Brano: [...]italiano di fronte
(4) Cfr. il rapporto dell'ambasciatore britannico a Roma Buchanan al ministro degii Esteri Lord Curzon, 30 ottobre 1919, in Documents on British Foreign Policy, 19191939, edited by E. L. WOODWARD and ROHAN BUTLER, London, 1947 sgg., First Series, vol. IV, p. 143.
(5) Presse de Paris, 12 novembre 1919.
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alla situazione fiumana in regime di occupazione da parte degli irregolari di D'Annunzio.
Col nuovo anno, la situazione diplomatica si capovolge. In Francia a Clemenceau succede Millerand, che si orienta più decisamente verso una politica di forza verso la Germania e la Russia sovietica, politica che Nitti, insieme con Lloyd George, è deciso a respingere. Anche la notizia di una convenzione militare francoserba, per quanto smentita, contribuisce a rendere nuovamente tesi i rapporti tra i Governi di Roma e di Parigi. Lo scontro avviene a San Remo, e da quel momento s'intensificano anche le mène di Barrère contro il Governo Nitti che arriverà a chiedere, senza peraltro ottenerlo, [...]
[...]l des Quatre (24 mars 28 juin). Notes de l'Officier Interpréte PAUL MANTOUX, Paris, Editions du Centre National de la Recherche Scientifique, 1955, vol. II, pp. 5455.
(13) Cfr. la recensione di ATTILIO DEPOLI al Mussolini diplomatico di G. Salvemini in Fiume, a. I, n. 2 (aprilegiugno 1952), p. 154.
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definì a il tristo agente bancario di Muro Lucano » e affermò che <c aveva venduto Fiume allo straniero » (14).
L'iniziativa di D'Annunzio creò una situazione che condizionò le trattative diplomatiche condotte dal Governo Nitti. Un quesito che è giusto porsi, ma al quale non é possibile dare una risposta netta e univoca, é il seguente: l'impresa dannunziana costituì un elemento positivo o negativo per la soluzione del problema adriatico? Se ci limitiamo all'aspetto strettamente fiumano di quel problema, possiamo affermare che D'Annunzio, inserendo nella situazione un fatto compiuto sul quale si articolò la vasta mobilitazione psicologica organizzata dai nazionalisti, impedì ai negoziatori una soluzione che non implicasse il rispetto e la difesa dell'italianità di Fiume. E lecito tuttavia presumere che anche senza quel fatto compiuto nessun governo italiano avrebbe abbandonato Fiume agli jugoslavi, mentre la soluzione annessionistica, che era quella per cui si battevano D'Annunzio e i nazionalisti, non fu per allora realizzata perché non poteva esserlo. D'altra parte, in una prospettiva più ampia, cioè guardando all'intero problema adriatico e non alla sola questione di Fiume, il pronunciamento militare capeggiato da D'Annunzio, e l'elemento di rottura che egli inserì nella legittimità diplomatica internazionale, non attenuarono ma anzi resero certamente più acerba l'opposizione di Wilson a una sistemazione favorevole alle richieste italiane che al Presidente degli Stati Uniti sembrava basata sulla sopraffazione del più debole da parte del più forte (15): e in tal senso i negoziatori italiani ebbero in D'Annunzio non un aiuto ma un ostacolo.
Non vi é dubbio, poi, che allargando ulteriormente lo sguardo, cioè tenendo presente l'intero quadro delle trattative di pace, e non soltanto la questione adriatica, l'episodio di Fiume fu enormemente dannoso agli interessi nazionali italiani. Conseguenza e a sua volta causa del concentrarsi dell'attenzione sul solo ristretto problema fiumano, l'impresa di D'Annunzio confluì in quello che
(14) Nel'introduzione al volume di A. DE AMSROS, La questione di Fiume cit.
(15) Cfr. per esempio D. LLOYD GEORGE, op. cit., vol.. Il, p. 809.
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fu il più grave tra gli errori del Ministero OrlandoSonnino, vale a dire lo scarso interesse riposto per tutte le questioni ben più importanti della sistemazione del bacino del Mediterraneo in generale e delle riparazioni; e le nefaste conseguenze di questo errore Nitti ereditò. Il suo sforzo per sdrammatizzare il problema fiumano e tutta intera la questione adriatica rientrava cer[...]
