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Il segmento testuale Così è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 2421Analitici , di cui in selezione 91 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da (Nove domande sullo stalinismo) Arturo Carlo Jemolo in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1956 - 5 - 1 - numero 20

Brano: [...]e proprie reti di spionaggio, e per avvolgere in queste reti gli organi dello Stato sovietico » (« Q.d.L. », cit., vol. II, pag. 345). E ne deduce la necessità del perdurare, anche oltre vent'anni dalla rivoluzione, dell'identico apparato d'emergenza che ne aveva caratterizzato la prima fase.
Ben diversamente è oggi concepita « chez les chinois » la dittatura del proletariato. La «borghesia nazionale » è ammessa, provvisoriamente legittimata, e così pure la figura del kulak ». I capitalisti e i piccoli proprietari sfilano regolarmente e ufficialmente davanti a Mao, rappresentante della classe operaia, con le loro brave bandiere, poi passano dietro il palco e ritornano fuori (cambiatisi tranquillamente i costumi) come elementi « integrati ». (La nazionalizzazione totale dell'industria e la cooperativizzazione e la statalizzazione dell'agricoltura sono in atto e saranno interamente completate anche prima del previsto 1960).
Dunque, niente affatto accentuarsi della resistenza delle antiche classi, niente ultimi, e perché ultimi, disperati [...]

[...] proporzione fra lo sforzo ed il numero di t< pud » di grano che si producono in più. Anzi, essi diminuiscono. Le leve della storia sono ormai altre, più indirette, dal braccio più lungo. Lo stalinismo si esaurisce nella morte fisica di Stalin ed ha inizio il « nuovo corso ». Sarà la competizione pacifica, l'emulazione autentica basata sui verificabili risultati del lavoro a produrre una « selezione » naturale delle iniziative e dei dirigenti. E così per la politica estera: una impostazione di impegno all'interno non è determinabile unicamente dallo stato di « vigilia » bellica. Non bisogna riuscire soltanto perché ci si deve poter difendere bene. Si deve riuscir bene per non aver bisogno di difendersi o perché la possibilità della difesa sia implicita nella forza del sistema. La vittoria può consistere semplicemente nelle realizzazioni esemplari, nell'oggettivare la propria superiorità in fatti insieme sovrastrutturali (civiltà) e strutturali (preminenza economicoorganizzativa).
Se c'è sempre il rischio che l'avversario competitivocoesi[...]

[...]listica (attacco al « culto »), occorre ideologizzarla a fondo. Altrimenti si rischia di usarla ancora una volta tatticamente (la tattica anticulto, iconoclasta) senza che essa dia tutti i frutti che può dare.
La morale può essere la spia (non americana) della politica comunista. La tattica del « culto », nel quadro di una morale marxista, doveva essere indice che qualcosa di grosso non andava nella politica. Invece no: ci si diceva che eravamo così piccoloborghesi da non capire che, nel paese "del socialismo, quello che per noi poteva apparire un « culto religioso » era autentico amore per un uomo cui tanto ogni sovietico corrispondeva.
Capzioso gioco, se il corrispondere non può avere ovviamente per un socialista che il senso della pariteticità, una volta rotti i rapporti di soggezione e di alienazione. Per cui se certamente molto c'era da ammirare nell'uomo sovietico, il molto era appunto
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nell'uomo minuscolo (Stalin = un cittadino qualunque), nel cittadino ignoto, vivo per, e soprattutto, nella collettività. Dun[...]

[...]» queste domande, per una ragione di principio culturale. La cultura (e per cultura in
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tendiamo un atteggiamento creativo e critico a tutti i livelli) anche x1el marxismo (soprattutto nel marxismo) ha diritto di esaminare e studiare le forme della politica anche nel momento in cui si manifestano e si muovono. Il « controllo democratico » non è limitato a verificare soltanto se i funzionari o i dirigenti fanno il loro dovere così come è stabilito, ma si estende a verificare se le forme in cui operano gli organi legislativi ed esecutivi sono le più adatte e rispondenti ai bisogni, alla situazione, alla natura democratica che pretendono avere. Lo Stato socialista non può quindi essere concepito come il deposito dei risultati sociali definitivamente conseguiti, ma come un organismo vivente in continuo aggiornamento ad opera dell'intero corpo dei cittadini.
I quali cittadini, mentre sul piano politico legiferano, eseguono ed amministrano giustizia attraverso i loro rappresentanti, in sede scientifica hanno il diritto di [...]

[...]nella società socialista (da ciascuno secondo le sue capacità, ad ognuno secondo il suo lavoro), superabili solo nella società comunista teorizzata da tutti i classici del marxismo (da ciascuno secondo le sue capacità, ad ognuno secondo i suoi bisogni). E probabile che, appunto per evitare le possibilità del formarsi di correnti interessate nel proprio « particulare » (ad esempio, questione dei contadini rispetto agli operai), nell'URSS si tenga così fermo il
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principio del Partito unico, come depositario di una solidarietà generale senza concessioni. In questo senso l'unicità del Partito supera appunto la pluralità esistente nella società borghese, che esprime una gamma di precisi interessi e li rappresenta. Caso nel quale non si può certo affermare che la volontà generale si possa esprimere perché esiste la pluralità dei partiti. Al contrario, la pluralità non esprime che la rottura delle volontà, degli interessi antagonistici e di classe. Sgomberato perciò il campo dalla trappola parlamentaristica con tut[...]

[...]autentiche e diverse alternative costruttive.
Qualche marxista ortodosso potrebbe, a questo punto, obiettare che il marxismo è scienza e quindi la sua determinazione, nascendo da un piano di scientificità, esclude le alternative, risolte ogni volta in una determinazione oggettivamente fondata. Occorre rispondere subito che qui affiora uno degli aspetti più sottili e pericolosi dello stalinismo ideologico: la scienza è una ed é quella che si fa, così che le altre alternative vanno eliminate perché non possono essere scientifiche. Da cui il ben fondato sospetto che l'eliminazione delle altre possibilità non derivi tanto dalla loro inutilità (in ogni caso lo spreco vaviloviano sarebbe stato ben piccolo rispetto alle preminenze lysenkiane), ma dal fatto che solo in questo modo si rende non verificabile e quindi non dubitabile l'asserzione dell'unicità della scienza.
Non avendo a suo tempo né difeso la scienza economica staliniana, né la genetica lysenkiana, possiamo oggi con tranquillità dire che a nostro avviso entrambe non erano « ascient[...]

[...]per il socialismo, finché perdurino i termini della lotta di classe), quanto, piuttosto, in una alternativa di correnti, rappresentative non già di interessi, ma di possibilità realizzative diverse di un fine che resta comune. Il che comporta il presupposto di una solidarietà non intaccabile, oggettivata nello Stato prima, nel costume poi, e una diversa concezione della scienza (e della cultura) intesa come strumentalità pluralistica.
Si giunge così immediatamente al concetto di sviluppo democratico come può essere concepito nel socialismo: non piú come composizione di forze strutturali precise, di cui quella economicamente dominante è anche necessariamente la risultante e la vincitrice (società borghese), né come forza unica, solidale e disinteressata, in ogni caso, appunto perché unica (solidarietà nel positivo e nell'errore), tipica dello stalinismo, ma come sviluppo in cooperazione, disinteressato perché solidale, ma pluralistico nelle iniziative e nell'esperimentazione consentita (purché fondata su ricerche di fatto e scientificamen[...]

[...]mismo marxista fallisce nella misura in cui ignora tutta la microscopica complessità dei conflitti umani, e affrontando meccanicamente il rapporto fra strutture e sovrastrutture dimentica il carattere universale della contraddi
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cato senza esclusioni. La ripresa leninista, oltre che un valore sentimentale, è un modo di ottenere una autorevole e insindacabile conferma dei passi in avanti, delle aperture effettuate.
Così l'effettiva battaglia delle idee ( e dei fatti) non trova una sua chiarificazione moderna. Sopra il duello fra novatori ed eventuali resistenti sta la ben più fragorosa battaglia celeste fra le figure mitiche di Lenin e di Stalin. Ed in questo senso, accanto alla denuncia degli errori d'ortodossia, sta una serie di premurose raccomandazioni a non ideologizzare, a non staccare la teoria dalla pratica, ad occuparsi del concreto. Questo fatto da un lato apre una possibilità positiva: il far cessare l'uso confermativo dell'ideologia ortodossa e classica, come copertura di una realtà tattica, mobi[...]

[...], a non staccare la teoria dalla pratica, ad occuparsi del concreto. Questo fatto da un lato apre una possibilità positiva: il far cessare l'uso confermativo dell'ideologia ortodossa e classica, come copertura di una realtà tattica, mobile, eterodossa che non le corrisponde, ma dall'altro rischia il ripiegamento empiristico, minuto, contingentistico, ancora tanto poco libero da aver bisogno di altri, anche se diversi, e più ampi, aiuti classici. Così di volta in volta ci si copre ancora con una figura: Marx giovane, Marx vecchio, Lenin di u un passo avanti », Lenin di « due passi indietro ».
zione (come, forte dell'insegnamento di Mao, il P. C. Cinese ha soavemente ricordato ai sovietici). Ma é un fallimento 'in avanti'; e come agli errori della democrazia — diceva Masaryk — si rimedia solo con un di più di democrazia, così agli errori della obiettività e razionalità (o scientificità) dello sviluppo socialumano si rimedia solo con un di più di obiettività e razionalità. Nella sua lotta per l'attuazione di una totalità umana (e quindi 'tendenziale unanimità' o unità del genere umano) il marxismo può scambiare la parte per il tutto, e quindi errare; ma questo non accadrà, mai alla concezione liberale, per la quale la parte ha da rimaner sempre tale e l'uomo e la società in se stessi spartiti e divisi, si che il rapporto maggioranzaminoranza sia appena un remedium concupiscientiae, un retaggio della colpa originale[...]

[...] ripresa panoramica, una risistemazione dei valori, una reinterpretazione del « nuovo mondo » per mutarlo di « nuovo », potrà consentire quel radicale passo avanti che speriamo, che ci occorre.
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56) Stato dei Soviet come Stato funzionale e democrazia socialista come pianificazione organica.
Il potere personale di Stalin non è semplicisticamente riducibile né ad un fatto . geografico, né ad uno etnografico. Il caso « Cina », cosi diverso dal russo, potrebbe essere prova sufficiente per sfrondare le ipotesi sociologiche « orientalistiche » sul « fenomeno » sovietico adottate spesso dal Deutscher. La verità è naturalmente ancora una volta strutturale e sovrastrutturale insieme: ' economia e ideologia. Ed è secondo questi parametri che occorre esaminare le vicende sovietiche in tutte le loro particolarità (tradizione, ambiente, ecc., inclusi). Leggendo attentamente le diverse interpretazioni di parti diversissime sulla situazione determinatasi nel '17 in Russia, è difficile pensare che non fosse necessario un punto di tr[...]

[...]nti in tecnica organizzativa specifica (Krusciov li rimanda addirittura allo studio elementare dell'economia). E poiché l'organizzazione scientifica é l'unica possibilità di risolvere il problema degli incentivi senza ricorrere all'immediata pressione od al timore di rappresaglie o punizioni, la macchina staliniana, interpretando pessimisticamente il mondo produttivo, anziché mutarlo scientificamente, prese la strada dell'incentivo di pressione. Cosicché il Partito premeva sullo Stato e lo Stato sulle singole unità dipendenti. Pressione come strumento.
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E l'apparato di Partito e soprattutto dello Stato come « cinghie di trasmissione », si appesantiva di funzionari (oggi ne sono stati allontanati come primo provvedimento 750.000), anziché consolidare, come richiede appunto una organizzazione scientifica del lavoro, la équipe dirigente specifica di ogni unità produttiva, per disimpegnare la maggior mole di lavoro tecnicooperativo che una impostazione razionale della produzione richiede. Naturalmente, nel tempo, i movime[...]

[...]visti vantaggi. E non è detto che non si rileveranno imperfezioni e valutazioni non rispondenti alla realtà, che non si potranno proporre varianti e correggere errori e che, infine, non ci si possa persuadere, venendo a conoscere anche l'opinione di centinaia di milioni di altri cittadini (espressa nei dati del primo rilievo e rispecchiata dal piano), su alcune necessità, anche dure da superare e da sostenere, per ragioni di solidarietà comune.
Così annotato e discusso, il piano potrà tornare agli organismi tecnici che lo rielaboreranno in seconda istanza. Di qui ritornerà
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alla base (ed il numero dei cicli non é predeterminabile e tenderà ad aumentare quanto più potrà essere veloce il processo) per la definitiva approvazione. Il piano accettato potrà passare alla sua attuazione. Ma anche durante il suo corso potrà essere oggetto di verifica, e di correzione. Il piano é il percorso stesso della nazione: ad essa dovrà essere in ogni momento il più possibile aderente.
Concluso il periodo realizzativo, i risultati del [...]

[...]one. Il piano accettato potrà passare alla sua attuazione. Ma anche durante il suo corso potrà essere oggetto di verifica, e di correzione. Il piano é il percorso stesso della nazione: ad essa dovrà essere in ogni momento il più possibile aderente.
Concluso il periodo realizzativo, i risultati del piano saranno riassunti dagli organismi tecnici e riportati alla base per un esame critico generale. In questo esame avrà già origine il nuovo piano. Così che le scelte individuali di primo grado (« protocollari ») non saranno, dunque, come si sarebbe potuto sospettare, arbitrarie o bizzarre, ma già rese coscienti dei termini complessivi che il piano tende a includere e mediare.
In tal modo il piano può essere contemporaneamente lo strumento di determinazione della « volontà generale » e l'attuazione responsabile di essa nell'autogoverno civile.
Lo stalinismo, nato e formatosi nel periodo primo e più aspro 'dell'instaurazione dall'alto della pianificazione, non aveva forse sufficientemente avvertita la maturità del cittadino sovietico, non av[...]

[...]eterminazione e di scelta del proprio destino si spartisce nelle infinite volontà del cittadino sovietico, educato per quasi mezzo secolo al socialismo, ed ormai adulto.
L'evoluzione del socialismo non può più essere una evoluzione guidata e tutelata dall'alto. Il nemico interno, l'avversario oggettivo, forte della forza inerziale ed oppósitiva delle cose, è scomparso.
Stalin diceva già nel rapporto al XVII Congresso del Partito: « Invocare le cosiddette condizioni oggettive non è più ammissi
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bile ». « Dopo che la giustezza della linea del Partito é stata confermata dall'esperienza di molti anni, e la volontà degli operai e dei contadini di appoggiare questa linea non lascia più dubbio, la funzione della cosidetta condizione oggettiva si è ridotta al minimo, mentre la funzione delle nostre organizzazioni e dei loro dirigenti é diventata decisiva, eccezionale. Che cosa significa questo ? Significa che oggi la responsabilità per le nostre lacune e per le insufficienze nel lavoro risiede nove volte su dieci non nelle cause ' oggettive ', ma in noi stessi e solo in noi stessi » (Q.d.L. pag. 205, vol. II, cit.).
Dunque le deficienze e le difficoltà erano ed ancor oggi (dice Krusciov: « nel paese vi sono ancora molte deficienze e una mancanza di organizzazione nella edificazione economica e culturale »[...]

[...] nemico ». L'evoluzione potrà essere organizzativa, con il solo parametro esterno competitivo (tenendo conto che ad un certo punto anch'esso sarà superato). La misura dell'URSS tenderà quindi ad essere la sua misura interna, la sua determinazione civile, il consumare con equilibrio la propria vita. In questa dimensione democratica occorrerà che si modelli anche il Partito. E se lo Stato sta prendendo un altro proporzionamento e un'altra essenza, così sarà per il Partito. Da guida della « dittatura del proletariato » a guida della « democratizzazione del proletariato ». Il suo compito volontaristico di pressione dall'alto si esaurisce, e d'altra parte non avrebbe più senso. Il suo ultimo compito rimane quello di creare un'alta capacità organizzativa nello Stato, con lo scioglimento organizzativo dello Stato nei Soviet autonomi e insieme centralmente serviti e coordinati. Qui il Partito non potrà più rimanere ristretto e aristocratico, ma si estenderà largamente, in un processo anche lungo, a tutti i cittadini che responsabilmente partecipe[...]

[...]noi stessi »). Ora proprio la scomparsa delle cause oggettive rende oggettiva la possibilità di una evoluzione lineare nell'URSS, cioè di una evoluzione storica che superi via via le difficoltà organizzativamente, e non per la pressione delle cose. Tuttavia, se l'adeguamento organizzativo per qualche ragione non avviene, se le necessità non vengono rilevate e risolte, é possibile che si ricreino le condizioni conflittuali oggettive anche se, per così dire, trasposte sul piano del potere politico e non su quello direttamente economico. Il cittadino sovietico, insomma, che ha dato prova di perfetta adesione allo sforzo collettivo con sacrifici enormi, sia nella costruzione industriale ed agricola, sia nella guerra, sia nella ricostruzione recente, potrà rifiutarsi di produrre « nonostante tutto » tanti « pud » di grano
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o tanti pezzi meccanici se, avvertendo un errore nell'impostazione del lavoro o un problema su cui non è sufficientemente persuaso, non avrà altra via di manifestare il suo disaccordo e la sua [...]

[...]genti del capitalismo » avessero potuto per semplice gioco professionale elaborare teorie marxiste anche originali o comunque tecnicamente elaborate, ci sarebbe stato da disperare nell'uomo in quanto tale e nel socialismo anche.
Magari fosse stata possibile una spiegazione razionale dei fatti in questo senso! Viceversa non lo era e l'altra ipotesi si affacciò subito: divergenze politiche, errori politici. È terribile che il sistema debba essere così drastico verso chi commette errori — si pensava — ma le condizioni oggettive ancora lo richiedono. La rivoluzione ha il suo prezzo. E fa parte del suo prezzo anche il dare una qualificazione degradante di chi sbaglia: definitiva e senza residui deve essere la sua eliminazione sia fisica che morale. La « base » altrimenti non avrebbe potuto capire, non avrebbe pa tuto prendere la via giusta senza esitazioni, ecc. Ed ogni elemento non solo di vertice, ma anche di base, pensava ad una base a lui sottostante, che non avrebbe potuto capire se non in questi termini, e questi termini quindi accettav[...]

[...]n questi termini, e questi termini quindi accettava e trasmetteva nella loro formulazione, minima, inferiore. E a questo livello inferiore si
doveva necessariamente adeguare tutta l'ideologia, perché qualsiasi apertura di discorso critico avrebbe immancabilmente aperto anche quello sulle epurazioni (come oggi avviene), e non si sarebbero più potute sopportare quelle spiegazioni ufficiali che a qualsiasi razionalità erano estranee e ripugnavano. Così il « caso dei processi » ebbe i riflessi più gravi forse proprio in questo: l'estremo limite di una posizione autocratica, mentre avviliva il socialismo compiendo questi atti, con la spiegazione che ne imponeva e l'omertà conseguente, lo portava, come ogni connivenza, al silenzio.
La controprova di questa spiegazione della « credenza non creduta » ci é stata data dal modo in cui furono accolte in « privato » da molti comunisti le « riabilitazioni ». Esse sono considerate verità note da tempo, ossia ovvietà che, finalmente, una nuova situazione consente di dire. Se ieri per le condanne non fu[...]

[...]rre veder chiaro e senza timori nell'atteggiamento preso dall'URSS verso il partito comunista cinese nel 192527, verso i partiti comunisti francese e spagnolo nel 193639, verso la Germania nel 193941, ed il duplice rapporto tenuto nel primo dopoguerra verso gli « Alleati » da una parte e verso le attuali democrazie popolari, la Grecia, la Cina, la Jugoslavia, ecc., dall'altra. La politica estera staliniana del primo dopoguerra fu certamente, per così dire, un « doppio gioco », apparentemente favorevole al mantenimento dello « status quo » e sfavorevole allo sviluppo di altre rivoluzioni. Ma occorre anche vedere quanto, ricostruendo e consolidando se stessa, l'URSS costruiva e consolidava le possibilità concrete degli altri paesi comunisti, evitando anche che essi risolvessero in una avventura, con perdita generale, i loro slanci. È forse chiaro oggi che la politica staliniana, prevalentemente introversa, e tesa alla propria stabilizzazione fino a raggiungere il livello produttivo « sommato » dei paesi capitalistici, fu molto, probabilment[...]

[...]diritti ? ».
La risposta è breve. Non potremmo criticare e verificare l'URSS senza cadere, qualunque sia il grado della nostra buona féde, in una posizione ad essa antitetica, cioè nelle vesti dei suoi avversari, se non ne parlassimo nel campo socialista, se non pensassimo che tutto questo sia un lavoro comune, un collaborare allo sviluppo del socialismo.
I « consigli » all'URSS non hanno senso, se non sono sempre anche « consigli » per noi, e così pure le critiche, se non sono sempre anche critiche alle responsabilità che ci assumiamo solidarmente all'oggetto del nostro discorso. Parlare dell'URSS senza cadere in una posizione ad essa ostile od anche indirettamente opposta e nociva, é parlare non di un'URSS in sé, ma di un'URSS in noi, a cui siamo nettamente e senza residui legati nel quadro di un internazionalismo socialista. Di qui anche, e solo di qui, íl nostro diritto: ci è lecita la critica, perché é anche un'autocritica, ci sono lecite le richieste costruttive, perché sono anche la nostra partecipazione alla costruzione, il nost[...]

[...]essa ostile od anche indirettamente opposta e nociva, é parlare non di un'URSS in sé, ma di un'URSS in noi, a cui siamo nettamente e senza residui legati nel quadro di un internazionalismo socialista. Di qui anche, e solo di qui, íl nostro diritto: ci è lecita la critica, perché é anche un'autocritica, ci sono lecite le richieste costruttive, perché sono anche la nostra partecipazione alla costruzione, il nostro pretendere uno sviluppo positivo. Così siamo pronti a rigettare insieme, sia l'accusa che alcuni ci possono muovere di essere antidemocratici perché non
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ammettiamo che una « libera cultura » possa criticare con « neutralità » l'operato dell'Unione Sovietica, sia l'altra di non essere « autorizzati » al discorso, perché, pur appartenendo di fatto al « blocco storico » marxista, critichiamo l'URSS senza essere iscritti ad alcun partito di sinistrá (e forse per questo ci interessa tanto la posizione delle centinaia di milioni di cittadini sovietici o delle democrazie popolari, che sono senza partito pur essendo [...]

[...]ormulavano molti anni or sono: non potersi parlare genericamente di tutti i totalitarismi, ma doversi distinguere quelli di vera origine rivoluzionaria (nel significato che il termine ha in Europa da quasi due secoli), da altri di origine, magari popolare, ma di diverso colore (controrivoluzionario: la storia francese spagnola italiana conosce numerosi moti popolari controrivoluzionari). Nel bolscevismo vedevamo un moto suscettibile di evolvere, così come aveva avuto evoluzioni molteplici, con azioni e reazioni, ondeggiamenti, sacrifici di capi, la rivoluzione francese che pure, vista da lontano, appare moto organico e con una sua unità. Nel fascismo, nel franchismo, nel salazarismo, vedevamo movimenti con possibilità di durare magari a lungo, ma non di avere sensibili evoluzioni.
2. Teoricamente é possibile una volontà popolare che non dia luogo a partiti, in un clima di generale consenso (un unico ovile); in pratica non ci è possibile concepire, presso popoli che abbiano raggiunto una qualche maturità, un regime libero senza molteplici[...]

[...]ura degli zar.
5. Dubito che i comunisti di tutto il mondo (od almeno gli intellettuali comunisti) abbiano veramente creduto alla versione ufficiale staliniana sui processi e le cospirazioni, abbiano potuto credere alle autoaccuse.
Penso piuttosto ad una terribile disciplina impostasi, alla necessità per loro di non screditare lo Statoguida.
6. Non so se la critica al culto della personalità porterà ad un mutamento di rapporti tra l'URSS e le cosiddette democrazie popolari. Ciò dipenderà soprattutto dal dato se si accompagni o
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meno a questa critica l'abbandono della idea dello Statoguida, la accettazione di una sostanziale parità di posizione di tutti i partiti comunisti.
7. Penso comunque che non recherà di per sé alcun sensibile mutamento nei rapporti con l'occidente.
Questi rapporti sono segnati: da uno spirito di proselitismo che indubbiamente il comunismo ha e contro cui l'occidente non comunista è deciso a difendersi con ogni mezzo; dalla profonda fede che l'America nutre nella iniziativa privata[...]



da Giovanni Pirelli, Questione di Prati in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 5 - 1 - numero 38

Brano: [...]ri, con riscaldamento centrale, garage e relativa strada d'accesso. Tutto si sapeva, tutto fuorché una cosa: quanto Borgne avesse preso del prato. Il geometra del comune era stato chiamato solo per rilevare i confini. Il compromesso era stato stilato in città nello studio di un dottore commercialista. Un affare misterioso. Tanto più misterioso in quanto nessuno, non essendo questa una zona di ville, aveva mai venduto un prato a gente di fuori. « Cosi », disse Salomone Croux, « compi gli anni. Beh, auguri ».
«Auguri vivissimi », disse l'altro, il ragazzo Attilio Glarey, e sorrise.
« Ho venduto il prato », disse César Borgne. « A un industriale. Ci costruisce una villa. Una villa in cemento armato, con riscaldamento centrale, garage e tutto il resto. E un signore. E il più grosso industriale di Biella ».
« Bel colpo », disse il ragazzo Attilio Glarey.
Così », disse Salomone Croux, « hai venduto un prato s.
« Già », disse César Borgne.
«Che prato? ».
« Che prato? Il mio. Il prato sotto il canale ».
« Proprio un bel colpo », disse il ragazzo Attilio. Sorrideva.
« Peccato », disse Salomone Croux.
«
Peccato? », disse César Borgne aggrottando la fronte. « Perché
peccato? ».
« Perché era un buon prato ».
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« Se l'ho venduto è perché era un affare ».
Salomone Croux alzò le spalle. « Era della zia Jacqueline buonanima », disse, « vedova di Evaristo Grange, fratello di mia madre buonanima ».
« E zia di mia madre », precisò[...]

