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Il segmento testuale Davanti è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
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da Vasco Pratolini, Firenze, marzo del ventuno in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 1 - 1 - numero 42

Brano: [...]a sua tragedia e la sua capitolazione. Ne fu pieno il mondo, il giorno dopo, della sua impresa disperata.
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C'era tutto il Pignone, cotesta sera; c'era mezzo San Frediano; ed erano venuti, alla spicciolata, o ci si era trattenuti, sulla strada di casa, gli ortolani, i braccianti, di Monticelli e di Legnaja. La gente di via Bronzino, di via dell'Antonella, di via Pisana, che sono nel cuore del Pignone, era sulle soglie degli usci, sulla piazza, davanti alle botteghe, e alla Casa del Popolo appena devastata, col cuore in gola e il sangue avvelenato. I comignoli
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della Fonderia fumavano; i panni dei tintori erano stesi ad asciugare, l'Arno andava lento e grosso per via delle piene di prima vera. Erano le sette di sera e il sole tramontava tutto fuoco, basso sul fiume e dietro le Cascine; avvolgeva di un riflesso accecante il ponte Sospeso, e sembrava renderlo anche più aereo, isolato nel vuoto: la luce era come se incorporasse nelle strutture i cavi che descrivendo una mezza ellissi, lo trattenevano da pilone a pilone
e da[...]

[...]passare a scapaccione? ». «Sicuro, come se il ponte fosse mio », egli invariabilmente rispondeva: e ancora era vivo Umberto I
e Garibaldi scriveva lettere da Caprera: ne aveva scritta una alla "Mutuo Soccorso tra gli Operai del Quartiere del Pignone". « Come non fossi anch'io un sottoposto. Girate dalla Carraja e arrivate a casa per borgo San Frediano, se non ci avete il saldino, o vi pesa pagare ». Ciascuno di loro, egli se l'era visto passare davanti ancora in pancia alla madre, e poi ragazzo che strusciava carponi per non versargli il tributo, e poi giovanotto col primo velocipede e la prima ragazza a braccetto, col primo damo e i capelli tirati sulla testa; tutte le mattine, sempre col fagottino sotto il braccio, e ora vestiti con la tuta che era venuta di moda anche sul lavoro. Conosceva loro e le loro donne; i loro uomini e loro, le fanciulle appena sbocciate e i vecchi col bastone. « Qui, stasera, non mi dice
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nulla di buono, col bubu che c'é in città, con questa bomba che é scoppiata », si ripeteva, e a[...]

[...]o stava di guardia sul ponte, al largo dai carabinieri, e se venivano dei rinforzi il Masi gli faceva cenno fingendo di togliersi il berretto e grattarsi dietro l'orecchio. Ora, invece, gli dicevano, ma tra i denti e mentre gli versavano il soldino: « Sei una carogna, Masi, ma bada, i capelli bianchi non ti salvano, prima o poi, da una libecciata ». Egli era come il ponte affidato alla sua custodia, preso tra due fuochi. I fascisti gli passavano davanti, sui camion, come se lui fosse li a far la statuina. Il ponte è stretto: ha novant'anni, é sospeso, ai veicoli é proibito transitare. «Diglielo a un altro! » al massimo gli rispondevano. E come se fosse un cane, per mettergli paura: «Pulsa via! ». Se non usciva dalla garritta, lo appestavano di fumo. Oppure veni
8 VASCO PRATOLINI
vano appiedati: « È tornato a casa il tale ? L'hai visto passare ? ». Dapprincipio aveva risposto: «Non lo conosco, ci passa tanta gente, non so chi sia ». Ora, dopo che anche a lui avevano promesso mazzolate : « Mi pare di si, mi pare di no » rispondeva. « Non son[...]

[...]sa, sembra con l'intenzione di seppellirlo sotto la spazzatura dell'Isolotto, non si sa come, eppure riuscì a liberarsi, e senza uno sgraffio, senza una lividura. Da allora, era diventato una jena. Aveva cambiato espressione; prima rideva sempre e ora aveva sempre il muso. Non rispettava più nemmeno gli operai di suo padre. Passava con quello dei basettoni e l'altro, il Pomero perché rosso di pelo, uno per fianco, ed era come si aprisse il vuoto davanti a loro. Tuttavia, a fondare il Fascio del Pignone non s'era azzardato. Doveva essere la sua rabbia e la sua pena; era la sola cosa che minacciasse e non si decidesse a fare. E ora, siccome dopo l'ultima spedizione contro la Casa del Popolo, quelli del Pignone non si sa, loro, cosa vogliano fare, Folco gli ha mandato a dire, che verrà una di queste sere, quando va giù il sole e con una squadra, la Disperata o le Fiamme Nere, come tre mesi fa in San Frediano. « Una di coteste sere può essere stasera, s'annusa nell'aria, non bastasse il resto, figlioli. E una domenica nata male. Scoppiata quella[...]

[...]bbe impiegato la giornata, ma non voleva, una volta tolto il pedaggio, ritrovarsi senza mangiare. Lui, e quelle due bestie, poverine! Egli era solo al mondo, abitava sul Prato, la moglie gli era morta: Da quanto? Da sempre, poverina! La sua compagnia erano due tortore che lo aspettavano la sera quando tornava a casa. II mestiere l'aveva reso taciturno; le lunghe ore, i decenni trascorsi dentro il suo stabbiolo, con tutta la gente che gli passava davanti, oh se avesse dovuto dire a tutti buongiorno e buonasera! Rispondeva se lo provocavano, e gli bastava. « Hanno sempre una tale voglia di parlare che mettendo insieme cento battute, in capo al giorno », ne sapeva su
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di loro più di quanto loro stessi non sapessero l'uno dell'altro, a furia di tener conversazione. Un interrotto monologo riempiva la sua giornata; il suo interlocutore era La Nazione che leggeva da cima a fondo, « con un occhio sullo stampato e un occhio a chi passa e crede non lo veda. A volte son così bischeri che invece di passare dalla corsia, ce[...]

[...]sa del Popolo, si
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sono dati convegno sulla piazza, nelle strade vicine, e aspettano. Non lo sanno nemmeno loro che cosa; ma li aspettano, si vedrà cosa succede. Stanno sugli usci, le donne: le giovani come le anziane; o alle finestre, appoggiate sui gomiti, e tenendosi una mano sul petto, senza dirsi una parola. Guardano i loro uomini riuniti a gruppi sulla piazza, agli angoli di via dell'Anconella e via Bronzino, davanti alle botteghe e al caffé, le spalle contro gli stipiti delle porte, contro i muri, anche loro in silenzio. E né le une gli raccomandano di non trascendere, né gli altri di rientrare nelle stanze. Soltanto i ragazzi, che non sono tuttavia sul fiume questa sera, né sugli argini o i prati delle Cascine, ma li, intorno, sulla piazza e nelle strade, gridano scavalcandosi a turno sulla schiena, in un giro tondo che non è più quello che facevano da bambini. Le loro voci sottolineano quel silenzio. E una folla che aspetta; sono cento, duecento persone, quella parte del Pignone in cui più a fondo ha i[...]

[...] gli son contrarie. Tanto meno ci hanno qualcosa da. guadagnare. Cotesta attesa non li intimorisce e non li esalta. Sai, quando il cuore é diventato pietra e ne senti il peso? Masticano il mezzo toscano, accendono la sigaretta, sbucciano i due soldi di lupini che hanno comperato; o si aggiustano i capelli dietro la nuca, le camicette sul seno, i grembiulini di casa sopra la vita. E questi e quelle sembrano sfuggirsi anche con gli occhi, guardano davanti fisso, ciascuno di loro, come occupato da un pensiero che è come una parola d'ordine che ciascuno dà a se stesso, non venuta di fuori, non fatta circolare. Ma sua propria, privata. Ed in questo silenzio, in questa immobilità, in questa attesa, è come se si levasse un dialogo, a due e a cento voci, una lamentazione. Un coro.
« Non è possibile, non é vita ».
«Non si tiene più il fiato ».
« Non va mai giù il boccone ».
« Non si dorme la notte ».
« Sembra d'avere il cuore dentro un imbuto ».
« È una disperazione ».
« Da due anni non si sa più quello che pub succedere quando fa buio ».
« N[...]

[...]fiamma che l'odio alimentava. Ora ch'erano folla, ciascuno si sentiva più solo e più deciso. Disarmato ma invulnerabile, aspettava la propria ora, come se il mondo si fosse fermato all'improvviso. E di momento in momento, la loro segreta ascoltazione, diventata sempre più un soliloquio.
« Qui é casa nostra e comandiamo noi ».
« È casa nostra e vogliamo vivere in pace ».
« Specie dopo una giornata di lavoro che vuol vedere l'uomo in viso ».
« Davanti alle caldaie ci sono 700 gradi di calore ».
« La fresa basta un nulla e ti porta via la mano ».
« I torni scartano soltanto se batti gli occhi ».
« Al Pignone non ci devono mai più mettere piede ».
« Non ci debbono rovinare i comizi ».
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« Non ci debbono interrompere sul più bello una festa da
ballo ».
« Che poi gli uomini non hanno più la testa per mettere
su famiglia ».
« Né per fare all'amore ».
Sempre con l'animo sollevato di vederceli tornare segnati ».
« O chiusi alle Murate ».
« Che non ci faccino perdere il lume degli occhi ».
« Perché anche i[...]

