricette o le vicende delle attricette ? Si osservano ironicamente e se ne parla facetamente, fino al punto che non si riesce più a vedere senza delusione le donne di carne alle quali si sovrappongono di continuo quelle ingrandite, «reclamizzate», lustre sullo schermo e sulle riviste.

Quando mai si fa il tifo seriamente[...]

[...]clamizzate», lustre sullo schermo e sulle riviste.

Quando mai si fa il tifo seriamente? A furia di scherzare, magari con il tono dell’esperto, lo stesso atteggiamento impuntato, gratuito quanto eccitato, sarà adottato verso la lotta politica, che ne verrà svalutata.

Quando mai si seguono seriamente i fumetti? Ma a furia di parlarne facetamente, si otterrà che i giornali perpetuino i contratti con i fumettisti. Così, chi piglia sul serio l’idiozia organizzata, come le parole incrociate o la raccolta di francobolli ? Eppure ne nasce un costume e se ne impadronisce con mortale serietà il commercio.

Quando mai si piglia sul serio la rubrica astrologica? Ma poco alla volta si faranno certi atti dettati da quella, si obbligheranno, a furia di enunciare il proprio oroscopo scherzosamente,

i giornali a rinnovare i contratti con i fornitori internazionali di rubriche.

Quando mai si crede che un talismano eviti gli scontri automobilistici? Ma a furia di scherzare sui pericoli scampati grazie a qualche ripugnante giocattolo, esso div[...]

[...]no, stiparsi la domenica in corriere onde recarsi a sciare per orridi monti. Vedili sottoporsi lietamente alle torture che li faranno somigliare a macchine ben funzionanti: idea lacrimevole per un uomo, sottoporsi a controlli sanitari simili a verifiche di macchinari (overhaulings o chec\ups), o considerare il cibo non più benedizione celeste ma lubrificante e carburante da correggere con additivi, ritenere la propria persona non già immagine di Dio ma sagoma (il gergo italiano ha sostituito a persona sagoma) da dimensionare o colorire a seconda dei precetti dei fabbricanti di dimagranti o abbronzanti o ringiovanenti.

Sono queste alcune delle distorsioni dell’uomo massa. Perché è indotto a operarle? A cagione delle sue infermità. Eccole:

L’uomo massa è sordo. Infatti non percepisce la distinzione fra suono e rumore e aborre dal silenzio. Domandai un giorno ad un cameriere costretto a stare l’intero giorno in una sala dove suonava un apparecchiogiradischi: — come fa a sopportarlo? —. Mi rispose — Non lo sento neanche.

L’uomo mass[...]

[...]contro di esso). A parte i totalitarismi che perseguitano con servizi di lavoro, adunate, e altre schiavitù saltuarie (o con la schiavitù dei campi di sterminio, che è la peggiore mai escogitata), in tempi e Stati « normali » c’è il pericolo di cadere ammalato, nel qual caso non ci sarà più Vintérieur borghese ad accogliere, il medico di fiducia ad assistere, la possibilità di recitare una bella morte, stesi sul letto a pronunciare le parole d’addio: l’uomo massa elimina dalla sua casa funzionale la morte e la nascita, che debbono avvenire in particolari carceri, i lazzaretti permanenti, come presso certe tribù primitive si confinavano moribondi e partorienti in capanne speciali per schivarne l’impurità. L’ospedale di massa è appunto un agglomerato di schiavi, tenuti a regole gratuite (come in Italia quella di stare a letto senza necessità veruna) impediti di uscire, conviventi con un loro nonprossimo, e tuttavia incapaci di rendersi conto di essere in quella condizione che pareva intollerabile agli antichi: l’esilio. Le cure sono serviz[...]

[...]ascisti italiani chiamavano «stile», che era poi una serie di trucchi escogitati al modo delle trovate dei guitti di varietà: uniformi stravaganti, stereotipi di linguaggio, di saluto, di posizione del corpo, sommamente ridicoli dunque dignitosi, secondo una delle massime dell’uomo massa. Nei cabarets e nei circhi nascono i movimenti politici di massa; il capo del movimento o i capi avranno la stessa investizione di cui godono i cantanti della radio o gli annunciatori della televisione, ed essere a contatto con loro attraverso la «macchina» del partito renderà distinti gli uomini di massa.

Ma l’uomo massa ha anche un altro mezzo per distinguersi, per sentirsi diversamente di massa, attraverso l’imitazione più pronta di certi stereotipi o attraverso l’adozione di trovate, nella vita o nel vestiario o nei gusti. Così i frequentatori di luoghi turistici particolari, gli esseri contrassegnati dalla personalità artificiosa in serie acquistata grazie al rovesciamento dell’uniformità di massa. Essi hanno un linguaggio simile allo slang preva[...]

[...]rtive su periodici di cultura italiani. E’ gente assai più volgare della comune proprio per la sicumera con cui sotterraneamente proclama: — la massa sono gli altri —, così come piùANTROPOLOGIA NEGATIVA

127

volgari degli « uomini col vestito grigio » sono quelli in camiciole non ancora «lanciate» sul mercato e scimmiette o pappagalli appollaiati sulle spalle o iene al guinzaglio, come più volgari dei bruti che urlano sugli spalti dello stadio sono i silenziosi giocatori di golf con la pipa stretta fra le labbra, più desolanti dei lettori comuni di fumetti quegli intellettuali americani che pregiano Al Capp, più irritanti dei soliti patiti di automobili gli snobs per lo più inglesi che cercano automobili di foggia antiquata. Le varianti di codesti cultori della trovata che differenzia accomunando, sono numerose: gli adoratori di prodotti industriali non più utili, che frequentano i musei ferroviari o automobilistici o cinematografici, che fremono al brivido surrealista della macchina invecchiata o che sfruttano il falso pathos dell[...]

[...]sta della macchina invecchiata o che sfruttano il falso pathos delle canzoni fuori moda o dei grammofoni a tromba o di altri gadgets antiquati; i fotografi squisiti che nobilitano il mezzo meccanico con una trovata come l’inquadratura eccentrica o la manipolazione degli acidi; i collezionisti di disegni pubblicitari o altri oggetti d’uso i quali fingono che vi sia campo d’analisi estetica nelVindustriai design; i cultori delle arti televisive, radiofoniche, elettroniche musicali, pittoriche astratte i quali fingono di aggirarsi in una sfera ontologicamente pura in grazia della tecnica nuova, la quale postula estetiche nuovissime (e se si leggono i teorici di cotale purezza ci si accorge che forniscono soltanto delle regole di gioco per una routine di esaltazioni a freddo, sportive).

