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da Georg Lukacs, Inchiesta sull'arte e il comunismo. Introduzione agli scritti di estetica di Marx ed Engels in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 3 - 1 - numero 1

Brano: [...], soltanto un sogno. Il grande pensatore fu talmente assorbito, fino al giorno della sua morte, dalla sua opera economica fondamentale, che né questo progetto né quello di un libro su Hegel poterono essere attuati.
Perciò questo libro comprende in parte delle lettere e degli appunti desunti da colloqui e in parte singoli passi, estratti da libri di diverso contenuto, in cui Marx ed Engels hanno toccato le questioni principali della letteratura. Così stando le cose, é ovvio che la scelta e il raggruppamento di tali passi non risalgano agli autori stessi. I lettori tedeschi conoscono l'eccellente edizione curata dal Prof. M. Lifschitz (« Marx und Engels über Kunst und Literatur )), Verlag Bruno Henschel, Berlin).
La constatazione di questo fatto é però ben lungi dall'implicare che i frammenti qui raccolti non costituiscano un'unità orga nica e sistematica di pensiero. Solamente bisogna che prima ci intendiamo sull'indole di tale sistematicità, quale risulta dalle idee
(*) Ringraziamo l'editore Einaudi alla cui cortesia dobbiamo l'autoriz[...]

[...]uttura è un effetto causale, meccanico, dello sviluppo delle forze produttive. Invece il metodo dialettico ignora completamente siffatti rapporti. La dialettica con testa che esistano in qualche parte del mondo dei rapporti da causa ad effetto puramente univoci; anzi riconosce nei fatti più semplici la presenza di una complessa azione e reazione di cause ed effetti. E il materialismo storico afferma con particolare insistenza che, in un processo così multiforme e stratificato qual é l'evoluzione della società, il processo totale dello sviluppo storicosociale ha luogo dappertutto sotto forma di un complesso intrico di azioni e reazioni scambievoli. Solo con un metodo di questo genere è possibile anche soltanto affrontare il problema delle ideologie. Chi veda in esse i pro otto meccanico e passivo del processo economico che ne costituisce la base, colui non capirà nulla della loro essenza e del loro sviluppo e non rappresenterà il marxismo, bensì la caricatura del marxismo.
Così si esprime Engels riguardo a questa questione in una sua lett[...]

[...]lo sviluppo storicosociale ha luogo dappertutto sotto forma di un complesso intrico di azioni e reazioni scambievoli. Solo con un metodo di questo genere è possibile anche soltanto affrontare il problema delle ideologie. Chi veda in esse i pro otto meccanico e passivo del processo economico che ne costituisce la base, colui non capirà nulla della loro essenza e del loro sviluppo e non rappresenterà il marxismo, bensì la caricatura del marxismo.
Così si esprime Engels riguardo a questa questione in una sua lettera: <c Lo sviluppo politico, giuridico, religioso, letterario, artistico ecc. deriva da quello economico. Ma tutti reagiscono l'uno sull'altro e anche sulla base economica. Non é che la situazione economica sia la sola causa attiva e tutto U resto solo effetto passivo. Vi é invece un'azione reciproca sulla base della necessità economica che sempre si afferma in ultima istanza». /
Questo orientamento metodologico del marxismo ha l'effetto di attribuire all'enerz„ia creatrice, a11'attiviitì„ del: saggezo, una parte straordinariament[...]

[...]da circostanze oggettive, sia naturali che sociali — crea se stesso, trasforma se stesso in uomo. Tale concezione dell'evoluzione storica é mantenuta in tutta la filosofia marxista della società, quindi anche nell'estetica. Marx parla in un certo passo del fatto che la musica crea nell'uomo il senso musicale, e questa concezione fa anch'essa parte della concezione generale dello sviluppo sociale propria del marxismo. La questione qui accennata é così concretata da Marx:
Soltanto l'aggettivo dispiegarsi della ricchezza dell'essenza umana pile> in parte elaborare per la prima volta, in parte per la prima volta creare la ricchezza della sensibilità soggettiva umana: un orecchio musicale, un occhio atto a cogliere la bellezza della forma: insomma, dei sensi per la prima volta capaci di godimenti umani, dei sensi che si affermano come forze costitutive dell'uomo ». Tale concezione ha grande importanza non solo ai fini della comprensione del ruolo storicamente e socialmente attivo ciel soggetto, ma altresì per intendere come il marxismo veda i[...]

[...]ntali di sviluppo della letteratura. Ma va da sé che ogni evoluzione, presa in concreto, ha un suo carattere particolare; che la parallelità verificabile in due evoluzioni non deve mai essere generalizzata meccanicamente; che lo sviluppo di ogni sfera — nel quadro delle leggi che governano la società intera — hat il suo carattere peculiare, le leggi sue proprie.
Se ora vogliamo concretare anche soltanto approssimativamente il principio generale così ottenuto, approdiamo a uno dei più importanti principi della concezione marxista della storia. Nella storia delle ideologie il materialismo storico — anche qui in netta antitesi a ri arxismo volgare — riconosce che il loro sviluppo é ben lungi dall'andar di pari passo col progresso economico della società in forza di un meccanico e necessario parallelismo. Nella stana del comunismo primitivo e delle società classiste, su cui scrissero Marx ed Engels, non è affatto necessario che una società più progredita di un'altra dal punto di vista sociale abbia immancabilmente una letteratura, un'arte, u[...]

[...]e ideologie. Per esempio Engels illustra le considerazioni citate più sopra ricordando come la filosofia francese del Settecento e quella tedesca dell'Ottocento siano sorte in paesi completamente o relativamente arretrati, di modo che nel campo della filosofia la çiviltì.,, di uno di questi paesi poteva avere una funzione egemonica; mentre net campo—dëll'economia era rimasta assai addietro rispetto ai paesi clhcostanti. Tali constatazioni furoño così formulate da Engels: «Di qui il fatto che paesi economicamente arretrati possono tuttavia suonare il violino di spalla in filosofia: così la Francia nel XVIII secolo rispetto all'Inghilterra, sulla cui filosofia i francesi si fondavano, e più tardi la Germania rispetto ad entrambe ».
Marx formula questo pensiero applicandolo di principio alla letteratura, e in modo se possibile ancora più netto e reciso. Egli dice: o In arte è noto ché determinate epoche di fioritura non stana affatto in r_ apporto con lo sviluppo generale della società, quindi anche con la base materiale, con l'ossatura, per così dire,
G. LUKÁCS INTRODUZIONE AGLI SCRITTI DI MARX ED ENGELS 37
della sua organizzazione. P. es. i Greci confrontati coi moderni,[...]

[...]l XVIII secolo rispetto all'Inghilterra, sulla cui filosofia i francesi si fondavano, e più tardi la Germania rispetto ad entrambe ».
Marx formula questo pensiero applicandolo di principio alla letteratura, e in modo se possibile ancora più netto e reciso. Egli dice: o In arte è noto ché determinate epoche di fioritura non stana affatto in r_ apporto con lo sviluppo generale della società, quindi anche con la base materiale, con l'ossatura, per così dire,
G. LUKÁCS INTRODUZIONE AGLI SCRITTI DI MARX ED ENGELS 37
della sua organizzazione. P. es. i Greci confrontati coi moderni, o anche Shakespeare. Di certe forme d'arte, p. es. dell'epos, si riconosce addirittura che non possono mai essere prodotte nella loro forma classica, che definisce un'epoca del mondo, non appena inizia la produzione artistica come tale; si riconosce dunque che nell'ambito dell'arte stessa certe notevoli cre zioni sono possibili soltanto allo stadio di un insufficiente sviluppo artistico. Se questo avviene nel rapporto tra le diverse forme artistiche nell'ambito d[...]

[...]erso la sviluppo generale della società».
Questa concezione della sviluppo storica esclude nei veri marxisti ogni schematizzazione, ogni ricorso ad analogie o a par ralleli meccanici. Come il principio dell'ineguaglianza di sviluppo si manifesti in un campo e in un periodo qualsiasi della storia delle ideologie, é questione storica concreta cui il marxista può rispondere solo in base a una concreta analisi della situazione concreta. Perció Marx così conclude il ragionamento precedente: <E La difficoltà sta soltanto nella formulazione generale di tali contraddizioni. Non appena vengono specificate, sono già risolte ».
Marx ed Engels si difesero per tutta la vita contra il semplicismo volgarizzatore dei loro cosiddetti discepoli, i quali volevano sostituire alla studio concreto del processo storico concreto una concezione storica fondata su deduzioni e analogie puramente. costruite, e soppiantare i rapporti complessi e concreti della dialettica con dei rapporti meccanici. Un'eccellente applicazione di questo metodo si trova nella lettera di Engels a Paul Ernst, in cui il prima prende apertamente posizione contra il tentativo del secondo di definire il carattere t< piccoloborghese» di Ibsen sulla scorta del concetto generale di « piccolo borghese », che egli costruisce per analogia con il piccolo borgh[...]

[...]ese », che egli costruisce per analogia con il piccolo borghese tedesco, invece di rifarsi alle peculiarità concrete della situazione norvegese.
Le indagini storiche di Marx ed Engels nel campo dell'arte e della letteratura si estendono allo sviluppo generale della società umana. Ma non diversamente da quanta accade nel tentativo di definire scientificamente lo sviluppo economico e le lotte sociali,
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così anche qui il loro principale interesse si rivolge a conoscere ed elaborare i tratti più essenziali dell'epoca attuale, dello sviluppo moderno. Se ora esaminiamo sotto questo rispetto il modo marxista di considerare la letteratura, vediamo ancora più chiaramente quanto importante sia la funzione che spetta al principio dell'ineguaglianza di sviluppo net definire la peculiarità di un periodo qualsiasi. Nell'evoluzione delle società divise in classi il modo capitalista di produzione é indubbiamente lo stadio economicamente più elevato. Ma per Marx è altrettanto indubbio che questo modo di produz[...]

[...] letteratura e di ogni arte vera; né basta, perché siano chiamate umanistiche, che esse studino con passione l'uomo, la vera essenza della sostanza umana, ma devono contemporaneamente difendere l'integrità dell'uomo contro tutte le tendenze che la intaccane, la umiliano, la deformano. E poiché tutte queste tendenze (innanzi tutto naturalmente l'oppressione e lá st ruttamento dell'uomo da parte dell'uomo) non assumono in nessuna società una forma cosí inumana come nella società capitalistica, proprio a_ causa del loro carattere reificato e quindi ap arentemente o ettivo ogii vero artista o scrittore
è un avv r rio is' o mazions del principio uma
nistico, indipendentemente dal grado di consapevolezza con cui si rende conto di tutto cid.
Ripetiamo che è ovviamente impossibile discutere ampiamente il problema in questo luogo. Marx mette in evidenza questa azione antiumana del denaro, tale da alterare e deformare l'essenza dell'uomo, partendo dall'analisi di alcuni passi di Goethe e di Shakespeare.
« Shakespeare pone in evidenza soprattutt[...]

[...] le mosse dalla formazione e dallo sviluppo della letteratura, sta passando quasi insensibilmente a investire dei problemi estetici in senso stretto. Con ciò siamo giunti a toccare il secondo complesso _di problemi della concezione marxista nell'arte. Marx considera estremameite"importante l'indagine delle premesse storiche e sociali della formazione e dello sviluppo della letteratura; ma non sostiene mai che le questioni che la concernono siano così neanche lontanamente esaurite. « Ma la difficoltà non consiste nel capire che l'arte e l'epica greca sono legate a certe forme di sviluppo sociale. La difficoltà è quella che esse continuano a suscitare in noi un godimento artistico e a valere sotto certi aspetti come norma e modello ineguagliabile».
La risposta di Marx alla domanda che egli stesso si pone ha di nuovo un carattere storicocontenutistico. Egli addita il rapporto intercorrente tra il mondo greca, in quanto «infanzia normale dell'umanità », e la vita spirituale, di uomini nati tanto più tardi. Tuttavia la questione non la ricond[...]

[...]e la vita spirituale, di uomini nati tanto più tardi. Tuttavia la questione non la riconduce indietro al problema dell'origine della società, bensì lo stimola a formulare i principi fondamentali dell'estetica, sempre non in modo formalistico, ma in un ampio orizzonte dialettico. Infatti la risposta data da Marx solleva due grandi complessi di problemi cancernenti l'essenza estetica di ogni opera d'arte, di ogni epoca: che cosa significa il mondo così rappresentato dal punto di vista dell'evoluzione dell'umanità? E in che modo l'artista rappresenta; nel quadro di questa evoluzione, uno dei suoi stadi?
La via che conduce alla questione della forma artistica deve passare di qui. Tale questione può naturalmente essere impostata e risolta solo in stretta connessione coi principi generali del materialismo dialettico. Una tesi fondamentale del materialismo dialettico afferma che ogni presa di coscienza del mondo esterno non è altro che il riflesso della realtà, esistente indipendentemente dalla coscienza, nei pensieri, nelle rappresentazioni, s[...]

[...] altro falso estremo, e cioè quella concezione la quale, muovendo dal concetto che ci si deve astenere dal copiare pedissequamente la realtà e che le forme artistiche sono indipendenti da questa realtà superficiale, arriva al punto di attribuire nella teoria e nella prassi all'arte è alle forme artistiche una indipendenza assoluta: di considerare come fine a se stessa la perfezione delle forme e quindi la ricerca di tale perfezione, prescindendo così dalla realtà, fingendo di essere indipendenti da essa e arrogandosi il diritto di trasformarla e stilizzarla a piacere. In questa lotta il marxismo continua e sviluppa le opinioni che i veri grandi della letteratura universale hanno sempre nutrito a proposito dell'essenza dell'arte vera: opinioni per cui il compito dell'arte é la rappresentazione veritiera e fedele della realtà nella sua totalità e l'arte é altrettanto distante dalla copia fotografica quanta dal giocherellare, così vacuo in ultima istanza, con le forme astratte.
Tale concezione dell'essenza dell'arte solleva un problema cent[...]

[...] indipendenti da essa e arrogandosi il diritto di trasformarla e stilizzarla a piacere. In questa lotta il marxismo continua e sviluppa le opinioni che i veri grandi della letteratura universale hanno sempre nutrito a proposito dell'essenza dell'arte vera: opinioni per cui il compito dell'arte é la rappresentazione veritiera e fedele della realtà nella sua totalità e l'arte é altrettanto distante dalla copia fotografica quanta dal giocherellare, così vacuo in ultima istanza, con le forme astratte.
Tale concezione dell'essenza dell'arte solleva un problema centrale della gnoseologia del materialismo dialettico: quello dei rapporti tra fenomeno ed essenza. E un problema di cui i1 pensiero borghese, e quindi l'estetica borghese, non hanno mai potuto venire a capo. Ogni teoria e prassi naturalistica collega apparenza ed essenza in modo meccanico, antidialettico, e in questo torbido miscuglio é necessariamente l'essenza che viene messa in ombra, o addirittura scompare del tutto nella maggioranza dei casi. La filosofia idealistica dell'arte e [...]

[...]leggi determinate, benché cangino a seconda del mutare delle circostanze. Questa dialettica pervade l'intera realtà, di modo che sotto tale rapporto apparenza e realtà si relativizzano nuovamente: ciò che si contrapponeva come essenza all'apparenza quando noi scavavamo in profondità partendo dalla superficie dell'esperienza immediata,, figurerà dopo indagini ancora più approfondite come apparenza, dietro a cui sorge un'altra e diversa essenza. E così all'infinito.
L'arte vera aspira quindi alla massima profondità e comprensione, a cogliere la realtà nella sua più estensiva totalità. Cioè essa indaga, penetrando il più possibile in profondità, quei momenti essenziali celati dietro la superficie, ma non li rappresenta in mo do astratto, bensì raffigura proprio quel vivo processo dialettico per cui I'essenza trapassa ° in fenomeno, si ,rivela nel „enomeno, nonché quell'aspetto dello stesso Processo per cui il fenomeno tradisce nella sua mobilità la sua propria essenza. D'altro canto questi singoli momenti non soltanto contengono in sé un mo[...]

[...]di definire il vero realismo. Engels scrive: t< Realismo significa a parer mio, oltre alla fedeltà dei particolari, il riprodurre fedelmente dei caratteri tipici in circostanze tipiche ». Ma Engels indica altresì che non é affatto lecito contrapporre tale tipicità all'unicità dei fenomeni, facendone un'astratta generalizzazione: «... ognuno é un tipo, ma al contempo anche un individuo determinato, un `questo', come si esprime il vecchio Hegel, e così deve essere ».
Dunque i ti..... = ser Marx ed Engels il tipo astratto della tragedia classica; n il ` personaggio schilleriano nella sua genericità idealizzante; ma tanto meno é quello che ne hanno fatto la letteratura e la teoria letteraria di Zola e dei suoi successori: la media. Il tipo viene caratterizzato dal fatto che in esso conver
go si intrecciano in vivente, contradditoria unità tutti i tratti
salienti di quella unità dinamica in cui la vera letteratura rispecchia la vita; tutte le contraddizioni più importanti, sociali e morali e psicologiche, di un'epoca. Invece la rappresentaz[...]

[...]contradditoria unità tutti i tratti
salienti di quella unità dinamica in cui la vera letteratura rispecchia la vita; tutte le contraddizioni più importanti, sociali e morali e psicologiche, di un'epoca. Invece la rappresentazione della media fà si che tali contraddizioni, che sono sempre il riflesso dei grandi problemi di un'epoca qualsiasi, appaiano necessariamente indebolite e smussate nell'animo e nelle vicende di un uomo mediocre, e perdano così proprio i loro tratti essenziali. Nella raffigurazione del tipo, nell'arte tipica, si fondono la concretezza e la norma, l'elemento umano eterno e quello storicamente determinato, l'individualità e l'universalità sociale. Perciò nella creazione
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di tipi, nella presentazione di caratteri e di situazioni tipiche, le più importanti tendenze dell'evoluzione sociale ricevono un'adeguata espressione artistica.
A queste osservazioni d'indole generale dobbiamo farne seguire un'altra. Marx ed Engels scorgevano in Shakespeare e Balzac (di fron[...]

[...]aturalistici quando non vi appaiano le forze motrici essenziali, ritiene naturalissimo che le novelle fantastiche di Hoffmann e Balzac rappresentino delle vette della letteratura realistica perché in esse, proprio in grazia del / l'esposizione fantastica, questi elementi essenziali sono messi in J' risalto. La concezione marxista del realismo afferma che l'arte deve rendere sensibile l'essenza. Non a caso é proprio il concetto del tipo a mettere così chiaramente in risalto questa peculiarità dell'estetica marxista. Da una parte il tipo permette una soluzione
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della dialettica tra essenza e fenomeno propria dell'arte e inesir stente in ogni altro campo, e dall'altra esso rimanda al contempo a quel processo storicosociale di cui la miglior arte realistica costituisce il fedele riflesso. Questa definizione marxista del realismo continua quella linea che grandi maestri del realismo, come Fielding, rivendicavano alla loro prassi artistica: essi si davano l'appellativo di storiografi della vita borghese, d[...]

[...]del realismo, come Fielding, rivendicavano alla loro prassi artistica: essi si davano l'appellativo di storiografi della vita borghese, della vita privata. Ma Marx approfondisce ulteriormente il rapporto della grande arte realista con la realtà storica e apprezza i risultati, ottenuti dai grandi realisti maggiormente di quanta essi stessi non facessero. In un colloquio con suo genero, l'eminente scrittore socialista fran cese Paul Lafargue, Marx così si esprime riguardo a tale funzione di Balzac: «Balzac non fu soltanto lo storiografo della società del suo tempo, ma anche il profetico creatore di figure che sotto Luigi Filippo si trovavano ancora allo stato embrionale ed ebbero a svilupparsi completamente solo dopo la sua morte, sotto Napoleone III».
Tutte queste istanze rivelano la risoluta e radicale oggettività dell'estetica marxista. Secondo tale concezione il tratto dominante dei grandi realisti é dunque il tentativo appassionato e senza riserve di abbracciare e di rendere la realtà così come essa é oggettivamente nella sua essenza.[...]

[...] del suo tempo, ma anche il profetico creatore di figure che sotto Luigi Filippo si trovavano ancora allo stato embrionale ed ebbero a svilupparsi completamente solo dopo la sua morte, sotto Napoleone III».
Tutte queste istanze rivelano la risoluta e radicale oggettività dell'estetica marxista. Secondo tale concezione il tratto dominante dei grandi realisti é dunque il tentativo appassionato e senza riserve di abbracciare e di rendere la realtà così come essa é oggettivamente nella sua essenza. Circolano a questo proposito numerosi equivoci sull'estetica marxista. Si suol dire che essa sattavaluta la parte del soggetto e l'efficacia del fattore artistico soggettivo nella creazione delle opere d'arte. Si suole confondere Marx con quei volgarizzatori che restano impacciati nelle teorie naturalistiche e gabellano per marxismo l'oggettivismo falso e meccanico di tali teorie. Ebbene: abbiamo visto che uno dei problemi centrali della concezione marxista del mondo é la dialettica di apparenza ed essenza, il ritrovare ed enucleare l'essenza nell[...]

[...]ata. Se dunque l'estetica marxista identifica il valore più gran de dell'attività creatrice del soggetto artistico nel fatto che questi assume nelle sue opere il processo sociale universale e lo rende sensibilmente, sperimentalmente accessibile; e che in tali opere si cristallizza l'autocoscienza, il risveglio alla coscienza dello sviluppo sociale: ciò non implica una sottovalutazione dell'attività del soggetto artistico, ma anzi una valutazione così alta come mai non vi fu.
Anche qui, come dappertutto, il marxismo non si presenta atteggiandosi a qualche cosa di radicalmente nuovo. Il problema era già sfiorato nell'estetica di Platone e nella sua dottrina dell'imitazione estetica delle idee. Ma anche qui il marxismo rimette in piedi la verità che i grandi idealisti avevano messo sulla testa. Da un lato non ammette, come abbiamo visto, la contrapposizione antitetica di fenomeno ed apparenza, bensì cerca l'essenza nel f enomeno e il fenomeno nella sua relazione organica con l'essenza. D'altra parte quello di cogliere esteticamente l'essenz[...]

[...]randi problemi della vita e dell'arte. Non esiste grande artista nella cui rappresentazione della realtà non si esprimano al contempo anche le sue opinioni, le aspirazioni e i desideri nostalgici. Forse che tale constatazione non contraddice la nostra precedente definizione, per cui l'essenza dell'estetica marxista é l'oggettività?
Crediamo di no. E per pater sciogliere questa contraddizione dobbiamo accennare in breve alla questione della cosiddetta arte,. a tesi e spiegare quale sia l'interpretazione che ne dà il marxis io equáTi i suoi rapporti con l'estetica marxista. Che cosa è la tesi? In un senso superficiale é qualsiasi tendenza politica o sociale dell'artista che questi intende dimostrare, diffondere e illustrare con la sua opera d'arte. E interessante e caratteristico che Marx ed Engels si esprimano sempre con ironia a proposito di tali costruzioni artificiose, ovunque se ne parli. Irònia che si fà particolarmente feroce là dove lo scrittore, onde dimostrare la verità di una proposizione o di un orientamento qualsiasi, rec[...]

[...]rovina. Ma nonostante tutto ciò la sua satira non é mai più aspra né la sua ironia più amara di quando egli mette
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in moto proprio quegli uomini e quelle donne con cui profondamente simpatizza: gli aristocratici. Mentre al contrario egli rappresenta i suoi avversari politici, i rivoltosi repubblicani, come gli unici veri eroi del tempo ». Le conseguenze ultime di tale contraddizione sono così riassunte da Engels: «Il fatto che Balzac sia stato costretto ad agire contro le sue proprie simpatie di classe e contro i propri pregiudizi politici; che egli abbia visto l'inevitabilità della fine dei suoi cari aristocratici e abbia rappresentati come uomini che non meritavano un destino migliore; che egli abbia vista i veri uomini dell'avvenire là dove soltanto si potevano trovare in quel tempo, — questo io lo considero come uno dei più grandi trionfi del realismo e come una delle massime qualità del vecchio Balzac ».
E forse accaduto un miracolo: la rivelazione di una miste riosa geniali[...]

[...]« irrazionale », che ha infranto la prigione delle concezioni politiche che la coartavano? No. Quel che è qui dimostrato dall'analisi di Engels è sostanzialmente un fatto semplice e chiaro, il cui vero significato è stato per?) per la prima volta scoperto e analizzato da lui e da Marx. Si tratta qui innanzitutto dell'onestà estetica, incorruttibile e spoglia di ogni vanità, degli scrittori e degli artisti vera mente grandi. Per costoro la realtà così come essa è, così come Si è loro rivelata nella sua essenza in seguito a faticose e profonde indagini, si antepone a tutti i loro desideri più cari, più intimi, più personali. L'onestà `propria del grande artista consisté appunt6 ciel tatto che, appena l'evoluzione di un personaggio viene a contraddire le concezioni illusorie per amor delle quali esso si era formato nella fantasia dello scrittore, questi lascia che il personaggio in questione si evolva liberamente fino alle conseguenze estreme, senza minimamente curarsi che i suoi più profondi convincimenti svaniscano così in fumo, perché sono in contraddizion[...]

[...]loro desideri più cari, più intimi, più personali. L'onestà `propria del grande artista consisté appunt6 ciel tatto che, appena l'evoluzione di un personaggio viene a contraddire le concezioni illusorie per amor delle quali esso si era formato nella fantasia dello scrittore, questi lascia che il personaggio in questione si evolva liberamente fino alle conseguenze estreme, senza minimamente curarsi che i suoi più profondi convincimenti svaniscano così in fumo, perché sono in contraddizione con la vera e profonda dialettica della realtà. Tale è l'onesta che possiamo constatare e studiare in Cervantes, Balzac, Tolstoi.
Tuttavia questa onestà ha anche un suo contenuto concreto. Basta confrontare, per accorgersene, il legittimismo di Balzac con quello di uno scrittore come Bourget, per esempio. Bourget muo
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ve veramente guerra al progresso e vuole sottoporre la Francia repubblicana al giogo della vecchia reazione. Egli utilizza le contraddizioni e il carattere problematico della vita moderna per esaltare[...]

[...]magine del mondo proprio del Balzac creatore si avvicina straordinariamente al quadro satirico della società capitalista in formazione disegnato dal suo grande contemporaneo Fourier.
Il trionfo del realismo significa, in questa versione che ne dà il marxismo, una completa rottura con quella concezione volgare della letteratura e dell'arte che deriva meccanicamente il valore dell'opera letteraria dalle concezioni politiche dello scrittore, dalla cosiddetta psicologia di classe. Il metodo marxista qui indicato é
i
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adattissimo a spiegare i fenomeni letterari piú complessi, ma solo a patto di maneggiarlo concretamente, con vero spirito storicistico,
con accortezza estetica e sociale. Chi si illude di trovarvi uno sche
ma applicabile a qualsiasi fenomeno letterario dà un'interpretazione dei classici del marxismo altrettanto sbagliata quanto quella
dei marxisti volgari di vecchio stile. Perché non resti più nessun equivoco a proposito di questo metodo ripetiamo ancora una vol ta: [...]

[...]ls né che l'ideologia apertamente proclamata dallo scrittore sia indifferente per il marxismo, né che ogni creazione di ogni scrittore, non appena si distacchi dall'ideologia apertamente proclamata, implichi il trionfo del realismo. Questa ha luogo solo quando gli artisti realisti veramente grandi intrattengono un rapporta serio e profondo, an che se non riconosciuto consapevolmente, con una qualsiasi ten denza progressiva dell'evoluzione umana. Così come dal punto di vista marxista é inammissibile elevare sul piedestallo dei classici degli scrittori cattivi o mediocri in grazia delle loro convinzioni politiche, altrettanto inammissibile sarebbe il voler riabilitare in base a questa formulazione engelsiana degli scrittori piú o meno compiuti artisticamente ma reazionari del tutto o in parte.
Non a caso abbiamo parlato, a proposito di Balzac, della salvaguardia dell'integrità umana. Nella maggior parte dei grandi realisti é questa che dà l'impulso a raffigurare il mondo reale, benché con caratteri ed accenti assai diversi a seconda del pe[...]

[...]l'estraniazione pura e semplice di tutti questi sensi: il senso dell'avere. A questa assoluta povertà doveva ridursi l'essere umano per poter nuovamente partorire da sé la sua intima ricchezza...
La soppressione della proprietà privata é quindi la completa emancipazione di tutti i sensi e di tutte le qualità umane; ma é questa emancipazione proprio in quanto questi sensi e qualità sono diventati umani, sia soggettivamente che oggettivamente ».
Così l'umanismo socialista viene ad inserirsi al centro dell'estetica marxista, della concezione materialistica della storia. Di contro ai pregiudizi borghesi, che ricevono un potente soccorso dalla 'rozza e antidialettica concezione della società propria del marxismo volgare, occorre sottolineare che questa concezione materialistica, la quale penetra dappertutto fino alle radici profon, damente nascoste nel terreno, non nega affatto la bellezza estetica dei fiori. Al contrario é proprio la concezione materialistica della storia, l'estetica marxista, ed essa soltanto, ad offrirci i mezzi onde comp[...]



da Roberto Guiducci, Pamphlet sul disgelo e sulla cultura di sinistra in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1955 - 11 - 1 - numero 17

Brano: [...]umature delle varie posizioni sui criteri e sui modi del lavoro da compiere sono estremamente numerose e complesse, anche perché legate a problemi particolari, ad angoli di prospettiva derivanti dalle condizioni e dai caratteri della propria attività specifica.
Senza dubbio però un elemento piuttosto diffuso e comune a molti é la larghezza dell'interpretazione del disgelo, presentato a nostro avviso troppo spesso a maglie eccessivamente larghe. Così accade che la resistenza effettuata fino a poco tempo fa a questo stesso tipo di problemi, alle volte si rovesci all'improvviso nell'estremo opposto: si dà per scontata la questione del rinnovamento della cultura di sinistra ed in sostanza si afferma che le possibilità sono a portata di mano, che é, se mai, la lentezza degli intellettuali a non afferrarle.
Ma se si chiarisce con esattezza che la funzione dell'organizzazione della cultura di sinistra é quella di essere a servizio della base, di co
PAMPHLET SUL DISGFL() E SULLA CULTURA DI SINISTRA 85
glierne gli sforzi di rinnovamento potenz[...]

[...]he sono poi tutti vecchi discorsi conservativi e giustificativi. E ben pochi intellettuali alla fine (ma esistono) sono disposti a cominciare a riconoscere a se stessi che se il lavoro di rinnovamento ideologico non é stato effettuato fino ad oggi che in misura molto modesta é anche perché molti uomini di cultura di sinistra, rimanendo ancora chiusi nell'atomismo tipico della tradizione borghese, non hanno saputo affrontarlo con strumenti nuovi. Cosicché essendo la loro attività rimasta (malgrado l'acquisizione di un metodo nuovo di ricerca, quello marxista) nonostante tutto astratta, e quindi relativamente sradicata ed inefficace, gli organi culturali di sinistra si sono trovati di conseguenza in posizione di inferiorità oggettiva nei confronti degli organi politici, attivi e mordenti nella realtà sociale.
Insomma, che la cultura di sinistra sia stata e sia relativamente inefficace tutti son pronti a dirlo (anche perché i fatti sono sufficientemente evidenti), ma ad approfondire cause precise e tracciare prospettive rigorose si é ancora[...]

[...]d inefficace, gli organi culturali di sinistra si sono trovati di conseguenza in posizione di inferiorità oggettiva nei confronti degli organi politici, attivi e mordenti nella realtà sociale.
Insomma, che la cultura di sinistra sia stata e sia relativamente inefficace tutti son pronti a dirlo (anche perché i fatti sono sufficientemente evidenti), ma ad approfondire cause precise e tracciare prospettive rigorose si é ancora assai poco inclini.
Così il disgelo rischia di confondere e slabbrare una situazione tormentata, anziché risolverla a fondo; e non possiamo nascondere una certa preoccupazione proprio quando sentiamo affermare che, se è vero che la cultura di sinistra era ben al di sotto delle necessità della lotta, la risoluzione del problema è ormai estremamente facile e, nella nuova e più duttile situazione, consiste semplicemente nell'impegno degli intellettuali stessi, che si mettano finalmente a lavorare sul serio, che occupino il loro posto, che esplichino finalmente e con concretezza il loro compito, ottenendo così i risultat[...]

[...]a preoccupazione proprio quando sentiamo affermare che, se è vero che la cultura di sinistra era ben al di sotto delle necessità della lotta, la risoluzione del problema è ormai estremamente facile e, nella nuova e più duttile situazione, consiste semplicemente nell'impegno degli intellettuali stessi, che si mettano finalmente a lavorare sul serio, che occupino il loro posto, che esplichino finalmente e con concretezza il loro compito, ottenendo così i risultati necessari.
Senza prendere qui le difese degli intellettuali (difesa che su piano generale non avrebbe neppure senso) e ricordando francamente i loro, (i nostri) torti, vorremmo solo obbiettare, anche a costo di passare per cacciatori di complicazioni, che la soluzione non pile, essere né così semplice né così facile. Né essere immediato e spontaneo atto quantitativo di buona volontà, né frutto passivo del disgelo (condizione se mai più
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favorevole, non, di per sé, raggiungimento di risultati). In breve, se in questi mesi si è aperta una nuova situazione politica, non pensiamo che la risoluzione del problema della cultura di sinistra ne possa costituire un semplice ed automatico corollario.
E questo perché, come vedremo, il problema non è di allargare o sbloccare qualcosa che già esiste, ma di costruire pazientemente dalle radici qualcosa di diverso.
Se facessimo rapidamente [...]

[...]pondenza totali della cultura alla loro politica. Ma non consentendo il formarsi di un luogo collettivo, specifico ed organizzato e quindi munito d'autorità, dove potesse svilupparsi la ricerca originale e spregiudicata, e di conseguenza la critica, essi hanno però favorito di fatto l'atteggiamento individualistico e l'apporto singolo, con ciò perpetuando proprio quei vizi tipici degli intellettuali, come l'atomismo e l'accademismo, che venivano così a sublimarsi in ben apprezzate e del resto comode virtù.
Ognuno di noi sa le pietose istorie degli abbecedari realistici, degli erbari lysenkiani, della « tsitatcina » o citomania dei classici, ecc.
E certamente non accenniamo qui a, questa parte negativa per riportare a galla penose situazioni che riteniamo chiaramente abbandonate (2), ma per rendere esplicito come da un determinato tipo di orga
di tutti gli interventi a tutti i livelli, così per cultura marxista non s'intende solo l'aspetto dell'alta cultura, ma anche quello delle competenze specifiche e particolari a qualsiasi livello, come andremo più avanti meglio chiarendo.
L'accento del discorso cade sugli intellettuali solo e proprio in quanto strumenti responsabili di elaborazione della cultura, come i dirigenti di partito lo sono per l'elaborazione della politica, senza con ciò naturalmente negare la possibilità della compresenza delle due responsabilità quando questo positivamente accada.
(2) L'analisi di questi fatti va tuttavia, a nostro avviso, francamente effettuat[...]