[...]roprio cotesto muso? Io non lo vorrei per
marito a peso d'oro ».
«Mi disse: com'è cresciuta questa bambina ».
« Noi siamo compagni e amici, lui era soltanto un compagno
ma due volte amico ».
« Aveva due occhi che chiamavano i baci ».
« Aveva due occhi che ti davano coraggio anche se non
l'avevi ».
« Fumava come me le macedonia ».
«Sapeva reggere il vino, se era il caso ».
« Conosceva le questioni della Fonderia come fosse sempre
stato davanti al forno e nel consiglio d'amministrazione ».
FIRENZE, MARZO DEL VENTUNO 21
Perciò, gli faceva paura ». .
« Lui da solo, come se ci si presentasse tutti insieme ».
« Parlava poco, ma quando apriva bocca non c'era una parola
sbagliata ».
« Diceva quello che tu avresti pensato e non ti veniva di dire ».
« E l'hanno stecchito come si stecchisce un cane ».
« Un uomo come lui non rinasce, bisognerà saperlo inventare ».
« Ma lui, ce lo pagano caro ».
« Ce lo pagano anche per quelli finiti all'ospedale ».
« Per la gente che hanno schiaffeggiato ».
« Per la gente che hanno legato ».
« E [...]

[...]la
sbagliata ».
« Diceva quello che tu avresti pensato e non ti veniva di dire ».
« E l'hanno stecchito come si stecchisce un cane ».
« Un uomo come lui non rinasce, bisognerà saperlo inventare ».
« Ma lui, ce lo pagano caro ».
« Ce lo pagano anche per quelli finiti all'ospedale ».
« Per la gente che hanno schiaffeggiato ».
« Per la gente che hanno legato ».
« E per quella che hanno fatta sparire avanti di lui ».
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Il Masi era tornato davanti al suo stabbiolo. « Non mi dice nulla di buono » si ripeteva. Si tirò il berretto sulla fronte per ripararsi dal riflesso del sole, e si portò una mano alla visiera, in modo da poter seguire meglio i movimenti di quella gente del Pignone. Gli era parso che di tanti gruppi se ne fosse formato uno solo; alle finestre delle case era come non ci fosse più nessuno. D'un tratto, senti uno frigolio di freni, si voltò e vide tre automobili e in fila, i fascisti che ne discendevano, che affrontavano i due carabinieri, li disarmavano, gli legavano i polsi dietro la schiena e li spingevano dentro una de[...]

[...]no imitato. « Un altro passo, e si spara ».
Gli rispose, non più il Santini, non lo si vedeva: erano tutti
26 VASCO PRATOLINI
e nessuno, che si tenevano ammucchiati: ma un urlo di donna:
«
Assassini! ». Si vide un vestito verde agitarsi, e subito venne risucchiato nel gruppo come da uno strattone.
I fascisti ne avevano approfittato per rinculare di qualche passo, e adattarsi in una posizione migliore, sui due lati: Folco, Tarbé e il Pomero davanti; gli altri alle loro spalle e dirimpetto. La folla, come i fascisti si erano fermati, anch'essa si fermi. Su quelle teste si alzavano delle spranghe, dei bastoni. Erano a metà del ponte; e in quel momento il sole dava gli ultimi e più. forti bagliori.
Qui, parti il primo colpo. Né Folco, né il Pomero, né Tarbé avevano sparato, ma dalle loro spalle, « quello basso, tutto nero come la pece ». In piedi, cercando la mira dentro il mucchio, una ventina di metri distante, e col riflesso che l'accecava, egli sparò due, tre volte ancora. Nella folla si apri un varco; tra urli e grida, essa si divise[...]

[...]rcone, e sulla piazza... ».
« Insomma tu scappi », Tarbé disse.
« Non scappo, non sono mai scappato. Non dubitare che ï conti li regolo anche da me solo. È gente mia, e la voglio vedere con la bocca per terra. A cominciare da stanotte quando tornerò a casa, per tua norma, capito? ».
FIRENZE, MARZO DEL VENTUNO 29
« Ma intanto scappi ».
« Qui non siamo sul ponte di una nave, Tarbé, siamo su un ponte d'Arno ».
«Ma scappi. Scappi davanti a delle pecore ».
«Non sono delle pecore, Tarbé. Sono dei delinquenti. Se ora gli si va incontro, succede una carneficina ».
« Perciò tu li prendi isolati. In tre, in dieci contra una pecora. Così fate la rivoluzione ».
« Basta Tarbé! », urlò Folco. « Se per via del tuo nome tu sei qualcuno, anch'io sono qualcuno, anche mio padre. E la sua roba ce l'ha al Pignone, non alle Cure, capito ? ».
« Io con mio padre non ho rapporti. Ho fatto cinque anni di marina apposta, senza gradi ».
«E io ho fatto... ».
« Ma scappi ». Guardava Folco con quei suoi occhi che sembravan[...]

[...]cora. Così fate la rivoluzione ».
« Basta Tarbé! », urlò Folco. « Se per via del tuo nome tu sei qualcuno, anch'io sono qualcuno, anche mio padre. E la sua roba ce l'ha al Pignone, non alle Cure, capito ? ».
« Io con mio padre non ho rapporti. Ho fatto cinque anni di marina apposta, senza gradi ».
«E io ho fatto... ».
« Ma scappi ». Guardava Folco con quei suoi occhi che sembravano non vedere, grigi ora, fermi, lo derideva. « Davanti a delle pecore. Se gli fai un bercio, scompaiono. Non l'hai visto dianzi? E tu sei tanto vigliacco, tutti voialtri sareste tanto vigliacchi, da scappare davanti a chi é più vigliacco di voi? Li affronto io solo ».
« Ti sei appena congedato, Tarbé. Questa é la tua prima azione. Non puoi sapere come stanno le cose », disse Folco.
Tarbé sembrò non sentirlo. Sorrise, " ma con la faccia amara che li disprezzava ". Disse:
« Voglio vedere tra voialtri e loro chi ha più paura ».
Cavò di tasca la pistola e avanti che Folco potesse impedirglielo, sparò due colpi in aria. Fece eco, ai due spari, come un tuono. Essi si voltarono: quella gente era ferma a metâ del ponte. Tanti più di prima, davvero una fiumana. Ora, tra i vestiti delle donne, [...]

[...]ugni, gli sputi, le bastonate. Lo sollevavano e lo lasciavano ricadere, urtandosi, calpestandosi, ammucchiandosi su di lui, e tra loro. " Sembrava impossibile non l'avessero bell'e dilaniato ". No, non ancora. Così ridotto, la faccia insanguinata, senza più giacca, senza più berretto, i capelli come spiaccicati, e la camicia a brandelli, i pantaloni su cui incespicava, " lo si vide spuntare di mezzo alla bu
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riana " e correre davanti a tutti, raggiungere la grata dalla parte più bassa, rovesciarsi sul traliccio, " mezzo sul ponte, mezzo sporto sul fiume, e poi sparire ". Si pensò fosse cascato in Arno, poteva essere la sua fortuna; l'altezza era molta, ma lui era un marinaio, avrebbe nuotato.
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Dopo, tutto ci() che si disse, malgrado le contraddizioni delle diverse testimonianze, ciascuna diversamente interessata, e per la complicità come per le intimidazioni, le omertà, i timori, fu tutto vero. Come nessuno confessò mai di essersi trovato sul ponte, quella sera, così non si riuscì ad identificare nemmeno una ch'è una d[...]



da Quinto Martini, Memorie in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 3 - 1 - numero 1

Brano: [...]citati, che sparavano come forsennati al solo volare d'una mosca. Nessun uomo quella mattina, dopo l'accaduto, si trovava in paese o nelle case dei' contadini. Ognuno aveva pensato a rimpiattarsi nel modo più sicuro. _ Aiutai il babbo a nascondersi nel fienile. Gli altri due fratelli tagliarono la corda andando in fondo al podere. Io e mia madre restammo a casa ad attendere gli uomini armati e imbestialiti.
Mentre si facevano avanti verso l'aia davanti a casa, preso dalla curiosità uscii fuori, mangiando una fetta di pane con olio e sale.
Un uomo in divisa mi venne vicino, mi puntò la rivoltella al petto e, con voce talmente bestiale che ancora ricordo, mi disse:
« Ragazzo, o tu dici dove si trovano i comunisti o t'ammazzo ».
Non risposi, corsi in casa da mia madre, essi mi seguirono. Entrarono nella stanza capitanati da un marchese del paese vicino. Questo marchese poi è diventato ministro. Io stavo accanto alla mamma. Si fece vicino un uomo giovane in divisa, era grasso, dalla faccia butterata, capelli rossastri, puntò la rivoltella al[...]

[...]o tornare quassù. E poi... andrò via presto di qui. Non bisogna restare molto in un posto, verrebbero a saperlo e allora... ».
« Allora fammi restare con te fino a buio ».
«Non é possibile; pensa cosa si metterebbe in testa la mamma se non ti vedesse tornare appena si fa scuro, e poi guarda lassù ». E con l'indice m'indicò delle grosse nuvole color piombo che salivano dietro alla collina di fronte. Io guardai, spostando una frasca che mi stava davanti e dissi:
« Quelle non sono nuvole che portino la pioggia ».
«Quelle sono proprio nuvole che portano la pioggia, lo vedo al colore, e se non fai presto a partire ti bagnerai come un pesce... e ti prenderai un malanno ».
Ci alzammo: mi abbracciò, lo abbracciai anch'io. Poi mi disse:
« Di' al babbo che vi farò sapere io quando tu dovrai tornare quassù ».
«Si».
Mentre mi accompagnava alla strada, mi ripeté:
« Intesi allora, acqua in bocca ».
« Si, sempre acqua in bocca, >. E senza voltarmi indietro mi incamminai per la strada che avevo fatto poco prima. Non ero felice come all'andata, mi [...]

