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da Franco Cagnetta, Inchiesta su Orgosolo. Parte prima: Vita sfortunata di Ziu Marrosu Gangas vecchio orgolese in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 9 - 1 - numero 10

Brano: [...]lora ho bevuto, e ha pagato tutto lui.

— Senti, so che sei buon cacciatore. Se ci hai un cinghiale di 67 chili te lo compro.

— Bene, bene.

Mi imputano la prima volta per una rapina a Benetutti, il 1890, e vado da lui. Era il giudice CoiPodda.

— Sentite, mi è successo questo.

— Non ti preoccupare. Ti tiro io in due o tre giorni. (E così è stato). Piuttosto, combina qualche bella caccia di cinghiale. Al Sopramonte.

— Sapete — gli dico io — Ci sono latitanti.

— Non importa — dice lui.

La massima contentezza.

— State sicuro — dice — So che sta Corbeddu e sono stato a caccia due o tre volte con lui. Anche con Congiu di Oliena e qualche altro.

Vado a Corbeddu, lo dico, e facciamo allora una caccia. Hanno ammazzato due mufloni e sei sette cinghiali. Dopo ce l’abbiamo cotto uno sotto terra, al fuoco.

Gli ha detto a Corbeddu: — Tu sei un grande capocaccia!

Allora passa un cinghiale, gli ho tirato e quello è morto.

— È un tuo degno alunno! — dice, CoiPodda.

E si è preso quello ancora. Poi si è andato e a noi tutti versava98

FRANCO CAGNETTA

tabacco, dinari, dicendo che quando veniva la combinazione, di scrivergli, perché amante di trovarsi a caccia.

Anche col Sindaco di Oliena abbiamo avuto di queste cacce. E una volta, rubate le pecore, v[...]

[...]icendo che quando veniva la combinazione, di scrivergli, perché amante di trovarsi a caccia.

Anche col Sindaco di Oliena abbiamo avuto di queste cacce. E una volta, rubate le pecore, viene lui e ci dice, tutto tranquillo:

— Vai a Mamoiada, va a tale casa. Gli porti queste pecore.

E ci danno vino, tabacco, munizioni. E quando ci ha visti ci ha detto :

— Prendete una pecora.

E così ce l’abbiamo mangiata subito, insieme.

Adesso vi dico la prima rapina grave che mi hanno imputato. Era la famosa rapina di Tortoli, il 1° ottobre 1899, in casa del fratello del vescovo De Pau di Lanusei, che duecento o trecento latitanti si presero tutto Toro, dieci casse, e sgozzarono un servo. Anche un latitante fu lasciato senza la testa e le mani, tagliate, per non farlo conov scere.

Io ero in età di soldato e vado a farlo. In fortezza al 28° artiglieria. Ho avuto fortuna e fatto due anni invece di tre, perché ho tirato un numero alto. Tornavo proprio il giorno prima di quella rapina. Ma ora mi penso che ero a Bologna, il 1° ottobre 1899.[...]

[...]uattro o cinque, ed io scappo. Sono caduto e mi acchiappano. E allora mi portano a Oliena e a Nuoro. Dopo un paio di giorni viene il giudice istruttore:

12 o 13 capi di accusa. Quello che li stuzzicava era il fatto di Tortoli. Mi fanno lavorare:

— Dite la verità. Con chi stavate il 1° ottobre, in rapina di Tortoli ?

Cera accanto un mio parente, Gangas, come scrivanello, che mi

faceva segno di non dire niente.

— Adesso mi ricordo — dico io.

I carabinieri tutti contenti. Non stavano più alla pelle.

Ho conosciuto Neri Giovanni, sergente.

— Sotto un altro!

— Ho conosciuto Bianco Domenico, furiere.

Gliene dico un altro : Bonomo Giovanni. Questo Bonomo Giovanni era tenente.

— Altro! Altro!

iINCHIESTA SU ORGOSOLO

99

Allora arrivo al capitano: — Frangieri scgnor ditto Comandante del 28° Artiglieria di Porterra.

— Come? Come?

— Porca madonna!

— Beh, che Fè? L’è questo.

— Adesso vi do due schiaffi. ,

— A me non mi date schiaffi. Proprio niente.

Pum! pum! pum! : campanello.

— Le guardie! Prendete a quello!

Era arrabbiato.

— Che avete fatto Ganga?

— Così così. Mi ha detto di dire i nomi di con chi stavo il 1° ottobre e ho detto i nomi del battaglione.

Mi porta[...]

[...]Viene il sottogiudice: — Permesso?

— Avanti.

Si parla bene. Gli spiego la cosa. E c’era anche il mio parente scrivanello.

— Il primo ottobre ero a caserma S. Giustino, Bologna. Se volete tre o quattro lire per fare un telegramma le pago io.

— Basta, basta!

Fanno il telegramma e risulta Gangas Antonio fu Giovanni Antonio partito il giorno tale. Torna a chiamare il giudice di prima. Aveva un volto scuro.

— Vedete! Ho telegrafato. Dicono che siete pardto a settembre.

— Lei sogna. Lei si vede le mosche in sogno. Me lo lasci vedere a me il telegramma.

— Beh! Finitela!

Stava il carceriere vicino a lui con un involto.

— Volete la libertà provvisoria?

Io me lo ho preso per uno scherzo.

— E accidenti! Ma che si crede? Che io sia un Giovanni Tolu, un famoso latitante? E accidenti!100

FRANCO CAGNETTA

Viene il capocarceriere e mi dà il fagotto in mano: era la roba mia. « Beh, buono ».

Torno a casa e vado di nuovo a fare il ladro.

Questa volta ci avevo più esperienza. Nei tempi antichi, specie quando pe[...]

[...]vile con pecore grasse, e lì c’erano tre persone a dormire: due uomini ed una donna. Andiamo in silenzio, tutti scalzi, e a me mi mandano avanti, che mi butto addosso alPuomo più robusto.

— Porca madonna!

— Zitto, zitto, che ti uccido.

Metto la mano, e ho visto che quello era una donna: ci aveva una mammella.

— Ma tu sei una donna!

— State fermo. State fermo.

Ci stava uno che gli era venuta una brutta voglia.

— E i maiali? — dico io.

— I maiali li abbiamo mandati via ieri.

Quello intanto si era avvicinato a quella donna.INCHIESTA SU ORGOSOLO

101

— È mia figlia. Lasciate stare!

Ho capito, e ho detto alPamico: — Siamo venuti per pecore, non per donne.

— Se ti muovi ti tiro col fucile. — È stato fermo.

Ci prendiamo il formaggio, un po’ di argento, che ci avevano, e ce ne andiamo.

Un tempo dopo mi trovo a Lula, alla festa di S. Francesco.

Ed ecco che ero a un vendugliolo di vino, ma ero poco brillo.

Ecco una giovanetta di 1617 anni con una bottiglia di vino in mano e un fazzoletto sul labbro[...]

[...]cosa all’orecchio.

Viene quest’uomo e mi dice: — Salute, salute!

— Salute — faccio io. E mi ero insospettito.

— Dobbiamo bere insieme — dice l’uomo. — E pago io.

— Di dove siete? — dice.

— Della parte di Oliena.

— Ah, questo non è vero. (Mi conosceva dal vestire).

— Di Orgosolo.

— Dite — dice. — Non per male. Ma dove eravate la notte tale, ad ora tale.

— A casa mia. « Porca miseria — penso io. — È un gendarme ».

Gli dico a tale e tale posto.

— Non è vero! Tu ti trovavi fuori dalla tua abitazione, dalla parte di ***.

Io dico : — Sì. Può essere — e stavo per mettere la mano al coltello.

Allora chiama sua figlia e le dice: — Nina, ti ricordi di quest’uomo?

— Sì, perché c’era un raggio di luna e l’ho conosciuto in volto.

Porca madonna, stavo proprio per dare un colpo!

— Ci avete fatto bene — dice l’uomo. — Non temete. Bevete ora e grazie, grazie davvero.

Allora gli ho manifestato e siamo stati amici. Tanto tempo.

Una volta, invece, vado a rubare maiali senza prenderne uno solo per me. La sola volta che è successo. Questa volta mi viene un uomo102

FRANCO CAGNETTA

in casa. E siamo soli. Mi dic[...]

[...]oprio per dare un colpo!

— Ci avete fatto bene — dice l’uomo. — Non temete. Bevete ora e grazie, grazie davvero.

Allora gli ho manifestato e siamo stati amici. Tanto tempo.

Una volta, invece, vado a rubare maiali senza prenderne uno solo per me. La sola volta che è successo. Questa volta mi viene un uomo102

FRANCO CAGNETTA

in casa. E siamo soli. Mi dice che c’è un suo cognato che ci ha perduto tutto il gregge.

— È possibile? — dico io.

— Sì. È stata la mancanza di erba, di acqua. E poi la volpe, il sequestro.

Andiamo a un compagno e ne prendiamo 7 od 8. Così ci andiamo in un posto e abbiamo preso una vaccina. Poi 10 o 15 pecore, che l’erano proprio belle. Le diamo a questo cognato. E quello tutto contento.

Il giorno dopo viene un ragazzo in casa mia e mi porta una crobbuia di grano. Dico:

— Chi sei?

Scoppia a ridere e scappa via.

Il giorno dopo viene una bambina con un bel pezzo di lardo:

— E tu chi sei?

Scappa via e io vado, dietro, sino a casa della madre.

Qui la donna mi vede e sorride: — Ci avete salvato. Quella è roba vostra.

— Come l’è? — dico.

— Questa è roba vostra. Non la mia. Grazie a voi. Benedette le tue mani!

Io mi ho scappato e gli ho dato indietro grano e lardo.

Ci capitavano anche di quelle disavventure. ,

Una volta siamo andati (non l’ho mai confessato a nessuno e lo confesso adesso) a fare un affare: a rubare in qualche posto. E lì, insieme, dove ero mi hanno messo di guardia. C’erano anche altri, ma lontani; ognuno al posto suo.

Viene un uomo verso di me. Lo chiamo e questo torna indietro. Lo chiamo allora. Macché, macché! Lo ho minacciato col fucile.

Allora questo: — Pé pé, pé pé — si è messo a fare.[...]

[...] passati i ladri?

— Da quella parte — faccio sempre a gesti.

— Quanti erano?

— Due — faccio con le dita. Mi metto ancora a fare di quei segni, che volevano dire: Mangiare. Fumare. Mi danno pane e formaggio ed

io mi butto che sembrava che mai avessi visto da un anno almeno quella grazia di Dio. Poi un pezzetto di sigaro: e mi ho fatto una fumatina.

Intanto arrivano i miei compagni e ci siamo buttati addosso.

— Dammi due pecore — dico io — o ti ammazzo col coltello.

Quelli, a sentire la voce, si hanno preso più paura. Così ne abbiamo prese tutte e venti e le abbiamo vendute a certi di Napoli che viaggiano in Orgosolo per quel mestiere.

Mi è capitato pure di fare il fantasma nel paese.

Per un affare da fare contro certi pecorai di Oliena che ci avevano pecore in paese mi trovo solo una notte, vicino al Cimitero. Passa una donna e sento: — Oh! oh! oh!

— Che diavolo c’è?

— C’è il diavolo. C’è il diavolo qui — si mette a gridare.

Scappa via e non ho avuto il tempo di sparare.

Il giorno dopo tutti sapevano [...]

[...]. C’è il diavolo qui — si mette a gridare.

Scappa via e non ho avuto il tempo di sparare.

Il giorno dopo tutti sapevano che c’era il diavolo in paese. È sortita una voce, in paese, che dura sino ad ora. Ed invece il diavolo, povero diavolo, non ero che io.

Ma anche questo non lo ho tralasciato e mi è servito per il mio mestiere.

Una volta stavamo in tre o quattro giovanotti: — Visto che c’è104

FRANCO CAGNETTA

paura nel paese — dico io — non ce ne stiamo con le mani in mano. Andiamo nelle case facendo spavento a dire che siamo i morti. E poi mangiamo come vivi.

Dicono: — Bene. — E tutti d’accordo siamo andati prima a casa di un mio zio. Ci avevamo la faccia con un po’ di nerofumo e un fazzoletto scuro. Andiamo a mezzanotte e bussiamo.

— Come vi chiamate?

— Mi chiamo Gangas Luigi. Faccio il pastore.

— Adesso vi prendiamo e vi portiamo al cimitero. Siamo anime dannate.

Incomincia a gridare, a chiamare la moglie.

— Beh, che ci avete di bevere?

Tirano un po’ di vino.

— Perché adesso ci avete calmato il fuoco d’inferno che ci brucia partiamo. Torneremo domani.

Si son chiusi in casa e li abbiamo sentiti pregare.

Andiamo allora in cas[...]

[...]na testa di cavallo morto e ci metto dentro agli occhi due lumini. Li accendo e metto la testa su una pertica.

Allora siamo andati e cantavamo tutti insieme:

In cantu erabamus vivos andammos rio rios Como che semos mortos andamos per sos ortos (*).

I pastori se ne sono scappati a gambe all’aria e noi ci abbiamo preso 5 o 6 pecore, ma di quelle buone!

Una volta invece ho trovato io di questi spiriti, ma erano spiriti di orgolesi. E vi dico che succede.

Questa volta io tornavo in paese dal Cimitero. Le 11 di sera. Quando sono arrivato qui vedo due uomini che portavano una capra in spalla.

Rubata? Eh, sicuro!

Vedono che passa un uomo e si mettono a far vedere che dicevano preghiere:

Patre mea, pea, pea.

Parlavano e non si capiva il resto di niente:

(*) Quando eravamo vivi / andavamo lungo i rivi / Ora che siamo morti / andiamo per gli orti.106

FRANCO CAGNETTA

Patre mea, Ave Maria.

10 subito ho capito. «Certamente ci hanno abile studio. Ma li aggiusto io ».

— Cantate in latino? — gli dico.

E quell[...]

[...]una capra in spalla.

Rubata? Eh, sicuro!

Vedono che passa un uomo e si mettono a far vedere che dicevano preghiere:

Patre mea, pea, pea.

Parlavano e non si capiva il resto di niente:

(*) Quando eravamo vivi / andavamo lungo i rivi / Ora che siamo morti / andiamo per gli orti.106

FRANCO CAGNETTA

Patre mea, Ave Maria.

10 subito ho capito. «Certamente ci hanno abile studio. Ma li aggiusto io ».

— Cantate in latino? — gli dico.

E quelli niente:

Patre mea, pea, pea.

— E adesso vi faccio cantare in orgolese — dico.

Ero in ginocchio, vicino al muro, con il fucile puntato. Mi hanno conosciuto e veduto così.

— Non sparate! Non sparate!

— Chi siete?

— Compagni tuoi.

Insomma, vado là e li trovo più morti che vivi. Poveracci!

— Andate, andate. E arrangiatevi.

11 giorno dopo vengo a sapere che la crapa risultava rubata ad un mio amico. Di Orani. Vado alPamico, e dico: — Sapete. C’è la possibilità di riavere la bestia. Bisognerebbe, però, pagare tanto.

— Bene, bene — dice. — Vale di più. Sei proprio un amico.

Vado a trovare quei due gaglioffi e faccio minacce. Il giorno dopo

che Thanno rubata si ritrova la crapa. Io mi ho preso i soldi. E gli ho dato pure 5 lire a quei ladracci.

Ne ho passate di brutte in quegli anni e, per quanto specialista in pecore, ho visto anche sotto i miei occhi ammazzare una donna. Come capra. Si chiamava Podda Battonia, una bella donna. Deceduta il 1899.

Un giorno che ero ad Orgosolo e camminavo nel paese, trovo il[...]

[...]o andati e, con queste braccia, gli colgo due maiali. Li portiamo a casa: li abbiamo ammazzati e li puliamo bene bene.

La mattina viene Crapoledda e mi chiede: — Dammi il maiale.

— E la mia parte?

— No — dice Crapoledda. — Se no ti arresto. Tieniti le zampe!

11 maialese lo ha fatto imbarcare a casa sua.

Quel brigadiere, così e così, mi dice un giorno: —1 Vedete. Se mi portate ancora in casa un maiale ve lo pago.

— Sentite — gli dico io. — Non mi ingannate.

— No. No.

— Beh, ce ne ho uno a casa.

Viene la notte a casa, io stavo a dormire, e se lo ruba.108

FRANCO CAGNETTA

Allora mi volevo vendicare.

Vado in caserma la mattina, facendo finta di niente, e dico:

— Crapoledda, il maiale ce l’ho per te.

È rimasto male. Chi sa che pensava!

— Quanto pesa?

— 20 chili.

Quello che aveva rubato lui ne pesava 5 o 10.

— Io in casa, però, non ce Pho.

— Chi lo tiene?

— Quella donna.

Va in casa di una donna che gli avevo detto. Ed era una donna che a lui gli piaceva, ma ad Orgosolo la conosceva sotto un altro nome

— come succedeva allora con i carabinieri. Va alla casa e trova i fratelli che io avevo avvertito. E gli danno botte che ha vomitato tutto il porco mangiato. Ed anche gli intestini suoi.

In quei tempi c’era miseria, e s[...]

[...] Faceva i denari mezzi marenghi, ossia mezzi venti: dieci lire. E io dovevo andare con un mio amico a Pozzomaggiore.

Questo mio amico, Solinas Antonio di tal paese, strada facendo, mi dice di questa macchina e che ci aveva di quei soldi:

— In Orgosolo i soldi quasi non li conoscono. Li puoi spacciare.

Gli ho detto no. E lui dice : — Se vedi la macchina. È lucida.

È bella... Se vuoi potresti fare l’inserviente alla macchina.

Io gli dico: — Sarebbe una bella cosa veramente.INCHIESTA SU ORGOSOLO

109

Ci avviamo a Pozzomaggiore io e lui, con quei soldi.

Lui li va a cambiare a un vinattiere e questo dice: — Sono brutti. Falsi.