[...]re! Un altro bicchiere è niente. Un altro ancora è niente. Un altro ancora è ancora niente. Mon djeu me! Cosa è successo? Cosa è successo? ». Salomone Croux si piegò in avanti fino a che i suoi occhi strabici non furono a un palmo dalla bottiglia. « È vuota! ». Sollevò la bottiglia contro l'orecchio, la scosse. « Vuota », confermò. « Com'è come non è, poco fa era piena sino al collo e adesso non ce n'è nemmeno una goccia per inumidire le labbra. Così, signori, è il danaro. Esattamente così ». Con una smorfia di sprezzo depose la bottiglia sul tavolo, riportò soddisfatto il busto all'indietro chiudendo a pugno anche la mano sinistra.
« Al diavolo », imprecò César Borgne. « Prendo fuori una bottiglia di grappa, la prendo per festeggiare e tu, sacrenom, me l'adoperi per i tuoi stupidi esempi. Mi hai fatto passare la voglia ». Allontanò da sé la bottiglia. « Me la sento sullo stomaco anche solo a guardarla ».
«Meglio così », disse Salomone Croux. «Per me la grappa è veleno. Mi dá bruciore di stomaco ».
« E invece no, la beviamo », disse César Borgne. « E sai alla faccia di chi? Alla faccia degli invidiosi ». Mise tra i denti la fettina di tappo che emergeva dal collo della bottiglia, strinse, fece ruotare il vetro. Con un rumore di rutto il tappo si staccò dal vetro. César fece scarrere due bicchieri da vino lungo il piano del tavolo, uno verso Salomone che gli stava di fronte, uno verso il ragazzo Attilio che gli stava di fianco. Li riempi, riempi il proprio bicchiere. Era una grappa di pura vinaccia, distil[...]

[...]lo. Parola di César Borgne ».
« Troppi », disse seccamente Salomone. « Fino a sessanta, a sessantacinque può andare. Settanta é un'esagerazione. Non parliamo di settantacinque. Vuol dire bruciarsi le budella. Troppi. Ne bevo un sorso proprio perché ti sei ficcato in testa di voler festeggiare. Lo bevo perché un amico non lo si abbandona nei momenti difficili. Questo bicchiere e basta. No, non è bene abbandonare un amico nei momenti difficili. E così, eccomi qui che mi brucio le budella perché tu ti devi consolare di aver venduta il tuo prato ».
« Al diavolo », disse César Borgne senza più allegria. « Hai deciso di rovinarmi la festa ».
Per qualche tempo nessuno parlò. César, scrupolosamente imitato dal ragazzo Attilio, beveva a generose, ben intervallate sorsate; Salomone a sorsatine fitte accompagnate da smorfie di disgusto. Stavano come se ciascuno fosse solo con il proprio bicchiere. Nella stalla, fiocamente illuminata da una lampadina nuda e sporca appesa ad un chiodo, stagnava il tiepido umidore del fiato della mucca. Impregnava t[...]

[...]nia, mai. Invece bisognava fargliela prendere.
Salomone fu svelto nel coprire con il palmo della mano il proprio bicchiere ancora pieno a metà. « Un bicchiere ho detto, un bicchiere bevo », disse.
« Via », disse César. Si sforzava di mostrarsi bonario. c Tira via quella mano ».
n
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GIOVANNI PIRELLI
«E a me? », disse il ragazzo Attilio. II suo bicchiere, come quello
di César, era vuoto.
« Senza complimenti », disse Salomone. « Sto bene così ».
« Se non accetti mi offendo ». Non é che César si offendesse; an
dava in bestia. Non ammetteva che in casa sua qualcuno rifiutasse
di bere. Non lo tollerava.
« Offendersi perché? » Salomone alzò le spalle. « Lo sai che non
bevo. Ho già fatto un'eccezione. L'ho fatta perché non é bene abban
donare gli amici nei momenti difficili ».
« Al diavolo! Al diavolo! », disse César.
«E a me? », disse il ragazzo Attilio sollevando il bicchiere davanti
agli occhi di César. César gli scostò la mano come scacciasse una
mosca.
« Uno che non beve », disse, « si asciuga dentro e crepa ».
« Dopo [...]

[...]dato, César si sarebbe infuriato. A uno che ha venduto il suo prato non si dice peccato, non si parla di disgrazia senza nemmeno sapere a quanto è stato venduto; senza spiegare perché.
Fortunatamente c'era anche il ragazzo Attilio. Attilio aveva pensato. La cosa era del tutto inconsueta. Di regola il ragazzo Attilio ascoltava César, gli dava ragione e basta. « Si, la gente chiacchiera », disse. « Chiacchiera per invidia. Se lo sognano un affare così. No, non sono neanche capaci di sognarselo ». Era un fraseggiare imparato da César.
« Tu di affari te ne intendi come te ne intendi di donne », disse Salomone. Era contento che il ragazzo avesse riportato il discorso sull'affare del prato. Lo provocava appunto per farlo parlare.
Attilio arrossi. « Ne so un bel po' più di te », disse. « A me César dice sempre tutto. Sa che di me si può fidare ».
Salomone staccò la mano da sopra il bicchiere, ma solo per un momento, solo per agitare un dito nell'aria. « No, non ci credo. Un uomo parla di affari solo con un altro uomo ».
Era un'aperta provoc[...]

[...] uguale a questo. Per sapere se ho fatto un affare buono o cattivo non ho che un mezzo : provo a ricomperare il bicchiere che ti ho venduto ».
« Vorresti dire... ». César adesso sudava. Beveva, sudava e si tirava in dentro la punta del baffo.
« Sei in gamba, César. Hai già capito. Per sapere se hai fatto un affare buono o cattivo non hai che un mezzo : provare a ricomperare
84 GIOVANNI PIRELLI
il tuo prato ». Il ragionamento chiudeva in modo così impeccabile che Salomone si sentì intelligente più di quanto già sapeva di esserlo. Si accorse che il suo bicchiere era quasi vuoto. Non ne fu contrariato. Se bere lo rendeva più intelligente, valeva la pena, una volta tanto, di bere. Scolò il resto della grappa e ruttò con soddisfazione.
« Ricomperare il mio prato? », disse César. « E impossibile ».
« Se le cose stanno così, vuol dire che ha fatto non un cattivo, ma un pessimo affare ».
« Non è questo che voglio dire. E che il prato l'ho venduto. Ho già firmato il compromesso ».
« Sei un bel tipo », disse Salomone. « Come potresti ricomperarlo se non lo avessi venduto? ». Rise. Anche il ragazzo Attilio rise. Teneva apertamente per Salomone. Poiché César era troppo impegnato a pensare, Salomone riempì il suo bicchiere e il proprio.
« E a me? », disse il ragazzo Attilio.
Salomone riempì anche il bicchiere del ragazzo Attilio. « In concreto », disse. « Vai a Biella da quel tuo Marconi, o Maltoni che sia, gli me[...]

[...]. Macché povera donna. Era la moglie di un contadino. Forse che con le scarpe nuove cessava di essere una moglie di contadino ? Aveva fatto compere per tutti. Quattro bambine, quattro regalini. E che da due Natali le bambine aspettavano un Bambino Gesù che non veniva. L'imprudenza era stata di far arrivare questo Bambin Gesù adesso, in febbraio, con dieci mesi di anticipo. Di anticipo? 'Perché', aveva detto Ines, la terza, `il Bambin Gesù arriva così tardi ?'. Per sé, una cravatta. Ne aveva bisogno? Che diamine, doveva fare spese per tutti e per se stesso niente? Ancora giù, ad Aosta, incontra due cugini di Valtournanche. Quanto tempo che non ci si vede, come mai da queste parti, sai che lo zio tale si é preso una brutta malattia, ricordi la vedova talaltra?, s'é risposata con un brigadiere della Finanza, i prezzi del fieno, delle patate, del vino, i prezzi di tutto, le tasse... pago io (erano finiti, naturalmente, all'osteria), eh no, non mi fate questa offesa, oggi no, un'altra volta, oggi pago io... Era dovuto andare al cesso a sfilare[...]

[...]lomone. « Ha ragione. Se ha due bottiglie, finita la prima gli resta la seconda. Se ha due mucchi di denaro, finito il primo gli resta il seconda. Tutto sta a vedere se ha due mucchi di danaro oppure una solo ».
VI
Fu allora che la sbornia tetra diede ad Attilio, che non aveva mai idee, un'idea. « L'unica », disse, « é che tu, Salomone, gli venda un prato.
QUESTIONE DI PRATI 87
Se resta senza prato é un disgraziato e non c'é nulla da fare ». Così si vendicava di César. Lo gettava in pasto a Salomone.
« Già », disse Salomone, « bisognerebbe sentire cosa ne pensa Salomone. Che io sappia, Salomone ha trattato molti prati in vita sua. Ha trattato prati contro prati. Prati contro denaro mai. Non sa cosa farsene, Salomone, del denaro. Né di uno né di due mucchi di denaro ».
« In questo caso César é un disgraziato », disse Attilio, « e non c'è nulla da fare. Per tutta la vita sarà un disgraziato ». Quasi, in un ritorno di affetto, s'inteneriva. Reagì. « Che farci? Se l'è voluta lui ».
« Chissà », disse Salomone con voce distaccata, come p[...]

[...]gazzo Attilio, « che non ci fossero mai due prati identici ».
« Certo che non ci sono. Di proprio identici non ce ne sono mai. Forse che ci sono due bicchieri proprio identici? Forse che questi due bicchieri sono identici? Se guardi bene, uno ha sempre qualcosa
88 GIOVANNI PIRELLI
di diverso dall'altro. Però è un bel caso che ci siano due prati quasi
identici come due bicchieri ».
« E tu glielo daresti? », disse il ragazzo Attilio.
« Farei così. Gli direi: non voglio sapere quanto hai preso del tuo
prato. Non mi interessa. Tanto hai preso, tanto mi dai ».
« Oh », disse il ragazzo Attilio. « Gli daresti il prato senza sapere
se ha preso poco o molto? ».
« Certo. Ma non quel prato di cui parlavo. Un altro. Il prato di
cui parlavo non lo darei nemmeno per un milione ».
« Quale prato gli daresti? ».
« Un buon prato. Un tantino più piccolo, più in pendenza. Invece
di essere sotto il canale, è sopra. Sarebbe un prato più che bastante per
chi ha una mucca sola. Mucca », disse Salomone levando il bicchiere alla
mucca di César, « b[...]

[...]prio bicchiere e quello
di Attilio. « Una mucca », disse, « non vive di fieno comperato. E amaro
il fieno comperato. In pochi mesi la bestia s'intossica e muore a.
Salomone rise di gusto. Attilio no. « Povera bestia, che colpa ha lei
se César ha venduta il suo unico prato? ».
« Si vede che vuol più bene al danaro che alle mucche ».
«Il prato sopra il canale basterebbe per far vivere Claretta? a.
« Certo che basterebbe ».
« César non sarà così crudele », disse il ragazzo Attilio, a da lasciar
morire Claretta se tu gli offri il modo di salvarla ».
« Non so. Dipende quanto vuole per Claretta ».
« Come sarebbe a dire? ».
« Esattamente come ho detto ».
« Non capisco », disse il ragazzo Attilio.
« Non capisci mai niente », disse Salomone, gli occhi strabici lucenti
di sbornia e d'allegria. « Quando mai un contadino vende un prato se è
in grado di comperare un'altra mucca? a.
QUESTIONE DI PRATI 89
VII
Il pugno di Cesar si abbatté sul tavolo, il tavolo sobbalzò, la bottiglia schizzò via, descrisse una breve traiettoria, discese[...]

[...]di quelle con il manico lungo di legno che s'usano per arrostire le castagne sulla fiamma. « Ecco. Tu Attilio, sei la banda ». Gli mise le padelle, una per mano e disse: « Prova ».
« Non voglio », disse il ragazzo Attilio. « Non mi va ».
« Prova, fagiano ».
Controvoglia, debolmente, Attilio batté le padelle l'una contro l'altra. « Piú forte ».
« Non mi va ».
« Piú forte, ho detto ».
« È inutile, non mi va », disse cocciutamente Attilio.
« Cosi, fagiano! ». César gli si mise alle spalle, gli prese i polsi, gli allargò le braccia, gliele riunì con violenza. Ma Attilio aveva mollato la presa, le padelle finirono a terra e solo le sue mani sbatterono l'una contro l'altra.
« Ahi », fece Attilio, portandosi le mani doloranti alla bocca. Quasi piangeva.
« E allora vattene », disse spazientito César. « Va a piangere in braccio a quella vacca di tua madre. Va, va. Salomone, a noi ». S'era già scordato del ragazzo Attilio. « Avanti, monta su ».
« Io? », disse Salomone, guardando la coda inquieta della bestia. « Io? ».
«Proprio tu. Sei il[...]

[...]estione di necessità. Solo mantenendo il baricentro vicinissimo a terra ce la faceva a non ruzzolare. In ciò s'aiutava con le padelle tenute una per mano dalla. parte del manico. Lo sfregolio dei due piatti sul ghiaccio, pur non corrispondendo al tipo di banda previsto da César, era tuttavia un baccano apprezzabile.
In groppa alla mucca, il ragazzo Attilio. Come, per necessità, la mucca e Salomone, ciascuno a modo suo, avanzavano sgambettando,. così il ragazzo Attilio, per necessità, stava avvinghiato alla sua cavalcatura. Con le mani le stringeva il collo, con le gambe i fianchi. Un cedimento delle zampe posteriori lo scaraventava fin sul deretano della mucca, un contraccolpo lo rimbalzava con il viso tra le corna. Era tanta la paura di finire a terra che, se gli fosse stato possibile, si sarebbe buttato. Non era possibile. Tra la rotondità del ventre della bestia ed i muri del vicolo vi era uno spazio di pochi palmi. Se fosse stato pássibile, avrebbe gridato. Anche questo gli era impossibile. La paura lo soffocava. Quando, superato un [...]

[...]ta, oh, oh ». La mucca non si lasciò incantare. « O000h », fece César e tirò la catena con quanta forza avevá. La mucca non si mosse un solo palmo. « La banda! », gridò César. « Cosa fa la banda? ».
Salomone sussultò. Seduto sul ghiaccio accanto al lavatoio, la testa ciondoloni sul petto, stava per assopirsi. Saltò su come un automa, apri le braccia, le riunì sbattendo clamorosamente le padelle. Come' già nel vicolo, davanti alla casa di César, così anche adesso la mucca ebbe un sobbalzo. Perduta la sua rigidezza, si trovò a cedere alla forza della catena. Una volta posati gli zoccoli sui primi gradini, prese a salire volonterosamente benché la scala s'avvitasse ripida e stretta. César, precedendola e guidandola, si studiava di illuminarle il cammino lasciando quanto più possibile in ombra il buco centrale lungo cui penzolava la corda della campana. Saliva così bene, quella brava bestia, che sarebbe stato peccato
QUESTIONE DI PRATI 97
se le fossero venuti brutti pensieri. Dietro di lei, distanziato di alcuni gradini, avanzava Salomone. La mente deliziosamente annebbiata, saliva superando i problemi della statica e della dinamica grazie alle padelle che reggeva verticalmente come stampelle, spostandole davanti a sé di gradino in gradino. Il frastuono del ferro ritmicamente battuto sulla pietra era quanto occorreva perché la bestia procedesse con la voluta continuità.
Fermo e rigido nello stesso punto dove, all'inizio, s'era irrigidita la mucca, st[...]

[...]mata. César la lasciava riposare. Non mancava ormai che una decina di gradini. « La cuociamo allo spiedo ».
« Allo sspiedo! », disse gioiosamente Salomone. « Una mmucca allo sspiedo! ».
« Con questo freddo? » disse il ragazzo Attilio.
« Chi non dorme mangia e chi mangia non ha freddo », sentenziò César. « E chi non mangia è perché è invidioso. E chi è invidioso si impicchi D.
« Ss'impicchi », disse Salomone. « Qui c'è ccorda per ttutti ». Fu così esilarato della propria battuta che barcollò. Barcollando apri un braccio, una padella urtò la corda della campana, gli schizzò di mano, precipitò lungo il buco, raggiunse il fondo. Di laggiù un fragore sinistro risali il campanile. La mucca ebbe un nuovo sobbalzo e si lanciò in avanti, cioè in sù.
« Oh, oh, oh », le diede la voce César, balzando anch'egli in su per non venire urtato dalle corna della bestia arrancante. « Oh, oh, oh ». Saliva, quasi correndo, incalzato dalla mucca, e s'adoperava a moderarne la foga. « Oh, oh, oh ». Si trovò agli ultimi gradini. « Oh, Claretta, oh, oh ». Emer[...]

[...]ello scarpone destro mordeva l'asticella delle ore tre, la punta del sinistro le asticelle delle ore nove.
ioo
GIOVANNI PIRELLI

Aveva disposto il corpo a leva, con le braccia e le gambe tese ed il sedere buttato in fuori. II sedere fungeva, cioè, da fulcro, i piedi da potenza e le mani da resistenza. È la migliore posizione, su uno strapiombo, per essere equilibrati e distribuire ugualmente il peso sui muscoli delle quattro estremità. Così sistemato, non avendo più nulla da fare, cominciò a sospettare d'essersi cacciato in un guaio. Ancora non gridò, non chiese aiuto. Non lo fece per due motivi: primo, perché gli seccava di chiedere aiuto; secondo, perché sapeva che nei casi del genere gli altri fanno confusione e basta. La faccenda doveva venir risolta fra lui e la mucca. Si issò sulle braccia, abbandonando l'appiglio dei piedi, puntò il cranio contro il petto della bestia e spinse. Spinse come fosse mucca contro mucca. La vera mucca non arretrò di un centimetro; si limitò a scrollare il muso sbavando addosso al padrone. César[...]

[...]ndietro la mmucca ». Prese la coda dell'animale e ne agitò il ciuffo sul viso di Attilio.
« Non mi va di tirare », disse il ragazzo Attilio schernendosi con il braccio sugli occhi.
« Ttira, ppigrone », disse Salomone.
« Assassini! Vigliacchi! ». Salomone e Attilio si sentirono agghiacciare. Si scambiarono un'occhiata interrogativa e spaurita, s'attaccarono con simultanea decisione alla coda della mucca, tirarono. Tirarono in giù, a strattoni, così come, per l'appunto, si tira la corda della campana quando un pericolo incombe e bisogna dare l'allarme. Per scarsa che sia l'intelligenza e corta la memoria di una mucca, la mucca Claretta sapeva di avere dietro di sé una scala ripida e un vuoto. Prese paura, puntò gli zoccoli, s'agitò. Agitandosi premette con un fianco l'orlo della campana. La campana cominciò a dondolare, il movimento crebbe, il battacchio urtò il bronzo. Ne usci un suono strascicato e cupo. La paura della bestia aumentò. S'agitò più scompostamente, urtò con maggior vigore la campana ancora oscillante, provocò un altro, pi[...]

[...]tte con un fianco l'orlo della campana. La campana cominciò a dondolare, il movimento crebbe, il battacchio urtò il bronzo. Ne usci un suono strascicato e cupo. La paura della bestia aumentò. S'agitò più scompostamente, urtò con maggior vigore la campana ancora oscillante, provocò un altro, più forte rintocco, un terzo, un quarto rintocco. Terrorizzata, la mucca si spingeva in senso opposto agli strattoni di Salomone e d'Attilio, cioè in avanti. Così facendo urtava con le ginocchia le mani di César aggrappato alla sbarra di ferro. La pelle delle dita di César, già indurite dal freddo, prese a spaccarsi.
« Smettetela! », urlava adesso César. « Basta! Basta! ».
« Più fforte, più fforte », diceva Salomone al ragazzo Attilio.
« Vi ammazzo! Assassini! », urlava César. « Vi ammazzo! ».
Più gridava, più i due dalla scala tiravano, più la mucca s'agitava. I rintocchi si diffondevano ormai nella notte sull'intera borgata e oltre, oltre le circostanti frazioni sino ai casolari dispersi sulla costa e giù verso il fiume.
102 GIOVANNI PIRELLI
XI[...]

[...]conosci piú? Perché non rispondi? César! ».
César sollevò faticosamente una mano e se la passò sulla bocca. « Grappa », disse. « Grappa. Grappa ».
« Vergine Santa », strillò una donna. « Sputa sangue! ».
Dalla casa dei Chénoz fu portata una bottiglia di grappa. La bottiglia fu appoggiata alle labbra di César il tempo necessario perché ne prendesse un piccolo sorso.
« Ancora », disse.
«Ma si, che beva, poveraccio », disse il padre Chénoz.
« Così finite di ammazzarlo », disse Luigino Brunod.
« Ancora », disse César. « Ancora ».
« E su, dategliene. Non vedete che é già più di là che di qua? ». « Ancora », disse César. « Ancora ». Bevve a lungo, ebbe un colpo
1Ó8 GIOVANNI PIRELLI
di tosse, sputò. Lo sputo, una miscela di grappa e sangue, gli colava lungo il mento.
« Un fazzoletto », disse Luigino Brunod: « Chi ha un fazzoletto pulito? ». Nessuno lo aveva. Un ragazzino parti alla ricerca di un fazzoletto pulito.
Salomone », sospirò César. « Salomone ».
Lo andarono a prendere. Salomone Croux era ancora in cima alla rampa del campan[...]

[...]ttrocentomila. Te li dò in contanti, subito ».
« Impossibile », disse Salomone. « Per quella cifra posso darti il prato sopra il canale. Proprio perché sei tu che me lo chiedi ».
« Ah », si lamentò César. « Ah, la mia schiena ». Fece un'orribile smorfia. « Da bere ». Bevve e scosse la testa. « L'altro no, non è un buon prato, no. Per il prato accanto al mio, quattrocentomila in contanti. Non sarai come l'industriale di Biella, vero ? Non sarai così crudele... ». Aveva alzato la voce. Tossi. Tossendo fece ancora quell'orribile smorfia.
« Impossibile. Impossibile », disse Salomone. « Quel prato, a dire poco, ne vale seicentomila ».
« Seicentomila », si lamentò César. « Hai sentito, Attilio? Prende per il collo un moribondo. Vuole seicentomila ».
«Seicentomila », piagnucolò il ragazzo Attilio. Si volse alla cerchia di coloro che assistevano in silenzio e disse, come chiedendo aiuto : « Vuole seicentomila. Prende per il collo un moribondo ». Un mormorio ostile fece eco all'implorazione di Attilio.
« Facciamo cinquecento e ottanta », dis[...]

[...]mormorio ostile fece eco all'implorazione di Attilio.
« Facciamo cinquecento e ottanta », disse indispettito Salomone.
« Ahi, ahi », si lamentò César con voce straziante. « Salomone? Sei li? Ahi la mia schiena. Ahi. Facciamo settecentomila dei due prati. Settecentomila in contanti. È un affare, Salomone. Sei fortunato. Settecentomila non te le sognavi nemmeno... ».
Due prati? Io devo dare due prati? Perché devo dare due prati? Se si è ridotto così », disse, volgendosi intorno, « la colpa è sua. Tutta
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GIOVANNI PIRELLI

sua. Perché devo rimetterci io? ». Non incontrò che volti chiusi, sguardi nemici. « Perché », gridò in uno scatto d'ira, « non date voi i vostri. prati? Perché devo darli io? Ve li paga, non avete sentito?, ve li paga in contanti. Avanti, perché non gli fate una offerta? ».
Nessuno parlò. Se qualcuno fece una mossa, fu per ritrarsi, per defilarsi dietro le spalle di un altro. Se c'era chi doveva accontentare il povero César, chi doveva rinunciare a un prato, era giusto fosse Salomone Croux. Se non altro per[...]



da Raffaele Crivaro, Avventura di un commissario in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 9 - 1 - numero 46

Brano: [...]evo che mi voleva molto bene, e pensavo che quella bruschezza fosse per lei stessa fastidiosa, ma le fosse indispensabile per rivalersi del suo sesso: al fine di condurre bene la famiglia e di sostenere con assiduità me, che aveva
110 RAFFAELE CRIVARO
capito diverso dai miei coetanei, nervoso, bisognoso di cure. Inoltre, mi pareva che la indiscutibile devozione per lei non potesse andare disgiunta
dall'obbedienza integrale, dall'acquiescenza. Così, non ritenevo disdicevo
le per la mia età comunicarle ogni mio movimento, gli orari del mio ritorno a casa, lo svolgimento del mio lavoro in ufficio; né, se uscivo dopo
cena, mi era gravosa l'immancabile istruttoria : « dove vai... con chi vai... ma se sei uscito ieri sera... chi svolge il tuo lavoro non può fare vita di mondo ».
Così per dieci anni. Quando poi ebbi toccato i quaranta, mia madre decise per me il matrimonio. Cominciò ad accennarvi vagamente; poi prese a portarmi esempi di amici cari che adesso godevano di figli,
di affetti. Finalmente, adottò una specie martellante di lamento: le restavano pochi anni di vita, ripeteva a non finire, e non sarebbe morta contenta a sapermi « solo come un cane ». Inoltre, si rifaceva in continuazione a parenti o conoscenti « finiti in mano alla serva », o a casi di scapoli in un modo o nell'altro caduti e svergognati; ricordandomi i miei anni, e rinfacciandomi il mio temperame[...]

[...] freddo, ma quell'azione di mia madre faceva parte della mia prima mattina). E poi portare d'inverno le mutande lunghe di lana, con un freddo clemente come quello di Roma, è una cosa che a quarantadue anni, quando si é sani e robusti come me, non si può fare: qualsiasi ragazza avrebbe riso. Invece a casa mia questo era pacifico: una mattina dei primi di novembre Giuseppina diceva «fa freddo », ed io in camera trovavo la biancheria dell'inverno.
Così, vivevo nell'agitazione: sempre ansiosamente combattuto fra la propensione ad obbedire comunque a mia madre e il proposito fermissimo di salvare la mia vita. Tuttavia, quando mia madre intraprendeva i
AVVENTURA DI UN COMMISSARIO 111
discorsi matrimoniali, riuscivo a districarmi senza contraddirla: col farli cadere con garbo, o col fingere un appuntamento imminente, o una telefonata irrimandabile.
Ma questa diplomazia non mi giovò: mia madre cominciò ad invitare a casa una ragazza ogni settimana.
Si trattava di figlie di amici di famiglia, solitamente di origine meridionale. Erano quasi s[...]

[...] vuoi riparare, a sessantacinque anni? ».
« Ti ringrazio ma il matrimonio non fa per me, e so pensare da solo alla mia vita » l'ho interrotto.
« La fregatura tua è stata quella di essere figlio unico » ha ribattuto. « Questo è il fatto ».
Ci siamo messi a strillare tutti e due. Non ho un ricordo preciso perché ero in preda all'agitazione, ma devo essere stato violento e forse anche volgare, perché ad un certo momento lo zio ha detto « quand'è così... », ed è andato in cucina da mia madre. Io mi sono messo a leggere un romanzo giallo, ma una nebbia davanti agli occhi mi ha impedito di capire.
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RAFFAELE CRIVARO
Poco dopo zio Alfonso è tornato da me. « Ti saluto » ha detto. « Ti dico una cosa soltanto: non dimenticare il tuo nome ».
L'ho accompagnato alla porta. Nel corridoio ha battuto l'ombrello in terra ad ogni passo. Per salutarmi mi ha abbracciato, e mi ha baciato sulle guance. Poi quando è stato sul pianerottolo si è voltato, mi ha puntato l'ombrello sul petto, a farmi male un poco, e m'ha detto « addio, degenere ». Mi ha sor[...]