Le due sette di uomini massa con la trovata che li distingue, i politicizzati e gli snob sono per lo più in fiero contrasto. Si riproduce fra politicizzati ed eccentrici la stessa attrazionerepulsione che divideva il santo focolare borghese dal bordello, i[...]

[...]ento è credenza veramente indegna di confuANTROPOLOGIA NEGATIVA

131

tazione. L’uomo massa non ha ancora esaurito le sue difese: invocherà forza di precedenti a lui favorevoli.

«Non sono cose nuove queste, di cui si discorre, in tutti i tempi ci sono stati gli analfabeti e le epoche esaltate come esempio di perfetta integrazione nascondono orrori ben peggiori dei nostri, siano essi thè age of thè Antonines cantata da Melville,

o il medioevo posto sotto il suo segno di Vergine, o l’Atene perielea o la Cina confuciana ».

Ma invero non si accusa la civiltà di massa d’essere più crudele, ma sì più smorta e squallida, meno viva e perciò, quando crudele, sconfinatamente e tecnicamente tale. Ancor meno si tenta di fomentare nostalgia per tempi andati: se mai si ricorda che in Atene le menti non erano ipnotizzate dai cocchi, ciò serve a chiaroscurare il quadro del momento attuale, non è assurdo invito a marciare a ritroso nella storia; è all’idea del bene quale è pur concepibile nelle attuali condizioni che si vuole semmai indiriz[...]

[...] percepisce ancora oggetti numinosi, sacri, singolari: egli sarà portato ad associare inconsciamente le due esperienze.

Quel che potrebbe essere res severa, verum gaudium coincide invece con la coercizione impersonale della scuola anonima, miscuglio di promiscuità e fredda solitudine, lizza per una libera concorrenza nei voti. La prima esperienza del mondo reale come dura palestra e della separazione del pubblico dal privato introduce allo studio. Il Kitsch è associato alla protezione familiare e umana e insieme al giulebboso terrorismo, mentre lo studio e la serietà sono associati all’impersonalità ed alla noia. Così forse si spiega perché il Kitsch viene cercato pur non avendo esso nulla da offrire, per un riflesso condizionato simile a quello per cui un gatto ci corre incontro quando con le labbra imitiamo un pigolìo d’uccelli, ricordo di fieri assalti al suo tempo di libertà. Ma come il pigolìo simulato è ormai il segnale della servitù dei gatti, così il Kitsch è l’emblema della noia quotidiana (sul New Yor\er apparve una vignetta di due persone intente a guardare la televisione, l’una reagisce alla faccia annoiata dell’altra esclamando: [...]



da Massimo Mila, Guillaume Dufay, musicista franco-borgognone in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - marzo - 31 - numero 2

Brano: [...]e per quasi cinque secoli mai una nota di Duf ay ebbe piú a risuonare nel mondo. Gli studi di cui fu oggetto e la bibliografia che gli si era formata intorno, competente ma scarsa, sono frutto della lettura astratta e della difficile decifrazione in archivio di codici conservati specialmente a Trento, a Bologna, a Oxford, a Vienna, a Modena, a Parigi, a Roma, Edimburgo e Bruxelles.
Pur facendo il piú largo credito alla capacità di lettura di studiosi come il Van den Borren, lo Stainer, lo Haberl, pionieri della bibliografia su Dufay, e all'intuizione critica di uno storico come l'Ambros, nessuno praticamente aveva mai udito il suono d'una musica di questo compositore. Soltanto ora la disponibilità dei testi sollecita l'iniziativa delle corali e a poco a poco, anche col sussidio determinante del disco, si viene componendo l'immagine di un'arte che si rivela tra le piú alte dell'intera storia musicale, ma che si afferma lentamente, per virtú di segreta persuasione interiore, poiché essa è aliena dall'arroganza e dalla sopraffazione: arte di intimo raccoglimento, tutta civiltà e misura, non sa alzar la voce nei certami dell'eloquenza e rifiuta ogni atteggiamento di retorica tribunizia.
158 MASSIMO MILA
2. Cent'anni dopo l'apparizione di Guillaume de Machault (13001377) nella musica e nella poesia francese, la vicenda terrena di Guillaume Dufay sembra ripeterne la par[...]

[...]ta civiltà e misura, non sa alzar la voce nei certami dell'eloquenza e rifiuta ogni atteggiamento di retorica tribunizia.
158 MASSIMO MILA
2. Cent'anni dopo l'apparizione di Guillaume de Machault (13001377) nella musica e nella poesia francese, la vicenda terrena di Guillaume Dufay sembra ripeterne la parabola protoumanistica d'una giovinezza attiva nei civili negozi e nelle esperienze di corte, poi, con l'età matura, il ritiro nella quiete studiosa d'un canonicato, in compagnia d'una ricca biblioteca e magari d'una buona cantina.
Nato intorno al 1400 in un villaggio di nome Fay, forse vicino Gâteau Cambrésis, presso Chimay, nel Hainaut, questo gentile e colto umanista, laureato in diritto forse all'Università di Torino, oppure alla Sorbona, ebbe strette relazioni con l'Italia. Putto cantore nella cattedrale di Cambrai, vi fu probabilmente condiscepolo del coetaneo Gilles Binchois (14001460) alla scuola musicale di Richard de Loqueville, magister puerorum a Cambrai dal 1413 al 1418. Sono pure da supporre relazioni con Nicolas Grenon, [...]