[...]indispensabile l'aggiornamento storiografico su piano strettamente scientifico. E del resto solo in questa sede e con questo metodo che anche dagli errori si può cavare dialetticamente il succo dell'esperienza. E poiché i due piani (verso l'esterno, verso l'interno) dovranno essere probabilmente spesso distinti fra loro, non è detto che I'articolazione fra politica e cultura non possa giovare anche a rendere più semplice la risoluzione di questo così complesso problema.
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PAMPHLET SUL DISGELO E SULLA CULTURA DI SINISTRA
del Partito, la sua omogeneizzazione, la sua solida organizzazione, un ruolo giocato su piano internazionale. Essi avevano effettivamente sfruttata fino in fondo, diremmo all'ultima goccia, la forza ideologica che veniva dalla trádizione marxista. Ma avevano supposto un avversario pressoché immutabile e statico, anzi in continua involuzione, alla vigilia di una crisi. Improvvisamente se ne trovarono davanti uno diverso e rafforzato. Cioè anche una realtà economicosociale nuova da studiare e da capire, da riafferrare [...]

[...]mento delle speranze da un punto di soluzione radicale, il distendersi della tensione immediata, urgente, intransigente.
La borghesia ottusa morde il freno e sente freddo proprio ora, nel disgelo, e vorrebbe continuare la calda corsa che aveva cominciato cosl bene nella notte neomedioevale. Ma la borghesia intelligente si prepara a mettere ventimila lire nella prossima busta paga e l'operaio che le prende senza nausea è per il momento perduto.
Così mi pare valga la pena di ripetere che il disgelo è un momenta difficile della lotta, non una tregua. Ognuno di noi vede come la sinistra occidentale potrebbe uscirne anche silenziosamente ed insensibil mente sconfitta.
Mai come ora appare una posizione astratta il mito del proletariato in quanto tale, come osso non frantumabile della storia, come Spirito hegeliano rovesciato e conficcato nella terra. Qui il lavoro degli intellettuali si rivela appunto decisivo. Mentre per i politici una parte non indifferente del loro compito si delinea nel tenere diplomaticamente la situazione ed anche, per[...]

[...]del licenziamento ha lo spessore facile e sottile di un foglio di carta che può arrivare con ogni giro di posta. Krusciov beve con Tito, beve con Eisenhower. Krusciov beve. E la pace. Il pericolo della bomba atomica si fa lontano, piccolo. Togliendo una certa vite alla bomba atomica e mettendone un'altra si può andare a cavallo nella Luna. Chi arriverà prima? I sovietici o gli americani? Ma forse non ha ormai importanza. Andranno forse insieme?
Così le ideologie si disfanno e si fanno cronaca, e nel cuore scettico cresce lunga l'erba dell'opportunismo. Ognuno crede di giocare l'avversario nel tempo. Ma l'uomo alienato non ha pace nella pace. Chi muore di fame si vede rovesciata mostruosamente la garanzia della sopravvivenza biologica.
A questo livello l'ideologia torna vera. È la speranza. È ciò che fa dell'uomo alienato un uomo, malgrado tutto e subito, totale. È a questa base che occorre arrivare. Qui l'intransigenza conta, ed i « massimi morali u sono il minimo indispensabile per vivere, per non scadere a Lumpenproletariat. Qui polit[...]

[...]ovesciata mostruosamente la garanzia della sopravvivenza biologica.
A questo livello l'ideologia torna vera. È la speranza. È ciò che fa dell'uomo alienato un uomo, malgrado tutto e subito, totale. È a questa base che occorre arrivare. Qui l'intransigenza conta, ed i « massimi morali u sono il minimo indispensabile per vivere, per non scadere a Lumpenproletariat. Qui politica e cultura sono organici, sono dentro l'uomo. Il loro senso é uguale e così il loro peso. Qui la rivoluzione ed i suoi principi primi hanno le loro radici.
Solo risalendo di qui (e molto) ritroviamo il gioco della tattica e la rarefazione della cultura. Che cosa riportare a questa base nel viaggio di ritorno? Può essa continuare ad essere il mito giustificativo delle nostre abilità diplomatiche? L'ultimo uomo che muore di fame é diventato la coscienza di tutti, ha la responsabilità del futuro, é la garanzia del moto in avanti della storia? E se la storia divagasse in lui? Se perdessimo il suo grido ?
In realtà abbiamo ancora ben poco da riportargli nel viaggio di r[...]

[...]erano in. ultima analisi dei premi a Stalin.
A questo punto occorre decidere: se la cultura di Lenin, di Stalin, di Togliatti ecc., anche valutandola, senza dubbio alcuno, essenziale, fosse in realtà tutta la cultura marxista, allora per rinnovare la cultura dovremmo affrettarci tutti ad operare maggiormente nel partito, ma, si badi, non per esserne, come vorremmo, degli intellettuali efficienti, ma dei politici. E dovremmo dire a tutti di fare così, cercare che tutti gli intellettuali iscritti al partito e quelli indipendenti di sinistra diventino dei politici, assorbendo questa curiosa anomalia di una cultura borghese non borghese, questa piccolissima compagnia di ufficiali alleati, integrandoli nell'organico del proprio esercito. E sulla usurata obbiezione che, malgrado tutto, finché sussisterà una divisione in classi, la cultura di sinistra dovrebbe essere necessariamente aristocratica, particolare, in quanto legata allé strutture borghesi, non vale forse ormai la pena di insistere molto. Se è vero che metà degli strumenti di ricerca[...]

[...]ora il manifesto è ancora una volta strettamente politico, e non
culturale nel senso sopra accennato, cioè specialistico. '
Il fatto che non lo sia preoccupa, perché da un'analisi solo approssimata è difficile escano criteri di lavoro precisi ed efficienti. Quando si intravedono solo le ombre del nemico, è arduo combatterlo con efficacia (5).
Dunque d'accordo per una presa di posizione contra l'ideologia dei
(5) Tanto è vero che dopo una pur così considerevole presa di posizione capita di leggere sul Contemporaneo n. 35, 391955, nel pezzo polemico di L. LombardoRadice in risposta ad una critica di Alicata: e Oggi, i neopositivisti (e tra di essi, ricordiamolo, vi sono studiosi serissimi, e uomini vicini a noi sul terreno della lotta politica e di classe), ci dicono: `badate: noi abbiamo ristabilito il legame tra ricerca scientifica e meditazione filosofica che l'idealismo di Benedetto Croce (e di Giovanni Gentile) aveva spezzato. Voi studiosi marxisti commettete un errore combattendo contro il nuovo indirizzo, che esprime invece, e re[...]

[...]a, nelle imprese, nei servizi. Assorbiti per la massima parte dell'attività nel lavoro professionale si pone a questi intellettualimanagers l'alternativa o di accettare l'alienazione della propria specializzazione o di reagirvi sul piano ideologico, conservando il carattere pragmatico della propria competenza specifica, ma riuscendo a trasporla in una diversa prospettiva póliticosociale. Ma se per questi intellettuali il loro stesso lavoro è per così dire un grande laboratorio, d'altra parte il tempo di libertà che rimane loro è così esiguo che il passaggio dal mero campo tecnico a quello metodologico (in senso non astratto, ma storicistico) non è possibile se non attraverso uno scambio collegiale organizzato.
Come si vede, il problema dell'organizzazione della cultura raggiunge qui un aspetto di estrema immediatezza e chiarisce anche quale decisiva importanza avrebbe un risultato positivo in questo senso per la formazione di quella « nuova cultura a, non più soltanto umanisticoletteraria, ma organica in senso gramsciano, che ha ancora una vita tanto gracile e lenta in Italia.
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È ormai chiarissimo a[...]

[...]timore che ciò comportasse maggiori difficoltà, rischi non tollerabili. Per questo, come ognuno sa, discutere in certe congiunture poteva sembrare anche un po' tradire (anche se tradire poteva essere sotto altri aspetti il tacere). Ci limitammo a dire soltanto, ma continuamente che, se poteva sembrare un pericolo immediato il costruire i caposaldi come case, ad un certo punto tuttavia le sentinelle si sarebbero trovate esaurite e snervate da una così triste guarnigione senza prospettive e avrebbero potuto cedere più facilmente, al momento della lotta, davanti ad un nemico più abile e moderno, malgrado ìl loro cocciuto rimanere in posto. Ed a questo punto si può dire che si era giunti quando il grosso fatto nuovo, il disgelo, venne a interrompere un ciclo chiuso e precipitante.
Ora si aprono nuove possibilità, ci si rende conto che nei caposaldi gli uomini erano davvero spossati da una così lunga attesa, presi da una. incredibile stanchezza.
Ci puó risollevare il disgelo? Il disgelo, occorre vedere, sono in realtà più disgeli. Un disgelo fra Unione Sovietica. e Stati Socialisti, uno fra Unione Sovietica e partiti comunisti occidentali, e un disgelo fra Unione Sovietica e America e relativo mondo occidentale.
Il disgelo diplomatico orienteoccidente comporta la diminuzione del pericolo atomico, l'attenuarsi del logorio economico reciproco, il gioca complesso della coesistenza di due sistemi di vita diversi e contrapposti. La delegazione agricola sovietica ha cominciato ad affond[...]

[...]olversi in autentica costruzione di una società?
Oppure invece, ancora una volta, il prezzo della coesistenza, della fascia neutrale, ecc., deve essere la nostra rinuncia, il nostro star fermi, il frenare l'impeto della campagna meridionale, il cedere dell'operaio del Nord, il silenzio della potenzialità francese, la disperata tranquillità della desolazione spagnola, la quiete greca, l'impossibiità del riscatto tedesco?
È difficile che non sia così. Non ci sono grandi probabilità che l'America sopporti la perdita dell'Europa, senza rovesciare nuovamente la direzione della sua politica. Ancora una volta siamo legati al ricatto della pace, della sopravvivenza biologica. Ma i rapporti di disgelo fra sinistra europea e Unione Sovietica hanno una prospettiva diversa, aprono una porta.
L'URSS non ha più, in certo senso, bisogno della sinistra europea in senso strategico. Ha solo bisogno di amicizie, e quanto più alto sarà il livello del partito amico, tanto piú alto potrà essere il suo prestigio. La richiesta di fedeltà quantitativa può spos[...]

[...]stanza chiaro che la politica immediata dovrà farsi ancor più diplomatica, tattica, calcolatrice di difficili e compromessi equilibri. Non è il caso che ancora una volta si giochino in questo senso tutte le carte. Se questo aspetto della politica, vediamo bene, non può coprire che
(7) È questa la tavola rotonda che veramente interessa: quella di sinistra. I dialoghi troppo aperti (aperti a tutti) per avere un senso devono necessariamente essere così generici da perdere precisamente molto di quel senso che si proponevano di avere. Per questo ad esempio la proposta di Sciolokhov per la creazione di « una tribuna di contatti creativi per tutti coloro ai quali é cara la causa della letteratura contemporanea >t (riportata su Realtà sovietica, n. 1011, ottobrenovembre 1955) se (la un lato è senza dubbio un evidente segno positivo, e pub dare risultati sul piano distensivo, dall'altro, sul terreno dei contenuti, non copre tutte le necessità del problema. Fra i consensi italiani alla proposta (pubblicati sulla medesima rivista) senza dubbio il p[...]

[...]e di un grande organismo internazionale e di un congresso dovrebbe seguire e non precedere una serie di contatti fra individui o piccoli gruppi qualificati ». Continuando un'idea, che pensiamo anche di Fortini, ci permettiamo di aggiungere che forse sarebbe opportuno che i responsabili della cultura di sinistra, prima ancora di aprire il discorso con tutti gli uomini di cultura, portassero avanti quello interno al « blocco storico » di sinistra, così che, dibattendo tecnicamente le proprie idee, potrebbero dare insieme e un contributo preciso al socialismo e il miglior esempio agli altri uomini di cultura sull'importanza e sulla serietà degli scambi di opinioni a livello scientifico.
PAMPHLET SUL DISGELO E SULLA CULTURA DI SINISTRA i07
in minima parte la coscienza dell'uomo, lasciamo scoperta l'altra, diamole corda.
Come un tempo si poteva dubitare che la politica degli avamposti esaurisse tutta la sinistra (e che, se mai, una forte costruzione culturale avrebbe consentito maggiore coscienza e resistenza a quella stessa politica e al d[...]



da Quinto Martini, Memorie in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 3 - 1 - numero 1

Brano: [...]la i numeri del 1'« Avanti! ».
Dal paese vicino erano scesi giù degli uomini con i loro camions, la forza pubblica e i soldati dell'esercito davano loro man forte con le loro mitragliatrici. Quella stessa notte entrarono in molte case, presero gli uomini che erano stati segnalati come comunisti da alcuni individui del paese, e a suon di bastonate furono caricati come bestie sopra al camion e portati alla caserma dei carabinieri. Lassù c'erano i cosidetti « domatori » che rinforzavano la dose. So di "un povero uomo che, in seguito a queste bastonate, pochi giorni dopo ci rimise la pelle.
Ma il fatto piú pietoso e più inumano fu l'uccisione di un povero vecchio. Alcuni fascisti bussarono alla porta della sua casa sparando dei colpi di fucile per intimorire e chiedendo di suo figlio. Il vecchio rispose facendosi vicino alla finestra chiusa che suo figlio non c'era, e che era solo in casa. Il figlio, saputo cosa stava succedendo, s'era guardato bene dal rientrare. Quelli della strada insistevano perché si mostrasse alla finestra con la prom[...]

[...]verai alla capanna. Ricordati di non domandare a nessuno là strada per salire sù in vetta al monte. Se qualcuno ti chiedesse dove vai, tu scherzando rispondi che vai a cercar cenci ».
Scendemmo dal fienile. La mamma stava rimettendo a posto la casa. Era stato buttato tutto sopra il letto e in mezzo alle stanze. Nel granaio avevano anche rovesciato i sacchi del frumento. Presi un foglio, tracciai con un lapis la strada che dovevo fare e me lo nascosi in dosso sorretto dalla cinghia dei pantaloni. Poi aiutammo la mamma a ravversare le stanze. Nessuno di noi si indugiò a parlare molto a lungo di quello che era successo. Verso mezzogiorno anche i due fratelli che erano andati in fondo al podere ritornarono.
Remo mi disse:
« Si sentivano fischiare sopra alle nostre teste le pallottole. Erano a quelle case vicino a Macario. Sparavano come serpenti ».
Andrea aveva la faccia pallida e l'espressione assente; disse: « Hanno rotto nulla mamma? ».
«No, ma hanno messo tutto a soqquadro ».
«E nella casa dello zio ci sono stati? ».
« Si, sono sal[...]

[...]piatto con la minestra, babbo gli parti una fetta di pane e Andrea gli porse un bicchiere pieno di vino. Mia madre gli disse:
« Da dove venite, Geppo? ».
« Stamane non ho girato molto. Con tutto quello che é successo e che c'è nell'aria preferisco andare a bussare alle case dei contadini per la campagna; nei paesi c'é un'aria poco respirabile ».
«Ma cosa volete aver paura, Geppo, siete vecchio e non avete mai fatto né male né bene a nessuno e così siete sempre a posto, voi ». Rispose Remo con aria ironica:
ei Si, é vero quello che dici. Stamani lassù alle case del Baranti ho visto picchiare un vecchio a sangue. L'hanno bastonato come fosse una ciuca carogna. Poi l'hanno lasciato li a lamentarsi fra il sangue e la terra. Sembra che sia morto. Così ho sentito dire ma non c'é da credere a tutto quello che si dice; sentono dire: `il tale l'hanno cazzottato'; un altro lo racconta e dice: `poveretto, sta male'. Un altro ancora dirà: `Sai, Tizio é morto' ». E scuotendo la testa prese le ultime cucchiaiate di minestra alzando con la sinistra il piatto da un lato.
« Cosa aveva fatto quel vecchio? » gli chiese il babbo.
« Nulla ».
«Come nulla? E per nulla...».
« Una donna mi ha detto: c'era un giovane nei campi che scappava tra le viti, passando vicino al vecchio, un gruppetto di uomini si sono avvicinati e tutti insieme gli hanno chiesto: [...]

[...]uma mi disse:
«Bravo Libero» e subito mi mise a sedere vicino al gambo di
un castagno. Anche lui si sedette vicino a me, e stringendomi fra le
braccia e guardandomi negli occhi, mi domande):
«Saprai serbare il segreto? ».
« Non dirò nulla nemmeno all'aria! ».
« Allora, sempre acqua in bocca? ».
« Si, sempre acqua in bocca... ».
«Neppure al prete, se andrai a confessarti? ».
« Io non vado a confessarmi, tu lo sai ».
« Lo so. Ma ho detto così per dirti che nessuno deve saperlo ».
« Stai tranquillo. Mi farei ammazzare, ma non direi nulla ».
« Bene così. Sei un vero uomo. Ora raccontami cos'è successo giù
in paese stamani. Ho visto del fumo; penso avranno incendiato cir
colo dei lavoratori ». Il suo sguardo si fece triste, cercando qualcosa
giù nella pianura.
130 QUINTO MARTINI
Raccontai tutto, quello che avevo visto coi miei occhi, e udito con i miei orecchi. Finito il racconto mi mise sulle sue ginocchia, mi strinse forte, sentii male ma non gridai, e ridendo mi disse:
« Bravo, sono fiero di te... » e me lo disse con quel suo modo scherzoso che aveva anche quando parlava di cose serie.
« Mi vuoi a dormire con te questa notte? Posso [...]

[...]to tempo sempre nello stesso posto; può esser pericoloso ».
« È vero, questo. Qualcuno potrebbe vedere e poi fare la spia ».
« Ha detto di stare tranquilli. Quando cambierà 'albergo', ci manderà un biglietto per Diego, lo scalpellino. Di lui ci si può fidare, è uno dei loro ».
« Dio sia lodato... » disse volgendo gli occhi verso l'immagine del Sacro Cuore che stava inchiodata sulla porta. Era una stampa tutta annerita dal fumo della cucina, e così nera dava l'impressione di un cristo molto duro. La mamma si avvicinò alla madia, aprì il cassetto, prese il coltello grosso, poi un pane intero, partì un bel cantuccio, ci mise sopra dell'olio, sale e pepe, allungò il braccio dicendo:
« Tieni, prendilo, è ben condito, avrai fame dopo tutta questa camminata che hai fatto ».
« Davvero, ora che mi fai vedere il pane con l'olio mi sento fame e anche sete ».
« Prendi il fiasco, li sopra all'acquaio », si voltò indicandomelo con la mano tutta aperta.
Dopo aver bevuto un bicchiere di vino annacquato mi misi a sedere fra la madia e la tavola a m[...]

[...]raccio mi prese per il collo tirandomi a sé e disse:
« Hai paura della pioggia? ».
« No. Non ho paura. Ma... ».
« Ma cosa? ».
« Vorrei sapere `se nella capanna ove c'é Aldo ci pioverà ».
Stai tranquillo, é coperta con tegole ed embrici, i muri son fatti di sassi e calcina come una casa. Non é una capanna come quella di Cecchino, fatta con paglia e pali ».
« È vero quello che mi dici? ».
« Certo che é vero ».
134 QUINTO MARTINI
«Non dici così perché io stia tranquillo? ».
« No, no, è vero quello che ti dico, vai a dormire e stai tranquillo ».
Tornai a letto, la pioggia seguitava a cadere a catinelle, il vento anche soffiava sempre forte. Il cane si lamentava. Sentii battere le quattro, poi mi addormentai. La mattina, andando a scuola, passai dalla discesa dove c'è il frantoio. Voltai a sinistra per andare in paese pas sando di fronte al Circolo Socialista. Mobilio bruciacchiato era ancora nel mezzo della strada; le porte e le finestre non esistevano piú. Entrai dentro con altri ragazzi. Tutto era fracassato per terra. Nella stan[...]

[...] e durante tutta la mattina non feci nessun accenno a quanto era accaduto alla mia famiglia e cosa avevo . visto. Un ragazzo raccontò com'era avvenuto l'arresto di suo padre.
« Si, Signora Maestra, sono venuti di notte a prenderlo, erano molti e tutti con armi e bastoni. L'hanno picchiato in presenza mia e della mamma. Quando la mamma vide il sangue venir fuori dalla testa del babbo svenne e cadde sul divano. Il babbo gridava: «Non mi picchiate così in presenza della moglie e del ragazzo, portatemi via... ». Uno di loro gli rispose: «Stai zitto, figlio d'un cane! E bene che tua moglie e tuo figlio vedano ». Poi lo caricarono sul camion insieme a molti altri. Stamani presto li hanno portati tutti alle carceri della città ».
Altri ragazzi raccontarono fatti più o meno bestiali. La maggior parte delle persone del paese era stata colpita dalla furia della « rivoluzione ». Si incontravano facce contratte in un mutismo pieno d'angoscia. Non tutti erano tristi. Quando uno piange c'è sempre chi ride perché lui piange! diceva un vecchietto che s[...]

[...] tuo fratello e han fatto bene. Lo lasciassero marcire in prigione... ».
Ebbi la forza di stare a sentire senza dire qualche parolaccia. Quando tornai a casa presi il vocabolario della zia e cercai la parola « metresse » non c'era scritta e pensai che doveva essere una parola molto brutta. Piú tardi me ne feci spiegare il significato dal figlio del cappellaio che andava a studiare in città. Mi disse che era una parola francese e che si chiamano così le padrone dei casini dove ci sono le donne che pagando si danno a tutti gli uomini. «E sono grasse?» domandai.
« Quella che conosco io é grassa ».
« E si tingono le labbra? ».
« Si, si tingono. Ma perché mi fai queste domande? »
« Sai la Giulia la chiamano la `metresse'; trovi che assomiglia a quella che conosci te? ».
Lui fece una bella risata e mi disse:
Quando avrai diciotto anni ti porterò in città e te la farò vedere. Va bene? ».
« Nono dire a nessuno quello che ti ho chiesto » risposi.
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Quei giorni erano interminabili, in casa mia si viveva con l'animo sospeso e il [...]

[...]cessarono di vigilare la mia casa. Io non sapevo dove fosse Aldo, e quando lo chiedevo mi si rispondeva:
«Non si sa dove sia andatoa vivere. Nessuno lo sa ».
Era vero? Oppure non mi credevano capace di tenere un segreto? Non potevo pensare a questa sfiducia da parte loro verso di me, e credevo a quanto mi si diceva. Ma mi sentivo umiliato e preso da un forte desiderio di essere uomo. Una mattina invece di andare a scuola, arrivato al ponte, nascosi la cartella nel più folto della macchia e, in parte
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QUINTO MARTINI

di corsa, in parte a passo svelto, arrivai fino alla capanna, tant'era forte il desiderio di vedere mio fratello. Pensavo che ancora fosse lassù... Arrivai col cuore in gola. La porta era aperta. Questa capanna era proprio come me l'aveva descritta il mio babbo, fatta come una vera casa. Entrai dentro, ma non c'era nessun segno da far pensare che qualcuno ci abitasse. Dunque; era partito? Mi misi seduto sulla panca di legno e piansi molto. Quando uscii dalla capanna il sole era molto alto. Giù dal fondo del bosc[...]

[...]voglia e con fatica. Non facevo che guardare le facce di tutti per indovinare il loro segreto. Ero disperato, non riuscivo a saper nulla e non mi sentivo il coraggio di chiedere ancora. Quando qualcuno parlava in un'altra stanza, cercavo di origliare alla porta. Ero inquieto ed anche a scuola non riuscivo a combinar nulla. La maestra scrisse un biglietto alla mamma che diceva:
« Vostro figlio é distratto, non ha voglia di studiare, se va avanti così, boccerà ».
La mamma mi porse il biglietto dicendo:
« Leggilo tutte le sere. Cerca di studiare; presto ci saranno gli esami e sarebbe vergognoso bocciare proprio quest'anno. Proprio ora che Aldo é fuggiasco. Se bocci darai un grande dolore a tuo fratello... ».
Promisi che da quel giorno mi sarei messo a studiare con grande volontà, e così feci. Sapevo quali sacrifici faceva per potermi mandare a scuola. Quando c'era la luna, cuciva i cappelli di paglia al suo chiarore per non consumare la luce. Cuciva sempre, tutte le sere fino a tarda notte. Con tutto questo, qualche volta rubavo dei soldi che lei metteva in un piatto nella credenza. Spesso diceva: «Mi mancano quaranta centesimi, mi mancano quattro soldi; forse li avrò spesi e non me ne ricordo; ho tante cose a cui pensare! ». Credevo facendo così di darle la sensazione di un sacrificio meno grande. Con i soldi rubati mi compravo l'occorrente per la scuola o qualche matita co[...]

[...]uali sacrifici faceva per potermi mandare a scuola. Quando c'era la luna, cuciva i cappelli di paglia al suo chiarore per non consumare la luce. Cuciva sempre, tutte le sere fino a tarda notte. Con tutto questo, qualche volta rubavo dei soldi che lei metteva in un piatto nella credenza. Spesso diceva: «Mi mancano quaranta centesimi, mi mancano quattro soldi; forse li avrò spesi e non me ne ricordo; ho tante cose a cui pensare! ». Credevo facendo così di darle la sensazione di un sacrificio meno grande. Con i soldi rubati mi compravo l'occorrente per la scuola o qualche matita colorata per disegnare. Avevo una scrittura molto grande, consumavo il doppio dei
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quaderni degli altri compagni, e dover star troppo spesso a chiedere soldi alla mamma non ne avevo il coraggio, e allora rubavo. La maestra spesso mi diceva: «Scrivi più piccolo, per te ci vorrebbe una cartoleria; manderai i tuoi genitori in miseria ».
Una sera mentre stavamo cenando con la porta mezz'aperta entrò mio fratello e con la calma abituale disse: « Buona sera »[...]

[...] di amicizia. Era l'unica cosa che in quella mattina mi desse piacere e non mi facesse sentire tanto solo.
Era di giugno. Nelle nostre camere basse e coperte col solo tetto, entrava presto il caldo. Anche durante le prime ore della ,natte c'era caldo. La mamma stava come sempre a pregare alla finestra. Non c'era la luna; il cielo mi ricordava quegli scenari che mettono di sfondo ai presepi. Il cane fece l'abbaio del lupo: quando i cani abbaiano così c'è chi crede portino disgrazia. lo non ho mai sentito nulla di più straziante, nessun lamento umano é più spaventoso di questo ululato. E una cosa che intristisce l'animo e risecchisce il cuore in un attimo. C'è da supporre che sia veramente l'annuncio di una forte sciagura. Mia madre si voltò verso di me e disse:
«Domani ci sari una brutta notizia ». Si appoggiò con i gomiti sul davanzale della finestra e aggiunse:
« Il cane continua a far l'abbaio del lupo ».
« Ma perché credete che porti disgrazia? Non bisogna credere a tutto quello che si dice ».
«Si, é. vero, Libero, non bisogna cre[...]

[...] quando mia sorella, tua zia Elvira, s'impiccò al trave della sua camera? quella mattina il cane abbaiò nello stesso modo ».
Ci fu un breve silenzio. Io stavo in piedi, seguivo i lumi delle automobili e delle biciclette che correvano fra il nero degli alberi. Sospirò, e si ripeté lentamente:
«SI, il cane abbaiò nello stesso modo; proprio come stasera ».
Drago seguitava a lacerare l'aria e la mia anima col suo lungo lamento. A me, quella notte così calma non fece che aumentare la mia ansia per quello che mamma prevedeva.
Un mio fratello dall'altra camera gridò:
«Libero! Vai a farlo tacere. Non si pue' dormire così ».
E mia madre:
« Vai giù, portagli un po' di pane con l'olio. Però non lo picchiare ». Si scostò, socchiuse la finestra e accese la luce.
Scesi gib. in cucina, andai alla madia, partii una fetta di pane e ci misi sopra dell'olio. Arrivato sotto il portico, a un passo dalla colonna dov'era legato a catena, urtai in una vanga cadendogli vicino. Drago mi si fece appresso leccandomi la faccia. Mi alzai scostando con un gomito la bestia. Non mi ero fatto nulla di male. Così al buio gli diedi il pane e restai ad accarezzarlo un po'. Mentre mangiava mandava un flebile lamento, simile a quello di[...]

[...] giù, portagli un po' di pane con l'olio. Però non lo picchiare ». Si scostò, socchiuse la finestra e accese la luce.
Scesi gib. in cucina, andai alla madia, partii una fetta di pane e ci misi sopra dell'olio. Arrivato sotto il portico, a un passo dalla colonna dov'era legato a catena, urtai in una vanga cadendogli vicino. Drago mi si fece appresso leccandomi la faccia. Mi alzai scostando con un gomito la bestia. Non mi ero fatto nulla di male. Così al buio gli diedi il pane e restai ad accarezzarlo un po'. Mentre mangiava mandava un flebile lamento, simile a quello di poco prima. Non ebbi il coraggio di sgridarlo. Prima di lasciarlo gli ordinai di andare nella sua cuccia e dormire. Avvicinai il mio viso al suo muso e mi leccò ancora. Tornai in camera e andai a letto. Non fece più l'abbaio del lupo, ma io non riuscivo a dormire. Pensavo a mia zia, al trave della camera, vedevo il suo corpo appeso e una fune che ciondolava.
Era vestita di nero, le mani aveva scarne e la faccia bianca. Mi passavo continuamente la mano sugli occhi, ma quel[...]

[...]e della camera, vedevo il suo corpo appeso e una fune che ciondolava.
Era vestita di nero, le mani aveva scarne e la faccia bianca. Mi passavo continuamente la mano sugli occhi, ma quella macabra visione non spariva. Il corpo di mia zia, era li, che ciondolava dalla trave nel mezzo della camera, in fondo al mio letto.
Se è vero — pensavo — che Drago quella stessa mattina fece l'abbaio del lupo, non potrebbe essere stato un caso? e quel lamento così terribile causato da dei dolori? un mal di pancia? Non volevo essere superstizioso, ma non riuscivo a togliermi da dosso quel malessere che proviamo quando si teme una sciagura. Divenivo sempre piú inquieto, tutto cercavo di analizzare come mai avevo fatto, e temevo da un mi
142 QUINTO MARTINI
nuto all'altro che il cane tornasse a fare udire il suo ululato. La mattina, quando mi alzai, vidi la mamma più pallida del solito. Mi avvicinai a lei mentre stava scaldando il caffè e le dissi:
«Avete dormito, mamma? ».
Lei senza scomporsi, rispose:
« Non sono stata capace di chiudere occhio. Ho p[...]

[...]vendo diceva:
«Questi si che sono grandi! Alla salute, ragazzi, dei grandi poeti! ». E poi mettendo il bicchiere sopra il tavolino faceva dei commenti
vol
146 QUINTO MARTINI
alquanto insinuanti su certi passi amorosi. E ripetendoli lentamente ac
compagnava la voce con gesti della mano e sbirciate degli occhi. In
certi casi cantava delle strofe prese in canti diversi:
«Come di lei s'accorse Orlando stolto,
per ritenerla si levò di botto;
cosí gli piacque il delicato volto
così ne venne immantinente ghiotto
d'averla amata...»
eppoi :
«Questa condizion contiene il bando:
Chi la figlia d'Amon per moglie vuole, star con lei debba a paragon del Brando
dall'apparire al tramonto del sole:
e fino a questo termine durando
e non sia vinto senz'altre parole
la donna da lui vinta esser s'intenda:
né si possa negar ch'essa lo prenda ».
Alcuni dei suoi clienti avevano imparato qualche verso e spesso gli chiedevano di cantare i passi più grassocci. Questo avveniva quando in bottega non c'era sua moglie. Una sera un uomo molto giovane si fece cantare una strofa delle più[...]

[...]do di squille...»
Seguitando a cantare, con una mano mi prese per i capelli e mi portò sotto un albero dove ci mettemmo a sedere. Io guardavo la pianura mentre lo ascoltavo. Il sole stava per tramontare, quando alzandosi e con un largo gesto verso il sole, cantò gli ultimi versi:
«Bestemmiando fuggi l'alma sdegnosa Che fu si altera al mondo e si orgogliosa».
« Andiamo Libero, questa sera c'è da fare il pane. Strada facendo facciamo dell'erba, così é una scusa... Se no tu senti tua zia... ».
Nessun ricordo della mia vita é cos? bello. Devo a lui la conoscenza della poesia e dei maggiori poeti. E fu anche in quella permanenza che mi appassionai ancora più al disegno e alla pittura. Feci molti acquarelli di paesaggi e boscaioli. Mio zio mi diceva spesso con molta serietà:
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«Tu diverrai un pittore, come il nostro Leonardo da Vinci ». E indicandomi delle case sotto il bosco, mi diceva:
« Vedi, Leonardo da Vinci é nato laggiù, ad Anchiano, dove stava la zia che si impiccò, vicino a Faltognano. C'è laggiù un prete che ha[...]

[...]egno e alla pittura. Feci molti acquarelli di paesaggi e boscaioli. Mio zio mi diceva spesso con molta serietà:
148 QUINTO MARTINI
«Tu diverrai un pittore, come il nostro Leonardo da Vinci ». E indicandomi delle case sotto il bosco, mi diceva:
« Vedi, Leonardo da Vinci é nato laggiù, ad Anchiano, dove stava la zia che si impiccò, vicino a Faltognano. C'è laggiù un prete che ha fatto il busto del nostro Leonardo con barba e capelli lunghi ». E cosí dicendo faceva il gesto con la mano di toccarsi la barba e ravviarsi i capelli.
Vicino a mio zio ero riuscito a distrarmi un po' soprattutto durante la giornata che era sempre varia per i clienti che venivano e i passanti che si fermavano a bere e a mangiare. La notte però, cadevo spesso in una tristezza amarissima. Al mattino andavo per il bosco e stavo subito meglio. Spesso per qualcuno mi mandavano da casa mia notizie di Aldo. Ma la gioia più grande per me fu quando ricevei una cartolina postale. Non so quante volte la rilessi. La leggevo di giorno e di notte, come si legge una delle prim[...]

[...]io piglia diletto, Un'altra volta ad ascoltarmi aspetto ».
MEMORIE 149
E battendomi una mano su `una spalla e con un sorriso da vecchio satiro, disse:
«Porco diavolo, come sarebbe bello con questo caldo vedere correre cavalieri nel bosco con le loro donne a cavallo... ».
Spesso diceva, quando c'era gente in bottega, e sua moglie non poteva udire:
« Come mi sarebbe piaciuto vivere ai tempi dell'Orlando Furioso, 'avere un bel cavallo e...».
Così parlava quando aveva un po' bevuto. Era un uomo verso la sessantina ma di una fibra come un querciolo. Spesso diceva: « Io non ho mai visto un medico e mai mi sono purgato, e con l'acqua mi son sempre lavato mani, piedi e coglioni. Se mi si proibisse di cantare, fumare e bere vino sarei un uomo finito. Morirei in tre giorni: io sono nato per cantare ».
Era fiero della sua salute e quando vedeva qualcuno pallido e con poca vita negli occhi gli diceva:
« Ragazzo mio, tu semini i frasconi. Se seguiti così presto ti porteranno al camposanto ».
Questi rispondevano sorridendo:
« Tu sei sempre a[...]