[...] e l'ombrello che teneva a met). dell'asta.
L'ho guardato con affetto. Richiudendo la porta mi sono tornati tanti pomeriggi di festa lontani: mi portavano in giro per le case dei parenti, zio Alfonso era quello che m'incuteva la soggezione maggiore, fumava sempre ed aveva tutte le dita marroni per la nicotina.
Ho respinto ricordo e dolcezza e sono andato in cucina per redarguire mia madre. L'ho trovata che preparava un dolce con Giuseppina.
« Così non può andare, mamma » ho detto. « Adesso non ti bastano più le ragazze, adesso mi cacci in casa anche i parenti».
Mia madre non mi ha risposto; ha tratto dalla tasca un fazzoletto e si è messa a piangere. Giuseppina è andata via.
Io sono uscito e sono andato in ufficio, e quella sera ho conosciuto Wanda.
La stava interrogando il maresciallo Porzio, intorno ad una rissa assai violenta che era scoppiata la mattina su un tram. Io ero entrato da lui perché mi pareva di aver dimenticato un'agenda sul suo tavolo, e il grande corpo di Wanda mi aveva subito impressionato. Lei aveva volto di scat[...]

[...] impossibile fare quelle ricerche con Wanda. Per la verità alcuni di questi appartamenti ci erano mostrati da vecchie oscene, altri da gente svergognata; ma i modi di Wanda m'irritavano. Faceva gesti da strada contro i portieri non solleciti nell'aprirci l'ascensore, difendeva il mio denaro strillando, trattando i proprietari con acredine, come se fossero stati senz'altro dei ladri. Già entrando atteggiava la faccia a sopportazione, a disgusto.
Così ho deciso di girare da solo; e finalmente ho trovato questo appartamentino di via Lanciani, tranquillo e ridente, che è composto da una camera da letto matrimoniale e da una stanza per il soggiorno. Wanda ha disdetto subito la stanza di via Famagosta; e quando ha portato la sua roba nell'appartamento ha pianto. Ha spiegato che quella per lei era una gioia nuova. Quando poi le ho detto che avrebbe fatto la donna di casa, e che poteva lasciare il lavoro, il pianto le si è fatto dirotto. Mi ha abbracciato a lungo appoggiandomisi, mi ha bagnato tutta la faccia e mi ha appannato gli occhiali.
Mi [...]

[...]ell'intuizione, in virtù degl'interrogatorî fatti a quelle che incappavano nel mio mestiere; non era più necessario che io fantasticassi sulla rovina di donne e di uomini, e me ne alimentassi per rabbonirmi. Adesso i racconti sereni che Wanda mi faceva, di stenti e di brutture, mi cancellavano ogni residuo di una giovinezza solitaria, e mi rendevano l'ansia passata accettabile come una cronaca.
Inoltre, se è vero che a sentirmi senza mia madre, così solo con Wanda di fronte alla vita, provavo qualche brivido di disperazione, tuttavia la voce di Wanda, o il suo lavarsi veloce, o il suo farsi scattare addosso le giarrettiere, o il suo girare discinta nello stesso spazio dove an
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ch'io vivevo, se appena vi badavo, mi ridavano subito la fede nella giornata, nella gente.
Ho continuato a giovarmi di questa vita; ed anche Wanda. Due mesi dopo l'inizio della convivenza, lei mi pareva parecchio mutata : aveva migliorato nell'educazione, nell'abbigliamento, s'era raffinata nel corpo, nel passo. Mi si sottometteva [...]

[...]e coperto dall'ovatta: la grande tensione partiva dal corpo, a lunghe linee, e si propagava per tutta la strada. La concatenazione possibile dei fatti mi pareva di averla nello stomaco. Mia madre aveva fatto sorvegliare Wanda e la casa, era chiaro. Era sapiente, lei. S'era informata su Wanda e aveva dedotto che non avrebbe potuto non tradirmi, e proprio in casa mia. E l'esecutore era stato certamente Porzio. Porzio conosceva Lucio, ed era bravo. Così, tutti mi avevano giocato poche settimane dopo la mia ribellione. La ribellione non mi era congeniale. Non aveva senso dire « mi sono mosso tardi ». Per le mie mosse doveva essere così: o troppo tardi o troppo presto, sempre. Ho sputato nella strada. Poi sono sceso dalla macchina, e ho raggiunto il bar più vicino. Ho bevuto un aperitivo, e subito dopo un cognac. Ho telefonato a casa mia, ma non mi ha risposto nessuno. Wanda aveva sloggiato, oppure preferiva non rispondere. Sono tornato alla macchina, e ho fatto un paio di giri in quei pressi. Se quelli della questura centrale fossero venuti a conoscenza del fatto, lo avrebbero deformato, ingigantito.
Sono andato in un restaurant di via Frattina. Alla frutta il cameriere, che mi conosceva, mi ha chiesto se potevo interessar[...]



da Alberto Moravia, La ciociara in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1955 - 11 - 1 - numero 17

Brano: [...]denza per tenerci i piatti, tutti di porcellana fina quest'ultimi, col bordo d'oro e un disegno di frutta e fiori nel fondo. Mio marito scendeva la mattina presto al negozio e io facevo le pulizie. Strofinavo, spazzolavo, lucidavo, spolveravo, pulivo ogni angolo, ogni oggetto : dopo le pulizie la casa era proprio uno specchio e dalle finestre che ci avevano le tendine bianche veniva una luce tranquilla e dolce e io guardavo le stanze e vedendole così ordinate pulite e lucide, con tutta la roba al suo posto, mi veniva non so che gioia nel cuore. Ah, com'è bello avere la casa propria, che nessuno c'entra e nessuno la conosce, e si passerebbe la vita a pulirla e ordinarla. Finite le pulizie, mi vestivo, mi pettinavo con cura, prendevo la sporta e andavo al mercato per fare la spesa. Il mercato era li a pochi passi da casa, e io giravo tra le bancarelle, per piú di un'ora, non tanto per comprare, perché gran parte della roba ce l'avevamo al negozio, ma per guardare. Giravo tra le bancarelle e guardavo tutto, la frutta, le verdure, la carne, i[...]

[...]ta persino mi menava. Ma io glielo dissi una volta : « Tu va con le mignotte quanto ti pare, ma non toccarmi perché altrimenti ti lascio e torno a Vallecorsa ». Io non volevo amanti, invece, sebbene molti, come ho già detto, mi stessero dietro; tutta la mia passione la mettevo nella casa, nel negozio e quando mi nacque la bambina, nella mia figlia. Dell'amore non m'importava e anzi, forse forse, per via che non avevo conosciuto se non mio marito così
44 ALBERTO MORAVIA
vecchio e brutto, mi faceva quasi schifo. Volevo soltanto star tranquilla e non mancare di nulla. Del resto una donna deve essere fedele al marito qualsiasi cosa avvenga, anche se il marito, come era il caso non è fedele a lei.
Mio marito con gli anni non trovava più donne che gli dessero retta, neppure per denaro, ed era diventato proprio insopportabile. Da un pezzo io non facevo più l'amore con lui e poi ad un tratto, forse perché non aveva donne, lui si incapricciò di nuovo di me e voleva costringermi a fare l'amore di nuovo, ma non come marito e moglie, così, semplic[...]

[...]na deve essere fedele al marito qualsiasi cosa avvenga, anche se il marito, come era il caso non è fedele a lei.
Mio marito con gli anni non trovava più donne che gli dessero retta, neppure per denaro, ed era diventato proprio insopportabile. Da un pezzo io non facevo più l'amore con lui e poi ad un tratto, forse perché non aveva donne, lui si incapricciò di nuovo di me e voleva costringermi a fare l'amore di nuovo, ma non come marito e moglie, così, semplicemente, ma come lo fanno le mignotte con i loro amanti, per esempio acchiappandomi per i capelli e tentando di farmelo prendere in bocca, che è una cosa che non mi piacque mai e non avevo mai voluto fare, neppure quando venni a Roma la prima volta, sposina, ed ero così felice che quasi quasi mi illudevo di essere innamorata di lui. Glielo dissi che non volevo far più l'amore con lui né al modo delle spose né a quello delle mignotte; e lui la prima volta mi menò, facendomi persino uscire il sangue dal naso; poi, vedendo che ero proprio risoluta, cessò di starmi dietro, ma prese ad odiarmi ed a perseguitarmi in tutti i modi. Io pazientavo, ma in fondo lo odiavo anch'io e non potevo più vederlo. Lo dissi anche al prete, in confessione: un giorno finisce male; e il prete, da vero prete, mi consigliò di aver pazienza e di dedicare le mie sofferenze alla Madonna.[...]

[...]ci un poco e poi anche perché, siccome c'era il tesseramento, facevamo tutte e due un po' di borsa nera. Rosetta ed io ogni tanto si chiudeva il negozio e si andava al paese, a Vallecorsa oppure in qualche altra località più vicina. Ci andavamo con due grandi valigie di fibra, vuote; e le riportavamo indietro piene di tutto un po': farina, prosciutti, uova, patate. Con la polizia annonaria mi ero messa d'accordo, perché avevano fame anche loro e così era più quello che vendevo sotto banco che quello che vendevo a viso aperto. Uno della polizia, però un giorno si mise in testa di ricattarmi. Venne e disse che se io non facevo all'amore con lui, mi avrebbe denunziato : Io gli dissi, calma calma: « Va bene... passa più tardi a casa mia ». Lui si fece rosso, come se gli fosse venuto un colpo, e se ne andò senza dir parola. All'ora fissata lui venne, lo feci passare in cucina, aprii un cassetto, presi un
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coltello e glielo puntai d'improvviso al collo dicendo: « Tu denunziami, ma io prima ti scanno ». Lui si spaventò e diss[...]

[...]acciono gli uomini? ».
Gli risposi: « Queste sono cose che devi andare a dire alle altre... io sono vedova, ci ho il negozio, e non penso che al negozio... per me l'amore non esiste, ricordatelo per regola tua ». Lui non ci credette subito e per un pezzo continue) a farmi la corte, rispettosamente, peri. E invece io avevo detto proprio la verità. L'amore, dopo la nascita di Rosetta, non mi aveva più interessato e forse neppure prima. Sono fatta così che non ho mai potuto soffrire
che qualcuno mi metta le mani addosso; e se i miei genitori non mi avessero a suo tempo combinato il matrimonio, credo che ancora oggi sarei come mamma mi ha fatto.
Ma all'apparenza inganno, perché piaccio agli uomini e sebbene sia un po' bassina e con gli anni mi sia inquartata, ho la faccia spianata, senza una ruga, con gli occhi neri e i denti bianchi. In quel periodo che come ho detto fu il più felice della mia vita non si contano gli uomini che mi chiesero di sposarmi. Ma io sapevo che tiravano al negozio e all'appartamento, anche quelli che pretendevano[...]

[...]erano calde calde, come se fossero uscite allora dalla gallina. Questi viaggi però erano lunghi e pericolosi; e una volta, dalle parti di Frosinone, un aeroplano mitragliò il treno, e il treno si fermò in aperta campagna e io dissi a Rosetta di scendere e di nascondersi dentro il fossato, io però non discesi perché ci avevo le valigie piene di roba e nello scompartimento c'erano certe facce poco rassicuranti e una valigia si fa presto a rubarla. Così mi sdraiai in terra, tra i sedili, con i cuscini dei sedili sul corpo e sulla testa, e Rosina discese con gli altri e si nascose nel fossato. L'aeroplano, dopo averci mitragliato quella prima volta, fatto un giro per il cielo tornò alla carica, volando basso sul treno fermo, con un fracasso terribile del motore
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e il ticchettio fitto fitto, come di grandine, delle mitragliatrici. Passò, si allontanò e poi ci fu silenzio e finalmente tutti tornarono nello scompartimento e il treno riparti. Quella volta mi mostrarono anche le pallottole, erano lunghe un dito e chi diceva che[...]

[...]issi egualmente a Rosetta: « Ma che ci siamo andati a fare in quel paese ? Non potevamo starcene in pace a casa nostra ? Quelli non ci vogliono stare sotto e ci hanno ragione, te lo dico io ».
Nel 1943 feci un affare importante: parecchi prosciutti, una decina, da portare da Sermoneta a Roma. Io trovai il modo di mettermi d'accordo con un camionista che portava cemento a
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Roma, e lui mise i prosciutti sotto i sacchi di cemento e così i prosciutti arrivarono sani e salvi e io ci guadagnai parecchio perché tutti li volevano. Forse fu questa faccenda dei prosciutti che mi impedì di rendermi conto di quello che stava succedendo. Al ritorno da Sermoneta mi dissero che Mussolini era scappato e che la guerra stava per finire davvero. Io risposi: « Per me Mussolini
o Badoglio o un altro poco importa, purché si faccia il negozio ». Di Mussolini, del resto, non mi era mai importato nulla, mi era antipatico con quegli occhiacci e quella bocca prepotente che non stava mai zitta e ho sempre pensato che le cose gli incominciarono ad a[...]

[...] per dieci anni ». Ma lei rispose: « Non si sa mai ». Misi il prosciutto accanto agli altri e il marito li per li mi pagò e mentre toglieva il denaro dal portafogli le mani gli tremavano dalla gioia e non faceva che ripetere: « Appena ci ha qualche cosa di buono, si ricordi di noi... siamo disposti a pagare il venti e anche il trenta per cento più degli altri D.
Insomma tutti volevano roba da mangiare e pagavano senza fiatare qualsiasi prezzo e così fu che io non pensai a fare le provviste, perché mi ero abituata a considerare il denaro come la cosa più preziosa mentre invece il denaro non si può mangiare e quando venne la carestia non ci avevo proprio niente. Nel ñegozio le scansie erano vuote, non era restato che qualche rotolo di pasta e poche scatole di sardine di cattiva qualità. Avevo, si, i soldi e non li tenevo più in banca ma a casa per precauzione perché dicevano che il governo voleva chiudere le banche e prendersi i risparmi della povera gente; ma adesso i soldi non li voleva più nessuno e d'altra parte mi sapeva d'amaro, dopo[...]

[...]a dicendo : « Via, via, via ». Allora io persi la testa anche perché duella mattina non avevo mangiato niente e ci avevo fame e gli gridai: « Tu dacci le uova e noi ce ne andiamo ». Lui ripeté: « via via », puntandomi contro il fucile e allora io feci un gesto come per dire che avevo fame, portando la mano alla bocca. Ma lui non se ne diede per inteso e tutto ad un tratto mi piantò la canna del fucile proprio sullo stomaco, spingendomela dentro, così che mi fece male e allora mi venne la rabbia e gridai: « Avete fatto male a mandarlo via, Mussolini... si stava meglio con lui... da quando ci siete voialtri, non si mangia piú ». Non so perché, a queste parole la gente si mise a ridere e molti mi gridarono: « burina », proprio come mio marito e uno mi disse: « A Sgurgola, i giornali non li leggete? ». Risposi, invi perita: «Sono di Vallecorsa e non di Sgurgola... e poi a te non ti conosco e non ti parlo ». Ma quelli continuavano a ridere e anche il tedesco quasi quasi sorrideva. E intanto le uova le tiravano giù nelle cassette aperte, tutte [...]

[...]iovanni, dunque, quando mio marito era ancora vivo, sali un giorno a casa, che stavo cucinando, con non ricordo piú che pretesto
e sedette in cucina mentre io stavo dietro ai fornelli e cominciò a parlare del più e del meno e alla fine venne a parlare di mio marito. Io credevo che fossero amici e perciò immaginatevi la—raia sorpresa quando, tutto ad un tratto, lo udii dire: «Ma di un po' Cesira, che te ne fai di quella carogna? ». Disse proprio così :
« carogna » e io quasi non credetti alle mie orecchie e mi voltai a guardarlo: stava seduto, dolce, tranquillo, il sigaro spento all'angolo della bocca. Soggiunse poi: « Intanto non si regge in piedi
e uno di questi giorni muore.., e poi a forza di andare con le mignotte, viene la volta che ti attacca qualche brutta malattia ». E io: «E chi lo vede e chi lo sente, mio marito? quando rincasa la sera, si caccia a letto e io mi volto dall'altra parte e buona notte ». Allora lui disse, o mi pare che disse: «Ma tu sei ancora giovane, che, vuoi fare la monaca? sei giovane e hai bisogno di un uo[...]

[...]malattia ». E io: «E chi lo vede e chi lo sente, mio marito? quando rincasa la sera, si caccia a letto e io mi volto dall'altra parte e buona notte ». Allora lui disse, o mi pare che disse: «Ma tu sei ancora giovane, che, vuoi fare la monaca? sei giovane e hai bisogno di un uomo che ti voglia bene ». Io gli domandai: « A te che te ne importa? Io non ho bisogno di uomini e anche se ne avessi bisogno, tu che c'entri? ». Lui a questo punto si alzò, così mi pare di ricordarmi, mi venne accosto e mi prese il mento nella mano dicendo: « Con voi donne bisogna sempre parlare papale papale... ci sono io, no?
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A me non ci hai mai pensato? ». A questo punto, tanti sono gli anni passati da quel giorno, i miei ricordi si imbrogliano. Sono quasi sicura, però che lui mi propose di far l'amore con lui; e sono anche quasi sicura che quando gli risposi: « non ti vergogni? Vincenzo é tuo amico »; lui rispose: « Macché amico. Non sono amico di nessuno, io ». E poi, potrei giurarlo, mi disse che se io lo portavo in camera da letto e gli ap[...]

[...]a posare l'uno dopo l'altro tanti biglietti, guardandomi fisso e ripetendo: « metto ancora? oppure basta? ». Finché, mi sembra che senza arrabbiarmi gli dissi che se ne andasse. E lui raccolse i biglietti e se ne andò. Tutto questo certamente avvenne, perché non potrei essermelo inventato, ma il giorno dopo lui non ne fece parola e neppure nei giorni seguenti, mai piú. E il, suo contegno era tornato quello di sempre, semplice, affettuoso, dolce, così che io cominciai a domandarmi se per caso me l'ero sognato che lui chiamava carogna mio marito e mi proponeva di andare a letto con lui e posava il denaro sul tavolo di cucina. Con gli anni questo sentimento che la cosa non fosse accaduta si rinforzò e talvolta pensavo che avevo veramente sognato. Ma tutto il tempo, non so perché, sapevo che Giovanni era il solo uomo che mi volesse veramente bene, per me e non per la mia roba; e che in un frangente, era il solo al quale potessi rivolgermi.
Dunque andai da Giovanni che trovai nel suo seminterrato nero, pieno di fascinotti e di sacchi di carbo[...]

[...]tratto mi scappò detto : « Spero che lo farai anche per me »; e non so perché lo dissi, forse perché ero convinta che lui mi volesse bene e in quel
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momento difficile mi avrebbe fatto piacere che lui avesse detto che lo faceva per me. Lui mi guardò un momento, quindi si tolse il sigaro di bocca e lo posò sull'orlo della tavola. Poi andò alla porta del seminterrato, sali gli scalini, la chiuse e ci mise la sbarra col chiavistello, così che tutto ad un tratto rimanemmo al buio completo. Io avevo capito adesso e non fiatavo e il cuore mi batteva forte e non posso dire che la cosa mi dispiacesse: mi sentivo tutta turbata. Immagino che fossero le circostanze, con tutta Roma sottosopra e la carestia e la paura e la disperazione di lasciare il negozio e l'appartamento e il sentimento di non aver un uomo nella mia vita, come tutte le altre donne, che in una situazione simile, mi aiutasse e mi facesse coraggio. Fatto sta che per la prima volta in vita mia, mentre lui, al buio, mi veniva incontro, mi sentii come slegare e diventare [...]

[...]non aver un uomo nella mia vita, come tutte le altre donne, che in una situazione simile, mi aiutasse e mi facesse coraggio. Fatto sta che per la prima volta in vita mia, mentre lui, al buio, mi veniva incontro, mi sentii come slegare e diventare fiacco e arrendevole il corpo; quando lui mi venne accosto, sempre al buio e mi prese tra le braccia, il mio primo impulso fu di stringermi a lui e di cercare la sua bocca con la mia che ansimava forte. Così lui mi spinse sopra certi sacchi di carbon dolce, e io mi diedi a lui e sentii mentre mi davo a lui che era la prima volta che mi davo veramente ad un uomo e con tutto che quei sacchi fossero duri e lui fosse pesante, provai un .sentimento come di leggerezza e di sollievo e dopo che fu finito e lui si era allontanato da me, rimasi un bel pezzo distesa sui sacchi intontita e felice, e mi pareva quasi quasi di essere tornata giovane, al tempo che ero venuta a Roma con mio marito e avevo sognato di provare un sentimento simile e invece non l'avevo provato e mi era venuto lo schifo degli uomini e[...]

[...]e un vento freddo che soffia rasente terra: avevo paura ma non sapevo di che;
e mi stringeva il cuore al pensiero di lasciare la mia casa e il mio
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negozio cose se avessi saputo di certo che non l'avrei mai più rivisti. Dissi però a Rosetta: a Guarda di non portare tanta roba che saremo fuori non più di due settimane e fa ancora caldo >>. Eravamo infatti verso il quindici di settembre e faceva molto caldo, più degli altri anni.
Così riempimmo due piccole valigie di fibra, per lo più di panni leggeri e ci mettemmo soltanto un paio di maglie per il caso che facesse freddo. Per consolarmi della partenza adesso non facevo che descrivere a Rosetta le accoglienze che mi avrebbero fatto i miei genitori al paese: « Vedrai che ci faranno mangiare fino a scoppiare... ingrasseremo e ci riposeremo... in campagna tutte queste cose che rendono difficile la vita a Roma, non ci sono.., staremo bene, dormiremo bene e soprattutto mangeremo bene... vedrai: ci hanno il maiale, ci hanno la farina, ci hanno la frutta, ci hanno il vino, starem[...]

[...] era spento, nella camera da letto dove dormivo nel letto matrimoniale insieme con Rosetta, le lenzuola erano rovesciate in disordine e io non mi sentivo la forza di rimettere a posto il letto, in cui sapevo che presto non avrei più dormito né di accendere il fuoco nei fornelli che da domani non sarebbero più stati i miei fornelli e io non ci avrei più cucinato. Mangiammo senza tovaglia, sul tavolo, pane e sardine; ogni tanto guardavo a Rosetta, così triste, e allora il boccone mi si fermava in gola perché mi faceva pena e avevo paura per lei e pensavo che non era stata fortunata a nascere e vivere in tempi come questi. Verso le due ci buttammo sul letto, sopra le coperte disfatte, e dormimmo un poco; o meglio dormi Rosetta, tutta acciambellata contro di me e io invece stetti ad occhi aperti pensando tutto il tempo a Giovanni, ai sacchi di carbone e alla manata che lui mi aveva dato sul sedere e alla casa e al negozio che stavo per lasciare. Finalmente suonarono alla porta e io mi sottrassi dolcemente al peso di Rosetta addormentata e and[...]

[...]eri ». Lui inarcò appena appena le sopracciglia per la sorpresa, ma non disse nulla. Passò nell'anticamera pronunziando a fior di labbra : « Allora, facciamo questa consegna ».
Andai in camera da letto e presi un foglio sul quale avevo fatto scrivere a Rosetta tutta la roba che ci avevo nella casa e nel. negozio. Avevo fatto scrivere anche i più piccoli oggetti non tanto perché non mi fidassi di Giovanni ma perché é bene non fidarsi di nessuno. Così prima di cominciare l'inventario dissi a Giovanni, seria seria: « Guarda che questa è tutta roba sudata che io e
mio marito ci siamo guadagnati in vent'anni di lavoro sta at
tento, fammela ritrovare tutta, ricordati che un chiodo che é un
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chiodo qua dentro non ci deve mancare al mio ritorno ». Lui sorrise e disse: « Sta tranquilla, ritroverai tutti i tuoi chiodi ».
Cominciai dalla camera da letto. Avevo fatto due copie della lista, una la teneva lui e una Rosetta e io via via gli indicavo gli oggetti. Gli mostrai il letto, a due piazze, di ferro dipinto uso legno, tant[...]

[...]e serve quest'inventario... tanto lo sento, qui non ci tornerò mai più ». Giovanni che si era seduto e fumava, scosse la testa e rispose: « Tra quindici giorni arrivano gli inglesi, persino i fascisti lo ammettono... tu te ne vai in villeggiatura per due settimane e torni e facciamo una bella festa per il tuo ritorno... che ti salta in mente? ». Giovanni, dopo queste parole, ne aggiunse molte altre per consolarci, me e Rosetta e quasi ci riuscì; così che quando se ne andò eravamo molto sollevate, e lui questa volta, con tutto che fossimo soli, nell'anticamera, non ripeté quel gesto della manata, ma si contentò di farmi una carezza al viso, che lui me la faceva spesso anche quando era ancora vivo mio marito e io gliene fui grata e quasi quasi mi parve davvero che nulla fosse successo tra me e lui e io fossi rimasta quella che ero sempre stata.
Il resto di quel giorno lo passai a finire i preparativi. Feci prima di tutto un bel pacco di roba da mangiare, per il viaggio : ci misi un salame, qualche scatola di sardine, una scatola di tonno e[...]

[...]ima di tutto un bel pacco di roba da mangiare, per il viaggio : ci misi un salame, qualche scatola di sardine, una scatola di tonno e un po' di pane. Per mio padre e mia madre feci un pacco a parte, per mio padre ci misi un vestito di mio marito, quasi nuovo, che lui se l'era fatto poco prima di morire e mi aveva chiesto di met
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terglielo addosso dopo morto ma io all'ultimo momento avevo pensato che era un peccato, un vestito così bello di lana blu scura, e così l'avevo avvolto in un lenzuolo vecchio e il vestito l'avevo salvato. Mio padre aveva quasi la stessa statura di mio marito e con il vestito ci misi anche le scarpe, vecchie queste ma ancora buone. A mia madre decisi di portarle uno scialle e una gonnella. Aggiunsi al pacco tutto quello che mi rimaneva di pizzicheria e drogheria, cioè qualche chilo di zucchero e di caffè e qualche scatola e un paio di salami. Tutta questa roba la misi in una terza valigia, in modo che adesso avevamo tre valigie, più un sacco in cui avevo messo una coperta e un guanciale per il caso che fossimo state costrette[...]