Ci hanno arrestato. E Solinas dice che li ha avuti da uno di Napoli, Michele Spina. Mi ho fatto un mese di carcere. Ma il dolore grosso è che non ho potuto vedere quella macchina lucida, bella. E ci avevo già il posto di inserviente!

Rattristato ritorno in Orgosolo: disoccupato. Non sapevo che fare: nessun lavoro si trovava.

In paese ci stava un certo ziu Mattiu Catgiu, majariu, ossia str[...]

[...]to un mese di carcere. Ma il dolore grosso è che non ho potuto vedere quella macchina lucida, bella. E ci avevo già il posto di inserviente!

Rattristato ritorno in Orgosolo: disoccupato. Non sapevo che fare: nessun lavoro si trovava.

In paese ci stava un certo ziu Mattiu Catgiu, majariu, ossia stregone. Un giorno mi dice: Marrosu, io ci ho un libro che fa venire subito i diavoli e tutto spiega. Vuoi entrare con me, come aiutante?

Io gli dico: — Sentite. Questi non son conti miei.

— Ma è cosa da niente. Ti dò a mangiare ogni giorno.

— Piuttosto — dico io — se c’è qualche maiale grasso, non se ne vede da tanto, andiamo a prenderlo.

No. Parlava per quelle cose: — Ci avrai paura?

Si era messo in mezzo a convincermi un mio parente, Piredda Antonio, suo socio.

— Sentite. Arrangiatevi voi, tra diavoli.

— Vieni. Facciamo le cose in famiglia.

— Allora fatemi dormire con vostra figlia.

Gli ha preso davvero un diavolo per capello.

Si trattava di questo: mentre loro due leggevano il libro io dovevo fare il diavolo in persona. Dovevo tingermi di rosso tutta la faccia, gridare come un cane, e stare lì a far capriole in mezzo alla s[...]

[...]11

— È mio fratello. Ma è tenente.

Allora ci ha dato la mano. Ci ha favorito. Se uno aspettava come gli altri c’erano mesi. Uno di noi era fabbro e, per questo, ci manda tutti come fabbri a casa di una proprietaria. Una donna? Non era una donna quella. Inutile, cattiva. Stava tutto il giorno con una frusta, E quando non c’era lei ci mandava un maggiordomo.

Finiamo la sera e: — Qui si tratta di pagare.

— Qui e là.

— Porca madonna — dico. — Ci paga subito!

Incomincio a gridare e viene il capotassa, il maggiordomo. — Manda subito a chiamare quella strega di padrona.

— Magnana, magnana, dice.

Dico: — Bene. Qui si mangia.

Voleva invece dire domani.

— O ci paghi o ti spacco la testa — dico io. — Presto presto.

Ci ha dato 80, 90 pesi, qualche cosa di più. Da mangiare. Ma è scappata via.

Il giorno dopo si perde il posto.

Andiamo a un’altra casa. Ci manda ancora il Patronato, lo scrivanello di Benetutti. E qui restiamo molto.

Arrivo e: Meglio!

C’erano 4 o 5 maiali.

Anche qui la padrona era donna. «Non sarà mai come quella». E aveva due figlie belle. Ci porta in giro a vedere e appena io vedo i maiali mi metto a fare: — Ohi, ohi! — Per paura.

— Non fanno niente. Non fanno niente — dice la padrona. Ed io niente: facevo finta di aver paura, sempre paura.

In un[...]

[...]ano nel grand hotel l’altro compagno le raccoglieva.

Non si hanno accorto del furto. E così hanno accusati certi americani. Un altro giorno, invece di formaggio, mi ho fatto rotolare in tasca i soldi di una majarda. Anche qui, come in Sardegna, trovo una majarda, ossia strega. Beveva e beveva. Sarvenas. Dice che sapeva tutto. E teneva tanti soldi. Vado da lei. Sto a sentirla un poco e poi vedo sul tavolo una carta di 500 pezze. Tiro 5 pezze e dico di cambiarle. Quella si volta per cercare i soldi, io prendo le 500 pezze e glie ne metto 5. Torna, sempre bevendo sarvenas, e io gli metto pure nel bicchiere un pezzo di tabacco. Tutta succa.

— Non c’erano qui 500 pezze?

— No. Non c’era niente. Le avete prese.

Prendo allora le 5 pezze e dico:

— Il resto non è giusto. Ce ne vogliono altre 5.

Allora me le ha date.

Un’altra volta imbroglio un prete di Cordova. E per riuscire a questo bisogna conoscere tutto.

Ero lì in America in una città che si chiama Cordova e soldi non ne avevo: mi avevo bevuto tutto. C’era allora quel prete che sapeva che ero di Orgosolo e sempre mi chiedeva: — Ci sono latitanti? E chi li converte? E quanti missionari?

Vado da lui piangendo. Mi ero messo un paio di dita, ed ancheINCHIESTA SU ORGOSOLO

113

il piede magari, nell’occhio. E gli dico che ho perduto tutto il denaro da mandare in f[...]

[...]broglio un prete di Cordova. E per riuscire a questo bisogna conoscere tutto.

Ero lì in America in una città che si chiama Cordova e soldi non ne avevo: mi avevo bevuto tutto. C’era allora quel prete che sapeva che ero di Orgosolo e sempre mi chiedeva: — Ci sono latitanti? E chi li converte? E quanti missionari?

Vado da lui piangendo. Mi ero messo un paio di dita, ed ancheINCHIESTA SU ORGOSOLO

113

il piede magari, nell’occhio. E gli dico che ho perduto tutto il denaro da mandare in famiglia.

— Poveretto — dice lui. — Ma che avete, Gangas?

Piangevo.

— Quanto hai perduto?

— 200 pezze.

— Ehi, accidenti! Tanto guadagni?

— Come faccio, come faccio?

— Ma sì, ma sì; ma sì.

— Basta. Io mi ho bisogno di ammazzare!

— Eh, Dio ci liberi. Tieni 20 pesi.

— Tante grazie, tante grazie.

— Mi raccomando. Spediscile alla famiglia.

— Non dubitate. Non dubitate.

Esco. E me li vado a spendere in sarvenas e. maiali.

Il giorno dopo lo trovo. E in sospetto:

— Dov’è la tua famiglia?

Gli ho dato un indiri[...]

[...]fidavano di lui) e i carabinieri erano tutti contenti: — Evitiamo il peggio con i nostri superiori. Non diciamo niente. Anche un anno di paga vi diamo.

E hanno dato 500 lire: 300 al proprietario, 100 a me, 100 al mio compagno.

Una volta sola ho sparato ai carabinieri. Ed era a Fonni.

Avevo 5 o 6 maiali. Rubati, naturalmente.

— Fermate, fermate!

Cominciano a sparare. Pum! pum! faccio io: e rispondo.

Allora: — Passate, passate! — dicono a mani in alto. — Ci siamo sbagliati. Non c’è niente per voi.

Quando me ne sono andato: pum! pum! pum! Hanno fatto almeno un quarto d’ora di fuoco in aria.

Ho trovato in quei tempi i latitanti più grandi del paese. Una volta, il 1924, incontro Samuele Stochino. La prima volta lo trovo al Sopramonte, ad « Arnpos varios ». Stavo in un covile con certi pastori e trovo un giovanotto solo, triste. I pastori vanno alle capre, e quello mi domanda :

— E tu che fai qua?

—1 Io mi cerco un padrone.

Non lo conoscevo.

Dice: — Vieni, se ti vuoi fare qualche maiale.

Tornano i pastori [...]

[...] aria.

Ho trovato in quei tempi i latitanti più grandi del paese. Una volta, il 1924, incontro Samuele Stochino. La prima volta lo trovo al Sopramonte, ad « Arnpos varios ». Stavo in un covile con certi pastori e trovo un giovanotto solo, triste. I pastori vanno alle capre, e quello mi domanda :

— E tu che fai qua?

—1 Io mi cerco un padrone.

Non lo conoscevo.

Dice: — Vieni, se ti vuoi fare qualche maiale.

Tornano i pastori e mi dicono: — Questo è Stochino.

— Ah, piacere, piacere!

Allora sono andato subito con lui. Io ed un altro, certo Antonio Sio* ora morto. Andavamo in terra di Villagrande.

E, arrivati a un punto, dice a me: — Aspetta qua.

Va col compagno e dopo un’ora torna con 15 o 16 maiali.

— 5 prendine tu.INCHIESTA SU ORGOSOLO

115

— Ma no, ma no.

— Ma sì, ma sì. Stai contento.

Un’altra volta lo incontro un paio di anni dopo e aveva già la mar lattia al petto, e la mantella. Poveretto! È venuto al Sopramonte. Gli ho sparato un muflone per fargli un brodo. Poi ho saputo che è morto.

Ho[...]

[...]’ha beccato.

Il mio povero figlio si trovava invece in giro, in territorio di Mamoiada. Aveva una cavalla rubata che voleva riportare al padrone di Ollolai. Si incontra là due carabinieri che lo hanno visto e gli han sparato.

— Il taglione ti do — dice Antonio Maria.

Ma uno stava nascosto e così il carabiniere lo ha sparato.

Del figlio Diego che è morto, or mi è poco, è meglio che non parlo.120

FRANCO CAGNETTA

Delle mie figlie dicono, pure, che di notte si mettono i calzoni e fanno cose che sono peggio di quelle che fanno gli uomini.

È falso.

10 ho fatto di tutto per educarli sempre su una strada buona. A sa balentia. Gli ho sempre detto che: 1) non devono avere paura; 2) devono usare il cervello; 3) devono sapere usare le armi.

Per esser coraggiosi, sin da piccoli, li tenevo alla campagna. Tante volte li facevo: — Bau, bau — all’improvviso. Poi gli dicevo: — Lo faccio io.

Paura non avevano più di nessuno.

11 coraggio ognuno se lo prende da se: è una natura. Ma bisogna fargli scuola e svilupparlo per il t[...]

[...] ci ho avuto sempre poco a che fare. E quelle volte che ci ho avuto a che fare con loro, soldi ne ho fatti. Sempre. Ce ne hanno tanti!INCHIESTA SU ORGOSOLO

121

Cera, all’esempio, un prete Tanno che mi dovevo maritare. Ci vado lì per questa storia. E lui mi dice:

— Beh, la sai la Dottrina?

— La Dottrina? \

— Sì.

— E perché?

— Se non conosci la Dottrina non ti posso confessare. E se non ti confessi non ti sposo.

— Allora — dico io — la so. Mi dia un libro.

Dice: — Sai leggere?

— Sicuro — dico io.

Lo dà.

— Ma, per favore, mi dia anche una lira per il tabacco. A leggere mi stanco, vado al sonno. E un sigaro sveglia.

Mi dà una lira: — Ritorna domani!

Mi ha dato tre giorni di tempo. Mi tengo il libro. E dopo quei giorni mi vede:

— E il libro?

— Ohi, ohi, ohi! Me l’ho perso in campagna. Avevo fatto una baracca di frasche. Si prende il fuoco e il libro si è bruciato.

— O Maria Santissima. Quel libro, quel libro! Valeva 60 7 lire.

— Toh! — dico io — ti ridò la lira che mi hai dato.

— O macché! Il libro, il libro!

— Sentite — dico io. — Se vuole vado a Nuoro [...]

[...]per favore, mi dia anche una lira per il tabacco. A leggere mi stanco, vado al sonno. E un sigaro sveglia.

Mi dà una lira: — Ritorna domani!

Mi ha dato tre giorni di tempo. Mi tengo il libro. E dopo quei giorni mi vede:

— E il libro?

— Ohi, ohi, ohi! Me l’ho perso in campagna. Avevo fatto una baracca di frasche. Si prende il fuoco e il libro si è bruciato.

— O Maria Santissima. Quel libro, quel libro! Valeva 60 7 lire.

— Toh! — dico io — ti ridò la lira che mi hai dato.

— O macché! Il libro, il libro!

— Sentite — dico io. — Se vuole vado a Nuoro e lo ricompro. Ma faccia così: mi paga la mia roba che mi ha bruciato il fuoco.

E dice: — Quanta roba si è bruciata?

Dico: — 200 lire. Ho perso tutto.

— Accidenti! Duecento lire. Lascia stare. Quel libro valeva 6070

lire.

— Mi dia settanta lire — dico. — Ricompro il libro.

Me le dà. Ed io prometto di andare a comprarlo, a Nuoro.

Un giorno dopo mi vede e:

— Il libro?

— Pù, pù, pù, pù.

Era la festa di ferragosto. Come l’ho visto mi ho messo a fare122

FRANCO CAGNETTA

l’imbriaco. Venivano a mangiare a questa festa tanti preti. Spalleggiato, si avvicina e mi prende il braccio.

— Lasciami stare. Che ho perso la libertà. Ora sono latitante.

Quel prete si è spaventato.

Un uomo che stava vicino gli ha detto : — Quello è come un pazzo.

Basta. Il prete se ne è andato. Ed io mi ho preso una lira, più settanta lire, ed[...]

[...], contro me. Così gli metto una mano in bocca e sono arrivato dentro sino alla coda, poi l’ho girato, ossia rivoltato, e quello se ne è andato via,

— Ma questo non può essere mai!

— Beh! È così. Proprio così.

— E il cane cosa ha fatto?

— Se ne è andato via, ma non poteva più abbaiare.

— Beh, beh. Seguite a bevere.

— Adesso, dunque, vi racconto un altro fatto.

— Ma uno vero, uno vero. Per la mia predica.

— L’altro giorno — dico —i, vedete, esco e trovo un altro cane. Lo abbiamo preso in tre o quattro e lo abbiamo spellato e pulito proprio bene. È uscito vivo. E andava borbottando.

— O mamma mia, Dio mio, questo è peccato!

E questo era vero: perché quel cane lo ho scorticato vivo. Se ne è andato, il cane, e torna a casa sua : quando è tornato i padroni di casaINCHIESTA SU ORGOSOLO

123

tutti spaventati! Non sapevano come è stato questo fatto. E il cane è stato vivo 4 o 5 giorni ancora. Perché lo ho fatto? Per passatempo.

Un’altra volta, ora, ero ad un paesotto che si chiama Lollove un padre, un Frate. [...]

[...] andato, il cane, e torna a casa sua : quando è tornato i padroni di casaINCHIESTA SU ORGOSOLO

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tutti spaventati! Non sapevano come è stato questo fatto. E il cane è stato vivo 4 o 5 giorni ancora. Perché lo ho fatto? Per passatempo.

Un’altra volta, ora, ero ad un paesotto che si chiama Lollove un padre, un Frate. E diceva sempre di sé: io ho un cane come nessuno. Questo cane era un cane di vaglia: abbaiava e mozzicava pure solo!

Dico io: — Vuole scommettere che il cane con me non è buono ad abbaiare?

— Beh — dice. — Dieci lire. Scommetto. Dieci lire.

Il cane era dentro. Io mi metto a pochi passi e gli faccio la presura. Gli ho legato la lingua. Mi avvicino e non abbaia.

Appena visto questo il prete si alza e mi dice spaventato: — Avete qualche segreto. Me lo dovete dire, che sono un santo frate.

— Datemi 100 lire — dico io — e vi dico la presura.

— Anche 200 — dice lui. — Con questa presura posso fare nei paesi il S. Antonio. Ci guadagno altro che 100 lire!

— Allora — dico — se è S. Antonio, che è più importante: 200 lire.

Mi dà 200 lire e gli dò la presura. Me le dà.

Il giorno dopo si avvicina per farla al cane. E il cane lo abbaia; e mozzicato pure.

— Com’è? Com’è quest’imbroglio ?

— Che non ci avete fede. La presura si dice con la fede. Siete un pagano.

La verità è che il giorno prima al cane gli avevo dato una* polpetta avvelenata, insomma di papavero, che avevo avuto prima da una majara, o strega.

Basta.

Mi trovavo al Sopramonte una volta e c’era un posto chiamato «Gorropu». Là c’è un posto come un pozzo — una nurra — che non c’è acqua[...]

[...]?

— Che non ci avete fede. La presura si dice con la fede. Siete un pagano.

La verità è che il giorno prima al cane gli avevo dato una* polpetta avvelenata, insomma di papavero, che avevo avuto prima da una majara, o strega.

Basta.

Mi trovavo al Sopramonte una volta e c’era un posto chiamato «Gorropu». Là c’è un posto come un pozzo — una nurra — che non c’è acqua, ma è profondo. Sarà almeno 3 metri di larghezza per 3 di lunghezza. Ti dico pure più. Io saltavo bene: come un lepre. Vedete, anche ora che sono quasi morto, sulle gambe posso alzarmi e sedermi, senza appoggio di mano. Io ho 83 anni, ma allora per me era niente. Facevo presto a saltare quel pozzo.

Lo sa un padre, un altro frate, e mi dice: — Ti prendo come socio.124

FRANCO CAGNETTA

Farai S. Francesco di Lula che protegge i ladri del bestiame. Tu salti.

Io dico ai pastori (ma non di Orgosolo, di Fonni, di Urzulei) che tu sei S. Francesco di Lula. Che puoi insegnare a loro, con l’aiuto di Dio, la salute, e come si salta davanti ai carabinieri.

— Buono, buono — dico io.

E lui : — Ganga, fai così. Dì che sei morto ad Orgosolo. Io ti porto dalla parte di Urzulei e facciamo un bando intanto.

— Ma...

— Ganga, fai così.

Andiamo ed io giravo con lui. Ci avevo tutta la faccia dipinta di oro, con la porporina, e un mantello azzurro. E dopo questo ce n’erano dietro di noi pastori di Urzulei, di Siniscola, di Arzana, di ogni dove.

Appuntamento in «Gorropu», al Supramonte. Vado lì e salto due

o tre volte. C’erano tanti pastori.

Io dico : — In nome di Dio. Sono S. Francesco di Lula. Fate come me. Raccomandatevi l’anima e saltate. Se ci avrete fe[...]

[...]Dì che sei morto ad Orgosolo. Io ti porto dalla parte di Urzulei e facciamo un bando intanto.