[...]ANNA VAILATI la riferisce nel Badoglio racconta, Torino, Ilte, 1955, scritto sulla base di colloqui avuti col vecchio maresciallo d'Italia), la troviamo già riferita dal giornale dei nazionalisti human La Vedetta d'Italia (12 maggio 1920) e da Robetro Forges Davanzati nell'idea Nazionale (16 maggio 1920).
Tuttavia, nei mesi durante i quali fu Commissario straordinario militare nella Venezia Giulia, Badoglio, se non rinnegò l'antica amicizia per D'Annunzio, nutri verso di lui sentimenti di diffidenza per il suo incoraggiamento al pronunciamento militare, dei quali vale come testimonianza tutta la sua corrispondenza con Nitti. In particolare, nel colloquio che ebbe il 5 dicembre 1919 a Udine con Preziosi e Sinigaglia, Badoglio disse: « Non parliamo nemmeno delle controproposte di D'Annunzio: figuratevi se è mai possibile che io accetti di dichiarare benemeriti della Patria D'Annunzio e i suoi! » (cfr. GIOVANNI PREZIOSI, Come l'on. F. S. Nitti tradì costantemente la causa di Fiume. Per la storia del « modus vivendi » in La Vita Italiana, 15 ottobre 1920, pp. 298301). Tutto ciò dimostra che, scrivendo più tardi le sue Rivelazioni su Fiume (Roma, De Luigi, 1946), PIETRO BADOGLIO, nel clima politico mutato, diede della propria posizione di fronte a D'Annnuzio una immagine sensibilmente deformata.
Per quanto si riferisce a ENRICO CAVIGLIA, basta leggere il suo libro su Il conflitto di Fiume (Milano, Garzanti, 1948) per rilevare la debolezza del suo pensiero politico, le contr[...]
[...]na immagine sensibilmente deformata.
Per quanto si riferisce a ENRICO CAVIGLIA, basta leggere il suo libro su Il conflitto di Fiume (Milano, Garzanti, 1948) per rilevare la debolezza del suo pensiero politico, le contraddizioni fra le tendenze nazionaliste e l'avversione contro ogni atto disgregatore della compagine dell'esercito e dello Stato costituzionale.
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sicché il nazionalista Barzilai finiva per adoperare a proposito di D'Annunzio parole che avrebbero potuto essere pronunciate da Nitti: « Non vi é nessuno, per quanto illustrato dalle gesta più nobili, che possa imporsi alla volontà della Nazione »; e ricordava la necessità del pane e della ricostruzione economica.
In Nitti, se tenace fu sempre il perseguimento di fini coerenti con le premesse della sua azione politica antinazionalista, non sempre vi furono, nell'attuazione quotidiana, quella fermezza e quella abilità che sarebbero state necessarie. Lo vediamo, di fronte alle prime notizie della spedizione dannunziana, telegrafare ai generali Pittaluga e Di Robilant: «[...]
[...]tuazione quotidiana, quella fermezza e quella abilità che sarebbero state necessarie. Lo vediamo, di fronte alle prime notizie della spedizione dannunziana, telegrafare ai generali Pittaluga e Di Robilant: «Ella sa quale é il suo preciso dovere in quest'ora » che non era la formulazione giusta di un ordine, poiché si trattava di precisare se le forze regolari italiane si dovevano opporre o no con la forza, con l'uso delle armi, all'iniziativa di D'Annunzio e all'occupazione di Fiume. Era quella una responsabilità che spettava al presidente del Consiglio, e non c'era da attendersi che se l'assumesse un generale dopo aver ricevuto una disposizione solo apparentemente energica e radicale, in realtà generica e tale da lasciare aperte tutte le strade. C'era in Nitti l'illusione che ordini di quel genere servissero a ristabilire le cose, mentre invece creavano nei dipendenti stati d'animo di incertezza nocivi all'efficacia dell'azione. Con espressioni certamente un po' drastiche ed eccessive, ma che pur contengono una parte di verità, Sforza scrisse [...]