[...]oli e noi dovevamo appunto andare a mezza strada tra Roma e Napoli, e io pensai che le precauzioni non erano mai troppe.
La sera ci mettemmo a tavola e questa volta avevo fatto un po' di cucina per non rattristarci troppo; ma avevamo appena incominciato che suonò l'allarme e vidi che Rosetta era diventata pallida dalla paura e quasi tremava e capii che lei dopo aver resistito per molto tempo ora non ce la faceva più e aveva i nervi sottosopra e così mi rassegnai a lasciare la cena e a scendere in cantina, una precauzione che in fondo non serviva a niente perché se fosse cascata una bomba quella nostra casa tanto vecchia sarebbe andata in polvere e noi ci saremmo rimaste sotto. Così scendemmo nel rifugio e c'erano tutti quanti gli inquilini della casa e passammo tre quarti d'ora sedute sui banchi, al buio. Tutti parlavano del l'arrivo degli inglesi come di cosa di pochi giorni: erano sbarcati a Salerno che stava vicino a Napoli e da Napoli a Roma ci avrebbero messo forse una settimana anche ad andar piano, perché ormai tedeschi e fascisti_scappavano come lepri e non si sarebbero fermati che alle Alpi. Ma alcuni dicevano che a Roma i tedeschi avrebbero dato battaglia perché Mussolini ci teneva a Roma e lui non gliene importava niente di ridurla una rovina purché gli ingle[...]

[...]devo che la moglie fosse al paese, erano di Sutri e io l'avevo vista andar via qualche giorno prima; invece, guarda combinazione, stava anche lei nel rifugio e io non l'avevo veduta per via del buio. Ma la sentii subito urlare: « Mignotta sarai tu, brutta zozza, vigliacca, disgraziata » e poi sentii che lei acchiappava per i capelli Rosetta credendo che fossi io e Rosetta urlava e quella la menava. Allora, sempre al buio, mi slanciai su di lei e così rotolammo in terra, dandoci le botte e strappandoci i capelli mentre tutti gridavano e Rosetta piangeva e si raccomandava e mi chiamava. Insomma dovettero dividerci, sempre al buio, e credo che anche ai pacieri toccò qualche botta, perché, tutto ad un tratto, mentre ci dividevano suono la sirena del cessato allarme e allora uno accese la luce e ci trovammo l'una di fronte all'altra, scarmigliate e ansimanti, trattenute per le braccia e quelli che ci tenevano chi aveva la faccia sgraffignata e chi i capelli scomposti. Rosetta, in un angolo, singhiozzava.
Quella notte, dopo questa scenata ce n[...]

[...]deschi o gli inglesi? ». Io a questa domanda ci rimasi male perché come ho detto i giornali non li leggevo e per giunta non mi ero mai interessata di sapere come andasse la guerra. Dissi: « Io non lo so quello che hanno combinato... so soltanto che sono tutti figli di mignotte, inglesi e tedeschi... e che le guerre loro le fanno senza domandarci niente a noialtri poveretti... ma sai che ti dico : che per noi bisogna che qualcuno vinca sul serio, così la guerra finisce... tedeschi o inglesi non importa, purché qualcuno sia il più forte ».
Ma lei insistette: « Tutti dicono che i tedeschi sono cattivi... ma che hanno fatto, mamma? ». Allora io risposi: « Hanno fatto che invece di stare al paese loro, sono venuti qui, a scocciarci a noi... per questo la gente ce li ha sulle corna P. « Ma dove andiamo noi adesso », lei domandò, «ci sono i tedeschi o gli inglesi? ». Io non sapevo più che rispondere e dissi: «Lì non ci sono né tedeschi né inglesi... ci sono i campi, le vacche, i contadini e si sta bene... e ora dormi ». Lei non disse più nulla [...]

[...]nne e gli dissi subito, tirandomi indietro: « No, Giovanni, no... per me tu non esisti più e devi dimenticare quello che è successo... se tu non fossi già sposato, ti sposerei... ma sei sposato e tra di noi non deve più esserci niente ». Lui non disse né si né no, ma si vedeva che si sforzava di controllarsi. Alla fine ci riuscì e disse con voce normale: «Hai ragione... ma speriamo che quella schifosa di mia moglie muoia durante questa guerra... così quando torni, io sono vedovo e ci sposiamo... muore tanta gente sotto le bombe, perché non dovrebbe morire lei ? ». E io una volta di più ci rimasi male e fui stupita di sentirgli dire queste cose e quasi non credevo alle mie orecchie come quando aveva detto che mio marito era una carogna e fin'allora gli era stato amico e per così dire erano inseparabili. Conoscevo, infatti, la moglie di Giovanni e avevo sempre pensato che lui le volesse bene o per lo meno le fosse affezionato, essendo stati sposati tan'anni
e avendo avuto tre figli e invece, ecco qua, lui ne parlava con odio
e sperava che morisse e il modo con il quale ne parlava lasciava capire che l'odiava da chissà quanto tempo e ormai non provava per lei altro che odio seppure aveva mai provato qualche altro sentimento in passato. Dico la verità, provai quasi uno spavento al pensiero che un uomo potesse essere amico e marito per tanti anni
e poi dire così, con [...]

[...]fezionato, essendo stati sposati tan'anni
e avendo avuto tre figli e invece, ecco qua, lui ne parlava con odio
e sperava che morisse e il modo con il quale ne parlava lasciava capire che l'odiava da chissà quanto tempo e ormai non provava per lei altro che odio seppure aveva mai provato qualche altro sentimento in passato. Dico la verità, provai quasi uno spavento al pensiero che un uomo potesse essere amico e marito per tanti anni
e poi dire così, con tanta freddezza e tanta cattiveria, carogna e schifosa, dell'amico e della moglie. Ma di tutto questo non dissi nulla a Giovanni che intanto era passato in cucina e sentivo che già scherzava con Rosetta che nel frattempo si era alzata anche lei. t< Vedrai che tornerete tutte e due ingrassate e questa sarà la sola conseguenza della guerra per voi... li in campagna c'è il formaggio, ci sono le uova, ci sono gli agnelli... mangerete e starete bene ».
Ormai tutto era pronto e io portai nell'ingresso le tre valigie
e il sacco con i pacchi e Giovanni prese due delle valigie e il sacco lo pre[...]

[...]colonne dell'ingresso e si misero accanto alle porte, col viso chiuso nei caschi di cuoio nero e le mani sulle pistole che tenevano al cinturone. Tutto ad un tratto mi mancò il respiro dalla paura e prese a battermi forte il cuore perché pen sai che quei motociclisti neri fossero venuti alla stazione per bloccare gli ingressi e arrestare tutti quanti, come spesso facevano e poi portavano via la gente nei loro camion e non se ne sapeva piú nulla. Così mi guardai intorno quasi cercando una via di uscita per scappare. Ma poi vidi che all'ingresso, dalla parte dei treni, arrivava un gruppo di persone mentre altri ripetevano: « largo, largo » e capii che quei motociclisti erano li per l'arrivo di qualche personaggio importante. Non lo vidi perché la folla me l'impediva, ma dopo un poco riudii il fracasso di quelle maledette motociclette e capii che se ne erano andati dietro la macchina di quel personaggio.
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Giovanni venne a prenderci, coi biglietti in mano dicendoci che erano biglietti fino a Itri : di qui poi, per le monta[...]

[...]lo rimbeccò, cupo, senza alzare gli occhi: « Trappoco un corno... noi siamo tre ore che aspettiamo ».
Insomma Giovanni ci salutò e baciò Rosetta sulle due guance
e me sull'angolo della bocca, forse avrebbe voluto baciarmi sulla bocca ma io stornai in tempo il viso. Partito Giovanni, noi restammo sedute sulle valigie, io più alta e Rosetta più bassa, la testa appoggiata contro le mie ginocchia. Rosetta dopo mezz'ora che
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stavamo così, senza parlare, accovacciate, domandò: « Mamma, quando si parte ? » e io le risposi: « Figlia mia, io ne so quanto te ». Stetti così ferma, con Rosetta accucciata ai miei piedi non so quanto tempo. La gente nel corridoio sonnecchiava e sospirava, il sole cominciava a scottare forte e fuori, dai marciapiedi non giungeva un solo rumore. Anche i tedeschi tacevano, come se non ci fossero neppure stati. Poi, tutto ad un tratto nello scompartimento più vicino, i tedeschi cominciarono a cantare. Non si può dire chè cantassero male, avevano certe voci basse e rauche però intonate ma io che avevo tante volte sentito cantare i soldati nostri, allegramente, come fanno quando sono in treno e viaggiano insieme, mi venne tristezza perch[...]

[...]ato, mi rispose: «Non te ne intendi... è il loro inno... é come da noi la Marcia Reale ». E poi dopo un momento di silenzio : « La tristezza vera ce l'abbiamo noialtri italiani ».
Finalmente il treno si mosse, senza un fischio, senza uno squillo di tromba, senza un rumore, come per caso. Avrei voluto raccomandarmi una ultima volta alla Madonna che proteggesse me e Rosetta da tutti i pericoli ai quali andavamo incontro. Ma mi era venuto un sonno così forte che non ne ebbi neppure la forza. Pensai soltanto: « Sti figli di mignotte... »; e non sapevo se pensavo ai tedeschi o agli inglesi o ai fascisti o agli italiani. Un pò tutti forse. Quindi mi addormentai.
ALBERTO MORAVIA



da Giovanni Pirelli e Piero Malvezzi (a cura di), Lettere di condannati a morte della Resistenza europea in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 7 - 1 - numero 3

Brano: [...] Bojownikow di Varsavia, la sola Lettera finora reperita (che qui presentiamo, di ignota presumibilmente polacca, ci proviene da un archivio berlinese). Presentiamo
4 LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA EUROPEA
anche alcune delle lettere italiane che nell'antologia europea faranno parte del capitolo Italia.
Quanta l'Europa sia divisa, ce ne rendiamo ben conto attraverso questa esperienza di lavoro. Non ci riferiamo, s'intende, alla cosidetta cortina di ferro. Ci riferiamo alla difficoltà di scambi culturali fra Paese e Paese, alle difficili relazioni fra i gruppi culturali di diverse ideologie nei singoli Paesi. La ricerca intrapresa potrà avere anche questa ragione: di aver portato il suo contributo all'abbattimento delle barriere che ci dividono.
PIERO MALVEZZI e GIOVANNI PIRELLI
IGNOTA
Presumibilmente polacca. II documento originale si trova presso l'archivio del VVNVerlag di Berlina che lo ha pubblicato in lingua tedesca nella raccolta « Briefe von Antifascisten geschriebenen vor Ihrer Hinrichtung ».
Tarnopol, 7 apri[...]

[...] visti sul piazzale. Dovevo continuare a lavorare, non potevo aiutarli. Ho creduto di impazzire. Ma non si impazzisce. Poi seppi che le donne che non lavoravano, le semplici donne di casa, non le si poteva salvare. Ora, dovevo piangere e lamentarmi per aver perduto la mamma, o rallegrarmi di aver salvato il papa? Non lo sapevo. Si può concepire una cosa simile? La si può comprendere ? Non sarebbe normale che il cervello e il cuore scoppiassero?
Così continuammo a vivere senza la mamma, la nostra cara e fedele mamma, il buon cuore di mamma...
Intanto continuavano le preoccupazioni quotidiane, la dura lotta per l'esistenza che era diventata stupida, priva di senso.. Si dovette cambiare casa ancora una volta, il ghetto doveva essere ancora ristretto. Infatti le case degli uccisi erano venute libere. E si continuava a vivere.
Il 5 novembre era domenica. Improvvisamente, alle undici del
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mattino, il ghetto fu circondato ed il ballo ricominciò. Io fui, quella volta, particolarmente «f[...]

[...]rano venute libere. E si continuava a vivere.
Il 5 novembre era domenica. Improvvisamente, alle undici del
6 LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA EUROPEA
mattino, il ghetto fu circondato ed il ballo ricominciò. Io fui, quella volta, particolarmente «fortunata ». Senza che avessi alcun sospetto d'una imminente azione, esattamente dieci minuti prima che il ghetto fosse circondato, ero uscita. Col tempo ci si abitua a tutto. Si diventa così ottusi. Anche se si perdeva qualcuno degli amici o parenti più prossimi, non si reagiva quasi piú. Non si piangeva, non si era più esseri umani, si era di pietra, senza più sentimenti, nessuna notizia ci faceva più impressione. Ci si avviava alla morte, anzi, con calma assoluta. La gente sul piazzale era indifferente e tranquilla.
20 aprile 1943
Sono ancora viva e vi voglio raccontare cosa è avvenuto dal
7 aprile ad oggi: dunque, dicono che ora toccherà a tutti. Vogliono liberare l'intera Galizia da tutti gli ebrei. E soprattutto vogliono che il ghetto entro il 1° maggio sia liquidato. Neg[...]

[...]illa.
20 aprile 1943
Sono ancora viva e vi voglio raccontare cosa è avvenuto dal
7 aprile ad oggi: dunque, dicono che ora toccherà a tutti. Vogliono liberare l'intera Galizia da tutti gli ebrei. E soprattutto vogliono che il ghetto entro il 1° maggio sia liquidato. Negli ultimi giorni sono state fucilate altre migliaia di persone. Il nostro lager era il centro di raccolta. Di lì venivano scelte le vittime umane. A Petrikow la cosa si presenta così: dinnanzi alla fossa si è spogliati nudi, ci si deve inginocchiare e si attende il colpo. Le vittime stanno in riga ed attendono il loro turno. Intanto devono sistemare ordinatamente i primi, i fucilati, nelle fosse, in modo che lo spazio sia ben sfruttato e ci sia ordine. L'intera procedura non dura molto. Dopo una mezzoretta gli indumenti dei fucilati sono di nuovo nel lager. Finita l'azione il consiglio degli ebrei ha ricevuto un conto di 30.000 zloty per pallottole consumate, da pagare... Perché non possiamo gridare, perché non ci possiamo difendere ? Come si può veder scorrere tanto sang[...]

[...]ia ben sfruttato e ci sia ordine. L'intera procedura non dura molto. Dopo una mezzoretta gli indumenti dei fucilati sono di nuovo nel lager. Finita l'azione il consiglio degli ebrei ha ricevuto un conto di 30.000 zloty per pallottole consumate, da pagare... Perché non possiamo gridare, perché non ci possiamo difendere ? Come si può veder scorrere tanto sangue innocente e non dire nulla, e non fare nulla, e aspettare ciascuno la medesima morte ?
Così, miseri e senza pietà dobbiamo finire. Credete forse che vogliamo finire così, morire così ? No! No! Non vogliamo! Nonostante tutte queste esperienze, l'istinto di conservazione sembra diventare più forte, più intensa la volontà di vivere quanto più s'avvicina la morte. Non si riesce a comprendere nulla.
Miei cari, David giace al cimitero ebraico. Non so dove giac
LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RES ISTENZA EUROPEA 7
cia la mamma, l'hanno portata a Balaec. Dove sarò sepolta io, non lo so. Se forse verrete qui dopo la guerra, qualche conoscente vi dirà dove sono stati condotti i trasporti dei lager. Non è facile dire addio per sempre. Addio, addio...
JULIUS FUGÍK
Cecoslovac[...]

[...]o. Credetemi: nulla, proprio nulla di ciò che è successo ha potuto togliermi la gioia che è in me e che ogni giorno si annuncia con qualche motivo di Beethoven. L'uomo non diventa più piccolo anche se viene accorciato della testa. E vi prego caldamente, quando tutto sarà finito, di non ricordarvi di me con tristezza, ma con quella gioia con la quale io ho sempre vissuto. (Seguono alcune parole cancellate dalla censura) ...nasce. Queste sono idee così, lo so che fareste voi stessi tutto il possibile. Ma se anche non riuscirete a nulla, non disperatevi per questo, né siate infelici. Una volta o l'altra dietro ad ognuno si chiude la porta. E per quanto riguarda papà pensateci sopra, se sia il caso di non dirgli nulla o di fargli capire qualcosa.
8 LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA EUROPEA
Meglio sarebbe di non angustiare con niente la sua vecchiaia. Decidete voi, siete, ora, più vicini a lui e alla mamma.
Scrivetemi, vi prego, che ne è di Gustina e mandatele i miei più affettuosi saluti. Che sia sempre forte e coraggiosa e ch[...]

[...]possa avere il diritto di rimanere vedova. Volevo che fosse felice e vorrei che lo fosse anche senza di me. Dirà che non è possibile. Ma è possibile. Nessun uomo è insostituibile. Nel lavoro, come nei sentimenti. Ma tutto questo ancora non 'scriveteglielo. Quando ritornerà, se ritornerà.
Voi, ora, vorreste forse sapere (vi conosco!), come vivo. Viva del tutto bene. Anche qui ho del lavoro, libri e giornali ed oltre a ciò non sono solo in cella, cosicché il tempo passa... anche troppo presto, come dice il mio compagno.
Il trattamento qui è molto buono, come dappertutto dove sono stato finora in Germania. A Bautzen, per esempio, ogni settimana arrivavano da casa dei pacchi con il mangiare, che si conservava, malgrado la lunghezza del viaggio (pane, zucchero, mele, lardo, ecc.). Non si poteva scrivere in proposito, ma a tutti venivano consegnati i pacchi. Sapete che in me non c'è mai stato rancore per il popolo tedesco e le mie esperienze qui niente (seguono alcune parole cancellate dalla censura) ...è svanito. Ma naturalmente: c'è
ancora[...]

[...] cuore il mio monumento, con su incise queste parole: Ricordo eterno e gloria agli eroi! Noi due abbiamo intrapreso una strada spinosa, ma nobile. Tu arriverai fino alla fine di questa strada, io no. Io sarò caduto alcuni passi prima della méta. Per l'idea muoiono, nella Unione Sovietica, centinaia di migliaia di persone, muoiono an che per noi. Salutami tutta Ostrava e tutti i conoscenti, soprattutto la fedele Slezká Ostrava. Sono convinto che, così come ho fatto io, anche tu — moglie di un comunista trucidato — ed anche' tutte le altre donne alle quali la Gestapo ha preso gli uomini, vi porrete al posto dei vostri mariti ed appoggerete il Partito Comunista e lavorerete per esso.
Hedvika, sulle nostre nozze d'argento é piombata una nube nera. Io, però, ringrazio il destino per i 25 anni trascorsi al tuo fianco. Questo é stato per me il più bel regalo. Questo é stato il mio più bel sogno, la favola della mia vita. E già svanita. Mi sembra non sia trascorso molto tempo dall'epoca in cui, a, mezzogiorno, ti venivo incontro in via Josefska,[...]

[...]ancia ed il Belgio, é aggregato al Comitato Centrale del Partito Comunista Cecoslovacco e lavora con Fucík e Zika alla Direzione del Partito. Arrestato nel 1942, viene tradotto di prigione in prigione e suppliziato a Brandemburgo nel maggio 1944. (Lettera tratta dalla raccolta « Poslední Dopisy », Svoboda, Praga, 1946)
Potsdam 5. 3. 1944
Miei cari tutti,
sono contento di aver ricevuto, come tutti gli altri, della carta da lettera e di potervi così scrivere di nuovo. Oggi é una bellissima domenica, un bel sole ha brillato tutto il giorno, il firmamento era azzurro e non c'era neppure una nuvola. Si sentiva in pieno la primavera, che già si annuncia lentamente, anche se fa ancora freddo. Quando ci sono delle belle giornate così, si diventa subito piú allegri per via del sole.
Oggi, miei cari, vi siete forse ricordati di me, ed io pure di voi.
Ho guardato le fotografie, che mamma mi ha mandato il 14.1 (le ho ricevute però solo 1'1.3 dopo il giudizio), mi sono intrattenuto con voi tutti, ed anche con te, Emilka, lo sai che non mi sono mai dimenticato di te. Penso a voi tutti, nessuno escluso delle nostre grandi famiglie, ogni giorno. Appena mi alzo il mio o buon giorno » é anzitutto rivolto a voi tutti, miei cari, e quando vado a dormire i miei ultimi pensieri, prima di addormentarmi, e la mia t( buona notte » sono [...]

[...]volti ancora a voi. Caro Karlik, la tua lettera mi ha fatto molto piacere, ma mi ha fatto anche
12 LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA EUROPEA
ridere talvolta. Certo, ragazzo caro, se non vi fossero queste tribolazioni! Ma devi sempre ricordarti che molta gente sta anche peggio e che si debbono superare le prove più difficili. Guarda quante preoccupazioni hanno dovuto passare con noi i nostri genitori, ebbene... le hanno superate. E così, miei cari, penso di poter ricevere da voi ancora qualche lettera, che forse é in viaggio. Ne avrei molto piacere. Da qui, tra due o tre giorni, verrò trasferito in una prigione dove aspetterò, soltanto aspetterò. Oggi indosso ancora abiti civili, poi sarò vestito da carcerato. Potete continuare a scrivermi finché non vi ritornino indietro le lettere.
Salutate Emilka, ma non ditele nulla di come sono andato a finire. Portate i miei cordiali saluti anche a Lojzík, alla zia, a tutti i vicini e conoscenti. Ora ho molto tempo per i ricordi. Uno può ora rivivere di nuovo tutta la sua vita, ora ve[...]

[...]ele nulla di come sono andato a finire. Portate i miei cordiali saluti anche a Lojzík, alla zia, a tutti i vicini e conoscenti. Ora ho molto tempo per i ricordi. Uno può ora rivivere di nuovo tutta la sua vita, ora vede assai meglio di prima i suoi lati buoni, ma soprattutto anche le sue insufficienze e gli errori.
Se si potesse ritornare, dopo tali prove vitali, si sarebbe certamente migliori di quanto si sia stati prima. Ma nella vita succede così: dobbiamo continuamente imparare e prima che si riesca a imparare perfettamente, viene la fine. Ma tuttavia il domani sarà sempre migliore del ieri, forse tutto migliorerà e la gente vivrà sempre meglio. Potesse ciò essere vero, miei cari! Bene, io auguro a tutti voi che la vostra vita sia bella come questa giornata, che vi sia in essa molto sole e pochissime nuvole, oppure che vi siano solo quelle che portano la rugiada.
Così, miei cari, ed anche voi più piccini, ricevete tutti un gran bacio (a voi piccoli anche un buffetto sulla guancia per ognuno, in aggiunta) e un caldo abbraccio. A tutti i conoscenti una stretta di mano. State tutti bene.
Vostro
Jan
gig
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LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA EUROPEA 13
IVAN VLADKOV
Bulgaro, nato a Drjanovo il lo gennaio 1915, impiegato di Tribunale Dipartimentale, poi licenziato per la sua attività nel movimento operaio. Sorpreso nel maggio 1943 come operatore di una radio trasmittente clandestina, viene fucilato il 22 novembre dello stesso anno. (Lettere e pa[...]

[...]r lei.
E tu, Laci mio, cerca di mitigare agli altri il dolore che io ho causato con la mia morte.
Babbo, vecchio mio! So che mi hai voluto tanto bene e che tu soffri che io me ne vada. Ti consoli il sapere che hai una famiglia per la quale merita vivere e lavorare. Fa' per la famiglia, anche in avvenire, tutto quello che puoi. Vogliatevi bene, perché solo l'affetto dá senso alla vita.
Perdonatemi se sto filosofeggiando, ma credetemi, io sento così, mi fa bene dirvi questo per l'ultima volta e mi pare di essere tra voi e di conversare e parlare con voi.
Mi congedo da tutti: non mi sarebbe possibile nominarli uno a uno.
Mia adorata mamma, babbo, sorelle mie, vi abbraccio con caldo affetto.
Pista
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LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA EUROPEA
ZOLTÁN SCHOENHERZ
Ungherese, nato a Ko"síce nel 1905. Segretario del Partito Comunista Ungherese, dopo quattro anni di attività clandestina viene arrestato, il 6 luglio 1942, e consegnato alla Gestapo ungherese. Condannato a morte il 29 settembre 1942, il 9 ottobre viene supplizia[...]

[...]o da te e da Gyuri. Rivedo nel ricordo molte cose belle che avemmo in comune: Praga, la Slesia, la visita a Bruna, Praga VII, Pilsen, Kosice, ecc. ecc. Ma terminando questa lettera non voglio commuovermi ed essere sentimentale. Ti auguro
18 LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA EUROPEA
di camminare sempre sulla retta via e che tu abbia ancora molta felicità nella vita. Quanto a me, sto qui, incrollabile come in tutta la mia vita, ed é così che muoio. Saluta i miei amici. Vi abbraccio con affetto.
Il vostro Zoli
Miei cari genitori, mio tesoro, sorella mia Klára,
mi si stringe il cuore se penso quanta tristezza ho causato e causo a voi. In una cartolina ho scritto che speravo di potervi rendere tutto l'affetto e tutte le cure di cui mi avete circondato. Purtroppo non posso adempiere quello che desideravo. Non pensate però a me con cuore risentito per le tante tristezze che vi ho causato. Non ho potuto agire diversamente da come ho agito. Quando mi sono reso conto del pericolo che minacciava i miei prossimi in Ungheria, non ho [...]

[...]ciava i miei prossimi in Ungheria, non ho potuto tacere, non ho potuto fare diversamente. Come disse Lutero davanti al Sinodo « Hiere stehe ich und kann nicht anders! ».
Non muoiono per6 tutti quelli che vengono sulla terra. Ho lavorato molto e muoio con la convinzione che continuerò a vivere nel mio lavoro: So che il mio lavoro non é stato inutile. Se nascessi un'altra volta, e potessi rivivere, non potrei vivere diversamente. Come ho vissuto, così muoio.
Spero che potrete trovare un certo conforto in mio figlio Gyuri. Non lo viziate, educatelo severamente, perché possa sostenere il suo posto nella vita in ogni circostanza.
Spero che gli ultimi giorni della vostra vita non trascorrano nella tristezza e siano ancora dorati dalla gioia. Mia sorella, mio zio e la sua famiglia potranno ancora arrecarvi gioia.
Cara sorellina, io ti penso ancora molto spesso come quando eri ancora piccola piccola, a sei anni, come quando si giocava ancora insieme. Poi la .vita ci ha separati.
Ancora davanti a te c'é una vita meravigliosa. Ti auguro che si[...]