[...]a sessantina ma di una fibra come un querciolo. Spesso diceva: « Io non ho mai visto un medico e mai mi sono purgato, e con l'acqua mi son sempre lavato mani, piedi e coglioni. Se mi si proibisse di cantare, fumare e bere vino sarei un uomo finito. Morirei in tre giorni: io sono nato per cantare ».
Era fiero della sua salute e quando vedeva qualcuno pallido e con poca vita negli occhi gli diceva:
« Ragazzo mio, tu semini i frasconi. Se seguiti così presto ti porteranno al camposanto ».
Questi rispondevano sorridendo:
« Tu sei sempre allegro, e hai sempre voglia di scherzare... ».
« Non bisogna mai farsi cattivo sangue, chi se la piglia more prima di vent'anni, studia l'Ariosto se vuoi sentirti tranquillo ».
Tutti gli volevano bene e stavano volentieri in sua compagnia a parlare di quello che si diceva nel mondo. Un giorno dal modo come guardò una donna giovane che venne a bottega ebbi la sensazione che gli piacessero le avventure. Questa mia impressione mi fu confermata un pomeriggio nell'ora che la zia si buttava sul letto per dorm[...]

[...]ione che gli piacessero le avventure. Questa mia impressione mi fu confermata un pomeriggio nell'ora che la zia si buttava sul letto per dormire. Passeggiavo lungo il viottolo che sale dalla strada su nel bosco. Faceva caldo, le cicale cantavano e nessun altro rumore era percettibile. Camminavo lento guardando ora il monte ora la pianura. Arrivato vicino ai castagni sentii sfrascare e il suono di una leggera voce di donna che diceva:
« Non fare così... ».
Mi voltai dalla parte della voce e fra le felci e scope vidi mio zio chinato, sotto di lui un vestito rosa e gambe nude di donna. Era la prima volta che vedevo un uomo e una donna insieme. Mi chinai,
150 QUINTO :MARTINI
piano piano, con le mani mi scostai le scope davanti agli occhi, per osservare la scena. La faccia della donna restava dietro il gambo del castagno, vedevo le sue mani che si tenevano alle scope con una certa forza. Lo zio stava sopra al suo corpo e le gambe nude della donna che si muovevano in un modo molto strano. A un certo punto non volli più vedere, mi misi sedut[...]

[...]ederci ci facemmo dei cenni alzando una mano, quando le fui più vicino, mi disse:
« Com'é che mi sei venuto incontro? ».
« Stavo seduto in fondo al bosco, vicino alla chiesa, quando mi son visto arrivare Drago, allora ho pensato che ci fosse qualcuno di voi ». Porgendomi al mio cenno il fagotto, mi disse:
«Non mi é stato possibile farlo tornare indietro; quando lo sgridavo si buttava ai miei piedi come per implorare che lo lasciassi venire. E cosi mi ha fatto compagnia».
« Hai fatto bene a portarlo ».
« Ho pensato anch'io lungo il cammino che ti avrebbe fatto piacere rivederlo ».
« Sono contento che ci sia anche Drago ». Mi chinai e lo strinsi fra le mie braccia.
« Andiamo, Libero, fa molto caldo e io sono stanca ».
Drago si mise in mezzo a .noi camminando lento lento per seguire il nostro passo.
« La zia e lo zio come stanno? » mi chiese.
Si asciugò il sudore dalla fronte, mi guardò e disse ancora:
« Tu mi sembri un po' ingrassato. Ti ha fatto bene cambiare aria ».
1
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«Aldo come sta? ».
«Sta bene. Anche l[...]

[...]bastonati ma che poi non
avevano avuto più noie. Ero contento di ritrovarmi con mia madre in
una casa che non fosse la nostra. Quando le fu chiesto dalla zia quanto
tempo sarebbe rimasta, rispose:
Non molto, tre o quattro giorni al massimo ».
«Libero lo lasci ancora da noi? ».
«Non é possibile ».
« Anch'io — dissi partirò quando partirà la mamma ».
Lo zio soprattutto era dispiacente per questa mia decisione e ri
spose :
«Resta ancora, così potrai imparare a memoria qualche canto del
l'Orlando Furioso. Ti dirò io quali sono i piú belli e come si fa a can
tare di poesia », e poi riprese:
« Ormai hai finito la scuola e in città non andrai a studiare. Ci
MEMORIE 155
vogliono troppi quattrini. I figli dei ricchi vanno in città a studiare. Com'è ingiusto questo mondo. Resta da me... Canteremo insieme. Quest'inverno, vicino al fuoco, t'insegnerò a cantare, resta da me, Libero ».
Mia madre lo guardò e disse:
«Non invitare la lepre a correre ».
Anche la zia pregò la mamma di farmi restare.
«Sai, Marta, comincio a considerarlo u[...]

[...] devi fare. Ti canterò piano piano il canto mentre tu disegni ».
Dipinsi il quadro secondo i suoi consigli. Mi fece copiare il suo cavallo, un bosco pieno di lecci e una strada serpeggiante fra i gambi degli alberi. Egli fu molto contento; lo mostrò a tutti e ordinò vetro
156 QUINTO MARTINI
e cornice. Venne il giorno della partenza, e prima di lasciarmi volle cantare:
«Ma come i cigni che cantando lieti
Rendono salve le medaglie al tempio
Così gli uomini degni da' poeti
La zia venne ad accompagnarci fino alla chiesa, ci salutammo di fronte alla canonica e poi ci incamminammo su per la salita. C'era ancora più d'un'ora di sole. Il cane correva avanti, poi si metteva seduto nel mezzo della strada ad aspettarci. Io e mia madre carichi di fagotti (lo zio ci aveva dato un po' di tutto quanto aveva in bottega) si camminava in silenzio. Arrivati in cima, dove la strada che percorre la cresta del monte taglia la nostra che lo attraversa facendo una grande croce, ci mettemmo seduti sopra dei grandi massi. Mia madre accarezzava Drago dandog[...]



da (Mito e civiltà moderna) Ernesto De Martino, Mito, scienze religiose e civiltà moderna in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 3 - 1 - numero 37

Brano: [...]ta qualche menda e qualche lacuna, anche tenendo conto delle forze culturali che erano disponibili: più grave fra tutte la lacuna relativa all’argomento «mito e letteratura moderna» che nel presente fascicolo non trova trattazione. Ci auguriamo che in un prossimo avvenire la nostra rivista possa dedicare la propria attenzione anche a questo importante aspetto dei rapporti fra mito e civiltà moderna. Abbiamo comunque ragione di credere che, anche così come si è riusciti ad attuarlo, il presente tentativo ha qualche merito, soprattutto se si tien conto che in Italia rappresenta in certo senso il primo del genere, soprattutto per la prospettiva che lo caratterizza: infatti solo in parte potrebbero essere considerati come antecedenti i fascicoli dell’Archivio di Filosofia diretti dal Castelli (Filosofia della Religione, 1955; Filosofia e Simbolismo, 1956) e la raccolta Umanesimo e Simbolismo, curata dallo stesso Castelli (Padova, 1958). Numerosi sono invece gli antecedenti stranieri, come

— per ricordare i più recenti e i più importanti — [...]

[...]rbuch del 1949 e del 1950 (rispettivamente dedicati al mito e al rito), i numeri di Studium Generale del maggio, giugno e luglio 1955, il Journal of American Folclore del 1955, n. 370, e soprattutto il recentissimo fascicolo di Daedalus, Journal of thè American Academy of Arts and Sciences, che è della primavera del 1959 e che è dedicato interamente al mito e alla mitopoiesi (myth and mythma\ing). Tuttavia anche rispetto ai precedenti stranieri, così numerosi e ricchi, il presente fascicolo di « Nuovi Argomenti », dedicato a « mito e civiltà moderna», ha una propria fisionomia per il suo accentuato legame con i problemi connessi alla crisi e al rinnovamento della civiltà moderna. La serie degli articoli comprende uno scritto di R. Pettazzoni che opportunamente richiama una lettera inedita del Croce (in Italia infatti ogni revisione della problematica tradizionale della nostra cultura comincia necessariamente dal Croce anche se è vero che la storia nel mondo non si è conclusa a Napoli, Via Trinità Maggiore 12, come alcuni ripetitori e epig[...]

[...] », del « simbolico ». Ciò che sorprende di più in questa generale convergenza di indirizzi diversi verso un obiettivo tendenzialmente affine è che ad un certo momento entrano nel movimento, o ne appaiono comunque influenzate, anche tradizioni culturali che, per la loro provenienza e per le loro origini variamente laicizzanti, razionalistiche, idealistiche, materialistiche e positiviste, sembravano più refrattarie ad una problematica del genere. Così, p. es., nel quadro della scuola di Marburgo, tradizionalmente interessata alla ricerca delle condizioni logicotrascendentali della scienza, Ernesto Cassirer dallo studio del simbolo matematico nella scienza passa alla analisi della struttura e della funzione del simbolismo mitico (1); il movimento psicoanalitico che procedeva da presupposti materialistici e positivistici si volge, soprattutto per opera della secessione junghiana, ad una rivalutazione della vita religiosa e del mito; la tradizione epistemologica francese, che già col Bergson accentua le radici esistenziali della funzione fabu[...]

[...]ata coinvolta, come mostra il caso del neopaganesimo nazista e dei prestigi che assegnò all’arcaico e all’ancestrale: e non è certo una coincidenza fortuita se uno dei rappresentanti più caratterizzati della rivalutazione della irrazionalità del sacro, lo storico e fenomenologo delle religioni J. W. Hauer, fu anche il capo riconosciuto del « movimento della fede tedesca » {Deutscheglaubensbewegung). Ma lasciando da parte questi estremi sussulti, così scopertamente legati alle sorti di un imperialismo politico e la cui stagione fu breve ancorché sanguinosa, è innegabile il fatto che negli ultimi quarantanni le forme tradizionali di vita religiosa, e il cattolicesimo in particolare, sembrano aver riacquistato negli animi prestigio e signoria: tanto che da più parti si è parlato di un « ritorno alla religione », quale che sia

(4) Il disatcco di LévyBruhl dalle posizioni prevalenti in Les fonctìons mentàles dans les sociétés injérieures (1910) è segnato dall’intervento alla Societé fran^aìse de philosophie (1929) e dalle opere successive ([...]

[...]aphisique, 1953, p. 187 sg.

(5) Come giustamente osserva il Gehlen, Urmensch und Spat^ultur, Bonn 1958, p. 292, « Gauguin a Tahiti e Nolde a Raboul hanno cercato qualchecosa di più che dei semplici motivi artistici ».MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA

7

poi la consistenza e il significato di questo «ritorno» nei diversi ambienti culturali (6).

# * #

L’analisi completa e la corrispondente valutazione critica di un movimento così vasto e complesso richiederebbero molto più di un semplice articolo. Ci soffermeremo pertanto solo su alcuni punti nodali relativi al movimento di rivalutazione esistenziale della vita religiosa e del mito nel quadro delle scienze religiose. Si tratta in sostanza di rintracciare nel dominio di queste scienze e per quel che si riferisce al movimento in questione una serie di aspetti salienti, e un ordine di connessioni, fra ciò che, a prima vista, si presenta come coesistenza di motivi indipendenti o casualmente affini. Ne risulterà in tal modo una elaborazione dei dati secondo una particolare[...]

[...] guerra mondiale e nell’immediato dopoguerra : e non senza fondate ragioni si potrebbe indicare il 1917 come una data decisiva del nuovo corso che ci accingiamo a lumeggiare. Proprio nel 1917, infatti, ebbe inizio una rivoluzione destinata ad imprimere alla vita culturale di una parte notevole del grande spazio eurasiatico un netto atteggiamento di rifiuto rispetto alle forme tradizionali di vita religiosa : la tradizione FeuerbachMarx diventava così, in questa parte del mondo, lo strumento di lotta per la effettiva costruzione di una società senza classi, apprestandosi a verificare nella realtà anche l’altra tesi che nella società senza classi il riflesso religioso doveva scomparire. Ma mentre dal crollo della Russia zarista e dalla rivoluzione di Ottobre si inaugurava un orientamento che, almeno nelle intenzioni coscienti, intendeva essere ateo e irreligioso, e che doveva influire di fatto, come ideologia, su centinaia di milioni di uomini, la crisi e il successivo crollo della Germania guglielmina si ricollegò invece con il rinnovato i[...]

[...]pre in un certo senso in Germania quella epoca culturale che è caratterizzata dalla crisi dello storicismo, dal passaggio dal protestantesimo liberale alla teologia della crisi e all’affiorare di una tematica esistenzialistica: nel 1918 appare infatti il primo volume di Der Untergang des Abenlandes dello Spengler, mentre nel 1919 la prima edizione del Rómerbrief barthiano, inaugurerà, insieme alla Psychologie der Weltaschuungen dello Jaspers, la cosiddetta rinascenza kierkegaardiana. Qualche anno più tardi, nel 1923, J. W. Hauer pubblicherà Die Religionen: ihr Werden, ihr Sinn, ihre Wahrheity opera nella quale già affioravano alcuni temi che dovevano poi, una diecina d’anni più tardi, alimentare — come si è già detto — il « movimento della fede tedesca », capeggiato dallo stesso Hauer. Il Sacro, oltre l’ovvio ed esplicito richiamo alla filosofia religiosa dello Schleiermacher, riprende e sviluppa un tema che già era affiorato in due storici delle religioni, il Marett e il Sòderblom: il tema, cioè, di uno specifico carattere dell’esperienz[...]

[...]religione di cultura e di universalità (QttalitatsKuìturund MenschheitsReligion) (10).

Il « tutt’altro ambivalente » si configura dunque come un momento ulteriormente irriducibile ad altro, come un dato che è l’ultima Thule dell’analisi: lo si può rivivere e descrivere e suggerire in qualche modo, ma non propriamente rigenerare nel pensiero. Il fenomenologo e lo storico delle religioni possono individuare i modi con i quali, soprattutto nelle cosiddette religioni superiori, l’incontro col «tutt’altro» si satura di elementi razionali: ma quell’incontro è una esperienza di fronte alla quale una scienza assennata non può non arrestarsi, limitandosi ad indicare, e in ultima istanza lasciando il posto all’immediato rivivere. Ora proprio a questo punto si fanno valere alcune aporie. Senza dubbio il « tutt’altro ambivalente » circoscrive un momento essenziale dell'esperienza religiosa; dal tnana e dalle altre rappresentazioni della forza numinosa sino alla collera di Jahvé e alla stessa esperienza cristiana del divino, questo momento appare c[...]

[...]azionalità del numinoso al cosciente tentativo di aprirsi verso razionalizzazioni più o meno parziali. Con ciò però si ripete la esperienza del numinoso, aggiungendovi solo una descrizione generalizzante: ma si rinunzia senza giustificazione al compito più propriamente scientifico di rigenerare nel pensiero la immediata esperienza del numinoso, la polarità ambivalente del tutt’altro, rivissuta dalla coscienza religiosamente impegnata. Ora questa così grave rinunzia potrebbe essere giustificata solo se l’analisi non riuscisse ad andar oltre l’irrazionalità del numinoso, e solo se mancasse qualsiasi metodo per comprendere come e perché si genera nella vita culturale dell’umanità l’esperienza del tutt’altro ambivalente: sarebbe cioè giustificata se non fosse proprio possibile risolvere il dato immediato del tutt’altro ambivalente nel risultato di inconsce motivazioni e nel movimento della coscienza verso il mondo dei valori razionali. R. Otto scorgeva molto bene l’aprirsi della coscienza religiosa verso i valori, ma non si chiedeva se anche [...]

[...]ustificata se non fosse proprio possibile risolvere il dato immediato del tutt’altro ambivalente nel risultato di inconsce motivazioni e nel movimento della coscienza verso il mondo dei valori razionali. R. Otto scorgeva molto bene l’aprirsi della coscienza religiosa verso i valori, ma non si chiedeva se anche il nucleo irrazionale del Sacro palesasse le sue « ragioni » in una prospettiva che tenesse conto delle motivazioni inconsce. Aveva luogo così una distorsione esattamente opposta a quella del primo freudismo, che tendeva a ridurre la religione a maschera della sessualità, il tutt’altro ambivalente ad una riattivazione dell’immagine infantile del padre, e i miti e i riti ad una sorta di nevrosi coatta collettiva: nel che si aveva certamente un tentativo di non restar paghi dell’irrazionalità del numinoso e di cercare una motivazione inconscia dei comportamenti irrazionali della vita religiosa, ma si finiva poi col perdere il piano cosciente e la qualità specifica della esperienza del sacro. Alla interpretazione freudiana della religi[...]

[...] jfilo col quale il bambino governava la « madrerocchetto » esprimeva simbolicamente la riappropriazione e la risoluzione della situazione conflittuale della scomparsa e dell’attesa penose. Nella situazione reale l’allontanarsi e il ritorno della madre cadevano fuori di ogni possibilità di controllo, nel giuoco invece la madre era fatta allontanare e tornare secondo una vicenda che il bambino governava mediante il filo del rocchetto. Aveva luogo così una forma di ripetizione di tipo diverso dalla ripetizione coatta e irrisolvente nelle nevrosi traumatiche, poiché nel giuoco del rocchetto si ha una ripetizione attiva che mira alla riappropriazione e alla risoluzione dell’episodio traumatizzante. La coazione a ripetere e l’istinto di morte, quali erano stati definiti nella monografia del Freud, sollevarono nelPambito del movimento psicoanalitico una vivace polemica (13): qui però basterà mettere in evidenza come il ritorno del passato acquistava due significati nettamente diversi a se
(13) Per questa polemica si vedano i rinvii bibliografi[...]

[...]la esperienza religiosa, significa rivivere, sotto forma di racconto, una realtà dei tempi primordiali (15). Anche un altro etnologo, il Preuss, che era venuto formulando le sue considerazioni sul mito attraverso lo studio della mitologia vivente dei Cora amerindiani, pervenne a conclusioni analoghe (16). Uno studioso del mondo classico, Karl Kerényi, nella Introduzione alla essenza della mitologia — pubblicata in collaborazione con

lo Jung — così ha raffigurato la « vita per citazioni » delPuomo antico :

Prima di agire l’uomo antico avrebbe fatto sempre un passo indietro, alla maniera del torero che si prepara al colpo mortaile. Egli avrebbe cercato nel passato un modello in cui immergersi come in una campana di palombaro, per affrontare così, protetto e in pari tempo trasfigurato, il problema del presente. La sua vita ritrovava in questo modo la propria espressione ed il proprio senso (17).

Ma lo studioso che più a lungo e con maggiore dovizia di dati storicoreligiosi si è soffermato su questo «passo indietro» del nesso miticorituale è stato senza dubbio Mircea Eliade. Ciò che l’autore chiama « la ontologia arcaica » consisterebbe nella risoluzione del divenire storico nella ripetizione degli archetipi mitici, di eventi primordiali prodottisi una volta per sempre in ilio tempore. Questa ontologia arcaica, dominata dal terrore [...]

[...]Th. Preuss, Der religiose Gehalt der Mythen, Tiibingen 1933.

(17) p. 18 della trad. it. [Torino, 1948]: l’immagine del «passo indietro» è però di Ortega y Gasset.14

ERNESTO DE MARTINO

orientato verso il ripetere rivivendo e un rivivere ripetendo il passato metastorico esemplare, nel quale viene periodicamente riassorbita la proliferazione storica del divenire, e persino la stessa norma mimica o verbale delle singole iterazioni rituali. Così, per es., la festa babilonese dell’anno nuovo, Ya\ttu, disfa ogni volta il tempo accumulato nel corso dell’anno spirante, raggiunge il caos primordiale e ripete l’atto cosmogonico. Lo scenario delle cerimonie comporta innanzi tutto un regresso nel periodo mitico che precede la creazione, nel periodo caotico e germinale del mostro marino Tiamat: tale regressione è simbolicamente realizzata col rovesciamento simbolico dell’ordine sociale, con l’umiliazione del re, con l’instaurazione del caos. Il secondo momento dello scenario cerimoniale comporta la creazione del mondo, simboleggiata dalla lot[...]

[...]uo oggetto. Soprattutto una scoperta di Freud ha avuto conseguenze considerevoli, cioè quella che esiste per l’uomo un’epoca primordiale in cui tutto si decide: la primissima infanzia, e che la storia di questa infanzia è esemplare per il resto della vita » (19).

La tematica di Le mythe de l’éternel retour di M. Eliade ha avuto una singolare fortuna in Francia nell’ultima decennio, ed anche in domini lontani dalle scienze religiose come tali: così p. es. Robert Volmat non ha esitato recentemente ad interpretare i disegni di un malato mentale secondo i criteri ermeneutici offerti dalPEliade:

M. Eliade ci mostra come l’uomo delle civiltà tradizionali e arcaiche lotta contro il terrore della storia mediante la ripetizione dell’atto cosmogonico e mediante la rigenerazione periodica del tempo. Con procedimenti diversi esso giunge ad abolire lo spazio e i'I tempo profani. La storia è sentita come peccato dall’uomo anistorico, e questa angoscia è bandita grazie al ritorno agli archetipi e alla ripetizione. Il nostro malato è condotto, se c[...]

[...]a » religiosa e « tutta » mitica, non ancora « snaturata dalla tecnica », e « senza storia » nel senso oggettivo

(19) Eliade, Mythes, réves et mysteres, Parigi 1957, p. 55.

(20) M. Volmat, L’art psychopatologìque, Parigi 1955, p. 211.

(21) G. Gusdorf, Mythe et métaphisique, Parigi 1953, passim.16

ERNESTO DE MARTINO

che sarebbe vissuta beatamente nell’assoluto (22). Senonché questo « paradiso degli archetipi e della ripetizione », così come il Gusdorf lo concepisce si basa in sostanza su un equivoco concetto di « storia ». Se infatti per « storia » si intende semplicemente le res gestae che manifestano una coerenza culturale definita e attuano valori umani, nessuna civiltà è mai riuscita a nascere e a mantenersi chiudendosi integralmente nell’assoluto della ripetizione rituale di miti primordiali. Se per storia si intende il senso immediato di sé che accompagna l’umano operare e le res gestae qualificate che ne risultano, occorre ricordare che anche il cacciatore del paleolitico superiore doveva in qualche misura esser cosc[...]

[...]eoria della rivelazione primitiva.MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA

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riale, in cui mondo e coscienza stanno ancora indivisi, e la vita culturale si riduce in modo esclusivo alla iterazione di identici miti: un’astrazione che non aiuta certo alla comprensione né l’etnologo né lo storico delle religioni. Ma la tematica della ripetizione ha avuto anche nelle scienze religiose un impiego che si annunzia più promettente di risultati. Così per es. Jean Cazeneuve ha recentemente ripreso il rapporto fra ripetizione coatta della scena traumatica, ripetizione riappropriatrice nel giuoco e ripetizione rituale di un mito primordiale:

Quale può essere la funzione, la virtù, della ripetizione (di un evento numinoso) ? Con tutte le riserve che comporta un paragone del genere, è possibile chiedere alla psicanalisi la risposta a questa domanda, poiché può trattarsi in questo caso di un fenomeno che appartiene al meccanismo più generale dd pensiero simbolico. Freud, in effetti, si era trovato dinanzi a un problema simile a proposito di [...]

[...]agita

0 sognata, di un evento traumatico, e concluse che la ripetizione consentiva di padroneggiare tale evento, dando al soggetto rimpressione di produrlo da sé, in luogo di subirlo passivamente. ...Trasferiamo questa spiegazione, mutatis mutandis, sul terreno dei fatti che abbiamo preso in considerazione. Il primitivo... cerca di chiudersi in un sistema di regole che sia atto a definire per lui una condizione umana senza angoscia; cerca per così dire di chiudersi in un ideale di inerzia. Certamente la varietà delle situazioni che egli può incontrare lo obbliga a frazionare questo insieme di regole in parecchi sistemi. Ora il cangiamento... si traduce spesso in « passaggio » da un sistema a un altro. La uscita e l’ingresso di un elemento rispetto a ciascun sistema costituisce per il primitivo un vero e proprio trauma: p. es. la pairtenza di un uomo per il mondo dei morti, o l’ingresso di un individuo in una nuova famiglia o in un nuovo gruppo. Sono eventi che si subisce. Ma ripetendoli simbolicamente, il primitivo può darsi l’illusion[...]

[...]e Dio è un archetipo, mi riferisco con questa affermazione a un « tipo » dell’anima, che notoriamente deriva da typos, impronta. Già la parola « archetipo » presuppone un qualcuno che imprime l’impronta. La psicologia come scienza dell’anima deve limitarsi al suo proprio oggetto... Se essa dovesse anche soltanto come causa ipotetica postulare un Dio, avrebbe implicitamente avanzato l’esistenza di una possibile dimostrazione di Dio, oltrepassando così la sua competenza in modo assolutamente inammissibile. La scienza può essere soltanto scienza: non ci sono dimostrazioni scientifiche della fede» (34).

(33) Ùber die Energeti\ der Seele, 1919, p. 189.

(34) In Psychologie und Alchemìe, 1944, p. 27 sg. (2) C. G. Jung, Aion, 1951, p. 107.24

ERNESTO DE MARTINO

In altra sua opera Jung si chiede, se il « se stesso » sia un simbolo di Cristo o se Cristo sia un simbolo del « se stesso » e (35) dichiara di aver optato per questa seconda soluzione, ma si affretta ad aggiungere che tale opzione non ha un valore ontologico, ma soltanto metod[...]

[...]eligionund Geistesgeschichte, V, 1953, pp. 13 sgg.

(37) R. Hostie, op. cit., p. 201, nota 98.

(38) Lettera di Jung al domenicano P. V. White, in White, God and thè unconscious, 1944, p. 260.MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA

25

potè infatti stabilire una sorprendente concordanza fra l’esperienza del « vivente rapporto con gli archetipi », quali gli veniva suggeriti dalla sua pratica di psicoterapeuta, e i momenti del numinoso così come R. Otto li aveva indicati nella sua ricerca fenomenologica sul Sacro. Il sentimento di dipendenza, il maestoso, l’efficace per eccellenza, il mistero tremendo e fascinante, il tutt’altro che chiama perentoriamente al rapporto, potevano essere agevolmente tradotti nel linguaggio della psicologia analitica come segno del rapporto con realtà psichiche non dipendenti dalla coscienza, svolgentisi nell’oscurità dell’inconscio: di un rapporto, cioè, che si identifica in ultima istanza con ciò che la psicologia analitica aveva definito come rapporto con gli archetipi e come processo di individua[...]

[...]le sostanza chimica dell’organismo vivente, ha quattro valenze, il che rinvia addirittura all’anorganico. Ma si tratta, come è evidente di ipotesi sin troppo ingegnose, in cui par quasi che gli antichi miti si vengano inestricabilmente mescolando con le affabulazioni dei loro interpreti moderni (42).

# # #

Il contributo anglosassone al movimento di rivalutazione esistenziale della religione e del mito è rappresentato in modo eminente dalla cosiddetta scuola miticorituale (MythRitual School). Già in Frazer, in Robertson Smith, nel Murray e nella Harrison prese rilievo la persua
e scienze religiose può avvalersi delle poche traduzioni comprese nella collana etnologica della casa editrice Boringhieri e della collana Psiche e Coscienza della casa editrice Astrolabio, nonché della recente traduzione del volume di J. Campbell, The Hero with a thousand faces pubblicata nel 1958 dalla casa editrice Feltrinelli.

(41) R. Caillois, L’homme et le sacre, 19502, p. 39 sg.

(42) JungKerényi, Prolegomeni dio studio scientifico della mitologia[...]

[...]trutture miticorituali operanti nel dramma, nell’epica, nelle fiabe, nello stesso romanzo moderno, etc.

(48) K. Kluckhohn, Myths and Rituals: a generai therry, in « The Harward Teologica! Review », 35 (1942), pp. 4579.MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA

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porto a nuovi miti. Vi sono miti che sono intimamente connessi col rituale, e che ne sono la minuta descrizione giustificativa, mentre altri miti non presentano una connessione così stretta col rito, nel senso che il rito racchiude tratti simbolici che non trovano espressione equivalente sul piano mitico, o che il mito si estende in particolari che non hanno riscontro nel comportamento cerimoniale. Vi sono infine miti secolarizzati, che svolgono una funzione prossima alla nostra « letteratura». Il mito è un sistema di parole simboliche, mentre il rituale è un sistema di oggetti e di atti simbolici: potremmo perciò parlare di un dinamismo simbolico miticorituale, che non può essere disarticolato fin quando ci manteniamo nel quadro della vera e propria esperienza religiosa[...]

[...]ggere Eschilo e Atene pubblicato nel 1949 presso Einaudi).30

ERNESTO DE MARTINO

un fondamento e una prospettiva alla precarietà della condizione umana non poteva mancare di avere un contraccolpo nella valutazione della religione cristiana. La Harrison aveva messo in rilievo come l’azione sacra in Grecia, il dromenon, è la ripetizione di un exemplum di fondazione, è un antefatto (predonè) mitico continuamente « rifatto » (redonè) nel rito, così come il mito è per essenza parola « ridetta » e « ridicibile». Sulla base di osservazioni condotte su una mitologia vivente presso popolazioni primitive, il Malinowski aveva confermato che il mito non è semplicemente una storia raccontata, o una reazione intellettuale per risolvere un enigma, ma costituisce la riattualizzazione di una realtà dei primordi, una giustificazione e una conferma dell’ordine attuale mediante una dichiarazione di antecedenti esemplari di fondazione. Ma anche il Cristianesimo, a prima vista, si fonda su una ripetizione rituale di un modello mitico, su un « antefatto »[...]

[...] i popoli arii mancavano del senso della cronologia, mentre alcune civiltà religiose del vicino Oriente, come l’Egitto, la Persia, Israele, cominciarono ad aprirsi alla coscienza della storia nella forma rudimentalissima di coscienza cronologica delle geneaologie e delle successioni di regni. Il Lommel osservava inoltre che questa nuova sensibilità del tempo germinata nell’Oriente vicino ricevette nella tradizione giudaicocristiana un incremento così decisivo da rendere familiare per noi l’idea che sia databile anche l’evento della incarnazione di Dio (53). Il riconoscimento del particolare carattere del rapporto fra tempo e Cristianesimo giunse a maturazione soprattutto durante gli anni che seguono immediatamente la fine della seconda guerra mondiale. Nel quadro di tale riconoscimento occupa senza dubbio un posto preminente l’opera di Oscar Culmann, Christus und die Zeit (54). Il Culmann pone il contrasto nel modo più netto: mentre per il mondo greco il simbolo del tempo è il circolo, per la religione iranica, per il giudaismo biblico e [...]

[...]43 sgg.32

ERNESTO DE MARTINO

zione appartiene già al Cristianesimo dei primi secoli, come mostrano le teorizzazioni di Ireneo sul tempo cristiano come extansio del passato nelPavvenire (56).

Riepilogo e osservazioni critiche

Dall’analisi del movimento di rivalutazione esistenziale della religione e del mito negli ultimi quarantanni risulta innanzi tutto che alcuni temi fondamentali vi ricorrono con particolare insistenza e danno per così dire il tono al movimento stesso. Il primo tema è la rivendicazione di una specifica esperienza del sacro, cioè di una realtà radicalmente diversa dal «mondo» e non risolvibile interamente in termini razionali, per quanto ogni forma di vita religiosa racchiuda un processo di razionalizzazione del suo nucleo irriducibilmente irrazionale. Da quando R. Otto teorizzò il «tuttaltro ambivalente» questo tema è diventato in certo senso d’obbligo nei domini più diversi delle scienze religiose: e l’accordo che si è realizzato su questo punto è, nell’interno del movimento, totale. La opposizione fra sac[...]

[...]uminoso vissuto immediatamente dal credente, una più profonda razionalità della vita religiosa come fatto culturale, cioè una regola della sua genesi, della sua struttura e della sua funzione nel quadro di date condizioni storiche dell’individuo e della società. La psicanalisi si mise appunto per questa via, ma col primo freudismo non andò al di là di una infelice riduzione della vita religiosa e del mito alla sessualità « sublimata », lasciando così nell’ombra proprio ciò che più importava, e cioè la qualità specifica e la funzione dinamica dei simboli miticorituali nella concretezza delle singole civiltà religiose. Sotto la spinta della psicanalisi fu tuttavia scoperta la omologia fra la rivissuta iterazione rituale di un mito delle origini e la abreazione nel corso della terapia psicanalistica, e fu dallo stesso Freud abbozzata una distinzione fra la « coazione a ripetere » e l’attiva ripetizione del giuoco e del rito. Ma fu soprattutto merito dello Jung l’aver messo in rilievo il dinamismo del « simbolo », e cioè il suo carattere di p[...]

[...], attraverso questa « pia fraus », si dischiudono di fatto le opere e i giorni che sono connessi al viver civile, e possono anche de jure cominciare ad essere riconosciuti come doni divini e infine nella loro qualità mondana. Il pescatore me38

ERNESTO DE MARTINO

lanesiano, quando affrontava il mare, diventava Peroe mitico Aori e ne ripeteva il viaggio paradigmatico. La storicità del viaggio, con i suoi storici imprevedibili incidenti, era così riassorbita nel modello metastorico, avvenuto nella metastoria una volta per tutte; ma intanto, per entro questa destorificazione delle spedizioni marittime, si realizzavano in concreto imprese che erano di interesse vitale per una popolazione di pescatori. I cacciatori Aranda del clan totemico del gatto selvatico attraversavano un territorio sconosciuto portando con sé, sotto forma di palo, il « centro del mondo », e iterando il centro mitico in ogni luogo di soggiorno del loro peregrinare : essi cioè peregrinavano « come se » si mantenessero sempre al centro; ma intanto, per entro questa de[...]

[...]r impossibile, infatti, che l’amore, quando vi sia, si contenti di rimanere sempre nello stesso stato... (59).

(59) Castello, V Mans., Cap. IV.MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA

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E altrove:

Benché vi siano moltissimi indizi per conoscere se amiamo Dio, tuttavia non possiamo mai esserne sicuri, mentre lo possiamo quanto all’amore del prossimo... Quando vedo delle anime tutte intente a rendersi conto deliberazione che fanno e così concentrate quando sono in essa da far pensare che non abbiano ardire di fare il più piccolo movimento né di divergere il pensiero per paura di perdere quel po’ di gusto e di devozione che sentono, mi persuado che non conoscono il cammino dellunione. Pensano che consista tutto nel fare così. No, sorelle mie. Il Signore vuole opere. Vuole, per esempio, che non ti curi di perdere quella devozione per consolare un’ammalata a cui vedi di poter esser di sollievo, facendo tua la sua sofferenza, digiunando tu, se occorre, per dare da mangiare a lei: e ciò non tanto per lei, quanto perché sai che questa è la volontà di Dio (60).

Così per entro la destorificazione religiosa (« e ciò non tanto per lei, quanto perché sai che questa è la volontà di Dio ») appare alla coscienza non soltanto la necessità dell’opera mondana, ma la produttività mondana è assunta come vero segno dei favori celesti.

Questi passi di S. Teresa pongono il problema dei valori che il simbolo miticorituale cristiano ha mediato alla civiltà occidentale. La recente letteratura sui rapporti fra Cristianesimo e storia, Cristianesimo e tempo, Cristianesimo e mito ha messo in evidenza che il simbolo miticorituale cristiano ha assolto la fondamentale funzion[...]

