Brano: [...]re in coperta, e tutta la provvista, con la biancheria inzuppata di acqua salata, [era] impossibile mangiarsi, ma qualche marinaio ci venne in soccorso con qualche galletta. Arrivammo come Dio volle a Marsiglia alle ore diciannove e trenta con diverse ore di ritardo. Il vapore approdò quasi alla banchina, e nell'affacciarmi riconobbi, malgrado la modesta luce del gas che illuminava il porto, il povero papà che ad alta voce chiamai, e mi rispose. Credetemi, scrivo e sento il tremito di quella voce di circa cinquantacinque anni or sono. Però data l'ora tarda, non poteva aver luogo la visita sanitaria, ma una commissione di donne si recò dalle autorità, e con l'attenuante di aver fatto un disastroso viaggio, ottennero eccezionalmente, dopo una visita sommaria, di sbarcare.
L'incontro fra noi e il povero papà fu commoventissimo. Un piccolo carretto a mano ci aspettava per caricare le nostre masserizie e i nostri bagagli, consistenti di quattro materassi ottimi che la povera mamma prima di partire ebbe cura di rifare la lana, insieme ai cuscini, e[...]
[...]trade che non conoscevo ancora, ed il tratto abbastanza lungo. La posizione era questa. Fate conto che noi abitavamo come [a] S. Giovanni o Portici, e per espletare le commissioni dovevo andare verso Toledo, il Museo, Piazza dei Martiri. Avevo dal principale 4 soldi, oppure 8 soldi, quando vi era doppia corsa del tram con i cavalli, e quando ero diventato molto pratico e padrone della città, per risparmiare quei 4 o 8 soldi, la facevo a piedi, e credetemi non esagero, arrivavo prima del tram, che era a trazione animale.
Il mio principale era molto contento di me, e mi pagava lautamente, 3.80 per settimana, che dopo due mesi mi arrotondò la paga a lire 6 per settimana (in quell'epoca si pagava per settimana) e con i lucri delle mancie e l'economia dei tram, incominciavo a sentirmi un impiegato di concetto. Avevo finito di pagare il sarto e ordinai un altro vestito: ero diventato un giovanottino bello ed elegante (non mi tacciate di immodestia). Non vi nascondo, che seguitavo a fare qualche riparazione per arrotondare il bilancio domestico.
Al[...]
[...]nciai a vendere qualche poco di biancheria di tela nuova (che faceva parte del corredo di mia madre), né sapevamo a chi rivolgerci. L'unico parente che avevamo a Marsiglia si era diviso dalla moglie, e l'aveva obbligata imbarcarsi per l'Italia, e lui con due figlie se ne partì per Nev Jorch. Fu tale lo squallore, le mie piccole sorelle piangevano per i genitori ammalati a cui mancava il necessario. Qualche vicino ci soccorreva, ma non sufragava. Credetemi, non esagero, il 24 dicembre dell'anno 1889, vigilia di Natale, non fu acceso il fuoco. Il 25 dicembre, giorno di Natale, preso dalla disperazione, presi un coltello (non mancando raccomandare le sorelline di vigilare i genitori), presi una cesta ed andai in campagna, tagliando e raccogliendo della cicoria selvatica e altra verdura. Di corsa lo portai a casa, lo feci pulire e lavare dalla sorella Maria piú grande, e lo portai a vendere, ricavando una bella sommetta che comprai qualche cosa di somma urgenza per i genitori ammalati. Avevo avuto cura di portare a vendere tale verdura in altro ri[...]
[...]ttare due .matrimoni, uno di un ricco orefice di Gesualdo, e un altro in quell'epoca esattore di Montefusco, tutti e due ricchi, di buona famiglia, ma di pessimi precedenti giovanili. Lo zio Bocchino si alzò, e disse ai famigliari tutti: — Io per conto mio e ne assumo piena responsabilità, son del parere di dare in sposa mia nipote Vincenzina ad Angelo Muscetta, povero, come voi volete, ma ricco di esperienza, e sopratutto onesto lavoratore. — E credetemi (disse a loro) la nostra Vincenzina, non gli mancherà mai nulla —. A queste parole, tutti si pronunziarono consenzienti, e fu superata ogni cosa.
Lo zio Bocchino volle festeggiare il fidanzamento ufficiale, con un banchetto (che il compare Fusco non l'ha mai dimenticato) con dolci e vino rarissimo, brindando alla salute dei sposi, e che il destino crudele volle spezzarlo (come in seguito vi dirò) dopo solo undici anni di matrimonio.
Dopo il pranzo solenne, ci recammo in casa dello zio Canonico e zio Franceschiello, per salutarli e ringraziarli per il loro autorevole consenso, — e partimmo a[...]
[...]in un banchetto di lusso e signorilità, che mi pareva di sognare qualche pagina del libro di Mille e una notte. Non debbo nascondere la mia emozione, quando in quella stessa casa entravo da ragazzo a portare degli oggetti che mio padre gli vendeva in piazza, e che in cambio la signora Bocchino, zia in primo grado della sposa; mi porgeva per regalo della frutta e colazione, e quel giorno sedevo a mensa in qualità di futuro sposo al posto d'onore. Credetemi, nella vita ho subito delle umiliazioni, dei sacrifici, delle privazioni, del lavoro snervante, e perché no? della fame, cosa che non auguro al mio piú acerrimo nemico, ma in compenso ho avuto delle poche, ma belle soddisfazioni, che mi sono state di sprono a tutte le difficoltà che nel sentiero della mia vita ho sopportato con francescana rassegnazione.