[...]tocca i nostri animi e li unisce? Perché questa sorgente non sgorga sempre? Sedevo sul duro sgabello della mia cella, come cento e cento ore prima d'allora, e mi trovai profondamente immerso nel tutto: nella natura, nell'uomo, nell'arte. La differenza fra la vita e la morte era scomparsa in un'unica gioia, quella d'esistere...
28 marzo 1943
Mezzogiorno e trenta. In questo momento quattro compagni di martirio sono stati prelevati dalla cella... Così, due o tre volte la settimana, mi conducono sull'orlo dell'abisso, e mentre mi costringo di guardarvi dentro con calma, aspetto la piccola spinta che basterà a farmi precipitare...
4 aprile 1943
Di nuovo mi avvicino a un crepuscolo... é il crepuscolo che annuncia la mattina ed il nuovo giorno. Non riesco ad immaginarmelo se non con te, accanto a te, in te... Sono trascorse cinque ore, mi hanno appena trasferito al numero sette, questa sera cioè, tra altre cinque ore, sarò giustiziato.
Ho in me una grande pace, una grande leggerezza. Ogni gravame é caduto! E mai ho avuto più puro, immacolat[...]

[...]uscolo... é il crepuscolo che annuncia la mattina ed il nuovo giorno. Non riesco ad immaginarmelo se non con te, accanto a te, in te... Sono trascorse cinque ore, mi hanno appena trasferito al numero sette, questa sera cioè, tra altre cinque ore, sarò giustiziato.
Ho in me una grande pace, una grande leggerezza. Ogni gravame é caduto! E mai ho avuto più puro, immacolato, intimo, l'amore tua e degli altri. Sono inspiegabilmente felice. Ricordami cosí...
ERIKA VON BROCKDORF
Tedesca, nata in Pomerania il 13 febbraio 1910, assistente sociale. Insieme al marito Cay, arrestato con lei ma poi liberato, partecipa all'attività cospirativa del gruppo Schulze BoysenHarnack. Arrestata a Berlino dalla Gestapo, alla fine di agosto del 1942, insieme a tutti i dirigenti del
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LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DFLLA RESISTENZA EUROPEA
gruppo, é la sola, insieme alla moglie americana di Harnack, a non essere condannata a morte. In seguito all'annullamento della sentenza decretato da Himmler, viene decapitata a BerlinoPloetzensee, il 13 maggio 1943, co[...]

[...] Io ho pensato forse più a te che a me stessa. So che se tu avessi dieci vite, le daresti tutte per me. Ma qui davvero nessuno mi può aiutare. Questo cammino dobbiamo tutti percorrerlo soli.
Il mio ultimo respiro sia ancora di ringraziamento al destino che mi ha concesso di amarti e di vivere sette anni con te. Avrei tanto voluto rivederti ancora una volta, ma poiché non mi sono concessi favori, sono troppo fiera per fare una richiesta inutile, così non ho nemmeno inoltrato la domanda di grazia, dato che la mia morte é comunque un fatto deciso.
Sono a colloquio con te, mio caro. In questo momento ti ho fatto promettere che non resterai troppo a lungo triste, perché mi toglieresti la tranquillità degli ultimi giorni, che mi é necessaria per quando devo attraversare la porta oscura.
Nessuno dovrà poter dire di me, senza mentire, che io abbia pianto, che sia stata attaccata alla vita e che per essa io abbia tremato. Ridendo voglio concludere la mia vita, così come l'ho amata ridendo, e ancora l'amo.
Mio caro Cay, adesso voglio dirti addi[...]

[...]orte é comunque un fatto deciso.
Sono a colloquio con te, mio caro. In questo momento ti ho fatto promettere che non resterai troppo a lungo triste, perché mi toglieresti la tranquillità degli ultimi giorni, che mi é necessaria per quando devo attraversare la porta oscura.
Nessuno dovrà poter dire di me, senza mentire, che io abbia pianto, che sia stata attaccata alla vita e che per essa io abbia tremato. Ridendo voglio concludere la mia vita, così come l'ho amata ridendo, e ancora l'amo.
Mio caro Cay, adesso voglio dirti addio. In questa pena non ci sono rimasti altri amici fuorché il coraggio ed una rapida morte. Ti saluto per l'ultima volta, mio caro. Ti ripeto adesso in questa ora estrema: la mia vita senza di te era nulla, solo per opera tua ha avuto un significato ed un contenuto. E questo adesso mi aiuta. Pensa ogni tanto a me, ma non essere triste. Sono serena e molto tranquilla. Mi sento consolata perché comprendo che é necessario.
Ogni bene per te, per il tuo avvenire
la tua Erika
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[...]. (Lettera inedita avuta dalla Redazione del periodico «Die Tat » di Francoforte sul Meno)
Quando riceverete questa lettera io non sarò più fra i vivi! Ciò che da molti mesi ormai ha continuamente occupato le nostre menti senza lasciarci un minimo di tregua, sta per avverarsi. Mi dispiace immensamente, dopo tutto, di non aver più visto P. che avevo atteso con molta certezza per oggi. D'altra parte é bene che sia a casa proprio in questi giorni, così potrete consolarvi a vicenda. Se mi chiedete come mi sento, posso soltanto rispondervi: sono serenamente commosso e pieno di una grande attesa. Con oggi ha termine per me ogni sofferenza, ogni miseria terrena, e «Dio detergerà ogni lacrima dai loro occhi ». Quale consolazione, quale mirabile forza emana dalla fede in Cristo che ci ha preceduto nella morte. In Lui ho creduto, in Lui credo oggi più fermamente e so che non sarò distrutto. Come tante volte, vorrei anche oggi citarvi San Paolo. Rileggete i seguenti versetti: 1 Cor. 15/43 e Romani 14/8. Ovunque ci si guardi attorno, ovunque troviam[...]

[...] nel 1895, tramviere, capo dell'Associazione dei tramvieri di Vienna e, nella clandestinità, Segretario dell'Associazione dei trasportatori. Arrestato a Vienna e condannato il 23 novembre 1942, è suppliziato il 26 febbraio 1943. (Lettera tratta dall'opuscolo a Unsterbliche Opfer », Kommunistische Partei Oesterreichs, Vienna)
Vienna, Carcere Dipartimentale, cella 120
Con spaventosa velocità sta trascorrendo il breve tempo che mi é concesso come cosiddetto « periodo di grazia » prima che la sentenza venga eseguita. Non c'é da contare sulla grazia e, secondo le esperienze fatte sinora, non c'é nemmeno da contare su di una revisione del giudizio, devo concludere la mia vita e su questi fogli vòglio dirti i miei ultimi pensieri e desideri. Cucirò questi fogli in un materasso e spero che qualche uomo giusto e buono li trovi un giorno e che pervengano in buono stato, sia pure con un certo ritardo, nelle tue care mani. Quando li avrai, se ciò avverrà mai, tutto sarà già comunque chiarito. Vari prigionieri condannati a pene minori, che sopravviv[...]

[...]ideri. Cucirò questi fogli in un materasso e spero che qualche uomo giusto e buono li trovi un giorno e che pervengano in buono stato, sia pure con un certo ritardo, nelle tue care mani. Quando li avrai, se ciò avverrà mai, tutto sarà già comunque chiarito. Vari prigionieri condannati a pene minori, che sopravviveranno a me, ti racconteranno più estesamente di me e delle mie cose, del mio destino e del mio con tegno. La morte non é in definitiva così orribile come generalmente la si pensa. Una volta che ci si è rassegnati al proprio destino e se si tiene conto dello stato in cui qui vegetiamo, essa é una vera liberazione. Ognuno si augura che venga subito, eppure tutti temono le ore estreme, l'angoscia della morte prende ogni uomo ed ogni nervo si ribella contro la morte violenta. Con tutta
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la rassegnazione esteriore e nonostante una continua preparazione spirituale, è sempre una terribile prova per i nervi quando, dalla propria cella o da quella vicina, dei prigionieri vengono p[...]

[...]a, di varie organizzazioni giovanili comuniste. Arrestato dalla Gestapo a Urfahr i1 3 dicembre 1942, viene tradotto ed interrogato nella locale sede della Polizia, quindi inviato nel campo di concentramento di Mathausen ed ivi fucilato, senza processo, il 18 settembre 1944. (Lettera avuta dalla madre del caduto per il tramite del KZ. Verband di Vienna)
Landesgericht II, 7.III.1944
Miei amatissimi genitori,
a te, mia cara mamma, mio caro papà, così duramente provati! Sento quale dolore e quale pena state sopportando, non avevate meritato di dover essere caricati di un tale destino alla vostra grave eta! Dal vostro grembo io sono nato, dalle vostre mani patite sono stato allevato ed ora in galera debbo finire! Che questa sia una vergogna? No, no, cari genitori, non piangete, vostro figlio é hero di vivere in una tale scia, e all'occorrenza di morirvi. La vostra fierezza consista nel poter dire un giorno: mio figlio ha lottato per una vita più degna, ed é morto nella consapevolezza di aver sacrificato la sua vita al socialismo.
E se fors[...]

[...]raio. Perciò sopporto piil facilrhente il mio destina. Avreste dovuto sentire la nostra solidarietà nella prigione, vi sareste resi conto che un tale movimento
LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA EUROPEA 27
non può perire. Questo stendardo rosso sangue, cui é legata la vittoria, riordinerà il mondo e merita che si lasci la vita per esso. Invero, nessuno di noi muore volentieri, perché avremmo ancora molti compiti da risolvere; ma se così deve essere, allora avvenga con ferrea decisione.
Visto che ora sono dunque un delinquente, non dovete tuttavia disperarvi: il basto non è ancora spezzato. E necessario restare forti fino all'ultimo respiro. Mostrate che il dolore, la sofferenza, la vecchiaia, il terrore non vi possono spezzare. I genitori da cui sono nati figli di questo genere, sono lottatori anche essi. Ed é anche per questo che sono fiero di voi! Vi ringrazio tante e tante volte del bene che mi avete fatto, nonostante la vostra povera. Tutto ciò non lo si può pagare nemmeno con l'oro; e così ve ne ringrazio con ciò che h[...]

[...]sperarvi: il basto non è ancora spezzato. E necessario restare forti fino all'ultimo respiro. Mostrate che il dolore, la sofferenza, la vecchiaia, il terrore non vi possono spezzare. I genitori da cui sono nati figli di questo genere, sono lottatori anche essi. Ed é anche per questo che sono fiero di voi! Vi ringrazio tante e tante volte del bene che mi avete fatto, nonostante la vostra povera. Tutto ciò non lo si può pagare nemmeno con l'oro; e così ve ne ringrazio con ciò che ho di piú alto, con il mio spirito proletario. E tutto ciò, cari genitori, che vi posso offrire in questo momento.
Nel Landesgericht II ho vissuto con molta solidarietà, e il compenso per questo dritto modo di vivere l'ho sentita quando mi sono congedato dai miei compagni di sofferenza... Certo, ho pianto quando li ho salutati, ma si trattava di lagrime di gioia, perché mi accorsi che essi avevano approvato il mio contegno. Ciò mi ha rafforzato nella mia convinzione che la mia posizione non era perduta. Chi dei borghesúcci può immaginarlo che oggi dei giovinetti, [...]

[...]him avesse rivelato tutto. Il mio motto era: guadagnare tempo vuol dire guadagnare mezza vita. Ma, se quest'ultimo atto non mi sarà risparmiato, lo saprò sopportare da combattente.
La mia vita l'avevo già conclusa il 3 dicembre '42, e non ho perciò desideri, soltanto vi pregherei di una cosa: Anni, finché se lo merita, consideratela come mia moglie. Essa è giovane, forse non mi ha capita, ma ci siamo amati, e se il destino non ci avesse toccato così duramente, forse sarebbe diventata più saggia. Essa, dopo tutto, è stata tirata su in un altro mondo. Il suo destino mi addolora molto, e sono triste perché non sono stato in grado di aiutarla.
Era mio destino essere lottatore, e non l'ho mai dimenticato. Voglio ancora salutare tutti i conoscenti qui, i Leder, anche essi mi comprenderanno e ciò fa bene. Salutami anche Prinz, le mie zie, i miei zii e le cugine. Peperl mi resterà sempre in un felice ricordo, per me era più di un cugino. Se nella mente faccio passare la fila dei parenti, mi rimangono ben pochi che mi abbiano compreso. I nostri [...]

[...]ori, voglio terminare. Su con la testa, se no non potrete vedere le stelle e il rosseggiare del mattino, si, si avvicina con passi giganteschi la giornata in cui i proletari di tutto il mondo si riuniranno per marciare sotto il sole dolce di maggio. Non camminate curvi! Anche a voi sorriderà il raggio di sole sulla mia bara. Vi chiamo coraggiosi genitori: siate coraggiosi e fieri: voi avete posto le fondamenta e la gioventù costruirà su di esse. Così il nostro stendardo non si ammaina mai, ed è questo
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ciò che vogliamo. Vi auguro salute ed una tarda età perché possiate vedere il compimento della nostra opera. Con fierezza per i miei coraggiosi genitori termino con un forte: Evviva il Fronte Rosso.
Vostro figlio Leopold
P. S. Vi prego, salutate anche la coraggiosa mamma di Franzl Reingruber, e ringraziatela per il suo grande aiuto. Anche il suo dolore é un ammonimento per il movimento, anche a lei bisognerà porgere ringraziamenti perché per lei la vita é stata durissima. La sa[...]

[...]fiancava l'opera dell' EAM, viene arrestato al Pireo, il 19 febbraio 1942, mentre stampa un giornale clandestino, e fucilato al Pireo il 5 giugno 1942, con otto exufficiali della R. Marina greca. (Lettera inedita tradotta da amici greci dall'originale esistente negli archivi dell'Arcivescovado di Atene)
'Cara mammina, papà e sorelline,
oggi 5.6.42 ci fucileranno. Affrontiamo la morte per la nostra Patria da veri uomini. Non soffro per niente e così non voglio che voi soffriate. Non voglio pianti né lacrime. Abbiate pazienza. Vi auguro tanta felicità e non vi addolorate per me. Saluti di cuore a tutti. Siamo degni dei nostri avi e della Grecia. Non tremo affatto e vi scrivo dritto in piedi. Respiro per l'ultima volta la profumata aria ellenica sotto l'Imetto. E una mattina splendida. Abbiamo fatta la comunione e ci siamo tutti spruzzati con acqua di colonia che un nostro compagno aveva in tasca.
Addio Ellade, madre di eroi.
Addio, miei cari. Addio. Sappiate tutti esser degni di me. Addio sorelline. Addio papà. Addio dolce mammina. Cora[...]

[...]o Malcini6tis che produceva motori da aeroplano, ed il secondo agli impianti telefonici ad Atene e nell'Attica. Arrestati i! 12 gennaio 1942, nella casa del padre che pure viene arrestato e condannato a dieci anni di reclusione. Fucilati al medesimo palo a Kessariani (Atene) il 26 maggio 1942. (Lettera inedita tradotta dall'originale da amici greci)
martedì 26.5.42
Carissimi genitori,
ricevete questa nostra ultima lettera e non vi addolorate. Così voleva Iddio.
Papà, ti preghiamo di prendere la mamma e di andare a Livanátes per passare lá la vostra vecchiaia.
Papà ti consegnamo la mamma, curala tu dopo che noi non. ci saremo piú. E tu, povera mammina, non dimenticarci. Venite a trovarci. Mammina e papà, vi abbracciamo e vi diciamo addio per l'ultima volta. Non vi amareggiate; date i nostri ultimi saluti ai parenti, agli amici e ai vicini. Iddio onnipotente ha voluto prenderci vicino a sé così giovani. Mammina e papa, vivete voi per vedere giorni migliori, se per noi era destino di non vedere questi giorni buoni.
Chiediamo per l'ulti[...]

[...]oleva Iddio.
Papà, ti preghiamo di prendere la mamma e di andare a Livanátes per passare lá la vostra vecchiaia.
Papà ti consegnamo la mamma, curala tu dopo che noi non. ci saremo piú. E tu, povera mammina, non dimenticarci. Venite a trovarci. Mammina e papà, vi abbracciamo e vi diciamo addio per l'ultima volta. Non vi amareggiate; date i nostri ultimi saluti ai parenti, agli amici e ai vicini. Iddio onnipotente ha voluto prenderci vicino a sé così giovani. Mammina e papa, vivete voi per vedere giorni migliori, se per noi era destino di non vedere questi giorni buoni.
Chiediamo per l'ultima volta la vostra benedizione. Perdonateci. Se potete sapere in quale cimitero ci seppelliranno, allora vi aspettiamo. Venite ad accendere la nostra piccola candela.
Vi mandiamo tutta la nostra roba e siamo certi che giungerà nelle vostre mani. Non vi agitate! Non é poi una gran cosa. Per l'umanità sono stati uccisi milioni di giovani. Forse loro non avevano una mamma ? Questo pensiamo e non sentiamo tanta pena. Non abbiamo altro da dirvi perché non [...]

[...]o morire, e né io né te possiamo dire se sia bene o male che il mio trapasso avvenga un po' prima o un po' dopo. Ricordati, ti giuro che è vero, che agni dolore si muta in gioia, ma solo pochi vorranno riconoscerlo di fronte a se stessi. Si sono avvolti nel dolore e l'abitudine fa credere loro di esser sempre avvolti nel dolore. La verità è che dopo il dolore giunge la profondità e dalla profondità sorge il frutto.
A me niente taglia l'animo, è così, e te ne devi render conto. Ho qualcosa che vive e arde in me, amore, ispirazione, chiamala come vuoi, tuttavia qualcosa che non riesco ad esprimere. Ora muoio, e non so se ho acceso una piccola fiamma nell'anima di qualcuno, una fiamma che mi sopravviverà, ma sono ugualmente sereno, perché ho visto e so che la natura è ricca, nessuno nota se un germe viene calpestato e muore, perché dovrei dunque rattristarmi io, (panda vedo tutta questa ricchezza che vive ?
Ci sono poi i bambini, che mi sono sentito vicini in queste ultime ore, ero felice di rivederli e di vivere nuovamente con loro. Ho se[...]

[...]ta, ma ho preferito nulla fare e nulla dire che potesse tradire la patria.
Ti renderai conto che dopo tutto questo ho il coraggio sufficiente per essere fucilato. Che è una bagatella in confronto a tutto quello che ho sopportato.
Parecchie persone debbono ringraziarmi per non aver fatto il loro nome. Ed ora sono fiero di me, perché ho resistito a tutto ed ho salvato molte vite.
Vi sarò riconoscente di far conoscere questo resoconto a Gilberte così come alle associazioni di cui facevo parte.
Il mio corpo resterà nel cimitero militare di Liegi e morirò da vero belga. Viva. il Belgio!
Guy Jacques
sempre belga
morto per la Patria
JV LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA EUROPEA
(Biglietto trovato negli abiti di Jacques Guy dopo la sua morte)
Un'ultima parola per dirvi che per parte mia non ho mai denunciato o incolpato alcuno, malgrado le numerose fustigate che ho ricevuto per farmi parlare.
Avrei potuto salvare la mia testa in molti modi. Ma ho preferito essere fucilato che tradire, in questo modo muoio da uomo in gamba e[...]

[...] digli che cerchi di essere un uomo, questo é tutto quanto gli chiedo. Presto il mondo sarà libero, e sarà pure per lui, il mio caro piccolo Claudio, che avrò lottato. Digli di cercare di ben comprendere la vita, avrei tanto voluto fargliela scoprire. Ho pensato enormemente anche a lui, in prigione. Ti chiedo di abbracciarmi Maria. Dille che lei è uno dei miei più bei ricordi. Sono veramente felice di aver incontrato sulla mia strada una persona cosí buona e cosí onesta. L'amo molto e le sono molto riconoscente per avermi dato un po' della sua amici
LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA EUROPEA 37
zia. Chiedo scusa a tutti per il dolore che vi arreco ma sento che voi mi perdonerete. La causa che difendo é giusta, é sacra. Che i miei compagni sappiano che non ho mai dubitato del suo trionfo. Ho anche l'autorizzazione a scrivere ad Alberto. Gli scriverò indirizzando a sua sorella. E molto giovane, sarà libero quando ritornerà, si rifarà una nuova vita, l'altra non ha contato. Da sposati siamo rimasti cinque giorni insieme!
Mia piccola mamma,[...]

[...]roprio, cara mamma, che tu non ti faccia del cattivo sangue per tuo figlio, perché io non sono più da compiangere, parto per raggiungere il regno di Dio dove sari) molto felice: quelli che sono più da compiangere siete voi, tu ed il mio amato papá.
Prima di morire, domando perdono a tutte le persone a cui ho fatto del male e perdono tutte le persone che mi hanno fatto del male..
Tu andrai a trovare Clémence, Léon, i miei cugini, le mie cugine, così come Henriette e tutta la sua famiglia. Voglio anche abbracciare Antoine e Renée, così come la nonna e Huguette. Andrai da Suzanne e abbraccerai tutti, questa è la mia ultima volontá. Soprattutto, soprattutto, mammina mia cara, reagisci e riprendi il corso della vita normale.
Dopo la guerra, fa riprendere il mio corpo o i suoi resti e falli mettere vicino al mio povero nonno Désiré Camus: va a trovare il Signor T... e digli che il suo vecchio allievo lo abbraccia di tutto cuore.
Ti lascio, cara mamma, per mangiare un poco e per non morire a stomaco vuoto. Per adesso ti dico arrivederci, cara mamma, ma t'invito a credere che solo ora vedo ciò che tu rappresentavi per me
Jean [...]

[...] pensiero che io sarò forte fino all'ultimo.
Certamente paura non ne sento. L'unica grande spina del mio cuore é il sapere che tu e Milli resterete sole al mondo.
Ho volñto seguire la mia idea e adesso mi domando se di fronte a te avevo il diritto di farlo.
Perdonami, mammina, se ti cagiono questo grande dolore. Ti avevo pur detto che mi sembrava poco naturale restar vivo solo io fra tanti compagni morti.
Adesso andrò con loro. Doveva finire così.
Ancora una volta, mammina, perdonami.
Anche Milli deve perdonarmi e dille che se spesse volte ci si bisticciava, era proprio perché ci volevamo bene.
Quando il dolore ti sembrerà insopportabile, rifugiati in lei, ti sarà di grande sollievo.
42 LUTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA EUROPEA
Ricevi da tuo figlio il più affettuoso abbraccio e tanti, tanti
baci, anche per Milli. Per l'ultima volta perdonatemi.
Vostro
Valerio
PAOLA GARELLI
Italiana, nata a Mondovì (Cuneo) il 14 maggio 1926, pettinatrice. E collegatrice e rifornitrice di viveri e materiale per le formazioni partig[...]



da Franco Cagnetta, Inchiesta su Orgosolo. Parte seconda: Dichiarazione sull'operato della polizia in Orgosolo [testimoni Maria Antonia Filindeu (27 anni), Maria Antonia Rubano (21 anni), Teresa Piras fu Pietro(70 anni), Giovanna Vedele di Carlo in Sini(60 anni), Maria Corbeddu di Giuseppe e di Corrias Maria (49 anni),Maria Floris in Menneas(52 anni),Giuseppina Fogu in Murgia(43 anni), Pietro Sorighe fu Giuseppe(72 anni),Giuseppe Moscau fu Andrea(45 anni,pastore),Natale Davoli fu Leopoldo(48 anni,bracciant... in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 9 - 1 - numero 10

Brano: [...]ui una bambina: Antonia, nata il 9 di luglio 1951. Ora Pietro è morto, latitante. E non voglio parlare di lui.
Potete immaginare quante volte la nostra casa la hanno pestata i carabinieri!
INCHIESTA SLY ORGOSOLO 181
Dal 1950, 17 settembre, data della latitanza, hanno fatto una grande battuta contro Pietro e Pasquale. Hanno perquisito, buttato tutto in aria. E basta. Dal 1° di aprile 1952, data di morte del mio fidanzato, hanno fatto 5 battute cosí grandi. In più sempre in casa, ogni giorno.
Non parlo che mio padre Antonio Pasquale Rubano é stato arrestato in Baronia. E per la morte di Pietro.
Basta. Vengono dunque il 22 di aprile 1954, e dalla sera del 21 mi mettono l'assedio per chiudermi nella casa. Alle 5 di mattino cominciano a bussare forte, nella porta. Esco e dico che ci avevo la bambina a sonno. Era ammalata. Chiedo silenzio. Il maresciallo non credeva. Viene e trova la bambina, a letto, malata. In pianto.
Basta. Mi pigliano e mi portano a Nuoro per l'arresto. Non hanno perquisito: tutte le altre volte lo avevano fatto. Mi t[...]

[...] colpa. Le cose sono mal fatte ad Orgosolo, non c'è da dire che sono fatte bene. Ma deve pagarle chi non le fa?
INCHIESTA SU ORGOSOLO 187
Che succede? Menneas Giuseppe lo arrestano perché si stancano a cancellare e Menneas Domenico perché é fratello di Giuseppe. Li ho persi dal lavoro senza far male a nessuno. Io e mio marito siamo sposati da 32 anni, abitiamo ancora in casa d'affitto, non diamo lavoro a « sa Zustissia ». Appena ci hanno visto cosí subito hanno pensato a colpirci. Nessuno aveva nessun imputo.
E i danni? Senza figli. Mio marito é vecchio: maiali non ne può portare con un bambino solo di 13 anni. Una parte dei maiali si sono spersi e morti, i carabinieri non hanno voluta lasciare a nessuno. Ce ne sono morte anche di capre. E qualcuna presa. Quattro o cinque giorni sono restate sole, disperate.
Abbiamo anche una vignetta : la abbiamo lasciata senza lavorare, perché non avevamo possibilità a mettere manovali.
E le spese? Abbiamo messo avvocati e per Giuseppe ci ha preso 10.000 lire e per Domenico 6.000, e altri regali. I[...]

[...]tello, e uno viene arrestato, ammonito, confinato, incarcerato, senza motivo.
Ed ecco le conseguenze, non certo belle, che possono venire.
Per il motivo che si è offeso uno pensa: chi può essere stato? Certi amici direbbero : questo, quello. Io forse, se non ci penso troppo ed ho il sangue che mi bolle, prendo un fucile e ho sparato, con causa della morte.
Letterati o confidenti ce ne sono molti in paese. Molti ne hanno ammazzato, quasi tutti così. E subito si taglia.
Ecco cosa ha fatto la lettera anonima, il confidente di polizia.
Ma tante volte io non sono andato a vedere bene le cose. Ho preso un fucile e ho sparato. Soltanto un anno, due anni dopo si scopre che ho ammazzato ingiustamente. Allora viene un amico, due amici del morto, e, preso un fucile, mi vengono ad uccidere.
Queste cose ho detto molte volte a un poliziotto, a un carabiniere, a un giudice. Ma non mi hanno sentito. Il poliziotto e il carabiniere pagano. Il giudice condanna. Ci hanno la loro carriera. E mai in Orgosolo per questo si è ammazzato un carabiniere o un [...]