[...] e dal Rinascimento in poi. Noi abbiamo scoperto oggi le « origini » miticorituali del teatro, delle arti figurative, della letteratura, della danza e della musica, il nesso fra mito, teologia, metafisica e filosofia, il passaggio dalla sacralità del gruppo sociale e dalle ideologie teocratiche ai problemi della moderna convivenza democratica, il liberarsi della tecnica e della produzione dei beni economici dall’orizzonte « numinoso » in cui per così lungo tempo si sono svolte e hanno trovato protezione: ma questa nostra scoperta non è nient’altro che la presa di coscienza di un processo che soprattutto la civiltà occidentale ha condotto innanzi, in un riferimento più

o meno mediato col « senso della storia » dischiuso dal Cristianesimo.

Ma ce qualche cosa di più. Non soltanto il Cristianesimo, al pari di qualsiasi vita religiosa, è stato mediatore di res gestite, non soltanto più di ogni altra forma di vita religiosa ha favorito, in virtù del suo senso della storia, il laicizzarsi di vasti settori della operosità umana, ma ha media[...]

[...] di un umanesimo sempre più coerente e consapevole di sé. In questa prospettiva doveva necessariamente apparire, come risultato, il limite di attualità del simbolo religioso cristiano. Ciò che, in virtù del simbolo cristiano, progredisce nella storia è in ultima istanza un piano di annientamento della storia, una promessa di cancellazione del divenire. E la incarnazione è, sì, un evento storico avvenuto « una sola volta », ma il suo privilegio è così « deciMITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA

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sivo » che nulla di veramente nuovo può accadere « dopo » di esso (61). Per questa via il mito di Cristo al centro della storia torna a configurarsi come un mito delle origini, da iterare nella liturgia e da rivivere nella vicenda sacramentale: e se ciò che viene ripetuto e rivissuto non è l’epoca inaugurale del mondo, ma un evento che sta al centro della storia santa, l’estremo previlegio di questo evento è tale da riconvertire paradossalmente il centro in origine, l’origine in annunzio della fine, e l’annunzio della fine nel calendar[...]

[...]à estrema di accettare coraggiosamente questo risultato della storia religiosa dell’occidente, e di viverlo in tutta serietà, assumendosi l’accresciuta responsabilità umana che comporta. Nascono altresì dal rischio di perdere, insieme alla protezione religiosa, i valori su cui si fonda il viver civile, a delPacuirsi del senso di insicurezza e di precarietà di una storia cui la metastoria miticorituale non fa più da orizzonte protettivo. Fermenta così negli animi non già propriamente un « ritorno alla religione » — per il quale occorrerebbe un oblio totale di

(61) J. Daniélou, contrapponendo la concezione marxista a quella cristiana della storia, scrive: « Per il marxista la storia non è ancora decisa e il suo sguardo si apre sulPavvenire. Per il cristiano, la storia è sostanzialmente decisa e l’avvenimento essenziale è al centro e non al termine » {Essai sur le mystère de Vhistoire> 1953, p. 83).44

ERNESTO DE MARTINO

esperienze e di eventi che volenti o nolenti portiamo nel sangue — ma un urto irrisolvente fra terrore della stor[...]

[...]ze e di eventi che volenti o nolenti portiamo nel sangue — ma un urto irrisolvente fra terrore della storia, nostalgia del simbolo cristiano e più o meno consapevole impossibilità di dimenticare il processo culturale che ha fatalmente dischiuso all’uomo moderno il senso della storia e più ancora l’umanesimo integrale che gli è potenzialmente congiunto. Né quest’urto irrisolvente può trovar esito legittimo in tormentati compromessi sul tipo della cosiddetta «demitizzazione del Nuovo Testamento», patrocinata dal Bultmann: il quale — nel proposito di restituire al messaggio cristiano un significato accettabile per il mondo moderno — si è adoperato a cernere, avvalendosi degli strumenti analitici offerti dalPesistenzialismo heideggeriano, quanto nel Nuovo Testamento è « mito » e quanto « messaggio », col risultato di conservare come « messaggio » ciò che, per l’uomo moderno, è ancora « mito », e di respingere come «mito» ciò, per il credente, costituisce parte vitale del simbolo religioso cristiano (62).

Del resto, per quanto riguarda il «[...]

[...]ansietà e sofferenza della nostra epoca incoraggia tale orientamento': e la « bomba atomica » — questa terrificante prova del potere autodistruttivo dell’uomo — induce anche il più insensibile alla riflessione e allo sbigottimento. Tuttavia, malgrado ciò, occorre avare cautela nelTinterpretare la situazione presente come caratterizzata dal « ritorno alla religione ». La Bibbia può essere proclamata parola rivelata da Dio, ma il 53% di coloro che così proclamano non saprebbe indicare neanche il primo dei quattro libri del Nuovo Testamento... Il ritorno alla religione può essere compreso solo notando la simultanea secolarizzazione della Chiesa. Ciò che « torna » è una istituzione che pone poche domande relative alla fede... Vi è una tendenza a ritenere che la religione è un bene perché è utile per altri maggiori valori, rovesciando così il rapporto mezzofine secondo il quale la religione è considerata il valore supremo. Ciò è in rapporto col fatto che i principali valori della società americana si esprimono in termini non religiosi, ma secolari e soprattutto nazionali [cioè come esaltazione del «modo americano di vita »] (63).

Da quanto è stato fin qui detto e ragionato affiora un risultato preciso: il sacro è entrato in agonia e davanti a noi sta il problema di sopravvivere come uomini alla sua morte, senza correre il rischio di perdere — insieme al sacro — l’accesso ai valori culturali umani, o di lasciarci travolgere d[...]



da Franco Cagnetta, Inchiesta su Orgosolo. Parte prima: I ricordi di Ziu Anzelu Zudeu (Angelo il Giudeo[Angelo Floris]), pastore, cacciatore di tesori in Orgosolo in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 9 - 1 - numero 10

Brano: [...]a riccioli, a boccoli, a Nazzarena, con pezzi di lardo oppur di olio porcino nella testa. Era contro i pidocchi. Si tagliava solo nel carcere e: Tosau ses era un malaugurio. In testa avevo sa berritta, ossia berretto nero a calze, sardo.
Quando pioveva io tutto mi bagnavo, e non c'era il cambio. Dovevo asciugarmi al fuoco o al sole. E, all'asciugarsi, le pelli al piede non conciate si indurivano e si facevano come ferro, impedendo di camminare, così che bisognava correre al fiume per ammorbidirle.
Mi portavo addosso tutta la casa. E per 200, 300 chilometri, o piú. Letto: per terra. Cuscino: una pietra. Una pelle di pecora o di bue vuota, stretta alle zampe, per portare il latte. Per fare formaggio due
128 FRANCO CAGNETTA
o tre vasi di sughero: sos malunes. Allora si riscaldava il latte con pietre arroventate. Poi questo é sparito e abbiamo avuto caldaie di rame. C'era pure qualche forma in legno di perastro per far formaggio, qualche fune e qualche mazza. C'era pure qualche oggetto di pastore come sa muria, ossia mazza per agitare il [...]

[...] trovato il tesoro.
Io rimasi a custodia dei majali e gli altri se ne tornarono.
Mi metto a cercare e trovo solo pietre. Mattoni e mattoni. Nella distrazione mi ho perso due maiali pure.
Erano due o tre mesi che cercavo. La storia di s'ussorgiu, ossia tesoro, si sa nel paese di Oliena. E ziu Battista Grehu organizza una combriccola con quegli olianesi. Ha pensato: Quelli di Oliena sono meno soggetti a1 diavolo tentatore di quelli di Orgosolo. Così ci avranno piú, forza.
Vanno un'altra sera. Ed io vado a vedere. Ma mi hanno scacciato.
Si sono messi a scavare e si dice che hanno trovato solo mattoni. Mattoni e mattoni. Trovano pure il resto della mola rotta, che era 11 rimasta.
Ma a me la passione di cercare era ora venuta. Ci dovevano essere monete d'oro e d'argento, perle, rubini e diamanti.
Una volta eravamo in tanti pastori. Si parlava di un tesoro lasciato dai Latitanti in una grotta del Sopramonte. Chi diceva che era mille anni fa, chi diceva che era di Orgurui, un Latitante del 1825. La grotta era, si pensava, sotto a « sa pru[...]

[...]llora abbiamo pensato che, se ricchezza c'era, se l'era già presa qualcuno. E portata chi sa dove. Oppure che il sole non era quello che ci voleva bene, un Padre, e bisognava venire in altro tempo.
INCSUESTA STS ORGOSOLO
Come ho fatto.
Ce ne andiamo e tante volte, ogni tanto, tornavo da solo per anni ed anni. Dopo un giorno di cammino arrivavo a quel Nuraghe. Oggi non esiste quasi più perché io solo l'ho demolito.
E questa storia si conclude così.
Nel paese é cominciato a sapersi che io cercavo i tesori, e trovavo solo pietre. E quasi mi ridevano. Ma io pensavo che non avevano ragione, e che, prima o poi, un tesoro lo avrei trovato. Ci dovevano essere monete di oro e di argento, perle, rubini e diamanti.
Dopo qualche anno (ne avevo ora 30 o 40, non ricordo) viene un prete ad Orgosolo che ci aveva una carta del tesoro. La aveva avuta da Latitanti e, a quanto so, da un altro prete che teneva la roba rubata, rubava e, per un tempo, era Latitante.
In quella carta ci era un disegno tutto a matita, con una croce al centro: il segno di un[...]

[...]iamo salita per tutta la notte, tra i sassi. Ogni tanto il prete si voleva riposare.
— Andiamo, andiamo! — dicevo.
— C'è ancora strada?
Lo scemo rideva, gridava.
Siamo sul posto verso l'una, le due. Il prete esce la carta e si mette
a leggere in latino. Ci aveva una fune e da una quercia a un sasso
prendeva le misure. Faceva salti e gridava ogni tanto certe parole
come: — Gú gú, bú bù.
Lo scemo batteva le mani, saltava. E faceva pure lui così.
Il prete, alla fine, trova il punto, e si mette in ginocchio.
— In ginocchio! — dice — Tre Pater, tre Ave, tre Gloria!
E io e lo scemo, insieme, giuriamo di saperle.
— Adesso — dice il prete — dovete levare gli occhi al cielo e, quando sta per cadere una stella, cominciate a zappare.
Era di giugno. Ma ci avevo paura che la stella non cadesse. Oppure, che, tenendo gli occhi al cielo, il prete, sotto al naso, mi portasse via il tesoro.
Così dice il libro!
— E va bene!
Lo scemo guarda le stelle ed io il prete. Il prete sempre diceva le sue orazioni di diavolo: — Gú gú, bù bù.
All'improvviso cade una stella ed io ero morto quasi dalla gioia. Cominciamo a zappare, a zappare. E scava e scava: avremo fatta una buca di due metri. Forse piú.
— Forza, forza! — dice il prete — Io faccio le orazioni.
E dice ancora: — Gú gú, bú bú.
Lo scemo pure.
Tutt'a un tratto sento qualche cosa dura. Io grido, il prete grida,
lo scemo più di tutti. Ci siamo abbracciati.
Ora bisognava pensare a tirare il tesoro.
Tiro. E c'era una certa forza. [...]

[...] pietra é il segno di un tesoro ».
Dico: — Di questa pietra ne ho vista a Osporrai, a Fundales, a
Iserrai.
Dice: — Puoi venire a mostrarmela? Ti pago una giornata.
— Buono, buono!
Siamo rimasti d'accordo e dopodomani mattina viene a Orgosolo
a cavallo. Lo ho portato subito a quei luoghi, a vedere quelle pietre.
— Questo é un filone — dice.
No — dico io. — Non vi inganno (avevo capito che diceva che
io sono furbo, e cioè filone). Pietre così ce ne é in tanti posti.
— Andiamo a vedere.
Andiamo e si é visto tutto.
E ad Iserrai dice: — Qui c'é un tesoro!
« Ci siamo, penso io. Questa é la volta buona! ».
Si vedevano pietre stellate a terra.
— Bisogna fare un saggio. Qui c'é una galleria. Deve essere stata fatta dagli antichi romani.
— E scaviamo pure noi — dico io. — Presto! presto! Cerchiamo iI tesoro.
— No — dice Sanguinetti. — Qui bisogna fare uno sfruttamento regolare. Dobbiamo continuare la galleria e pigliare la calamina.
— Beh — ho pensato. Questo vuole pigliare tempo!
— Intanto ti dó lavoro, a te e ad un altro.
— [...]

[...]: «Io cercavo il tesoro e il tesoro ce lo avevo sotto il' naso. Quando il tesoro c'é, viene uno straniero e me lo leva ».
Da allora tutte quelle pietre stellate le raccoglievo. E le portavo a casa. Dove non c'era più posto. Un giorno, con mio figlio, ne facciamo una carrettata; e le portiamo a Mamoiada per venderle. Ma non le hnno volute. Mi hanno detto che non erano calamina, ma come le altre, e, di come quelle, ce ne erano a milioni.
Così ci abbiamo rimesso il viaggio ed io la speranza e il lavoro.
Visto, dunque, che non trovavo tesori sotto terra, io penso, me li vado a trovare, come gli altri, sopra terra. Il frutto di pastore era niente. Come postino ero fallito. Vado a fare il rapinatore o bardaneris. Cioè in bardane.
i



I40 FRANCO CACNETTA
In antico queste rapine erano combinate proprio bene.. Ci riunivamo in gruppi di tanti e tanti, a volte tutto il paese, e a cavallo, o a piedi, con l'arma in mano, andavamo ad un altro paese. Qui, dopo circondato, e sparita la forza pubblica, casa per casa f[...]

[...]ORGOSOLO 141
Quando ci abbiamo visti presi in mezzo, aspettiamo un poco. E ce ne andiamo.
Strada facendo troviamo 4 o 5 miaiali magri, non so di chi. Ce li prendiamo, principiando a mangiarli.
Passa ziu Pasquale, quell'uomo dell'attacco, e ci saluta. Lo invita e accetta. Dice che ci ha riconosciuti al rubatorio, due ore prima. E noi gli diciamo che si, che lo abbiamo conosciuto. C'era stata sorpresa di uno e l'altro, lotta, ma a viso franca.
Così, contento, ha mandato a chiamare quei pastori di prima, suoi parenti, e abbiamo combinato, insieme le parti, con altro rubatorio.
Un'altra sera eravamo andati a fare altro affare, ossia bardana, in località Marghine, sopra S. Ananio.
Uno, il capo, dice agli altri: — Andate un poco avanti che mi fermo a pisciare.
Ecco, a un tratto, che si presenta un'ombra. E il capo si è fermato. La ha riconosciuto subito: era un compagno morto in altra bardana.
Lo spirito presentandosi disse: — Non andate. Perché se andate non vi riuscirà bene. Avrete scontro ed uno resterà.
Il capo ritorna, pallido, e[...]

[...] parla lo riconosco. Non posso dire il nome perché lui stesso mi ha pregato di non dirlo. Ché si trovava all'inferno e non voleva farlo sapere al paese per non far scandalo.
Passa lui e viene allora un altro spirito. Che era un famoso dottore. A tutte le malate che andavano a interpellarlo parlava in grande forma. Diceva la malattia e quella erba o medicina che bisognava. L'amico era andato lá per la moglie ammalata, e gli ha detto: — Devi fare così e così. — Gli dice tutto e poi: — La medicina che ti insegno, non la
144 FRANCO CAGNETTA
può guarire perfettamente: Sari solo una riparázione al male. Che è
catarro cronico di intestino.
Erano anni che lui andava invece da medici di Nuoro, di Gavoi,
senza potere mai saper niente!
Poi viene il mio turno (ero l'ultimo), ed io domando: — Ditemi
dove c'è un tesoro. Anche piccolo.
Sento fischi, rumori come il vento, e silenzio.
La spiritata si é afflosciata.
Dice Maria: — Io credo che non puoi mai più saperlo. Gli spiriti
lo sapevano. Ma appena tu gli hai ricordato che c'erano dei tesori sono[...]

[...]hi, rumori come il vento, e silenzio.
La spiritata si é afflosciata.
Dice Maria: — Io credo che non puoi mai più saperlo. Gli spiriti
lo sapevano. Ma appena tu gli hai ricordato che c'erano dei tesori sono
scappati per andare a cercarseli.
Come, infatti, da quel momento di spiriti non ne ho più visti.
Il mio amico ha lasciato 11 una coscia di pecora e tre o quattro lire,
che erano un tesoro vero.
Pur di tesori ce ne devono stare ancora.
Cosi, come mi hanno detto gli spiriti, da quel giorno non ne ho
più trovati.
Ma spero che non se li siano presi tutti. loro.
Ci devono essere ancora ad Orgosolo monete di oro e di argento,
perle, rubini e diamanti.
Se non fossi così vecchio, che ora posso solo parlare e dirlo 'agli
altri, io me ne andrei subito — a cercare dei tesori.



da Giudizi di Antonio Gramsci su Benedetto Croce in KBD-Periodici: Rinascita - Mensile ('44/'62) 1944 - numero 1 - giugno

Brano: LA RINASCITA 7
Giudizi di Antonio Gramsci su Benedetto Croce t
Casa Penale di Turi, 13 aprile 1932
Quando avrò letto il libro del Croce sarò molto contento di esserti utile, scrivendoti qualche nota critica in proposito, non una recensione compiuta; come tu desideri, perché sarebbe difficile da buttar giù così all' improvviso. Del resto ho già letto i capitoli introduttivi del libro, perché già apparsi in opuscolo indipendente qualche mese fa e posso già da oggi incominciare a fissarti alcuni punti che ti potranno essere utili per fare delle ricerche, e informarti meglio, se vuoi dare al tuo lavoro una certa organicità e qualche ampiezza. La prima quistione da porre potrebbc, a mio parere, essere questa : quali sono gli interessi culturali oggi predominanti nell'attività letteraria e filosofica del Croce, se essi sono di carattere immediato, o di portata più generale e rispondenti.a esigenze più pr[...]

[...]no quelle nate dalle passioni del momento. La risposta non è dubbia; l'attività del Croce ha origini lontane e precisamente dal tempo della guerra. Per comprendere i suoi ultimi lavori occorre rivedere i suoi scritti sulla guerra, raccolti in due volumi (Pagine sulla guerra, 2" ediz. accresciuta). Non ho questi due volumi, ma ho letto questi scritti a mano a mano che furono pubblicati. Il loro contenuto essenziale può essere brevemente riassunto così : lotta contro l'impostazione data alla guerra sotto l'influenza della propaganda francese e massonica, per la quale la guerra divenne una guerra di civiltà, una guerra tipo c Crociate » con lo scatenamento di passioni popolari a carattere di fanatismo religioso. Dopo la guerra viene la pace, cioè al conflitto deve succedere una ricollaborazione dei popoli non solo, ma ai raggruppamenti bellici succederanno raggruppamenti di pace e non è detto che i due coincidano ; ma come sarebbe possibile questa ricollaborazione generale e particolare, se un criterio immediato dI politica utilitaria divent[...]

[...]ha permesso agli intellettuali italiani di riannodare i rapporti con gli intellettuali tedeschi, cosa che non è stata e non é facile per i francesi e i tedeschi, quindi l' attività crociaua é stata utile allo Stato italiano nel dopoguerra quando i motivi più profondi della storia nazionale hanno portato alla cessazione dell'alleanza militare francoitaliana e a uno spostamento della politica contro la Francia per il riavvicinamento alla Germania. Così il Croce, che non si è mai occupato di politica militante nel senso dei partiti, è diventato ministro dell'istruzione pubblica nel governo Giolitti nel 192021. Ma é finita la guerra ? Ed è finito l' errore di innalzare indebitamente criteri particolari di politica immediata a principi generali, di dilatare le ideologie fino a filosofie e religioni ? No, certamente ; quindi la lotta intellettuale e morale'continua, gli interessi permangono ancora vivaci ed attuali e non bisogna abbandonare il campo. La seconda quistione è quella della posizione occupata dal Croce nel campo della cultura mondia[...]

[...]tività di pensatore di circa 29 anni) è rivolta ad approfondire il suo revisionismo di quaranta anni fa.
Carissima Tania, se cenni simili a questi ti possono essere utili per il ttto lavoro, scrivimelo e cercherò di fissarne qualche altro .. .
LA RINASCITA
Casa penale di Turi, 25 aprile 1932
. Non so ancora se le note che ti ho scritto sul Croce ti abbiano interessato e se sono conformi alle necessità del tuo lavoro : credo che me lo dirai e cosí potrò regolarmi meglio. Del resto tieni conto che si tratta di accenni e di spunti che andrebbero svolti e completati. Ti scrivo un paragrafo anche questa volta ; tu poi riordinerai secondo che ti parrà più opportuno. Una quistione molto interessante mi pare quella che si riferisce alle ragioni della grande fortuna che ha avuta l'opera del Croce, ciò che non avviene di solito ai filosofi durante la loro vita e specialmente non si verifica troppo spesso fuori della cerchia accademica. Una delle ragioni mi pare da ricercare nello stile. E stato detto che il Croce è il più grande prosatore itali[...]

[...]e la storia è razionalità. Bisogna tener conto inoltre che a molti il pensiero di Croce non si presenta come un sistema filosofico massiccio e di difficile assimilazione come tale. Mi pare che la più grande qualità di Croce sia sempre stata questa : di far circolare non pedantescamente la sua concezione del mondo in tutta una serie di brevi scritti nei quali la filosofia si presenta immediatamente eviene assorbita come buon senso e senso comune. Così le soluzioni di tante quistioni finiscono col circolare divenute anonime., penetrano nei. giornali, nella vita di ogni giorno e si ha una grande quantità di c crociani > che non sanno di esserlo e che magari non sanno neppure che Croce esiste. 'Così negli scrittori cattolici è penetrata una certa somma di elementi idealistici da cui essi oggi cercano di liberarsi senza però riuscirvi, nel tentativo di presentare il tomismo come una concezione sufficiente a sè stessa e sufficiente alle esigenze intellettuali del mondo moderno .. .
Cosa penale di Turi, 2 maggio 1932
... Ti posso ancora fissare qualche punto di orientamento per un lavoro sul libro del Croce (che non ho ancora letto nel volume): anche se queste note sono un po' scucite, perìso che ti potranno essere utili lo stesso. Penserai poi tu a organizzarle per conto tuo, ai fini del[...]

[...]rati. N. d. R.
LA RINASCITA 9
berare il pensiero moderno da ogni traccia di trascendenza, di teologia, e quindi di rnetafisica in senso tradizionale; seguendo questa linea egli è giunto fino a negare la filosofia come sistema, appunto perchè nell'idea di sistema è un residuo teologale. Ma la sua filosofia è una filosofia c speculativa > e in quanto tale continua in pieno la trascendenza e la teologia con un liazguaggio storieistico. fl Croce è cosi immerso nel suo metodo e nei sun linguaggio speculativo, che non puö giudicare che secondo essi; quando egli scrive che nella filosofia della praxis la struttura è come un Dio ascoso, ciò sarebbe vero se la filosofia della praxis fosse una filosofia speculativa e non uno storicismo assoluto, liberato davvero e non solo a parole da ogni residuo trascendentale e teologico. Legata a questo punto è un'altra osservazione che più da vicino riguarda la concezione e la composizione della Storia d' Europa. Può pensarsi una storia unitaria dell' Europa che si inizi dal 1815, cioè dalla Restaurazione? S[...]

[...]' Europa che si inizi dal 1815, cioè dalla Restaurazione? Se una storia d'Europa può essere scritta come formazione di un blocco storico, essa non può escludere la Rivoluzione francese e le guerre napoleoniche, che del blocco storico europeo sono la premessa c economicogiuridica r,, il memento della forza e della lotta. Il Croce assume il momento seguente, quello in cui le forze scatenate precedentemente si sono equilibrate, c catartizzate > per cosi dire, fa di questo momento un fatto a sè e costruisce il suo paradigma storico. Lo stesso aveva fatto con la Storia d' Italia : incominciando dal 1870 essa trascurava il momento della lotta, il momento economico, per essere apologetica del momento puro eticopolitico, come se questo fosse caduto dal cielo. Il Croce, naturalmente con tutte le accortezze e le scaltrezze del linguaggio critico moderno, ha fatto nascere una nuova forma di storia retorica ; la forma attuale di essa è appunto la storia speculativa. Ciò si vede meglio ancora se si esamina il concetto c storico che è al centro del lib[...]

[...] Croce durante la guerra e vedi se implicitamente non vi si contenga la risposta a una parte delle tue domande attuali. La rottura col Gentile
avvenuta nel 1912, ed è il Gentile che si è staccato dal Croce, che ha cercato di rendersene filosoficamente indipendente. Non credo che il Croce abbia mutato orientamento da quel tempo in poi, sebbene abbia definito meglio le sue dottrine ; un mutamento più notevole è quello avvenuto dal 900 al '910. La cosiddetta c religione della libertà >' non è una trovata di questi anni, è il riassunto in una formula drastica del suo pensiero di tutti i tempi, dal momento in cui abbandonò il cattolicismo, come egli stesso scrive nella .sua autobiografia intellettuale. (Contributo alla critica di me stesso).
Nè in questo il Gentile mi pare in disaccordo col Croce. Credo che tu dia una interpretazione inesatta della formula c religione della libertà poichè le presti un contenuto mistico (così potrebbe credersi dal fatto che tu accenni a un crifugiarsi ) in questa religione e quindi a una specie di c fuga r, d[...]

[...]bertà >' non è una trovata di questi anni, è il riassunto in una formula drastica del suo pensiero di tutti i tempi, dal momento in cui abbandonò il cattolicismo, come egli stesso scrive nella .sua autobiografia intellettuale. (Contributo alla critica di me stesso).
Nè in questo il Gentile mi pare in disaccordo col Croce. Credo che tu dia una interpretazione inesatta della formula c religione della libertà poichè le presti un contenuto mistico (così potrebbe credersi dal fatto che tu accenni a un crifugiarsi ) in questa religione e quindi a una specie di c fuga r, dal mondo ecc.). Niente di questo. Religione della libertà significa semplicemente fede nella civiltà moderna, che non ha bisogno di trascendenza e rivelazioni ma Contiene in sè stessa la propria razionalità e la propria origine. È quindi una formula antimistica e, se vuoi, antireligiosa. Per il Croce ogni concezione del mondo, ogni filosofia, in quanto diventa una norma di vita, una morale, è c religione ). Le religioni nel senso confessionale sono anche esse a religioni ar ma[...]

[...]ini di tale dottrina sono già in Hegel e nel Vico e sono patrimonio comune di tutta la filosofia idealistica italiana, sia del Croce che del Gentile. Su quests dottrina è fondata la riforma scolastica gentiliana per ciò che riguarda l'insegnamento nelle scuole, che anche il Gentile voleva limitato alle sole elementari (fanciullezza vera e propria) e che, in ogni caso, neanche ii governo ha voluto chg fosse introdotto nell'insegnamento superiore. Così io credo che tu forse esageri la posizione del Croce nel momento presente, ritenendolo più isolato di quanto sia. Non bisogna
lasciarsi ingannare dall' effervescenza polemica di scrittori più o meno dilettanti e irresponsabili. Una bella parte delle site attuali concezioni il Croce l'ha esposta nella rivista Politica diretta dal Coppola e dal ministro Rocco e non solo il Coppola, io credo, ma molti altri sono persuasi dell' utilità della posizione presa dal Croce, che crea la situazione in cui è possibile l'educazione reale alla vita statale dei nuovi gruppi dirigenti adorati nel dopoguerra.[...]



da Saverio Montalto, Memoriale dal carcere in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 7 - 1 - numero 3

Brano: [...] assai modesto commerciante di tessuti a nome don Cesare Armoni oriundo da T..., che

10 conoscevo già di vista, padre del Giacomo e di altra numerosa prole, ma che lui ed in ispecie la moglie non ne volevano sapere affatto di questo matrimonio del figlio e ciò non solo perché c’era prima una figlia da collocare sicuramente, a dir loro, con un professionista o medico o avvocato, ma anche perché principalmente pretendevano che

11 loro figlio così bello, così grande affarista, così temuto che dove passava lui tremava la terra ecc. ecc. doveva sposare almeno almeno una principessina milionaria e di alto lignaggio e non mai una donna povera e di basse condizioni sociali come mia sorella. Seppi anche che il Giacomo era un giovanottino di primo pelo installato con una botteguccia di tessuti nella via Vecchia di T... rinomata allora nel paese perché ci abitava il fior fiore della prostituzione e che il giovanottino non solamente spandeva e spendeva, come si suol dire, interesse e capitale, ma per quanto ambiva passare per valoroso capo dell’onorata società, il che, naturalme[...]

[...]omportamento più da maffioso che da persona perbene, mi disse : « Io sono il fidanzato di vostra sorella! ».

Io intesi che il solito fremito di paura , mi agghiacciò, ma mi dominai con un grande sforzo di volontà e risposi : « Ah sì ? E che cosa volete? ».

« Voglio chiedervi la sua mano! ».

«A me? Prima di me c’è mio padre! Io non conto! ».

«No! So che voi contate tutto!».

«Ma vi sembra regolare chiedermi voi la mano direttamente, così in mezzo alla strada? Anzitutto voi siete figlio di famiglia senza128

SAVERIO MONTALTO

nessuna posizione e quindi non potete sostenere il peso di una nuova famiglia, e, poi, c’è anche che i vostri genitori non acconsentono che voi vi sposiate! Fate venire i vostri genitori e poi si vedrà! ».

« I miei genitori per ora non possono venire! Ma non importa! Voi intanto mi ammettete in casa e poi quando ritornerò dal soldato mi sposerò! ».

« Ma avete pensato che non è giusto ammettere in casa un ragazzo come voi figlio di famiglia? E poi mia sorella ha ventiquattr’anni e voi appena dic[...]

[...]nsentono che voi vi sposiate! Fate venire i vostri genitori e poi si vedrà! ».

« I miei genitori per ora non possono venire! Ma non importa! Voi intanto mi ammettete in casa e poi quando ritornerò dal soldato mi sposerò! ».

« Ma avete pensato che non è giusto ammettere in casa un ragazzo come voi figlio di famiglia? E poi mia sorella ha ventiquattr’anni e voi appena diciotto. Che l’uomo sia più grande in età è meglio, ma per la donna non è così! ».

« Io non sono un ragazzo come voi dite, perché io mi sento più a posto di coloro che sono grandi! Riguardo poi alla differenza d’età ho molto piacere che sia proprio così! Ed allora accettate o non accettate? ».

«Pel momento, mi dispiace; ma non posso accettare nulla».

Il giovanotto a questo punto si allontanò senza, se ben ricordo, neanche salutare.

Passarono diversi mesi. Io intanto cercai di dissuadere sempre più mia sorella con ogni mezzo compreso quello di allontanarla momentaneamente da M... mandandola a R... dall’altra mia sorella sposata, ma tutto fu tentato inutilmente.

In seguito venni a sapere che il giovanotto frequentava da qualche tempo più allo spesso M..., che forse mia sorella ora lo riceveva in casa di nascosto durante l’assenza m[...]

[...]solo vile, ma anche becco! Ah, ah! ». E ci volle molto tempo perché mi persuadessi in qualche modo che poi, in fondo, la gente si preoccupava dei casi miei tanto e non quanto. Mi rammento che in questo periodo un giorno incontrandomi col mio collega Giovanni Mollica, mi disse: «Ho saputo che Giacomello è fidanzato con tua sorella. Stai attento che dopo che le mangia quello che ha, la piglia a bastonate e la caccia via ». Io finsi di non capire e così passò anche questa. Superata la vera crisi decisi, in via d’accomodamento provvisorio, di abbandonare mia sorella al suo destino e pregai anche mio padre e le altre mie sorelle di non occuparsene più neanche loro. Ma non era questa la vera via d’uscita, perché ora più di prima amavo mia sorella e benché mi sforzassi di non pensare più a lei, in alcuni istanti sentivo inavvertitamente che l’anima sanguinava per la sua perdita e che nel contempo l’avvilimento mi abbatteva sempre più e che la paura di dovermi incontrare da un momento all’altro con quell’individuo, mi atterriva anche sempre più. [...]

[...]la speranza di far tacere il tormento che per partito preso tenevo celato in fondo al cuore. Qualcuno in quel tempo mi prese per pazzo, e credo che non aveva tutti i torti, perché sciupavo a destra e a manca non solo tutto quello che guadagnavo ma anche ciò che avevo potuto realizzare vendendo parte della mia poca proprietà e quando non potevo avere danaro diversamente prendevo a prestito presso banche e privati che mi davano credito.

Arrivai così verso la metà del 1930 e mi trovavo oberato di debiti e mezzo rovinato. In questo frattempo erano avvenuti vari mutamenti. Gli Armoni erano falliti ed avevano liquidato tutto rimanendo sul lastrico, e, del resto, non poteva andare altrimenti, data la loro stupidaggine ed inettitudine, tanto vero che quando si voleva nel paese dire che un individuo era veramente sciocco, si esclamava : « È più stupido di don Cesare Armoni! ». Ultimamente veramente avevano riaperto il negozietto, ma non c’era più nulla e se vendevano qualche scampolino non bastava per il pane e tutti si domandavano come facevan[...]

[...] già, dato che da molto tempo prima che fosse partito per soldato, facevano vita comune e quasi maritale. Seppi pure che in quei giorni mia sorella stava contrattando per vendersi anche la casa, giacché l’amante le chiedeva insistentemente ancora altro danaro, ma siccome della casa figuravo io il proprietario, mandai a dire ad un certo Pantaleone Nicodemo che limitava e che perciò voleva comprarla di non fare alcun passo perché la casa era mia e così la casa non fu venduta. Intanto dopo alcuni mesi il Giacomo Armoni ritornò dal soldato e venni a sapere che ora che mia sorella non aveva più nulla cercava di allontanarsi pian piano e che nonMEMORIALE DAL CARCERE

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intendeva più sposarla. Mia sorella di questo fatto aveva avuto anche lei sentore ed aveva dichiarato che quando diventava certa e sicura che l’Armoni non l’avesse più sposata sarebbe andata a gettarsi di notte tempo in un pozzo vicino al paese. Più tardi venni a sapere ancora che se io mi fossi messo in mezzo impegnandomi di sborsare agli Armoni una data cifra, forse poi[...]

[...]ra spazio sufficiente per alloggiare una nuova famiglia. Io gli risposi che poteva sposare subito lo stesso giacché pel momento lui e mia sorella potevano venire ad abitare con me dato che avevo cinque stanze ed abitavo solo, che non era il caso di fare inviti o altro, che per le poche spese di matrimonio ci avrei pensato io ed anche per il loro mantenimento finché non si fossero messi in condizioni di non avere bisogno di nessuno. Lui accettò e così decidemmo che all’indomani saremmo andati insieme ai suoi a M... per riconciliarmi con mia sorella. Difatti all’indomani mattina andammo a M..., ci riabbracciammo con mia sorella piangendo entrambi lungamente senza poterci dire una parola e ritornammo ad amarci c volerci bene come un tempo. Quel giorno fu uno dei giorni più felici della mia vita.

Il matrimonio si celebrò verso gli ultimi giorni di dicembre di quel 1930. Mia sorella conservava ancora duemila lire che consegnò132

SAVERIO MONTALTO

al suo Giacomo, il quale parte diede a suo padre e parte tenne per sé per recarsi a Paler[...]

[...]ammo ad amarci c volerci bene come un tempo. Quel giorno fu uno dei giorni più felici della mia vita.