[...]orum, capolavoro dei suoi anni maturi, nel quale aveva inserito un patetico accenno a se stesso (« Miserere tui labentis Duf ay »), dal quale risulta senza possibilità di equivoco che il suo nome era da pronunciare in tre sillabe, con accento sull'ultima vocale.
3. L'arte di Dufay si colloca in quel clima tardogotico, connesso con la breve ma luminosa fioritura culturale del regno di Borgogna, che lo storico Huizinga ha definito « autunno del Medioevo ». Artista progressivo che evolve incessantemente nel corso della sua lunga carriera, Duf ay parte da tale situazione, dove molto sopravvive ancora della mentalità chimerica e combinatoria del Medioevo, ed approda alle soglie del Rinascimento. Uno spazio stilistico immenso separa le sue giovanili canzoni a tre voci dalle ultime messe e dai pensosi mottetti che scrisse in tarda età, o per celebrare
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GUILLAUME DUFAY, MUSICISTA FRANCOBORGOGNONE 161
grandi avvenimenti storici o per invocare l'intercessione della Madonna e la grazia di Dio nell'ora della propria morte, attesa con la calma del saggio.
Qualcosa però non cambia mai nell'arte di Dufay, nonostante la sua evoluzione, ed è la coerenza della personalità: Dufay è un mite, un gentile. Affatto alieno dall'atletismo muscoloso di atteggiamenti eroici o dalla retorica della grandiosità, ci si presenta come un Mozart del Quattrocento.
Si potrebbe accostare la sua arte al compromesso stilistico di certa pittura quattrocentesca, che pur possedendo già la scienza della prospettiva e la capacità di rendere masse e volumi, d'altra parte ancora soggiace alla lusinga decorativa del fondo d'oro. L'eleganza lineare che accomuna l'espressione sacra e quella profana nelle Madonne di Lorenzo Monaco e di Gentile da Fabriano e nelle flessuose figure araldiche di cavalieri, di dame, di destrieri e levrieri delle scene « cortesi » d'un Pisanello. La mistica innocenza del Beato Angelico[...]

[...]i 8 profani), ancora legati alla laboriosa tecnica dell'isoritmia. Cioè la costruzione d'ogni sezione del mottetto sopra una talea (figurazione di note, tema) costante e immutabile nel profilo melodico, ma sottoposta a variabili « proportiones » quantitative, che la dilatano e la restringono senza alterare i rapporti ritmici e col loro passo ora piú ora meno sollecito (per diminuzione o per aumentazione) determinano la diversa durata d'ogni episodio del mottetto. È questo uno degli aspetti dell'arte di Duf ay piú legati all'autunno del Medioevo, ed egli ne abbandonerà la pratica nell'età matura. Ma a noi moderni nulla riesce piú appassionante che questa dura disciplina strutturale autoimposta a se stesso dal compositore.
Capolavoro sommo di questo genere è il superbo mottetto Nuper rosarum flores, eseguito a Firenze nel 1436 per l'inaugurazione della cattedrale di Santa Maria del Fiore (una descrizione dell'avvenimento, con particolari
GUILLAUME DUFAY, MUSICISTA FRANCOBORGOGNONE 163
sull'esecuzione, si trova nella Cronica di Giannozzo Manetti). Studi recenti sostengono che le proporzioni ritmiche della talea (6:4:2:3) ripetono[...]

[...]le Variazioni per orchestra op. 31.
Ma già l'adozione del fauxbourdon nella seconda messa di Duf ay manifestava il desiderio di uscire dalla scarna struttura arsnovistica di un larvato contrappunto a 3 voci, di cui una, il Superius, predomina nettamente e le altre due si combinano, e spesso si incrociano, nella funzione di « HarmonieTräger », portatrici d'armonia, ossia con mero compito di sostegno. E questo lo stile acerbo di quelle che gli studiosi tedeschi definiscono « KantilenenMessen », e che vale anche per tutta la produzione profana di Duf ay
e dei suoi contemporanei.
Il fauxbourdon — la famosa « contenance angloise », come viene chiamato nel Champion des dames (146162) di Martin le Franc — era una tecnica di scrittura per voci parallele, portata sul continente dagli inglesi, principalmente attraverso l'esempio di Dunstable (ca. 13801453). Ebbe il merito di accreditare nella composizione polifonica gli intervalli di terza
e sesta, fino allora evitati in favore delle piú perfette, ma insipide consonanze di quinta e di quarta. [...]

[...]rtata sul continente dagli inglesi, principalmente attraverso l'esempio di Dunstable (ca. 13801453). Ebbe il merito di accreditare nella composizione polifonica gli intervalli di terza
e sesta, fino allora evitati in favore delle piú perfette, ma insipide consonanze di quinta e di quarta. Ma riportava la polifonia francese, già cosí evoluta e disinvolta nell'autonomia delle parti dopo Guillaume de Machault, al rigido parallelismo obbligato di medioevali or gana. Duf ay se ne serví per la prima volta nel PostCommunio della Missa Sancti Jacobi (ca. 142627), e per un po', negli anni Trenta, gli dura in varie composizioni la scalmana per questo procedimento. Poi, dopo il 1440, esso sparisce dai suoi lavori, pur restando acquisita per sempre l'eufonica dolcezza dell'uso di terze e seste.
Ma nonostante l'innegabile funzione di cerniera fra Tre e Quattrocento, si deve correggere la vecchia concezione della storiografia positivistica che
2 CH. W. WARREN, Brunelleschi's Dome and Dufay's Motet, in «The Musical Quarterly », I,Ix, 1 (gennaio 1973[...]

[...]nzone Se la face ay pale, e conseguentemente nella Messa omonima che ne deriva).
Quando escono dalla stereotipata galanteria cortigiana, le canzoni permettono talvolta di allungare uno sguardo nel carattere del personaggio Dufay. Lo vediamo in veste di saggio consigliere nella ballata Mon chier amy, curiosa composizione ortatoria, di tono quasi goethiano, per consolare un tale che, disperato per la perdita d'un carissimo amico, meditava il suicidio.
Negli anni in cui fece vita di mondo, Dufay dovette essere un simpatico bon vivant, gradito a principi e dame, che dilettava con la sua arte di cantore, e lieto compagno di passatempi, aperto a godere dei beni della vita. Alle belle ragazze di Firenze dedicò un mottetto, ovviamente profano: Mirandas parit haec urbs florentina puellas. La canzone Puisque vous êtes campieur si riferisce a un duello di bevitori. Adieu ces bons vins de Lannoys lascia intravvedere tutto un retroscena di lieti svaghi estivi, salutati con nostalgia. La scorrevole ed elegante leggerezza di J'atendray tant qu'il vou[...]

