Brano: [...] fruttato sopra centomila lire. Invece non aveva fruttato niente, perché questa volta lei era finita subito a San Gallicano. Ma mia madre non lo sapeva.
«Allora andiamo? » disse mia sorella entrando in cucina con le valigie.
Mia madre, quando vide le valigie, quasi soffocava.
« Ah! Ahé! » disse.
« Troia! Mignottona! » urlò. « Ma che? Hai sentito quello che gli ho detto adesso a tuo fratello? E rivai via, adesso, che nemmeno sei tornata? E ti credi di ritornare un'altra volta, che io ti faccio tornare? Uh, sporcacciona, vattene, vattene, vattene che t'ammazzo ».
LA PORTA 81
« Io l'ammazzo, a questa. L'ammazzo! » urlava.
«Ma non gliel'hai detto che andavo via? », disse mia sorella.
« Non m'ha fatto parlare » dissi. «Non m'ha dato il tempo ».
« Vado via» disse mia sorella. «Forse torno, tra... tra qualche anno;
forse non torno. Qui ci stanno un po' di soldi. La roba mia che ho
lasciato qui te la puoi vendere ».
Uscimmo prima che riprendesse fiato. Dalle scale la sentimmo che
strillava:
«Non ti crederai di avermi fatto l'elemosin[...]
[...]a, ma più piano. La casa era poco dopo il Pantheon, ci arrivammo in pochi minuti.
« Non c'è portiere » disse mia sorella. « È uno strazio di meno. La porta sta nel secondo cortile ».
Nel secondo cortile c'era quella porta sola, e i muri erano senza finestre. C'erano solo, uno per piano, dei finestrini che dovevano essere quelli dei cessi.
« L'ho affittata come magazzino » disse, cercando le chiavi nella borsetta. « Ho pagato tutto anticipato. Credi che verranno mai a scocciare? ».
« E che ne sanno che ci stai tu dentro? » dissi.
La porta era di legno erto, ferrata. Mia sorella richiuse a chiave e mise il catenaccio. Restammo nel buio sull'orlo della scala.
«Non c'è luce? » dissi.
« No » disse Adriana. « Giú ci ho un lume a petrolio, ma per la scala a che servirebbe? Accendi un fiammifero ».
La scala andava giù dritta per una ventina di scalini, poi voltava a sinistra. Dovemmo accendere una dozzina di fiammiferi prima di arrivare in fondo.
«Che ti pare?» disse mia sorella quando stemmo sull'ultimo gradino.
La cantina s'allungava d[...]
[...]la tenda che c'é? » dissi.
« Il bagno » disse. « Cioé, proprio il bagno non c'è; c'é il cesso e
un lavandino ».
«Insomma stai sistemata benino» dissi. «Peró... ».
«Peró? » disse.
S'era seduta sul letto e s'era tolte le scarpe bagnate. Si stava cam
biando le calze.
« Per') ? » ripeté.
« Ecco » dissi. « Ci sono diverse cose... Tutto questo sembra abba
stanza strano per essere divertente, ma per un mese o due, per qualche
mese... Poi, non credi che ti annoierai? ».
Mia sorella mi guardò, fermandosi con una calza sfilata a metà.
« Perché? » disse. « Credi...».
« Mi prendi le pantofole nell'armadio? » disse. « Quelle carine, col
tacco alto ».
Poi disse: « Credi che di sopra mi diverto? ».
Le presi le pantofole, mi sedetti anche io sul letto.
« Non so » dissi. « Io qualche volta mi diverto abbastanza ».
LA PORTA 85
« Con quelle vecchie? » disse mia sorella.
« No » dissi. « Con le vecchie no. Ma mi piace camminare, andare attorno ».
« Beh » disse, « io credo di essere andata attorno abbastanza. Adesso mi piace stare qui. Un'altra, a forza di scocciarsi come mi scocciavo io, magari si sarebbe ammazzata. Io ho preso questa via di mezzo. Poi forse mi tornerà la voglia di andare attorno. In tre anni mi può bene tornare ».
«In ogni modo» dissi, «puo[...]
[...]a per
schiodare l'ultima.