Il matrimonio si celebrò verso gli ultimi giorni di dicembre di quel 1930. Mia sorella conservava ancora duemila lire che consegnò132

SAVERIO MONTALTO

al suo Giacomo, il quale parte diede a suo padre e parte tenne per sé per recarsi a Palermo insieme a mia sorella per qualche giorno in viaggio di nozze. Dopo alcuni giorni ritornarono e così vennero a stabilirsi presso di me nella casa che abitavo anche ultimamente.

Questa la vera storia ed i fatti che mi costrinsero a mettermi in relazione con la famiglia Armoni, la quale mi portò in seguito nel baratro profondo in cui mi trovo.

I primi a frequentare allo spesso la mia casa furono i genitori e la sorella Aurora di mio cognato di qualche anno maggiore di lui e cioè ventiquattrenne. I due gemelli allora undicenni venivano per fare qualche servizietto e per trasportare Pacqtia dal vicino pozzo o dalla vicina fontana, il fratello Lorenzo l’attuale insegnante si trovava volonta[...]

[...]o tempo che dormiamo ognuno per conto nostro. Ed è stato anche per causa sua che i miei fratelli, quello che sta qui a N... e quello dell’America mi hanno abbandonata e non vogliono più saperne di me. Ma a me interessa poco anche di loro. Mi accontento che le mie figlie ed i miei figli facciano i servi, ma da loro non vado. Però io spero che il Signore m’aiuterà e che quanto prima sposo le mie figlie, giacché per i maschi non ci penso affatto, e così poi voglio divertirmi e scialarmi, perché io ancora sono giovane e bella ed è proprio ora che incomincio a gustare e a capire che significa divertimento, perché fino ad ora, si può dire, che sono stata una ragazzina ingenua! Io e voi non sembriamo di eguale età, non è vero? », Io sorridevo e non potevo fare a meno a non acconsentire a tuttocciò che diceva. La figlia poi sembrava per davvero un’angela calata dal paradiso: nei modi, nel comportamento, nella benevolenza verso mia sorella, per quanto verso di me si mantenesse alquanto riservata e noncurante: si notava in lei solamente un certo in[...]

[...]uanto riservata e noncurante: si notava in lei solamente un certo incedere risoluto, altero e spigliato che mentre da un lato la rendeva più attraente ed intraprendente dall’altro poteva far pensare piuttosto ad una donna navigata, ma nel resto tutto a meraviglia. La madre inoltre quando parlava di mia sorella e di me, ma in ispecie di mia sorella, sembrava addirittura che le volassimo entrambi dagli occhi. Dato ormai che il destino aveva voluto così ella ci considerava già più che figli e non c’erano parole adatte per potere esprimere tutto l’affetto che nutriva per noi due. Certo il suo Giacomo bello, il suo Giacomo meraviglioso, il suo Giacomo grande ed immenso era sempre la pinna del suo cuore, ma noi, noi eravamo ancora qualcosa più di lui! Anche don Cesare ed il resto dei figli, quantunque meno espansivi, si dimostravano a quell’epoca affettuosi, obbedienti e riverenti. Giacomo ora verso di me sembrava avere anche soggezione e sottomissione e mi fece ricredere in gran134

SAVERIO MONTALTO

parte di tutta la mia paura che un tem[...]

[...]ato, oltre al resto, a chiedere spesso benché sotto titolo di prestito, specie quando non poteva aggiustare diversamente per la spesa giornaliera, del danaro, che io facevo di tutto per dare, sia perché non volevo figurare che stavo in brutte acque sia che mi sentivo obbligato per le cinque mila lire che avevo promesso a mio cognato Giacomo. Per fortuna che allora godevo anche della nona categoria di pensione per una ferita riportata in guerra e così in qualche modo me la cavavo bene. Avevo smesso anche da un pezzo di andare al circolo, non facevo più spese inutili e pazzesche e dato ora che c’era mia sorella, quando non avevo altro da fare, o restavo in casa oppure mi recavo dagli Armoni ovvero andavo a sedermi nel loro negozio. In uno di questi giorni mi vidi chiamare dal sarto Antonio De Vincenzo da N... per dirmi che mio cognato prima di sposare gli aveva ordinato un vestito, ma dato che poi lui si era rifiutato di darlo in credito, giacché lo sapeva cattivo pagatore, mio cognato ora, a sua volta, gli aveva mandato a dire che il vesti[...]

[...]ancora le cinquemila lire non le ho potute trovare, né penso che le troverò per ora. E poi, come sai, a nostro padre debbo badare io ed anche a nostra sorella di R..., dato che anche lei si trova un po’ male, di tanto in tanto debbo mandare qualcosa. Per te e per tuo marito, per il momento, ci penserò io a tutto ed anche per la sua famiglia per quanto posso. Intanto cercherò di sposarmi, giacché ormai che tu sei a posto, posso farlo senz’altro e così con la dote che prenderò si aggiusterà ogni cosa. E poi, se anche oggi vi dessi queste cinquemila lire, cosa fareste? Il negozio non ve lo potete impiantare sicuramente, perché cinquemila lire non bastano neanche per le tasse che si debbono pagare. Perciò conviene aspettare, perché intanto forse i tempi cambieranno e da cosa nasce cosa ».

«Per me figurati! Era per te che io mi preoccupavo, perché pensavo che volessi stare libero. Ma ormai che è così, per noi tanto di guadagnato. Significa che quando ti sposerai poi se ne parlerà. Del resto neanche Giacomo ha detto più nulla, perché sa bene[...]

[...]n la dote che prenderò si aggiusterà ogni cosa. E poi, se anche oggi vi dessi queste cinquemila lire, cosa fareste? Il negozio non ve lo potete impiantare sicuramente, perché cinquemila lire non bastano neanche per le tasse che si debbono pagare. Perciò conviene aspettare, perché intanto forse i tempi cambieranno e da cosa nasce cosa ».

«Per me figurati! Era per te che io mi preoccupavo, perché pensavo che volessi stare libero. Ma ormai che è così, per noi tanto di guadagnato. Significa che quando ti sposerai poi se ne parlerà. Del resto neanche Giacomo ha detto più nulla, perché sa bene che con cinquemila non c’è niente da fare e che se ne andranno di qua e di là senza alcuno profitto. Io penso però che le voleva per Aurora, ma ormai che hanno scombinato il matrimonio, credo che non ci pensa più neanche lui. E poi come potevano fare? Se non hanno, come si dice, neanche per comprarsi il pane? Come facevano a dare le diecimila lire che il padre di Spezzano chiedeva? ».

Passarono diversi mesi. In questo frattempo mi era capitato un fa[...]

[...] un punto che per uscire e scendere giù, dovevo passare assolutamente dietro le sue spalle. E giacché lei era abbastanza voluminosa, chiesi permesso; ma lei sorrise in modo strano e senza affatto spostarsi.

Io allora, tutto trasecolato, richiesi permesso e lei, quasi adirata, rispose: «Passate! Non vi mangio! ». Io dovetti strisciare vicino al muro per passare e poi mi allontanai confuso e vergognoso. Da quel giorno mi mostrai meno cordiale e così lei, capita l’antifona, si fece vedere più di raro e quando ora veniva a casa mia, veniva sempre con la figlia Aurora o in compagnia di altri. La figlia dopo scombinato il matrimonio, si mostrò con me meno altera e più espansiva di prima e con mia sorella più affettuosa che mai. Ma io ormai avevo capito tutto e, benché in fondo l’amassi, cercavo di evitarla il più che mi fosse possibile, perché avevo un certo timore che si potesse accorgere di qualche cosa mio cognato ed un matrimonio tra me e lei, per un complesso di circostanze, specie economiche come ognuno può immaginare, non era mai poss[...]

[...] lei, per un complesso di circostanze, specie economiche come ognuno può immaginare, non era mai possibile e particolarmente in quel momento. Una sera infatti, che mio cognato ci trovò soli nella stanza da lavoro, dato che mia sorella si era allontanata momentaneamente non ricordo più per quale motivo, io rimasi assai male e cambiai colore. Ma lui trovò la cosa semplice e naturale come se nulla fosse, o per lo meno credè opportuno di trovarla, e così io, come Dio volle, dopo un po’ ripigliai l’aspetto normale di prima. Seppi in seguito da mia sorella, forse a questo proposito, che mio cognato un giorno aveva chiamato la madre e le aveva detto: «Oh mamma! Non credi che fra mio cognato ed Aurora ci sia qualche cosa? Tu lo sai che lui non la può sposare! ».

«Oh figlio mio bello! E tu sai che tua madre è donna di permettere certe cose? Tu ormai capisci e puoi sapere da te stesso l’onore e la grande illibatezza di tua madre e di tutta la tua famiglia. Aurora poi, non solo che è la perla fra le perle di N... e di tutto il mondo, ma data la s[...]

[...]ai che lui non la può sposare! ».

«Oh figlio mio bello! E tu sai che tua madre è donna di permettere certe cose? Tu ormai capisci e puoi sapere da te stesso l’onore e la grande illibatezza di tua madre e di tutta la tua famiglia. Aurora poi, non solo che è la perla fra le perle di N... e di tutto il mondo, ma data la sua intelligenza e la sua accortezza, può stare anche in mezzo ad un reggimento di soldati ».

Mio cognato si tranquillizzò e così non se ne parlò più.

Siamo arrivati così verso la fine di agosto del 1931. E mentre mi trovavo a M... ove mi recavo ogni anno per stare un po’ di tempo con mio padre, m’incontrai colla nostra parente ed amica certa donna Maria, la quale mi domandò : « È vero che Anna ha un bambino maschio di tre mesi? ».

Io mi mortificai e risposi che veramente sapevo che doveva sgravare nel mese di ottobre. Donna Maria rimase anche lei male e conMEMORIALE DAL CARCERE

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tinuò : « Scusate, io non sapevo. Così avevo sentito. La gente ne dice di tutti i colori! ».

Ritornato da M... appresi dopo qualche mese a N... che nel paese, non si s[...]

[...] di agosto del 1931. E mentre mi trovavo a M... ove mi recavo ogni anno per stare un po’ di tempo con mio padre, m’incontrai colla nostra parente ed amica certa donna Maria, la quale mi domandò : « È vero che Anna ha un bambino maschio di tre mesi? ».

Io mi mortificai e risposi che veramente sapevo che doveva sgravare nel mese di ottobre. Donna Maria rimase anche lei male e conMEMORIALE DAL CARCERE

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tinuò : « Scusate, io non sapevo. Così avevo sentito. La gente ne dice di tutti i colori! ».

Ritornato da M... appresi dopo qualche mese a N... che nel paese, non si sa come, si era sparsa la voce che io ero fidanzato ufficialmente con Aurora. E difatti dopo qualche giorno incontrandomi col podestà Angelo Spurio mi domandò : « È vero che sei fidanzato colla figlia di Armoni? Stai attento che se tu la sposi, sarò io il primo a non guardarti più in faccia! ». Distaccatomi da lui mi rammentai come diversi anni prima e quando ancora non conoscevo di fatto la famiglia Armoni, una sera al circolo alcuni amici miei compagni di giuoco,[...]

[...]veva sposare Iginio Milano, il quale rappresentava allora il più ricco signore di N..., e che perciò la figlia non poteva fare a meno a non seguire le orme della madre e ciò per un’altra fissazione che, a quell’epoca, sembra avesse avuta l’Aurora per un giovane figlio di signori di N... Intesi fare il nome poi di un altro individuo col quale si malignava che l’Aurora avesse avuto dei rapporti piuttosto intimi, ma io in quel momento m’interessavo così poco di certi fatti, che ci ridevo anch’io sopra e mi divertivo ad ascoltarli. Seppi più tardi che la ragione vera per cui la madre di mio cognato era nemica col fratello dimorante a N... era ben diversa di come l’aveva raccontata lei. Pare che un tempo mentre il geometra Anguria era fidanzato coll’Aurora preferiva corteggiare più la madre che la figlia; ed allora venuta la cosa all’orecchio del fratello, questi chiamò il cognato don Cesare Armoni per metterlo in guardia di ciò che si vociferava nel paese. Don Cesare si adontò e pronto rinfacciò il fratello di sua moglie con ira ammonendolo c[...]

[...]Fu verso questo periodo se non mi sbaglio che pregai il podestà di prestarmi duemila lire, il quale gentilmente me le diede e di ciò gli sono stato sempre grato, non solo perché altri non me le avrebbe date sicuramente, ma per quanto le avevo di grande ed urgente necessità. Non ricordo bene neanche se in questo frattempo dovetti vendere la macchina o poco dopo dato che ormai non la potevo più tenere.

Guarita mia sorella decisi di fidanzarmi e così un giorno le dissi:

« Anna, ormai intendo sposarmi, non solo perché così voialtri vi metterete subito a posto, ma anche per sfatare ciò che si dice per il mio fidanzamento con Aurora. Io vorrei sapere chi è stato che ha potuto mettere in giro questa fandonia! ».

«Io non certo e credo neanche tu. E Giacomo neanche perché sa bene che se tu non sposi una con dote, siamo tutti rovinati ».

«Ma come possono pretendere certe cose, se sono io, si può dire, che vi sto campando a tutti? ».

«Intanto lo pretendono. La madre e gli altri, pur di sposarla, sarebbero capaci di farci andare tutti quanti di porta in porta a chiedere Pelemosina. Me Phan fatto capire chiaram[...]

[...] cui abbastanza seccato si era permesso di tenermi un discorso poco corretto, e poi anche perché avevo trovato una casa più corroda ed indipendente per me e che mi faceva risparmiare circa sessanta lire al mese. Don Cesare Armoni ad un certo punto, non sapendo più che pesci pigliare, dato che il negozio l’aveva chiuso definitivamente, decise di cedere a suo fratello un po’ di terra che gli restava ancora vicino a T... per millecinquecento lire e così con questo danaro se ne andò in Francia in cerca di fortuna. A ciò, in verità, l’avevo incoraggiato anch’io, giacché speravo che col tempo, come lui mi aveva promesso partendo, si140

SAVERIO MONTALTO

sarebbe richiamata colà tutta la famiglia, e se così il destino avesse voluto, oggi io certamente non mi troverei nelle condizioni in cui mi trovo. Ma il destino non permise, e non solo che consumò tutto ciò che aveva portato con sé, ma per quanto mi costò altre sei o settecento lire che dovetti mandargli in seguito.

Durante il periodo che don Cesare rimase in Francia, che non rammento ora se durò un anno o più, io dovetti, oltre al resto, dare tassativamente alla sua famiglia da dieci a quindici lire al giorno per la spesa giornaliera, e mi ricordo anche che dovetti pagare ancora per conto suo altre settecento lire circa di fondiaria e tass[...]

[...]tanto, limitante coll’abitazione dell’autista Michele Pannunzio. Fu in questo periodo ancora che il figlio Giovanni partì per soldato ed il figlio Lorenzo invece venne congedato, dato ch’era stato degradato da sergente a soldato, per il motivo vero che io non ho potuto sapere mai, e quindi non poteva fare più carriera. E per fortuna che suo zio Giulio Armoni, tocco da compassione, vedendolo ora gironzolare per le strade, lo mantenne agli studi e così divenne maestro elementare. Naturalmente gli Armoni, dopo che il loro figlio divenne insegnante, per contraccambiare lo zio del beneficio ricevuto se lo inimicarono di nuovo e poco mancò che non lo battessero e lo malmenassero stante le minacce che gli facevano in mia presenza e specie dopo che PArmoni Giulio si era deciso di sposare per la seconda volta facendo perdere loro la speranza dell’eredità. Appresi in seguito che PArmoni Giulio da tempo non varcava la soglia del fratello, come del resto non la varca tuttavia, proprio per non incontrarsi con la cognata e cioè con la mia attuale suoce[...]

[...]ace sua moglie. Mia suocera allora senza scomporsi rispose : « Me ne strafotto di lui e di quanto è lungo! ». A questo proposito mi dimenticavo di dire, ma giacché ci siamo lo dico, che il frasario della mia suocera e di tutta la sua famiglia, in alcuni momenti era proprio d’ammirare, almeno da quel che potevo udire e sentire con le mie orecchie, e son certo che se i facMEMORIALE DAL CARCERE

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chini delPImmacolatella del porto di Napoli così rinomati ovunque per il loro frasario, avessero potuto udire e sentire anche loro, ne sarebbero rimasti quanto mai ammirati per non dire anche loro sconcertati. E non dimenticherò mai il fatto di quando una volta mia suocera ultimamente, non so più se in seguito ad una rissa alla quale sembra abbia preso parte anche il figlio Giacomo, giacché le risse in casa Armoni, di cui solo i vicini potrebbero dire qualcosa, erano all’ordine del giorno, ebbe a dichiarare: «Quando non c’è altro da fare,

io e le mie figlie, dato che ancora tutti ci vogliono perché siamo belle, ci metteremo sulla strada [...]

[...]ticherò mai il fatto di quando una volta mia suocera ultimamente, non so più se in seguito ad una rissa alla quale sembra abbia preso parte anche il figlio Giacomo, giacché le risse in casa Armoni, di cui solo i vicini potrebbero dire qualcosa, erano all’ordine del giorno, ebbe a dichiarare: «Quando non c’è altro da fare,

io e le mie figlie, dato che ancora tutti ci vogliono perché siamo belle, ci metteremo sulla strada a chiamare chi passa e così staremo meglio d’ora...». Rifacendomi un po’ indietro debbo dire che dopo il mio primo fidanzamento, l’Aurora smise di frequentare la mia casa dimostrandosi con me indifferente e sprezzante; ma io, per far capire a tutti che li avevo trattati sempre come parenti e non per altre ragioni, continuai a frequentare, quando potevo, lo stesso la loro casa. Mia suocera però non si preoccupò affatto dell’Aurora e continuò anche lei nei miei rapporti ad essere tanto affabile e buona; e, senza perdersi d’animo, mandava ora a casa mia, colla scusa di aiutare mia sorella nelle faccende domestiche, conside[...]

[...] quando poi, dopo un certo tempo, io alquanto seccato di questo suo abbaglio feci comprendere che non ne volevo sapere di niente e che non avevo intenzione di sposare, lei rimase male e per poco non fece una malattia, tanto vero che un giorno fummo costretti insieme a mio cognato di portarla a M... dal dott. Nino D’Ascola perché la visitasse attentamente per stabilire di che cosa si trattava. Il dott. D’Ascola non trovò niente di straordinario e così tutti ci pacificammo. Seppi in seguito che per il fatto che la Iva veniva da noi, ci furono in quel tempo, fra l’Aurora e la madre delle scenate, guerre, ingiurie scambievoli ecc. ecc. E dichiaro, fin da questo momento, che se io sono stato costretto fin qui a mettere in chiaro alcuni fatti poco piacevoli riguardanti le donne della famiglia Armoni, come del resto sarò costretto ancora nel seguito di questa esposizione, non l’ho fatto, né lo farò, per mia giustificazione, perché io ormai non ho nulla più da sperare dalla vita, ma l’ho fatto e lo farò perché mio cognato Giacomo impari a conosce[...]

[...]anni colpendola ripetutamente colla paletta di ferro della cucina.

Dopo che anche mio cognato Giacomo si persuase che difficile mente avrei potuto sposare bene facendo le cose in fretta, si decise di andare dal caro amico don Pietro Sorrentino, esperto capostazione cheMEMORIALE DAL CARCERE

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allora si trovava alla Marina di N..., allo scopo d’impratichirsi per poter sostenere l’esame d’assuntore. Io approvai l’idea perché pensavo che così mia sorella si sarebbe allontanata col tempo dal resto della famiglia Armoni per quanto mio cognato ripeteva spesso che se anche avesse vinto l’esame d’assuntore difficilmente se ne sarebbe allontanato da N... giacché non poteva lasciare la famiglia sola e senza alcun mezzo per vivere dato il momento che attraversava e che tutti dovevano mangiare senza che alcuno producesse affatto compreso il padre che era ancora in Francia e che dopo un certo tempo rientrò. E giacché dalla Marina di N... non si poteva andare e venire a piedi tutti i giorni pensai di comprare per l’occasione una bicicletta e[...]

[...]are senza che alcuno producesse affatto compreso il padre che era ancora in Francia e che dopo un certo tempo rientrò. E giacché dalla Marina di N... non si poteva andare e venire a piedi tutti i giorni pensai di comprare per l’occasione una bicicletta e la misi a sua disposizione. Mentre mio cognato si trovava alla Marina di N... conobbe un certo De Angelis anche questo capostazione, il quale aveva un fratello a Palermo grossista di calzature e così consigliò mio cognato d’impiantarsi a N... un piccolo negozio provvisoriamente, ciò che poteva fare con poca spesa, giacché per essere presentato dal fratello grossista ci pensava lui e lui era sicuro che col tempo avrebbe fatto fortuna giacché il tipo di calzature che trattava il fratello, dato che costava pochissimo andava sicuramente per un paese piccolo e rurale come N... Fu deciso e fu fatto. Io stesso feci comprare per tremila lire metà del locale di don Cesare dall’autista Miche Pannunzio

il quale me ne aveva parlato poco tempo prima e così mio cognato Giacomo andò a Palermo, portò [...]

[...]n poca spesa, giacché per essere presentato dal fratello grossista ci pensava lui e lui era sicuro che col tempo avrebbe fatto fortuna giacché il tipo di calzature che trattava il fratello, dato che costava pochissimo andava sicuramente per un paese piccolo e rurale come N... Fu deciso e fu fatto. Io stesso feci comprare per tremila lire metà del locale di don Cesare dall’autista Miche Pannunzio

il quale me ne aveva parlato poco tempo prima e così mio cognato Giacomo andò a Palermo, portò le scarpe e verso l’estate del 1933, così mi sembra, il negozio s’impiantò coll’aggiunta di altra poca merceria che rimaneva dal negozio antico. Io stesso gli trovai il locale, che hanno tuttavia, sotto la casa di Angelo Chiarenza, col quale feci

il contratto e gli pagai pel momento il fitto e poiché il locale era molto grande fu stabilito di dividerlo a metà mediante un tramezzo e così provvisoriamente la metà anteriore fu adattata a magazzino e la metà posteriore per dormire mio cognato e mia sorella considerato che andare e venire da me non era possibile perché abbastanza lontano ed anche perché ormai ognuno di noi voleva rendersi libero per i fatti suoi.

Intanto la Iva aveva smesso anche lei di venire a casa mia, però

io avevo continuato lo stesso ad andare da loro, ma ora sia la madre che il resto della famiglia, benché si sforzassero di accogliermi come prima, pur si capiva benissimo che lo facevano per necessità e perché sapevano che ancora senza di me sarebbero[...]

[...]tano ed anche perché ormai ognuno di noi voleva rendersi libero per i fatti suoi.

Intanto la Iva aveva smesso anche lei di venire a casa mia, però

io avevo continuato lo stesso ad andare da loro, ma ora sia la madre che il resto della famiglia, benché si sforzassero di accogliermi come prima, pur si capiva benissimo che lo facevano per necessità e perché sapevano che ancora senza di me sarebbero morti di fame. La madre in ispecie si vedeva così chiaro che schizzava veleno da tutti i poriSAVERIO MONTALTO

della pelle che solo chi non avesse voluto per partito preso non avrebbe intuito la feroce malvagità contenuta e son certo che se lei avesse potuto mi avrebbe senza pietà e misericordia pestato sotto le piante dei piedi. Ma io pel momento fingevo di non capire e mi ripromettevo di allontanarmene definitivamente come infatti feci dopo un certo tempo. Anche mio cognato Giacomo aveva manifestato tutto ad un tratto la sua natura bestiale e violenta circa alcune screzie ch’erano nate ultimamente tra di noi, screzie che difficilmente s[...]

[...]re e mi ripromettevo di allontanarmene definitivamente come infatti feci dopo un certo tempo. Anche mio cognato Giacomo aveva manifestato tutto ad un tratto la sua natura bestiale e violenta circa alcune screzie ch’erano nate ultimamente tra di noi, screzie che difficilmente si possono evitare nella vita in comune e prolungata; tanto vero che in una di quelle ultime sere che rimase in casa mia, non potendo sfogare diversamente, si mise a battere così violentemente la sua piccola Rosa, che io rimasi paralizzato senza avere nemmeno la forza di fiatare ed intesi che Panr tico freddo caratteristico di paura m’assaliva in tutta la persona più forte ancora di quando l’avevo incontrato un tempo a N... insieme a mia sorella ed all’altra faccia che non ebbi la forza di mirare.

Anche mia sorella aveva capito già molto ed aveva incominciato ad esserne vittima delle loro crudeltà. Ma allora taceva e solo si mostrava mesta e senza riso, perché sapeva che la colpa di tutti i suoi guai ed anche dei miei era stata lei. L’allegria di un tempo era scomp[...]

[...]in tutta la persona più forte ancora di quando l’avevo incontrato un tempo a N... insieme a mia sorella ed all’altra faccia che non ebbi la forza di mirare.

Anche mia sorella aveva capito già molto ed aveva incominciato ad esserne vittima delle loro crudeltà. Ma allora taceva e solo si mostrava mesta e senza riso, perché sapeva che la colpa di tutti i suoi guai ed anche dei miei era stata lei. L’allegria di un tempo era scomparsa per sempre e così rimase fino alla fine. E se qualcuno poi la vide ancora ridere, non si trattava più del riso della vita piena e priva d’affanni, ma si trattava del riso che copre l’amarezza del cuore, giacché chi vive nella vita associata non può farne a meno, e che presto si dilegua non appena è passato il momento convenevole. Ma io l’amavo, ora assai più di prima, perché la vedevo così triste; se l’avessi saputa felice forse non ci avrei neanche pensato a lei; e fu questo il vero motivo che mi attaccò sempre più a lei. Qualche giorno prima d’andarsene, mi chiamò e mi disse:

«Senti Saverio! Io so tutto quello che fino ad ora hai fatto per me ed anche per loro. Ma se anche loro non ti fossero riconoscenti non fa niente, perché tu l’hai fatto per me e perciò non t’importa ». (A questo proposito la suocera affermava sempre con la sua solita ira e ferocia, specie verso gli ultimi tempi, che né lei, né i suoi mi serbavano gratitudine alcuna, perché ciò che avevo fatto io, l’av[...]

[...] vedere, ed io che vendo come mi hai consigliato tu, e stai certo che io mi lascerò guidare da te e non da altri e che non farò come facevano loro che se un individuo entrava la prima non entrava la seconda volta nel negozio, di metterci in condizione di guadagnare per tutti e di non disturbare più a te. Perciò tu finché noi non ci metteremo a posto definitivamente ci darai due o trecento lire al mese, perché a te in fondo non ti fanno niente, e così noi pagheremo l’affitto del negozio e con qualche altra piccola cosa che arrangeremo possiamo, se non altro, comprare almeno il pane per vivere. Se poi abbiamo bisogno qualche volta di altro danaro per comprare momentaneamente della merce, ce lo darai lo stesso, se puoi, ma di questo m’impegno io stessa di restituirtelo non appena fatta la vendita, mettendolo da parte per te ».

«Non ti preoccupare, che farò tutto. Però vedi che ti avverto fin da ora, e lo dirai anche a tuo marito, che là dentro non deve venire nessuno a fare il soprastante e specie il padre e la madre, altrimenti non faret[...]

[...] e considerato anche che si tratta di pochissima vendita, ci starò io ed Iva, perché Iva, come sai, mi vuole molto bene, ed anche a te, del resto, e son sicura che farà come le dico io. Io verrò da te ogni dopo pranzo per aggiustarti la casa e finché tu mi vuoi. Se poi hai bisogno urgente mi manderai a chiamare che lascio ogni cosa e verrò a qualunque ora. Tu verrai a sederti nel negozio la sera, quando non avrai a che fare; è vero che verrai? e così staremo sempre assieme come prima».

Dopo alcuni giorni se ne andò definitivamente a stabilirsi nel negozio. Tutto ciò che apparteneva a loro non c’era più ed anche Giacomo e Rosa erano andati via. Eravamo rimasti io e lei. Il sole stava per tramontare e lei si attardava ancora perché non era capace di distaccarsi. Né io avevo la forza di dirle: vattene! Ma ad un certo punto capimmo entrambi che non si poteva più rimandare ed allora lei attaccandosi con forza al mio collo si mise a singhiozzare. Anch’io singhiozzavo. Ogni tanto ripeteva:

«Mi perdoni? È vero che mi perdoni?».

« Ma di c[...]

[...]savano molto male. Il Romeo a quel tempo si vedeva spesso a braccetto del Lorenzo e qualche volta ci fu anche qualche scampagnata tra il Romeo e il Lorenzo e le donne della famiglia Armoni. Sapevo inoltre che nel paese per tutto questo si malignava abbastanza ed allora facendomi animo, un giorno dissi a mia sorella di dire a suo marito di cercare di allontanare il Romeo con le buone maniere, perché non era regolare che la famiglia coltivasse una così stretta amicizia mentre tra me e il Romeo non correvano buoni rapporti dopo uno sgarbo che alcuni mesi prima avevo ricevuto nel suo salone. Mia sorella trovò che il pretesto per non insospettire il marito era buono e così glie ne parlò. Ma né mio cognato, né sua madre vollero sentire ragione e specie la madre la quale intuì il vero motivo per cui bisognava allontanare

il Romeo e perciò inveì contro mia sorella e per poco non se la mangiò dicendole tutto quello che sapeva mettere fuori lei dalla sua bocca concludendo infine che nessuno doveva permettersi un’altra volta di muovere verbo sulla sua famiglia, perché la sua famiglia era la più onorata del paese di N... ecc. ecc. E perché mio cognato e famiglia non vollero allontanare il Romeo? Perché il Romeo passava per pezzo grosso dell’onorata società. E sia m[...]

[...]era rivolto lo stesso al Maresciallo e questi gli aveva detto di esporre regolare denunzia che poi ci avrebbe pensato lui. Allora io pregai e scongiurai il Panetta, dato che non c’era stato niente di positivo, di voler lasciar perdere altrimenti avrebbe rovinato il Lorenzo, perché sicuramente con un addebito simile non avrebbe potuto fare più l’insegnante, e più che per lui per il resto della sua famiglia.

Il Panetta per sua bontà mi esaudì e così finì la cosa a questo punto. Dopo qualche giorno chiamai il Lorenzo, gli raccontai il fatto, gli dissi tante altre cose che in quel momento mi suggerì la morale e l’ira, e, lui, dopo avermi ascoltato a testa bassa, si alzò e se ne andò sempre a testa bassa e senza aver avuto il coraggio di profferire una parola.

Venne il 1935, e giacché ancora dovevo dare le trecento lire mensili a mio cognato Giacomo e pagare per lui altre piccole spese che non ricordo più e che qualche debito pressava tuttavia e non potevo più rimediare, cedetti il quinto dello stipendio per cinque anni realizzando circa[...]

[...]to dello stipendio per cinque anni realizzando circa cinquemila lire. Fu verso questo periodo, mi sembra, che finii di pagare per conto di mio cognato al signor Marano Luigi la somma di lire seicento per legname che il Marano aveva consegnato ai fratelli Fontana al momento che sposò mio cognato per la costruzione della sua stanza da letto e per cui il Marano prima di consegnarla aveva voluto la mia garanzia. E fu qualche anno prima anche, almeno così mi pare, che un giorno mi vidi arrivare in casa tutta trafelata mia sorella Anna, la quale mi disse:

« Questa volta siamo rovinati! ».

Io spaventato domandai: «Che cosa è successo?».

«Che cosa? È successo che a Giacomo, mentre andava a Palermo per comprare la merce, gli hanno preso il portafoglio con mille lire ed anche col libretto dell’abbonamento » — mio cognato aveva l’abbonamento che io stesso avevo consigliato per potere sostituire volta per volta, poiché i capitali non c’erano, gli articoli che venivano a mancare nel magazzino — « Capirai che a noi mille lire ci fanno assai pe[...]

[...] patate, pomodori ecc. se li faceva pagare anche da loro ed a caro prezzo. Con questa occasione seppi anche che mio suocero, oltre a dormire giù in un basso di casa come

il servo, mentre mia suocera sù a parte da principessa, mangiava e beveva anche a solo. Seppi anche, circa un anno fa dal cav. Giuseppe Levantino, che mio suocero aveva sparsa la voce che l’orto l’aveva dato a me per dote quando m’ero sposato con la figlia.

Si era arrivati così verso la fine del 1935. Io mi recavo la sera sempre da mia sorella però da qualche tempo a questa parte la vedevo più triste del solito e che si riduceva sempre peggio anche fisicamente dato che allattava ancora la seconda bambina. Gli affari del negozio andavano bene principalmente per opera sua, giacché sapeva accogliere con le buone maniere i clienti giusto come l’avevo consigliata io, tanto vero che un giorno di quelli era ritornato per acquisti il cav. don Giacomo Tavella dopo un certo tempo ed aveva esclamato: «Ma qui avete fatto proprio cose da pazzi in pochi anni! ». E poi anche i vic[...]

[...] quasi facendo una risoluzione improvvisa diede la piccina ad Iva e mi portò dalla parte di dietro del magazzino al di dà dove dormivano vicino al gabinetto in un sottoscala ove lei faceva con la spiritiera qualcosa da mangiare per sé perché il marito mangiava sempre dai suoi. Lì giunti si mise a piangere. Io intesi che il cuore incominciò a tumultuare e che tremava tutto. Domandai: «Ma ch’è successo?».

« Oggi mi ha preso colla correggia! » e così dicendo si scoperse un braccio e mi fece vedere le lividure. Mi mostrò anche al collo e mi disse che aveva anche nelle spalle. «Io non volevo dirti nulla ma non ne posso più! Non è la prima volta. Fino ad ora però non l’aveva fatto nel negozio, ma oggi anche nel negozio in presenza di gente.

Io non per le botte, perché ormai sono abituata alla sofferenza, ma per la gente e perché penso che certe cose non le merito dal marito».

« Ma perché tutto questo? ».

«Per niente! Per un nonnulla! A volte è una bestia, non ragiona affatto! Ma non è lui, è la madre! Forse lui non sarebbe così catt[...]

[...]o dirti nulla ma non ne posso più! Non è la prima volta. Fino ad ora però non l’aveva fatto nel negozio, ma oggi anche nel negozio in presenza di gente.

Io non per le botte, perché ormai sono abituata alla sofferenza, ma per la gente e perché penso che certe cose non le merito dal marito».

« Ma perché tutto questo? ».

«Per niente! Per un nonnulla! A volte è una bestia, non ragiona affatto! Ma non è lui, è la madre! Forse lui non sarebbe così cattivo! ».152

SAVERIO MONTALTO

A questo punto uscì nel negozio e ritornò. «Non voglio che arrivi qualcuno e che sospettino che ti racconto qualcosa, perché altrimenti mi ammazza del tutto. Iva non parla! È Tunica, ma gli altri uno peggio delTaltro. C’è la madre poi che non c’è l’eguale sotto il sole, ed è proprio lei che aizza il figlio ».

«Ma che vogliono insomma? ».

«Lo sai tu che vogliono? Vogliono che vedono che io so adattarmi a tutto; ecco mi son ridotta qui in questo buco e se mi mandano da mangiare mi mandano e se nò con un uovo sto una giornata quantunque debbo allattar[...]