[...]di Dufay, ma non è una religiosità drammatica come quella di Josquin, di Orlando di Lasso e di Victoria; né solennemente pontificale come quella di Palestrina. E un bene intimo, serenamente posseduto, che ha la sua luminosa espressione giovanile nel citato mottetto fiorentino Nuper rosarum flores (1436). Nei capolavori della vecchiaia (Ave Regina coelorum, mottetto e messa) quella religiosità si colora di commovente autocommiserazione, ma mai il Dio di Duf ay potrebbe prendere la figura temibile del judex venturus (purtroppo è perduta la Messa da Requiem che Dufay aveva scritto per se stesso). È un Dio pietoso, tutto compassione, carità, amico della bellezza, dei fiori; forse non ha nulla in contrario nemmeno nei riguardi delle « mirandae puellae » fiorentine.
Nell'età matura si spiega la sollecitudine civile dell'artista in composizioni determinate da occasioni celebrative e politiche, come i mottetti Apostolo glorioso (1426), Supremum est mortalibus donum (1433), Magnanimae gentis (1438 o 1443), e la ballata C'est bien raison de devoir essaucier (1433), questi ultimi tutti in lode della pace, vuoi tra il papa e l'imperatore, vuoi tra le città di Berna e di Friburgo. « Staatsmotetten » de[...]

[...], ERI, 1961) numerosi esempi di palindromi e altri artificiosi giochi di parole nelle poesie del Trecento, che sembrano un'imitazione verbale dei complicati procedimenti a cui si stava avviando il contrappunto in musica.
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al sistema delle « proportiones », cioè aumentazioni e diminuzioni ritmiche, con effetto di dilatazione e restringimento nel tempo.
Su un Tenor profano è pure fondata la messa L'homme armé, collocata dagli studiosi tra il 1455 e il 1460, e perciò dopo la messa La mort de SaintGothard, la cui attribuzione a Dufay fu a lungo messa in dubbio, ma invece risolutamente affermata dal Besseler, senza poterne accertare esattamente la data, se prima o dopo la messa Se la face ay pale, forse in connessione con l'ambiente della corte dei Savoia.
La messa L'homme armé è forse la prima delle oltre trenta Messe che vennero composte, nel Cinquecento e perfino ancora nel Seicento, da Carissimi, sopra una celebre canzone francese, forse d'origine popolare, forse dovuta al compatriota di Duf ay, e alquanto piú giovane [...]

[...]el grande antenato non tarda a obliterarsi. La polifonia sempre piú consonante e soave dei Josquin des Près, dei Brumel e dei Pierre de la Rue fa sembrare quella di Dufay come rozza e imperfetta nella sua fattura primitiva, e una nube sempre piú spessa viene ad interporsi tra quest'arte nuova e l'Ars nova, ormai passata al rango di Ars antigua, con cui s'era illustrato il nostro Maestro ».
Cala cosí la notte su di lui, tanto che nel 1880 uno studioso piemontese, F. Saraceno, imbattendosi nel nome di Dufay in alcune carte dell'Archivio di Stato di Torino, lo prende per un Carneade qualunque e non s'avvede dell'importanza del ritrovamento.
Tuttavia l'eclisse della fama di Dufay dura soltanto fin verso la metà dell'Ottocento. Il romanticismo s'impadronisce del suo nome in maniera fantasiosa ed altamente improbabile con una novella La vieillesse de Guillaume du Fay, pubblicata nel 1837 in un giornale di mode parigino. Fr. X. Haberl ne dà un riassunto, non di prima mano, bensí dedotto da una recensione della « Leipziger Allgemeine Zeitung »[...]

[...] di prima mano, bensí dedotto da una recensione della « Leipziger Allgemeine Zeitung ». La spassosa invenzione del giornale parigino ci mostra Dufay e il giovane Josquin Desprès a Parigi nel marzo 1465 (Josquin avrebbe avuto 15 anni!), entrambi invaghiti della povera vedova d'un grande sonatore di rebecca, certo Thomas Chevru, ma entrambi ostacolati da bisbetiche governanti e portinaie. Il bambino della vedovella Elena s'ammala e muore nell'incendio delle cortine del suo letto. In preda al delirio Elena canta svagate canzoncine natalizie, come un'eroina di Donizetti. Dufay s'avvede che il canto ad ogni ripetizione è diverso, ma tale che può combinarsi con la versione precedente (il che, incidentalmente, può corrispondere esattamente allo stile di WechselMelodik attribuito dal
170 MASSIMO MILA
Besseler al nostro autore). Dufay comunica la scoperta a Josquin, che conferma l'osservazione. Entusiasmo e abbraccio dei due amici, che cantano insieme a due voci la doppia melodia. « Le contrepoint venait d'être découvert! »
Se da un giornale d[...]

[...]a sua arte si risveglia come una bella addormentata nel bosco. Comincia a risplendere il valore d'una vasta produzione posta a un crocevia dell'evoluzione musicale, e capace di condensare in una sintesi personale le diverse culture del suo tempo: quella francofiamminga o borgognona, quella inglese e quella italiana. La sua penetrazione è lenta e insinuante, ma non è destinata ad arrestarsi tanto presto, e già si va facendo strada presso certi studiosi la convinzione che in Duf ay si debba vedere uno dei piú grandi musicisti d'ogni tempo.
MASSIMO MILA
BIBLIOGRAFIA
FRANZ XAVIER HABERL, Wilhelm Du Fay. Monographische Studie über dessen Leben und Werke, in Bausteine für Musikgeschichte, Breitkopf und Härtel, Leipzig 1885; JOHN STAINER, Dufay and his contemporaries, Novello, London 1908; CHARLES VAN DEN BORREN, Guillaume Dufay. Son importance dans l'évolution de la musique au XV. siècle, Marcel Hayez, Bruxelles 1925; RUDOLF BOCKHOLDT, Die frühen Messekompositionen von Guillaume Dufay, H. Schneider, Tutzing 1960; CH. E. HAMM, A chronology o[...]