[...]preso loro il brevetto della fabbrica dei banditi!
Non parliamo allora di lettere anonime, di confidenti per la taglia. Maledetta taglia! Ci vorrebbero vedere spariti tutti, di morte in morte. Ed ora .racconto il mio corricolo di incensurato rovinato.
1) Il 1937, il 9 novembre, vengo arrestato 4 mesi per provvedimento di polizia.
2) I1 1938 mi presento e mi danno due anni di munizione, il 18 marzo.
3) Il 1940 rientro e mi chiamano alle armi. Così mi trovo rubati i maiali al mio ritorno il 1943. Ma per questo non ho fatto l'assassino.
4) Il 4 agosto 1945 vengo ripreso dalla polizia per provvedimenti di polizia.
5) E dopo mi danno due anni di confino.
6) Rientro il 1946 e mi metto alla ricerca, onesta, di maiali. Ma il 2 di luglio mi arrestano per imputazioni di omicidio, tentato omicidio e fatti gravi. Mi ho fatto le carceri di tutta la Sardegna.
7) E dopo sette mesi son rilasciato per non aver commesso il fatto.
8) Il primo di aprile di quest'anno mi succede questo fatto : Camminavo in località « Gorinnaro » con un piccolo branc[...]

[...]a che cosa mi fa » ho pensato. E avevo, anche, una giubba di velluto troppo chiara, un buon bersaglio. Quando ho visto dietro al carabiniere tanti animalacci di uomini ho pensato: « Carabinieri! bisogna salutarli ». Mi alzo e a poca distanza, di sei o sette metri, dico: « Buonasera! ». A quella voce il carabiniere si gira e mi mette il mitra sul petto: «Fermo! » dice. Porco di un cane: tenevo i pantaloni nelle mani e gli ho detto: « Piú fermo di così non si può stare ». « Che state facendo? ». Beh, di qui non si discute: « A cacare », gli ho detto. « A cacare, dice, mani in alto! eri nascosto ». « Nossignore, non ero nascosto ». « E allora perché stavi 11? ». « Per la decenza, e per non sporcare la strada che mi faccio ogni giorno ». « Mani in alto, dice (ero sempre a mani in alto coi pantaloni in basso e lo strumento in faccia a loro che prendeva aria) puoi ringraziare il cielo che a quest'ora non sei morto ». «E perché? Vi debbo qualche cosa? Io vi ho detto solo buonasera. E non mi avete
INCHIESTA SU ORGOSOLO 193
neppure intimato il f[...]

[...]deva aria) puoi ringraziare il cielo che a quest'ora non sei morto ». «E perché? Vi debbo qualche cosa? Io vi ho detto solo buonasera. E non mi avete
INCHIESTA SU ORGOSOLO 193
neppure intimato il fermo ». « In tutti i modi — dice il carabiniere — tu puoi fare il conto che sei morto. Perché io ho tirato per ucciderti. Si é inceppato il mitra ». E me lo ha fatto vedere. Allora, porco iddio, ci siamo attaccati. « A tutti gli orgolesi può capitare così. Mi avevate ammazzato, fatto a grattuggia col mitra, buttato nelle frasche, e poi dicevate che sono i latitanti ». Se ne sono andati senza chiedere il nome. E mi hanno lasciato così, in fretta e in furia. Che portino almeno dei carabinieri seri, alti .e grossi, e non di quelle burbe che tremano solo a vedere l'ombra che caca e sono così composti che (se non piangessimo per loro) ci fanno ridere ».
11
GARIPPA LUIGI di Antonio Nicolò, pastore, dì anni 26:
« La prima decade di maggio di quest'anno 1954 scaricavo calce in paese. Appena ritornato a casa una sera, stanco, ero entrato al bar Supramonte. Entra un brigadiere: « Prendi a bere ». Lui aveva bevuto. Mi offre e continua a bere. A un tratto se ne é andato.
Esco anch'io e vado a casa. In casa mi resto con Muscau Angelino e Crisantu Giovanni. Un altro mio compagno, Floris Giuseppe, incontra il brigadiere in strada. « Dove é quello che gli ho dato da bere ». « In casa sua[...]

[...]do a casa. In casa mi resto con Muscau Angelino e Crisantu Giovanni. Un altro mio compagno, Floris Giuseppe, incontra il brigadiere in strada. « Dove é quello che gli ho dato da bere ». « In casa sua ». « Andiamo, andiamo a cercarlo ». Vengono in casa e chiamano: « Sei tu Garippa ? ». « Si ». Allora mi ha dato uno schiaffo. Io gli ho detto: « Scusa, brigadiere, fermo, io lo ho offeso a lei? ». Mi ha detto: « Stai zitto cretino. Sei un orgolese e così un delinquente » — la solita parola di un brigadiere — « ed io che ti ho pagato pure da bere! ». Io sono incensurato, un onesto lavoratore. E non ho mai avuto a che fare con la giustizia. Siamo andati per la strada sino alla bettola di Canavedda io sempre dicendo: « Ma scusa, lo ho offeso io? » e lui: « Stai zitto cretino. Ed io che ti ho pagato pure per bere. Sei un orgolese e così un delinquente ». Allora, sentito questo tre o quattro carabinieri mi hanno circondato sulla strada, e stavano per battermi. Me la sono vista brutta. Ma sono riuscito a scappare.
Vado in questura per denunciare il fatto e lo ho detto al commissario. Mi ha fatto. « Quel brigadiere era ubriaco. Adesso lo arrangio io ». Non gli ha fatto niente. Non ha fatto neanche il verbale ».
194 FRANCO CAGNETTA
12
MONARI EMILIO di Carlo, bracciante, di anni 19:
« Stavo lavorando in località « Nabrushé » in marzo quando sono passati cinque carabinieri. All'improvviso mi hanno chiamato: « Mani in alto! ».[...]

[...] di due ore. Dicevano che lo facevano perché non volevo lavorare. C'erano davanti alla casa manifesti comunisti che dicevano che non c'é lavoro. E ci vuole lavoro. Mi hanno detto di strapparli. Io mi ho subito rifiutato. Allora mi hanno dato calci uno dietro l'altro, preso il nome, e mi hanno detto che in paese non potevo più lavorare. Senza nessun motivo. Poi se ne sono andati. Ci avevano voglia di ridere e di scherzare ».
13
DETTORI DIEGO fu Cosimo, pastore disoccupato, di anni 17:
« Il 4 ottobre 1953 in Orgosolo da tanti giorni non trovavo lavoro: avevo fame. Trovo l'amico Crisantu Vincenzo di anni 20, nelle stesse condizioni, e andiamo a piedi sino a Fonni per fare un furto di patate in campagna di certo Casula Giovanni. Il proprietario ci deve avere visto: ci denunzia e i carabinieri vengono in località « Lullorgiu » (Orgosolo), all'ovile, dove stavo con i pastori Rubano Pietro e Rubano Luigi che, per pietà, mi davano da mangiare e mi tenevano per dormire. Ci circondano con i mitra puntati e si mettono a gridare: « Faccia a terra![...]

[...]ame a ingrasso. Chiedo il permesso di andare là alla Questura di Orgosolo e mi dicono: « Per te comanda Sassari. Il commissario di Orgosolo ha scritto a Nuoro e il Questore ha saputo che tu dipendi da Sassari. Non possiamo fare nulla ». Scrivo a Sassari, in carta bollata — quanti soldi sudati — e mi rispondono: « Di te non ci interessa. Tu sei di Orgosolo e sono loro che ti devono guardare. Piuttosto dicano e si accusino che si sono sbagliati ». Così il giudice Masula. Chiedo a febbraio un permesso per andare a vedere i porci miei, e questi, senza commuoversi, me l'hanno rifiutato. Per questo solo ho perduto 150 mila lire, che avevo a venderli, e può giurarlo un negoziante che li acquistava, Melis Antonio di Salargios. Rifaccio la domanda in carta da bollo e me l'hanno rifiutato. Avevo una cavalla in prossimità di SassariPattada, S. Nicolò, e mi hanno negato pure di andare a trovarla, ossia fare una visitina. La cavalla, soletta, se ne é andata sotto il treno, e così la ho dovuta vendere a 25 mila lire al macello, che valeva 100. Questo, [...]

[...]orci miei, e questi, senza commuoversi, me l'hanno rifiutato. Per questo solo ho perduto 150 mila lire, che avevo a venderli, e può giurarlo un negoziante che li acquistava, Melis Antonio di Salargios. Rifaccio la domanda in carta da bollo e me l'hanno rifiutato. Avevo una cavalla in prossimità di SassariPattada, S. Nicolò, e mi hanno negato pure di andare a trovarla, ossia fare una visitina. La cavalla, soletta, se ne é andata sotto il treno, e così la ho dovuta vendere a 25 mila lire al macello, che valeva 100. Questo, tutto, perché sono Orgolese.
Ma adesso vi racconto il sequestro di porci che ho avuto ancora prima. E perché mi hanno arrestato ancora quella volta. Un giorno, il 2 aprile 1949, viene in casa un Turineso, un esattore giudiziale, e mi chiede presto presto 40 mila lire di nobile ricchezza per certi porci che, diceva lui, tenevo in terra Usidda. Io ho 41 anni e sono figlio di famiglia. « Che cosa pago? Io non tengo questi porci e non stanno scritti sul bollettino ». I porci, in vero, sono di Giuseppe, il mio fratello. 120. [...]

[...]biniere dice: «Cunzatelo a caserma! ». Non mi hanno messo i ferri e, in modo gentile, mi portano al maresciallo — quello stesso che ho detto prima. Appena mi vede, si mette a gridare: «Vai dentro, delinquente, assassino! ». Per quel che faceva sembrava imbriago o un uomo uscito di manicomio. Questo lo ho detto anche al giudice e, qui, lo posso dire.
« Io — dico — ubbidisco alla Legge ». Dentro mi chiama un ufTiziale : « Che cosa stavi a parlare così male e a minacciare, assassino ». « Io non sono assassino. Non ho fatto niente a nessuno ». Chiama la guardia comunale e gli dice: « Questo qui ti ha minacciato! ». « Nossignore — dice la guardia. — Siamo stati a far parole, come si fa ad Orgosolo ». « Chiedi scusa alla guardia », dice il maresciallo. « Nossignori. Questa parola non la dire) perché é venuto in casa mia e ha tirato fuori la pistola ». Chiama l'esattore Puligheddu e gli dice: « A Mereu lo perdoni? ». «Non ci ho niente da perdonare. Non ha fatto niente ». « Maresciallo, perché fa così », dico io. « Faccia il capostazione, e bast[...]

[...]a guardia comunale e gli dice: « Questo qui ti ha minacciato! ». « Nossignore — dice la guardia. — Siamo stati a far parole, come si fa ad Orgosolo ». « Chiedi scusa alla guardia », dice il maresciallo. « Nossignori. Questa parola non la dire) perché é venuto in casa mia e ha tirato fuori la pistola ». Chiama l'esattore Puligheddu e gli dice: « A Mereu lo perdoni? ». «Non ci ho niente da perdonare. Non ha fatto niente ». « Maresciallo, perché fa così », dico io. « Faccia il capostazione, e basta ». Il capostazione dei carabinieri, naturalmente. Come dovevo dire? «Io so tutto ad Orgosolo — dice allora il maresciallo. — Sono 4 giorni che sto ad Orgosolo e so che sei un delinquente, un assassino ». Basta. Penso di prendere il postale per Nuoro, per andare a denunziarlo, ma perché sono ammonito mi ci "vuole un permessino. Volevo andare a Nuoro, al Questore, perché ad Orgosolo la mia denuncia non partiva. Erano le 11. Me lo hanno negato.
Così finisce la prima parte del fatticino.
Verso le 11, il 3 di aprile, dicevo, appena tornato stavo in c[...]

[...]ta ». Il capostazione dei carabinieri, naturalmente. Come dovevo dire? «Io so tutto ad Orgosolo — dice allora il maresciallo. — Sono 4 giorni che sto ad Orgosolo e so che sei un delinquente, un assassino ». Basta. Penso di prendere il postale per Nuoro, per andare a denunziarlo, ma perché sono ammonito mi ci "vuole un permessino. Volevo andare a Nuoro, al Questore, perché ad Orgosolo la mia denuncia non partiva. Erano le 11. Me lo hanno negato.
Così finisce la prima parte del fatticino.
Verso le 11, il 3 di aprile, dicevo, appena tornato stavo in casa mia e sento che si gridava: « Mereu! Mereu! ». Stavo a dormire giá con mio fratello a terra e lui era ammalato. Ho capito che era per
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una vendetta, forse di chi stava in caserma. Mi sono alzato dalla cucina, dove stavo, e vado in un'altra stanza, al piano sopra. Mio fratello poveretto, che ha fatto 6 anni di militare e 22 mesi di prigionia, dormiva. Guardo da una finestra e, senza farmi vedere, ho visto i carabinieri. Con i mitra spianati. Alzo appena la testa alla fi[...]

[...]tamattina ». « E alle 11 io stavo a chiedervi il permesso per andare a Nuoro ». Mi hanno mandato in camera di sicurezza e mi hanno fatto vedere spuntare il giorno 4 volte. Mio fratello era andato a parlare ed a dire che stavo in casa tutto il giorno. « E noi gli diamo l'ergastolo. Ed a te pure ». « Se aveva ucciso era latitante, e non in
INCHIESTA SU ORGOSOLO 199
casa ». « Guarda che baffi grossi che ho — dice il maresciallo. — Ci ho dei baffi così grossi che ti devono fare paura ». E pugni sulla tavola. « Fate di vostra coscienza. E il giusto. Ci avete una famiglia ». E poi il 4 viene la macchina e mi porta a Nuoro, in carcere.
Il maresciallo andava a casa dell'ucciso, dalla madre: «È stato Mereu ». « Io volevo bene a questo mio figlio. Sono morta come lui. Voglio che prendete chi ha ucciso. Ma io non voglio mettere in galera chi non lo ha ucciso, questo innocente ».
II 12 di aprile é venuto il giudice istruttore a interrogarmi. Ero dieci giorni alla cella e avevo solo un'ora e tre quarti di sole. Il giudice Garedda mi ha fatto dire [...]

[...]aspetta a volte un anno, due anni: innocente ». Il giudice aveva già capito che ero innocente: era troppo pratico, intelligente.
Poi é andato ad Orgosolo, ha raccolto le testimonianze, e il giorno dopo é venuta, subito, la scarcerazione. L'avvocato che mi ha difeso non mi ha preso un solo soldo: « Sei un innocente ». Ma ad Orgosolo per fatti come il mio ce ne stanno dentro con 25, 30 anni. Basta un maresciallo cattivo, che pensa : « Orgolese. E così delinquente », vendicativo.
Ed ecco quello che noi orgolesi, passiamo di ingiustizie ».
200 FRANCO CAGNETTA
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22 maggio 1954:
« CARTA GONARIO fu Pietro di anni 24 espone quanto segue: Il giorno 22 corrente mese mi trovavo in località "Monteraso" poco distante dal paese assieme ad un vicino di casa Luppu Raimondo di Giuseppe, andati per mangiarci fave e riposarci e dare attenzione. Circa le ore 16 passava la pattuglia dei carabinieri, ci chiamavano chiedendoci documenti : gli sono stati dati documenti. Ove ci diceva : Siete Orgolesi, vi doverei sparare perché dovreste essere tutti sparat[...]

[...]omi di andare avanti verso campagna con loro. Io temevo forte la vita. Gli ho detto: Perché in campagna? prendetemi in paese. C'è un Comando dei Carabinieri e il Commissariato di Pubblica Sicurezza. A questo punto hanno mandato in paese il mio amico dicendogli: Tu vai via, questo lo prendiamo con noi e sarà aggiustato bene bene.
Presomi un pezzo di strada mi sono fermato, sicuro della morte, e supplicando che, se volevano, di portarmi in paese. Così mi sono seduto. Mi mettono di nuovo bracci in alto, prendendomi di nuovo i documenti. Dove me li restituivano dicendomi: Vattene e sarai arrangiato lo stesso. E calci».
Carta Gonario.
16
CATGIU PASQUALE di Giuseppe, pastore, di anni 18:
« Sono uno dei pastori fermati il 26 novembre 1953 a "Meninfili" per la morte dell'ingegner Capra. A "Viriddi" dove mi trovavo solo a
INCHIESTA SU ORGOSOLO 201
guardare i porci, a un chilometro da "Meninfili", spunta, verso le 8, un battaglione di carabinieri. Mi hanno fermato subito con il mitra e subissato di parolacce : « Delinquente, figlio di una pu[...]

[...] ci portano sino a "Fastiddos". Dicevano i carabinieri: « Bisogna legarvi ad una gamba di un bue e trascinarvi ». Vedevano la gente del paese che da un monticello era corsa a guardare il nostro arrivo incatenato: «Vedete, vedete, la gente di Orgosolo ci ha fame. Aspetta la vostra carne ». Dicevano che davano una raffica di mitra a tutti. Bainzu Sebastiano era malato agli occhi. Un poliziotto gli ha detto che stava ridendo. « Io sono malato. Sono cosí agli occhi per disgrazia ». Allora gli ha dato due calci nel culo ed é passato da carabiniere a carabiniere con i calci nel culo. A me mi hanno arrestato e trattenuto nel carcere di Nuoro per venti giorni in cella comune. Perché minorenne mi davano una pagnotta al giorno, minestra niente. La toglievano i padroni del carcere non per darla ai figli loro, ma per finire alle mastelle dei porci. E al detenuto se si toglie la minestra, si toglie la vita ».
17
RUBANO PIETRO, pastore, di anni 67:
« Sono un altro dei pastori fermati in campagna per la morte dell'ingegner Capra. Me ne stavo con le c[...]

[...]e mi rilasciano senza dire un'a, e mio figlio Francesco lo prendono invece, senza ragione, e lo spediscono davanti alla commissione di confino. Gli danno tre anni e ora é a Ustica: rovinato lui ed io, il padre.
Se era colpevole dovevano punire pure me, come lui. Stavamo insieme in quel momento. Perché io non ho fatto niente e lui si?
Non si deve poter stare tranquilli nella propria casa; e non si deve andare onestamente a lavorare in campagna! Così, pare, che vogliono.
E questa si chiama giustizia a terra di Orgosolo! ».
18
« Mi chiamo PASQUALE MESINA di Antonio nato ad Orgosolo il 30 di gennaio 1939 e da sei anni faccio il pastorello al Supramonte. Perché devo guardare le pecore di famiglia non sono potuto andare a scuola che due o tre mesi e non so scrivere: per questo detto quello che mi é avvenuto ad Orgosolo il 1° di gennaio 1954. Partivamo in campagna di notte verso le 5 io ed il piccolo compagno Mancone Pasquale di Santino, quando arrivati alla periferia del paese, in località su 'unzaiddu i carabinieri ci hanno subito fermato[...]

[...]i. Il Questore ha detto che il carabiniere che mi ha rovinato doveva perdere il pane. Non gli hanno fatto poi niente. Ed io non sono guarito.
Ero andato a prendere i buoi ad allevamento, senza far male a nessuno. Appena uscito dal paese, trovo il 1° di gennaio i carabinieri, e mi fanno mettere con i bracci in piedi. Poi mi hanno messo in un fango che si vedeva questo fango e non si poteva passare. Ho protestato : « Ma nemmeno a un animale si fa così! ».
Era una mattina fredda. Non ho detto neanche una mezza parola di male. Mi hanno fatto lasciare i buoi e li hanno bastonati. Mentre quelli se ne scappavano hanno cominciato a bastonarmi. Avevo appena protestato, quando un carabiniere mi ha cominciato a bastonare alle ginocchia. Quando eravamo a terra ci minacciavano per terra con il mitra senza sicura. « Guai se parlate! ». Ci ha insultato con parolacce: Delinquente, criminale. Il brigadiere: «Vedete, carabinieri, come sono gli orgolesi. Hanno preferito sedersi nel fango ». Io sono un anziano, di 66 anni. Non ho mai fatto male a nessuno n[...]

[...]lo di Emiliano, Natale, due altri ancora e Giuseppe Sorighe, il semideficiente. A me mi hanno mandato a casa. Tutto il paese era pieno di carabinieri. E ho saputo che erano entrati pure in casa nostra a buttare tutto in aria per la perquisizione.
j — Documenti. Chi é lei?
— Tanteddu.
Si hanno allarmati.
— Dove ce l'hai il mitra ?
— È qui — c'era un piccone. — Io sparo con questo.
Non hanno trovato un'arma sola.
Insomma, mi hanno detto che così facevano i tedeschi ».
25
DAVOLI NICOLA di Carmine, pastorello, di anni 12:
« Il primo dell'anno, appena fatta l'alba, il mio babbo mi aveva mandato in campagna a guidare le pecorelle. Esce un carabiniere — ci ho avuto tanta paura — e non mi ha voluto far passare. «Fermo! ». « Io sto fermo ». « Dove vai? ». « A guardare le pecorelle ». Allora mi ha dato un cazzotto e una pedata. Mi fanno la perquisizione e ci avevo una tasca piena di aranci, che me li ha dato la mamma perché era il capodanno. « Anche tu sei uno che mangia gli aranci », dice un altro carabiniere. Me ne ha preso uno e buttat[...]



da Jacques Howlett, I comunisti e la lotta contro il colonialismo in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 5 - 1 - numero 8

Brano: [...]one delle merci a quello dell'esportazione del capitale. Vediamo infatti, nei primi anni del secolo, stabilirsi nel mondo la preponderanza monopolista di alcuni paesi ricchi, come la Germania, l'America del Nord, l'Inghilterra. I monopoli (cartelli, sindacati, trusts) appaiono in questa fase recente dello sviluppo del capitalismo, fase che é caratterizzata anche dall'altro importante fenomeno della progressiva concentrazione bancaria. Prodottosi così un enorme eccedente di capitali, i capitalisti aumentano i propri benefici esportando tale eccedente all'estero, nei paesi arretrati. L'esportazione dei capitali é, insieme con i monopoli, una base essenziale dell'imperialismo. È così, continua l'analisi di Lenin, che prima della guerra (191418) i capitali investiti all'estero dai tre principali paesi (Inghilterra, Germania, Francia) ammontavano già a 175200 miliardi di franchi, i quali, al tasso modesto del 5 0/e, dovevano fruttare 810 miliardi all'anno. E Lenin aggiunge : « Ecco una solida base per l'oppressione e lo sfruttamento imperialista della maggior parte dei paesi e dei popoli del mondo, per il parassitismo capitalista d'un pugno di Stati opulenti » (op. cit., p. 168).
L'imperialismo, insomma, corrisponde allo stadio monopolistico del capitalismo; e Lenin riassu[...]

[...]ammontavano già a 175200 miliardi di franchi, i quali, al tasso modesto del 5 0/e, dovevano fruttare 810 miliardi all'anno. E Lenin aggiunge : « Ecco una solida base per l'oppressione e lo sfruttamento imperialista della maggior parte dei paesi e dei popoli del mondo, per il parassitismo capitalista d'un pugno di Stati opulenti » (op. cit., p. 168).
L'imperialismo, insomma, corrisponde allo stadio monopolistico del capitalismo; e Lenin riassume così i suoi caratteri fondamentali
(7) LENIN, L'impérialisme stade supérieur du capitalisme, p. 2. Testi riuniti in: Données complémentaires à l'impérialisme di E. VARGA et L. MENDELSOHN. Editions Sociales, Paris 1950.
I COMUNISTI E LA LOTTA CONTRO IL COLONIALISMO 65
1) concentrazione della produzione e del capitale a un grado tale da provocare la formazione dei monopoli;
2) fusione del capitale bancario industriale;
3) esportazione di capitali;
4) formazione di unioni internazionali capitalistiche e monopolistiche, che si spartiscono il mondo;
5) spartizione territoriale del globo da parte[...]

[...]enti, minando colà la sua dominazione. La liberazione del proletariato è per sua essenza universalista, e il proletariato non pub liberarsi senza con ciò stesso liberare i popoli oppressi ». V'è del resto, continua Stalin, più di un'analogia tra il proletario e il colonizzato : l'uno e l'altro si trovano in una posizione di dipendenza, l'uno e l'altro producono ricchezza senza tuttavia goderne, l'uno e l'altro appartengono alla classe oppressa.
Così « la Rivoluzione d'ottobre inaugurato un'epoca nuova,
l'epoca delle rivoluzioni coloniali nei paesi oppressi del mondo, in alleanza con il proletariato, sotto la direzione del proletariato ». La leggenda secondo cui il mondo sarebbe diviso in razze inferiori e razze superiori, in neri sfruttati e in bianchi sfruttatori, questa leggenda é rifiutata in blocco. La teoria staliniana afferma che « i popoli non europei affrancati, tratti sulla via dello sviluppo sovietico, non sono meno atti dei popoli europei a far progredire la cul
(8) 11 carattere internazionale della Rivoluzione d'Ottobre, Pr[...]

[...]re la collaborazione economica tra i lavoratori delle nazioni arretrate e quelli delle nazioni progredite (11). Nel 1925, Stalin lancia la parola d'ordine : « Bisogna proletarizzare le regioni coloniali », cioè svilupparne l'industria, creatrice d'un proletariato forte e cosciente, capace di trascinare le masse. Nelle zone d'influenza capitalista, gli stessi imperialisti sono condotti a sviluppare l'industria dei paesi da essi dominati, avviando così la liquidazione delle antiche strutture sociali e aiutando, loro malgrado, l'ascesa del proletariato. Così la crisi rivoluzionaria guadagna terreno nelle colonie.
Quali che siano i processi che hanno condotto a queste crisi nei vari paesi colonizzati, non si pub dire che, dal 1925 in poi, gli avvenimenti abbiano smentito i dottrinari della rivoluzione comunista. Attualmente, nei paesi colonizzati (sia d'Africa che d'Asia), noi stiamo infatti assistendo non già soltanto a un risveglio dei nazionalismi, ma alla loro violenta affermazione. V'è un'idea, d'altra parte, che s'è ormai bene affermata, ed è quella della fine dell'epoca coloniale almeno nella sua forma classica. Come osserva
(10) LENIN, B[...]