— Ma...

— Ganga, fai così.

Andiamo ed io giravo con lui. Ci avevo tutta la faccia dipinta di oro, con la porporina, e un mantello azzurro. E dopo questo ce n’erano dietro di noi pastori di Urzulei, di Siniscola, di Arzana, di ogni dove.

Appuntamento in «Gorropu», al Supramonte. Vado lì e salto due

o tre volte. C’erano tanti pastori.

Io dico : — In nome di Dio. Sono S. Francesco di Lula. Fate come me. Raccomandatevi l’anima e saltate. Se ci avrete fede sarete salvi e forti. Che se no qui vi rompete tutti l’osso del collo.

Faccio due o tre salti ancora. E il prete tutto contento. I pastori stavano a guardare.

Quello ha riscosso i soldi e vi è stato qualcuno che voleva provare.

Cerca il primo e cade allora in quel bucone. — Ahi, ahi, ahi. — dice. Da quel fondo. E noi niente.

Prova il secondo e ci è riuscito appena: arriva a trattenersi con le maini all’orlo della buca. E tutte scorticate, insanguinate. Ma casca giù. E n[...]

[...]aini all’orlo della buca. E tutte scorticate, insanguinate. Ma casca giù. E noi niente.

Prova il terzo e cade abbasso addosso a quell’altro. E si hanno fatti tutti un poco male. Bestemmiavano.

— Non ci avete fede. Non ci avete fede — grida il frate. — Il prossimo che salta senza fede muore.

Allora tutti quei pastori se ne sono andati : tutti. E chi aveva lasciato 5 lire, chi 10 lire. Stavano i tre rimasti nella buca.

Io mi affaccio e dico: — In nome del Padre. Sono il Santo Francesco di Lula.

— Tiraci fuori tu. Che puoi fare il miracolo.INCHIESTA SU ORGOSOLO

125

— Sì — dico io — ma qui dovete prima promettere tutti di darmi due belle crape ciascuno.

— Anche quattro — dice uno. — Tirami fuori che qui sto morendo con le ossa rotte.

Un altro dice no. Erano in fondo a quella buca e li ho sentiti di parlare.

— Ti diamo una crapa ciascuno. Tiraci fuori.

Dice il frate: — Infedeli. Il Santissimo Padre qui vi ha chiesto due crape ciascuno.

Dico io:

— Date allora una crapa grassa ciascuno e vi faccio sortire.

Il frate si è morsa la mano. I tre nel fondo della fossa ho sentito che parlavano: — Bene. È fatto.

Vado a pigliare una fune, per tirare quei cretini.

— E il miracolo non lo fate? Che diavolo di santo siete?

Ci prendiamo le crape e scappiamo.

Così, nel nome di un Santo e del Signore posso chiudere questa storia della mia vita sfortunata.

Il mio stato oggi, a 90 anni, è il più peggio che un mio nemico mi possa augurare. Sono malato: ho un’ernia che tanto mi è cresciuta tra le cosce che non mi lascia camminare[...]



da Rutilio Cateni, Quella volta che venne il Federale in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 7 - 1 - numero 3

Brano: [...]Mangione allibì. Dette un'occhiata di traverso a Bucaneve che gliela restituì pari pari. Pensava: « Chi può essere stato ad avvertire il federale? A chi ha potuto interessare quella benedetta storia di corna? ». Aspettò il resto del discorso e allora si rinfrancò. I1 federale diceva: «Infatti: quanti volontari ci sono in questo paese? Quanti fascisti di questa sezione sono andati a combattere in terra d'Africa? ». Mangione era come estasiato.
« Dico a voi, segretario politico! » urlò il federale.
« Nessuno » disse allora Mangione con un gentile soffio di voce.
Il federale, di fronte a questa laconica risposta, s'incattivì. Gli occhi gli diventarono gialli come tuorli d'uovo. Era la bile che faceva il suo corso. « Mi fate schifo tutti quanti! — disse. — Siete una massa di smidollati! ».
La stanza rimbombava. « Siete una massa di somari! ».
Mangione si fece piccino piccino: « Anche qui c'è da lavorare.. Siamo gente operosa ».
« Gente inutile! » gridò il federale. — Gente che si sta a grattare
i coglioni dalla mattina alla sera. Che c[...]

[...]emo » disse Mangione per consolarlo.
« Alzi una mano chi vuol partire! ». Ma nessuno alzò una mano. « Fiato sprecato! » disse il federale sudando.
QUELLA VOLTA CHE VENNE 1L FEDERALE 111
« Parlate più piano, federale. La gente si impaurisce... » azzardò Bucaneve.
Il federale cominciò a parlare più calmo per via del sudore. Parlò di un sacco di cose. Poi si mise a sedere e tornò calmo.
Disse: « Se c'è qualcuno che vuol fare qualche domanda... Dico: c'è qualcuno che vorrebbe sapere qualcosa sulla situazione attuale del mondo? ».
« Vorrei fare una domanda sulla giustizia» disse Libertario.
« Vieni avanti camerata — disse il federale. — E una domanda originale e interessante ». Libertario andò li, davanti al federale. Fece il saluto romano. «Riposo! » disse l'altro. E lui rimase sull'attenti e fissò intensamente e senza paura gli occhi di Mansione. Tutti capirono il perché di quella domanda. Erano li. Incantati di vedere Libertario che aveva chiesto la parola, che si era staccato dal loro gruppo ed era distante quattro passi da loro. Gi[...]

[...]e sulla pancia.
Allora Libertario rimase ancora li. Fermo e muto. E tutto intorno era un sussurare soffocato. Un ronzio di mosche e di libellule_ Lo guardavano. Lo scrutavano. Lo ingoiavano con gli occhi per quella
112 RUTILIO CATENI
sua posizione di privilegio. Era il padrone assoluto della stanza. Ma proprio per questo si senti come stringere l'anima in una morsa, come soffocare. Quel coraggio che aveva avuto si andava annebbiando. (E dopo? Dico: dopo cosa accadrà a me, alla casa, al campo, alla Pavana?). Eppure, nel briciolo di coraggio che gli rimase, legato proprio fra la gola e lo stomaco, disse ad alta voce (e la voce era troncata): « Federale. Mangione é entrato in casa mia. Ha preso con la forza la mia Pavana. E poi le ha sputato addosso ». Il federale aspettava queste parole. Ormai conosceva già da molto tempo Mangione e sapeva di lui vita e miracoli.
Disse: «Camerata, ci vogliono le prove! ». Il federale, chissà perché, sperava in cuor suo che le prove ci fossero. Quel Mangione ne stava combinando troppe. Ma Libertario era [...]



da Alberto Moravia, La ciociara in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1955 - 11 - 1 - numero 17

Brano: [...] io sapevo che tiravano al negozio e all'appartamento, anche quelli che pretendevano di amarmi sul serio. Forse non lo sapevano neppure loro che più di me gli premeva il negozio e l'appartamento e si ingannavano sopra se stessi; ma io giudicavo da me stessa e pensavo : « Io darei qualsiasi uomo per il negozio e l'appartamento... perché mai loro dovrebbero essere diversi da me?... siamo tutti fatti della stessa pasta ». E almeno fossero stati non dico ricchi ma benestanti; ma no, certi disperati che si vedeva lontano un miglio che avevano bisogno di sistemarsi. Ad uno di Napoli, un agente di pubblica sicurezza che più degli altri faceva lo spasimante e cercava di prendermi con l'adulazione, coprendomi di complimenti e chiamandomi perfino, alla maniera napoletana, « donna Cesira », glielo dissi francamente: « Vediamo un po', se non avessi il negozio e l'appartamento, me le verresti a dire queste cose? ». Quello almeno fu sincero. Rispose ridendo : « Ma l'appartamento e il negozio, tu ce l'hai ». È vero, però, che fu sincero perché ormai gli[...]

[...]orna a posto. Rosetta mi fece anche leggere l'ultima lettera del suo fidanzato e ricordo soprattutto una frase: «Qui si fa una vita proprio dura. Questi slavi non ci vogliono stare sotto e siamo sempre in stato di allarme ». Io non sapevo niente della Iugoslavia; ma dissi egualmente a Rosetta: « Ma che ci siamo andati a fare in quel paese ? Non potevamo starcene in pace a casa nostra ? Quelli non ci vogliono stare sotto e ci hanno ragione, te lo dico io ».
Nel 1943 feci un affare importante: parecchi prosciutti, una decina, da portare da Sermoneta a Roma. Io trovai il modo di mettermi d'accordo con un camionista che portava cemento a
LA CIOCIARA 49
Roma, e lui mise i prosciutti sotto i sacchi di cemento e così i prosciutti arrivarono sani e salvi e io ci guadagnai parecchio perché tutti li volevano. Forse fu questa faccenda dei prosciutti che mi impedì di rendermi conto di quello che stava succedendo. Al ritorno da Sermoneta mi dissero che Mussolini era scappato e che la guerra stava per finire davvero. Io risposi: « Per me Mussolini
[...]

[...] anche il fazzoletto.
Io andai a casa e dissi a Rosetta : « Qui se non ce ne andiamo in tempo, finiremo per morire di fame ». Allora lei scoppiò a piangere e disse: «Mamma, ho tanta paura ». Io ci rimasi male perché fin allora Rosetta non aveva mai detto nulla, non si era mai
52 ALBERTO MORAVIA
lamentata e anzi con il suo contegno tranquillo più di una volta mi aveva dato coraggio. Io le dissi: « Sciocca, perché hai paura? ». E lei rispose: « Dicono che verranno con gli aeroplani e ci ammazzeranno tutti... dicono che ci hanno un piano e prima distruggeranno tutte le strade ferrate e i treni e poi quando Roma sarà proprio isolata e non ci sarà più niente da mangiare e nessuno potrà più scappare in campagna, ci ammazzeranno tutti con i bombardamenti... oh mamma, ho tanta paura... e Gino non mi scrive più da un mese e non so più niente di lui D. Io cercai di consolarla dicendogli le solite cose che anch'io ormai sapevo che non erano vere : che a Roma c'era il Papa, che i tedeschi avrebbero vinto presto la guerra, che non c'era da aver paura. Ma lei singhiozzava forte e dovetti alla fine prenderla tra l[...]

[...]pressione dolce e quasi struggente, il naso fine che le scendeva un poco sulla bocca e la bocca bella e carnosa che sporgeva però sul mento ripiegato, proprio come quella delle pecore. E i capelli ricordavano il pelo degli agnelli, di un biondo scuro, fitti fitti e ricci, e aveva la pelle bianca, delicata, sparsa di nei biondi, mentre io ci ho i capelli neri e la carnagione scura, come bruciata dal sole. Finalmente per calmarla le dissi: u Tutti dicono che gli inglesi é questione di giorni e poi verranno e non ci sarà più la carestia... intanto sai che facciamo? Ce ne andiamo dai nonni a Vallecorsa e li aspettiamo la fine della guerra. Loro la roba da mangiare ce l'hanno, hanno fagioli, hanno uova, hanno maiali. E poi in campagna qualche cosa si trova sempre ». Lei domandò allora: « E l'appartamento? ». Io risposi: « Figlia mia anche a questo ci ho pensato... lo affittiamo a Giovanni, per modo di dire però... e,quando torniamo, lui ce lo rende tale e quale... il negozio, invece, lo chiudo, tanto non c'é niente dentro e per un pezzo non ci[...]

[...]bero venuti al più presto, roba di una settimana o due, e mi preparavano infatti per un'assenza di non più di un mese; ma nello stesso tempo avevo non so che presentimento non soltanto di un'assenza più lunga ma anche di qualche cosa di triste che mi aspettasse nell'avvenire. Io non mi ero mai occupata di politica
e non sapevo niente dei fascisti, degli inglesi, dei russi e degli americani: tuttavia a forza di sentirne parlare intorno a me, non dico che avessi capito qualche cosa, perché a dire la verità non avevo capito niente, ma avevo capito che non c'era niente di buono per l'aria per la povera gente come noi. Era come in campagna quando il cielo si fa nero per un temporale e le foglie degli alberi si rivoltano tutte dalla stessa parte e le pecore si mettono l'una contro l'altra e con tutto che sia estate, da non so dove viene un vento freddo che soffia rasente terra: avevo paura ma non sapevo di che;
e mi stringeva il cuore al pensiero di lasciare la mia casa e il mio
LA CIOCIARA 57
negozio cose se avessi saputo di certo che non [...]

[...] Roma i tedeschi avrebbero dato battaglia perché Mussolini ci teneva a Roma e lui non gliene importava niente di ridurla una rovina purché gli inglesi non ci entrassero. Io ascoltavo queste cose e pensavo che facevamo bene ad andarcene; Rosetta si stringeva contro di me e io capivo che lei aveva sempre paura ormai, e che non si sarebbe cal
LA CIOCIARA 63
mata se non quando fossimo andate via da Roma. Ad un certo punto qualcuno disse: « Sai che dicono? Che lanceranno i paracadutisti e quelli entreranno nelle case e ne faranno di tutti i colori ». « Come sarebbe a dire? ». « Beh, la roba e poi le donne ». Allora io dissi: « Voglio vedere chi avrà il coraggio di toccarmi ». Dal buio una voce che era quella di un certo Proietti, fornaio, un uomo stupido da non si dire e sempre molto greve nel linguaggio, che io non avevo mai potuto soffrire, disse con una risata: « A te magari non ti toccheranno perché sei troppo vecchia... ma tua figlia, si ». Risposi: « Guarda come parli... io ci ho trentacinque anni perché mi sono sposata a sedici e trop[...]

[...]noi possiamo tornare a casa, chi é che deve vincere: i tedeschi o gli inglesi? ». Io a questa domanda ci rimasi male perché come ho detto i giornali non li leggevo e per giunta non mi ero mai interessata di sapere come andasse la guerra. Dissi: « Io non lo so quello che hanno combinato... so soltanto che sono tutti figli di mignotte, inglesi e tedeschi... e che le guerre loro le fanno senza domandarci niente a noialtri poveretti... ma sai che ti dico : che per noi bisogna che qualcuno vinca sul serio, così la guerra finisce... tedeschi o inglesi non importa, purché qualcuno sia il più forte ».
Ma lei insistette: « Tutti dicono che i tedeschi sono cattivi... ma che hanno fatto, mamma? ». Allora io risposi: « Hanno fatto che invece di stare al paese loro, sono venuti qui, a scocciarci a noi... per questo la gente ce li ha sulle corna P. « Ma dove andiamo noi adesso », lei domandò, «ci sono i tedeschi o gli inglesi? ». Io non sapevo più che rispondere e dissi: «Lì non ci sono né tedeschi né inglesi... ci sono i campi, le vacche, i contadini e si sta bene... e ora dormi ». Lei non disse più nulla e si rannicchiò tutta contro di me e mi sembrò che alla fine si addormentasse.
Che brutta notte. Io mi svegliavo ad ogni [...]

[...]arabili. Conoscevo, infatti, la moglie di Giovanni e avevo sempre pensato che lui le volesse bene o per lo meno le fosse affezionato, essendo stati sposati tan'anni
e avendo avuto tre figli e invece, ecco qua, lui ne parlava con odio
e sperava che morisse e il modo con il quale ne parlava lasciava capire che l'odiava da chissà quanto tempo e ormai non provava per lei altro che odio seppure aveva mai provato qualche altro sentimento in passato. Dico la verità, provai quasi uno spavento al pensiero che un uomo potesse essere amico e marito per tanti anni
e poi dire così, con tanta freddezza e tanta cattiveria, carogna e schifosa, dell'amico e della moglie. Ma di tutto questo non dissi nulla a Giovanni che intanto era passato in cucina e sentivo che già scherzava con Rosetta che nel frattempo si era alzata anche lei. t< Vedrai che tornerete tutte e due ingrassate e questa sarà la sola conseguenza della guerra per voi... li in campagna c'è il formaggio, ci sono le uova, ci sono gli agnelli... mangerete e starete bene ».
Ormai tutto era pr[...]



da Saverio Montalto, Memoriale dal carcere in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 7 - 1 - numero 3

Brano: [...]si informato del come e del quanto.

A N... venni a sapere che veramente c’era un assai modesto commerciante di tessuti a nome don Cesare Armoni oriundo da T..., che

10 conoscevo già di vista, padre del Giacomo e di altra numerosa prole, ma che lui ed in ispecie la moglie non ne volevano sapere affatto di questo matrimonio del figlio e ciò non solo perché c’era prima una figlia da collocare sicuramente, a dir loro, con un professionista o medico o avvocato, ma anche perché principalmente pretendevano che

11 loro figlio così bello, così grande affarista, così temuto che dove passava lui tremava la terra ecc. ecc. doveva sposare almeno almeno una principessina milionaria e di alto lignaggio e non mai una donna povera e di basse condizioni sociali come mia sorella. Seppi anche che il Giacomo era un giovanottino di primo pelo installato con una botteguccia di tessuti nella via Vecchia di T... rinomata allora nel paese perché ci abitava il fior fiore della prostituzione e che il giovanottino non solamente spandeva e spendeva, come si s[...]

[...] recai a M... dal mio amico Avv. Giulio Sacerdote, lo misi al corrente di tutto e

10 pregai d’intromettersi lui nella faccenda e di aggiustare ogni cosa al più presto possibile. L’amico Sacerdote si prestò fraternamente ad accomodare tutto e difatti dopo alcuni giorni mi vidi arrivare in casa

11 Giacomo Armoni, il quale senza tanti preamboli mi disse : « Se volete che sposi vostra sorella mi dovete dare cinquemila lire! ».

« Sta bene! » dico io. « Sposatela immediatamente che l’avrete ».

« Ma io li voglio subito! ».

«Subito, subito, non ve le posso dare. Ma non dubitate che non appena sarete sposati ve le darò ».