[...]ino 1966; M. MILA, Guillaume Dufay. I. Canzoni e Mottetti. II. Messe e altre composizioni liturgiche, Corsi universitari G. Giappichelli, Torino 1972 e 1973.
DISCOGRAFIA
GUILLAUME DUFAY, Missa sine nomine, Capella Cordina, Alejandro Planchart director, Lyrichord stereo, LLST 7234 (contiene anche la Missa Fuit homo missus, di Anonimo).
ID., Missa sine nomine, Clemencic Consort, Ars Nova (Harmonia Mundi) VST 6035 stereo (contiene anche: Danze medioevali, tra cui il rondeau Franc cuer gentil di Dufay, e il Libro di danze di Margherita d'Austria).
ID., Missa Caput, Clemencic Consort, Ars Nova (Harmonia Mundi) vsT 6072.
ID., Missa Caput. Isorhythmic Motets. Capella Cordina, Alejandro Planchart director, Lyrichord stereo, LLST 7190 (contiene i mottetti: Apostolo glorioso, Nuper rosarum gores, Fulgens iubar ecclesiae dei).
ID., Missa « Se la face ay pale », Vienna Chamber Choir « Musica antigua of Vienna », Dir. Hans Gillesberger, Vanguard, The Bach Guild DG653 (contiene anche la Missa « Sub tuum praesidium » di Obrecht).
ID., Missa « L'[...]

[...] del Piccolo Complesso di Milano per iniziativa della Finmeccanica, elaborazioni di Angelo Paccagnini (Fuori commercio), Disco N. 3, facciata B: rondeaux di Guillaume Dufay. Canzoni Le jour s'endort e La belle se siet. Ballades ,Mon chier amy e Je languis en piteux martyre. Rondeaux Resvellons nous, Vostre bruit, Pour l'amour de ma doulce amye, Je donne à tous les amoureux (strumentale).
GUILLAUME DUFAY, Adieu m'amour. Chansons und Motetten, Studio der frühen Musik, Serie Reflexe, EMI Electrola 1 C 06330 124 G (contiene: Bon jour, bon mois; Hélas, mon deuil; Pour l'amour de ma doulce amye; Ce mois de may; Se la face ay pale; J'atendray; Craindre vous vueil; Ce jour de l'an; Adieu m'amour; Vergene bella; Quel fronte signorile in paradiso; Mirandas parfit haec urbs fiorentina puellas; Magnanimae gentis; O gemma, lux et speculum; Christe, redemptor omnium).
In a medieval garden. Instrumental and vocal music of the Middle Ages and Renaissance, Stanley Buetens Lute Ensemble, Nonesuch H71120 (contiene, di Duf ay: Pour l'amour de ma doulce am[...]



da Luigi Salvatorelli, L'azione cattolica in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 7 - 1 - numero 3

Brano: [...]tri relatori e oratori. Così, mons. Siri, arcivescovo di Genova, e il sig. Rommerskirschen, presidente della Gioventù cat
Ÿ
86 LUIGI SALVATORELLI
tolica tedesca, insistettero sulla necessità della formazione individuale del cattolico militante attraverso una vita cristiana integrale. Occorre formare, disse il secondo, non una massa rigidamente inquadrata, ma cellule vitali di vita cristiana; occorre rendere inquieti gli uomini per il regno di Dio, incitandoli sempre più all'amore di Cristo che tende a comunicarsi agli altri. L'ultima vittoria sarà quella della verità, della giustizia, dell'amore.
Affermazioni particolarmente importanti furono fatte dal cardinal Caggiano, vescovo di Rosario (Argentina), circa le relazioni fra Azione cattolica e società civile. Egli ricordò che i cattolici, oltreché membri della Chiesa, sono cittadini della città terrena, entro la quale debbono dare la loro collaborazione al bene comune temporale che é il fine della società civile. Questo non é più il campo dell'Azione cattolica, ma dell'azione « dei c[...]

[...] dello stato, agli indegni e agli incapaci D.
Qui, evidentemente, siamo al di là — molto al di là — di quelle idee di influenza consequenziale, di penetrazione morale, per la modificazione in meglio e la trasformazione della società civile e politica, di cui abbiamo inteso parlare al Congresso. All'efficacia indiretta, al risultato obbiettivo terreno dell'opera soprannaturale — il « soprappiù "» data, secondo il Vangelo, a chi cerca il regno di Dio — subentra qui l'azione diretta, il proposito preventivo, 1'« interventismo» politicosociale; anche se, prudentemente, il pontefice aggiunge che «é difficile formulare su questo punto una regala uniforme per tutti ».
Questi ammonimenti del pontefice sui pericoli di ogni concezione (( puramente religiosa » dell'Azione cattolica, non erano sulla
90 LUIGI SALVATORELLI
sua bocca cosa nuova. Già quattro anni innnanzi, per due volte nel corso di otto mesi, Pio XII aveva manifestato la stessa preoccupazione. Parlando il 22 gennaio 1947 ad alcune centinaia di signore e signorine aderenti ai gruppi[...]

[...]o il 22 gennaio 1947 ad alcune centinaia di signore e signorine aderenti ai gruppi di « rinascita cristiana» — un movimento o una organizzazione cattolica italiana di cui non ci é accaduto in seguito di sentir menzione — egli aveva affermato risolutamente che «il voler tirare una netta linea di separazione tra religione e vita, tra soprannaturale e naturale, tra Chiesa e mondo, come se non avessero nulla a che fare tra loro, come se i diritti di Dio non avessero valore in tutta la multiforme realtà della vita quotidiana, umana e sociale, é completamente alieno dal pensiero cattolico, é apertamente anticristiano ». Aveva soggiunto che quanta più « oscure potenze » osi sforzano di bandire la Chiesa e la religione dal mondo e dalla vita, tanto più é necessaria da parte della Chiesa stessa un'azione tenace, perseverante, per riconquistare e sottomettere tutti i campi del vivere umano al soavissimo impero di Cristo, affinché il suo spirito vi aliti piú largamente, la sua legge più sovranamente vi regni, vi trionfi più vittoriosamente il suo a[...]

[...]lità, per Pio XI questo partito sembra aver fatto figura di «terzo incomodo ». Gli interessi cristiani, l'espansione cattolica dovevano essere tutelati e promossi dall'Azione cattolica, cioè dalla Santa Sede e dall'episco pato, e da questi soltanto. I concorsi necessari sul terreno politico propriamente detto Pio XI li ricercava piuttosto, secondo le sue tendenze conservatrici e autoritarie, nell'intesa diretta coi governi: donde lo sviluppo grandioso da lui dato alla politica concordataria. L'offensiva, pertanto, del fascismo giunto al potere contro il P.P. lo lasciò indifferente; e D. Sturzo fu pregato a un certo momento — anzi, in due momenti consecutivi — di trarsi di mezzo, per non recare danno alla religione e imbarazzi alla Santa Sede.
Dopo la soppressione delle libertà pubbliche, a cui il pontefice aveva assistito (per quanto possiamo giudicare da certi suoi atteggiamenti) con neutralità benevola, per non dire con qualche compiacenza, Papa Ratti giunse a concludere — in un triennio di approcci e di trattative iniziate, sospese e[...]