Dalla porta veniva un odore di muffa. Una scala di legno, senza
ringhiera, portava in basso; si vedevano i primi gradini.
« Questo legno dev'essere fradicio» dissi. « Non possiamo mica scen
dere. Qui si rompe, caschiamo di sotto ».
« Ma mica dobbiamo scendere » disse mia sorella.
Rimasi fermo, con l'apriscatole in mano, a guardarla.
« Ma che vuoi fare? » dissi. « Ci vuoi scendere dopo, da sola? Che... Ma che ti credi di trovare? Che credi... Di un po', perché, prima, non m'hai fatto portare il lume? Non ridere, stupida! Che c'é, là sotto? ».
« Non lo so » disse. « Non ci voglio scendere e non lo voglio sapere. Non ci voglio nemmeno guardare col lume e non voglio che ci guardi tu ».
Mi cominciai a impaurire. Non credevo che fosse proprio matta, ma pensavo per forza che ci avesse qualche brutta intenzione. Guardai il coltello che teneva in mano.
Lei si mise a ridere.
« Quanto sei stupido! Che, hai paura che ti voglio ammazzare? » rise.
Non pareva isterica, ma non mi sentivo per niente sicuro. «Perché m'hai fatto levare le t[...]
[...]a sola, qualunque cosa, che mandasse via tutto il resto, che non desse tempo di sentire niente altro, che spazzasse via tutto... ».
« La grande passione » dissi.
« Che ci vuoi fare » disse. « Sono una povera puttana, no? ».
Si girò sul letto per schiacciare la sigaretta nel portacenere, sullo sgabello accanto a lei. Mi sorrise con un sorriso sforzato, sembrò che volesse cambiare argomento.
« Lo sai che sono abbastanza paurosa » disse. cc Non credi che potrei avere paura, qui dentro? ».
« Ma certo » dissi, « specialmente con quella porta aperta II in mezzo, senza nemmeno sapere che c'è sotto. Io credo che in tre anni ci diventerei un pazzo. Una volta... ».
Mi fermai di colpo, sbalordito.
« Ah...» dissi.
« Ah, questo » dissi.
Mia sorella mi guardava, aspettava che dicessi qualche cosa, che protestassi.
Mi alzai e cominciai a camminare per la cantina, guardando le scritte sulle casse dei viveri: «Army Ration C »; « Evaporated Milk »; « Safety Matches »; « Cocoa »; « Army Ration C »; « Army Ration C ».
LA PORTA 91
Due volte mi f[...]
[...]n C »; « Army Ration C ».
LA PORTA 91
Due volte mi fermai davanti alla porta e guardai in basso. Non si
vedeva niente, veniva un odore di muffa e fango.
Tornai da lei, mi sedetti sul letto.
« Così la grande passione era questa? » dissi. « La paura? Quello
che deve spazzare via tutto, ripulire tutto, é la paura? ».
« Non ho trovato altro » disse. « Io non ho saputo trovare altro ».
Mi prese una mano e la carezzava, poi la lasciò.
«Non credi che ce ne sia abbastanza di sopra, di paura? » dissi.
« Ma é sporca » disse. « È diversa. Quella che aspetto qui é un'altra ».
Lei aspettava la paura bianca, assoluta. Ce l'aveva già sulla pelle.
«Non so che dire » dissi. « Per il gusto mio é un po' forte. Mi sem
bra pure un po' inutile. Non capisco che cosa speri».
« Spero una cosa » disse. « Aspetto qualche cosa ».
« Ma che cosa? » dissi.
« Qualcuno » disse.
« Come? ».
« Aspetto qualcuno » disse.
« Ma tu mi vuoi fare diventare scemo » dissi. « Che é adesso que
sta novità? Chi aspetti? ».
« Oddìo » si lamentò, « non ti posso spie[...]
[...]ominciò a tremare, ma si calmò subito.
« Ho sognato uno » disse. « Che entrava uno ».
« Ma chi? » dissi.
« Uno...» disse. « Quello che... T'ho detto, prima, che aspettavo
qualcuno... Qualcuno che deve entrare...».
« Qualcuno che deve entrare da quella porta? » dissi.
(' Si » disse.
« Ma se là sotto è chiuso » dissi, « se è tutto chiuso. Non l'hai detto
tu che é chiuso? ».