[...]a ordini, impartiva lezioni » (21), e Giolitti che Nitti sermoneggiava, non agiva (22). Così — e pur con tutte le attenuanti che è giusto riconoscergli per le gravi conseguenze di un eventuale richiamo del Governatore della Dalmazia — Nitti fu debole nei confronti dell'amm. Millo, lasciato al suo posto fra duri rimbrotti dopo che si era compromesso con l'impegno preso di non consentire l'evacuazione della Dalmazia. Nitti scrisse piú tardi che se D'Annunzio aveva potuto preparare e compiere la sua impresa prendendo di sorpresa il Governo, si dové al fatto che Diaz e Aibricci, ai quali il presidente del Consiglio aveva affidato l'in
(21) C. SFORZA, op. cit., p. 87.
(22) GIOVANNI GIOLITTI, Memorie della mia vita, Milano, Garzanti, 1945, p. 554.
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carico di ispezionare la Venezia Giulia, erano stati a loro volta ingannati e riferirono tranquillizzandolo. Questo elemento, senza dubbio, entrò nella complessa situazione; ma non la esauriva. Nitti aveva a sua disposizione molte altre fonti d'informazione,[...]
[...]ittà di Fiume). In verità, a Nitti premeva soprattutto di chiudere la vertenza adriatica: egli non si sentiva di sostenere a spada tratta questa o quella soluzione, ad una o all'altra subor
(23) « Mi sembrò, e mi sembra tuttora — scrisse ancora C. SFORZA, O. cit., p. 84 — che Nitti fu soprattutto attaccato per quanto fece di bene; e che non si comprese mai con abbastanza chiarezza che i suoi scacchi ed errori in politica interna (l'avventura di D'Annunzio a Fiume non fu che della politica interna) furono in massima parte l'effetto di alcune lacune della sua personalità ».
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dinando la conclusione dell'accordo, poiché gli sembrava che scarsa importanza avessero i dettagli che distinguevano l'una dall'altra le diverse soluzioni prospettate. E in ciò entrò anche, senza dubbio, la sopravalutazione del fattore economico rispetto a quello politico nella vita dello Stato e della società, che fu una delle sue caratteristiche salienti.
Anche se tardi epigoni delle infiammate passioni di quel tempo possono ancor oggi trovare motivo di [...]
[...]e era ben difficile dire dell'unico uomo politico italiano che, pur non essendosi abbandonato a demagogiche promesse come Salandra con il suo slogan « la terra ai contadini », aveva concretamente operato per istituire una rete di provvidenze in favore dei combattenti. Ma Nitti non era l'uomo del combattentismo professionale, al quale si sapeva che avrebbe dato del filo da torcere. La grossa bomba che gli scoppiò tra le mani, l'impresa fiumana di D'Annunzio, riassumeva tutti gli elementi, tutti i motivi del combattentismo professionale, dell'arditismo sistematico, del nazionalismo, del militarismo, del sovversivismo di destra.
Nel fronteggiarla, Nitti ebbe all'inizio qualche oscillazione. Il carattere solo apparentemente fermo ma in realtà generico dei primi
(29) Pregiudiziale nell'Idea Nazionale del 24 giugno 1919.
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ordini inviati ai comandanti militari nella Venezia Giulia rivela infatti, a nostro giudizio, una sostanziale incertezza sulla migliore via da intraprendere per battere il movimento; analoga indicazione offre la [...]
[...]a stipulazione di un accordo con la Jugoslavia e la conseguente forzata uscita dei « legionari » da Fiume; giacché non vi é dubbio che su questo terreno Giolitti poté valersi dell'eredità lasciatagli da Nitti.
La linea di condotta stabilita per Fiume da Nitti in collaborazione con Badoglio ebbe anche un altro effetto importante: quello
di mostrare, attraverso le vicende fiumane del dicembre 1919, che
a soli tre mesi dalla « marcia di Ronchi » D'Annunzio aveva perduto il controllo della cittadinanza, di cui non poteva più essere considerato l'esponente rappresentativo. Almeno a partire dallo sconfes
sato plebiscito del 18 dicembre, il gruppo che gravitava attorno al
comando dannunziano fu una minoranza che dominava con la forza, isolata nell'ambiente cittadino fiumano. Ciò chiari che la
soluzione annessionistica non era quella perseguita dai piú; dal che
si ebbero conferme sempre più chiare nei tempi successivi. Le elezioni fiumane per la Costituente del 24 aprile 1921, tenute in con
dizioni di maggiore libertà rispetto al periodo della [...]