[...] accompagnava alla strada, mi ripeté:
« Intesi allora, acqua in bocca ».
« Si, sempre acqua in bocca, >. E senza voltarmi indietro mi incamminai per la strada che avevo fatto poco prima. Non ero felice come all'andata, mi sentivo triste soprattutto perché non mi era stato possibile vedere la capanna. Arrivai nell'aia che il sole doveva ancora tramontare dietro il Monte Albano. Le poche nuvole erano sparite .e il cielo era tornato tutto pulito. Davanti alla porta di casa la mamma ed altre donne stavano chi facendo la treccia, chi cucendo cappelli di pa
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glia. Mia madre vedendomi arrivare si alzò e passò in cucina, io la seguii; entrato che fui chiuse la porta e disse:
« Com'è andata? L'hai trovato? ».
« Sì, l'ho incontrato nel bosco mentre salivo per la strada tra i castagni ».
« Cosa ti ha detto? Ti ha chiesto cos'era successo stamani ? ».
« Si, si, gli ho raccontato tutto. Tutto quello che ho vista ed ho sentito. Mi ha detto che siete stata veramente ammirevole. Non vede l'ora di riabbracciarvi per quello che ;vete fatto [...]

[...] Mi colpirono i suoi denti bianchi sotto i baffetti neri.
Gli altri erano nelle altre stanze, nel granaio, muovevano tutto quello
che potevano facendo grande rumore. Si sentirono delle bestemmie,
mamma, che stava sulla porta del pianerottolo si fece il segno della
croce, un borghese la vide e le sputò in faccia dicendo:
Prendi, per te e la tua croce...! ».
Lei si fece di nuovo il segno della croce, l'uomo la guardò senza
sputare, le passò davanti e scese la scala.
MEMORIE 133
Altri carabinieri interrogarono i miei fratelli e il babbo. Io pensavo ad Aldo. Mentre scendevano tutti insieme le scale, sentii uno che disse:
« Qui per venire a capo di qualche cosa bisognerebbe arrestar tutti, portarli in caserma e bastonarli a sangue; stetti con le orecchie tese e il cuore sospeso finché non sentii mia madre chiudere la porta e risalire le scale. Sentii mio padre parlare con gli altri figli e il passo pesante e sordo dei carabinieri che si allontanavano nell'aia. Poi un fischio, ancora un fischio più lontano dalla parte del cimitero. Il ca[...]

[...]o pesante e sordo dei carabinieri che si allontanavano nell'aia. Poi un fischio, ancora un fischio più lontano dalla parte del cimitero. Il cane seguitò ad abbaiare ancora un po'. Parlammo dell'accaduto, poi tornò il silenzio fuori e nella nostra casa. Più tardi sentivo uno dei miei fratelli russare e la mamma nell'altra camera che pregava a bassa voce. Mi misi in ascolto: udivo i grossi chicchi di legno della corona fregarsi tra loro, e mi vidi davanti agli occhi le sue lunghe dita che si passavano da una mano all'altra le « ave Maria ».
Non riuscivo a prender sonno. Sentivo batter l'ore come mai avevo sentito. L'orologio della torre del campano mi sembrava sulla mia casa e in certi momenti credevo di sentire anche il tic tac dei secondi.
Dopo qualche ora udii dei tuoni, il vento che soffiava dentro il camino e poi uno scroscio di pioggia che batteva sul tetto con violenza. La mamma che si era addormentata da poco si svegliò. Io scesi il letto piano piano, andai dal babbo. Anche lui s'era svegliato. Quando mi sentì avvicinare al suo capez[...]

[...]ni presto li hanno portati tutti alle carceri della città ».
Altri ragazzi raccontarono fatti più o meno bestiali. La maggior parte delle persone del paese era stata colpita dalla furia della « rivoluzione ». Si incontravano facce contratte in un mutismo pieno d'angoscia. Non tutti erano tristi. Quando uno piange c'è sempre chi ride perché lui piange! diceva un vecchietto che si vantava di non aver mai pianto.
All'uscita della scuola mi fermai davanti alla grande croce al bivio delle due strade. C'era un capannello di persone che parlavano. Erano uomini e donne di età matura, parlavano a voce bassa delle cose accadute. La maggior parte detestava senza riserva malgrado che nell'aria ci fosse ancora puzzo di botte. Ma c'era una donna grossa e ben pasciuta, moglie di un commerciante, si tingeva sempre le labbra di un rosso viola facendosele più grosse e dandosi molta cipria alle gote e scuro agli occhi. Mi ricordo che tutti la chiamavano la « grassa metresse ». Agitava la mano sinistra con l'indice teso e diceva:
« Hanno fatto bene a prender[...]

[...]:
«Non era più il caso di starsene li. C'era qualcuno che passava. troppo spesso dal bosco. Lui vedeva ma non era visto ».
Mia madre faceva la stessa vita di prima. Al mattino scendeva giù in paese per la spesa facendo prima una visitina in chiesa. Non aveva molta simpatia per il prete, e diceva sempre:
« Io non guardo all'uomo, ma vado a pregare in chiesa perché é la casa di Dio. Se il prete non è come si deve, lui dovrà rispondere un giorno davanti al giudice al quale io stessa risponderò delle mie colpe ».
Una mattina scesi con lei in paese. Di fronte alla casa del Brulli, sopra il marciapiede stavano tre donne. Al nostro passaggio la padrona di casa con la sua voce acida, disse piano alle altre due:
« Vedete com'è triste la Marta, non fa più quell'aria fiera di sempre... ».
Non capii le altre parole; guardai la faccia della mamma che non cambiò espressione e non potei capire se aveva udito o no quelle parole dette con tono sommesso e compiaciuto. Da quel giorno non ho più salutato quella donna. Non posso perdonare a chi fa minima c[...]

[...] fu quando ricevei una cartolina postale. Non so quante volte la rilessi. La leggevo di giorno e di notte, come si legge una delle prime lettere d'amore. Mi diceva che a Natale sarebbe tornato. Io credevo a quello che scriveva e contavo i giorni e mi ripetevo quand'ero solo:
« A Natale ritornerà.., presto ritornerà... ».
Un pomeriggio afoso degli ultimi giorni d'agosto, stavamo seduti sotto il noce dell'orto di fronte alla porta della bottega. Davanti a noi la strada bianca che scendeva giù a Vinci piena di riverbero si nascondeva a tratti, fra il verde e gli ulivi argentati della campagna. Lo zio fumava la pipa e coi suoi occhi chiari guardava lontano.
Io osservavo le sue gote che si risecchivano quando tirava il fumo e tornavano normali quando lo lasciava venir fuori dalla bocca. Si voltò a guardare il monte dietro le nostre spalle, guardò giù nella pianura, socchiuse gli occhi, si tolse la pipa di bocca e cominciò a cantare:
«Era a quel tempo ivi una selva antica D'ombrose piante spessa e di virgulti, Che, come laberinto, entro s'intr[...]

[...]ibile. Camminavo lento guardando ora il monte ora la pianura. Arrivato vicino ai castagni sentii sfrascare e il suono di una leggera voce di donna che diceva:
« Non fare così... ».
Mi voltai dalla parte della voce e fra le felci e scope vidi mio zio chinato, sotto di lui un vestito rosa e gambe nude di donna. Era la prima volta che vedevo un uomo e una donna insieme. Mi chinai,
150 QUINTO :MARTINI
piano piano, con le mani mi scostai le scope davanti agli occhi, per osservare la scena. La faccia della donna restava dietro il gambo del castagno, vedevo le sue mani che si tenevano alle scope con una certa forza. Lo zio stava sopra al suo corpo e le gambe nude della donna che si muovevano in un modo molto strano. A un certo punto non volli più vedere, mi misi seduto e aspettai. Sentivo il respiro dello zio farsi più affannoso e la donna che miagolava come un piccolo gatto. Poi sentii i loro corpi alzarsi e lei dire:
«Speriamo che nessuno ci abbia visti. Credo sia meglio vedersi dove sempre. Qui é un po' pericoloso ».
Io mi alzai, vidi la d[...]

[...]? » e venendoci incontro:
158 QUINTO MARTINI
« Mi sembrava di aver qualcosa da domandarti, e... ».
Mia madre lo mise al corrente di tutto, e riprendemmo il cammino per ridiscendere 'il monte. Drago ci precedeva a breve distanza, ormai conosceva la strada. Si scendeva all'ombra dei castagni e dei pini. Nell'aria c'era quell'odore che mandano le piante dei boschi di sera nei giorni del solleone. Gli uccelli si chiamavano da un albero all'altro; davanti ai nostri occhi la pianura si faceva sempre più grigia, si vedevano ancora le strade bianche di polvere e lungo i fiumi l'azzurrognolo delle canne. In certi punti del bosco si faceva più scuro ed era in quei momenti che la mamma diceva:
«Libero, bisogna allungare il passo, vedi sta facendosi già buio ».
Allungammo il passo; il cane andava sempre avanti: spesso si fermava per aspettarci e giunti vicino si rimetteva a camminare come prima. Arrivati in Sambusceta, ci fermammo a bere alla fonte. Anche Drago bevve nella fossetta piena d'acqua. Ormai la strada peggiore era fatta, fra breve si sar[...]

[...]devo alla mamma:
«Chi sono queste persone che ci salutano? ».
« Non lo so, non li conosco».
«E perché allora ci salutano? ».
«Quassù, quando incontrano qualcuno sconosciuto che ha l'aria di andare lontano lo salutano. È come un buon augurio per il suo viaggio »..
Arrivati vicino al paese abbandonammo la strada bianca di polvere sulla quale la luna proiettava l'ombra delle cose e degli alberi, per prenderec la viottola fra i. campi che passa davanti al cancello del cimitero.. Arrivati dietro alla piccola fornace la mamma disse:
«Non passiamo davanti al cimitero. Di notte fa sempre un certo effetto ».
Si fece il segno della croce e si incamminò per il viottolo che ci portava dietro la nostra casa. Drago era arrivato prima: di noi e le.
MEMORIE 159
trovammo sotto la tavola a rosicchiare degli ossi. Tutti mi fecero grande festa; erano contenti di rivedermi e io mi sentivo felice di essere di nuovo fra loro. A tavola mi furon fatte molte domande alle quali quasi sempre rispondeva la mamma.
Ero stanco e non vedevo l'ora di andarmene a dormire. Babbo se ne acccorse e disse:
« Vai a letto, Libero, sei stracco, si vede dalla tua faccia », e[...]