« Si » disse.
« E allora, se é chiuso, chi deve venire! O forse credi che ci sia
già? È qualcuno che ci sta già, là sotto? ».
« Non so » disse. « Non credo che ci sia già ».
« Ma allora chi è? Come può venire? E un mostro? ».
« Si » disse. « Così. Più o meno. Sai, in tre anni, credo che mi
verrà una paura così grande... aspetterò così forte... che qualcuno dovrà
venire, anche se non c'è nessuno, adesso ».
« Uh » dissi baciandola, « scema! ».
« Cosi » dissi, « quando torno, ti trovo a letto con un orribile mo
stro, e magari madre di qualche mostricciattolo ».
Mi guardò ridendo.
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FRANCO LUCENTINI
« Tu sei sempre cosh » rise. « Con te non si[...]
[...]anni, che l'aspetto. Ma fuori non c'è tempo di starci a pensare, no? Fuori ci abbiamo il tempo di farci delle speranze, alte speranze, e allora si ricomincia, non succede niente. Non si arriva mai avanti abbastanza, fuori... Ci abbiamo sempre qualche bella pensata, qualche bella consolazione, e allora non ci abbiamo piú voglia abbastanza di uscire, eh? La porta resta chiusa ».
« Resta chiusa » ripeté. « Se c'è qualcuno, di lá, non entra ».
«Tu credi che c'é qualcuno, di lá? ».
« Credo... Non lo so » disse. « Ci può essere. Ci dovrebbe essere. Mi sento che ci dovrebbe essere. Un'uscita... ci dovrebbe essere. Se no... ». «Perché, se no? ».
« Ah, dio » disse, « se no... ».
«Se no? ».
« Ma é perché nessuno ci ha coraggio » strillò. « Perché nessuno... nemmeno tu. Se credete che non c'è nessuno, perché non ci andate a guardare? Tutto sarebbe meglio, no? Sempre meglio di questi porci, di questa porcheria. O no? ».
« Non lo so » dissi.
« Ma se c'è... » disse. «Può essere che non c'è, che tutto questo non si può rompere... Ma se si rompe..[...]
[...]con quelli? ».
« Perché? » disse. « Che ci hanno, quelli? ».
« Non sono come gli altri? » disse.
« Come gli altri? » dissi. « Come gli altri? Si. Si, ma...».
« Tu ci hai di meglio? » disse. « Conosci qualcuno meglio, da mandarmelo qua? ».
Volevo ancora rispondere, mi pareva che ci dovesse essere qualche cosa da rispondere, ma non c'era. C'era una cosa sola, forse ci avrei avuto ancora la faccia di dirla, ma lei lo disse prima.
« Che, tu ti credi... » disse. « Tu ti credi di essere meglio, tu? ». Cominciai a risalire per andarmene. Poi mi fermai, dissi:
« Non mi volere male » dissi. « Ti voglio bene. Adesso non ci ho la forza di dirti le altre case che ti volevo dire. Ci ho la febbre, mi sento male. Tornerò quando stare, meglio. Adesso ti volevo dire che io... si, hai ragione, non sono meglio, forse non sono meglio. Ma se ti ricordi come eri tu quando ti ho lasciata qui, quando aspettavi qualcuno da quella porta... Tu, allora, eri meglio. Aspettare che qualcuno entrasse di là sotto era da pazzi, forse era pure stupido, ma era sempre meglio di adesso, di come [...]
[...]uardava la porta del pozzo, in mezzo alla parete di fronte.
« Adriana » dissi, « amore mio, vieni via. Adesso non pensare più a... Non pensare a quello che avevi sperato. Non c'era niente da sperare, lo sapevi anche tu. Lo sapevamo già tutti che da quella porta non ci sarebbe entrato nessuno, mai ».
Con la bocca aperta, bagnata di latte agli angoli, mi stette a guardare fisso, un minuto.
« Ma tutti questi... » disse, « tutti questi... DA DOVE CREDI... TU... CHE SONO ENTRATI ? ».
Da un angolo della bocca il latte le rotolò sul mento, cadde sul grembiule macchiato.
FRANCO LUCENTINI