[...]io XII non ci furono novità sostanziali per l'Azione Cattolica: se mai, una accentuazione del suo carattere ecclesiastico e locale (cioè, estraneo alla politica). Le modifiche ai suoi statuti, apportate nell'estate del 1939 dalla commissione cardinalizia preposta all'A.C. da Pio XII — al posto dell'alta direzione personale tenuta dal suo predecessdre — sancivano una più diretta assunzione del governo dell'A.C. da parte dei vescovi per le singole diocesi, e dei parroci per le singole parrocchie, con una trasformazione profonda degli organi direttivi centrale e diocesani: scomparivano il presidente generale (laico) e i presidenti (laici) delle Giunte diocesane. In quanto alla Commissione cardinalizia — il cui segretario (ecclesiastico) assumeva il nome di direttore nazionale dell'A.C. —, essa si limitava alla nomina di certe cariche e all'emanazione eventuale di norme generali. Particolare caratteristico: alla «tessera» era sostituita la «pagella d'iscrizione », e gli «ascritti» prendevano íl posto dei « tesserati ». Se si legge con qualche attenzione il discorso del papa, il 4 settembre 1940 (l'Italia era entrata già in guerra), alle rappresentanze dell'Azione cattolica italiana, si avverte il carattere accentuatamente religioso, spirituale,[...]

[...]tù femminile di A.C.; sig. Carlo Moro, Presidente centrale degli Universitari di A.C.; sig.na Piera Lado, Presidente centrale delle Universitarie di A.C.; prof. Giov. Batt. Scaglia, Presidente centrale del Movimento Laureati di A.C.; sig. Corrado Corghi, Presidente centrale del Movimento Maestri di A.C.
Questa enumerazione servirà a spiegare la struttura «orizzontale» dell'A.C. italiana, mentre quella verticale l'abbiamo indicata già: centrale, diocesana, parrocchiale. E qui sia accennato brevemente come la struttura più organica e unificata dell'A.C. é appunto quella italiana. Negli altri paesi l'aspirazione della S. Sede era di arrivare a una organizzazione unitaria pienamente equivalente; ma questa aspirazione si é realizzata in modo e misura assai diversi da un paese all'altro, e perfettamente forse in nessuno. I più distanti ne rimangono, crediamo, Francia e Germania, ove la molteplicità e l'autonomia delle precedenti organizzazioni hanno radici più salde. A voler dare maggiori particolari, occorrerebbe poco meno di un altro artico[...]

[...]nza Generale,. cioè, sotto il Veronese, si poteva ancora considerare un organo di collegamento e coordinamento superiori, piuttosto che di suprema direzione autoritaria. Questo stato di cose appare notevolmente cambiato da quando al Veronese è successo, al principio del 1952, il Gedda. Il cambiamento avvenne, come si vede, appena qualche mese dopo il Congresso internazionale dell'Apostolato laico su cui ci siamo fermati al principio di quello studio. Mostrammo già una certa differenza di orientamento fra il Congresso medesimo (o almeno la sua maggioranza) e il discorso del Pontefice nell'udienza finale ai congressisti. Il Gedda dovette esser giudicato dal pontefice più vicino del Veronese alla sua propria concezione, più adatto di lui ad incarnarla: e probabilmente tale giudizio, se arrive. alla conclusione decisiva dopo il Congresso, era già andato maturando prima.
Le espressioni congetturali sono ragionevoli in quanto che è ben poco quello che si sa con precisione e sicurezza di ciò che si svolge nelle alte e altissime sfere ecclesias[...]



da Luigi Rodelli, Noterelle e schermaglie. I cattolici, la politica e la morale assolutistica in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - luglio - 31 - numero 4

Brano: [...]è quella della religione cattolica come religione dello Stato italiano (non denegata dalla quarta bozza di revisione), con quel che segue e seguirà.
Ma che cos'è la capacità di testimonianza? Testimoniare la fede è l'atto che il credente compie nel sentirsi in rapporto con l'assoluto, con la verità rivelata. La « dimensione sociale della fede », di cui parlano i cattolici, non è l'effetto di molteplici, libere interpretazioni della « volontà di Dio » da parte dei singoli credenti, ma è il presupposto stesso di quella mediazione ecclesiastica tra l'uomo e Dio che fa della Chiesa cattolica una istituzione chiusa, con la pretesa dell'universalità.
Per quanti sforzi facciano i cattolici per identificare la democrazia col pluralismo, esaltando la funzione della famiglia e della parrocchia come « società intermedie » tra l'individuo e lo Stato, ciò che resta irrisolto nella loro dottrina è il problema dell'educazione all'autonomia di giudizio e alla responsabilità personale di ciascuno, che è il problema della democrazia.
L facile capire perché la morale cattolica dia un contributo cosí scarso all'instaurarsi della democrazia, cosí come scarso è quel[...]

[...]brato in questi ultimi anni, sotto l'abbaglio del Concilio Vaticano ri. L'ultimo tentativo di imporre la cosiddetta « pax christiana » con una campagna di persuasione di massa risale a meno di trent'anni fa e ha avuto per fulcro l'idea di Roma. L'« operazione Sturzo » per la conquista del comune di Roma fu organizzata da Pio xrr nel 1952, in concomitanza con la crociata « per un mondo migliore », guidata dal recentemente scomparso « microfono di Dio », il gesuita Riccardo Lombardi [1].
Il misticismo di papa Pacelli si coniugava con la politica e aveva in serbo la « rigenerazione cattolica della società », che il papa voleva realizzare senza
[1] A sentire questo nome, la redazione di « Belfagor » non può non ricordare ai lettori piú recenti una noterella di venti anni Ia, autore MASSIMO MILA, Il ruzzolone di padre Lombardi, « Belfagor » 4 (1949), pp. 9193, raccolta poi nella nostra strenna divorzista L'Italia clericale del 1974.
i
484 NOTERELLE E SCHERMAGLIE
indugi, col diretto intervento nel sociale, in termini di riconquista ecc[...]



da [Le relazioni] E. Garin, Gramsci nella cultura italiana in Studi gramsciani

Brano: Eugenio Garin

GRAMSCI NELLA CULTURA ITALIANA

In un testo del 1933 Gramsci fissò i canoni per lo studio di una « concezione del mondo » die il pensatore non abbia mai « esposto sistematicamente », e quindi non sia consegnata, come tale, a un « singolo scritto o serie di scritti », ma debba essere rintracciata « nell’intiero sviluppo del lavoro intellettuale vario in cui gli elementi della concezione sono impliciti ». In un’indagine del genere « occorre... preliminarmente un lavoro filologico minuzioso e condotto col massimo scrupolo di esattezza, di onestà scientifica, di lealtà intellettuale, di assenza di ogni preconcetto ed apriorismo o partito preso ». Si tratta di « identificare gli elemen[...]