[...]lle quali quasi sempre rispondeva la mamma.
Ero stanco e non vedevo l'ora di andarmene a dormire. Babbo se ne acccorse e disse:
« Vai a letto, Libero, sei stracco, si vede dalla tua faccia », e prosegui: «Domani, domani ci racconterai come hai passato il tuo tempo dallo zio ».
Mi alzai, diedi la buonanotte a tutti, salii le scale a fatica e entrai in camera. Mi infilai sotto le lenzuola, mi coprii la testa, chiusi gli occhi e subito mi trovai davanti allo zio che cantava e con questa visione mi addormentai.
QUINTO MARTINI



da Ernesto De Martino, Perdita della presenza e crisi del cordoglio in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 1 - 1 - numero 30

Brano: [...] punto di vista della storia culturale dell’umanità — una astrazione, poiché la cultura è il frutto della lotta vittoriosa della sanità contro l’insidia della malattia, cioè contro la tentazione di abdicare alla stessa possibilità di essere una presenza inserita nella società e nella storia. Ma proprio questa astrazione è la minaccia mortale per eccellenza: onde l’analisi della malattia trionfante presenta il vantaggio metodologico di collocarci davanti al rischio quando esso, diven50

ERNESTO DE MARTINO

tando egemonico, si sottrae a quella potenza dialettica per cui, nella presenza sana, sta soltanto come momento negato e variamente redento nell’opera attuata e nel valore conseguito. Presenza malata significa — in generale — presenza che una volta, in qualche determinato momento critico dell’esistenza, ha rinunziato a farlo passare, risolvendolo nel valore, ed è invece passata con esso. Ogni contenuto critico sta per la presenza in quanto trasceso nella oggettivazione formale, e ogni presenza si mantiene rispetto a un contenuto critic[...]

[...]l di qua della scelta concreta che fonda e autentica il sé e il mondo. Pur nella varietà delle loro espressioni questi malati esprimono lo straniarsi di sé a sé, la perdita di sé come potenza oggettivante e del mondo come risultato della oggettivazione. D’altra parte gli oggetti che « non stanno in sé », ma vanno oltre in modo irrelativo, riflettono e denunziano il perdersi della presenza che non riesce ad andar oltre le situazioni, e a gettarle davanti a sé, per entro un determinato valore operativo. Col venir meno della stessa funzione oggettivante gli oggetti entrano in un rischioso travaglio di limiti, per cui appaiono accennare ad un oltre inautentico, vuoto, estraneo: in realtà questo oltre improprio è la potenza oltrepassante della presenza che in luogo di fondare l’oggettività sta diventando essa medesima un oggetto, si sta alienando con l’oggetto e nell’oggetto. Per questo starnarsi della potenza oggettivante, il mondo e i suoi oggetti sono sperimentati in atto di non essere più «nel loro quadro», cioè nella memoria di una determina[...]

[...]a resiste — a una reazione totale che è l’angoscia. Se depuriamo questo concetto da tutte le interpretazioni non pertinenti alimentate da determinate suggestioni metafisiche, o dalla crittogamia con la esperienza religiosa o dai vari idoleggiamenti alimentati da una inerzia morale in atto, e se al tempo stesso ci tratteniamo dal cadere nella empirica della psicopatologia corrente, troviamo come risultato che l’angoscia si determina come reazione davanti al rischio di non poter oltrepassare i suoi contenuti critici, e di sentirsi inattuale e inautentica nel presente. Ciò equivale a dire che l’angoscia è il rischio di perdere la possibilità stessa di dispiegare l’energia formale dell’esserci. L’angoscia segnala l’attentato alle radici stesse della presenza, denunzia l’alienazione di sé a sé, il precipitare della vita culturale nella vitalità56

ERNESTO DE MARTINO

senza orizzonte formale. L’angoscia sottolinea il rischio di perdere la distinzione fra soggetto e oggetto, fra pensiero ed azione, tra forma e materia: e poiché nella sua crisi[...]

[...]one, che resta definita dal carattere particolare del suo tecnicismo, cioè dalla ripresa e dalla reintegrazione umanistica dei rischi di alienazione, mediante la destorificazione miticorituale. La risoluzione tecnica della vita religiosa non è certamente nuova, se già Platone in un passo famoso del Fedone non esitava a considerare il mito delle anime dopo morte come un incantesimo per rassicurare il fanciullino che in ciascuno di noi si angoscia davanti alla morte. Tale risoluzione tecnica presenta il vantaggio di orientare lo storico verso ciò che di specificamente mitico è nel mito e di specificamente rituale è nel rito, senza cedere alla tentazione religiosa, e senza d’altra parte postulare nel sacro una irrazionalità destinata a sfuggire al pensiero storiografico come tale. Il sacro, in quanto tecnica, è coerenza umana, che il peiv siero storiografico può ripercorrere senza lasciare proprio nessun residuo all’immediatezza (e all’arbitrio) di un mistico rivivere. Si tratta certamente di una coerenza diversa da quella dell’arte, o della vi[...]

[...]erale la situazione luttuosa è tale solo nell’atto o nel tentativo del trascendimento formale, e d’altra parte la presenza si distacca da questa situazione, e si costituisce come presenza, nella misura in cui va dispiegando lo sforzo del trascendimento. Ciò significa che nel crollo completo della potenza oltrepassante la situazione luttuosa si rescinde e scompare per la presenza, la presenza dilegua nel contenuto critico che non riesce a gettare davanti a sè come « oggetto » qualificato, e lo ethos del trascendimento si va annientando nel meccanismo convulsivo. Di tale assenza totale in cospetto dell’evento luttuoso rendono frequente testimonianza, in via di esempio, le Chansons de Geste, dove le dame e i cavalieri, ma talora lo stesso re Carlo, se pasment in presenza del cadavere o per notizia di morte, cioè « perdono la presenza» nella forma dell’assenza totale: la perdono Sebille alla morte del marito Baudoin {quant Sebille l’entant, li sans li est muez, / la véne lui troble, si a les danz serrez, / contre terre se pasme, ne peut sor piez[...]

[...] sul piano improprio della vitalità, si tenta di svolgere l’ethos del trascendimento ed invece si mette in moto il furore, la fame e la libidine.

Un’altra serie di sintomi di crisi si riferisce più particolarmente al centro della situazione luttuosa, cioè al cadavere. In effetti lo scandalo di tale situazione, la sua pietra d’inciampo e il suo segno di contradizione, è costituito dal cadavere, dalla spoglia corporea che, dopo il trapasso, sta davanti ai sopravvisuti. Nella misura in cui abdica la potenza oltrepassante della presenza il cadavere comincia ad « andar oltre » in modo irrelativo: e suo « oltre » irrelativo riflette il rischio della stessa potenza oltrepassante che invece di

(15) Eur., Troiane, vv. 110 sg. Nella ripresa istituzionale del lamento funebre questo momento di smarrimento è diventato spesso un modulo: p. es. ite naro? Ifispero? (che dico, che spero?) nel lamento funebre sardo o come vogghìe fa? Come agghia fa? (che cosa fare?) del lamento funebre lucano.72

ERNESTO DE MARTINO

« andar oltre » alle rappresenta[...]

[...]che ci spetta in ogni momento critico dell’esistenza, che è sempre un attivo f ar passare nel valore, e quindi un rinunziare e un perdere, un distacco e una morte, e al tempo stesso una opzione per la vita: ma nella perdita di una persona cara noi sperimentiamo al più alto grado l’esprezza di questa fatica, sia perché ciò che si perde è una persona che era quasi noi stessi, sia perché la morte fisica della persona cara ci pone nel modo più crudo davanti al conflitto fra ciò che passa irrevocabilmente senza di noi (la morte come fatto della «natura») e ciò che dobbiamo fai passare nel valore (la

(29) Croce, frammenti di Etica, 1922, pp. 2224, cfr. p. 21 e 111.82

ERNESTO DE MARTINO

morte come condizione per l’esplicarsi della eterna forza rigenerante della « cultura). La fatica di « far passare » la persona cara che è passata in senso naturale, cioè senza il nostro sforzo culturale, costituisce appunto quel vario dinamismo di affetti e di pensieri che va sotto il nome di cordoglio o di lutto: ed è la « varia eccellenza» del lavoro pr[...]

[...]ioso orizzonte mitico del nume morto e risorto, sia esso Osiride o Tamùz o Baal o Adone o Dioniso o Kore, e quindi al di fuori del pianto rituale e86

ERNESTO DE MARTINO

del giubilo che nel rito attualizzavano la vicenda mitica di questi numi. Nel che troviamo una conferma che il pianto rituale rappresenta nel mondo antico non soltanto un importante momento dei rituali funebri, ma proprio il tema centrale di quel particolare saper piangere davanti alla morte che fu proprio delle civiltà religiose mediterranee. La crisi decisiva di questo istituto culturale fu inaugurata col Cristianesimo: il quale su tutta l’area della sua diffusione si scontrò col lamento funebre e aspramente lo combatte, respingendolo non già nei suoi eccessi parossistici o per ragioni suntuarie — come era già avvenuto nel mondo antico —, ma proprio sul terreno religioso e in quanto costume pagano antitetico alla ideologia cristiana della morte. Si ingaggiò così, anche per tale ambito circoscritto, una lotta fra Cristianesimo e eredità del mondo antico, una lotta sto[...]