[...]; ecco mi son ridotta qui in questo buco e se mi mandano da mangiare mi mandano e se nò con un uovo sto una giornata quantunque debbo allattare la bambina; vedono che io so fare tutto meglio di loro, vedono che io so vendere anche meglio di loro, vedono che non dico mai niente, vedono insomma che io non sono come loro e per questo, apriti cielo! Se poi parli con loro?! Loro son belle e giovani ed io son vecchia che non mi meritavo mai un giovane così bello, così sapiente e che so io; loro sanno fare tutto e sono econome ed io non so fare niente e sono sperperona, loro sono aristocratici ed io sono figlia di gente bassa e di pezzenti, che non ho portato dote, perché per un giovane come lui dovevo almeno almeno portare centomila lire; loro poi sono le più oneste e tutte le altre compresa io sono tutte prostitute. Figurati che non potendo dire altro, hanno detto che tu vieni nel negozio perché ti faccio da mezzana per Grazietta Morabito, solo perché hanno visto che qualche volta è entrata qui. Ti ricordi quella sera quando mio marito venne cogli occhi s[...]

[...]ila lire; loro poi sono le più oneste e tutte le altre compresa io sono tutte prostitute. Figurati che non potendo dire altro, hanno detto che tu vieni nel negozio perché ti faccio da mezzana per Grazietta Morabito, solo perché hanno visto che qualche volta è entrata qui. Ti ricordi quella sera quando mio marito venne cogli occhi stralunati? Menomale che ha trovato Grazietta sulla porta altrimenti sarebbe stato capace di fare non si sa che cosa. Così ho paura di parlare anche con i vicini e devo inimicarmi con tutti come sogliono fare loro».

«Sai che fai Anna? Cerca di evitare quanto puoi perché col tempo, quando sarete soli tu e tuo marito, si spera che cambierà questa situazione. Per ora soffri in silenzio! ».

« Peggio! L’altro giorno la suocera mi ha detto tante che mi vergogno anche di dirle; neanche i facchini della stazione. In ultimo se la pigliò anche con nostra madre morta. Nostro padre poi, non è che un ubbriacone miserabile! Io mi misi a piangere senza dire nulla e mi alzai per venirmene qui. Lei allora più inferocita, mi[...]

[...]tico e cioè, in altre parole, marito e moglie si debbono volere bene, aiutare e rispettare principalmente come fratello e sorella, madre e figlio e via discorrendo. E guai, dicono gli stessi grandi uomini, se i genitori dovessero poggiare i loro occhi sul capo dei figli in qualità d’amanti. E se la moglie non tradisce il marito non lo tradisce in ossequio a questo principio di eticità e non perché non sarebbe tentata a farlo, giacché la natura è così. Cerca di spiegare ciò a lei con parole tue. Mi capisci? ».

«Ti capisco! E son certa che con te non avrà a soffrire anche se tu non dovessi volerle bene; per quanto questo, non è possibile. Ma sì! E poi dobbiamo restare in perpetuo a questo mondo? Tu stesso hai sempre detto che fra cinquantanni, al massimo, saremo tutti cenere ».

«Tu a lei dirai che la sposo perché le voglio bene e perché non parla mai ed è la più affezionata con noi. Però il matrimonio si faràMEMORIALE DAL CARCERE

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sotto certe condizioni: anzitutto dobbiamo dormire a parte e tuttocciò non per venire meno agli[...]

[...], venuto a trovarmi il mio amico Giuseppe Larussa, gli comunicai la mia decisione. Lui preoccupato mi rispose: «Non credo vi siate regolato bene! Io, caro amico, non vi consiglio mai una cosa simile! ».

« Ma se io mi son deciso principalmente per mia sorella? ».

« Lo capisco benissimo! Ma non risolverete lo stesso la situazione ».

«Ma se ormai non posso ritornare indietro?».

«Fate come credete, perché voi siete l’arbitro, ma per me è così! ».

Benché il mio amico Larussa fosse allora assai giovane, si vede, era assai più saggio di me. Poi gli domandai : « E la gente che dice ? ».

« Dice che siete impazzito! ».

Difatti quando dopo alcuni giorni feci le pubblicazioni, vidi che tutti gli amici del Municipio mi guardavano un po’ circospetti ed alquanto confusi. Ma io ormai non vedevo più nessuno. Né diedi ascolto a mio padre, piombato a N... non appena il fatto si propagò anche a M...

Sposai il 15 marzo di quel 1936. Fu uno dei giorni più sconfortati della mia vita: non uscii affatto e passeggiai solo tutto il dì su e g[...]

[...]orni più sconfortati della mia vita: non uscii affatto e passeggiai solo tutto il dì su e giù per le stanze della mia casa. Non so perché: un sentimento lugubre mi attanagliava il cuore. Solo potevo prendere un po’ di pace pensando continuamente al Fedone di Platone. Vedevo il modo ieratico, calmoMEMORIALE DAL CARCERE

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e sereno con cui il grande Socrate aveva avvicinate le mani al calice della cicuta e mi veniva da piangere. Piangevo e così mi calmavo.

Verso le tre del pomeriggio venne mia sorella e mi aggiustò il letto e mi rassettò la casa. Poi piangemmo a lungo assieme, mi baciò ripetutamente ed andandosene mi disse : « Ora ci vediamo domani dopo mezzogiorno ».

«Perché; stasera non vieni?».

« No; perché Giacomo dice che dato che non viene nessuna delle donne, non debbo venire neanche io».

«Sta bene! Sia fatta la sua volontà!».

« Ma tu verrai lo stesso quando esci da me? ».

«Verrò! Dove vuoi che vada?».

La sera assistettero alla cerimonia in chiesa Giuseppe Larussa, il sacerdote don Paolo Canale, l’Arcipre[...]

[...]e nessuna delle donne, non debbo venire neanche io».

«Sta bene! Sia fatta la sua volontà!».

« Ma tu verrai lo stesso quando esci da me? ».

«Verrò! Dove vuoi che vada?».

La sera assistettero alla cerimonia in chiesa Giuseppe Larussa, il sacerdote don Paolo Canale, l’Arciprete ed il sagrestano di cui non si poteva farne a meno e tutti gli uomini presenti della famiglia Armoni. Mi accompagnarono anche a casa e poi subito se ne andarono. Così passò la mia giornata di nozze.

Dopo alcuni giorni che fui sposato, tenni questo discorso a mia moglie: «Ascoltami Iva! Come sai ancora io mi trovo con debiti e perciò per il momento dobbiamo fare la massima economia ed arrangiarci come si può. Significa che in seguito quando ci troveremo meglio, poi, se dobbiamo fare qualche spesa in più, la faremo. E poi come sai anche c’è mio padre a cui debbo pensare solamente io e c’è anche mia sorella di R... che ha molto bisogno ed ogni tanto la debbo aiutare pure. Che vuoi; son fatto così! Non sono capace vedere soffrire i miei ed io scialare e god[...]

[...]discorso a mia moglie: «Ascoltami Iva! Come sai ancora io mi trovo con debiti e perciò per il momento dobbiamo fare la massima economia ed arrangiarci come si può. Significa che in seguito quando ci troveremo meglio, poi, se dobbiamo fare qualche spesa in più, la faremo. E poi come sai anche c’è mio padre a cui debbo pensare solamente io e c’è anche mia sorella di R... che ha molto bisogno ed ogni tanto la debbo aiutare pure. Che vuoi; son fatto così! Non sono capace vedere soffrire i miei ed io scialare e godere. Per il fatto di tua madre, io non ti dico di non andare a vederla, perché so che non te lo posso proibire; però ricordati che meno vai o se non vai del tutto è meglio ancora. Tua madre è combinata in modo che uno più lontano sta e meglio è. Ti dico ancora che io le voglio tutt’altro che male; anzi il male che voglio a lei, Iddio lo faccia ricadere su di me; ma è così. Forse poveretta, dato che è fatta così, neanche lei ci ha colpa».

Mia moglie fu molto contenta di questo discorso. In casa stava sempre in silenzio, non faceva mai niente senza di me, anche perché non lo sapeva fare e così pian piano sotto la mia guida, si abituò a fare tutto ed anche bene. Per qualche anno le cose procedettero a meraviglia giacché non andava mai da sua madre e seppure andava, stava un po’ e poi ritornava a casa. Anche per mia so'rella le cose sembrava an158

SAVERIO MONTALTO

dassero bene. Ma dopo qualche anno la situazione peggiorò di colpo e più di prima, anche perché ora non si poteva più rimediare.

Si era, mi sembra, verso il maggio del 1937. Un giorno mi mandò a chiamare mia sorella mentre suo marito era assente. Mi portò nel solito sottoscala e mi raccontò con le lagrime agli occ[...]

[...]tito e con diverse coperte addosso, ma i denti mi ballavano lo stesso dal freddo.

Il cuore dal tumulto non lo sentivo più. Mi misi ad urlare e per fortuna che la casa era isolata e quasi in campagna. In questo momento entrò nella stanza di furia il fratello Giovanni di mia moglie, mi guardò bieco ed uscì. Ad un certo punto perdei completamente la coscienza e mi assopii. Rimasi qualche giorno a letto ma poi alzatomi mi sentivo come intontito e così rimasi sempre, si può dire, nei momenti di calma, fino alla fine.

Verso i primi di agosto di quell’istesso anno mentre una sera ritornavo da M... caddi dalla motocicletta e per poco non ci lasciai la vita. Riportai varie ferite alla faccia, alle mani ed al ginocchio; ma il colpo principale l’ebbi alla regione temporale destra con conseguente edema e periostite di cui ancora ne rimane qualche traccia. Rimasi nella cunetta per un periodo che non ho saputo mai precisare e quando rinvenni e mi vidi di nuovo in mezzo alla strada non sapevo più orizzontarmi dove mi trovassi. Le prime cure me l’a[...]

[...]i frequentare la casa della mia suocera, sia che c’era e sia che non c’era bisogno dell’opera sua. Mi ricordo a questo punto che una volta parlando con Giuseppe Larussa dei miei guai di famiglia ebbe a dirmi queste parole: «Caro amico, non ve l’abbiate a male, ma io non ebbi allora, quando venni a trovarvi in seguito alla vostra caduta, una bella impressione di vostra moglie. Mi rammento che mi ricevette con160

SAVERIO MONTALTO

una faccia così fresca e sorridente che non solo mi sorprese, ma mi addolorò! ». Ma io ormai conoscevo mia moglie e non mi fece tanta specie. In occasione della mia caduta mia suocera venne in casa mia col resto della famiglia ed io in fondo ebbi piacere, perché speravo così di placare in qualche modo la loro malvagità verso mia sorella e che forse ritornando tutti amici l’avrebbero trattata un po’ meglio. Verso la fine di agosto ero quasi guarito e mi recai alla festa di S. Rocco con mia moglie, quantunque non ci volevo andare, perché mi trovavo in lutto stretto dato che mio padre era morto il marzo precedente. Ma lei insistè ed io, sempre per evitare conseguenze disastrose verso mia sorella dovetti acconsentire. Al ritorno da S. Rocco, un giorno rientrando dal mio ufficio verso mezzogiorno trovai mia moglie inviperita e la persona di servizio certa Grazia Marin[...]

[...]’uno! E poi, dato che tu non devi pensare più per le spese del pranzo, come una volta, in verità, ce ne hanno molto piacere, specie Giacomo, perché a te son sicura che ti voglionoMEMORIALE DAL CARCERE

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bene ed anche per dimostrarti che ora che spendono loro ti desiderano più di prima ».

La sera di quel Natale dopo cena venne un certo mastro muratore Pierino Lombardia con la famiglia, il quale stava riadattando la casa degli Armoni e così ci mettemmo a giocare a nocciole tutti quanti, tranne dei fratelli maggiori di mia moglie che si trovavano già fuori per i fatti loro. Ad un certo punto mia sorella aveva perduto tutte le nocciole e disse di non volere giocare più. Mia suocera allora adirata se ne uscì con queste parole : « Giuoca, pezzentona scostumata! ». Io a queste parole rimasi interdetto anche perché c’era la famiglia del Lombardia ed alzandomi dissi di non volere giocare più neanche io. I Lombardia anche loro sconcertati si alzarono e se ne andarono. Come loro se ne furono allontanati, io dissi a mia moglie: «Andiamo! [...]

[...]e svenuta per tutta la notte e buona parte del giorno appresso. Io dopo un certo tempo pregai tutti i . presenti di non dire niente a Giacomo ch’eravamo stati io e mia sorella la causa di tutto quel guaio e me ne andai con mia moglie. Non ricordo più ciò che mi fece e mi disse mia moglie in quella occasione; ma penso che mi avrà combinato un facsimile della madre. L’indomani sera ritornai da mia suocera per chiederle nuovamente scusa e perdono e così lei dopo alcuni giorni si alzò dal letto. Seppi in seguito che quello era lo stratagemma prediletto di mia suocera quando si sentiva nel torto e non poteva avere ragione altrimenti sopra i suoi familiari più o meno autorevoli. E difatti quando, in seguito, una volta ebbe una questione seria col figlio162

SAVERIO MONTALTO

Giacomo in cui il torto era suo, si mise a letto svenuta dicendo di volere morire e senza rispondere alle preghiere e lamenti di nessuno compresi i miei, giacché nei momenti difficili o che avevano bisogno di prestiti ricorrevano a me per mezzo di mia sorella innalzand[...]

[...] un uomo che capisci? ».

«Calmati, calmati!».

« Non mi posso calmare! Io son pazza, perché lo so che son pazza! Ed io perciò me ne voglio andare! ».

«Ma che avete avuto ora?».

«Niente! Perché io seguendo il tuo consiglio non parlo mai. Ultimamente dato che mi trovavo in queste condizioni e che dovevo allattare la bambina e che loro mi trattavano come una cagna, feci presente a mio marito che volevo mangiare quando mangiava lui perché così mi avrebbero trattata meglio. Lui trovò la cosa giusta ed accondiscese, perché lui in fondo non sarebbe cattivo se non fosse per la madre e son sicura che se fossi divisa per i fatti miei le cose andrebbero diversamente. Per qualche giorno si andò bene, ma poi la madre si adontò di botta ed incominciò a fare come al solito suo. Un giorno mi portò il piatto pieno, me lo buttò davanti come si fa con i cani, anzi con i cani si fa con più delicatezza e disse : « Mangiate, dato che dobbiamo servire anche voi! ». Io mi misi a piangere e non volevo mangiare, ma mio marito mi obbligò e dovetti mangia[...]

[...], altrimenti vedresti che anche a me mi vorrebbe bene».

«Ma se loro dicono di volermi bene, e l’ho detto anche a mia moglie, a te voglio che vogliano bene e non a me, perché io del loro bene non saprei cosa farne! ».

«Lo so! Ma non capisci che io son di più ormai? Figurati cheMEMORIALE DAL CARCERE

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non son padrona di prendere neanche un pezzo di pane, non dico per me, ma neanche per le mie figlie. Già, che anche loro incominciano così piccole a parlare e fare le stesse mosse di loro e le istruiscono ad odiarmi. Ma se non crescono come voglio io è meglio che il Signore se le chiami. Già che non le posso neanche educare che si mettono loro davanti e se la pigliano con me. Anche la tua ragazza di servizio ha paura di parlarmi, che se se ne accorgono che viene qui, l’ammazzano. Ed intanto mi lasciano qui sola, abbandonata, con questa bambina, anche a morire di fame. Non ne parliamo poi che cosa hanno fatto con questa casa! Che io non ero degna di entrare in questa reggia, che io non ho visto mai mura pittate ad olio, che io no[...]

[...], che tagliano il core dei santi! Ma io voglio fare tutto. Ma come posso fare se con loro non si può stare e solo posso trovare un momento di pace quando sono nel negozio? Ma io ormai li lascio liberi tutti, compreso mio marito! ».

«Va bene! Adesso manderò a chiamare tuo marito!». Mi alzai ed uscii.

Mentre ritornavo a casa mi sentivo avvilito e pensavo : « Ma perché, perché tanta malvagità sulla terra? Che cosa ha fatto per essere trattata così dagli uomini? Adesso se ne vuole andare! E dove andrà? Ed io poi come potrei continuare a vivere con mia moglie? ».

Dopo pranzo mandai a chiamare mio cognato Giacomo. Lo feci sedere nello studio e gli parlai così: «Vi prego, abbiate un po’ di carità per quella donna! Vostra madre lo sapete, è insopportabile con166

SAVERIO MONTALTO

noialtri, immaginate poi con la nuora. Io non vi dico di non trattarla e non crediate che io le voglia del male, no; però non è giusto che per causa sua voi dobbiate malmenare così mia sorella. Vostra madre è così e forse neanche lei ci ha colpa! Ma se non ha fatto mai pane con nessuno? E se è nemica con suo fratello, volete proprio che vada d’accordo con mia sorella? Vi prego, cambiate casa, giacché son disposto di pagarvi anche l’affitto. Adesso dice che se ne vuole andare! Capirete che un fatto simile, porterà varie conseguenze anche per mia moglie ».

<c Ma io in questo momento non posso cambiare abitazione, perché la mia famiglia ha bisogno di me e specie che ci sono ancora le mie sorelle in casa».

« Ed allora, vi prego, abbiatele un po’ di carità! ».

« Ma che volete; anch’io son fatto cos[...]

[...]a sorella? Vi prego, cambiate casa, giacché son disposto di pagarvi anche l’affitto. Adesso dice che se ne vuole andare! Capirete che un fatto simile, porterà varie conseguenze anche per mia moglie ».

<c Ma io in questo momento non posso cambiare abitazione, perché la mia famiglia ha bisogno di me e specie che ci sono ancora le mie sorelle in casa».

« Ed allora, vi prego, abbiatele un po’ di carità! ».

« Ma che volete; anch’io son fatto così! Quando perdo la bussola non vedo più nessuno e più di una. volta ha schiaffeggiato e preso a calci anche mia madre ed anche mio padre ».

« Male; perché coi genitori non si deve arrivare mai a questo punto! Però se vi dicono di andare a buttarvi sotto il treno non lo dovete fare neanche! Il rispetto e l’aiuto è un conto,, ma il capriccio è un altro. Sapete che cosa dice uno storico a prop< iko di Caterina dei Medici una pessima imperatrice di Francia? Dice "e solo il figlio aveva saputo tramandarci il suo carattere chiamando i « madama la vipera»! Ma con ciò, dice lo stesso storico, il fig[...]

[...]l mio cadavere! ». Dopo un certo tempo si calmò e più tardi entrò il marito dicendo: «Ciò che abbiamo stabilito tra di noi, non è fattibile, perché mia madre asserisce che non si dica mai al mondo che sua figlia debba ritornarsene in casa sua! ».

« Ma io non ho detto né ho pensato tutto questo! Si trattava semplicemente di una cosa che tutti fanno. Del resto la proposta era venuta da voi! ».

«E se l’è presa anche con me! Ma o fanno o no, è così! Se mia moglie non vuole stare se ne può andare! Però la bambina deve restare con me, perché lei non è donna di educare bambine! ».

« Sta bene! Per il momento consiglio a tutti la calma! Ora andrò io giù da vostra madre e la pregherò, se si vorrà persuadere, che ritorni amica con mia sorella e che venga nuovamente sopra e che faccia d’ora in avanti ogni cosa come piace a lei ».

Più tardi scesi da mia suocera e la pregai di ritornare sopra e di perdonare mia sorella per quella volta se aveva mancato in qualche cosa. Ma lei s’impuntò dicendo che mia sorella non si doveva permettere mai di[...]

[...]lie, che fino a quel momento era rimasta muta per la presenza del fratello, ora che il fratello non c’era più si mise a copiare la madre dicendo che se ne voleva andare via a fare la cameriera dato che ormai lei non poteva stare più nella sua casa e che io mi ero permesso di scacciarla via. Allora io mi umiliai anche di fronte a mia moglie, mi get'jii ai suoi piedi, piansi, la pregai, la scongiurai come avevo fatto la :/fa avanti con sua madre e così lei, come Dio volle, si placò ed acce j discese di rimanere ancora con me. I

Verso le undici andai da mia sorella e| t trovai alzata che si stava accomodando le cose sue personali in una cassetta e decisa di andarsene via anche senza la sua bambina. Le atrocità le avevano fatto perdere anche l’istinto della maternità così vivo anche nelle bestie. In alcuni momenti si fermava e guardava forsennata. Io tentai un ultimo supremo sforzo ed andai giù di nuovo per scongiurare mia suocera ed umiliarmi ancora una volta come la sera avanti. Ma mia suocera tenne sempre duro. Salii di nuovo sopra e vidi mia sorella seduta sulla cassetta che si teneva la fronte con ambo le mani ed il marito all’impiedi vicino alla finestra. Mia sorella come mi scorse, sollevò la fronte ed esclamò: «Non credevo mai che avrei dovuto essere una donna così disgraziata dopo avere tanto amato! ».

In questo mentre entrò mia suocera dicendomi: [...]

[...]guardava forsennata. Io tentai un ultimo supremo sforzo ed andai giù di nuovo per scongiurare mia suocera ed umiliarmi ancora una volta come la sera avanti. Ma mia suocera tenne sempre duro. Salii di nuovo sopra e vidi mia sorella seduta sulla cassetta che si teneva la fronte con ambo le mani ed il marito all’impiedi vicino alla finestra. Mia sorella come mi scorse, sollevò la fronte ed esclamò: «Non credevo mai che avrei dovuto essere una donna così disgraziata dopo avere tanto amato! ».

In questo mentre entrò mia suocera dicendomi: «Per questa volta accondiscendo per voi! Ma solo per voi! Per l'avvenire si vedrà! » si vede che aveva annusato il pericolo per la figlia e non certo per miaMEMORIALE DAL CARCERE

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sorella, giacché le bestie feroci annusano anche il pericolo e forse più degli uomini e così intimorita si era decisa a fare la pace.

Io m'intesi restituito al mondo dei vivi, presi mia sorella e la portai in braccio a mia suocera. Ci furono pianti, svenimenti eccetera e così dopo un’ora circa me ne andai a casa mia per informare anche mia moglie. Mi sentivo un pò tranquillo, va bene, ma le umiliazioni subite ed il resto, avevano ancora una volta amareggiato ed avvilito il mio cuore.

Non ricordo più se verso quest’epoca o prima o dopo mia cognata Elena diede dei segni di pazzia perché il suo fidanzato Vincenzino Sofia si era sposato con un’altra, per cui i fratelli ed il padre invece di confortarla e farle dimenticare il passato la bastonavano giornalmente a sangue tanto vero che un giorno che, dietro le insistenze di mia sorella, andai per darle un pò di solli[...]

[...]e parole il ten. colonnello Giorgio Cordopatre, sol perché questi si era permesso di dire, che ora che gli Armoni si erano rimessi a posto, potevano pagargli una cambiale di L. 2000 circa che lui aveva dovuto pagare un tempo come avallante di mio suocero. Dico anche, dappoiché cade a proposito, che il mio cognato Giacomo usava viaggiare, come forse anche ora, in seconda classe per darsi aria di uomo importante e dello snob e potere impressionare così il pubblico, malattia questa, del resto, di famiglia come ho potuto constatare esperimentando mia moglie. E la meraviglia mia qual era? Che si davano aria dello snob non solo con coloro che non

li conoscevano, ma anche con coloro che li conoscevano bene ed anche intimamente.

Se al posto del signor ten. col. Cordopatre ci fossero stati ancora i fratelli Audino, dei quali il più piccolo perì poi per una coltellata del più grande, sicuramente il mio cognato Giacomo non avrebbe risposto con arroganza, perché, data la sua grande intelligenza, sapeva molto bene che un ufficiale superiore non [...]

[...]fferenze le avevano tolto anche il beneficio del pianto. « Mi dispiace per le bambine e per te ». « No; non mi dispiace di nessuno! Mi dispiace per me, perché non vorrei dargli il piacere di scomparire! Capisci a che punto mi hanno portato? ».

«Ma che avete avuto? ».

« L’altra notte, il mio marito, fino all’alba mi ha macellata come mai. L’ha fatta la valentia di martirizzare uno scheletro come me?! Credo che le bestie del deserto non sono così feroci! La madre poi,

il giorno avanti mi disse al solito suo quante ne ha potute e siccome io rimanevo muta senza dire una paròla, lei, sempre più inferocita, prima mi diede uno schiaffo e poi mi sputò in faccia. Io senza fiatare mi asciugai questa faccia col fazzoletto. E non è la prima volta che mi asciugo questa faccia imbrattata dal loro sputo! ».

« Voglio chiamare ancora una volta tuo marito ».

« No, no; ti scongiuro! Ammazzano anche a te se parli! Quella notte anche a te, a nostro padre, a nostra madre morti ed a tutta la nostra famiglia vi ha presi per miserabili, vigliacchi,[...]

[...]rda Anna! Te l’ho detto altre volte: la realtà crea i santi ed i diavoli, crea il serpente e crea il canarino, crea il bene e crea il male e via discorrendo; e questi termini estremi sono entrambi necessari altrimenti il mondo non sarebbe quello che è. Perciò cerca di sopportare per ora: intanto la madre se ne andrà a C... col figlio perché ha avuto, come sai, il posto di maestro lì e finché ritornerà speriamo che sarai per i fatti tuoi divisa e così forse le cose cambieranno! ».

« Ma io per intanto non posso più sopportare, perché non son di ferro; e poi son sicura che anche quando sarò divisa saremo punto e daccapo ».

Io cercai ancora di persuaderla e di confortarla e me ne andai.

Lascio immaginare alla giustizia il mio stato. Io ora difronte a mia moglie mi sforzavo di apparire calmo e tranquillo, ma lei comprendeva tuttocciò che passava dentro di me anche perché sapeva tutto. Non ero capace di sfogare, perché la paura mi teneva muto, e sentivo che la mente ed il cuore mi venivano meno. C’erano dei momenti che sentivo di non e[...]

[...]e e buona parte del giorno appresso sdraiato nello studio con la testa fra le mani. Non saprei descrivere ciò che mi passava per la mente. La mattina il padre ed i fratelli, tranne di mio cognato Giacomo, entravano di colpo nella mia casa, parlavano sottovoce con mia moglie e poi se ne andavano. Quando non volevano entrare fischiavano, perché un’altra caratteristica degli Armoni era quella di chiamarsi col fischio, mia moglie apriva il balcone e così si allontanavano. Quel fischio mi attraversava le cervella da parte a parte e mi dava un senso di lugubricità tale da farmi perdere completamente la ragione e così mi perseguitò fino alla fine quando qualcuno veniva e fischiava perché sapeva che c’ero io e non voleva salire.

Verso le undici entrò mia sorella nello studio. Anche lei era trasfigurata o almeno mi sembrò tale. Ebbe la forza di piangere e mi disse:

« Ho dovuto dare ragione a loro perché sennò mi avrebbero strangolata! Io ormai sono disposta a fare qualsiasi sacrificio, purché tu ti calmi! ».178

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«È impossibile! Ho deciso di andarmene via! Vedi; tu lo sai il bene che ti volevo! Ormai non mi interesso più neanche di te! ».

«E mi lasci sola, in mezzo a loro? Ti p[...]

[...]dato uno sguardo da uomo di forza e di comando. Io ormai di fronte a quella gente non ero più capace di dire più nulla e se parlavo, parlavo semplicemente per umiliarmi e sottomettermi a loro. Dopo che Gk> vanni se ne andò, io pregai mia suocera di permettere me e mia sorella di andarla a trovare a C..., ma lei disse che se io e mia sorella ci fossimo permessi di andare a C..., avrebbe fatto cose che non aveva mai fatte. Mia suocera però parlava così non per me, perché a me se fossi andato solo, mi avrebbe accolto a braccia aperte, ma parlava per mia sorella. Io capii fin troppo tutta la sua malvagità e dove voleva arrivare e non insistei più.

Quando verso i primi di novembre mia suocera partì per C... si portò con sé tutte e due le figlie femmine dicendo che non poteva lasciare le sue figlie con una donna traviata come mia sorella. Ma la ragione non era questa: la ragione vera era che intendeva aggravare180

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mia sorella del peso di quattro uomini compreso il suocero e di due bambine piccole, perché così sperava [...]

[...] la sua malvagità e dove voleva arrivare e non insistei più.

Quando verso i primi di novembre mia suocera partì per C... si portò con sé tutte e due le figlie femmine dicendo che non poteva lasciare le sue figlie con una donna traviata come mia sorella. Ma la ragione non era questa: la ragione vera era che intendeva aggravare180

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mia sorella del peso di quattro uomini compreso il suocero e di due bambine piccole, perché così sperava che al suo ritorno non ci fosse più. Il marito trovò tutto giusto e mia sorella sopportò tutto, anche il fatto che nessuno più le rivolgeva la parola o la guardava in faccia mentre era obbligata a servirli a tavola e in tutto il resto che loro occorreva. Il terribile Giovanni per non incontrarsi con lei si fece servire per tutto l’inverno il pranzo sotto il basso dal padre.

Qualche ora prima che mia suocera partisse per C... andai a salutarla facendole anche qualche bel complimento come sapevo che piaceva a lei per poterla disporre benevolmente verso mia sorella; ma lei partì bacia[...]

[...] non solo da parte di mia moglie ma anche dei presenti in N... della famiglia Armoni; né mia sorella poteva assolutamente venire da me dato che mia moglie in ispecie non voleva più vederla affatto e se la serva si permetteva in quel tempo di portare qualche nipotina in casa mia, aveva poi di che buscarne quando io mancavo. La sera della vigilia di Natale ricordandomi del detto di Salomone che diceva: «Agli uomini che soffrono date da bere perché così dimenticano per un poco le loro miserie», benché in genere non bevessi, bevvi quasi una bottiglia di vermouth, mi stordii e mi coricai vicino a mia moglie, giacché ormai si era imposta da tempo che dovevo dormire nel letto matrimoniale ed io lo facevo per evitare maggiori guai e complicazioni.

Dopo il Capodanno ed anche prima e fin quasi verso il maggio dovevo vedere fra i piedi per uno, due giorni di ogni settimana l’insegnante Lorenzo che scendeva da C... e veniva a mangiare e bere e dormire in casa mia dato che da mia sorella non ci voleva andare. Ogni qualvolta che quell’individuo buss[...]

[...]n giorno che la testa non me la sentivo affatto ed il cuore batteva più del solito ed un certo essere feroce e strano tentava a qualunque costo aprirmi il cranio per masticarmi le cervella, barcollando mi portai in cucina gridando e mi misi colla testa sotto il rubinetto. Mia moglie s’intimorì e mandò a chiamare di corsa il dott. Castagna. Il Castagna mi trovò nello studio sdraiato sul lettino che serviva ora per il professore e quando entrò era così emozionato e stravolto che per un pezzo rimase quasi muto ed indeciso su ciò che avesse dovuto fare.

10 lo guardavo, notavo la sua perplessità, ma badavo al mio stato. Egli poi si decise, mi fece un’iniezione di canfora, mi ordinò il canfidrolo e se ne andò. Dopo che il Castagna se ne andò l’attacco si ripete più forte. Verso sera presi alcune gocce di canfidrolo e si ripete più forte ancora. Allora smisi la canfora e non mandai più a chiamare il Castagna. Né lui si sentì in dovere di venire più da me, non dico come amico, ma neanche come ammalato; però ogni tanto mandava la serva ad infor[...]

[...]esse impressionare. Io allora mi tranquillizzai da questo lato ed in seguito stetti un po’ meglio anche perché mi sforzavo di pensare

11 meno possibile ai guai e sempre allo scopo di star meglio.

Verso aprile vidi all’improvviso in casa mia cognata Elena, dato che da mia sorella non ci voleva andare e dato che i fratelli non la potevano più vedere giacché aveva preso a bastonate la madre a C...

Io feci capire che non intendevo tenerla e così i fratelli se la portarono da mia sorella. Verso maggio sgravò mia sorella e fu contenta perché finalmente aveva dato alla luce un figlio maschio. In questo frattempo un giorno mentre andai per visitare mia sorella vidi PElena con un184

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occhio fasciato ed ammaccato da fare orrore. Seppi poi che l’Ottavio per un nonnulla l’aveva pestata a quel modo. Mia sorella mi disse: « Neanche le bestie fanno così! ».

Intanto le scuole si chiusero e siccome mia sorella non aveva potuto cambiare casa perché ancora ammalata nel letto, mia suocera mandò dicendo che lei restava sempre a C... finché quella donna non se ne fosse andata per i fatti suoi. Io stesso trovai la casa sopra del negozio da don Angelo Chiarenza e diedi al figlio L. 200 in anticipo per accomodarla. Quando mia sorella se ne andò voleva portarsi con sé anche un quadro che una volta le aveva regalato la suocera. Ma TElena si oppose dicendo che non era roba sua. Mia sorella insiste ed allora il marito la prese a schiaffi sgravata come [...]

[...]olo mia moglie e tutta la sua famiglia, ma anche il genere umano, dato che anche il genere umano, contribuiva per la sua parte alla186

SAVERIO MONTALTO

mia completa rovina, per opera di un Castagna che io, fra l’altro, avevo stimato sempre amico. Ora più di prima non potevo sopportare la gente e specie la casa del Castagna che avevo di rimpetto. A mia sorella non la odiavo, però le sue sofferenze non mi facevano più né caldo e né freddo e così fu, si può dire, fino alla fine. Dopo un certo tempo mi calmai un po’ perché pensavo di aver trovato la via d’uscita. Mi dissi : « Adesso farò di tutto per farmi richiamare, a fine guerra me ne andrò all’estero e così lascerò per sempre questa terra maledetta ». Cercai d’impormi la calma e di mostrarmi piuttosto cortese con mia moglie per quanto le mie forze me lo acconsentirono, sia per non rivelarle in qualche momento di maggior stravolgimento il suo fallo, altrimenti sapevo che lei sicuramente si sarebbe rivolta alla sua famiglia ed i fratelli, dato che mi permettevo di calunniare una Santa come mia moglie, chi sa che cosa avrebbero fatto nei miei riguardi. Una sera più tardi per evitare che la faccenda si propagasse di più, giacché ancora speravo che la cosa la sapessero solo i padroni di casa e che pe[...]

[...]ù libero. Nel pomeriggio ripresi la nenia; mia moglie allora si avvicinò a me e mi disse: «Questa canzone la dovete cantare per le vostre sorelle e se continuate ancora mando a chiamare i miei fratelli! ». Io sorrisi per farle capire che non avevo paura, però non cantai più. Dopo che mia moglie si fu allontanata, lo strano individuo pronto mi disse: «Te lo dicevo io di stare zitto perché altrimenti ne buscavi? Beh, non ti dar pensiero, che anche così si sta bene! ». Io però più tardi ricominciai la nenia, perché ormai non potevo farne a meno, ma la durai un poco e sottovoce in modo che non mi sentisse mia moglie e poi la smisi completamente. Sera di venerdì, dappoiché mia moglie aveva dato l’allarme, venne mia sorella da me, mi portò nello studio e mi disse: « Son venuta per stare con te stasera, perché Giacomo non c’è — era da molto che non veniva più da me —. Ma insomma che hai? Ti sembra giusto che la devi ingiuriare puttana? ».

« A chi ? ».

« Andiamo! Dimmi che cosa è successo! ».

«Nulla! Ma giacché lo vuoi sapere, a te, lo d[...]

[...]simile! Però io, ti ripeto, non ci credo e ti dico di calmarti, perché sicuramente si tratta di gente che vuole male a te ed a tua moglie e non bisogna dare loro gusto ».