Per quel giorno se ne andò; ma dopo pochi giorni ritornò per dirmi che non poteva sposare subito anche perché non aveva trovato casa e che in casa sua non c’era spazio sufficiente per alloggiare una nuova famiglia. Io gli risposi che poteva sposare subito lo stesso giacché pel momento lui e mia sorella potevano venire ad abitare con me dato che avevo cinque stanze ed abitavo solo, che non era il caso di fare inv[...]

[...] porta a chiedere Pelemosina. Me Phan fatto capire chiaramente. Anzi la madre mi ha detto che se lei ha acconsentito al mio matrimonio, ha acconsentito proprio per questo e che se tu la sposi, poi non si preoccupa più, neanche se la tieni come una donna qualsiasi. Però Giacomo, son sicura, che non c’entra».

«Questo non avverrà mai! E non perché son poveri in canna, ma principalmente per altre ragioni che non è neanche il caso di ricordare. Si dicono troppe cose sul loro conto! ».

«Anche questo c’è? Ed allora che cosa vogliono?».

«Ed io penso che la colpa non è tanto della figlia quanto della madre. E tieni presente, giacché tu ormai sei anche madre di una figlia, che quando succede una qualche cosa in una famiglia la colpa è sempre della madre, giacché se non vede o finge di non vedere ciò che fa la figlia, significa che la commedia piace anche a lei. Finché è successo a te, dato che eri sola e non c’era nostra madre, e passi; ma per loro non c’è giustificazione che tenga. Perciò, ti prego, e magari lo dirai tu medesima ad Aurora[...]

[...] un tempo aveva calunniata, ora sperava che le venisse qualche vantaggio, fece sapere al cognato che aveva intenzione d’andare a visitare la moglie morente., egli, per tutta risposta le mandò dicendo che non desiderava la sua presenza in casa sua e che lasciasse morire in pace sua moglie. Mia suocera allora senza scomporsi rispose : « Me ne strafotto di lui e di quanto è lungo! ». A questo proposito mi dimenticavo di dire, ma giacché ci siamo lo dico, che il frasario della mia suocera e di tutta la sua famiglia, in alcuni momenti era proprio d’ammirare, almeno da quel che potevo udire e sentire con le mie orecchie, e son certo che se i facMEMORIALE DAL CARCERE

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chini delPImmacolatella del porto di Napoli così rinomati ovunque per il loro frasario, avessero potuto udire e sentire anche loro, ne sarebbero rimasti quanto mai ammirati per non dire anche loro sconcertati. E non dimenticherò mai il fatto di quando una volta mia suocera ultimamente, non so più se in seguito ad una rissa alla quale sembra abbia preso parte anche il figl[...]

[...]gente in mezzo alla quale è vissuto ed a cui sono affidate ora le sorti delle sue tre figlie femmine.

Mi sovviene a questo punto che una volta e prima che il fratello Giovanni di mio cognato fosse partito per soldato fui chiamato d’urgenza dagli Armoni. Recatomi in casa loro vi trovai l’Elena con una mano spaccata in due da una larga ferita lacero contusa. Mi pregarono di medicargliela io alla meglio, perché, secondo affermavano loro,

il medico era assente. Io, dato che tenevo sempre in casa i medicinali, più urgenti, glie la medicai come meglio potei e seppi poi, più tardi, che la ferita all’Elena l’aveva prodotta il fratello Giovanni colpendola ripetutamente colla paletta di ferro della cucina.

Dopo che anche mio cognato Giacomo si persuase che difficile mente avrei potuto sposare bene facendo le cose in fretta, si decise di andare dal caro amico don Pietro Sorrentino, esperto capostazione cheMEMORIALE DAL CARCERE

143

allora si trovava alla Marina di N..., allo scopo d’impratichirsi per poter sostenere l’esame d’assuntor[...]

[...] e specie il padre e la madre, altrimenti non farete niente di buono ».

«Per questo neanche Giacomo ha fiducia in loro e glie lo ha detto già che nessuno deve venire a fare confusione. E loro, veramente, benché a denti stretti, hanno acconsentito. Momentaneamente, visto e considerato anche che si tratta di pochissima vendita, ci starò io ed Iva, perché Iva, come sai, mi vuole molto bene, ed anche a te, del resto, e son sicura che farà come le dico io. Io verrò da te ogni dopo pranzo per aggiustarti la casa e finché tu mi vuoi. Se poi hai bisogno urgente mi manderai a chiamare che lascio ogni cosa e verrò a qualunque ora. Tu verrai a sederti nel negozio la sera, quando non avrai a che fare; è vero che verrai? e così staremo sempre assieme come prima».

Dopo alcuni giorni se ne andò definitivamente a stabilirsi nel negozio. Tutto ciò che apparteneva a loro non c’era più ed anche Giacomo e Rosa erano andati via. Eravamo rimasti io e lei. Il sole stava per tramontare e lei si attardava ancora perché non era capace di distaccarsi. Né io a[...]

[...] poi che non c’è l’eguale sotto il sole, ed è proprio lei che aizza il figlio ».

«Ma che vogliono insomma? ».

«Lo sai tu che vogliono? Vogliono che vedono che io so adattarmi a tutto; ecco mi son ridotta qui in questo buco e se mi mandano da mangiare mi mandano e se nò con un uovo sto una giornata quantunque debbo allattare la bambina; vedono che io so fare tutto meglio di loro, vedono che io so vendere anche meglio di loro, vedono che non dico mai niente, vedono insomma che io non sono come loro e per questo, apriti cielo! Se poi parli con loro?! Loro son belle e giovani ed io son vecchia che non mi meritavo mai un giovane così bello, così sapiente e che so io; loro sanno fare tutto e sono econome ed io non so fare niente e sono sperperona, loro sono aristocratici ed io sono figlia di gente bassa e di pezzenti, che non ho portato dote, perché per un giovane come lui dovevo almeno almeno portare centomila lire; loro poi sono le più oneste e tutte le altre compresa io sono tutte prostitute. Figurati che non potendo dire altro, hanno [...]

[...]co».

«Queste dice che non contano».

« Io adesso lo voglio chiamare e parlargli ».

« No, no; per carità; sarà peggio! Per ora fai in conto che non sai niente. In seguito si vedrà».

«Lo so quello che vogliono! Ma è possibile che dopo che mi sono sacrificato fino a questo punto, vogliono anche che sposi la loro figlia? E poi, con simile gente, chi vorrebbe mai avere a che fare? ».

«Lo so anch’io. Ma intanto loro lo pretendono, perché dicono che tu non sei meglio di loro e che non sei neanche meritevole di apparentare con loro. Certo finché hanno avuto bisogno di te e la cosa si poteva sopportare in qualche modo, ma ora che vedono che incominciano a non avere più bisogno di te, ti assicuro che son cose che non le auguro neanche agli animali irragionevoli ». e si mise di nuovo a piangere. Quel pianto mi attraversava l’anima ed il cuore. Non so perché: io qualsiasi pianto sopportavo, anche quello delle altre sorelle, ma il pianto di questa mia sorella non ero capace di sopportarlo. Vedevo che soffriva per avere troppo amato, vede[...]

[...]i che se si tratta di un capriccio momentaneo, ti pentirai. Peggio ancora se non le vuoi bene! ».

«Le voglio, le voglio; non te ne preoccupare! Il matrimonio non è un istituto d’amore, anzi, i grandi uomini, affermano che è la tomba dell’amore. Il matrimonio è un istituto etico e cioè, in altre parole, marito e moglie si debbono volere bene, aiutare e rispettare principalmente come fratello e sorella, madre e figlio e via discorrendo. E guai, dicono gli stessi grandi uomini, se i genitori dovessero poggiare i loro occhi sul capo dei figli in qualità d’amanti. E se la moglie non tradisce il marito non lo tradisce in ossequio a questo principio di eticità e non perché non sarebbe tentata a farlo, giacché la natura è così. Cerca di spiegare ciò a lei con parole tue. Mi capisci? ».

«Ti capisco! E son certa che con te non avrà a soffrire anche se tu non dovessi volerle bene; per quanto questo, non è possibile. Ma sì! E poi dobbiamo restare in perpetuo a questo mondo? Tu stesso hai sempre detto che fra cinquantanni, al massimo, saremo tut[...]

[...]lare perché sei sposata. Il fatto di dormire separati, se mai, dovrebbe servire a maggior stimolo dei sensi. Ma la ragione è ben altra. La ragione è che io ormai mi avvicino ai quarantanni ed abituato a dormire finora sempre solo, non sarei capace ad abituarmi in compagnia. E poi gli aristocratici dormono ognuno per conto loro. Fingiamo di essere anche noi aristocratici e tutto è fatto! In secondo luogo lei mi dovrà obbedire in tutto quel che io dico in casa per il motivo che io ho più esperienza di lei; non debbo essere disturbato, perché intendo studiare e per il fatto che non sa né cucinare, né fare altro non importa perché si abituerà insieme a me. Come sai, io so fare tutto. Desidero infine che dopo sposati nessuno deve venire in casa mia a rompermi il capo, perché ora basta; e, certo, non devono pretendere più nulla da me, comprese le trecento lire al mese che vi ho date fino adesso, perché ormai col negozio che è a buon punto e col fratello Lorenzo che sta all’Africa potete vivere, facendo un po’ di economia, s’intende, abbastanza [...]

[...]amo fare la massima economia ed arrangiarci come si può. Significa che in seguito quando ci troveremo meglio, poi, se dobbiamo fare qualche spesa in più, la faremo. E poi come sai anche c’è mio padre a cui debbo pensare solamente io e c’è anche mia sorella di R... che ha molto bisogno ed ogni tanto la debbo aiutare pure. Che vuoi; son fatto così! Non sono capace vedere soffrire i miei ed io scialare e godere. Per il fatto di tua madre, io non ti dico di non andare a vederla, perché so che non te lo posso proibire; però ricordati che meno vai o se non vai del tutto è meglio ancora. Tua madre è combinata in modo che uno più lontano sta e meglio è. Ti dico ancora che io le voglio tutt’altro che male; anzi il male che voglio a lei, Iddio lo faccia ricadere su di me; ma è così. Forse poveretta, dato che è fatta così, neanche lei ci ha colpa».

Mia moglie fu molto contenta di questo discorso. In casa stava sempre in silenzio, non faceva mai niente senza di me, anche perché non lo sapeva fare e così pian piano sotto la mia guida, si abituò a fare tutto ed anche bene. Per qualche anno le cose procedettero a meraviglia giacché non andava mai da sua madre e seppure andava, stava un po’ e poi ritornava a casa. Anche per mia so'rella le cose sembrava [...]

[...]si nella cunetta per un periodo che non ho saputo mai precisare e quando rinvenni e mi vidi di nuovo in mezzo alla strada non sapevo più orizzontarmi dove mi trovassi. Le prime cure me l’apprestarono pietosamente e cortesemente i signori Muratore e poi venni curato definitivamente dal dottor Giulio Castagna, il quale in quel tempo lo credevo amico e benché stesse allora nella borgata S. Giuseppe, alquanto distante dal paese, ormai era divenuto medico di famiglia di mia suocera e di mia sorella dietro mio suggerimento dato che cogli altri medici del centro mia suocera non era in buoni rapporti. Anzi dopo che incominciammo a chiamarlo noi acquistò una certa clientela pure nel centro, tanto vero che intese la necessità di stabilirsi quivi. E ciò lo fece anche per suggerimento di mia suocera, giacché dopo un po’ di tempo era diventato l’idolo della famiglia. Il Castagna da parte sua, per sdebitarsi da tanta idolatria, non si stancava mai, specie in quel periodo, di frequentare la casa della mia suocera, sia che c’era e sia che non c’era bisog[...]

[...] tuo marito? ».

« Mio marito se l’è presa con me, perché dice che per causa mia è nemico colla madre. La madre lo sa baloccare, perché sa che senza di lui muore di fame, salvo poi quando è assente ad ingiuriarlo cornuto e delinquente. Ora fa lo stesso anche con Lorenzo perché sa che ora che prenderà il posto di maestro anche lui le può dare. Perché non fa lo stesso col marito e cogli altri che ogni giorno sembra il mercato e si ammazzano e si dicono tante che ho vergogna anche di sentirle? Col figlio Giovanni non parlano tanto perché hanno tutti paura. Anche per te e per tua moglie dice che muore per il gran bene che vi porta! Perché? Perché sa che voi le fate onore e che potete darle e mandarle. Io a mio marito non lo so baloccare come lei, perché avrei vergogna, altrimenti vedresti che anche a me mi vorrebbe bene».

«Ma se loro dicono di volermi bene, e l’ho detto anche a mia moglie, a te voglio che vogliano bene e non a me, perché io del loro bene non saprei cosa farne! ».

«Lo so! Ma non capisci che io son di più ormai? Figurati cheMEMORIALE DAL CARCERE

165

non son padrona di prendere neanche un pezzo di pane, non dico per me, ma neanche per le mie figlie. Già, che anche loro incominciano così piccole a parlare e fare le stesse mosse di loro e le istruiscono ad odiarmi. Ma se non crescono come voglio io è meglio che il Signore se le chiami. Già che non le posso neanche educare che si mettono loro davanti e se la pigliano con me. Anche la tua ragazza di servizio ha paura di parlarmi, che se se ne accorgono che viene qui, l’ammazzano. Ed intanto mi lasciano qui sola, abbandonata, con questa bambina, anche a morire di fame. Non ne parliamo poi che cosa hanno fatto con questa casa! Che io non ero degna di entra[...]

[...]à sulla terra? Che cosa ha fatto per essere trattata così dagli uomini? Adesso se ne vuole andare! E dove andrà? Ed io poi come potrei continuare a vivere con mia moglie? ».

Dopo pranzo mandai a chiamare mio cognato Giacomo. Lo feci sedere nello studio e gli parlai così: «Vi prego, abbiate un po’ di carità per quella donna! Vostra madre lo sapete, è insopportabile con166

SAVERIO MONTALTO

noialtri, immaginate poi con la nuora. Io non vi dico di non trattarla e non crediate che io le voglia del male, no; però non è giusto che per causa sua voi dobbiate malmenare così mia sorella. Vostra madre è così e forse neanche lei ci ha colpa! Ma se non ha fatto mai pane con nessuno? E se è nemica con suo fratello, volete proprio che vada d’accordo con mia sorella? Vi prego, cambiate casa, giacché son disposto di pagarvi anche l’affitto. Adesso dice che se ne vuole andare! Capirete che un fatto simile, porterà varie conseguenze anche per mia moglie ».

<c Ma io in questo momento non posso cambiare abitazione, perché la mia famiglia ha bisog[...]

[...]ento non posso cambiare abitazione, perché la mia famiglia ha bisogno di me e specie che ci sono ancora le mie sorelle in casa».

« Ed allora, vi prego, abbiatele un po’ di carità! ».

« Ma che volete; anch’io son fatto così! Quando perdo la bussola non vedo più nessuno e più di una. volta ha schiaffeggiato e preso a calci anche mia madre ed anche mio padre ».

« Male; perché coi genitori non si deve arrivare mai a questo punto! Però se vi dicono di andare a buttarvi sotto il treno non lo dovete fare neanche! Il rispetto e l’aiuto è un conto,, ma il capriccio è un altro. Sapete che cosa dice uno storico a prop< iko di Caterina dei Medici una pessima imperatrice di Francia? Dice "e solo il figlio aveva saputo tramandarci il suo carattere chiamando i « madama la vipera»! Ma con ciò, dice lo stesso storico, il figlio \J>n venne mai meno ai doveri di figlio».

«Allora sapete per ora che facciamo? Mia moglie, dato che sta anche poco bene in salute, se ne viene qui da voi per un pò di tempo, perché qui ha anche il modo di curarsi meglio[...]

[...]indici giorni e quindici notti vegliai solo al suo capezzale, per poterlo strappare alla morte coll’aiuto del mio amico chirurgo dott. Antonio Spataro. In ultimo, sempre a causa di mia suocera e di mio cognato Giacomo, giacché mi riempirono la testa che non era stato curato bene e che avevano preteso molto compenso, mi dovetti bisticciare col segretario dell’ospedale ed intaccare alquanto l’amicizia col caro Spataro, il quale, cosa rara per un medico, si era prestato per me in quell’occasione più di un fratello. E quando verso maggio mi sembra, mio cognato Lorenzo volle andare a Bologna ed a Milano per farsi visitare e curare quivi perché di Spataro non avevano più fiducia, né dei miei consigli, dato che io ormai ero diventato come prima una pezza da piedi, dovetti prestare ancora altre L 2500, per le quali, assommate ad altre L. 1000 che avevo speso per l’ospedale, ricevetti una cambiale di L. 3500 più tardi, benché a malincuore, da mio cognato Giacomo; cambiale che conservo tuttavia insieme ad un’altra di L. 1500 che dovetti dare poi qu[...]

[...] eMEMORIALE DAL CARCERE

171

soggiorno. E mi ricordo anche come una volta il dott. Arturo Calabrese mi raccontò che un giorno sul treno mio cognato Giacomo aveva preso arrogantemente a male parole il ten. colonnello Giorgio Cordopatre, sol perché questi si era permesso di dire, che ora che gli Armoni si erano rimessi a posto, potevano pagargli una cambiale di L. 2000 circa che lui aveva dovuto pagare un tempo come avallante di mio suocero. Dico anche, dappoiché cade a proposito, che il mio cognato Giacomo usava viaggiare, come forse anche ora, in seconda classe per darsi aria di uomo importante e dello snob e potere impressionare così il pubblico, malattia questa, del resto, di famiglia come ho potuto constatare esperimentando mia moglie. E la meraviglia mia qual era? Che si davano aria dello snob non solo con coloro che non

li conoscevano, ma anche con coloro che li conoscevano bene ed anche intimamente.

Se al posto del signor ten. col. Cordopatre ci fossero stati ancora i fratelli Audino, dei quali il più piccolo perì poi pe[...]