[...]ioso e condotto col massimo scrupolo di esattezza, di onestà scientifica, di lealtà intellettuale, di assenza di ogni preconcetto ed apriorismo o partito preso ». Si tratta di « identificare gli elementi divenuti stabili e 64 permanenti assunti come pensiero

proprio », distinguendoli dal materiale che è servito di stimolo, e fissando « dall’intrinseco » gli eventuali « periodi » e i possibili « scarti » \

« È osservazione comune di ogni studioso come esperienza personale, — prosegue Gramsci — che ogni nuova teoria studiata con “ eroico furore ” (cioè... non per mera curiosità esteriore ma per un profondo interesse) per un certo tempo, specialmente se si è giovani, attira di per se stessa, si impadronisce di tutta la personalità e viene limitata dalla teoria successivamente studiata finché non si stabilisce un equilibrio critico e si studia con profondità senza però arrendersi subito al fascino del sistema o delTautore studiato. Questa serie di osservazioni valgono

tanto più quanto più il pensatore dato è piuttosto irruento, di c[...]

[...]l pensatore dato è piuttosto irruento, di carattere

1 M. S.} p. 76.396

Le relazioni

polemico e manca dello spirito di sistema, quando si tratta di una personalità nella quale l’attività teorica e quella pratica sono indissolubilmente intrecciate, di un intelletto in continua creazione e in perpetuo movimento, che sente vigorosamente l’autocritica nel modo più spietato e conseguente ».

Gramsci — è noto — si riferiva a un eventuale studio su Marx: eppure ai nostri orecchi suonano indicativi proprio per uno studio sulla sua opera i suoi avvertimenti : distinguere fra scritti compiuti e pubblicati, e scritti postumi; fra lavori conclusi i(« Un’opera non può mai essere identificata col materiale bruto raccolto per la sua compilazione : la scelta definitiva, la disposizione degli elementi componenti, il peso maggiore e minore dato a questo o a quello degli elementi raccolti nel periodo preparatorio, sono appunto ciò che costituisce l’opera effettiva»), Delle lettere converrà usare con cautela : « un’affermazione recisa fatta in una lettera non sarebbe forse ripetuta in un libro. La vivacità stilistica del[...]

[...]mo nuovo dei nostri tempi, che tanto ancora avrebbe potuto dirci ed insegnarci. Ma la sua luce s’è spenta e noi non vediamo ancora chi per noi potrà sostituirla... ». Ne La città futura, ove pure riporta un lungo testo di Salvemini sul concetto di cultura, nel riprodurre anche un testo di Croce* Gramsci lo chiama « il più grande pensatore d’Europa in questo momento ». E più oltre (« Margini » 6), a proposito del « socialismo scientifico » di Claudio Treves, rimanda al « positivismo filosofico » (« questa concezione non era scientifica, era solo meccanica, aridamente meccanica... ne è rimasto il ricordo scolorito nel riformismo teorico... un balocco di fatalismo positivista » ).

2 P., p. 130.400

Le relazioni

ma di lavoro tracciato cosi organicamente, e con si ampio respiro, nella ben nota lettera del 19 marzo 1927. Dell’inattuabilità di quel piano Gramsci si accorse subito : e non tanto per gli ostacoli materiali — mancanza di libri, impossibilità di compiere indagini preliminari — ma soprattutto per la condizione « mentale » in[...]

[...]etti spesso infondati », comunque privi sempre di « quel pensiero sintetico che scevera, fonde, integra in un tutto » 4.

1 P., p. 7.

2 M. Sp. 191 : « La filosofia della prassi deriva certamente dalla concezione immanentistica della realtà, ma da essa in quanto depurata da ogni aroma speculativo e ridotta a pura storia o storicità o a puro umanesimo. Se il concetto di struttura viene concepito 44 speculativamente ”, certo esso diventa un 44 dio ascoso ”; ma appunto esso non deve essere concepito speculativamente, ma storicamente, come l’insieme dei rapporti sociali in cui gli uomini reali si muovono e operano, come un insieme di condizioni oggettive che possono e debbono essere studiate coi metodi della 44 filologia ” e non della “ speculazione Come un 44 certo ” che sarà anche “ vero ”, ma che deve essere studiato prima di tutto nella sua 44 certezza ” per essere studiato come 44 verità”.

Non solo la filosofia della prassi è connessa all’immanentismo, ma anche alla concezione soggettiva della realtà, in quanto appunto la capovol[...]

[...]pone come autonomo : « può venir 44 turbato ” dagli uomini, ma non ne è determinato e vivificato » ; è « uno schema, un piano prestabilito, una via della provvidenza, una utopia as ir atta e matematica, che non ha mai avuto non ha e non avrà mai riscontro alcuno nella realtà storica ». Gli economisti di tipo einaudiano « hanno tutta la mentalità dei sacerdoti : sono queruli e scontenti sempre, perdié le forze del male impediscono che la città di Dio venga da loro costruita in questo basso mondo ».

Nell’idea di una « natura » umana si cela « un residuo 44 teologico ” e 44 metafisico ” ». « La natura dell’uomo — insiste Gramsci — è la 44 storia ”... se... si dà a storia il significato di 44 divenire ”, in una 44 concordia discors ” che non parte dall’unità, ma ha in sé le ragioni di una unità possibile; perciò la 44 natura umana ” non può ritrovarsi in nessun uomo particolare ma in tutta la storia del genere umano » 2.