[...]ente secondari di circolazione culturale, e infine a relitti folklorici più o meno inerti e disgregati. D’altra parte vi è una seconda più particolare ragione che ci orienta verso il lamento funebre rituale del mondo antico, ed è il fatto che questo istituto si presenta nel quadro delle antiche civiltà mediterranee come il più adatto a consentire l’esplorazione di tutto l’arco che va dallo « strazio ■» alla oggettivazione del dolore, dalla crisi davanti al cadavere sino al riscatto culturale. Con una singolare ampiezza dinamica che ritrova continua eco nella nostra anima di uomini moderni il lamento antico ci permette di sorprendere il modo col quale, in un ambiente storico dal quale direttamente proveniamo o che ci siamo appena lasciati alle spalle, la dispersione e la follia che minacciano l’uomo colpito da lutto furono istituzionalmente moderate nel rito, ridischiuse alle figurazioni del mito, e drammaticamente redente nel vario operare umano, cioè nell’ethos delle memorie e degli effetti, nei significati sociali, politici e giuridici, ne[...]

[...]rito, ridischiuse alle figurazioni del mito, e drammaticamente redente nel vario operare umano, cioè nell’ethos delle memorie e degli effetti, nei significati sociali, politici e giuridici, nell’autonomia della poesia e dei gravi pensieri sulla vita e sulla morte:PERDITA DELLA PRESENZA E CRISI DEL CORDOGLIO

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finché, compiuto il suo ciclo storico, il pagano lamento cedette il luogo ad un nuovo e diverso modello culturale di comportamento davanti alla morte, il modello di Maria.

6. Maria come modello del cordoglio cristiano

In perfetta coerenza con la solenne affermazione della vittoria di Cristo sulla morte e con la polemica contro la lamentazione pagana, il Nuovo Testamento non conosce un pianto di Maria. In Giovanni 19. 2527 Maria appare alla croce come muta spettatrice, e l’evangelista non pone sulla sua bocca nessuna espressione di dolore: Maria madre di Gesù, Maria di Cleopha e Maria Maddalena vi sono rappresentate in atto di stare davanti alla croce, chiuse in un patire interiore e raccolto, che guadagna in singolare effi[...]

[...] del cordoglio cristiano

In perfetta coerenza con la solenne affermazione della vittoria di Cristo sulla morte e con la polemica contro la lamentazione pagana, il Nuovo Testamento non conosce un pianto di Maria. In Giovanni 19. 2527 Maria appare alla croce come muta spettatrice, e l’evangelista non pone sulla sua bocca nessuna espressione di dolore: Maria madre di Gesù, Maria di Cleopha e Maria Maddalena vi sono rappresentate in atto di stare davanti alla croce, chiuse in un patire interiore e raccolto, che guadagna in singolare efficacia etica proprio per il fatto che non appena scorgiamo nello scenario della Passione il disegnarsi di queste tre ombre silenziose e immobili. Tutta una tradizione si ricollega a questo interiore patire, cui Ambrogio contendeva anche lo sfogo delle lacrime (stantem illam lego, flentem non lego) (35), e che nella sequenza dello Stabat Mater si ravviva e umanizza in un contemplare velato di lacrime: Stabat Mater dolorosa / iuxta crucem lacrymosa / dum pendebat filius: / cuius animam gementem, / contristatam et[...]

[...] da madre a figlio (37). Nella tragedia cristiana Christòs pàschon, attribuita a Gregorio di Nazianzo ma in realtà molto più tarda, Maria alterna lamenti di pagana ribellione con la coscienza di piangere non già il Cristo, ma il peccato di coloro che

lo conducono alla croce. Altrove essa proclama di star salda nella fede della risurrezione, e annunzia che i suoi lamenti avranno termine quando vedrà risorto colui che ora è in preda alla morte. Davanti al sepolcro del figlio, pur continuando il lamento Maria esorta le donne di Galilea a non lamentare la morte di Cristo, poiché nella prospettiva delle risurrezione è ormai compiuta l’epoca degli antichi lamenti funebri:

Come piangerò, come esprimerò il mio dolore per la tua morte? O voi che lasciaste la terra di Galilea, o mie compagne cui, ignare dei misteri, attrasse Gesù che ora giace nella tomba, non intonate i soliti lamenti, ma pian
(37) Si vedano gli Acta Pilati nella edizione del Vannutelli, Roma 1938. Le lamentazioni sono più brevi in Acta Pilati A e B, più lunghe in C. Per alcun[...]

[...]aiuta a vivere come esperienza (fac ut portem mortem Christi). Questo mutamento di prospettiva può essere esemplato con la vita di Santa Emiliana de’ Cerchi, che rimasta vedova in giovanissima età si chiuse nella torre del palazzo avito, ricusando ormai di lamentare la morte per lutti terreni, e decisa a versare le sue lacrime soltanto per i suoi peccati e per la passione di Cristo, a lungo resistendo alle tentazioni del diavolo, che le adduceva davanti agli occhi cadaveri di persone a lei care, come per risvegliarla al mondano patire: finché la santa vinse la lotta, e si votò interamente alla lamentazione per Cristo morto, onde notturno silentio, dormiente jamula et illis de domo, fortibus clamoribus et duris lamentationibus deplorabat dilecti sui ]esu Passionem, crinibus resolutis.

Ernesto De Martino



da Liliana Magrini, Il silenzio in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 7 - 1 - numero 33

Brano: [...]corsa.
Il riverbero della costa lo feriva negli occhi: li chiuse, continuando a stringere tra le dita un bottone che gli sfuggiva. Uno, poi un altro, un terzo. La blusa era abbottonata. Riaperse gli occhi, e la luce li ferì di nuovo, aridi di sale. Le sue mani s'agitavano intorno alla fibbia della cintura, cercavano d'affrettarsi: eppure sapeva che quando avesse finito avrebbe dovuto muoversi, lasciare quel riparo che in qualche modo gli faceva davanti il calore della roccia : un calore pesante e denso come un muro. Ecco, era fatto. Sentì che Nino si muoveva, andava verso l'acqua. Anche lui, per la prima volta, si girò. Il mare era immobile e, come il cielo divorato dal calore, bianco. Sospese contro una lontana foschia, si delineavano le sagome di qualche vapore e della diga irta di gru. Le cancellò subito, ai suoi occhi abbagliati, un dilatarsi di cerchi incandescenti. Quel riverbero duro gli pesava ora sulla nuca. Lentamente, la vibrazione luminosa si fermò, come al limite di una sfera vuota, nel biancore inerte del cielo e delle acque. [...]

[...]ederla piú, senza neppure pensare agli altri due. Aveva paura.
Una qualunque porta d'osteria, con la parte superiore di vetro smerigliato. In alto, un'insegna debolmente illuminata da un fanale lontano : La Grotta. Antonio Stura vi andava spesso : per trovarsi con gli amici, diceva vagamente a Teresa. Marcò esitò: non v'era mai entrato.
Un passo risuonò dietro di lui, dalla parte di Oregina: spinse il battente. C'era un piccolo gruppo in piedi davanti alla soglia. Per un momento, Marco non riuscì a scorgere che il soffitto ornato di stalattiti, cui la taverna doveva il suo nome : squallide protuberanze di gesso macchiate di verde e d'azzurro. S'udiva appena qualche bisbiglio. Poi, essendosi leggermente spostati quelli che gli stavano davanti, vide, ritto in mezzo alla saletta, un uomo alto e grosso, ad occhi chini, immobile: e seduti contro il muro intonacato di un livido color oltremare, altri uomini che lo guardavano, e sembravano attendere.
Non vedeva Antonio. S'era diretto là pensando vagamente di cercarlo : ma soprattutto per non restare solo. Si senti protetto, in quella
IL SILENZIO 167
atmosfera attenta e raccolta : nessuno pareva occuparsi neppure dei vicini.
Lentamente, l'uomo si riempi d'aria i polmoni, in un modo che fece pensare Marco a un ingoiatore di catene che era venuto una domenica nel quartiere. Come quello[...]

[...]Ma poi tacque.
Il passo d'Antonio era lento, mentre salivano il colle, ma non più goffo: era un modo pacato di posare il piede, calcandolo bene, come per sentire le asperità e la levigatezza di quel vecchio asfalto tormentato. Eppure parve così breve, a Marco, la strada, e così animata la notte, piena di cigolii di tram, di brusii che salivano dai vicoli lontani della città, attorcigliati come i meandri di una conchiglia e punteggiati di lumi. Davanti a lui, fissi in un rettangolo bianco contro il nero dei dossi, s'avvicinavano i fanali d'Oregina, diversi e soli.
Fissò un cespuglio che stava più avanti, e si disse con calma certezza che quando vi fossero giunti avrebbe parlato. In quel momento Antonio, gettando indietro la testa, ebbe un respiro fondo, come accogliesse l'aria della notte. Di nuovo la sua mano toccava piano nella tasca. « Si sta bene », disse. Non fu più la paura a trattenere Marco, ma quasi un timido ritegno. Suo padre pareva talmente tranquillo!
Volle attendere a parlare quando fossero vicini all'ultimo fanale. Là, però[...]

[...]nella zona di luce rossa che filtrava sul pavi mento attraverso il tendone caduto alle sue spalle.
La chiesa era grande, chiara, intonacata di fresco. Qualche lama di sole tagliava il pavimento tra due lunghe file di banchi vuoti. Dal fondo, al di là di grandi colonne bianche, s'udiva a tratti una voce recitante. Avanzò piano, cercando di non far rumore, fino a che poté scorgere una cappella laterale, immersa nell'ombra, dove un prete officiava davanti ad alcune donne.
Dall'altra parte della navata, una penitente con la testa coperta da un velo nero stava inginocchiata davanti al confessionale, la testa china verso la grata.
Uno scaccino che passava lo guardò fisso. S'accorse che era il solo a stare in piedi, e pensò che forse non doveva. Andava in chiesa unicamente in occasione delle feste solenni, accompagnato da Teresa: cercava allora di pregare bene, con fervore, imitando i gesti di sua madre. S'inginocchiò in mezzo ai banchi vuoti. Cercava di seguire, attraverso la voce del prete che diceva messa, il mormorio che veniva dal confes sionale. Gli parve che parlasse quasi sempre la donna, interrotta da brevi domande. E se, quando lei avesse finito, fosse andato a[...]