[...]mio cognato Giacomo non avrebbe risposto con arroganza, perché, data la sua grande intelligenza, sapeva molto bene che un ufficiale superiore non si sarebbe messo mai a fare a coltellate con lui. E se al posto mio ci fosse stato anche il suo barbiere Armando Romeo, son sicuro che anche a me mi avrebbe restituito le cinquemila lire e mi avrebbe dato credito nel suo negozio.

Faccio presente che molte cose atroci e dolorose e se vogliamo anche ridicole della famiglia Armoni non le ricordo più in questo momento, però sto certo che la Giustizia intuisce da sé, anche attraverso i pochi saggi che sto dando di scorcio e molto alla rinfusa.

Ritornando ora alla piaga che mi brucia, dico che quale ricompensa verso mia sorella della famiglia Armoni,. dato che lei si era adoperata premurosamente presso di me perché dessi le L. 2500 per l’andata di Bologna e Milano, dopo partiti i due fratelli, giacché ora bisognava fare economia per tutte le spese sostenute per la disgrazia della caduta di Lorenzo, la lasciavano morire di fame e non solo che mia sorella doveva morire di fame, ma doveva star zitta, benché lei non dicesse mai niente a nessuno, compreso me; ma loro sospettvano che dicesse perché si sentivano l’anima macchiata. E difatti io lo seppi in seguito quando un giorno mi d[...]

[...] e Milano, dopo partiti i due fratelli, giacché ora bisognava fare economia per tutte le spese sostenute per la disgrazia della caduta di Lorenzo, la lasciavano morire di fame e non solo che mia sorella doveva morire di fame, ma doveva star zitta, benché lei non dicesse mai niente a nessuno, compreso me; ma loro sospettvano che dicesse perché si sentivano l’anima macchiata. E difatti io lo seppi in seguito quando un giorno mi disse: «Guarda, ora dicono che bisogna fare economia ed io approvo; però l’economia la debbo fare solamente io, perché loro mangiano e bevono meglio di prima ed io la sera debbo accontentarmi con pane ed olio se lo voglio; altrimenti172

SAVERIO MONTALTO

nessuno si preoccupa se mangio e se bevo compreso mio marito, il quale non mi domanda mai se son viva o morta. Sì sì; la sera mi ritiro e trovo solamente una goccia d’olio nella bottiglia ed un pezzo di pane che mi porto io stessa dal negozio. Tanto per dirti una, l’altro giorno hanno comprato un pesce di circa due chili: hanno mangiato tutti a mezzogiorno ed a[...]

[...].

« Voglio che vi educhiate vostra sorella, sennò l’educo io! ».

Mi veniva da piangere, ma mi feci forza e per quella volta non piansi.

«E dimmi; come lo sai che lei parla male della tua famiglia? ».

« Lo so, perché oggi l’ho vista parlare con Angela Chiaravalle e quando mi ha visto smise ».

« Smise non perché parlava male della tua famiglia, ma perché sa che voialtri pensate sempre al male».

« Noi non pensiamo mai al male e vi dico, anche a voi, di finirla. La mia famiglia è la prima di N... per correttezza, onestà e tutto e vostra sorella non era meritevole di entrare nella nostra famiglia, perché lei è la regina di N..., perché ha un giovane di marito che non lo174

SAVERIO MONTALTO

ha nessuno ed è trattata meglio di tutti, per mangiare, per bere, per dormire e per vestire. Avete capito? ».

« Ho capito tutto. Però ti prego di essere più umano e di non andare dietro a tua madre».

« A mia madre non la deve nominare nessuno, perché neanche voi siete degno di nominarla. Avete capito? ».

A questo punto m’int[...]

[...]ciso su ciò che avesse dovuto fare.

10 lo guardavo, notavo la sua perplessità, ma badavo al mio stato. Egli poi si decise, mi fece un’iniezione di canfora, mi ordinò il canfidrolo e se ne andò. Dopo che il Castagna se ne andò l’attacco si ripete più forte. Verso sera presi alcune gocce di canfidrolo e si ripete più forte ancora. Allora smisi la canfora e non mandai più a chiamare il Castagna. Né lui si sentì in dovere di venire più da me, non dico come amico, ma neanche come ammalato; però ogni tanto mandava la serva ad informarsi come stavo. Dopo alcuni giorni mi intesi un po’ meglio ed allora decisi di recarmi a M... dal dott. Nino D’Ascola mio medico di fiducia. Il dott. D’Ascola mi osservò attentamente e mi esortò di stare tranquillo, perché non c’era niente né al cuore, né altrove che mi dovesse impressionare. Io allora mi tranquillizzai da questo lato ed in seguito stetti un po’ meglio anche perché mi sforzavo di pensare

11 meno possibile ai guai e sempre allo scopo di star meglio.

Verso aprile vidi all’improvviso in casa mia cognata Elena, dato che da mia sorella non ci voleva andare e dato che i fratelli non la potevano più vedere giacché aveva preso a bastonate la madre a C...

Io feci capire che non intendevo tenerla e così[...]

[...]ei nostri rapporti sessuali, non dimenticai più la frase. Un pomeriggio che mi trovai solo con la servetta, dato che ora mia moglie entrava ed usciva di casa senza darmi più conto dove andasse e che facesse, né, io del resto, glie lo chiedevo, le domandai perché quel giorno aveva detto quel « Parlerei ?! » a denti stretti. Dapprincipio la servetta negò, ma poi, dietro le mie insistenze alquanto aspre, mi dichiarò che mia moglie amoreggiava col medico Castagna. Mi disse che quando io mancavo lei se la faceva sempre alla finestra dirimpetto allo studio del Castagna, che una mattina il Castagna, mentre io ero all’ufficio, colla scusa che cercava di me, era salito sopra e si era intrattenuto in salotto con mia moglie e che tutto ciò lo sapeva anche la padrona di casa che abitava sotto di noi e forse anche il resto della famiglia. Io non volli sapere niente più, le raccomandai se si fosse accorta di altro per l’avvenire di riferirlo a me e mi serrai nello studio. Nello studio intesi che la mia casa ormai era definitivamente crollata e che ora [...]

[...]tisse mia moglie e poi la smisi completamente. Sera di venerdì, dappoiché mia moglie aveva dato l’allarme, venne mia sorella da me, mi portò nello studio e mi disse: « Son venuta per stare con te stasera, perché Giacomo non c’è — era da molto che non veniva più da me —. Ma insomma che hai? Ti sembra giusto che la devi ingiuriare puttana? ».

« A chi ? ».

« Andiamo! Dimmi che cosa è successo! ».

«Nulla! Ma giacché lo vuoi sapere, a te, lo dico! Mia moglie mi fa le corna col medico Castagna. Hai capito ora? ».

« Vedi, mi si accappona la pelle! » e mi mostrò il braccio. « Però io non ci credo! E come l’hai saputo? ».

« Ho ricevuto una lettera anonima; però io lo sapevo da tempo e perciò me ne volevo andare ».

« Senti, io ti dico di calmarti perché non è vero. Ma se dovesse essere vero certo che il dott. Castagna è stato un vero mascalzone, perché con te non si doveva permettere un fatto simile! Però io, ti ripeto, non ci credo e ti dico di calmarti, perché sicuramente si tratta di gente che vuole male a te ed a tua moglie e non bisogna dare loro gusto ».

Poi mia sorella insistè ancora che mi calmassi, mi portò tanti paragoni, mi disse anche che tutto al più si poteva trattare di un semMEMORIALE DAL CARCERE

189

plice corteggiamento e siccome io non ne avevo più voglia di sentire parole le promisi che mi sarei calmato e così andammo a raggiungere gli altri in cucina dopo averla raccomandata di non dire niente a mia moglie della lettera anonima. Più tardi però si chiusero tutt’e due nel salotto e mia sorella messa all[...]

[...]lato verso lo studio : «Sentite cognato, debbo dirvi una parola! ». Io lo seguii e giunti nello studio ci sedemmo l’uno di fronte all’altro. Senza tanti preamboli mi chiese gesticolando colla mano:

« Fuori la lettera! ».

Io intesi che la parola mi veniva meno come un tempo, ma mi dominai subito e risposi:

« Quale lettera? ».

«Andiamo! Voi mi conoscete chi sono io! Se non me la date colle buone me la darete colle cattive! ».

«Ma vi dico che non vi capisco? ».190

SAVERIO MONTALTO

« Voi mi capite anche bene! E vi dico che me la dovete dare, perché io per questa sorella ci tengo al suo onore».

A questa sua affermazione volevo sorridere, ma non fui capace. Poi risposi:

« Io non so di lettera, ma ammesso che sapessi, son cose che riguardano esclusivamente la mia onorabilità e non voi! ».

«No, son cose che riguardano me! E vi dico, ancora una volta che me la dovete dare immediatamente! » e fece Tatto di alzarsi per aggredirmi. Io rimasi calmo e continuai: «Non credo che mi costringerete a buttarmi dal balcone oppure scapparmene di casa come mi trovo ed andare gridando per le vie del paese? ».

« Ah, ah! Non credevo mai che foste arrivato ad uno stato tale di vigliaccheria! Si vede allora che non solo siete vigliacco, ma anche mascalzone, perché debbo credere ora che la lettera l’avete inventata voi! Ma io so ben donde proviene la lettera, e perché non la volete consegnare, perché stamattina appena arrivato, non volen[...]

[...]po venne FOttavio e si portò via la Livia dicendo che doveva condurla dalle monache. Non avevo più pace ed andavo su e giù. Ad un certo punto vidi spuntare mia sorella e mi rallegrai perché ora da me si trovava fuori pericolo. Entrò nel salotto e mi disse : « Perché non gli dai la lettera? ».

« Perché no! Sai che vogliono mettere in campo ora? Che sei stata tu a scriverla d’accordo con Aurora ».192

SAVERIO MONTALTO

« Si? E come? ».

«Dicono che tempo fa, una sera è venuta da te l’Aurora, e così l’avete concertata! ».

«E come poteva venire da me Aurora se io sono carcerata? Io ancora non conosco il suo bambino. Se l’abbia scritta o meno l’Aurora io non lo so! E poi, dico io, andavo a menarmi la zappa nei piedi? Loro non possono che non possono vedermi ora; immaginiamo quando tu fossi diviso dalla figlia! Ma se loro adesso vogliono affermare questo, vado dritta a buttarmi a mare! ».

«Sei sicura del fatto tuo? ».

« E lo puoi mettere in dubbio? ».

« Già! Hai ragione! Non so più quel che dico! ».

In questo mentre intesi bussare giù al portone. Aprii il balcone della stanza da pranzo e vidi mio cognato Giacomo. Dopo un pò lo raggiungemmo nella stanza da letto ove c’era anche mia moglie già alzata. Mio cognato mi disse con aria di comando: «Ti sei deciso a darmi la lettera? ».

Io non risposi e stetti al mio posto guardandolo. Lui allora fece: «Lo so, lo so chi ha scritto la lettera, perché stamattina me l’ha detto Rosa e Livia! ».

«Come? » risposi io. «Oggi avete detto Giuseppa ed ora Rosa e Livia? ».

«Anche Giuseppa!» si fece portare dalla cucina la piccola Giuseppa, se[...]



da Giovanni Frediani, Poesia dialettale ieri, oggi [relazione conferenza 1951 ca a Domodossola] in Relazione dattiloscritta probabile 1951

Brano: [...]vvivenza del passato"*
Polemica PortaGiordani La polemica sulla validità o meno della poesia dialettale è stata lunga e aspra. Già al tempo del grande poeta meneghino Carlo Porta una polemica contro il dialetto fu iniziata dal noto linguista Pietro Giordani e dette la possibilità allo stesso Porta di difendersi validamente. Fu così:
L'11 Febbraio 1816 il piacentino Pietro Giordani, scrisse un articolo contro la poesia dialettale apparso sul periodico "La Biblioteca Italiana" in cui tra l'altro diceva:
"I dialetti mi paiono rassomiglianti alla moneta di rame, la quale è pur necessaria al minuto popolo e alle minute contrattazioni. A comunicare coi prossimi le idee più basse e triviali basta a ciascuno l'idioma natìo."
Il Porta, con la sua satira mordace rispose al giordano con "Dudess sonitt a l' abaa Giavan". Abaa, perché il Giordani era stato frate. Giavan (Sciocco) e qui il Porta non era stato giusto.
Ed ecco uno dei sonetti... Uno dei tredici sonetti che il Porta scrisse per rispondere al Pietro Giordani nel 1816:

Conzeess per vera e[...]

[...]avi un' invenzione,
te daveno per forza la tortura
ner tribunale de l' Inquisizione.
E 'na vorta lì dentro, sarv' ognuno,
la potevi tenè più che sicura
de fa' la fine de Giordano Bruno.
Pascarella

L' EDITTO
Dicheno che una vorta
un prete nun entrò ner Paradiso
perché trovò
'st' avviso su la porta:
"D' ordine de Dio Padre onnipotente
è permesso l' ingresso solamente
a quelli preti ch' hsnno messo in pratica
la castità, la carità, l'amore
che predicò Gesù nostro Signore.
Se quarchiduno ha fatto all'incontrario
sarà mannato subbito a l' inferno.
Firmato: Er Padre Eterno.
San Pietro, segretario.
Povero me! Sò fritto!
Disse er prete fra se Fra tanti mali ciamancava l' affare de st'editto!
Chi diavolo sarà che je l' ha scritto?
Naturalmente, l'anticlericali...
Trilussa

Da "LA CAMPANA DE LA CHIESA"
...................................
Nun dipenne da te che nun sei bona,
ma dipenne dall'anima cristiana
che nun se fida più de la campana
perché conosce quello che la sona!

Da" CARITÀ CRISTIANA"
............................................
Ce vo[...]

[...]tri conoscenti Porta, Belli, Fucini
Da " LA DIVINA COMMEDIA IN DIALETTO MENEGHINO"
Virgilio spiega a Dante che:
...hoo scritt on poema, ma sui sciall,
sora Eneja e 'l foegh d'Illi in vers latin;
e te diroo che voreva anch brusall
per ghignon de no avell faa in meneghin.
Porta
L'ILLUMINAZIONE DELLA CUPPOLA
Tutti li forestieri, ogni nazzione
de qualunque paese che se sia,
dicheno tutti quanti: "A casa mia
ce se fa gran bellissime funzioni".

E nun dico che dìchino bucìa
fòrzi, chi più, chi meno, hanno raggione.
Ma chiunque ciè a Roma, in concrusione,
mette la coda fra le gamme, e via.

Chi popolo pò èsse, e chi sovrano,
che ciabbi a casa sua 'na cuppoletta
com' er nostro San Pie' in Vaticano?

In qual' antra città, in qual antro stato
c'è st'illuminazione benedetta,
che t'intontisce e te fa perde er fiato?
G.G.Belli
Da "DU' STERRATORI IN CERCA DI LAVORO"
......................................
Ma tu glielo dicesti di dov' eri?
Perché alle vorte, sai, l'esse' pisani,
con certe gente fa bona 'mpressione.

Da"LA 'REAZIONE DER MONDO"
Vola, rivol[...]

[...] Bonaventura...

Insomma un doppo l'antro un terremoto
de nomacci, e 'r guardiano nun fu eletto,
perché tutti li frati èbbeno un voto!
G. G. Belli

LA CUCINA DER PAPA
co la cosa ch'er coco m'è compare
m'ha vorsuto fa vede stamattina,
la cucina santissima. Cucina?
Che cucina! Hai da dì porto de mare.

Pile, marmitte, padelle, callare,
cosciotti de vitella e de vaccina,
polli, ova; latte, pesce, erbe, porcina,
caccia, e gni sorte de vivanne rare.

Dico: "Pròsite a lei, sor Padre Santo".
Dice: "Eppoi nun hai visto la dispenza,
che de grazzia de Dio ce n' è antrettanto".

Dico: "Eh, scusate, povero fijolo!
Ma cià a pranzo co lui quarch' eminenza?"
"Noo dice er papa magna sempre solo".
G.G.Belli

Da "DISGRAZII DE GIUANNIN BONGEE"
.......................................................
............................ett vô el marì
de quella famm che sta dessora lì?
Mi, muso duro tant e quant a lû,
respondi: ovì, ge suì muà, perché?
Perché, 'l repìa, voter famm, monsù,
l' è trè giolì, sacre Dioeu, e me plé.
O giolì o no, ghe dighi, l'è la famm
de muà de mi: coss'hal mo de contamm?
C. Porta

Da "ER VOTO UNIVERSALE"
......................................
O cos' è questo [...]

[...]
che nun me scappa più manco un perdìo.
Dice: ce vò più fede, caro mio...
E m' è cresciuta subbito la fede.
Ciavevo quarche amico framassone;
dice:Nun vojo... E io da bon cristiano
ce parlo d'anniscosto ner portone.
..............................
Trilussa

Da "ER LEONE ARICONOSCENTE"
..................................................
Mantenne la promessa
più mejo d'un cristiano;
ritornò dar tenente e disse: Amico,
la promozzione è certa, e te lo dico
perché me sô magnato er capitano.
Trilussa

Da "ER BUFFONE"
.......................................
Lassamo annà: Nun è pe' cattiveria.
Ma l'omo solo è bono a fà er buffone
Nojantri semo gente troppo seria!
Trilussa

Da "ER GALLO E ER CANE"
.............................................
Ahô ! Nun me fa' tanto er socialista,
je disse er cane intanto nun m'incanti
nun m'hai da dì che canti cor pretesto
de svejà chi fatica e chi lavora;
piuttosto dì così: Canto abbonora
perché la sera vado a letto presto!
Trilussa

L'ORTOLANO E ER DIAVOLO
C'era 'na vorta un povero ortolano
che, se j' annava un p[...]



da Baratono (relatore per la mozione unitaria) con presentazione di Argentina Altobelli (presidente), e Giovanni Bacci, Discorso di Baratono in Resoconto stenografico del 17. congresso nazionale del Partito socialista italiano : Livorno, 15-20 gennaio 1921 : con l'aggiunta di documenti sulla fondazione del Partito comunista d'Italia

Brano: [...]ndo, per bocca del compagno Kabaktceff, la Russia . ci dice che noi, tendenza unitaria, maggioranza del Partito, siamo degli opportunisti, che soltanto per accarezzare le masse fingiamo di essere favorevoli alla Terza Internazionale; quando la Russia ci dice che noi ci accontenteremo di espellere dal nostro Partito due, tre, cinque riformisti per mantenere il
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riformismo dentro il nostro Partito, allora io mi rivolgo ai compagni comunisti e dico loro: compagni, credete veramente voi questo?
Molte voci dai palchi e dai banchi dei comunisti: Sí, sí ! (Rumori violentissimi. Interruzioni vivacissime, scambio di apostrofi. Tumulto prolungato).
ALTOBELLI, presidente: Io debbo altamente protestare contro questa intolleranza. Se si continua cosí non si potrà andare avanti. Voi non fate che provocare dei tumulti, facendo perdere un tempo che dovrebbe essere prezioso per tutti. Ricordatevi che qui ci sono anche dei rappresentanti della stampa borghese...
Una voce: Costoro fanno gli interessi della borghesia agendo a questo modo ! (Applausi.[...]