[...]anza di libertà
(12) V. ANDRÉ JULIEN, Impérialisme économique et impérialisme mondial, in « Chemins du Monde: Fin de I'ère coloniale? », 1948.
I COMUNISTI E LA LOTTA CONTRO IL COLONIALISMO 69
individuale, le questioni culturali. Degli spunti polemici che la situazione dell'Africa Nera offre a questa propaganda, ci si può fare un'idea esaminando le severe critiche rivolte alla situazione stessa da osservatori anche non impegnati politicamente. Così, J. A. Noon (13) nota che « gli europei, appropriandosi di vaste porzioni del continente, hanno limitato la quantità di terre di cui gli agricoltori indigeni possono disporre, ed hanno così costretto larghe masse indigene ad accettare ogni specie di lavoro senza possibilità alcuna di protestare per l'irrisorietà del compenso ». William Top (14) ci informa dei minimi salariali ufficiali (e la maggior parte dei lavoratori è realmente retribuita secondo questi minimi) stabiliti nei vari centri per una giornata lavorativa di otto ore : Dakar, Fr. 165; Bamako, Fr. 90; Conakry, Fr. 114; Abidjan, Fr. 100; Niamey, Fr. 60; Lome, Fr. 95. Questi minimi, come si vede, decrescono a misura che ci si spinge nell'interno del continente; essi non concernono, d'altra parte, che il lavoro stabile,[...]

[...]re, « Présence Africaine », n. 13, 1952.
(14) La valeur du travail des salariés africains, « Présence Africain », n. 13, 1952.
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nell'A.E.F., su 4 milioni, 150.000 (1949). Il resto della popolazione, che vive della terra, in un certo senso é ancora più esposto agli abusi dei coloni e dell'amministrazione (requisizioni, lavoro forzato).
Perché questa miseria? domanda il comunista. Il suolo e il sottosuolo africani sono dunque così poveri? Gl'indigeni così incapaci? Niente affatto. Cosa son venuti dunque a fare i bianchi in questi paesi? Nient'altro che a far danaro il più rapidamente possibile, per poi andarsene. Ciò che loro importa non è, perciò, di organizzare la produzione e di sviluppare razionalmente le ricchezze del paese. Come scrive il prof. Jean Dresch : « L'economia africana è ancora soprattutto un'economia di tratta » (15). L'europeo si contenta di drenare i prodotti, di ammassarli, e quindi di trasportarli dalla costa in Francia. In cambio, egli introduce nel paese degli oggetti fabbricati : cotonate, chincaglieria, sigarette, alc[...]

[...]ell'Africa occidentale, con interessi che fanno capo a Lione e in Isvizzera); le società bordolesi Maurel & Prom, Peyrissac, ecc., e le filiali del trust Unilever. Una delle conseguenze di questa « economia di tratta » è che le società commerciali interessate reinvestono una parte ridottissima dei loro benefici : ciò che esse cercano sono dei profitti immediati senza importante impiego di capitali, ed è per questo che la produzione industriale é così debolmente sviluppata in A.O.F. e in A.E.F. « Dei 27 miliardi di franchi investiti da privati nell'Africa Nera prima della guerra — nota il Dresch — ben 10,5 miliardi erano investiti in imprese commerciali, contro 4,9 miliardi nelle piantagioni, 3,383 in imprese industriali, e appena 2 nelle miniere n (16).
(15) V. Le colonialisme économique en Afrique Noire, « Le Musée Vivant u, n. 3637, Paris 1948.
(16) Les trusts en Afrique Noire, « Servir la France n, aprile 1949.
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Del resto, laddove esiste, l'industrializzazione non é concepita che in f[...]

[...]il carattere particolare che assume colà il colonialismo francese. Questo pub certo, all'occasione, assumere delle forme aggressive, ma la sua forma più generale é quella paternalista : forma non meno pericolosa delle altre. Il pregiudizio razziale, per esempio, non ha assunto nell'Africa Nera francese quegli aspetti patologici che ha potuto avere ed ha ancora negli U.S.A. Ma v'è una sufficienza occidentale che non val meglio, in fondo, della psicosi americana. Educato da sempre all'idea della sua incontestabile superiorità (superiorità di diritto divino o superiorità in nome della Ragione, perché la Ragione é bianca e il trascendente ha i colori temperati dell'IledeFrance), il bianco europeo ha per troppo tempo votato il negro al prelogismo, alla mentalità primitiva. Di questo atteggiamento resta ancora qualcosa : l'uomo bianco colto non sa che condiscendere. Quanto all'uomo della strada, esso conosce il negro attraverso una iconografia tramontata ma vivace
(17) V. PAUL VERGES, La question culturelle dans les pays coloniaux, «La Nouvell[...]

[...]usciti aggressività; essa non scatena tempeste affettive simili a quelle suscitate dagli ebrei e dagli staliniani; ma questi ultimi, almeno, sono presi sul serio : li si teme, li si invidia, e se alcuni vorrebbero vederli morti ciò significa che essi esistono. Il negro, ed è questa la sua maggiore disgrazia, non esiste veramente; come le cose sensibili dell'universo platonico, le quali non esistono che in quanto partecipi delle idee, sole reali, così il negro non ha che un'esistenza relativa alla bianca Idea. Ê un'ombra, e noi siamo il sole. Ne segue che, se il comportamento del negro non s'inquadra nelle categorie del nostro intendimento, non si tratterà d'impotenza nostra, ma di assurdità sua : non saremo noi ad essere accusati d'incomprensione, ma lui ad esser qualificato di « primitivo ». (Bisogna tuttavia osservare che diversi occidentali di mente più aperta hanno superato questo razionalismo dommatico, e lo stesso LevyBruhl, nei suoi Carnets, abbandona onestamente la sua idea circa il carattere prelogico della mentalità primitiva; m[...]

[...]E LA LOTTA CONTRO IL COLONIALISMO 73
Date le condizioni di dipendenza dell'africano, si capisce che la teoria ufficiale dell'« assimilazione » venga respinta dai più coscienti, e che i comunisti, dal canto loro, non vedano in essa niente altro che una mistificazione. Il contatto tra popoli diversi— scrive Aimé Césaire — é fecondo in se stesso, ma è funesto e impossibile nel quadro della colonizzazione, poiché colonizzare non è civilizzare, ma « cosificare », ridurre a oggetto, a cosa : assenza di contatti umani, « rapporto di dominazione e di sottomissione che trasforma l'uomo colonizzatore in sorvegliante, guardaciurma, aguzzino, e l'uomo indigeno in strumento di produzione » (19). Per il colonizzato in posizione di dipendenza, dunque, non potrà mai trattarsi di « assimilare », ma di essere assimilato, al che egli si rifiuta con tutte le sue forze.
I comunisti si oppongono anche alla nozione di « négritude », sviluppata da J. P. Sartre in uno studio intitolato « Orphée Noir » (20). Uno dei leaders del Rassemblement Démocratique Afri
([...]

[...]dio di Sartre:
Postulato fondamentale: il negro, proprio in quanto è negro, è « votato all'autenticità », e nelle sue rivendicazioni non potrà non tener conto della propria qualità di negro. Di qui i caratteri della sua presa di coscienza: urna presa di coscienza di razza, fondata mono sui caratteri obbiettivi della sua situazione (contrariamente a quanto accade per il proletariato bianco) che su certe qualità della sua anima: la « négritude ». Così il negro, negato dal bianco nella sua essenza più profonda, si vede costretto ad opporre al bianco stesso una più giusta visione della propria soggettività. E questa soggettività che si manifesta nella poesia negra; ed è la « négritude », ormai pensata più che vissuta — poiché il negro è passato per l'Inferno del mondo bianco, e non coincide più con se stesso — ad ispirare certi temi eternamente ricorrenti nella poesia negra: tali sono il tema dell'esilio, quello dell'Africa lontana, e quello — correlativo — del Ritorno al Paese Natale. Il canto dell'Esilio del poeta negro è quello di tutti i[...]

[...]dice molto forte nella coscienza africana. Nell'africano — ci dicono gli etnografi — l'idea del lavoro é legata a quella del prestigio : « Lo sforzo di chi coltiva, e quello di chi danza in occasione d'una cerimonia religiosa, non sono molto differenti, poiché dal corretto a
(27) V. Les Temps modernes, novembre 1951. D.O.C., Le procès des 400 noirs de Côte d'Ivoire.
I COMUNISTI E LA LOTTA CONTRO IL COLONIALISMO 77
dempimento di questi compiti così eterogenei risulterà per colui che li adempie uno stesso beneficio: godere del prestigio dell'« uomo buono » che ha saputo nutrire il prossimo coltivando o che ha saputo, danzando, suscitare delle forze che tendono anch'esse ad assicurare la sussistenza della collettività » (28). Non v'è, per il negroafricano, un individualismo del lavoro; egli lavora per il proprio gruppo, per la propria famiglia. Nel suo proprio ambiente, dunque, il lavoratore non è un individuo alienato da se stesso, che abbia da opporsi a qualcuno che lo impiega o che lo sfrutta : egli rende un servizio alla sua famiglia,[...]

[...]non più di 8.000 erano sindacati. Quanto ai programmi rivendicativi dei sindacati africani, essi riflettono — osserva P. Naville — due tendenze assai nette : in base alla prima, si esige la parità di trattamento con gli europei e l'accesso agli stessi diritti; in base alla seconda, si esige piuttosto il riconoscimento di diritti specifici degli africani, indipendentemente dalla situazione dei bianchi. Delle due tendenze, la più forte è la prima. Così la Con f érence des Travailleurs d'OutreMer della C.G.T, che ha avuto luogo a Parigi nel 1951, ha chiesto l'estensione ai territori africani degli statuti applicati in Francia a tutti i dipendenti dello Stato, come pure l'uguaglianza tra lavoratori europei e lavoratori coloniali per quanto riguarda le assicurazioni infortuni, gli assegni familiari e la Previdenza Sociale.
E certo che il capitalismo europeo, necessariamente condotto a industrializzare i paesi d'oltremare, non potrà neppure impedire lo sviluppo del sindacalismo africano, la sua organizzazione e il formarsi della nuova coscienz[...]

[...]ra esemplare, non superano il ristretto cerchio di quei giovani intellettuali attualmente tagliati fuori dal loro ambiente. L'avvenire dell'Africa Nera francese potrà dunque esser segnato dalla loro presenza, ma é sulle basi determinanti dell'industrializzazione e della lotta sindacale che quest'avvenire sembra prepararsi più sicuramente.
JACQUES HOwLETT
dei suoi capi. Ma la base tenne fermo e, alle elezioni del 1950, il successo del C.P.P. fu cosí vasto da preoccupare il Colonial Office, che fu costretto a liberare N'Krumah — ormai divenuto eroe popolare — ed a tollerarne la presenza alla presidenza del governo della Costa d'Oro.



da (Comunismo e occidente, 3°) Benno Sarel, Proletariato e ordine democratico popolare nella Germania Orientale in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 5 - 1 - numero 8

Brano: [...]kument der SED, T. II, pag. 289). La situazione sembra particolarmente grave a Lipsia, vecchia città socialista, ove, secondo il rapporto del segretario del partito, si è svolta una lotta efficace contro l'ideologia schumacheriana, ma dove si é avuta «una eccessiva tolleranza verso le argomentazioni di apparenza radicale e rivoluzionaria ». (Neues Deutschland del 7.12.49). Nel 1949 il
SENNO SAREL PROLETARIATO E ORDINE DEMOCRATICO POPOLARE 167
Così nel corso di questa tappa, la lotta per le rivendicazioni suscita la rinascita di una vita ideologica e di un inizio di organizzazione operaia indipendenti. Essa utilizza gli elementi esistenti, e l'eredità del passato sì rivela grande. Ma le condizioni del presente sono dure ed allo stesso tempo sconcertanti: tuttavia nella lotta operaia, elementare, si sente una grande ricchezza.
La tappa del 1951
Nel 1951, quando la questione delle norme torna a riproporsi in modo acuto, la lotta operaia riprende su un altro piano e con nuovi mezzi. La cornice é, questa volta, l'accordo collettivo di imp[...]

[...]. Parallelamente, i piccoli gruppi che si formano dopo le riunioni, allo spaccio, nel laboratorio, nel treno, tendono a consolidarsi e prendono talora il carattere di vere e proprie organizzazioni. Gli accordi collettivi pesano, ma per la prima volta gli operai saggiano il limite delle forze del regime : spesso essi riescono a modificare gli accordi ed in molte imprese, come nella Leuna e nella Zeiss, essi li respingono per tre o quattro volte.
Così come la norma, l'accordo collettivo é allo stesso tempo una categoria economica e politica: le discussioni politiche rinascono. Certo, esse non vengono condotte fino in fondo più di quanto lo fossero nel 1949 ma, come l'azione e l'organizzazione operaia, anche la vita ideologica si innalza e si svolge in un quadro ed in una atmosfera che diventa quella dell'offensiva.
partito decide di estendere il fronte nazionale fino agli « antichi funzionari, soldati, ufficiali e generali della « Wehrmacht », cosí come agli ex nazisti. Anche a questo proposito il pericolo é additato a sinistra: « Il prim[...]

[...]po una categoria economica e politica: le discussioni politiche rinascono. Certo, esse non vengono condotte fino in fondo più di quanto lo fossero nel 1949 ma, come l'azione e l'organizzazione operaia, anche la vita ideologica si innalza e si svolge in un quadro ed in una atmosfera che diventa quella dell'offensiva.
partito decide di estendere il fronte nazionale fino agli « antichi funzionari, soldati, ufficiali e generali della « Wehrmacht », cosí come agli ex nazisti. Anche a questo proposito il pericolo é additato a sinistra: « Il primo pericolo ed il maggiore é attualmente la ristrettezza settaria... che si esprime attraverso al fronte nazionale... con il rifiuto di collaborare con elementi patriottici non appartenenti al popolo lavoratore... » (Dokument der SED, T. II, Berlino 1950, pag. 344 e 354).
168 COMUNISMO E OCCIDENTE
La rivolta del 1953
Nel luglio 1952 il Congresso del partito adotta la politica che é conseguenza del riarmo ufficialmente annunciato: una politica dura, spartana, nella quale la produzione non produttiva ve[...]

[...] Berlino 1950, pag. 344 e 354).
168 COMUNISMO E OCCIDENTE
La rivolta del 1953
Nel luglio 1952 il Congresso del partito adotta la politica che é conseguenza del riarmo ufficialmente annunciato: una politica dura, spartana, nella quale la produzione non produttiva verrà immensamente accresciuta, nel momento stesso in cui forze giovanili vengono distolte dalla produzione. Nel suo rapporto, di ritorno dal 19° Congresso bolscevico, Walter Ulbricht così definisce questa politica : massima economia, produttività accresciuta, revisione delle norme (Neues Deutschland 23.11.52). Da ora in poi questo tema ritorna ogni giorno: le norme in vigore non corrispondono più al livello tecnico raggiunto; esse vengono sorpassate con troppa facilità.
Il 18 gennaio 1953 il Ministro per l'industria pesante Selbmann, pubblica un importante articolo nell'organo centrale del partito. Egli vi riprende il tema delle economie e delle nuove norme. Cita come esempio gli specialisti sovietici presenti nella Germania Orientale. Preconizza con energia l'applicazione de[...]

[...]ietici di lavoro.
Nella edilizia la situazione é allo stesso tempo migliore e più tesa che altrove. Gli operai edili sono pagati meglio della maggior parte dei loro colleghi: essi hanno una vecchia tradizione sindacale la quale ha imbevuto del proprio spirito il nuovo sindacato costituito nel 1945. Rudolf Kirchner, vicepresidente del Consiglio Confederale, in occasione del terzo Congresso sindacale nel 1950, attacca la direzione dell'edili
(8) Così il «Movimento dei dieci minuti u consiste nel giungere sul lavoro 10 minuti prima dell'inizio, per preparare tutto. Il sistema della manutenzione delle macchine di Nina Nasarova, quale viene applicato nella Germania Orientale, consiste soprattutto nell'effettuare i lavori di manutenzione dopo finita la giornata di lavoro.
BENNO SAREL PROLETARIATO E ORDINE DEMOCRATICO POPOLARE 169
zia. Egli cita il caso di uno dei dirigenti il quale, invece di propagan dare l'affermazione corrente « il vero aumento dei salari sarà il risultato del sorpassamento del piano » proclama : « Noi non abbiamo più n[...]

[...]a giornata di lavoro.
BENNO SAREL PROLETARIATO E ORDINE DEMOCRATICO POPOLARE 169
zia. Egli cita il caso di uno dei dirigenti il quale, invece di propagan dare l'affermazione corrente « il vero aumento dei salari sarà il risultato del sorpassamento del piano » proclama : « Noi non abbiamo più nessun diritto. Non abbiamo più accordi collettivi. Abbiamo oggi delle ordinanze come sotto il fascismo ». E Rudolf Kirchner commenta : « Quando si parla così, non si sa più dove comincia e dove finisce il sinistrismo ed il trotskismo » (9).
L'anno, seguente è Gerhard Ziller, Ministro per la costruzione delle macchine, che torna alla carica contro il sindacato dell'edilizia dichiarando davanti alla VI sessione del Comitato Centrale del partito: « Nel campo dell'edilizia la situazione é tale che il comitato federale del sindacato ha pubblicato, nel maggio 1949, un elenco di norme nelle quali si è partiti dall'idea che il rendimento deve essere abbassato rispetto all'anteguerra, il che non é minimamente giustificato... il risultato é che gli operai [...]

[...]ti, con gli operai dei cantieri, con quelli che sgomberano le rovine.
resse. Tuttavia l'industria edilizia lavora in perdita, e l'amministrazione ripropone il problema delle norme. Come sempre in questi casi, l'iniziativa viene presa dagli attivisti (stakanovisti) e dai capisquadra, per principio fedelissimi al regime. All'isolato n. 16, dal quale il movimento ha inizio, sono i capisquadra Semm e Faust. La Neues Deutschland del 26.1.52 descrive così l'atmosfera del loro cantiere: (i capisquadra) «...furono insultati dai loro colleghi: guastasalari! gli gridano gli operai. minacciandoli, vedrete se vi faremo passare queste ubbie ». In occasione di una festa del cantiere si venne alle mani. « Qualche operaio rimasto a concezioni arretrate » riferisce la Neues Deutschland, molestò i capisquadra.
Durante tutto il 1952, nell'edilizia, viene condotta una piccola guerra per l'aumento delle norme. « Proprio nell'edilizia — scrive la Neues Deutschland del 10.2.52 — esiste tutta una serie di operai che non considera ancora l'impresa come propriet[...]

[...] nell'edilizia, viene condotta una piccola guerra per l'aumento delle norme. « Proprio nell'edilizia — scrive la Neues Deutschland del 10.2.52 — esiste tutta una serie di operai che non considera ancora l'impresa come proprietà del popolo, come impresa loro propria, e nuocciono al loro stesso interesse tentando... con ogni sorta di inganni, di ricavare il più possibile... ». Il giornale del partito dello stesso giorno spiega questo atteggiamento così: « ...la vecchia concezione nata nelle condizioni della lotta di classe degli operai edili contro gli imprenditori capitalisti, concezione adesso sorpassata e ritardataria ». Allo stesso tempo il partito mette in evidenza i casi di cantieri edili che corrispondono salari molto elevati, li presenta come elementi nocivi all'interesse generale, e tenta di infondere loro una cattiva coscienza e di isolarli dalla massa operaia. Così : « ...la squadra dei carpentieri della Weberwiese (piazza della Stalinallee) si é arrangiata per riscuotere dei salari che essa non é in grado di giustificare né di fronte a se stessa, né di fronte all'impresa, né di fronte agli operai berlinesi ».
Una espressione spesso ripetuta, tanto nelle discussioni in cantiere quanto nella stampa (per es. Neues Deutschland del 23 febbraio, 18 marzo, 23 marzo 1952 ecc.) é quella di « Normenschaukelei », qualcosa come ciurlare nel manico per ciò che concerne le norme, e « mercanteggiare le norme » allo stesso tempo. L'operaio si accorda col delegato sin[...]

[...]to degli operai penetra nella sfera dirigente e provoca i deviazionismi, cancro del regime.
Anche un altro tentativo del regime si infrange, il più delle volte, di fronte alla rinascente solidarietà operaia. Nell'edilizia, era tradizionale il lavoro a cottimo di squadra : si tenta di sostituirlo col « contratto di squadra » (15) il quale tende a ricompensare quanto più possibile il rendimento singolo di ciascun membro della brigata facendo leva cosí sull'individualismo dell'operaio.
Il 1953, che si preannuncia molto duro, si inizia su queste premesse. Nel 1952 l'edilizia ha incontrato una perdita di 33 milioni di marchi, invece del previsto utile di 40 milioni (16). Durante i primi due mesi del 1953, la perdita é di 3,8 milioni (17). In maggio, Heinrich Rau, presidente della Commissione di pianificazione; getta l'allarme : durante il primo trimestre dell'anno l'edilizia ha realizzato soltanto il 77% del piano, ma durante lo stesso periodo i salari sono cresciuti del 23% (18): é ben difficile chiudere dentro un piano la vita di un Paese [...]

[...] metodi di lavoro russi e polacchi sui metodi tedeschi. Già nel 1951 il Consiglio
(20) Neues Deutschland 14.6.1953. Vorwärts 8.6.1953, Neues Deutschland 5.6.1953.
174 COMUNISMO E OCCIDENTE
Confederale aveva dichiarato: «gli attivisti polacchi additano ai loro colleghi tedeschi tutta una serie di deficienze... E accaduto che gli operai edili della Repubblica Democratica Tedesca non hanno subito afferrato le lezioni degli operai edili polacchi. Così pure si rivelano segni di suscettibilità nazionale... » (21). Walter Ulbricht invia alla conferenza dell'edilizia dei 6 giugno un telegramma nel quale dichiara: «Non viene prestata sufficiente attenzione allo studio dei metodi di costruzione sovietici... Dovete riuscire a migliorare la vostra esperienza di produttori attraverso ad un serio studio della letteratura sovietica nel campo dell'edilizia » (22). Contemporaneamente il Consiglio Confederale condanna la rivista dell'edilizia di BerlinoEst Costruzione e Pianificazione, la quale pubblica « su intere colonne » resoconti della letteratura [...]

[...]ri della direzione dei cantieri della Stalinallee, si può leggere
(24) Junge Welt del 6 maggio 1953, giornale dell'organizzazione ufficiale della gioventù.
BENNO SAREL PROLETARIATO E ORDINE DEMOCRATICO POPOLARE 179
la notizia che gli operai di BerlinoOvest hanno vinto, che essi hanno imposto alle imprese l'accettazione di 22 dei 28 punti richiesti, che riuniti in assemblea generale hanno deliberato a maggioranza la cessazione dello sciopero, così come ne avevano votato la proclamazione. E che fra i punti sui quali hanno ottenuto soddisfazione é compreso l'impegno a non applicare sanzioni per lo sciopero.
Il 15 giugno scoppia uno sciopero in un cantiere periferico del settore orientale. La polizia interviene ed arresta gli « agitatori ». Gli operai mandano una delegazione ai cantieri della Stalinallee. La mattina del 16, si formano capannelli di operai che discutono. Nei cantieri piccoli e in quelli privati la forza del regime è minore e le norme non sono state aumentate. Vero é che, fino ad allora, vi si guadagnava meno che nei grand[...]

[...]d i rapporti sono seguiti dal silenzio.
Di pari passo con la repressione, il Governo continua ad adottare misure destinate a migliorare il livello di vita dei lavoratori: ribassi sensibili dei prezzi nei magazzini liberi; ribasso delle imposte sui salari; aumento del numero dei giorni di ferie; miglioramento della qualità delle merci ecc. ecc. Questi provvedimenti vengono accompagnati da una propaganda di tono paternalistico che può riassumersi cosí: « Il regime vi dà questi vantaggi; é il vostro regime; quanto più lo sosterrete tanto più rapidamente la vostra situazione migliorerà ».
Il 10 ,dicembre il governo pubblica un'ordinanza che porta altri notevoli miglioramenti agli operai: il miglioramento della sicurezza del lavoro e delle cure mediche in fabbrica, la limitazione del numero delle ore straordinarie, il miglioramento dei trasporti per gli operai, l'aumento delle paghe, i crediti per la costruzione di alloggi. Bisogna tuttavia tener conto che si trattta di miglioramenti che partono da un livello molto basso: che, per esempio, p[...]

[...]zione. Walter Ulbricht invita a venire nella Repubblica Democratica tedesca delle delegazioni di contadini della Germania Occidentale.
Rivolgendosi agli imprenditori privati delle città Walter Ulbricht constata che i piccoli imprenditori e gli artigiani rappresentano all'incirca il 20% della produzione industriale del paese. Il loro peso sociale
pera sproporzionato a questa cifra : il solo artigianato impiega 700.000 uomini. Anche per costoro, così come per i contadini privati, Ulbricht non fa piú questioni di espropriazione, e neanche di vantaggi particolari, come era il caso nel giugno 1953. Ulbricht promette agli imprenditori privati una certa libertà di iniziativa e degli sbocchi sicuri per la loro produzione, dichiarando allo stesso tempo che « il potere statale della repubblica democratica tedesca si appoggia sul blocco dei partiti democratici antifascisti », ossia il S.E.D. ed i partiti borghesi liberaldemocratici e cristianodemocratici. Il discorso è indubbiamente rivolto
BENNO SAREL PROLETARIATO E ORDINE DEMOCRATICO POPOLARE [...]

[...]lbricht propone insomma agli imprenditori privati una specie di mercato che potrebbe tosi definirsi: « Voi non sarete molestati nella vostra attività, ma non tentate di riprendere la vostre antiche posizioni; lavorate e quando è il caso siate testimoni della pace che regna nel paese ». Rivolgendosi poi agli operai, Walter Ulbricht cambia tono e tiene un linguaggio diverso. I cinque o sei quarti d'ora del suo discorso dedicati agli operai possono così riassumersi: « Lavorate con accanimento, il paese vi appartiene, tutte le strade vi sono aperte. Entrate nell'apparato dello Stato, nelle commissioni economiche, salite nella scala sociale: 10 ministri su 20 sono degli ex operai, così come lo sono 2.300 consiglieri generali, circa i due terzi del totale... ». Con questo Ulbricht intende risolvere il dilemma più grave del regime, che consiste nel non poter distaccarsi dagli operai né fidarsi di loro. Ecco l'eufemismo che Ulbricht adotta per citare la dura lotta svoltasi durante la scorsa estate intorno all'aumento delle norme: « E noto che lo scorso anno si è discusso su questioni attinenti alle norme di lavoro ». Questa di Ulbricht non é affatto la politica dello struzzo, ma un atteggiamento coerente davanti al mondo delle fabbriche che potrebbe così riassumersi: invitare [...]

