Brano: [...] mise i prosciutti sotto i sacchi di cemento e così i prosciutti arrivarono sani e salvi e io ci guadagnai parecchio perché tutti li volevano. Forse fu questa faccenda dei prosciutti che mi impedì di rendermi conto di quello che stava succedendo. Al ritorno da Sermoneta mi dissero che Mussolini era scappato e che la guerra stava per finire davvero. Io risposi: « Per me Mussolini
o Badoglio o un altro poco importa, purché si faccia il negozio ». Di Mussolini, del resto, non mi era mai importato nulla, mi era antipatico con quegli occhiacci e quella bocca prepotente che non stava mai zitta e ho sempre pensato che le cose gli incominciarono ad andar male dal giorno che si mise con la Petacci, perché, si sa, l'amore fa perdere la testa agli uomini anziani e Mussolini era ormai nonno quando aveva conosciuto quella ragazza. Il solo vantaggio di quella notte del venticinque luglio, fu che misero sottosopra un magazzino dell'Intendenza, a via Garibaldi e io ci andai con tutti gli altri e mi riportai a casa, in bilico sulla testa, una forma di parmigiano[...]
[...]ni sono molto sporchi. In terra la guazza faceva luccicare i selci che parevano di ferro. Non passava un cane, anzi passavano soltanto i cani: ne vidi cinque o sei brutti affamati e sporchi che annusavano ai cantoni e poi pisciavano contro i muri dai quali pendevano lacerati i manifesti a colori che incitavano alla guerra. Passammo il Tevere a Ponte Garibaldi, percorremmo via Arenula, passammo l'Argentina e piazza Venezia. Al balcone del palazzo di Mussolini pendeva lo stesso bandierone nero che avevo visto qualche giorno prima a piazza Colonna e due fascisti armati stavano ai due lati della porta. La piazza era deserta, sembrava più grande del solito. Io dapprima non vidi il fascio d'oro nel bandierone nero e mi parve addirittura una bandiera di lutto, tanto più che non c'era vento e pendeva giù, che sembrava davvero uno straccio di quelli che si mettono ai portoni quando c'è un morto nello stabile. Poi vidi il fascio d'oro, tra le pieghe e capii che era la bandiera di Mussolini. Domandai a Giovanni: «Ma che, è tornato Mussolini? ». Lui fumava i[...]
[...]a a piazza Colonna e due fascisti armati stavano ai due lati della porta. La piazza era deserta, sembrava più grande del solito. Io dapprima non vidi il fascio d'oro nel bandierone nero e mi parve addirittura una bandiera di lutto, tanto più che non c'era vento e pendeva giù, che sembrava davvero uno straccio di quelli che si mettono ai portoni quando c'è un morto nello stabile. Poi vidi il fascio d'oro, tra le pieghe e capii che era la bandiera di Mussolini. Domandai a Giovanni: «Ma che, è tornato Mussolini? ». Lui fumava il mezzo sigaro, e rispose con enfasi: «È tornato e speriamo che ci rimanga per sempre ». Rimasi a bocca aperta perché sapevo che lui ce l'aveva con Mussolini; ma già lui mi sorprendeva sempre, e non potevo mai prevedere quel che gli passasse per la testa. Poi mi sentii dar del gomito nelle costole e vidi che ammiccava in direzione del vetturino, come per dire che lui quelle parole le aveva dette per paura del vetturino. Mi parve esagerato
LA CIOCIARA 69
perché il vetturino era un buon vecchietto, con una parrucca di capelli [...]