[...]unto sopra queste piccole inezie, sopra queste quisquilie si è voluto artificialmente creare una grave divergenza di opinioni. La borghesia, dopo l'armistizio vedendosi perduta, ebbe l'istinto di lasciar libera la gara dei contadini e degli operai all'aumento di salario. È un fatto.
Voci: E la disoccupazione? E il caroviveri? (Interruzioni. Cornmenti animati. Rumori).
BARATONO: Cercate di interpretare senza malignamenti il mio pensiero. Io non dico che le condizioni dei lavoratori italiani siano assolutamente buone: dico che nell'apprezzamento di un fatto storico, per esempio del fatto che riguarda il movimento dei metallurgici, anche piccole circostanze hanno il loro valore, e che quindi la diversa interpretazione di un fatto può avere delle gravi conseguenze nella dottrina. (Commenti).
Cosí, per esempio, noi siamo d'accordo che la rivoluzione, pur essendo un fenomeno internazionale, debba incominciare in qualche posto, e che il luogo nel quale possa incominciare la rivoluzione nell'Europa occidentale potrà essere benissimo l'Italia, perché in condizioni piú favorevoli degli altri.
Una voce: Manca il pane [...]

[...]e, debba incominciare in qualche posto, e che il luogo nel quale possa incominciare la rivoluzione nell'Europa occidentale potrà essere benissimo l'Italia, perché in condizioni piú favorevoli degli altri.
Una voce: Manca il pane !
Voci: Compratelo ! (Vivissima ilarità. Commenti).
BARATONO: Dove, invece, per esempio, non andiamo piú d'accordo è quando i compagni della Russia, e specialmente in una delle ultime lettere inviate agli italiani, ci dicono con tutta tranquillità che non appena il movimento sarà scoppiato in Italia, immediatamente ci verrà l'aiuto della Francia, della Inghilterra, della Russia stessa. (Commenti. Rumori vivissimi).
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MISIANO: Non dice cosí, gesuita ! (Rumori vivissimi e prolungati. Scambio di apostrofi).
ALTOBELLI, presidente: Noi torniamo ad invitarvi a non interrompere.
BARATONO: Dice proprio cosí. È la penultima lettera firmata <c II Comitato esecutivo della Terza Internazionale », pubblicata anzi prima sull'Avanti ! di Torino, 1'11 dicembre, e poi su quello di Milano, dove c'era un periodo molto chiar[...]

[...] fecero.
Ieri Graziadei diceva che bisogna guardare la realtà storica secondo certi momenti, certe circostanze che ne stabiliscono il valore; e diceva questo per svalutare l'opera dei socialisti italiani che sono stati tutti, o in grandissima maggioranza, contro la guerra, nessuno dei quali ha voluto i crediti di guerra, osservando che in Italia c'erano condizioni piú propizie che in altri paesi, e lo sforzo era perciò assai minore.
Orbene, io dico a lui la stessa cosa: riconosciamo, compagno Graziadei, che l'aver preso possesso delle fabbriche, nel modo con cui s'è avverato in Italia, era una condizione assai piú propizia di quella che sarebbe stata se in quel momento il Governo, per sue ragioni borghesi, non avesse in certo senso lasciato fare e consentito. Adunque, per intanto, teniamo presente questo fattore. Né diteci subito che c'era una situazione insurrezionale sol perché i nostri operai erano in possesso delle fabbriche, dal momenta che erano in possesso delle fabbriche pacificamente.
Quei giorni, in una prima riunione alla qu[...]

[...]i di gestire per mille ragioni; se ci fossimo posti di fronte ad un solo avversario, che in quel momento era debole, discorde internamente fra grossi e piccoli industriali, mal visto anche dalla borghesia, mal visto anche dalla zona grigia dell'opinione pubblica, e in contrasto col Governo stesso, esso sarebbe stato abbandonato forse dal Governo, e dopo la presa definitiva di queste fabbriche si poteva an che allargare per contagio il movimento. Dico, se si fosse accettato un punto di vista rivoluzionario, ma intermedio...
Una voce: Le mezze misure !
BARATONO: Ah ! Ma tu non sai che cosa sia una rivoluzione: non hai mai letto un libro di storia ! (Applausi vivissimi).
Quando Lenin ha spossessato le fabbriche di Putiloff ha motivato la propria azione affermandone le precise e particolari ragioni, e non ha detto: ce le prendiamo per la rivoluzione ! Ha dato ragioni contingenti perché la rivoluzione non si fa tutta in una mattina. Invece, ed io ve lo dico solo per dimostrarvi lo stato d'animo degli uomini di quel giorno, invece l'urto fra[...]

[...]intermedio...
Una voce: Le mezze misure !
BARATONO: Ah ! Ma tu non sai che cosa sia una rivoluzione: non hai mai letto un libro di storia ! (Applausi vivissimi).
Quando Lenin ha spossessato le fabbriche di Putiloff ha motivato la propria azione affermandone le precise e particolari ragioni, e non ha detto: ce le prendiamo per la rivoluzione ! Ha dato ragioni contingenti perché la rivoluzione non si fa tutta in una mattina. Invece, ed io ve lo dico solo per dimostrarvi lo stato d'animo degli uomini di quel giorno, invece l'urto fra Gennari, rappresentante della Direzione del Partito, la quale all'unanimità gli dette la sua solidarietà, e il Comitato centrale della Confederazione generale del lavoro, fu violento solo per questo: che c'era un'assoluta antitesi, non di tendenze politiche e di programmi, ma di sentimenti e d'abito mentale. Piangevano gli uni e gli
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altri; ma uno diceva: io credo che domani si debba fare il gran salto; e gli altri dicevano: noi onestamente e lealmente ci spaventiamo perché ci sembra un salto nel buio.
[...]

[...]cambio di apostrofi violente).
BARATONO: Compagni, persuadetevi, non diamo un giudizio, esponiamo un esame dei fatti; persuadetevi che stavano di fronte due concezioni oneste, una rivoluzionaria e una sindacale. (Commenti animatissimi).
GENNARI: E incompatibili. Di qui la necessità della separazione. Voci: Ecco la scissione !
Altre voci: L'ordine del giorno era di Bucco. Ricordatevelo ! (Rumori vivissimi. Scambio di apostrofi).
BARATONO: Io dico questo perché noi, unitari, veniamo accusati di voler difendere i riformisti e il riformismo. E non è vero. Noi difendiamo solamente, per debito di lealtà, questi che sono ancora oggi nostri compagni, perché Bologna ha consentito che fossero ancora nostri compagni, dall'accusa di essere dei traditori, dall'accusa di essere dei complottisti, dei conniventi con la borghesia.
Questa è una posizione di lealtà che noi dovevamo assolutamente lrendere di fronte a quei compagni di Mosca che asserivano: « voi avete nel vostro seno dei traditori e degli opportunisti ». Non avevamo di fronte a noi, que[...]

[...]ro ! (Rumori prolungati).
BARATONO: E tutti noi li conosciamo. Noi viviamo nel Partito, non ci bendiamo gli occhi, sappiamo vedere le cose.
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Ci sono infinite sfumature, convenitene, anche nella frazione comunista; anche là c'è una destra e una sinistra; anche lá c'è la parte bornbacciana e la parte bordighiana; non mi pare che ci sia una grande omogeneità, una perfetta unità tra queste parti...
BORDIGA: C'è, c'è
BARATONO: Tanto meglio !
Dico dunque, che noi, che viviamo nelle Sezioni, sappiamo che molti compagni, che hanno mandato qui dei rappresentanti aderenti alla frazione comunista, sono rivoluzionari perché credono ad una forma di rivoluzione che non è che l'insurrezione fine a se medesima, alla rivolta, e mentre credono che ogni riforma sia del riformismo, il loro non è che un riformismo all'inverso, già che l'episodio insurrezionale preso in sé anche come pura e semplice conquista del Governo, vale per la rivoluzione come una riforma qualsiasi, un episodio, mentre rivoluzione vuol dire quella che ricostruisce la società tu[...]

[...]rché sono ormai in una sfera di pensiero democratico, in una mentalità borghese, per quanta orientata e simpatizzante verso il socialismo, ed ai quali, quindi, porremo quella famosa domanda: accettate o non accettate d'ora in poi questo che è il nuovo organamento, queste che sono le nuove deliberazioni del Partito socialista italiano, e se non accettate fateci il piacere di lasciarci liberi... (Applausi).
Voci: Siamo d'accordo.
BARATONO: Malti dicono: siamo d'accordo ! Non è vero che siamo d'accordo, perché vi è tutta una frazione che esige siano cacciati Tizio, Caio, Sempronio, facendo i precisi nomi delle persone !...
Voci: No, no !
BARATONO: C'è una frazione che dice: tutti quelli che hanno aderito a Reggio Emilia, solo perché vi hanno aderito debbono andarsene; e qui è la discordia ! Noi siamo d'accordo con Mosca, perché appunto Mosca questo non ha imposto !
Dicevo, oltre queste individualità che hanno ormai una mentalità che rimane arretrata di fronte al movimento rivoluzionario, ci sono altri destri nel nostro Partito che sono [...]

[...]erare questi metodi, che sono generali per tutte le rivoluzioni, nello stesso identico modo con cui sono stati adoperati dai compagni russi, e da formare quindi in Italia, prima un Partito politico rivoluzionario di congiura contro il Governo borghese, al solo ed unico scopo della presa di possesso violenta e armata del Governo, e poi un'instaurazione del Governo socialista sul figurino preciso ed esatto di ciò che è avvenuto in Russia.
I russi dicono — badate, ce lo ha dichiarato Graziadei — che essi non impongono nulla di tutto ciò, che non intendono dettare le leggi precise circa la tattica, le circostanze, l'adattamento di quelli che sono i principi generali della rivoluzione per tutti i paesi del mondo. Non intendono di forzarci la mano, di darci il figurino del nostro Governo, della nostra azione specifica di un certo momento.
Per noi comunisti, per noi che discendiamo dal « Manifesto » di Carlo Marx e di Federico Engels, la dittatura del proletariato è semplicemente una concezione rivoluzionaria che si oppone alla concezione demo[...]

[...] piú perfetta democrazia, con quella democrazia che ci doveva essere e non ci fu.
Adunque non possiamo tornare indietro oltre i principi della rivoluzione francese, non possiamo tornare al concetto dispotico del media evo. Questa è la concezione marxista.
GENNARI: La nostra.
BARATONO: Vuol dire che cade un altro di quei muri artificiali messi fra noi e voi, e ne sono felicissimo. (Applausi).
Ma non è questa la concezione di alcuni che invece dicono: noi vogliamo intanto preparare con i nuovi metodi di Partito politico, e poi coi nuovi metodi di Governo e di dittatura del proletariato, una società socialistica cosí intesa: che ci dia una minoranza, prima Partito politico verso il proletariato lavoratore, poi Partito di Governo verso le organizzazioni in generale del lavoro, ci sia una minoranza che s'imponga come dittatura sulla stessa maggioranza. È qui la quistione. La dittatura del proletariato diventa un dispotismo di élite di classe.
Non nego che questo possa essere un episodio necessario del momento rivoluzionario, non nego che [...]

[...]il Partito politico abbia tutti i di. ritti, in un certo momento, di fronte alle masse, spesso retrograde, di imporsi assolutamente, non nego che nel Partito stesso una minoranza di questo Partito, ad un certo punto della vita politica si possa e si debba imporre agli altri. Se si fa in qualche posto, si fa benissimo. Nego che si possa assumere ciò come nostro programma; soprattutto nego, e insisto ancora sulle condizioni reali dell'Italia, e vi dico che se voi intendete accaparrarvi il diritto ad una dittatura proletaria in Italia nei senso di dare l'assoluto potere nelle mani di una piccola minoranza, non potreste mantenere questo potere in Italia come in Russia (applausi), appunto perché la psiche italiana è diversa da quella russa, perché noi non siamo orientali e questo consesso lo dimostra ampiamente.
Se in Italia ci fondiamo solamente sulla credenza che una minoran
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za possa mantenere il potere, perché minoranza e quantunque minoranza, sulla maggioranza degli operai, corriamo dietro a una chimera. Ciò sarebbe fattibile solame[...]



da Giovanni Testori, Il Fabbricone in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 9 - 1 - numero 46

Brano: [...] non é il caso di arrabbiarsi per quei mascalzoni... »; il Luigi disse mascalzoni cercando di caricar la parola d'una indignazione che la sua natura invece, non pareva concedergli.
Ma il vecchio non accennava a calmarsi; adesso, non che il braccio, era tutto il corpo a tremare come nell'impossibilità di far ciò verso cui si sentiva attratto.
«D'altronde lo sai bene anche tu che noi, da questa parte, non potremo vincere mai... ».
« Si, si, non dico di no — brontolò il vecchio su cui il nipote s'era piegato per asciugar il sudore. — Ma seconda me, un po' di comunioni in meno e un po' di coraggio in piú, domineddio li vedrebbe volentieri »...
A quelle parole l'Oliva padre e l'Oliva figlio si fissaron un momento, presi da un'uguale, duplice impressione, che era di stupore, da una parte, e di compassione, dall'altra; stupore per la forza e la violenza che il vecchio, malgrado gli anni, dimostrava e che forse, sotto sotto, avrebbero voluto aver anche loro; e compassione, perché quello strano modo di concepir la religione e la fede non potev[...]

[...]trava e che forse, sotto sotto, avrebbero voluto aver anche loro; e compassione, perché quello strano modo di concepir la religione e la fede non poteva essere causato che dalla vecchiaia.
Nella realtà le cose stavan diversamente; fin dalla giovinezza, infatti, la molla che aveva sostenuto la spirito del vecchio Oliva era stata l'idea del cristianosoldato e del vangelospada, rivoltella e cannone; e fin da allora lui aveva puntato tutto su li; « dico, dato che il sangue nelle vene e la voglia di menar botte, non può avermele date che domineddio... ».
Era dunque stato lui il primo a stupirsi che, di tanto ardore,
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nel figlio non fosse passata che l'ombra; praticante e scrupoloso era, e fin all'eccesso, almeno per lui che aveva sempre fatto tutto un po' più all'ingrosso, ma quanto a decisione, coraggio e combattività, zero; tanto da indurlo a pensare che, il carattere, il figlio l'avesse preso tutto dalla moglie; una santa donna, per carità, che se non era andata in paradiso lei, non sapeva proprio chi avrebbe potuto a[...]

[...]riuscisse a stroncarlo. E quello cos'era ? Volontà di Dio, certo, ma anche volontà sua.
« Be', allora vuol dire che vedremo, anzi vedrete 'sti nuovi manifesti... » disse il vecchio al figlio e al nipote che, imbaraz
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zati dal suo modo d'agire, avevan continuato a starsene 11, in silenzio; e questo lo disse poco prima che, dalla cucina, l'Ernesta chiamasse i due uomini perché, in tavola, la minestra era pronta.
« Per me vi dico che non fan bene, ma benissimo », gridò il Carlo, alzando il bicchiere e trangugiando quel che, di vino, era rimasto. Poi, presa da destra una michetta, si diede a mangiarne, uno dopo l'altro, alcuni bocconi.
« Almeno a furia di farceli vedere da tutte le parti, la gente capirà che é ora di farla finita... — aggiunse; quindi, quasi volesse concludere. — Questo a parte che, con la libertà, vorrei vedere che non si potesse stampar quel che si ha voglia. La bocca, 'sto governo di preti, ce la chiude già abbastanza... ».
« Dove ha interesse. Ma su queste cose qui, cosa credi che gli importi di [...]

[...]anifesti? » — ribatté la madre.
« Soprattutto per quello » — fece la Liberata.
« E se è per quello — fece il Carlo, puntando di colpo il pugno sul tavolo — sarei disposto a prender il purgante pur di riempirli un'altra volta di merda, i manifesti di quei traditori ».
Dopo quel battibecco, duro e violento, ci fu un lungo silenzio; quindi il padre, tentando di ricominciar la discussione, disse:
« A sentir voi, sembra che io non esista nemmeno. Dico io, con tutta l'esperienza che ho. Perché, cari miei, quando a esser dei nostri, o per lo meno a non esser dei loro, voleva dire il confino o la galera, voi vi facevate addosso la
A quelle parole la Liberata, che ormai aveva finito di sparecchiare e stava aprendo il rubinetto del lavandino, si voltò verso il Carlo e lo guardò per riceverne l'imbeccata; come vide che il fratello le faceva segno di star calma, diede un colpo di gomito al gruppo delle posate che tinnì acuto e sinistro; quindi, dopo quel breve sfogo di cui aveva avuto un bisogno assoluto, si rimise, senza dir niente, al lavoro. [...]