Poi mia sorella insistè ancora che mi calmassi, mi portò tanti paragoni, mi disse anche che tutto al più si poteva trattare di un semMEMORIALE DAL CARCERE

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plice corteggiamento e siccome io non ne avevo più voglia di sentire parole le promisi che mi sarei calmato e così andammo a raggiungere gli altri in cucina dopo averla raccomandata di non dire niente a mia moglie della lettera anonima. Più tardi però si chiusero tutt’e due nel salotto e mia sorella messa alle strette lasciò capire a mia moglie che io forse avevo ricevuta una lettera anonima; ma nel contempo le disse di stare tranquilla che si trattava sicuramente di gente perfida che voleva mettere zizzanie nelle famiglie, poiché si sapeva molto bene che non c’era niente di vero e quindi non si potevano dire che delle falsità.

Mattina di sabato andai a M... ed al ritorno seppi che mia moglie durante l[...]

[...]capire a mia moglie che io forse avevo ricevuta una lettera anonima; ma nel contempo le disse di stare tranquilla che si trattava sicuramente di gente perfida che voleva mettere zizzanie nelle famiglie, poiché si sapeva molto bene che non c’era niente di vero e quindi non si potevano dire che delle falsità.

Mattina di sabato andai a M... ed al ritorno seppi che mia moglie durante la mia assenza aveva mandato a chiamare il fratello Ottavio.

Così mi spuntò l’alba di quel maledetto giorno del 17 novembre 1940. Né avrei creduto mai che l’alba appresso avesse trovato me nella caserma dei carabinieri e mia sorella Anna nella bara situata in una stanza della mia casa, per quanto lo strano individuo che sempre più prendeva salda dimora in me, si era messo ora, fin dal mattino, a tormentarmi la vita con sentimenti lugubri e funerei. Quando penso a quel giorno ed a tutti gli altri che si susseguirono, sento che affiorano alle labbra questi versi, se non sbaglio, di un poeta tedesco:

«Signor, chiamami a te, stanco son’io,

« Pregar non po[...]

[...]ò e si avvicinò con queste parole : « Me la vuoi dare sì,

o no? Più tardi vedremo se me la darai! ». Poi entrò da mia moglie dicendo: «Alzati e cammina!». Mia moglie si mise a piangere, fece per vestirsi, ma poi si coricò di nuovo, continuando a piangere. Mio cognato per consolarla le disse che lui era sicuro che lei non aveva fatto niente e che seppure l’avesse fatto di non avere paura che c’erano quattro fratelli a suo lato per difenderla e così uscì.

Rimasto solo lo strano individuo incominciò a ridere sarcasticamente nella mia testa: «Ah, ah! Ti dissi di star zitto? Adesso te laMEMORIALE DAL CARCERE

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sbrighi tu! Cornuto e bastonato! E non solo bastonato ma per quanto vogliono addossare la colpa a te ed a tua sorella! ». Mi fece ricordare anche che qualche giorno prima la suocera era andata in casa di mia sorella per bastonarla e che con mio cognato Giacomo c’era poco da scherzare, giacché, pur essendo ancora ragazzo, una volta l’onorevole Barca aveva dovuto, per non farsi strappare un documento dalle mani, metterlo all[...]

[...]eva condurla dalle monache. Non avevo più pace ed andavo su e giù. Ad un certo punto vidi spuntare mia sorella e mi rallegrai perché ora da me si trovava fuori pericolo. Entrò nel salotto e mi disse : « Perché non gli dai la lettera? ».

« Perché no! Sai che vogliono mettere in campo ora? Che sei stata tu a scriverla d’accordo con Aurora ».192

SAVERIO MONTALTO

« Si? E come? ».

«Dicono che tempo fa, una sera è venuta da te l’Aurora, e così l’avete concertata! ».

«E come poteva venire da me Aurora se io sono carcerata? Io ancora non conosco il suo bambino. Se l’abbia scritta o meno l’Aurora io non lo so! E poi, dico io, andavo a menarmi la zappa nei piedi? Loro non possono che non possono vedermi ora; immaginiamo quando tu fossi diviso dalla figlia! Ma se loro adesso vogliono affermare questo, vado dritta a buttarmi a mare! ».

«Sei sicura del fatto tuo? ».

« E lo puoi mettere in dubbio? ».

« Già! Hai ragione! Non so più quel che dico! ».

In questo mentre intesi bussare giù al portone. Aprii il balcone della stanza[...]

[...]erché lo so bene che non sei stato tu ad uccidermi. E prego sempre il Signore perché non permetta che tu soccomba, e non per te, perché ormai il tuo ed il mio destino si confondono, ma per i miei figli, perché so che un giorno,194

SAVERIO MONTALTO

quando saranno in condizione di poter conoscere il bene dal male, si accosteranno sicuramente a te e solo allora ed in te troveranno queiraffetto che il mio povero cuore, dato che Lui ha creduto così, non gli ha potuto dare ». Dopo queste parole potei piangere profusamente ed il pianto incominciò a rendermi dei momenti sopportabili di vita. Ormai è finita e non ho altro da sperare dal mondo! Troppo amai e troppo soffrii, a dirla coi poeti. E l’amore e il dolore mi hanno lasciato solo amarezza e non altro che amarezza! E se qualcuno, che è venuto a trovarmi, mi ha visto calmo e forse sorridere, ed avrà scambiato questa mia calma e sorriso per indifferenza e cinismo, può stare certo e sicuro questo qualcuno, che non è atto a comprendere tuttocciò, che sotto la veste della calma e del sorris[...]

[...]lità ed il peso della vita che non è cosa lieve, come la prostituta diventa prostituta perché non sa sopportare il peso dell’onestà, dappoiché, data la loro pochezza di mente, non immaginano neanche la vera gioia che dà l’eroismo ed il sacrificio. Ed è bene che sappia mio cognato che è questa la vera ragione per cui gli eroi e le donne oneste sono stati sempre pieni di bontà, perché bontà è anche sinonimo di comprendonio e d’intelligenza. E solo così mi posso spiegare ora la malvagità dei gangsters e delle prostitute e perché quella sera del 17 novembre mio cognato Giacomo di fronte al pericolo si rivelò vero gangster, e cercò di salvarsi, facendosi scudo di sua moglie e di sua sorella. Ma io, ripeto, in quel momento, non ero più io e quindi non potevo pensare, come la penso ora, la sua vera indole ed intenzione; né ero più in condizione di poter vedere chiaro fisicamente, giacché vedere chiaro coll’occhio fisico significa vedere chiaro coll’occhio chiaro della mente; ed ecco propriamente la vera ragione per cui mi trovo ora nel baratro p[...]



da Carlo Salinari, Marxismo e critica letteraria in un libro di Lukàcs in KBD-Periodici: Rinascita - Mensile ('44/'62) 1953 - numero 11 - novembre

Brano: [...]i motto addosso. — La grazia — disse — o subito o mai — e nessuno osó contraddirla.
Una gran nuvola nera e rapida coprì il sole, tra gli alberi si fece buio. Cominciò a piovere a gocce sparse, in alto, sulle foglie sonore e rivoltate. Di sotto l'acqua non passe): andavano tutti strisciando i piedi nella polvere. — Volete darmi il bambino che ve lo porto ? — domandò un uomo. — Si — disse la madre.
RENATA VIGANÒ
Libri ricevuti
GUIDO CALDEROLI, Così combattono Bergamo, Scuole
professionali orfanotrofio maschile, 1953.
ERNEST RECH, Où meurt l'infini (Poesie), Roma, O.G.C., 1953.
ROMOLO LIBERALE, Ce vo ne monne gnove (Poesie). Avezzano, Tipografia Vincenzo Pollo, 1953.
P. S. LAPLACE, Compendio di storia dell'astronomia. Milano, Universale economica, 1953.
FRANCESCO DE SANCTIS, Saggi critici. Vol. I. Milano, Universale economica, 1953.
IvAN TURGHANIEV, Acque di primavera. Milano, Universale economica, 1953.
VEr so Muccl, L'umana compagnia. Roma, Il Costume editore, 1953.
JAIME SABARTiS, Buon giorno Picasso. Milano, Mastellone, 1953[...]

[...] giorno Picasso. Milano, Mastellone, 1953.
Il Partito comunista nello Stato sovietico. Roma, Edizioni di cultura sociale, 1953
Pablo Picasso. (Catalogo della mostra al Palazzo Reale di
Milano). Milano, Edizioni d'arte ,Amilcare Pizzi, 1953. CESARE LUPORINI, La mente di Leonardo. Firenze, San
soni, 1953.
DOMINGO F. SARMIENTO, Facundo o Civiltà e barbarie. Torino, Unione Tipograficoeditrice, 1953.
PAOLO RosoTTr, Nell'Unione Sovietica si vive così. Roma, Edizioni di cultura sociale, 1953.
EMILIO ZANONI, Sessant'anni di lotte del movimento sindacale cremonese (18931953). Cremona.
Gli animali parlanti. Roma, Edizioni di cultura sociale, 1953. Le favole della volpe. Roma, Edizioni di cultura sociale, 1953.
LuDovIco GEYMONAT, Saggi di filosofia neorazionalistica. Torino, Einaudi, 1953.
RAPrAETE CIAMPINI, Gian Pietro Vieusseux. Torino, Einaudi 1953.
JEAN JAuRis, Storia socialista della Rivoluzione francese. II: L'opera della Costituente. Milano, Cooperativa del libro popolare, 1953.
(Continua a pag. 632)
Marxismo e critica letteraria[...]

[...]tro Vieusseux. Torino, Einaudi 1953.
JEAN JAuRis, Storia socialista della Rivoluzione francese. II: L'opera della Costituente. Milano, Cooperativa del libro popolare, 1953.
(Continua a pag. 632)
Marxismo e critica letteraria in un libro di Lukàes
Einaudi ci ha dato un nuovo volume di Giorgio Lukacs. Si tratta di una raccolta di saggi scritti fra il '35 e il '45, teorici e di critica applicata, spesso legati a un'immediata necessita polemica. Così i saggi Narrare o descriverei e La fisionomia intellettuale dei personaggi artistici ebbero origine dal dibattito sul formalismo e il naturalismo sviluppatosi in U.R.S.S. nel 1936, il carteggio con la Seghers risale alle discussioni avvenute in Germania nel 1938 sull'espressionismo e lo stesso saggio teorico di apertura sull'estetica marxista riflette le discussioni che seguirono la istaurazione in Ungheria della democrazia popolare. E' forse da questa occasione polemica che i saggi ritraggono la loro vivacità, il loro carattere così piacevolmente antiaccademico e antisistematico (anche se qu[...]

[...]ebbero origine dal dibattito sul formalismo e il naturalismo sviluppatosi in U.R.S.S. nel 1936, il carteggio con la Seghers risale alle discussioni avvenute in Germania nel 1938 sull'espressionismo e lo stesso saggio teorico di apertura sull'estetica marxista riflette le discussioni che seguirono la istaurazione in Ungheria della democrazia popolare. E' forse da questa occasione polemica che i saggi ritraggono la loro vivacità, il loro carattere così piacevolmente antiaccademico e antisistematico (anche se qua e là fa capolino un tono un po' professorale), la ricchezza di motivi, di spunti, di analisi critiche particolari, di esempi tratti da questo o quello scrittore : Balzac e Flaubert, Tolstoi e Gorki, Shakespeare e Ibsen e Dickens e Schiller e Zola fino a Dos Passos. E' forse da quell'occasione polemica che i saggi ritraggono — d'altra parte — tutto ciò che di provvisorio, d'impreciso, di schematico un lettore attento può ritrovarvi.
Il titolo del libro è allettante : Il marxismo e la critica letteraria. Da noi, in Italia, si è discu[...]

[...]er definire esattamente il concetto di tipicità). Il rapporto fra apparenza e realtà è visto in modo che la realtà, l'essenza, a sua volta diviene apparenza nei confronti dí una realtà più profonda :
Ciò che si contrapponeva come essenza all'apparenza quando scavavamo in profondità partendo dalla superficie dell'apparenza immediata, figurerà, dopo indagini ancora più approfondite, come apparenza, dietro a cui sorge un'altra e diversa essenza. E così all'infinito ».
Dove evidentemente quel rapporto è guar dato solo dal punto di vista del soggetto e non nella sua realtà oggettiva : vale a dire che quella dialettica è ancora idealistica e non materialistica. Ma soprattutto convince poco l'incapacità del Lukàcs (almeno in questi saggi) a porre a confronto le formulazioni generali della estetica marxista con quella delle estetiche più avanzate delle filosofie borghesi, ad affrontare con le nuove armi i problemi che queste estetiche avevano posto e che bisogna risolvere o confutare o portare su un altro piano, ma non ignorare.
Non basta ad o[...]

[...]che il processo della storia, per il marxismo, è unitario e di conseguenza nessuno dei rami della scienza e dell'arte può avere una sua storia autonoma, tuttavia non bisogna interpretare quell'affermazione in modo schematico e bisogna riconoscere che ogni campo dell'attività umana si riallaccia, criticandole o sviluppandole, alle esperienze culturali precedenti. Non basta far notare che Marx ed Engels riservavano la loro ironia più feroce per la cosiddetta arte a tesi, cioè l'arte propagandistica, e che ben più profonda era la loro concezione della tendenziosità o partiticità dell'opera d'arte (che, per essere conoscenza della realtà, non può non rispecchiare la tendenza di sviluppo della realtà stessa). E non basta nemmeno formulare in modo sufficientemente esatto i principi generali di una estetica. marxista. Perchè tutto questo rimarrà schematico ed astratto — e in fondo sintomo di una posizione difensiva — finchè non entrerà in contatto, per dissolverla, con la problematica del. pensiero borghese. Polemizzare contro le def ormazioni [...]

[...]la loro frammentarietà mi sembrano ancora molto più utili e validi per noi gli appunti di Antonio Gramsci.
L'altro elemento fondamentale della critica letteraria di Lukàcs è, come abbiamo detto, l'esperienza di gusto dei grandi realisti europei : Goethe, Balzac e Tolstoi sopra tutti. Dall'alto della sua estetica materialistica e di questa poetica 'realistica egli guarda lo sviluppo della storia letteraria europea nell'ultimo secolo, nel periodo cosiddetto della decadenza. Il quale si configura nella sua mente come l'intrecciarsi di due correnti che divergono entrambe, per ragioni diverse, dalla grande premessa realistica: il naturalismo da uua parte, la riproduzione fotograficamente esatta della realtà (come in Zola e nella sua scuola) ; e lo psicologismo, dall'altra, il dissolvimento dell'uomo in processi puramente psichici. Nella polemica contro il naturalismo Lukàcs scrive pagine felicissime. Guardate con quanta finezza mette a confronto un episodio simile di Zola e di Tolstoi :
Entriamo subito in medias res. In due famosi romanzi mo[...]

[...]iti completamente diversi a cui assolvono le scene dei due romanzi si riflettono in tutta l'esposizione. In Zola la corsa è descritta dal punto di vista dello spettatore; in Tolstoi e narrata dal punto di vista del partecipante... La corsa diviene un dramma psicologico. Anna segue soltanto Wronskij e non vede nulla dell'andamento della corsa e delle vicende degli altri, Karenin osserva soltanto Anna e le sue reazioni a ciò che accade a Wronskij. Così la tensione in questa scena, quasi senza parole, prepara l'esplosione di Anna quando, tornando verso casa, confessa a Karenin la sua relazione con Wronskij ».
Meno penetrante, continua e puntuale è invece la polemica contro lo psicologismo. Questo malgrado che Lukàes veda chiaramente come lo psicologismo non sia altro che la faccia opposta dello stesso atteggiamento naturalistico :
Possiamo aggiungere che le tendenze formalistiche sorte in opposizione al naturalismo assumono, dal punto di vista ideologico, la stessa posizione superficiale di fronte 'a tutti i problemi più importanti che è p[...]

[...]solamento degli uomini, del. l'esasperato individualismo, dell'incapacità di aderire al ritmo della vita propria della lettera tura decadente nell'accentuarsi del contrasto caratteristico della società capitalistica fra « produzione sociale e appropriazione privata » e della divisigne del lavoro (divisione fra città e campagna, fra lavoro manuale e lavoro intellettuale e, nel campo del lavoro intellettuale, fra le singole specializzazioni) :
« Così al borghese medio sembra di essere, per quanto riguarda il suo mestiere, un piccolo ingranaggio di un enorme macchinario del cui funzionamento generale egli non può avere la minima idea... In entrambi i casi la società appare come un mitico potere arcano, la cui oggettività f atalistica e disumanata si contrappone, minacciosa e incompresa, all'individuo. Questo svuotamento dell'attività sociale ha sul singolo il necessario effetto ideologico che la sua vita privata si svolge — app arentemente — al di fuori di questa società mitizzata ».
E dimentica come Engels rimproverasse a Paul Ernst prop[...]



da Dacia Maraini, La mia storia tornava sotto l'albero carrubo in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 7 - 1 - numero 33

Brano: [...] ma non é come lui pensava, che io non capissi il significato materiale delle parole, quello non mi preoccupava, solo il significato particolare che ogni persona dà alle parole che pronuncia, questo mi appassionava e perciò più volte lasciavo passare degli interi minuti prima di rispondere ad una domanda; soprattutto se posta da Ulisse, perché io vivevo con lui ed ho avuto agio di notare quanto egli mutasse il significato originale delle parole. Così quando mi disse t calmati », la prima volta, credo di essermi concentrata molto sulla parola, sia per ché era rivolta direttamente a me, sia perché cercavo d'indovinare cosa esattamente intendesse Ulisse con quella parola, anzi con quel verbo.
Forse, se avessi fatto attenzione in quel momento alla mia faccia mentre mi concentravo per meditare, ecco forse avrei saputo perché Ulisse fece una smorfia di disgusto e perfino avrei saputo evitare di provocare quella smorfia, perché s'intendeva che ero io a provocarla, probabilmente con l'espressione del mio viso o non so, con il movimento delle mie[...]

[...]io viso o non so, con il movimento delle mie mani.
Calmati cara; ecco che l'ha detto di nuovo, mentre versavo l'acqua nel mio bicchiere; l'acqua é andata tutta di fuori, per forza, non era mai successo che mi parlasse a tavola; il resto delle parole che disse non le ricordo. Posso indovinare che si riferisse all'acqua che continuavo a versare dalla brocca, sapevo che Ulisse detestava il disordine, ma realmente non mi venne in mente di smettere, così credo, continuai per un pezzo finché non ci fu più un goccio d'acqua nella brocca, solo allora mi accorsi che stavo ancora stringendo il manico di vetro verde e allentai la stretta. Ulisse urlava, ma anche volendo, non posso ricordare cosa dicesse perché stavo ancora meditando sulle due parole che avevo già sentito la mattina del giorno prima, le quali suonavano come t calmati cara »
124 DACIA MARAINI
o e cara calmati », non importa. Credo che mi avrebbe anche picchiata, ma si trattenne; non era una sorpresa per me perché' tante volte aveva afferrato la prima cosa che gli capitasse sotto ma[...]

[...]mai fatto; si tratteneva all'ultimo momento. Ma non potevo evitare ai miei nervi di scattare, lo sapevo, non potevo frenare la scos. sa delle mie spalle e lo sbattere delle palpebre. Ora che ci penso forse era proprio questo movimento delle mie spalle a fermarlo; é la prima volta che ci penso, ma in verità i fatti si collegano bene; del resto perché, Ulisse avrebbe dovuto trattenersi dal picchiarmi? Gli facevo pena, ecco, credo che fosse proprio così.
Pensai che ero stanca di meditare su quelle parole: volendo avrei avuto tutta la notte per ritornare sull'argomento; guardai la gamba di Ulisse, non so perché proprio quella gamba e non l'altra, immagino che fosse più comodo fissare lo sguardo su una cosa sola anziché su due. Ma guardando la gamba di Ulisse non pensavo ad essa, non ricordo nean che se portasse pantofole o scarpe, ma ora che ci penso mio fratello porta sempre pantofole quando siede a tavola per la colazione, quindi doveva avere ai piedi proprio quelle.
Pensavo che ero stanca di pensare, ma questo pensiero mi stancava ancora[...]

[...]hé proprio quella gamba e non l'altra, immagino che fosse più comodo fissare lo sguardo su una cosa sola anziché su due. Ma guardando la gamba di Ulisse non pensavo ad essa, non ricordo nean che se portasse pantofole o scarpe, ma ora che ci penso mio fratello porta sempre pantofole quando siede a tavola per la colazione, quindi doveva avere ai piedi proprio quelle.
Pensavo che ero stanca di pensare, ma questo pensiero mi stancava ancora di piú; così decisi di dormire, perché avevo constatato che solo quando dormivo non pensavo piú.
Avevo cercato di abituare me stessa al sonno, ogni volta ne avessi sentito la necessità, non fisica s'intende ma mentale. Devo dire che i miei tentativi quasi sempre erano falliti, non so se per colpa del metodo
o per insonnia inguaribile e congenita. Decidendo di dormire, in qualun_ que momento della giornata, chinavo la testa sul collo e apparentemente poteva quasi sembrare che dormissi; ma non passava un'ora che aprivo gli occhi per accertarmi che non fosse trascorso troppo tempo, non che avessi niente dà[...]

[...] e gonfiarsi. Ulisse, lui, era fuori discussione, tanto andava bene qualunque cosa facesse. Era mancina la mam
LA MIA STORIA TORNAVA SOTTO L'ALBERO CARRUBO 125
ma, l'unico schiaffo che ricevetti da lei nella sua vita, me lo diede con la mano sinistra; ma questo accadeva quando poteva ancora camminare per la casa e piegarsi su di me sebbene fosse già grassa da far paura.
Diceva che io la volevo morta, e che era tutta colpa mia se era diventata così grassa. Lo diceva ogni volta che poteva, ma Ulisse non l'ascoltava. Del resto Ulisse veniva così poco a casa; credo che la mamma fosse addolorata soprattutto di non vederlo mai, ma non lo rimproverava perché era lui che guadagnava, Ulisse non faceva che ripeterlo e non voleva essere scocciato.
Infine la mamma disse che se ne andassero tutti al diavolo, e marl senza cadere dalla sua sedia a sdraio.
Pensai che aveva smesso di lamentarsi: ma ecco che fissando la gamba di mio fratello, l'udii che ricominciava a piagnucolare sulla sua sedia a sdraio come se non si fosse mai mossa da li: mi aspettavo che chiedesse di essere aiutata a mettersi a letto.
La gamba di Ulisse era vestita di un pa[...]

[...]nciò a lamentarsi non so dove, nella casa: ecco questo era strano, che la mamma non fosse sprofondata nella sua sedia a sdraio, come aveva fatto ad alzarsi da sola? Aprii gli occhi per curiosità, e capii che avevo inventato ogni cosa per non dormire: la mamma era morta.
Come se Ulisse non l'avesse detto e ripetuto più volte: « Ora che la mamma é morta... »; ma io non gli credevo perché avevo notato che spesso si divertiva a confondermi le idee. Così quando non sapevo distinguere la finzione dalla realtà, preferivo non credergli liberandomi in tal modo dalle sue parole che altrimenti mi avrebbero ossessionato per giorni e giorni. Bé ora mi aspettavo che dicesse un po' sempre e cara calmati o calmati cara », e non stavo più tranquilla perché ancora non capivo che diavolo intendesse dire con quelle parole.
Lo vidi pigliare il giornale e tenerlo piegato fra le mani, come una tazza di the caldo, senza spostare le mani né in su né in giù, quasi avesse temuto di versare il liquido sui pantaloni. Quando apri il giornale per leggerlo mi ero già [...]

[...]on l'avrei aiutata, no di certo, a bruciare i suoi libri.
Sapevo di potere contare sulla generosità di Ulisse: infatti lasciò che io prendessi i libri appena mori la mamma, perché, disse, non sapeva che farsene. Io li contai, prima di tutto, e constatai che erano dodici, non uno di più non uno di meno, di cui cinque neri e gli altri a colori: devo ammettere che fin dall'inizio preferii quelli a colori.
La mamma diceva che non valeva la pena, e così non mi aveva mai insegnato a leggere, ma scoprii che non era molto importante, perché i libri io capivo lo stesso e quasi li conoscevo a memoria. Soprattutto quando osservai che Ulisse non leggeva mai un libro, capii che non doveva essere molto importante saperlo fare oppure no. Per i giornali si; ecco, credo proprio che per leggere i giornali bisogna sapere leggere, perché io non li capivo e Ulisse si.
Una volta riuscii a decifrare l'intera facciata di un giornale credo dicesse qualcosa, se ben ricordo, come tienilo forte per la coda, se davvero credi in lui; parlo del diavolo, s'intende. P[...]

[...]giornale credo dicesse qualcosa, se ben ricordo, come tienilo forte per la coda, se davvero credi in lui; parlo del diavolo, s'intende. Per il resto mi bastava sentire i commenti che Ulisse faceva ad alta voce quando alzava gli occhi dal giornale, per capire che erano tutte cose che mi potevano interessare poco.
Ulisse diceva ad ogni occasione « cara calmati », o « calmati cara »; non so dove avesse pescato questa frase. Aspettavo che smettesse così come era cominciata, ormai non mi faceva più né caldo né freddo, solo che come tutte le cose ripetute era diventata un po' noiosa.
Del resto Ulisse si ripeteva anche la natte, quando miagolava con la sua donna; ero costretta a sentirli per via del muro che è sottile fra la mia stanza e la sua. Alle volte Ulisse ruggiva come se avesse scoperto sapore di carote sul collo della sua donna e volesse mangiarla, addentando la carne; alle volte piagnucolava sotto voce come un topo preso in trappola con la pancia piena di formaggio dolce. Oppure stavano zitti tutti e due, allora tentavo di dormire, m[...]

[...]hi sono velati per il sonno.
Questo mi ricorda quella volta che diventai completamente cieca e feci cadere tutto ciò che avevo fra le braccia; posso ricordare il rumore che fecero quei cartocci spaccandosi in terra, con le uova per la mamma e le patate e le cipolle. Mi proposi di raccogliere quella roba, ma non ci vedevo più e questo mi impensieriva, come se mi fossi infilate le dita negli occhi, o forse lo feci. Ma è certo che non vedevo più e cosí sedetti per aspettare di vedere ancora. Qualcuno chiamò Ulisse o fece qualcosa di simile perché quando ci vidi di nuovo mi trovai a casa con la pezza bagnata sulla fronte; la mamma disse qualcosa che continuò a ripetere a lungo, sulle uova e la verdura.
Aspettavo dunque che Ulisse uscisse per mettermi a girare da una stanza all'altra. Dovevo cambiare di posto ai miei libri; alcuni non avevano più la copertina, ma vorrei proprio sapere se la mancanza di una pagina su trecento, e per giunta quella che non ha numero, possa avere alcuna importanza oppure no. Io avevo progettato una cosa geniale,[...]

[...]a girare da una stanza all'altra. Dovevo cambiare di posto ai miei libri; alcuni non avevano più la copertina, ma vorrei proprio sapere se la mancanza di una pagina su trecento, e per giunta quella che non ha numero, possa avere alcuna importanza oppure no. Io avevo progettato una cosa geniale, cioè di riunire tutte le copertine dei dodici libri, perché le copertine non hanno numero e quindi che ci siano o no, non ha alcuna importanza, e di fare così un tredicesimo libro. Avrei arricchito la mia biblioteca; era un'idea che mi piaceva molto e studiavo il modo di metterla in atto un giorno o l'altro; perché la cosa non era così semplice come sembra. Innanzi tutto le copertine sono fatte di cartone anziché di carta come le pagine solite dei libri; quindi il libro rischiava di non essere un libro come si deve; poi come metterle insieme? Devo dire che questo era il problema più grosso. Che il libro fosse un po' diverso dagli altri non mi preoccupava gran ché; ma un libro di pagine sparpagliate, non incollate insieme, questo si, mi preoccupava, perché allora non potevo proprio dire che fosse un libro, nessuno mi avrebbe creduto e io non avrei potuto dargli torto.
Tutti sappiamo infatti che i libri sono fatti in un dato[...]

[...]non volevo negare la verità, volevo soltanto che il mio tredicesimo libro assomigliasse il più possibile agli altri dodici. E questo non
secondo la mia sola opinione, ma secondo la verità conosciuta da tutti, senza lasciarmi influenzare dal fatto che un tredicesimo libro era assolutamente necessario alla mia biblioteca, e quindi farmi travisare la veriti per il mio tornaconto personale.
Era una cosa necessaria come la storia delle scarpe; dico così per dire che è assolutamente necessario che le due scarpe siano una destra e una sinistra, anche se non dovessimo fare lunghe camminate; io per esempio non ne facevo mai, perché qualunque calzolaio si metterebbe a ridere se gli chiedeste di vendere due scarpe sinistre anziché una destra e una sinistra, non perché ognuno non sia libero di comprare le scarpe che vuole, ma perché non esiste un calzolaio che venda due scarpe uguali, anche se lo cercaste dappertutto non lo trovereste mai perché proprio non esiste. Anche se io avessi due piedi identici fra di loro. dovrei calzare una scarpa sinistr[...]

[...]o mai desiderato d'altronde un pianoforte né qualche altra cosa del genere, eppure mi sarebbe stato utile sotto molti riguardi, per esempio per suonare, ma io non l'ho mai desiderato,
130 DACIA MARAINI
neanche un po'; sapevo che Ulisse non m'avrebbe mai accontentata, « Non ho soldi per queste stupidaggini » avrebbe detto. Ulisse aveva da pensare alla sua sirena, io lo sapevo, non voleva spendere soldi per me; io mi accontentavo dei miei libri; cosi Ulisse non può dire che gli chiedessi troppo spesso di comprarmi il pianoforte, tanto sapevo già che i soldi li spendeva per la sua sirena, ammesso che Ulisse fosse disposto a spendere dei soldi per chiunque sia.
Sempre per via di quel muro che divideva le due stanze, Ulisse non poteva evitare che io udissi la sirena chiedergli dei denari, per il suo bambino. Credo anche di sapere che Ulisse non glieli dava. Quando cominciavano a trattare questo argomento, andava sempre a finire che si picchiavano, non so se fosse lui a picchiare lei o viceversa. Si picchiavano sulla testa e dappertutto, pot[...]

[...]n glieli dava. Quando cominciavano a trattare questo argomento, andava sempre a finire che si picchiavano, non so se fosse lui a picchiare lei o viceversa. Si picchiavano sulla testa e dappertutto, potevo udire il rumore. Con la stessa rapidità con cui avevano cominciato a picchiarsi poi, finivano per baciarsi con suoni di vuoto e di pieno.
Erano i momenti in cui sapevo che mio fratello non mi avrebbe det to « calmati cara » o « cara calmati », cosi stavo tranquilla e aspettavo che tacessero per addormentarmi anch'io. Intanto leggevo il mio libro, quello colorato, o, più spesso, pensavo al progetto del mio tredicesimo libro da aggiungere agli altri dodici che già possedevo.
Da una frase di Ulisse avevo appreso la parola « giocoforza », l'avevo imparata perché trovavo che proprio suonava bene, e la ripetevo fra me. Non sapevo che cosa significasse ma era piacevole, infine credetti di poterla interpretare come una cosa che fa piacere, non un oggetto ma qualche cosa di astratto, come si direbbe felicità o vanagloria. Giocoforza insomma esp[...]

[...]facile, a dire la verità, ingannare Ulisse. Non so poi perché volessi ingannarlo, ma credevo di indovinare che non avrebbe mai approvato ciò che facevo; anzi con molta probabilità avrebbe smesso di bere latte e avrebbe picchiato Trento sulla testa come faceva. con la sirena; lo immaginavo anche se non né ero proprio sicura.
Mi interessai improvvisamente agli specchi, anzi si può dire che li cercavo, ma in casa non ce n'era neanche uno piccolo e così dovetti rinun_ ziare. Non volevo vedere la mia immagine, ho sempre considerato inutile vedere se stessi, non m'interessava; volevo solo osservare ciò che Trento vedeva. Ero molto curiosa, a questo punto devo dirlo, di vedere il colore dei miei occhi perché io vedevo i suoi che passavano con facilità dal giallo al marrone e mi chiedevo come diavolo facesse. Scoprii inoltre che indossavo della biancheria indecente; non che Trento si occupasse minimamente di ciò che avessi indosso o meno, ma la mia maglia di lana era bucata, lo vedevo bene e mi vergognavo; anche se Trento non mostrava di accorge[...]

[...]Trento non ce l'aveva affatto la maglia, per esempio: ma chissà perché, dal giorno che conobbi Trento cominciai a vergognarmi della maglia bucata, che fino a quel giorno avevo portato con naturalezza, senza minimamente pensare che il fatto di essere bucata potesse togliere qualcosa alla sua utilità.
Di eliminare la maglia non mi venne in mente, probabilmente perché era tutto ciò che portavo sotto il vestito e avrei sentito freddo a togliermela. Così cercavo di non pensarci, ma devo dire che avrei volentieri
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cambiato il mio pianoforte per una maglia nuova. Di chiederne una ad Ulisse non mi azzardavo, tanto sapevo già che avrebbe detto di no; del resto, obbiettivamente, finché durava quella che avevo addosso, che
ragione avevo di pretenderne un'altra? Sarebbe stato come fare un capriccio e Ulisse detestava i capricci, per quello che ne so io, soprattutto in fatto di oggetti nuovi da comprare.
Trento era molto alto. A me dava l'impressione che fosse piccolo, e soprattutto leggero; lo sostenevo come un uccello ancora in[...]

[...]un fianco, potevo vedere la sua bocca aperta e la saliva che colava lungo il mento. Era il momento in cui la sveglia cominciava a farsi sentire; voglio dire che il suo ticchettio, che di solito non udivo, cresceva di volume, fino a riempire tutta la stanza, che pulsava con essa, dilatandosi e restringendosi, aspirando e soffiando come un largo corpo malato seduto sulle nostre persone distese.
Non tentavo di allontanare quel rumore, lo accettavo così com'era, cercando di nascondere la testa sotto il braccio di Trento, ma Trento non voleva essere toccato mentre dormiva e mi spingeva con forza lontano da sé.
Trento respirava basso come una foca affannata, temevo che una
134 DACIA MARAINI
volta o l'altra facesse scoppiare tutto con il suo fiato dai colpi precisi. La mattina che Trento non venne, non era una mattina di domenica perché la domenica non veniva mai ed io non mi sarei meravigliata della
sua assenza, era mercoledì o giovedì, non importa. Tre o quattro volte
andai alla porta perché Trento aveva suonato ma ogni volta scappava ap[...]

[...]LBERO CARRUBO 135
varani o Amedeo, faceva lo stesso. Aveva perso l'impiego, questo lo so, non perché me l'abbia detto, ma perché non usciva più la mattina né dopo colazione. Con questo non voglio dire che stesse sempre in casa, ma Usciva irregolarmente, con la barba lunga e senza cappello, per cui potevo dedurre senz'altro che la sua mèta non era l'ufficio.
La sirena non venne piú, anche lei come Trento.
Ulisse non metteva il vestito a righe, cosicché non avevo piú occasione di ricordare la mamma. Non osavo girare per la casa mentre c'era pure lui, ma alla fine, vedendo che non usciva quasi mai, mi tolsi le scarpe e vagai per casa come facevo prima quando Ulisse era uscito. Ora mi dicevo « Amedeo é di lá che beve »; non successe mai che mi scoprisse durante i miei giri per le stanze in quel periodo. Oppure mi dicevo « Giovanni è in cucina che beve », e potevo stare tranquilla perché lui sarebbe rimasto li per lungo tempo.
Mi domandavo alle volte come facesse .a bere tanto, una bottiglia dopo l'altra: le allineava tutte in camera sua, [...]