1 O. N. pp. 2325.

2 M. Sp. 31.

27.408 Le relazioni

Ove, ancora, quella « storia del genere umano » lungi d[...]

[...]ndole per difendere interessi di parte ». E basterà rileggere gli articoli pub* blicati sull’Avanti! nel novembre del ’19, e riflettere sul si detto a Cavour,, e sul no detto a Giolitti, per comprendere, non solo la maturità della visione gramsciana della storia d’Italia, ma anche la sua vibrante condanna dell’esperantismo e la sua insistenza sulle « traduzioni » nazionali dei grandi moti della storia3. Il ricorrente richiamo a Kant che decapita Dio, mentre Robespierre decapita il re, non vuole indicare soltanto il rapporto fra una « tranquilla teoria » che cambia le « idee », e una

1 Seguita : « In questo senso si può interpretare la tesi del proletariato tedesco erede della filosofia classica tedesca — e si può affermare che la teorizzazione e la realizzazione dell’egemonia fatta da Ilici è stato anche un grande avvenimento “metafisico”». E ancora (M. S., p. 32): «Nella storia 1’“ uguaglianza ” reale, cioè il grado di “ spiritualità ” raggiunto dal processo storico della “ natura umana ”, si identifica nel sistema di associazioni “ [...]

[...]entre tutto il sistema della filosofia della prassi può diventare caduco in un mondo unificato, molte concezioni idealistiche, o almeno alcuni aspetti di esse, che sono utopistiche durante il regno della necessità, potrebbero diventare “ verità ” » 2. Avviene, è vero, che « la stessa filosofia della prassi tenda a diventare una ideologia » ; tenda, anch’essa, a concedere « a necessità esteriori e pedantesche di architettura del sistema » e ad « idiosincrasie individuali » ; tenda insomma a farsi « astorica ». Lo sforzo costante di Gramsci è stato quello appunto di opporsi a qualsiasi trasformazione della filosofia deBa prassi in una metafisica o teologia, per svolgerne « uno “ storicismo ” assoluto », inteso come « mondanizzazione e terrestrità assoluta del pensiero », come un « umanismo assoluto della storia ».

Per questo l’attività critica, la sola possibile, è impiegata costantemente a risolvere « i problemi che si presentano come espressione dello svolgimento storico » ; e poiché « l’unità della storia, ciò che gl’idealisti chiama[...]

[...]ll’antichità classica, ma al periodo dal Trecento al Seicento, e che fu ricollegata all’età classica dalFUmanesimo e dal Ri
1 A. LORIA, Marx e la sua dottrinay Palermo, Sandron, 1902, p. 64 (da un art. del 1 aprile 1883): «Carlo Marx... è la produzione fatale dell’età... Era il 1840. La vecchia metafisica era morente, il nuovo positivismo non era ancor nato. Era dunque troppo tardi per essere metafìsico, troppo presto per essere positivista. Studioso della filosofia hegeliana, ei tentò ringiovanirla, associandola all’indagine delle scienze storiche e giuridiche; e più tardi, quando il nuovo indirizzo della scienza ebbe vasto trionfo, egli si immerse nell’investigazione realistica, studiò la vita sociale, e tentò di innestare nel tronco delle sue teorie filosofiche le immense nozioni positive, che aveva acquisite. Ma l’antico indirizzo del suo pensiero e de’ suoi studi non fu cancellato. Malgrado la sua cognizione meravigliosa della vita reale, ei rimase un metafisico in mezzo a una generazione di positivisti, vagheggiando la determinazione dell’Idea fra genti che non ne comprendevano il nome ». Presso lo stesso editore, nella « Biblioteca di scienze sociali e politiche», n. 32, nel 1900, Croce aveva riunito i suoi « saggi critici » su Materialismo storico ed economia marxista[...]

[...]mai; ov’è, in certo modo, la verifica della tesi gramsciana deH’erasmismo di Croce; anche se è da chiedersi se non si tratti piuttosto di un Voltaire senza l’ironia crudele di Voltaire, con la maschera di Erasmo (e di un Erasmo un po’ convenzionale)3.

1 P., p. 16 (cfr. p. 28 sgg.; L. V. N., pp. 2045, R., p. 6 sgg.).

2 Cfr. L., p. 115 («quando vidi il Cosmo, l’ultima volta nel maggio 1922... egli ancora insistette perché io scrivessi uno studio sul Machiavelli e il machiavellismo; era una sua idea fissa, fin dal 1917, che io dovessi scrivere uno studio sul Machiavelli, e me lo ricordava a ogni occasione » ).

3 Le due « figure » GramsciMachiavelli, CroceErasmo hanno un valore paradigmatico. Ciò non toglie che, mentre la « passione » di Machiavelli è bene afferrata per conoscenza diretta, l’Erasmo gramsciano è sfocato (è un Erasmo quale lo poteva delineare De Ruggiero). Del Croce è da rileggere proprio quello che scrive sulla « politica » del M. intorno al ’25, e subito dopo (cfr. Etica e politica, ed. 1943, pp. 251 e 246: «è risaputo che il M. scopre la necessità e l’autonomia della politica, della politica che è al di là, o piut414

L[...]

[...] piuttosto il giustiziere che il giustificatore, quando essere ingiusti è necessario, e bisogna dannarsi e non salvarsi, l’olimpica serenità gocthiana è piuttosto irritante che consolante. Gramsci — l’aveva già notato Gobetti (che per questo gli fu vicino) — è invece l’espressione dell’intransigenza morale più aspra nel campo della cultura; l’imperativo più forte alla lotta per la libertà 1, anche a costo di perdere l’anima, a costo di riuscire odiosi alle anime belle : perché l’umanità si serve nella volontà ferma di costruire un mondo comune oltre le scomuniche, perché la verità è cosa comune, con un linguaggio comune. Ed è questa verità comune, non oracolare e non fuori del tempo, ma che nella storia si costruisce e nella storia si consuma, tutta umana, di uomini e per uomini, quella che Gramsci cerca e per cui lotta: per questo, oltre le parti, egli è di quanti in Italia intendono lavorare insieme intorno a problemi precisi (alle « piccole cose » ), con semplicità, con quanti più uomini è possibile. Sarà indulgenza alla retorica, ma [...]


precedenti successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Dio, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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