[...]Andava in chiesa unicamente in occasione delle feste solenni, accompagnato da Teresa: cercava allora di pregare bene, con fervore, imitando i gesti di sua madre. S'inginocchiò in mezzo ai banchi vuoti. Cercava di seguire, attraverso la voce del prete che diceva messa, il mormorio che veniva dal confes sionale. Gli parve che parlasse quasi sempre la donna, interrotta da brevi domande. E se, quando lei avesse finito, fosse andato ad inginocchiarsi davanti alla grata? E poi? Per quanto s'interrogasse su quello che avrebbe detto, non riusciva a trovare che una sola frase: Michele è morto.
182 LILIANA MAGRINI
Le voci continuavano a ronzare, alternate, dal confessionale.
Un risuonare di legno vuoto gli indicò che la penitente s'alzava. La vide andare ad inginocchiarsi vicino alle altre donne. S'udì attraverso la chiesa un rumore strascicato di passi, poi, in fondo, il cigolio di una porta che s'apriva e si richiudeva. Il confessore doveva essere rientrato in sacrestia. Era solo, nella luce piatta della grande navata.
Vedeva la donna pregar[...]

[...]polvere. Dappertutto, la stessa dura pazienza di donne a cucire sulla porta dei loro antri, la stessa muta pigrizia di ragazzini che giocavano tra le immondizie dei rigagnoli. Qua e là, su scialbi muri squarciati dalle bombe, s'aprivano solitari lembi di cielo.
A un tratto, Marco udì una voce soffocata e insieme stridula, interrotta da ansiti. Avanzò lentamente fino all'imboccatura del vicolo da cui questa proveniva. C'era un gruppo di persone davanti alla porta di un pianterreno : sulla soglia, un uomo giovane, pallidissimo, si torceva le mani. Al movimento d'uno degli spettatori, Marco vide chi gridava, una grossa donna dal viso livido; un'altra, bruna e sottile, le stava davanti, e la guardava senza una parola, con occhi dilatati. Giovani, l'una e l'altra. Improvvisamente, quella che gridava s'avventò: la bruna precipitò a terra e l'altra le cadde sopra, accosciata, senza lasciar presa. S'era sentito un colpo sordo. Ansimando, la donna continuò a scrollare per le spalle quel corpo prostrato. La sottana risalita fino all'inguine, essa serrava tra le cosce pesanti il corpo della sua vittima, come un cavaliere impazzito che spronasse una bestia esanime.
Nessuno si mosse, come se una ignota condanna impedisse a chiunque d'intervenire. Sulla porta, l'uomo continuava a t[...]

[...]i e ansiosi.
Il leggero sorriso che errava sulle labbra dell'agente sembrò accentuarsi: due piccole pieghe si formarono sotto l'orecchio malignamente desto. Marco vide la mano di Costanza contrarsi sopra la spalla di Giacomo, e Antonio rizzarsi dicendo : « Lo sa che é qui per cercare il ragazzo? ».
« So io quello che devo fare », disse l'agente seccamente. « So io quello che serve per l'inchiesta ».
Antonio strinse i pugni. Un gruppo di donne davanti ai ragazzi mormorava; l'agente si voltò a guardarle irosamente, le sue labbra si serrarono facendosi dure e sottili. I suoi occhi vagarono dall'una all'altra, infine si appuntarono sui ragazzi, e parve a Marco che fissasse Nino.
« E voi andatevene », gridò con la stessa voce stridula, ma ancora più forte. « Cosa state qui a far confusione, manigoldi? Via, marmaglia! »
190 LILIANA MAGRINI
Non aveva guardato dove fossero andati gli altri ragazzi, era corso su per il colle.
Quando si fermò, ansimante, e si voltò, vide due uomini che arrivavano.
Camminavano piano su per la strada. Portavano [...]



da Kabaktceff (delegato dei comunisti bulgari e delegato come membro del Comitato della Terza Internazionale) [traduzione dal francese dell'onorevole Misiano], Discorso Kabaktceff in Resoconto stenografico del 17. congresso nazionale del Partito socialista italiano : Livorno, 15-20 gennaio 1921 : con l'aggiunta di documenti sulla fondazione del Partito comunista d'Italia

Brano: [...]nte contro l'Internazionale di Amsterdam; mediante i gruppi comunisti nei Sindacati, dovrà lavorare per la scissione della C.G.d.L. dall'Internazionale di Amsterdam e per la sua adesione alla Internazionale sindacale rossa di Mosca.
Nei paesi balcanici — Bulgaria, Jugoslavia, Grecia e Rumania — le Unioni sindacali si sono affiliate alla Internazionale sindacale di Mosca, durante la conferenza interbalcanica tenuta il 3 ed il 4 di novembre 1920. Davanti al Partito italiano, si aprono due vie: l'una per Amsterdam, l'altra per Mosca. Quale di queste due vie sceglierete?
Voci da vari punti della sala: Mosca ! Mosca !
MisIANO: I riformisti ed i semi riformisti vi indicano la via di Amsterdam; l'Internazionale comunista vi chiama a prendere ed a camminare coraggiosamente sulla via di Mosca. E il C.E. dell'I.C. è pro
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fondamente convinto che voi sceglierete e camminerete sulla via di Mosca.
È dunque perfettamente chiaro che i riformisti dichiarati, con Turati alla testa, come pure i semi riformisti chiamati « comunisti unitari » che vanno c[...]

[...]riformisti dichiarati, con Turati alla testa, come pure i semi riformisti chiamati « comunisti unitari » che vanno con Serrati, sono in contraddizione ed in opposizione di principi con l'I.C.; sono contro il suo programma e la sua tattica.
Ma se i riformisti dichiarati non dissimulano piú questa opposizione, i semi riformisti che hanno preso il nome di « comunisti unitari » dissimulano, mediante una fraseologia confusionaria, il loro arretrarsi davanti ai principi della I.C. A tale scopo questi ultimi fanno uso di una argomentazione che non è affatto originale: ripetono gli argomenti vecchi ed usati degli opportunisti e dei riformisti di tutti i paesi e di tutti i tempi.
Cosí come i comunisti unitari giustificano la loro opposizione alle tesi dell'I.C. con le « condizioni speciali e particolari dell'Italia »; e ripetono questa frase senza stanchezza, fino alla sazietà. Ma gli opportunisti e i riformisti hanno sempre giustificato e dissimulato il loro tradimento con le « condizioni speciali e particolari » del loro paese, sia quando essi vo[...]

[...]ià li abbandonano. La prova piú eloquente di questo fatto sta nel fallimento della Seconda Internazionale, alla quale essi aderivano. Ma oggi i nemici piú pericolosi della rivoluzione proletaria sono i centristi perché essi, mentre a parole si dichiarano nemici dei riformisti, di fatto ne continuano la politica. Prendete ad esempio ció che hanno fatto i centristi in Germania dopo la rivoluzione del novembre 1918. Nel momenta piú decisivo, quando davanti al proletariato tedesco era aperta la via di una piú stretta alleanza colla rivoluzione proletaria russa, colla Russia sovietista, una alleanza che avrebbe consolidato definitivamente la rivoluzione proletaria russa, una alleanza che avrebbe risparmiato molte vittime al proletariato tedesco ed avrebbe accelerato la vittoria della rivoluzione proletaria universale, proprio in quel momento il centro ed i centristi tedeschi, guidati da Kautsky, Haase, Dittmann, Crispien, ecc., hanno respinto la mano tesa loro dal proletariato russo, I partigiani di Scheidemann e gli indipendenti del centro hanno[...]



da Alessio Tolstoi, I diavoli dell'audacia in KBD-Periodici: Rinascita - Mensile ('44/'62) 1944 - numero 2 - luglio

Brano: [...]mo dentro tutti e venticinque. In quello di testa eravamo Petrov ed io con Shmelkov al volante. Il cielo si era rannuvolato e non si vedeva nemmeno una stella. La luna non c'era ancora. Ci tenemmo oltre le linee
tedesche, parallelamente al fronte. Passò un' ora, due, non incontrammo anima viva : alla nostra destra il chiarore di un incendio, alla sinistra spari e forti esplosioni. Gli incendi, il rimbombo dei cannoni ci aiutarono ad orientarci. Davanti a noi doveva esserci un villaggio che conoscevamo. Ci fermammo .e Petrov saltò giù dicendo : c Lasciatemi andare in ricognizione ). Ecco, pensai, ilmomento in cui costui risuscita e dimentica completamente la ragazza. Va pure. Si rimpinzò le tasche di bombe a mano, e via.
Scomparve svelto e leggiero. Dopo una quarantina di minuti un fruscio nei cespugli e rieccolo accanto alla cabina dello chauffeur. c Vi è un'autocolonna di fascisti nel villaggio r.. Beh, pensai, questo è un bel guaio... Ma era l'unica strada che potessimo prendere poichè a dritta e a manca vi erano le paludi e sarebbe sta[...]



da Renzo Rosso, Gli apologhi della medusa in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 1 - 1 - numero 42

Brano: [...]o raggio attorno ai due alberi, bassa e stagnante nel suo denso respiro, una insoluta nube di ammoniaca.
«LA DIGA
Pietre severe delle ormai arrendevoli mura dell'elettore Guglielmo, che tramontane e paure dell'improvviso svedese avevanó eretto a difesa degli industriosi e ruminanti antenati della sua gente e di lui, Adalberto Vulpius, il filosofo che si stimava amico di Federico di Prussia! Pietre corrose dal salso, specie nel lato di nordest, davanti allo squero grande e al mercato del pesce, dove si apriva il varco della porta di S. Brigida sotto il cui arco tetro e umido egli transitava di frequente, sia per recarsi alle trisettimanali lezioni di logica del regio ginnasio nella zona nuova oltre il porto, sia per compiere le passeggiate vespertine « della tranquillità », come egli le chiamava, sul molo del sale, o quelle più rare « della riflessione » sulla diga settentrionale.
Più rare perché piú intense qui, le sue gite, e più intense perché per giungervi c'era bisogno di una buona camminata e per restarvi di una disposizione d'animo [...]