[...]postò verso la finestra e invece di rispondere, disse:
IL FABBRICONE 105
« Ma come fai, spiegamelo, come fai a vivere in mezzo a quei maiali? ».
« Necessità di mestiere — ribatté l'Antonio con molta sicurezza; quindi, aggiunse — Del resto le mie idee tu le sai; la vita è una sola e convien passarla il meglio possibile... ».
« E allora, giù corruzioni, giù tradimenti! ».
« Ma chi corrompe ? Chi tradisce ? ».
« Voglio sperare che saprai cosa dicono intorno di quel porco del tua presidente... ».
« E allora? ».
« Allora, allora! » — ribatté il Carlo.
«E poi — incalzò l'Antonio, senza lasciar respiro — non potrai pretendere che tutti si divertano a strappar manifesti ».
« Antonio! — urlò il Carlo — Con la storia dei manifesti é ora di finirla! Ho detto anche a lei che, se é necessario, son disposto a rifar la stessa cosa per tutta la vita. Perché, io, ricordati, io non sono come te; io alle mie idee e alle idee che m'ha insegnato mio padre ci credo e ci credo fino al sangue! ».
In quel momento sul vuoto della porta che la madre avev[...]



da [Gli interventi] Gastone Manacorda in Studi gramsciani

Brano: [...]ne nel Risorgimento di un problema che in realtà era il problema di Gramsci, era un problema del 1920 e non del 1848 o del 1860.

Non voglio discutere sulla questione di ordine teoretico, cioè sul rapporto fra coscienza politica e coscienza storica, fra giudizio politico e giudizio storico, ma prima di tutto sarà invece da vedere se questa affermazione regge, cioè se veramente il problema della rivoluzione contadina non fosse già presente, non dico soltanto nelle cose, ma nella coscienza stessa degli uomini del Risorgimento.

In realtà, basta leggere la letteratura politica del Risorgimento, e soprattutto quella immediatamente posteriore alla unificazione, per trovarvi larghissimamente sviluppata la critica al Risorgimento cosi come si è svolto, e per ritrovare nel pensiero stesso di questi protagonisti molti elementi che poi avranno sviluppo successivamente ed anche nel pensiero di Gramsci.

Faccio pochi esempi. Prendiamo uno fra i critici più intelligenti della società italiana appena unificata, un Leopoldo Franchetti, borghese, c[...]

[...]to io ero stato sotto l’influenza di Taine e di Villari. Entrambi parlavano dell’ambiente, ma il loro ambiente era l’ambiente intellettuale, e non l’ambiente economico e sociale. Gli scritti di Marx sulla Francia del 1848, 1851, 1870 mi diedero il sentimento delle strutture economiche e sociali che sono al di sotto dell’ambiente intellettuale. Nel 1896 la lettura di Antonio Labriola II Materialismo storico mi orientò definitivamente. Mi orientò, dico, come una preziosa ipotesi di lavoro, con l’aiuto della quale riuscii a risolvere nella storia della lotta fra magnati e popolani a Firenze molti problemi che fino a quel momento erano rimasti nebbiosi nel mio spirito. La seconda grande influenza benefica sulla mia vita intellettuale la ebbe Carlo Cattaneo; nei primi mesi del ’99, quando conobbi i suoi scritti sul 1848 in Lombardia i quali erano pensati con lo stesso metodo di'pensiero di quelli di Marx sulla Francia del 1848 ».

È una testimonianza di grande interesse. Vi si trovano tre nomi: quello di Marx, quello di Labriola e quello di [...]

[...]i, che « condanna in blocco il passato soltanto chi non riesce a differenziarsene ». Quel detto di Gramsci contiene implicita l’idea che il momento nel quale si passa dalla coscienza dei contemporanei a quella dei posteri, dal giudizio politico al giudizio storico, si realizza nella storia delle idee, soltanto in quanto nella storia dei fatti, appunto, si supera il passato, ci si differenzia dal passato. Ora, nel primo dopoguerra, noi siamo, non dico nel momento, ma in un momento importante della differenziazione dal passato, dal Risorgimento, dal processo di unificazione e di costruzione dello Stato unitario.

Nel pensiero di Gramsci il Risorgimento è visto nella profondità di una nuova prospettiva, e certi problemi vi prendono nuova luce, e certe idee che già erano vive nella coscienza dei contemporanei riemergono ed acquistano il vigore di una interpretazione storica mentre là avevano soltanto un valore polemico. Al principio del secolo jl cattaneiano Salvemini era ancora immerso ed impegnato nella battaglia, pe510

Gli interventi[...]

[...] la fondatezza, la concretezza storica di certi temi gramsciani non può più essere disconosciuta. Vorrei soltanto aggiungere, a questo proposito, per l’esatto intendimento del pensiero gramsciano, che il problema contadino del Risorgimento in Gramsci è solo un aspetto del problema più generale che Gramsci imposta, che è quello della direzione politica e delle forze rivoluzionarie sulle quali potevano fare assegnamento i partiti del Risorgimento. Dico questo, perché isolando il problema contadino e mostrandolo come centrale nel pensiero di Gramsci si rischia di dimenticare la complessità ed anche l’ampiezza della sua visione storica. Ad esempio, io ho letto con stupore che si accusi Gramsci di non avere tenuto conto deHa situazione internazionale e quindi della impossibilità di una rivoluzione agraria italiana nell’Europa del 1848 che non era la Francia del 1789. Ma questo, in Gramsci, è detto e ripetuto più di una volta, e stupisce che studiosi anche autorevoli dicano che questo aspetto nei Quaderni è trascurato, mentre c’è ad ogni pagina[...]



da [Le relazioni] Apertura dei lavori (prof. Bianchi Bandinelli) in Studi gramsciani

Brano: [...]i, non già ad una sua laica beatificazione, ma a rendere onore alla memoria di Gramsci nellunioo modo che fosse degno di lui e che anche alla sua concezione di vita, cosi profondamente e appassionatamente impegnata alla rieducazione del costume italiano, non sarebbe dispiaciuto. Con l'approfondimento, cioè, dei temi ideali che informarono la sua opera scritta e la sua azione politica; con la aperta, ma consapevole discussione intorno ad essi.

Dico consapevole perché chi si accinge a discutere e a parlare su Gramsci, deve tener conto del modo tutto particolare nel quale la sua opera è stata redatta e ci è giunta, deve aver presente con chiarezza ciò che si è svolto in Italia nei venti anni, 19371957, passati dalla morte di Gramsci.

In questo Convegno abbiamo voluto raccogliere attorno al nome di Gramsci prevalentemente uomini di studio e non uomini e istanze politiche. Tuttavia, non possiamo certo dimenticare che Antonio Gramsci è stato un grande combattente delazione politica, è stato il fondatore di un grande partito politico, il P[...]

[...] incertezze vi sono due modi, che sono poi un modo solo: riconoscere il senso e i modi della offensiva metodicamente condotta contro ogni rinnovamento culturale e strutturale dagli elementi che rappresentano lavecchia Italia, approfondire e chiarire i momenti ideologici e nazionali che stanno alla base del rinnovamento, per rafforzarli e portarli avanti..

Come altri di recente ha constatato e scritto, noi abbiamo assistito e assistiamo al metodico soffocamento di quell’Italia « che andò scoprendo’ e amando se stessa durante le lotte della Resistenza e subito dopo la fine della guerra; assistiamo al tornare a galla di un’Italia cinica e corrotta, come quella di prima, con in più una verniciatura di pallida ipocrisia,.390

Apertura dei lavori

per la quale i benpensanti si identificano sempre più con i nonpensanti, e che nessuno può amare, nemmeno coloro che ne traggono profitto».

Vittime facili di questa metodica azione di soffocamento sono stati quegli intellettuali che per infantile impazienza, per facile stanchezza, per desid[...]



da Graziadei (relatore), Discorso Graziadei in Resoconto stenografico del 17. congresso nazionale del Partito socialista italiano : Livorno, 15-20 gennaio 1921 : con l'aggiunta di documenti sulla fondazione del Partito comunista d'Italia

Brano: [...]ando nel momento stesso in cui si dice di accettarle non si eseguiscono, praticamente è come se non venissero accettate.
Quali sono i motivi esposti per l'accettazione astratta, o per la non accettazione; ma in ogni caso sempre per un rinvio dell'applicazione?
Il motivo è unico. Si parla di autonomia. Il compagno Baldesi lo ha detto chiaramente: talune condizioni non le possiamo accettare, perché noi vogliamo l'autonomia. I compagni del centro dicono: noi le accettiamo; ma le applicheremo quando sarà del caso, perché anche noi vogliamo l'autonomia.
Ora, anche l'Internazionale comunista ammette l'autonomia. Voi tutti conoscete . perfettamente i famosi 21 punti. Orbene, ai punti 15 e 16 si parla di autonomia; ma se ne parla in un senso che è ben diverso da quello inteso dai compagni da cui io dissento, ed a cui fa appello anche il compagno Baratono nella sua relazione. Giacché la Terza Internazionale parla di autonomia nel senso di riconoscere che, siccome ogni paese ha particolari problemi o particolari modi in cui i problemi generali s[...]

[...]n caso contrario vi prego di astenervene perché le mie condizioni di salute non sono buone.
Ora, compagni, badate, noi aderimmo alla Terza Internazionale fino dal settembre dell'anno passato; orbene, amici, la Terza Internazionale aveva già fatto il suo Congresso sino dal marzo 1919, e — io mi appello alla lealtà dei compagni che hanno letto le deliberazioni del I Congresso dell'Internazionale comunista, tenutosi a Mosca dal 2 al 6 marzo 1919 e dico loro che mi smentiscano se io affermo il contrario dal vero — io affermo che tutte le tesi del II Congresso non sono che lo sviluppo delle tesi e dei riassunti decisi già nel Prima. (Approvazioni).
Le tesi che attraversiamo un periodo storico rivoluzionario, che in questo periodo il problema prevalente è quello della conquista del potere, che il problema della democrazia deve essere posto in modo clas. sista, il fatto che occorre la dittatura del proletariato, la tesi agraria sono tutte contenute nelle tesi del I Congresso della Terza Internazio nale, in forma piú sintetica, ma sono tutte là[...]

[...] specificare quello che ha detto, e che io non ho ben compreso. E continuo per adesso il mio discorso.
Io, dunque, compagni, rendendo omaggio alle benemerenze del nostro Partito, io mi domando, dal punto di vista dell'amor proprio della nostra posizione nell'Internazionale, se sono migliori amici di tutto il nobile passato del nostro Partito coloro che, senza volerlo, creano una situazione che ci esclude dalla Terza Internazionale, o coloro che dicono: In nome del nostro Partito, ci siamo, restiamoci veramente ! (Bene).
Compagni, intorno alla Terza Internazionale ed al suo II Congresso si sono diffuse nel nostro Partito opinioni, o dirò meglio impressioni, e con dispiacere devo confessare perfino pettegolezzi, che io credo sia doveroso diradare.
E giacché il compagno Lazzari, con quella serietà e continuità che lo distinguono e che fanno di lui un italianotedesco...
Voci: E che volete buttar fuori del Partito ! (Commenti animatissimi).
GRAzIADEI: Non l'ho mai detto.
Giacché il compagno Lazzari ha invocato da chi ha avuto l'onore di [...]

[...], ma armati con coscienza e consapevolezza morale, materiale e spirituale.
Vi è chi crede che il piú grande delitto della storia sarebbe di lasciare alla borghesia il tempo di rifare le ossa, per fiaccarsi domani di
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nuovo e portarci domani di nuovo ad una inevitabile e necessaria guerra sua. (Applausi da parte dei comunisti).
Una voce: Ma se tu eri favorevole alla guerra !
GRAZIADEI: Al compagno che m'interrompe, per fatto personale, gli dico che gli faccio obbligo di portare quanto dice qui alla tribuna, solo allora gli risponderò. (Commenti animati).
Ora se questa è una delle condizioni contenute nelle tesi e nello spirito della Terza Internazionale, e cioè che noi viviamo, non per volontarismo dei singoli, ma per leggi storiche immanenti, in un periodo rivoluzionario, e che da questo periodo dobbiamo trarre le conseguenze logiche, ne segue anche, ed ecco un altro punto fondamentale della Terza Internazionale che molti compagni non hanno capita, che precisamente perché il periodo storico rivoluzionario esiste, in esso e per ess[...]

[...]o della conquista del potere politico per potere, attraverso questa conquista, da una parte rendere impossibile la guerra borghese e di rendere possibile, perché necessaria, la guerra socialista del proletariato contro la borghesia, per l'ultima volta, e nello stesso tempo costruire un'altra economia che non sia piú quella capitalista, ma che sia, per l'accresciuta coscienza politica e sociale del proletariato, l'economia del comunismo graduale. Dico del comunismo graduale, perché coloro che non hanno mai letto niente di Lenin, dicono che Lenin voleva fare il comunismo in un solo giorno ! (Applausi da parte dei comunisti).
E un altro principio della Terza Internazionale è proprio questo principio profondamente marxista e la cui discussione ha nella storia del socialismo russo e nella storia del socialismo tedesco pagine di cultura ammirabili, che sarebbe bene che venissero da noi studiate — che
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la Terza Internazionale sostiene che in linea generale e in linea particolare non tutte le categorie o le sottoclassi della classe operaia e del, proletariato sono ugualmente atte all'attacco contro la rocca del potere polit[...]

[...]ma di lotta, perché tutti i mezzi sono buoni, purché adoperati ad ua
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unico fine, con una continuata organicità di mezzi, di propositi e di scopi.
Ma la Terza Internazionale ha detto una parola che pareva nuova a chi non ha compreso il «Manifesto dei comunisti »: ha detto una parola nuova rispetto alla questione della democrazia.
Basterebbe questa tesi per far perdere al Congresso un'intiera seduta, e mi guardo bene dall'andare a fondo, ma dico che ha della democrazia un concetto marxista che rappresenta un grande progresso di fronte alle concezioni vaghe e generiche che si avevano prima.
La democrazia, come tutte le forme della vita, va considerata in rapporta alle classi: c'è una democrazia borghese, come c'è una democrazia del proletariato, e la democrazia proletaria, per dolorosa necessità di cose, deve tendere alla soppressione della democrazia a favore della borghesia e alla borghesia serve per il suo sfruttamento contro i lavoratori.
Non è la negazione del principio della libertà, ma è quella coercizione che è indispensabil[...]

[...]emocrazia non lasci alla borghesia la possibilità di tornare alla contra reazione e di schiacciarla nuovamente.
Ed appunto per questa, la Terza Internazionale assume il concetto della dittatura del proletariato. Perché, cosa è la dittatura del proletariato? Una sola cosa: la negazione della democrazia contro la borghesia, finché questa resta tale e tenta di riconquistare il potere politico, tenuto dalla classe operaia, con la forza e per forza; dico subito che si intende conoscenza, capacità, mezzi tecnici ed anche materiali; dunque la dittatura del proletariato è la negazione transitoria, in senso storico e classista, della democrazia per gli altri, finché sono i nemici, ma cessato questo passaggio storico evidentemente la democrazia tornerà per tutti quanti, anche per i borghesi, perché ci potranno anche essere dei borghesi, ma non vi potranno piú essere come classe, perché il proletariato avrà assorbito tutte le classi, e solo allora la democrazia sarà possibile per tutti.
E d'altra parte, appunto perché la Terza Internazionale ha un[...]

[...] grandi nazioni ed alcuni grandi capitalismi che schiacciano in nome del capitalismo tutti gli altri, sia nei paesi piú piccoli come nelle colonie. Ebbene, di fronte a questo fatto storico, che il capitalismo è stato accresciuto dalla guerra, appunto per questo la Terza Internazionale dice: come sul terreno interno nego la democrazia borghese, perché voglio quella del proletariato, cosí nel campo internazionale nego la democrazia delle nazioni e dico che alcune nazioni sono sfruttate, le colonie piú di altri paesi, ed a queste tendo la mano, perché la lotta del socialismo è contro il capitalismo, cioè la lotta contro l'apparente e falsa democrazia borghese internazionale. (Bene !).
E su questo terreno nasce la tesi sulle questioni coloniali e nazionali, che non voglio discutere ora, ma che mi riserbo di discutere, se altri ne parlerà.
Ed infine, se questi sono i concetti della Terza Internazionale, concetti completamente marxistici, ecco perché è nello spirito stesso, nell'animo stesso, nella necessità stessa della Terza Internazionale,[...]

[...]mo, ma in nome della volontà collettiva, è necessaria in ogni paese la costituzione di un Partita comunista omogeneo, compatto, che agisca come un esercito ben guidato, tutto inteso alla conquista la piú rapida possibile, nei limiti del possibile, del potere politico; ora come avrete voi questa omogeneità, questa consapevolezza, questa forza, quando volete — dice la Terza Internazionale, e spiego il suo pensiero — nel medesimo Partita coloro che dicono che bisogna approfittare delle circostanze e coloro che dicono che le circostanze vanno lasciate alla borghesia per essere risolte? Tra coloro che dicono di armare gli animi e coloro che dicono di disarmarli? Tra coloro che vogliono la preparazione militare e quelli che vi rinunziano, tra coloro che vogliono conquistare il potere politico al piú presto possibile e gli altri che credono che il marxismo sia una cosa meccanica che deve attendere che il capitalismo abbia dato luogo a tutte le sue leggi di accumulazione, per poi tra venti, trenta, quaranta anni andare alla conquista del potere politico?
Tra queste due concezioni esiste un abisso, ed è appunto perché la Terza Internazionale lo sa, attraverso l'esperienza di quattro rivoluzioni, che dice: dovete scegliere, o da una part[...]