[...]vivo.
In seguito imparai a difendermi, cioé mi raggomitolavo su me stessa in modo che Amedeo non potesse farmi troppo male; ma all'inizio non conoscevo ancora questi trucchi. Infatti Amedeo mi ruppe un braccio e poi mi fece sbattere la testa contro lo spigolo del tavolo della cucina. Dopo quella volta non ci vidi più tanto bene, come se una rete avesse avvolto il mio occhio; le immagini urtavano fra loro e si fondevano tutte in un solo cerchio, così che perdevo continuamente l'equilibrio.
In seguito imparai a difendermi bene, come ho già detto: di ogni stanza conoscevo gli angoli più protetti dove riparavo appena Ulisse, no, appena Amedeo si alzava, avendo posato la bottiglia sul tavolo. Anzi posso dire che già sapevo quando mi sarebbe saltato addosso, lo potevo prevedere dal livello della bottiglia, perché finché c'era del liquido dentro, potevo star certa che non si sarebbe mosso, ma appena finiva la bottiglia, appena la posava sul tavolo, ecco, potevo correre al mio angolo perché fra poco mi avrebbe picchiata.
Un'altra volta che vol[...]

[...]giorno dopo, avevo la febbre, questo lo so perché la mamma diceva che si hanno i brividi quando viene la febbre ed io sentivo brividi per tutta la schiena. Il mio braccio gonfiò in quei giorni, fino a tendere al massimo la pelle, poi cominciò a diminuire e un giorno cessò anche di farmi male; credo che fosse guarito. E mio fratello non mi _picchiava piú; di questo gli ero grata e aspettavo che tornasse a casa col pacco di verdura e carne. Faceva così, ogni giorno;
138 DACIA MARAINI
e mi portava anche la colazione a letto, dato che io non potevo muovermi per via del braccio. Era diventato perfino gentile, per quello che
ne so io della gentilezza. Non diceva mai « calmati cara » o « cara cal
mati », o simili cose; mi porgeva il vassoio con garbo e poi aspettava seduto accanto alla finestra che io finissi. Quando vuotavo il bicchiere, andava a riempirlo di nuovo in cucina; bevevo tanto in quei tempi,
chissà perché. E di notte sognavo sempre il mare che non avevo mai visto ma conoscevo attraverso i miei libri. « Una massa d'acqua vasta e[...]

[...]ella gentilezza. Non diceva mai « calmati cara » o « cara cal
mati », o simili cose; mi porgeva il vassoio con garbo e poi aspettava seduto accanto alla finestra che io finissi. Quando vuotavo il bicchiere, andava a riempirlo di nuovo in cucina; bevevo tanto in quei tempi,
chissà perché. E di notte sognavo sempre il mare che non avevo mai visto ma conoscevo attraverso i miei libri. « Una massa d'acqua vasta e sconfinata dal colore del cielo », cosi era descritto; ma in altri libri era presentato in altro modo, tanto che io mi chiedevo se non ci fossero più specie di mari.
I diversi autori non parevano d'accordo sul colore, uno diceva che é azzurro, un altro parlava del viola intenso, oppure del verde; io non so tuttora cosa pensare, ma ciò non mi impediva di sognare sempre il mare, come un misto di colori.
In fondo la qualità dei colori non mi interessava, perché il mare era II a farsi bere da me, e amavo il suo sapore, un sapore che non assomigliava a nessun altro.
Infine Ulisse riportava il vassaio in cucina e lasciava che mi addor[...]

[...]re che non assomigliava a nessun altro.
Infine Ulisse riportava il vassaio in cucina e lasciava che mi addormentassi, con la coperta fin sopra la testa perché la luce mi dava noia. Non speravo di chiudere le persiane fino a che non fossi guarita al braccio e ormai mi ero abituata alla luce. La sola difesa che avessi escogitato era di nascondermi gli occhi sotto le coperte e allora potevo anche avere la sensazione che nella stanza ci fosse buio; cosi mi addomentavo. Era sempre Ulisse che mi svegliava; lo sapevo appena sentivo il contatto freddo della sua gamba che scivolava accanto alla mia. Non piangevo perché Ulisse non voleva. Cercavo di tenere il mio braccio lontano dal suo corpo, perché non lo toccasse; ma finiva sempre per urtarlo col mento o con la spalla ed io mi trattenevo per non piangere. Un giorno che Ulisse era uscito provai a muovere il gomito e vidi che rispondeva come prima. Non sentivo più quel dolore lungo la schiena, i treni si erano fermati, forse ne erano usciti per sempre. Ero contenta e mi alzai per andare a chiuder[...]

[...] ero sembrata buona, continuò, avrebbe chiamato senz'altro il suo compagno per aiutarmi a togliere la camincia. Usci dalla porta da cui era entrata, una porta nascosta dalla tapezzeria dei muri, ragione per cui io non l'avevo notata prima„ tornò poco dopo col suo compagno. Vidi subito che era Trento, ma non dissi niente perché lui faceva finta di non conoscermi e, pensai, se agiva in quel modo, aveva le sue ragioni: forse era venuto a liberarmi_ Cosi mi limitai a guardarlo, senza fissarlo troppo apertamente però„
LA MIA STORIA TORNAVA SOTTO L'ALBERO CARRUBO 141
e aspettavo che mi rivolgesse uno sguardo d'intesa, o una parola sottovoce, come « ci sono qua io », oppure « zitta per carità », « fai finta d~ non conoscermi ».
Le mie braccia erano di nuovo libere; notai che il polso rotto si era gonfiato ma non mi faceva più male, così finii per non pensarci piú. Trento recitava così bene la sua parte che la donna non si accorse di niente; quasi la dava a bere pure a me.
Mi fecero salire le scale e traversare corridoi. Vidi altre donne bianche come quella dal sorriso d'angelo, e tutte sorridevano come lei, verso Trento, verso me, o verso i muri. Camminavano sulla punta dei piedi
e passavano rasentandoci senza quasi farsi notare, non emettendo alcun
rumore.
Nella stanza in cui mi portarono c'erano già quattro ragazze più
meno giovani di me, come vidi subito alla prima occhiata; loro per) erano vestite di grigio, con i capelli tagliati o raccolti dietro la testa. Subi[...]

[...]'io.
Imparai subito che le campane erano molto importanti in quell'istituto e che se non si ubbidiva al loro segnale c'era da rimanere senza cena o addirittura di buscare la frusta sulle gambe. Io dovevo fare uno sforzo per ricordare cosa volesse dire quel suono; mi prendeva sempre alla sprovvista, perciò i primi giorni non sapevo mai cosa fare. Ma bastava che seguissi le altre giù per il corridoio, che loro mi guidavano; finivo per fare sempre così senza rendermi conto se fosse l'ora di cena. o della messa. Non m'importava molto perché ero occupata a meditare tutti questi fatti nuovi che si accumulavano nella mia vita e che non avevo il tempo di esaminare perché sempre altri si aggiungevano ai precedenti.
Nei primi giorni ero stata così assorbita dallo studio delle quattro ragazze che occupavano la mia stanza, da dimenticare tutto il resto_ Mi ero incantata a seguire i movimenti di Coccoletta, che passava il tempo abbandonata sul letto a cantare, muovendo solo le mani nel folto dei capelli. Non avevo mai visto capelli così lunghi e biondi, li paragonavo mentalmente ai miei, neri e lisci, e pensavo che doveva essere piacevole passare le mani fra quei capelli sparsi sulla coperta, ciondolanti. sul bordo del letto.
Aveva il corpo piccolo e piccoli i tratti, ma i capelli più lunghi delle braccia. Cantava canzoni di cui inventava le parole mano a mano che svolgeva il motivo, ma non alzava mai troppo la voce. Non so perché fosse li né glielo chiesi mai, amavo pensare che fosse una regina e la guardavo con curiosità ma anche ammirazione. Lei non guardava mai nessuno in faccia e si voltava verso il muro ogni volta che[...]

[...]so perché fosse li né glielo chiesi mai, amavo pensare che fosse una regina e la guardavo con curiosità ma anche ammirazione. Lei non guardava mai nessuno in faccia e si voltava verso il muro ogni volta che qualcuno entrasse nella stanza.
Tutto il giorno giocava con i propri capelli e la notte si agitava nel letto come se avesse caldo; una volta ricordo di avere sentito il battito dei suoi denti.
Mi accorsi presto che qualcun altro la guardava così attentamente come la guardavo io: era la spia, la ragazza che dormiva nel letto accanto al mio. Mi disse Lode, con cui feci subito amicizia, che la spia era innamorata di Coccoletta e cercava sempre di avvicinarsi al letto di lei.
LA MIA STORIA TORNAVA SOTTO L'ALBERO CARRUBO 143
Lode insisteva per raccontarmi la storia di tutte le ragazze che incontravamo anche casualmente per i corridoi. lo mi annoiavo ad ascoltarla, forse perché parlava troppo in fretta e diceva quasi sempre le stesse cose. Allora brontolavo di avere un dolore alla testa che non mi faceva respirare e nascondevo la faccia [...]

[...]ndosi di rivelare le cose più orribili su coloro che poi abbracciava in altri momenti.
Mi disse che la spia era lesbica: « Lo sai cosa vuol dire »? « No », dissi. Fu contenta di spiegarmelo con una gran quantità di parole inutili. « È innamorata di Coccoletta » disse ridendo, « la desidera perché
144 DACIA MARAINI
é bella, e poi, quei capelli... un giorno o l'altro le salterà addosso » mi sussurrò. E credo che non aspettasse altro.
Ero stata così presa da questi fatti che non avevo pensato affatto a me; da allora mi abituai a scappare più spesso al gabinetto per liberarmi di Lode e li meditavo su tutte le novità della mia vita.
Evitavo di pensare ad Ulisse perché più di una donna angelo mi aveva spiegato la gravità di ciò che avevo fatto. E parole come fratello, figlio dei Signore, morte dell'innocente, erano entrate nella mia mente e la loro presenza mi dava fastidio.
A Trento avevo rinunciato: dopo il suo ultimo tradimento e abbandono, lo avevo dimenticato; o forse cercavo di farlo senza riuscirvi del tutto, ma pensavo a lui molto[...]

[...]lla stagione fredda che ci avrebbe costrette in quelle stanze buie del piano superiore.
Ero sicura che la finestra del nostro gabinetto desse sul giardino, ma non sono mai riuscita a provarlo, perché dalla finestra del gabinetto non potevo guardare; d'altra parte, viste da sotto, tutte le finestre sembravano uguali e non avrei mai saputo quale fosse quella del ba
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gno. Ma amavo pensare che fosse così come io volevo e, quando ero nel gabinetto, mi consolavo all'idea che la finestra sopra il mio capo, in cima al soffitto, dominasse il giardino, anzi osavo quasi immaginare, che una volta affacciati alla finestra, si potessero scorgere al di là di essa delle montagne, dei campi, e chissà, forse anche il mare. Il giardino era poco più grande del nostro refettorio, alcuni lo chiamavano cortile, ma naturalmente sbagliavano perché non ho mai visto né sentito che in un cortile crescessero degli alberi, come avveniva nel nostro. E poi, in certe giornate calde, spuntavano le violacciocche lungo i mu[...]

[...] essa delle montagne, dei campi, e chissà, forse anche il mare. Il giardino era poco più grande del nostro refettorio, alcuni lo chiamavano cortile, ma naturalmente sbagliavano perché non ho mai visto né sentito che in un cortile crescessero degli alberi, come avveniva nel nostro. E poi, in certe giornate calde, spuntavano le violacciocche lungo i muri, ed io dico che il luogo dove crescono le violacciocche si può senz'altro chiamare giardino, e così lo chiamavo parlandone con Lode, sebbene lei tirasse fuori la lingua in segno di disprezzo.
Nel giardino c'erano tre alberi, ma i posti all'ombra erano regolarmente occupati dalle ragazze del secondo reparto che scendevano con l'anticipo di pochi minuti rispetto a noi. Solo Coccoletta riusciva a mettersi al riparo dai rami, non so se fosse per merito della sua bellezza di regina che incuteva rispetto o per merito della spia, di cui tutte noi avevamo paura. Fatto sta che Coccoletta trovava sempre un posto libero sotto il suo albero preferito, il carrubo che cresceva nell'angolo a sud 'del gia[...]

[...]i avevamo paura. Fatto sta che Coccoletta trovava sempre un posto libero sotto il suo albero preferito, il carrubo che cresceva nell'angolo a sud 'del giardino. E c'era da meravigliarsi perché quello era l'albero piú ricercato per la sua freschezza, dovuta ai folti rami che dondolavano sopra il muro e per la sua altezza che dava a chi vi stava sotto una sensazione di sicurezza e di forza, e forse anche alimentava i desideri di libertà elevandosi così in alto, fuori da tutte le regole della casa, quasi si ribellasse alla prigionia con la sua forza di legno.
Sia Lode che io avevamo rinunciato a quei posti privilegiati che ormai spettavano dì diritto alle ragazze del secondo reparto che scendevano prima di noi e si accovacciavano sotto i rami.
Noi potevamo usufruire delle panchine che erano sparse un po' dappertutto lungo i muri, ma nessuno aveva simpatia per quei sedili che finivano per essere occupati dai gatti e dalle formiche. Era risaputo che i gatti e altri animali del genere non avevano alcun diritto di occupare le panche, anzi cred[...]

[...]no prima di noi e si accovacciavano sotto i rami.
Noi potevamo usufruire delle panchine che erano sparse un po' dappertutto lungo i muri, ma nessuno aveva simpatia per quei sedili che finivano per essere occupati dai gatti e dalle formiche. Era risaputo che i gatti e altri animali del genere non avevano alcun diritto di occupare le panche, anzi credo che fosse proprio proibito, ma nessuno di noi amava sedersi su quelle assi di legno smaltato; e così finiva che vi si accoccolavano i gatti e le formiche si divertivano a correre da un capo all'altro delle assi nella smania di scoprire qualche guscio di scarafaggio che però non trovavano mai. Lode ed io avevamo scovato un tappeto puliscipiedi di rete di ferro, con palline bianche che formavano un disegno, o almeno noi immaginavamo che fosse un disegno, per
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ché quando lo trovammo fra le immondizie, portava incastrate si e no dieci palline che luccicavano in mezzo alle maglie arrugginite, e furono proprio quelle palline ad attirare la nostra attenzione. Lo adoperavamo per s[...]

[...]si erano formati durante la notte fra i suoi capelli lunghi e fini, simili a ragnatele senza colore. Lode era agitata e rideva per ogni nonnulla; disse che non era successo niente,
quella scema! » ripeté più volte, e indicava il letto ancora macchiato di sangue; ma io vedevo che era pallida e le sue risate continue mi innervosivano.
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Quel giorno in giardino mi park) di Coccoletta: disse che era più bestia di una bestia, disse cosí. « Non pensa che ai suoi capelli e al suo grasso corpo addormentato », disse. Mentre parlava guardava verso il carrubo con le sopraciglia aggrottate. Lontano potevo vedere Coccoletta che si appoggiava al tronco, con le braccia lungo i fianchi, le spalle zbbandonate su se stesse, e il collo piegato morbidamente sul cuscino dei capelli biondi. Pensai che non sapevo di che colore fossero i suoi occhi, non li avevo mai notati. «Infatti», disse Lode, «è come se non li avesse: Più che occhi sono buchi per vedere, e il colore dei buchi è indefinito, scuro e lontano ».
Mi informò che la spia era qua[...]

[...]evo avuto modo di constatare altre volte.
La seguii per i corridoi fino alla stanza della direttrice; mi presentò all'avvocato. « Siedi li », disse, « e rispondi con attenzione alle domande che ti farà questo signore ».
Tutti e tre mi guardavano con curiosità; l'avvocato prese a passeggiare e per la stanza, la direttrice disse che ero ana brava ragazza. Par. RI di me come se non fossi presente, dicendo che ero un elemento quieto, disse proprio così, e che con un po' di studio se ne poteva cavare un bel processo. Tanto « l'infermità mentale » é stata riconosciuta. « Rimarrà sotto la nostra tutela », disse senza guardarmi, come se parlasse di uno dei suoi trecento lavandini che andava sturato.
LA MIA STORIA TORNAVA SOTTO L'ALBERO CARRUBO 149
L'avvocato si fece portare del caffè, intanto rideva di qualcosa con la direttrice. Li guardavo ma non stavo ad ascoltarli per via dei pensieri che si affollavano nella mia mente; in quei cinque minuti erano talmente cresciuti di numero che non sapevo quale prendere in considerazione per prima; mi s[...]

[...]on perdere le parole che scappavano fuori come gatti infuriati, ma per quanti sforzi facessi rimanevo indietro rispetto alle sue domande e finivo per non capire più niente.
Vidi che la direttrice prendeva appunti su di un foglio che teneva aperto davanti a sé. Una goccia di sudore era sospesa poco sopra le mie orecchie, all'attaccatura dei capelli; aspettavo che scivolasse giù per la guancia, ma pareva che si fosse cristallizzata fra i capelli; così alzai una mano per cessare quella lieve sensazione di solletico; ma poi guardandomi le dita, vidi che erano macchiate di sangue. La direttrice disse che se avessi continuato mi avrebbe cacciato nella camera di sicurezza. « Ti sei rovinata una guancia », disse. Non sentivo dolore e mi meravigliai di quel sangue. L'avvocato da quel momento cambiò modi e divenne gentile nel pormi le domande, quieto nell'attendere le risposte. Credetti di indovinare che avesse preso paura; ecco dunque che sangue e dolore o la parvenza di tutte e due le cose potevano diventare utili per altri scopi, per esempio qu[...]

[...] nevvero? » mi chiese, «E' morta tanto presto la tua mamma; te la ricordi? ». Io accennai di si e lei sorrise soffiando dolcemente il fumo dalle narici. « Ciascuno ha la sua mamma », disse, « Ed è la persona che più ci vuol bene. Chissà quanto ti amava la tua mamma! E adesso ti guarda dal cielo e piange per te ».
Non so che altro disse sul cielo, sui pianti della mamma e gli sguardi dal paradiso. Io chinavo la testa ad ogni affermazione, perché così mi avevano insegnato, ma avevo voglia di dormire: quell'avvocato mi aveva stancata. Pensai per un momento al corpo della mamma, come io ero solita vederla, dal lato opposto della stanza, sprofondata nella sua sedia a sdraio; ma pensare a lei non mi consolava affatto e cercai di trovare il metodo per abbreviare quel colloquio.
La direttrice però sembrava si fosse abbandonata al caldo suono delle proprie parole; e dalla mia mamma era passata a parlare della madre in generale. Forse anche della madonna che chiamava madre di tutte le donne, o vergine santa del cielo, protettrice delle anime nost[...]

[...], dal lato opposto della stanza, sprofondata nella sua sedia a sdraio; ma pensare a lei non mi consolava affatto e cercai di trovare il metodo per abbreviare quel colloquio.
La direttrice però sembrava si fosse abbandonata al caldo suono delle proprie parole; e dalla mia mamma era passata a parlare della madre in generale. Forse anche della madonna che chiamava madre di tutte le donne, o vergine santa del cielo, protettrice delle anime nostre e così via.
Non volevo proprio addormentarmi, sapevo che sarebbe stato poco gentile verso la direttrice, non era mia intenzione, assolutamente no.
La mia testa cadde sulla spalla ed io sentii che la voce premurosa si allontanava sempre piú; faceva caldo dentro la mia gala e le mie dita riposavano le une contro le altre.
Fui subito svegliata dallo schiaffo della direttrice e mi meravigliai tanto di trovarla così vicina a me che feci un salto all'indietro, per cui il mio piede colpi con forza la sua gamba e questo fu l'inizio di tutto. Infatti dopo poco ero già legata e stretta tra quattro infermieri, mentre la direttrice gridava qualcosa e agitava la testa dai capelli ben pettinati; credo dicesse « Ingrata » o forse « Pazza! », non so.
Mentre mi portavano via per il corridoio, mi parve di vedere l'avvocato che camminava appogiandosi all'ombrello con l'impugnatura
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dalla testa di cane; cercai di avvicinarmi a lui per parlargli ancora della sirena, vol[...]



da Theodor Wiesengrand Adorno, Aldous Huxley e l'utopia [traduzione di Elèmire Zolla] in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 7 - 1 - numero 33

Brano: [...]ea angoscia, allora l'individuo colto dal panico sarà in grado di innervare ciò che di oscuro sta alla base dell'identificazione collettiva: la falsa coscienza dei singoli i quali, privi di una vera e verificabile solidarietà, legati ciecamente a immagini del potere, si credono d'accordo con una Totalità che li soffoca con la sua ubiquità.
Huxley é esente da quell'assennatezza folle che riesce a ricavare perfino dal peggio il solito « non é poi così male ». Egli non dà alcun credito alle favole per bambini seconda cui le pretese escrescenze della civiltà tecnica verranno sanate automaticamente dal progresso inarrestabile e sdegna i conforti tanto cari all'esiliato: che gli aspetti angosciosi della civiltà americana siano effimeri resti della sua primitività oppure salde garanzie della sua giovinezza. Non si concede alcun dubbio su questo punto: quegli aspetti non sono frammenti rimasti nella scia della cultura europea, ma piuttosto precorrimenti del futuro che l'aspetta: il vecchio mondo imita diligentemente il nuovo. Lo Stato universale[...]

[...]. La panacea garantita dalla statica sociale è il conditioning, locuzione assai difficile a tradursi, trasferita dalla biologia e dalla psicologia behavioristica (dove significa la provocazione di certi riflessi o comportamenti mediante modificazioni deliberate del mondo circostante, attraverso il controllo di « condizioni ») la quale nella lingua corrente americana sta a significare ogni specie di controllo scientifico delle condizioni di vita: così air conditioning è il livellamento meccanico della temperatura in spazi chiusi. In Huxj ley conditioning significa la completa preformazione dell'uomo a opera della violenza sociale che va dalla riproduzione artificiale alla determinazione tecnica del conscio e dell'inconscio nel ` lo stadio infantile e al death conditioning, un allenamento che J
loo THEODOR WIESENGRUND ADORNO
scaccia dal fanciullo la paura della morte, per cui al fanciullo si
presentano dei morti e contemporaneamente lo si nutre di dol
! ciumi sicché associ in avvenire le due cose. L'effetto finale del
conditioning, l'a[...]

[...]e, per cui al fanciullo si
presentano dei morti e contemporaneamente lo si nutre di dol
! ciumi sicché associ in avvenire le due cose. L'effetto finale del
conditioning, l'adattamento perfettamente realizzato, é l'interio
rizzazione della pressione e della coercizione sociali in misura assai superiore a quella conosciuta dal protestantesimo: li uomi
ni si rassegnano ad. amare ciò, .che debbono fare, senza neanc e più sapere di rassegnarsi. Così la loro felicità viene rafforzata soggettivamente e viene mantenuto l'ordine. Tutte le rappresentazioni di un'influenza esteriore della società sul singolo, per il tramite di agenti come la famiglia o la psicologia, appaiono superate. Cie) che alla famiglia é stato già fatto, viene perpetrato ai suoi danni ancora una volta nel brave new world. Come figli della società nel senso più letterale gli uomini non si trovano in un rapporto dialettico ma coincidono con essa. Esponenti volontari della Totalità collettiva nella quale é stata assorbita ogni antitesi, essi sono in senso non metaforico « s[...]

[...]mi totalitari e da loro perfezionata — é di natura totalitaria. Huxley, che se ne intende, indica le tracce della mutilazione anche nella classe superiore: « Even alphas have been conditioned ». Anche la coscienza di coloro che possono essere un poco orgogliosi di essere individuati, é colpita dalla standardizzazione in forza della loro identificazione con il gruppo al potere. Automaticamente M essi emettono i giudizi ai quali sono condizionati, così come un grosso borghese chi oggi ciarla ifelia rrr ascitä"rêligiosa che importa assai più delle condizioni economiche o proclama di non capire l'arte moderna. Il non capire diventa una virtù. Una coppia d'innamorati della casta superiore vola sopra la Manica nel pieno d'una tempesta e l'uomo desidera prolungare la trasvolata per non ritrovarsi in una folla, per restare vicino all'amata e fedele a se stesso. « I don't unterstand anything, 'she said with decision, determined to preserve her incomprehension intact ». L'osservazione di Huxley non identifica soltanto il rancore che suscita
la ver[...]

[...]inorridisce della temperanza, ma é intimamente nemico dell'ebrezza e non solo di quella narcotica, che un tempo egli condannava d'accordo con l'opinione comune. La sua coscienza, come quella di molti inglesi emancipati, è preformata dal puritanesimo che essa condanna. Libertà e avvilimento del sesso non sono scindibili, per lui. Nei suoi primi romanzi il libertinaggio appare già come eccitazione quasi localizzata, priva di aura, quasi come nelle cosiddette culture virili gli uomini sono soliti parlare delle donne e dell'amore fra loro con un gesto che, nell'orgoglio per la sovranità conquistata, svi lisce l'argomento. In Huxley tutto si svolge più sublimatamente che nel Lawrence delle four letter words ma proprio perciò più repressamente. La sua rivolta contro la falsa felicità sacrifica anche l'idea della vera. Molto prima che egli mostrasse simpatie per il buddismo, la sua ironia svelava, ad esempio nell'autodenuncia dell'intellettuale, il penitente furioso, dal settarismo del quale il suo livello generale d'altra parte lo preserva. La [...]

[...] non solo come condizione antitetica della propria manifestazione ma anche positi vamente, come la forma, sia pur frammentaria e inadeguata, che realizza il 'Moto soggettivo Oggettivandolo. Tutte le categorie che vengono illuminate dal romanzo, la famiglia, la paternità, il singolo e la sua proprietà, sono prodotti dalla reificazione e Huxley getta questa come maledizione sul futuro, senza comprendere la benedizione del passato, che egli invoca. Così diventa involontariamente il rappresentante di quella nostalgia, la cui
1Vb 1"tiWdAJVx wAZ0,Z 1VICV i`1u n.nru.v
affinità con la cultura di massa il suo sguardo coglie con tale penetrazione nella canzone della storta: « Bottle of mine, it's you I've always wanted! Bottle of mine, why was I decanted ?... There ain't no Bottle in all the world Like that dear Bottle of mine ».
La ribellione del « selvaggio » contro l'amata non é quindi tanto la protesta, come si vorrebbe, della pura natura umana contro la fredda protervia della moda, poiché la giustizia poetica lo rappresenta come un'aggressi[...]

[...]at might easily decondition the more unsettled minds among the higher castes — make them lose their faith in happiness as the Sovereign Good and take to believing instead that the goal was somewhere beyond, somewhere outside the present human sphere; that the purpose of life was not the__ maintenance of well_being,, but some intensification and refining of consciousness, some enrargehiéñi of knowledge ». Per quanto l'ideale sia espresso in modo così tenue e pallido e prudentemente previdente, non
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evita tuttavia la contraddittorietà. a Intensification and refining of consciousness » o K enlargement of knowledge » ipostatizzano lo Spirito contrapposto alla Prassi ed al soddisfacimento dei bisogni naturali. Però_, poiché lo spirito presuppone il processo vitale della società e la divisione del lavoro, poiché la spiritualità sta in rapporta con l'esistenza come con la propria attuazione ed é implicitamente un ordine o un'indicazione impartiti alla prassi, porre in rapporto di opposizione incondizionata ed ete[...]

[...]o e non l'allodola » non si può scindere dalla simbologia sessuale. Esaltare l'aubade per la sua trascendenza, senza darle ascolto e quindi senza rendersi conto che essa non si chiude in sé come trascendenza, ma vuole essere appagata, sarebbe altrettanto vacuo quanta la sessualità misurata col compasso nel Brave New World, la quale uccide l'incanto che non si lascia conservare in sé e per sé. L'ignominia di oggi non sta nella preponderanza della cosiddetta cultura materiale sulla spirituale; in un lamento di questo genere Huxley si troverebbe accanto come indesiderati compagni gli ArchCommuntySongsters di tutte le sette e filosofie neutralizzate. Piuttosto é da mettere sotto accusa la separazione socialmente imposta della coscienza dalla sua attuazione sociale, nella quale dovrebbe avere la sua sostanza. Già il carisma fra spiritualità e materialità
ALDOUS HUXLEY E L'UTOPIA 111
che la filosofia perenne di Huxley istituisce, la sostituzione della « faith in happiness » con un indeterminato ed astratto « goal somewhere beyond » rafforza l[...]

[...]ale, nella quale dovrebbe avere la sua sostanza. Già il carisma fra spiritualità e materialità
ALDOUS HUXLEY E L'UTOPIA 111
che la filosofia perenne di Huxley istituisce, la sostituzione della « faith in happiness » con un indeterminato ed astratto « goal somewhere beyond » rafforza la condizione reificata i cui sintomi gli sono insopportabili, la neutralizzazione della cultura separata dal processo di produzione materiale. Horkheimer formulò così il concetto: « se si fa una distinzione tra bisogni materiali e spirituali allora bisogna insistere senza dubbio sul soddisfacimento di quelli materiali, perché in questo è implicita la trasformazione sociale, ed esso comprende per cosí dire la giusta società che procura a tutti gli uomini le migliori condizioni di vita possibili e coincide con l'eliminazione del potere cattivo. Ribadire però l'esigenza isolata e ideale porta all'irrazionalità reale: non si può far valere il diritto alla nostalgia, alla coscienza trascendente, alla vita pericolosa. J.a lotta contro la cultura di massa può consistere soltanto nella dimostrazione del legame fra questa e la perpetuazione dell'ingiustizia sociale. Sarebbe ridicolo accusare la gomma da masticare di nuocere alla disposizione per la metafisica, ma si potrebbe probabilmente dimostra[...]

[...]re farisaicamente Shakespeare. Ma è l'essenza stessa del film, come duplicazione e rafforzamento di ciò che é, la sua superfluità e insensatezza stridenti nel tempo libero ancorato all'infantilismo, l'incompatibilità del realismo fondato sulla duplicazione e della contemporanea pretesa di essere immagine — tutto questo appare in evidenza nella cosa stessa, senza ricorsi a vérités eternelles dogmaticamente citate. Che il circolo vizioso tracciato così accuratamente da Huxley abbia le sue lacune, non dipende dalle manchevolezze della sua costruzione fantastica, ma dall'idea di una felicità soggettivamente completa e oggettivamente contraddittoria. Se valesse la sua critica del meramente soggettivo, cadrebbe l'idea di una felicità oggettiva, scissa dalle aspirazioni umane e ipostatizzata non meno dell'ideologia. Radice della falsità é la separazione congelata in un'alternativa immutevole. Mustapha Mond il raisonneur nonché avvocato del diavolo del libro che incarna la coscienza più esposta del brave new world, riduce a formula quell'alternat[...]

[...]«Degrade him from what position? As a happy, hardworking, goodsconsuming citizen he's perfect. Of course, if you choose some other standard than ours, then perhaps you might say he was degraded. But you've got to stick to one set of postulates ? ». Nelle doppie set of postulates che vengono offerti per la scelta come prodotti finiti, traspare il relativismo. L'esigenza di verità si scioglie in una relazione del tipo se questo si accetta, allora. Così anche il mondo dei
ALDOUS HUXLEY E L'UTOPIA 115
valori isolato dalla profondità ed interiorità diventa preda della pragmatizzazione. Il «selvaggio» riferisce che durante uno dei suoi accessi ascetici stette a braccia tese sopra una collina avvolta da un calore rovente, per sperimentare le sensazioni di un crocifisso. Alle richieste di spiegazione, dà la curiosa risposta: « Because I feel I aught to. If Jesus could stand it. And then, if one has done something wrong... Besides, I was unhappy, that was the other reason ». Se il « selvaggio » non riesce a trovare altra giustificazione per la s[...]

[...], al suo mezzo, mentre nella maturità si era interessato al suo fine, alla musica pura. Ma la superiorità indiscutibile dei suoi lavori giovanili rispetto ai tardi non si può sciogliere dalla ricchezza fantastica della composizione pianistica che produce il chiaroscuro, il colorito armonico franto, la densità della struttura compositiva. Gli artisti non estraggono da sé l'idea, che piuttosto si deve a esercizi tecnici, spesso addirittura alla giocosità cieca.
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Egli critica lo spirito del positivismo. Ma poiché anche la sua critica si ferma ai traumi, si limita all'immediatezza vissuta, e registra l'apparenza sociale senza discussione, come dato di fatto, ed egli stesso resta un positivista. Nonostante il tono sgradevole egli concorda con la critica della cultura di carattere descrittivo, la quale attraverso la deprecazione dell'inevitabile decadenza della cultura offre sostegno al rafforzamento del potere posto sotto accusa. La civiltà porta alla barbarie in nome della cultura. Huxley in luogo degli antagon[...]

[...] l'accento, non per lo sguardo. Huxley pronostica, come un liberale benthamiano uno sviluppo che porti alla massima felicità per il massimo numero: soltanto che la prospettiva non lo attrae. Egli giudica il brave new world con lo stesso sano senso comune il cui dispotismo é dileggiato in Brave New World. Perciò appaiono dovunque nel romanzo momenti non analizzati affini proprio a quel tipo di filosofia ripulita e disinfettata alla quale Huxley è così poco favorevole. Il transeunte come irrilevante, la storia come storia del male vengono messi in contrasto con l'invariante: la filosofia perenne, l'eterna luce solare del cielo delle idee. Conformemente l'esteriorità e l'interiorità degenerano in un'antitesi primitiva: all'uomo é attribuito il male, dalla riproduzione artificiale all'invec
ALPOUS HUXLEY E L'UTOPIA 119
chiamento precoce, mentre la categoria del singolo é investita di indiscutibile dignità. L'individualismo non svolto dalla rifles sione si afferma come se l'orrore al quale guarda il romanzo non fosse esso stesso progenie del[...]

[...]tocosciente, che é la forza motrice della dialettica. L'utopia rifinita, anche se fornita di elementi materialisticotecnici e impeccabilmente corretta dal punto di vista delle scienze naturali, è per principio una regressione nella filosofia dell'identità, nell'idealismo. Perciò le fa difetto quell'ironica esattezza che preoccupa talmente Huxley. Come il concetto non autocosciente di illuminismo totale spinge al rovesciamento nell'irrazionalità, così non si può dedurre partendo da esso se si avvererà o se si arresterà. Le catastrofi politiche imminenti non possono lasciare aperta la via d'uscita della civiltà tecnica. Ape and Essence è il tentativo in certa misura affrettato di correggere un errore che non dipendeva da scarse conoscenze di fisica atomica, ma dalla concezione lineare dello sviluppo storico e cui perciò non si può rimediare mediante correzioni ed elaborazioni del materiale aggiunto. Se la plausibilità delle prognosi di Brave New World era infirmata da eccessiva semplicità, quelle del secondo libro avveniristico, come la rel[...]


precedenti successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Così, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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