[...]ione che le
GLI APOLOGHI DELLA MEDUSA 55
verrebbe mossa di non possedere l'attributo dell'impossibilità logica del suo contrario, io mi accontento di dimostrarvi l'assoluto nominalismo della logica metafisica ». Malgrado egli avesse la sensazione che dell'abbacinante soluzione intrasognata quella mattina attorno al significato storico dei fenomeni, fosse riuscito a salvare appena una esigua scheggia, e per quanto in quel momento gli sfilassero davanti alla mente i numerosi studi da lui compiuti e che mai aveva avuto il coraggio di presentare o di pubblicare, si figurò con intensa soddisfazione l'effetto indubbiamente straordinario che avrebbe avuto sui membri dell'Accademia di Berlino la lettura di quella sua memoria, per la quale « Nova de legibus inquisitio » gli pareva un titolo assai indovinato. Un minimo di notorietà era proprio quello che gli ci voleva: con essa sarebbero forse venuti i viaggi, e con questi la possibilità di staccarsi almeno per qualche periodo dalla casa e dalla famiglia, e di conoscere visi nuovi, nuovi caratteri, [...]

[...]tro degli abissi, dove una vita tumultuosa continuava in silenzio a scandirsi in miliardi di esseri e di ottenebrate, elementari avventure.
IX LA MEDUSA»
All'altezza delle ultime, fievoli lingue giallastre, alle porte dell'inchiostro, si librava felice una medusa. Aderiva placida alla vasta sua madre, nella flaccida certezza della campana trasparente, dei torbidi peduncoli, dell'esangue fame, del silenzio vibrato che le era dentro e d'intorno. Davanti a lei si protese erta una scogliera, che nascondeva fredde correnti; dimentica di sé essa ristette, entro l'antico stampo di diffidenza e di riposo, come se dietro alla roccia, la pungente materia eseguita, decaduta, non resistente e inessenziale, (il negativo della forma liquida che in quell'istante e in un secondo istante e poi non per sempre era abbastanza calda, ondeggiante e affettuosa); come se dietro la indefinita parete, che sorda subiva la percussione dell'ombra di quell'ammasso gelatinoso, ci fosse la somma e la sottrazione di infinite altre creature, l'eterno e progressivo non esse[...]



da Pietro Citati, Ideologia e verità in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 1 - 1 - numero 42

Brano: [...] permette né pazienza né soste; ora, invece, precipitano in una grigia e indifferente atonia che li eguaglia, li annulla, li spegne. Anche in chi li patisce, gli scatti dell'isterismo si alternano con gli abbandoni della noia. Il filo naturale e continuo dei fatti pare spezzato. La vita diviene ogni giorno piú confusa ed irriconoscibile, finché perdiamo persino la speranza di intendere e di renderci conto.
Ma, ad un tratto, il mondo é cambiato. Davanti ai nostri occhi si apre un nuovo capitolo di storia, nel quale ci muoviamo sicuri, con i piedi a terra, capaci di pensare e di agire, infine compresi in un quadro che svela in ogni parte la coerenza di una intenzione.
IDEOL(H:IA E VERITÀ 69
E tutto quanto avevamo, sino allora, annotato senza capire, tutta la serie degli avvenimenti assurdi e casuali che ci sembrava di aver inutilmente vissuto, ci appare finalmente in una luce chiara e precisa. Comprendiamo a cose fatte, dopo che avevamo testarda mente guardato, per anni, nella direzione sbagliata.
Ognuno, certamente, parla e scrive a suo n[...]

[...]à protetta da qualsiasi ferita possibile, catafratta nella propria disumana efficienza, abituata a vivere e a prosperare nella morte come se fosse vita. Ma é possibile, io credo, avanzare una ipotesi meno spaventosa.
Nessuno poteva immaginare, cinquant'anni or sono, che nella civiltà di massa il pensiero avrebbe dimostrato di possedere una forza di penetrazione e di attuazione fino allora sconosciute. In
IDEOLOGIA E VERITÀ 73
vece di perdersi davanti alla violenza meccanica dei fatti, come prevedevano gli spiriti idillici ed utopisti, ora li domina, invece, li attrae a sé, o si adatta, si piega, ma per trasformarli e modificarli continuamente. Fragile, un tempo, lento a trasmettersi e ad agire, oggi si risolve e si incarna nelle cose con una straordinaria ed eccessiva facilità, sino a costituire la crosta apparente del nostro tempo. Lui che si nascondeva nel profondo, ora risplende e luccica in superficie: agisce senza posa, sotto gli occhi insensibili di tutti. Intanto la realtà sembra avere perduto la testarda e cocciuta forza di resist[...]



da Franco Lucentini, La porta in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 3 - 1 - numero 1

Brano: [...]vevo trovato! Ci
posso fare quattromila lire con lo stanzino... ».
Per strada pioveva. Camminavamo rasente al muro. Mia sorella
avanti, con la valigia piccola, io dietro.
« Almeno sei guarita bene? » dissi. « Se ti si complica, mentre stai
chiusa là dentro, come fai? ».
« No, ho fatto l'analisi » disse seguitando a camminare. « Dice che
sono guarita bene ».
Camminava svelta sui tacchi alti, saltando le pozzanghere. Ogni
tanto rallentava davanti a una vetrina.
« Penso se mi sono scordata di comprare niente » disse.
« Possiamo vedere quando stiamo là » dissi. « Caso mai te lo vado
a comprare io ».
« A proposito » dissi, « ti volevo comprare qualche cosa, ma questi
giorni ci ho avuto delle spese... così non ho potuto ».
« Qualche cosa? » disse Adriana. « Che cosa? Un regalo? ».
« Beh, si » dissi. « Ma sai, le spese... ».
« Che spese? » disse. « Mi pare che é da parecchio che stai senza
soldi ».
« Beh, come ti pare » dissi. « Comunque bene o male tiro avanti,
non ti preoccupare ».
«Franco» disse.
Le caddi quasi addosso, inc[...]

[...]ve e mise il catenaccio. Restammo nel buio sull'orlo della scala.
«Non c'è luce? » dissi.
« No » disse Adriana. « Giú ci ho un lume a petrolio, ma per la scala a che servirebbe? Accendi un fiammifero ».
La scala andava giù dritta per una ventina di scalini, poi voltava a sinistra. Dovemmo accendere una dozzina di fiammiferi prima di arrivare in fondo.
«Che ti pare?» disse mia sorella quando stemmo sull'ultimo gradino.
La cantina s'allungava davanti a noi tra due muri alti, imbiancati a calce, contro i quali era sistemata una quantità di casse. In fondo, dietro un grande tavolo messo di traversa, si vedevano confusamente altri mobili. Il pavimento fino a un certo punto era di terra battuta, poi, dal; tavolo fino alla parete di fondo, di cemento.
« Il cemento ce l'ho fatto mettere io » disse mia sorella accendendo il lume sul tavolo. « Ho fatto dare una pulita ai muri e aggiustare
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l'impianto dell'acqua. Non m'é costato molto. Tutto il resto l'ho lasciato
come stava. I mobili li ho comprati usati ».
I mobili erano [...]

[...]in mezzo alla cantina.
« Questa » disse.
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A meta del muro di sinistra, da dove stavo io, si vedevano delle macchie scure che prima non avevo visto. Ma non sembrava una porta. Presi il lume e mi volevo avvicinare.
« No » strillò. « Il lume lascialo la ».
Lasciai il lume e mi avvicinai.
« Che cos'è? » dissi.
Dietro quattro tavole, inchiodate al muro di traverso, si vedeva il vano nero di una porta. La voce risuonava forte davanti a quel vuoto. « Che cosa c'è, la dietro? » dissi.
« Non son disse mia sorella. « Quando presi la cantina mi dissero che li sotto non si può usare come magazzino, è troppo umido. Pare che sia uno scantinato, ma non sta nella costruzione; le fondamenta finiscono qui ».
« E dove porta? » dissi. « C'è un'altra uscita, li sotto? ».
« No » disse. « È scavato dentro la terra, non ci sono uscite. Non so quanto è grande, perché non ci sono mai scesa. Non so altro. Adesso mi dovresti schiodare queste tavole ».
Stetti un momento a pensare che altro ci poteva essere sotto quella storia: ero ancora so[...]

[...]la porta una cassa di latte in scatola e ci montai sopra, cominciai a schiodare la tavola in alto.
« Ci hai un pezzo di ferro, qualche cosa per fare leva? » dissi. « Non viene ».
Andò al tavolo e si mise a cercare nel cassetto. La vedevo cercare con la testa chinata, i capelli biondi sul viso, nel cerchio bianco del lume. Portava un abito grigio, morbido, con una camicetta bianca. Per la prima valta pensai a quando sarebbe rimasta sola, seduta davanti al tavolo, aspettando.
Tornò con un coltello da cucina a un apriscatole.
«Puoi fare con uno di questi? » disse.
Presi il coltello ma non era forte abbastanza, si piegava.
« Dammi quell'altro » dissi.
Lei mi tese l'apriscatole, alzandosi sulla punta dei piedi. Nell'ombra, sembrava ancora piú morbida, con la sua faccia chiara e i capelli sciolti sulle spalle. Il lume brillava in fondo alla cantina.
LA PORTA 89
« Come sei elegante » dissi. « Come sei bella ».
« Che ti prende? » rise.
L'apriscatole non era molto adatto, ma riuscii lo stesso a schiodare
la tavola in alto. Le altre venner[...]