[...]trattamente eccessiva nell'Esecutivo a Mosca, ma praticamente è solo là che la Terza Internazionale può trovare il terreno adatto per agire liberamente, è solo là che può trovare i suoi uomini.
Voci: D'accordo tutti !
GRAZIADEI: E d'altronde, permettetemi una modesta osservazione_ Ho fatto sempre il pericolosissimo mestiere del professore e sono uomo abituato alla critica, ma non credo di essere un cultore dell'incensamento delle persone se vi dico che, modesto studioso, mi sono sentito un pigmeo di fronte a coloro che dirigono la rivoluzione russa ! (Applausi vivissimi).
Voci: E chi lo ha mai negato?
GRAZIADEI: Ed è appunto perché mi sono sentito un pigmeo che mi sono detto: se qualche forma è un po' rude, se qualche influenza è un po' eccessiva, hanno fatto tanto e fanno tanto che solo quando noi saremo capaci di altrettanto parleremo dove la Terza Internazionale possa risiedere. Non ora. (Applausi).
D'altronde, pur riconoscendo questa influenza, dico che questa influenza è stata relativamente — bisogna essere sempre sinceri — rela[...]

[...]loro che dirigono la rivoluzione russa ! (Applausi vivissimi).
Voci: E chi lo ha mai negato?
GRAZIADEI: Ed è appunto perché mi sono sentito un pigmeo che mi sono detto: se qualche forma è un po' rude, se qualche influenza è un po' eccessiva, hanno fatto tanto e fanno tanto che solo quando noi saremo capaci di altrettanto parleremo dove la Terza Internazionale possa risiedere. Non ora. (Applausi).
D'altronde, pur riconoscendo questa influenza, dico che questa influenza è stata relativamente — bisogna essere sempre sinceri — relativamente attenuata, perché nel Comitato esecutivo ci sono 5 russi e 16
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compagni di altre Nazioni con voto consultivo, e questi compagni crescono ancora di numero.
Un'altra accusa è questa: ma... la Terza Internazionale non ha trattato bene, non tratta bene i socialisti italiani ! Noi abbiamo fatto tanto per la Terza Internazionale e per la difesa della Repubblica dei Soviety, e sembra quasi che ci ripaghino con dell'ingratitudine !
Compagni, io non credo che la Terza Internazionale, nelle sue linee genera[...]

[...]oriot, Voisin, Cachin, Frossard, e molti altri, che proponeva l'adesione alla Terza Internazionale, con una serie di lunghissimi considerandi, e c'era la mozione Longuet, la quale aderiva anche essa, ma con un cumulo enorme di riserve, di ambagi, di sottigliezze. Si va ai voti. La mozione Loriot, Voisin e compagni riporta 3.208 voti, piú altri 43 o 44 che vanno considerati come integranti; la mozione Longuet riportò soltanto 1.022 voti.
Ora, io dico: compagni, leggetela, la mozione; a suo tempo, nelle polemiche che verranno la leggerò io, e vedrete che la mozione, se a me, personalmente, non piace, nella sua lettera è estremista.
Voci: E nello spirito?...
GRAZIADEI: Io parlo anche dello spirito. Un conto è la stima delle persone e un conto è quello che dicono; come stima alle persone riservo il giudizio, ma sulla mozione dico che la mozione — e non dico che sia sincera, perché nessuno ha il termometro della sincerità — ha un'intonazione estremista.
Ma c'è di piú ! Viene una seconda votazione, di cui gli estremi non sono stati pubblicati sull'Avanti!
Zinowieff, quello famoso delle concessioni speciali ai francesi, agli
inglesi ed ai tedeschi, fino novembre 1920, quando l'Avanti! parlava di concessioni, aveva diretto, con quel linguaggio che, personalmente per il mio gusto, è un po' eccessivo, una lettera ai socialisti francesi in cui c'erano queste parole a proposito di Longuet non guerrafondaio: <c Col coltello alla gola, bisogna esigere [...]

[...]dere con questa mozione: « Il Congresso, in presenza del telegramma del Comitato esecutivo della Terza Internazionale, dichiara che si rifiuta di procedere alle esclusioni domandate, e proclama la sua volontà di mantenere la unità attuale del Partito ».
Contro la mozione Mistral venne presentato da Rénaudel un'altra mozione, velante, nella forza correttissima e leale, un certo senso di rimpianto verso le amicizie di ieri, e sotto questo aspetto dico che è stata nobile, ma che finisce poi testualmente cosí: «...I1 Congresso, avendo preso conoscenza delle dichiarazioni del commissario Zinowieff nel suo telegramma, ecc., dichiara che la mozione di adesione accettata dal Comitato francese della Terza Internazionale non impone esclusioni per il passato (appunto perché non si fa la guerra alle persone) ma si intende che d'ora innanzi non si potrà restare nel Partito e nella Terza Internazionale che accettando per principio, cioè per convinzio ne, le decisioni del presente Congresso e del Congresso della Terza Internazionale, ecc. ecc.».
Dunqu[...]

[...]sizione, giacché dichiarare che essi restavano fedeli al programma di Genova, quando c'era già un nuovo programma del Partito, significava aprire fin d'allora la vera scissione nella nostra fede. (Bene ! da parte dei comunisti).
Io mi limito ad osservare che nella mozione dei nostri compagni di destra è detto esplicitamente che è necessaria per il nostro Partito la coesistenza di due scuole. Essi si riconoscono una scuola.
Ebbene, compagni, io dico che è impossibile esistano due scuole È impossibile !
LAZZARI: È stato possibile per venti anni ! (Oh ! Oh ! da parte dei comunisti).
GRAZIADEt: Ne parleremo.
Il compagno Turati — che ha sempre grandi meriti di molta sincerità — a Reggio Emilia, secondo quello che stampava la Giustizia
dell'11 ottobre, giustamente avrebbe detto e non per nulla Turati, in quel Convegno, dopo aver parlato, si ritirò quasi da un lato per fare intendere quale era il suo intimo pensiero — avrebbe detto che « come per fare il salmi di lepre occorre avere la lepre, cosí per avere l'unità del Partito bisogna che [...]

[...] grande forza di aderenti sul terreno sindacale, politico ed amministrativo, e cosí arriveremo piú presto alla conquista del potere.
O amici, io mi rendo conto delle difficoltà dell'organizzazione dei Partiti politici, io mi rendo conto delle conseguenze che determinate decisioni non potranno non avere sopra determinati organismi. Lascio ad altri piú competenti e piú volonterosi di trattare ancora questa parte, per me cosí aspra e dolorosa; ma, dico, amici, non caschiamo un'altra volta in un'altra illusione infantile, non crediamo che il nostro modesto paese si possa sottrarre alle leggi della storia con una nuova improvvisazione. Per andare al potere la storia non conosce che due vie: o la collaborazione con la parte piú avanzata della democrazia borghese, o
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la conquista con la forza armata e il mantenimento al potere con la forza armata ! (Applusi vivissimi).
Voci: C'è pure D'Annunzio ! (Rumori vivissimi).
GRAZIADET: Non è la prima volta che il nostro Partito scherza con la tragica realtà della storia; finiamola con gli scherzi,[...]

[...]e la storia non conosce che due vie: o la collaborazione con la parte piú avanzata della democrazia borghese, o
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la conquista con la forza armata e il mantenimento al potere con la forza armata ! (Applusi vivissimi).
Voci: C'è pure D'Annunzio ! (Rumori vivissimi).
GRAZIADET: Non è la prima volta che il nostro Partito scherza con la tragica realtà della storia; finiamola con gli scherzi, che porteranno ad altre tragedie ! (Applausi).
Tutti dicono, vittime di illusioni o di amore per l'unità del Partito, tutti dicono che non vogliono la collaborazione; ma, amici, se non volete la collaborazione non dovete avere che l'altra via, e perché al lora combattete i mezzi di quella via? (Applausi). Perché creare la illusione che si possa andare al potere senza collaborazione e senza armi, che ci si possa andare pacificamente e senza instaurare la dittatura del proletariato?
Amici, voi baloccandovi con queste fatuità non farete mai né una cosa né l'altra !
I compagni di destra — in buona fede, ne sono sicuro, e per amore dell'unità del Partito, questo nobile ideale di un tempo — si castrano politicamente, perch[...]

[...]i castrano politicamente, perché non vogliono collaborare, ma d'altra parte tutti i giorni impediscono la preparazione della conquista del potere politico con l'altro mezzo, e cosí non avrete né i vantaggi della collaborazione né quelli della rivoluzione, sarete impotenti !
Compagni, occorre scegliere, perché avere due cose in contrapposto, o, peggio ancora, fra le due una terza impossibile, è la piú triste e la piú pericolosa delle utopie.
Io dico ai compagni, poiché l'ora è grave e dolorosa, specialmente per noi che siamo dei vecchi nel Partito, dico: lasciamo ai giovani che sono in attesa di manifestare come vogliono il loro diritto alla vita e di camminare sopra il nostro cadavere, ma, compagni, anche dividendoci, sarebbe forse per questo necessario che noi ci trattassimo come degli uomini moralmente miserabili? Dovremmo noi dire, noi che per venticinque anni credemmo Filippo Turati un uomo di grande ingegno e di grande onestà, che, poiché ci siamo divisi, egli è diventato senz'altro un ladro od un cretino? no ! (Commenti animatissimi).
Noi possiamo, nell'interesse del Partito, nell'interesse della storia,. nell'interesse del proletari[...]

[...]ibuiscono alla sua divisione, ma nel modo piú illogico, il piú irrazionale, il piú contrario alla verità (applausi da parte dei comunisti), poiché essi si separano dai piú vicini per andare coi piú lontani. (Applausi da parte dei comunisti). Essi abbandonano la frazione comunista, che avrà i suoi piccoli eccessi giovanili, ma che nella parte dei suoi capi piú giovani è la nuova forza del nostro Partito, l'abbandonano per andare con coloro da cui dicono di essere piú lontani, e questa non è unità, è divisione, peggio ancora, è l'unità tra i piú lontani, contro la unità dei piú vicini ! (Vivissime approvazioni da parte dei comunisti).
Perché, amici, se al disopra delle nostre passioni personali, al di sopra del desiderio di vincere ci fosse in tutti noi — me compreso, ben si comprende — l'amore alla classe operaia, al proletariato, al comunismo rivoluzionario, allora potrei dire ai compagni comunisti unitari: voi potrete vincere al Congresso, ma che cosa creerete? Creerete un edificio sull'arena, creerete, senza volerlo, il Partito indipen[...]

[...]omunista da una parte e la destra dall'altra, questo Partito messo tra queste due correnti contrarie, necessariamente si sfalderà e a poco a poco la sinistra di questo Partito, attraverso un'inutile perdita di tempo, facendo perdere anche alla rivoluzione delle ore preziose, finirà con lo stringersi alla frazione comunista.
Ora se questo processo è nella storia, è nella esperienza di tutti i paesi, questo processo compitelo fino da adesso !
Io dico alla parte piú comunista, piú sinceramente comunista della frazione del centro, della frazione dei comunisti unitari, poiché questo sbloccamento avverrà domani, attraverso perdite di tempo, attraverso scosse violente, poiché questo passo è fatale, il vostro scopo dovrebbe essere quello di facilitare fino d'oggi questo evento.
Perché quale è la formula sulla quale si basano per la loro ricostruzione del Partito i comunisti unitari? E la formula per cui il nostro glorioso Lazzari ha detto poco fa: « Ma se le cose sono andate cosí per 20 anni ! ».
No, compagno Lazzari, tu che sei nella tua per[...]

[...]la con
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sezione sindacalista rivoluzionaria, il Partito ad un certo momento disse che quella concezione era aberrante dal Partito, ed aveva ragione, perché portandolo allo sciopero tutti i giorni, portava al culto dello sciopero generale, rendendo impossibile anche l'azione di conquista graduale, che, specialmente allora, prima della guerra, dava degli utili risultati, e rendendo imponente il movimenta politico.
Ebbene, questi due esempi vi dicono che il Partito ha applicato la formula quando era il caso, non l'ha applicata quando non era il caso. Orbene, come il Partito non ha applicato la formula di fronte agli anarchici, né di fronte ai sindacalisti rivoluzionari, allo stesso modo il Partita ha commesso un grave errore, quando a Bologna ha creduto di poter conservare la disciplina, lasciando la libertà del pensiero.
Lo dissi e lo ripeto: quando dei compagni ci vengono a dire: voi avete votato il programma di Bologna, ma noi restiamo fedeli al programma di Genova, perché quello di Bologna è errato, da quel giorno nel Partito ci so[...]

[...]ando la libertà del pensiero.
Lo dissi e lo ripeto: quando dei compagni ci vengono a dire: voi avete votato il programma di Bologna, ma noi restiamo fedeli al programma di Genova, perché quello di Bologna è errato, da quel giorno nel Partito ci sono due programmi, cioè c'è l'impotenza, la contraddizione, ci sono due scuole, due parti incompatibili.
E, amico Lazzari, ecco perché è parzialmente vero quello che tu dici, ma è anche vero quello che dico io, che il Partito, nei momenti piú gravi, in cui le differenze di idee e di pensiero erano profonde, non ha applicata la formula.
E mai la differenza è piú profonda di oggi; la differenza tra noi e gli anarchici e i sindacalisti è molto meno grande di quelle che sono le differenze, oggi, tra coloro che tacitamente od esplicitamente hanno simpatia per una Seconda e mezza Internazionale, e coloro che hanno simpatia solo per la Terza Internazionale; le differenze nel problema della democrazia e della conquista del potere, nella concezione del movimento sindacale sono tali che danno luogo veram[...]

[...]ntraddittoria, perché, se da una parte sembra accettare la formula, dopo le polemiche, insufficiente, della disciplina anche nel pensiero,
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d'altra parte invoca l'autonomia a difesa della vecchia applicazione, e quindi il compagno Baratono si deve decidere, perché mi pare che finora nella sua relazione vi siano ancora due concetti contrastanti e tra loro incompatibili.
A coloro che diranno « voi volete perseguitare la libertà di pensiero », dico che sono troppo incrollabilmente professore per non amare la libertà di pensiero, ma dico anche che quando ci sono due scuole in uno stesso Partito, quando ci sono due concezioni diverse sul terreno politico, sul terreno filosofico, sul terreno sociale, non c'è che un modo solo di rispettare la libertà di pensiero: mettersi nella condizione che questo pensiero possa diventare azione. Fate voi la vostra opera in nome della vostra libertà di pensiero e di azione, noi la rispetteremo, ma lasciate al Partito che veramente si chiama comunista, di fare esso la sua volontà di esplicazione. (Applausi da parte dei comunisti).
Compagni, ho finito, ma io devo dire che noi dobbiamo una parol[...]

[...]ndisciplina, ma al di sopra delle piccole, e non grandi questioni di forma e di disciplina, c'é una grande questione, una questione, oserei dire, di tatto politico che é nell'interesse del Partito, secondo noi, e della massa operaia.
Voi, con la vostra formula che avete fatto? Voi dite: « Sono esclusi tutti coloro che sono stati a Reggio Emilia ». E voi dite nella seconda parte: « Sono esclusi tutti coloro che non dichiarano, ecc., ecc. ».
Ora dico: la prima parte della vostra formula, si spiega. Avrà magari, non lo nego, esercitato una influenza, perché ha esasperato la situazione e l'ha in un certo senso precipitata piú verso sinistra, ma effettivamente in sostanza questa formula ha urtato il sentimento uni
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tario di tanti nostri buoni compagni, e quindi sembra che nominare tassativamente un gruppo di compagni sia quasi dare una schiaffo personale che rompe sanguinosamente tutta un'era di amicizie e di ricordi.
D'altra parte non è necessario dare un'impronta personalistica, o che paia tale, perché la Terza Internazionale non la v[...]

[...] ultima sia pronunziata all'ultimo momento, e lasciamo ai piú vecchi la speranza che le perdite siano ridotte al minimo strettamente necessario. (Applausi).
E d'altronde, perché conservare quella prima parte, che si è prestata alla reazione sentimentale dei compagni unitari, quando, in sostanza, essa è diventata inutile, perché superata dagli eventi? Non voglio offendere alcuno, ma guai se entrassimo a discutere la buona fede di ciascheduno ! E dico che, sotto un certo punto di vista, quasi quasi preferisco alcuni compagni che rimangono fedeli a Filippo Turati ed a Reggio, che altri compagni che sono andati ad ingrossare, con soverchia rapidità, l'ala destra dei comunisti unitari. (Applausi da parte dei comunisti).
Non voglio lanciare sospetti, ma dico che i comunisti unitari sono forse troppo pochi come unitari ma sono troppi come comunisti !
E allora dico — almeno credo di poterlo dire, per quanto non abbia ancora avuto una intesa completa con i miei pochi amici — che, secondo noi, la vera formula di riorganizzazione del Partito, dovrebbe essere tale che dicesse, senza entrare nel passato, perché questo non è necessario assolutamente di fare, che, da ora innanzi, prima che il Congresso si chiuda, tutti coloro i quali non dichiareranno di accettare per libero consenso le tesi e le condizioni della Terza Internazionale e non si impegneranno di applicarle subito, finito il Congresso, costoro, con nostro dolore, si renderanno incompatibili con la [...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Dico, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---Storia <---siano <---Diritto <---Perché <---italiano <---Così <---Ecco <---italiana <---comunista <---socialista <---Del resto <---Voglio <---marxista <---socialismo <---Basta <---Già <---Non voglio <---Però <---Sulla <---Va bene <---Viene <---abbiano <---comunismo <---comunisti <---fascismo <---italiani <---marxismo <---socialisti <---Andiamo <---Bologna <---Buoni <---Ciò <---Come <---Cosa <---Dio <---Filosofia <---La sera <---Mi pare <---Niente <---Partito <---Povera <---capitalismo <---ideologico <---leninismo <---Agraria <---Andate <---Artiglieria <---Certo <---Davanti <---Dialettica <---Francia <---Fuori <---Gli <---Gramsci <---Hai <---Ma mi <---Macché <---Molta <--- <---Più <---Potete <---Pratica <---Russia <---Sarà <---Sei <---Stato <---Tornò <---Trovo <---Vado <---autista <---centristi <---comuniste <---cristiano <---d'Italia <---dell'Italia <---fascista <---fascisti <---gramsciana <---italiane <---leninista <---mangiano <---nell'Europa <---psicologico <---riformismo 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