Con la speranza che il giorno tanto desiato presto si avverasse, si era arrivato al 10 gennaio del 1899, giorno che si fissò la data del matrimonio per .i'1 9 febbraio 1899. Infatti tale giorno, di giovedì, S. Sabino, partimmo da Avellino co[...]
[...]a profusione.
Dopo tre giorni facemmo il nostro viaggio di nozze. Incredibile ma
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vero, con lire 25, dico venticinque in tasca, oltre il biglietto AvellinoNapoliSaviano (paese di mia madre) e ritorno, naturalmente ospite di parenti. Ero tanto felice nella mia miseria.
Tornai a casa, presi il mio posto di lavoro, e che lavoro. Nessuna umiliazione, ero padrone, cameriere, sguattero, facchino, venditore di acqua ai treni ecc.: credetemi, non esagero, dalle quattro del mattino a mezzanotte. L'unico conforto era mia moglie, che passato qualche mese incominciò a coadiuvarmi, acquistando pratica, e [a] stare al banco. Eravamo tanto felici, da invidiarci vicendevolmente.
Dimenticavo dire che mio zio Sabino nei primi tempi della gestione del buffet a me affidata, esercitava un'antica trattoria con giardino, e una camera con quattro letti per uso di albergo. Trattoria che per ventisei anni lavorava benino con i ferrovieri ed anche privati, e che poi si decisero lasciare, per esercitare insieme a me il buffet per economie di spese.[...]
[...]pesse volte per forza maggiore in cucina toccava lavare anche i piatti (perché delle volte in poche ore dovevano essere servite centinaia di persone). Io che servivo a tavola insieme ad una cameriera col sudare che mi colava sulla fronte, guardavo con umiliazione mia moglie Vincenzina, la quale, poveretta, a prescindere di essere di buona famiglia, non aveva in casa sua mai mossa una sedia da un punto all'altro, ed ora la vedevo lavare i piatti. Credetemi, non esagero, correvo nella latrina della ferrovia, e sfocavo a pianto tutta l'umiliazione: avrei voluto centuplicare il mio lavoro, pur di non assistere ad un simile spettacolo, eppure credetemi eravamo felici.
San costretto ripetere ancora una volta, che per il cuore di mio zio, le cose finanziarie andavano da male in peggio, si era arrivato al punto che tutti i fornitori non volevano farci più credito, centinaia di ferrovieri mangiavano e non pagavano, cambiali che andavano iñ protesto, interessi che si accumulavano, le banche ci chiudevano i sportelli, perché [sul] l'unica casetta vicino a1 Ponte dell'acquedotto di Serino, era ipotecata la dote di mia moglie; ed io vedevo aprire un baratro innanzi a me spaventoso.
Una mattina nel buffet mio zio Sabino con gli occhi fuori dell'or[...]
[...]za non me ne mancarono al buffet.
Fortuna, nella sfortuna, sognai un sogno, e siccome non ero stato mai amante del giuoco del lotto, giuocai quattro numeri, che non ricordo, e ne usci fuori un terno, che data la modesta giocata di 30 cen
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tesimi presi lire 275. Fu la mia salvezza: raggranellai il resto della somma, e riscattai ii pegno mettendo a posto l'oro prezioso, che avevo come un ladro prudentemente trafugato. Credetemi, non esagero, vi sono stati momenti molto umiliativi nella mia vita, ma in compenso la Provvidenza, mi ha dato come contropartita, delle grandi soddisfazioni, mi sono sempre forzato a mantenere quel prestigio che ad ogni uomo onesto s'impone, sobbarcandomi ad ogni specie di lavoro, pur di avere l'orgoglio, che col mio sudore, dovevo portare avanti la famiglia. Purtroppo però per tante difficoltà, avevo bisogno di essere coadiuvato da mia madre, dalle mie sorelle e dalla moglie: queste erano per me delle grandi umiliazioni, perché avrei voluto lavorare solo, ed avere la soddisfazione di dire: [...]
[...]rghese, con cappelli o berretti civili. Mi presentai a loro ,e dissi: — Questo è il momento di far denari, prendete i vostri strumenti, passate dal piazzale della ferrovia e entrate come suonatori ambulanti —. Al fuochista (che aveva la faccia della fa
(1) Ma non sono le bellezze, sono i modi che tu hai.
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me) gli diedi un piattino, e dopo pochi minuti entrarono chiedendo il permesso a mio zio Sabino proprietario, di suonare. Credetemi, fu un successone. Quando usci il fuochista col piattino, non lo dimentico mai, raccolse lire 41 che in quell'epoca era una forte somma. La buonanima di Vincenzina, mia moglie, e lo zio Sabino e zia Angelarosa, non potevano fare a meno di commentare le mie gioviali trovate. Quanta ero felice.
Nel gennaio del 1905 rimpatriarono dal Brasile il cognato di mio zio Sabino con la moglie e tre figli, e naturalmente si piazzarono in casa nostra a mangiare e dormire. Ne avevano il diritto, perché mio zio doveva a loro, se si era costruito la casa. Intanto il mio dubbio incominciava a rodermi il cerve[...]