[...]o che in tre anni ci diventerei un pazzo. Una volta... ».
Mi fermai di colpo, sbalordito.
« Ah...» dissi.
« Ah, questo » dissi.
Mia sorella mi guardava, aspettava che dicessi qualche cosa, che protestassi.
Mi alzai e cominciai a camminare per la cantina, guardando le scritte sulle casse dei viveri: «Army Ration C »; « Evaporated Milk »; « Safety Matches »; « Cocoa »; « Army Ration C »; « Army Ration C ».
LA PORTA 91

Due volte mi fermai davanti alla porta e guardai in basso. Non si
vedeva niente, veniva un odore di muffa e fango.
Tornai da lei, mi sedetti sul letto.
« Così la grande passione era questa? » dissi. « La paura? Quello
che deve spazzare via tutto, ripulire tutto, é la paura? ».
« Non ho trovato altro » disse. « Io non ho saputo trovare altro ».
Mi prese una mano e la carezzava, poi la lasciò.
«Non credi che ce ne sia abbastanza di sopra, di paura? » dissi.
« Ma é sporca » disse. « È diversa. Quella che aspetto qui é un'altra ».
Lei aspettava la paura bianca, assoluta. Ce l'aveva già sulla pelle.
«Non so che dir[...]

[...]guardarmi si avvicinò alla porta del sotterraneo, fece per buttare le chiavi la in fondo.
« Aspetta! » strillai. « E io come esco? ».
Rimase ferma, col braccio piegato. Lentamente, con una smorfia avvilita, arrossi. Fino al collo e ai capelli.
« Che stupida! » disse. « Dio, che stupida. Come non ci pensavo! ». « Ce le puoi buttare dopo » dissi imbarazzato, mentre salivamo le scale.
Ma non sarebbe stato lo stesso, come se ce le avesse buttate davanti a me. Anche l'ultima scena, una scena innocente, le era andata male. Ci aveva fatto un'altra figura da stupida, per giunta, davanti a me.
Se la pieta che ci avevo per lei fosse stata un po' più grande, appena, di quella che ci avevo per me, allora qualche cosa, forse, si sarebbe potuta davvero rompere... Io l'avrei potuta spaccare, per lei e per me. Ma per un'altra pieta non c'era posto. Ci fu solo un momento, all'ultimo, mentre stava per richiudere la porta. Pensai a tutto il tempo di paura che l'aspettava, fino a quando sarebbe scesa per la scala di legno, per riprendere la chiave... E poi a quando sarebbe risalita, a quando si sarebbe ritrovata un'altra volta nella luce grigia di sopra, come adesso mi trovavo io... Vo[...]

[...]e, per lei e per me. Ma per un'altra pieta non c'era posto. Ci fu solo un momento, all'ultimo, mentre stava per richiudere la porta. Pensai a tutto il tempo di paura che l'aspettava, fino a quando sarebbe scesa per la scala di legno, per riprendere la chiave... E poi a quando sarebbe risalita, a quando si sarebbe ritrovata un'altra volta nella luce grigia di sopra, come adesso mi trovavo io... Volevo prenderla per la mano, dire, ma non mi mossi. Davanti alla porta richiusa, restai a sentire i passi . che scendevano.
Tornai al Caffè Notturno. Ma anche gli altri caffè, ormai, stavano aprendo.
« Mi fa un caffè doppio » dissi.
a Corretto? »..
LA PORTA
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« Si » dissi. « Mistrá ».
C'era un tizio, all'altro capo del banco, che mi guardava. Mi venne
vicino, mettendosi tra me e la porta.
«A te non ti avevamo detto di sgombrare?» disse.
Ci avevo talmente sonno che non capii subito.
« A me? » dissi. « Ma tu chi sei, che vai cercando? ».
« Andiamo » disse, prendendomi per un braccio.
Al barista disse: «A questo, il caffè glie lo di[...]

[...]adre.
« Che, stai meglio? Esci? ».
« Vado a fare due passi » dissi.
Per la strada non ci avevo fretta, mi fermavo a guardare le vetrine. Al Pantheon mi misi a sedere sul muretto e guardavo i gatti, di sotto. Non faceva freddo. Mi sarebbe piaciuto di andare ancora un po' a spasso per le strade, aspettare ancora un po', ma oramai ci avevo impazienza. Entrai in un caffè e presi un cognac, poi andai difilato alla casa, entrai nel secondo cortile, davanti alla porta mi fermai senza sapere che fare. La porta era chiusa, come l'avevo lasciata l'anno prima; non c'era nessun segno per capire se Adriana era uscita o no. Tornai sulla strada e mi fermai sul portone a pensare, mi accesi una sigaretta. Dopo tornai e bussai forte con un pezzo di mattone, tre volte. Poi bussai ancora, ma più forte non potevo bussare, sarebbe venuta gente. Aspettai una mezz'ora, con l'orecchio alla porta, ma non si senti nessun rumore. Cercavo di ricordarmi la lunghezza della scala, della cantina, per capire se lei avrebbe potuto sentire o no. Poi ricominciai a bussare og[...]

[...]orta
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aspettando che la pioggia rallentasse. Poi traversò la strada di corsa, infilò a testa bassa il portone, si fermò di colpo.
« Sei tu! » disse.
Restai a guardarla nel buio del portone, senza potere parlare. Pareva dimagrita e ci aveva tutti i capelli bagnati, incollati alla faccia.
« Sei tu » disse. « Come stai? Franco. Che... Come stai, tu? Franco? Eh... Bene. Io... Franco ».
Portava un grembiule bianco legato sul davanti, macchiato, con una blusetta stinta. Teneva in mano un pacchetto involtato in carta di giornale.
«Franco, Franco » diceva. « Franco ».
Mi prese un braccio e lo stringeva forte, tirando la manica. Inghiottivo e non potevo parlare. Le carezzai la mano che teneva il pacchetto, fredda e bagnata, le aggiustai la manica del grembiule, che s'era appiccicata intorno al polso. Stesi la mano per carezzarle la faccia e lei si accostò di piú, mi strinse convulsa mentre le baciavo la bocca fredda, nel buio, con un tuono nelle orecchie sempre più vicino, che stava per scoppiare.
Ma lentamente si staccò [...]

[...]nostra giustizia! ».
« Ma in questo modo » disse il dottor Micheli, « lei, Padre, viene a giustificare i delinquenti! ».
« Ah, no certo, caro dottore » disse il prete. «In questo modo, io vorrei ricordare che la carità si deve esercitare anche con i discoli! La stessa Chiesa, del resto... Ma non vorrei tediarla con argomentazioni filosofiche! ».
« No, continui Padre » disse il dottor Micheli. « L'argomento mi interessa profondamente ».
Venne davanti al tavolo il sergente italiano e salute,.
« Sono le sette » disse. « Faccio distribuire il latte? ».
« Si, ma mi raccomando » disse il prete, « il massimo ordine, ché non abbiano a ripetersi incidenti ».
«Non é un affare da nulla» continuò sorridendo rivolto al corn missario, «tenere a bada tutti questi figlioli! Ma sono tutti buoni figlioli, mi creda, anche i più discoli, in fondo in fondo. E poi c'è anche delle gran brave persone, sa ».
112 FRANCO LUCENTINI
« Ah, si » disse quello, intenerito. « Tu » disse a me, « adesso vatti a mettere in fila per il latte. Poi ci avremo tempo di disc[...]



da Alberto Moravia, Inchiesta sull'arte e il comunismo. Il comunismo al potere e i problemi dell'arte in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 3 - 1 - numero 1

Brano: [...]e si indignano se queste bambine chiedono le chiavi di casa. Fuori di metafora, l'arte non si riconoscerà figlia del comunismo se non quando il comunismo cesserà di considerarsi madre. Ogni costrizione cancella ogni obbligazione.
* * *
Un quadro rappresenta un pastorello, in montagna, coperto di stracci, a piedi nudi, che pascola le sue pecore. II pastorello sorride,
A. MORAVIA IL COMUNISMO AL POTERE E I PROBLEMI DELL'ARTE 19
sembra felice. Davanti ad un simile quadro vien fatto, anche a chi sia a digiuno di marxismo, di pensare: «Ecco la concezione borghese dell'arte che vuole che si rappresenti la felicità di un pastore nonostante gli stracci e i piedi nudi ». Ma che dobbiamo pensare dell'equivalente del pastorello che troviamo in infiniti quadri di artisti comunisti? Lo stato comunista ci risponde: « I miei pastori non hanno i piedi nudi e non indossano stracci. Essi sono davvero felici così nei quadri come nella realtà ». A questo si potrebbe obbiettare che se ciò fosse vero, i pastori dei quadri comunisti sarebbero dipinti meglio. [...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Davanti, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---Storia <---siano <---Diritto <---Già <---Più <---Così <---Ecco <---comunisti <---Cosa <---Fisica <---Meccanica <---Sulla <---comunista <---ideologia <---italiani <---socialismo <---socialista <---Ciò <---Come <---La casa <---Perché <---Però <---Pratica <---Sei <---abbiano <---comunismo <---fascisti <---italiano <---lasciano <---socialisti <---Del resto <---Dialettica <---Dico <---Dio <---Hai <---Lenin <---Logica <---Niente <--- <---Sarà <---Voglio <---capitalismo <---capitalisti <---cristiana <---d'Italia <---ideologica <---ideologico <---opportunismo <---Accendi <---Agli <---Amsterdam <---Andiamo <---Arrivò <---Balzac <---Basta <---Berlino <---Bologna <---Bulgaria <---Certo <---Clinica <---Contemporaneamente <---Dei <---Dickens <---Fai <---Farmacia <---Filosofia <---Freud <---Giunti <---Giù <---Gli <---Guardò <---Il lavoro <---Infine <---La lotta <---La sera <---Ma mi <---Mi pare <---Noi <---Non lo so <---Non voglio <---Partito <---Pochi <---Poetica <---Povera <---Psicanalisi 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