[...]ma più grave del regime, che consiste nel non poter distaccarsi dagli operai né fidarsi di loro. Ecco l'eufemismo che Ulbricht adotta per citare la dura lotta svoltasi durante la scorsa estate intorno all'aumento delle norme: « E noto che lo scorso anno si è discusso su questioni attinenti alle norme di lavoro ». Questa di Ulbricht non é affatto la politica dello struzzo, ma un atteggiamento coerente davanti al mondo delle fabbriche che potrebbe così riassumersi: invitare i più dotati fra gli operai a salire nella scala sociale ed a integrarsi nell'apparato statale; appoggiarsi su questo apparato di origine operaia per dimostrare a tutti i lavoratori che lo stato é loro e per isolare gli oppositori del regime.
Il problema della produzione agricola ha avuto un posto di rilievo nel rapporto di Ulbricht. Il segretario generale ha fatto suo con questo le preoccupazioni del comitato centrale dell' URSS, seguendo gli esempi dei congressi dei partiti degli altri paesi di democrazia popolare tenutisi negli ultimi mesi. Vi é tuttavia una differen[...]

[...]a virtù. Perciò Ulbricht annuncia come una vittoria al Congresso che il numero degli altiforni del Kombinat di Calbe é di 10 e sarà portato a 20. È da notare che questi altiforni sono i soli in tutto il mondo che funzionano a lignite (la Germania Orientale non produce antracite) il che rappresenta un successo tecnico. Ma,. fatto tipico in una economia ripiegata su se stessa, il reddito di questa impresa non sembra essere preso in considerazione. Cosi Ulbricht poteva annunziare al Congresso che l'insieme della produzione industriale ha raggiunto nel 1953 il 176% del livello del 1936. Che la metallurgia pesante e la produzione di energia ha raggiunto il 200%, mentre la costruzione delle macchine è al 215%, senza che con ciò il livello di vita della popolazione sia aumentato di altrettanto. Significa ciò che il nuovo corso é definitivamente condannato ? No. Ulbricht annuncia che nel 1954 verrà stanziato un miliardo di marchi di crediti fuori piano per l'agricoltura e per l'industria leggera. L'economia della Germania Orientale sembra disporr[...]



da (Mito e civiltà moderna) Diego Carpitella, I «primitivi» e la musica contemporanea in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 3 - 1 - numero 37

Brano: [...] lá di una proposta di analisi dei rapporti tra musica contemporanea e musica dei « primitivi » : un'analisi che coinvolga non solo gli aspetti tecnicolessicali ma anche quelli storicoculturali (estetici, psicologici, sociologici, etnologici, religiosi) per cui la musica viene immessa in una visione piú ampia, relativa all'attuale condizione umana. Il « primitivo » e « barbarico » in musica, lo si deve intendere genericamente, nel senso di fauve così come é stato attribuito alla pittura, o meglio come Cocteau lo attribuì a Strawinsky a proposito de Le Sacre du printemps (2); in particolare si deve intendere come l'utilizzazione, da parte della cultura eurobianca occidentale, della musica dei popoli primitivi, di alcune specie di musica orientale e quindi di un certo tipo di folklore arcaico (3). Con « primitivo » nella musica contemporanea s'intende inoltre una particolare Weltanschauung
(1) Cfr. R. VLAD, Asemanticità della musica in Modernità e tradizione nella musica contemporanea (Torino, Einaudi, 1955), pp. 3344. Per un accenno sul «[...]

[...]ico in sé esatto e selettivo. In contrasto con le manifestazioni dell'ideologia nazista del Blut und Boden (« Sangue e terra »), la musica realmente etnica — il cui materiale, di per sé facile e corrente, é organizzato in modo ben diverso da quello occidentale — possiede una potenza di estraniazione che la accomuna all'avanguardia e non alla reazione nazionalistica, e viene in certo modo in aiuto dal di fuori alla critica immanente della cultura così come essa si palesa nella musica radicale moderna. La musica ideologica del Blut und Boden é invece sempre affermativa e si tiene legata alla « tradizione »: mentre la tradizione di qualsivoglia musica ufficiale é sospesa nella dizione musicale di Janacek che imita il linguaggio parlato proprio nel bel mezzo di tutti gli accordi perfetti ».
(7) A proposito della utilizzazione « esotica » di scale cinesi, giapponesi, giavanesi, indios e di spirituals negri, e relativa orchestrazione cfr. Mosco GARNER, The exotic element in Puccini in The Musical Quarterly (January, 1936, pp. 4567). Per il fun[...]

[...] i caratteri « wilden » (selvaggi) degli espressionisti sono rintracciabili più facilmente sul piano psicologico e psicanalitico, nonostante la « parvenza » razionale che é propria della dodecafonia.
Ma seguiamo l'Adorno in alcuni passi relativi al « primitivismo » di Strawinsky (11). A proposito de Le Sacre:
p. 145 ... « Nonostante tutto il contrasto stilistico tra il primo balletto (Petruska) ammannito gastronomicamente, e l'altro (Le Sacre) cosí tumultuoso, entrambi hanno in comune il nucleo, il sacrificio antiumanistico alla collettività... Questo motivo, che determina totalmente la condotta della musica, lascia l'involucro giocoso di Petruska per presentarsi ndl Sacre con una gravità sanguinosa. Appartiene agli anni in cui si incominciavano a chiamare "primitivi" i selvaggi, alla sfera di Frazer, e di LévyBruhl, e
Danza degli adolescenti Il gioco del ratto Cortei primaverili Gioco delle città rivali Corteo del saggio Danza della terra II Parte: Introduzione Cerchi misteriose degli adolescenti Glorificazione dell'eletta E[...]

[...] primitivo » è applicabile soprattutto alle opere del «periodo russo », e cioè: Uccello di fuoco, Petruska, Sagra della primavera, Il Re delle stelle, Tre poesie della lirica giapponese, Ricordi della mia infanzia, Berçeuses du chat, Soucoupes, Storie per bambini, Quattro canti russi, Le rossignol, Renard, L'Histoire du soldat, Mavra, Le nozze. A proposito di quest'ultime cfr. R. VLAD, Strawinsky (Torino, Einaudi, 1958) le scene delle Nozze sono così divise: La treccia, La benedizione dei genitori, Partenza della sposa e lamento dei genitori, Banchetto nuziale e veglia dei genitori dinanzi alla camera dei giovani. Scrive Vlad, sulla partitura: « Questa si basa sull'impiego di quattro pianoforti e su di un nutrito gruppo di batteria comprendente: quattro timpani, xilofono, campane, due casse rullanti, due tamburi militari, tamburo basco, grancassa, piatti, triangolo e due crotali... Ma questa trascinante, festosa, a volte orgiastica esuberanza non nasconde, ma rivela per contrasto un sottofondo tragico. E come se gli uomini che partecipano[...]

[...]tura: « Questa si basa sull'impiego di quattro pianoforti e su di un nutrito gruppo di batteria comprendente: quattro timpani, xilofono, campane, due casse rullanti, due tamburi militari, tamburo basco, grancassa, piatti, triangolo e due crotali... Ma questa trascinante, festosa, a volte orgiastica esuberanza non nasconde, ma rivela per contrasto un sottofondo tragico. E come se gli uomini che partecipano a quei riti cantassero, anzi, gridassero così forte per sopraffare il senso di dolore e di angoscia che essi provano in fondo al cuore » (p. 87).
I « PRIMITIVI » E LA MUSICA CONTEMPORANEA 117
anche a quella di Totem e tabù. Non si voleva affatto in Francia contrapporre in tal modo al progresso il mondo preistorico: ma piuttosto si "indagava" questo distacco positivistico assai adatto alla distanza che la musica di S. conserva dagli orrori che avvengono sulla scena e che essa accompagna senza commenti: "Ces hommes crédules — scriveva Cocteau con buone intenzioni illuministiche e con una certa benignità a proposito della gioventù preist[...]

[...]" questo distacco positivistico assai adatto alla distanza che la musica di S. conserva dagli orrori che avvengono sulla scena e che essa accompagna senza commenti: "Ces hommes crédules — scriveva Cocteau con buone intenzioni illuministiche e con una certa benignità a proposito della gioventù preistorica del Sacre — s'imaginent que le sacrifice d'une jeune fille élue entre toutes est necessaire à ce que le printemps recommence". La musica dice: cosi stanno le cose e come Flaubert nella Madame Bovary non prende posizione. L'orrore viene osservato con un certo compiacimento, non trasfigurato, ma rappresentato senza mitigazioni... » (12).
Ancora sulla struttura di alcuni passi del Sacre:
p. 150 ... « A volte si tratta di una scelta limitata dai dodici suoni, all'incirca come nella pentatonia, quasi che gli altri suoni fossero un tabù e non potessero esser toccati: si può ben pensare, nel caso del Sacre, a quel délire de toucher che Freud riconduce al tabù dell'incesto... ».
Da questo senso di tabù deriva « una certa torbidità sia nel col[...]

[...] principio stilistico: delle sue opere principali solo le Noces accolgono ancora una volta il folklore, con formulazioni assai meno arrendevoli che nel Sacre. Strawinsky scava in cerca dell'autenticità nella compagine stessa e nel disfacimento del mondo di immagini dell'arte moderna. Freud ha insegnato che esiste una connessione tra la vita psichica del selvaggi e dei neurotici (13): orbene il compositore disdegna i selvaggi e si attiene a
(12) Così prosegue Adorno: « Il Sacre non si sarebbe potuto eseguire nel terzo Reich dalle innumerevoli vittime umane: e chiunque osava ammettere direttamente nell'ideologia la barbarie della prassi, cadeva in disgrazia. La barbarie tedesca — era forse stata questa l'idea di Nietzsche — avrebbe, senza menzogne, sradicato insieme con l'ideologia, la barbarie stessa. Nonostante ciò l'affinità del Sacre con il suo modello é incontestabile, e così il suo gauguinismo, le simpatie del suo autore che, come riferisce Cocteau, sbalordiva i giocatori di Montecarlo mettendosi i gioielli di un sovrano negro » (Le coq et l'Arlequin, op. cit.). Sulla degenerazione del primitivismo in barbarie cfr. l'introdu clone di R. Bianchi Bandinelli a Frobenius, Storia delle civiltà africane (Torino, Einaudi, 1958, 2a ediz.).
(13) S. FREUD, Totem e tabù, op. cit.
118 DIEGO CARPITELLA
ciò di cui l'esperienza dell'arte moderna è sicura, cioè a quell'arcaicità che costituisce lo strato profondo dell'individuo e che si affaccia nuovamente nella sua decomposi[...]

[...]efrenica, che non si interessa dell'espressione, corrisponde passività anche dove la musica di S. presenta un'attività senza sosta: il suo comportamento ritmico è in tutto assai vicino allo schema delle condizioni catatoniche. In certi schizofrenici il fatto che l'apparato motorio diventa autonomo conduce, dopo il disfacimento dell'io, a ripetere senza fine determinati gesti e parole: qualcosa di simile si conosce già in persone colpite da choc. Così la musica da choc di Strawinsky sta sotto la coazione a ripetere, e la coazione continua a sua volta a intaccare ciò che si ripete. La conquista di regioìli già musicalmente vergini, come ad esempio l'ottusità animalesca riscontrabile nel Soldato, è dovuta a questa vena catatonica, che non giova solo all'intento caratterizzatore, ma contagia lo stesso decorso musicale ».
p. 188 ... « L'involuzione del soggetto in essere primordiale diviene possibile in quanto gli viene amputata la presa di coscienza di se stesso, la memoria. Il fatto che il Soldato finisca proscritto nel dominio di ciò che è[...]

[...]emitono » (VLA», Straw., op. cit., p. 64).
I K PRIMITIVI » E LA MUSICA CONTEMPORANEA 121
sia generalmente mai un primitivismo di imitazione, ma si debba sempre considerare la presenza di un'entità fauve. Ecco come egli stesso scrive nelle Cronache della mia vita, sul Ragtime per li strumenti, composto nel 1918:
«... sebbene di modeste dimensioni (quest'opera) è significativa per l'interesse che provavo allora per il jazz, venuto fuori in modo così dlamoroso subito dopo la fine della guerra. Dietro mia richiesta, mi era stato spedito un mucchio di queste musiche che mi entusiasmarono e per la freschezza e il taglio ancora sconosciuto del loro metro: linguaggio musicale che rivela con evidenza la sua origine negra. Tali impressioni mi suggerirono l'idea di disegnare un ritrattotipo di questa nuova musica da ballo, attribuendogli l'importanza di un pezzo da concerto, come in altri tempi i
contemporanei avevano fatto nei confronti del valzer, della mazurka, ecc. » (19).
Si può dire, in effetti, che in Strawinsky il primitivismo di strutt[...]

[...]egra. Tali impressioni mi suggerirono l'idea di disegnare un ritrattotipo di questa nuova musica da ballo, attribuendogli l'importanza di un pezzo da concerto, come in altri tempi i
contemporanei avevano fatto nei confronti del valzer, della mazurka, ecc. » (19).
Si può dire, in effetti, che in Strawinsky il primitivismo di struttura è reso fondamentalmente da una particolare utilizzazione di elementi diatonici, eterogenei si, ma tradizionali, cosicché il primitivismo psicologico (sotto molti aspetti esplicito) si fonda su un materiale c storico ». Negli espressionistidodecafonici, invece, il primitivismo psicologico appare nell'esaltazione dell'inconscio attuale, mentre quello di struttura, nonostante l'apparente razionalizzazione del materiale, risulta destorificato.
Nell'introdurre la sua Storia della dodecafonia (20), Roman Vlad molto opportunamente ricapitola le cc varie fasi del divenire storico della civiltà musicale europea » passando in rassegna i diversi sistemi musicali che si sono succeduti nel tempo. Dal tetracordo del sis[...]

[...]oppiamento all'unissono, all'ottava, alla quarta e alla quinta si passa nel Duecento, ad un accoppiamento secondo le terze (evitando le dissonanze di seconda o di settima, che dovevano invece essere « preparate »). « Tutte le successive fasi dello sviluppo della musica europea saranno caratterizzate dal graduale e continuo spostamento del limite di dissonanza e dalla conseguente ammissione di entità sonore sempre più complesse (p. 8). Si arrive, così, nel Rinascimento, alla concezione armonica della musica, quando il « tessuto polifonico si raggrumò in accordi » (p. 9) e quindi all'accordo perfetto (di terza e quinta) che « diventò la base del tradizionale sistema armonico tonale. La sua crescita organica segna le tappe della storia dell'armonia da Monteverdi a Ravel. All'accordo di quinta Monteverdi aggiunge la settima e la nona, Schubert e Weber introducono, poi, la undicesima, Ravel infine, adoperando su larga scala l'accordo di tredicesima, porta all'estremo le possibilità di creare nuovi accordi nell'ambito della scala diatonica » (p[...]

[...]ndere più note di nome diverso ma di eguale suono, cosa che era impossibile partendosi dagli intervalli naturali », p. 9). A questo processo contribuirono notevolmente le scuole nazionali folkloriche so prattutto dei paesi scandinavi, slavi, balcanici, iberici. Vi fu anche l'utilizzazione di un certo tipo di folklore da parte di musicisti colti come Debussy, Ravel, Busoni e quindi i musicisti italiani della generazione dell'80 (22). « Si diffuse così il concetto di una nuova modalità, caratterizzata dall'uso di modi analoghi a quelli antichi dei Greci o anche liberamente inventati nell'ambito dello spazio dei dodici suoni. Busoni... additò la possibilità di costruire ben 113 diverse scale diatoniche di sette suoni » (p. 10). In questa situazione Schoenberg attua il totale cramatico atonale (o anche pantonale, o libera dissonanza) per poi approdare
(21) R. LEIBOWITz, Introduction à la musique de douze sons (Parigi, Ed. L'arche, 1949).
(22) Per musicisti della generazione dell'80, si intendono Casella, Malipiero, Respighi, Pizzetti, Alfan[...]

[...] di particolari strumenti (in special modo la percussione) (40).
Fondamentalmente il mito del primitivismo di struttura avviene quando si crede che alcune di queste caratteristiche morfologiche strutturali possono essere « riprodotte » da alcuni dati storici: il timbro, lo stile o il particolare tipo di emissione della voce; la funzionalità sociale e rituale che la musica primitiva ha, e quindi una sua particolare essenza emotiva e « reale »; e così via. In altri termini questi fattori morfologicostrutturali tenderebbero a destorificarsi non appena detratti dalla loro realtà storica. In effetti, per quanto destorificante possa essere la detrazione, tuttavia molti elementi obiettivi permangono: soprattutto nella musica per i suoi attributi asemantici (da cui una maggiore « commercializzazione » del primitivo nella musica a di consumo n — jazz o musica leggera — che nelle altre arti « di consumo »).
L'effettiva entità dei rapporti tra musica primitiva e musica contemporanea è da considerare anche in questo senso. Li dove vi sarà una conve[...]

[...]Strawinsky appare dunque più esplicito per la convergenza del primitivismo psicologico con quello di struttura; nella dodecafonia espressionista questa convergenza è meno evidente, e ancora meno poteva apparire nel saggio di Adorno Schoeneberg e il progresso. Tuttavia alcune affermazioni fatte dall'Adorno nel famoso saggio su Strawinsky, sono oggi, allo stato attuale della musica, reversibili sui « radicali » continuatori della dodecafonia (42). Così scrive acutamente il Rognoni nella introduzione alla Philosophie der neuen Musik: « Per quanto riguarda poi il ritorno alla « materia sonora » affermato da alcuni giovani postweberniani, esso arrischia di apparire più che mai soggetto all'alienazione e proprio nel senso che Adorno aveva indicato nel presente saggio su Strawinsky. La spinta verso la ricerca di una autenticità si manifesta infatti nelle prime opere del compositore russo con « la rinuncia ad ogni psicologismo e la riduzione al puro fenomeno ». Così Strawinsky mirerebbe a ricercare l'essenza della musica quasi « in un diretto con[...]

[...]e der neuen Musik: « Per quanto riguarda poi il ritorno alla « materia sonora » affermato da alcuni giovani postweberniani, esso arrischia di apparire più che mai soggetto all'alienazione e proprio nel senso che Adorno aveva indicato nel presente saggio su Strawinsky. La spinta verso la ricerca di una autenticità si manifesta infatti nelle prime opere del compositore russo con « la rinuncia ad ogni psicologismo e la riduzione al puro fenomeno ». Così Strawinsky mirerebbe a ricercare l'essenza della musica quasi « in un diretto contatto con la materia prima della musica »; la sua si atteggia come « una tecnica di assaggi permanenti » essenzialmente immersa nella materia in sé; e la musica strawinskiana risuonerebbe come vibrazione fisiologica che « non conosce il ricordo e perciò nemmeno la continuità temporale: essa decorre in riflessi ». V'è da rimanere sbalorditi nel ritrovare una coincidenza così puntuale tra le affermazioni difensive di alcuni ambienti postweberniani e queste definizioni del primo Strawinsky. Poiché l'« io non può es[...]

[...]winsky mirerebbe a ricercare l'essenza della musica quasi « in un diretto contatto con la materia prima della musica »; la sua si atteggia come « una tecnica di assaggi permanenti » essenzialmente immersa nella materia in sé; e la musica strawinskiana risuonerebbe come vibrazione fisiologica che « non conosce il ricordo e perciò nemmeno la continuità temporale: essa decorre in riflessi ». V'è da rimanere sbalorditi nel ritrovare una coincidenza così puntuale tra le affermazioni difensive di alcuni ambienti postweberniani e queste definizioni del primo Strawinsky. Poiché l'« io non può essere salvato » (Mach), almeno come esso si manifesta in un certo tipo di arte occidentale, dalla sua negazione subentra il livellamento collettivo; e Strawinsky viene proprio interpretato come l'ultimo anello di un processo che aveva mirato al rinnovamento mediante il ritorno alle origini. La regressione nella storia, oltre la storia, è una ideologia che nasce col Romanticismo: « Il primo romanticismo era legato al Medioevo, Wagner al politeismo germanico[...]

[...]ari ridotta a quattro o cinque note, staccate o tenute non importa, ma perfino completamente « rivoltata », capovolta, senza per questo smarrire le sue caratteristiche essenziali, interiori ed esteriori » (48).
Senza considerare, ad esempio nel caso particolare di Schoenberg, come fonti del primitivismo psicologico, la collaborazione con Stephan George, o alcune concezioni mitiche che, prima di Schoenberg, influenzarono anche Scriabin, il quale così scriveva: « Ho costruito da me stesso la cerchia dei miei sentimenti, posso quindi distruggerla. Posso scagliarmi contro il mondo intero, posso soggiogarlo e dominarlo. Allora, nel momento della divina estasi, sentirò, in tutta la pienezza, che io e il mondo siamo un'unità inscindibile ». Cosi riporta il Rognoni, commentando: « ...un arterito che solo nel « superuomo » può realizzarsi e trova la sua fonte nella mistica saggezza orientale. Qui intervengono le dottrine teosofiche, di cui Helena Blavatsky era araldo agli inizi del secolo, e che esercitarono la loro influenza non solo su Scrjabin, ma anche su Schoenberg... » (49).
Nell'espressione dodecafonica, dunque, il primitivismo psicologico si rivela con evidenza maggiore del primitivismo di struttura strawinskyano, attraverso l'Urmensch, l'Urtrieb, l'Urlaut (tutti motivi di regressione) che sono però oggetto, intellettualizzand[...]

[...]sica moderna, p. 170).
Il presente saggio, come abbiamo premesso, non può andare al di là di una proposta, non è possibile quindi esigere un discorso compiuto. Tuttavia un prima contatto con il problema stimola delle considerazioni preliminari. Alla stato attuale è possibile stabilire dei rapporti tra la musica contemporanea e quella primitiva, soprattutto se si considera che per quest'ultima si è ormai giunti ad una sufficiente documentazione. Così verrebbe provata filologicamente l'affinità di struttura, o anche, il primitivismo di struttura. Ma questo rapporto non può essere stabilito soltanto su elementi tecnicolessicali, poiché se si vuole enucleare il primitivismo psicologico sono necessari elementi etnici, sociali, religiosi, psicanalitici. Solo così è possibile stabilire la presenza del « primitivo » nella musica contemporanea, non solo « seria » ma anche leggera », anzi attraverso quest'ultima — dalle migliori espressioni jazz fino alle più spurie colonne sonore — è possibile chiarire fino a che punto il « primitivismo » si sia commercializzato (50). Perché poi il « primitivismo » della musica jazz e « leggera » faccia più presa sulla massa, di quanto non il primitivo nella musica « seria », ciò dipende da un processo di destorificazione intellettualistica che il materiale primitivo subisce. Cioè : il primitivismo psicologico della musi[...]

[...]stica che il materiale primitivo subisce. Cioè : il primitivismo psicologico della musica « seria » che non viene accettato dalla porta, entra invece dalla finestra, con il primitivismo psicologico e di struttura della musica jazz e «'leggera »: viene anzi usato come un mezzo di rimozione e un simbolo di feticismo nella musica (51). Forse da quando esiste il dualismo musica « seria » e musica « leggera » non si è mai avuto un comune denominatore così unitario, ma con risultati estremamente contradditori. È una questione su cui riflettere
(50) Vedi in Tse. ADORNO, Dissonanze, op. cit., trad. it. II carattere di feticcio in musica e il regresso dell'ascolto, pp. 751; dr. D. CARPITELLA, Musica popolare e musica di consumo (Accademia S. Cecilia, 1955).
(51) Da una notizia pubblicata su « Il Giorno » (194'59) in cui si riferisce che il reverendo Cavell Northam conquista i suoi parrocchiani della chiesa di St. James, a Downley, in Inghilterra, cantando il rock'n'roll: « Fino ad oggi, per molti, il jazz, e in particolare il rock'n'roll, sono s[...]



da Vittorio Lanternari, Religione, società, politica nell'Africa Nera avanti e dopo l'indipendenza in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1964 - 7 - 1 - numero 69

Brano: [...]isodi di rivolta socialreligiosa nella Rhodesia settentrionale, oltre al tumore dell'apartheid, i tribalismi; gli enormi scompensi, anzi l'abisso sociale scavatosi fra — da una parte — un proletariato rurale « dei villaggi », che dei progressi tecnicoorganizzativi soffre (si pensi alla detribalizzazione e ai suoi effetti funesti!) più che godere e un sottoproletariato urbano figlio del primo, dall'altra parte alcune élites minoritarie per lo più così profondamente europeizzate, anzi « abbagliate dagli splendidi orpelli della civiltà occidentale... da essere del tutto stornate dalla tradizione come da una cosa perfettamente marcia e ,spregevo'le» (1): tutto ciò rischia — se non prevaranno le forze interne ed esterne più democratiche e sagge, che pure non mancano — di travolgere l'Africa sulla scia dei dispotismi coloniali, sulla via dello strumentalismo politico di gruppi interni che noi definiamo «autocolonialisti », sulla via dell'opportunismo classista, fino all'abdicazione totale della propria civiltà e dei valori originali. « Sarebbe [...]

[...]a — se non prevaranno le forze interne ed esterne più democratiche e sagge, che pure non mancano — di travolgere l'Africa sulla scia dei dispotismi coloniali, sulla via dello strumentalismo politico di gruppi interni che noi definiamo «autocolonialisti », sulla via dell'opportunismo classista, fino all'abdicazione totale della propria civiltà e dei valori originali. « Sarebbe vera ironia
(1) TURNBULL, 1962, p. 251.
144 VI'T'TORIO L.NTERNAR[
cosi un intelligente etnologo inglese, il Turnbull, conclude il suo stimolante libro di biografie africane —, sarebbe vera ironia se l'ultimo atto di una distruzione preparata con tanta cura sebbene inconsciamente dalle potenze coloniali, dovesse venire dagli Africani stessi, per non saper valutare essi la loro immensurabile eredità u (2).
Poiché l'Africa Nera è terreno di uno dei fenomeni più interessanti e attuali dell'antropologia sociale e religiosa — precisamente il fenomeno dei movimenti socialreligiosi —, ed essa offre ampio materiale per lo studio di alcuni problemi fra i più attuali dell[...]

[...]oria e sociologia religiosa, presentiamo per sommi capi alcuni di questi principali problemi, cioè : 1) i rapporti tra movimenti religiosi e sviluppo socioculturale; 2) il rapporto fra religioni nuove e movimenti politicosociali; 3) i rapporti fra politica e re
nei paesi di recente indipendenza.
La prima parte del nostro discorso riguarda sincretismi
e messianismi. Essa appare a suo modo più agevole e matura, perché la letteratura esistente è cosi vasta, sia per settori etnografici particolari sia per la parte comparativa, che ci sembra giunto il momento di trarre alcune conclusioni. La seconda parte riguarda il neotriadizionallismo d'età post,coloniale. Quest'ultimo presenta problemi complessi d'interpretazione sociologicostorica.
Precisiamo che per neotradizionalismo intendiamo convenzionalmente la tendenza a riprendere tratti della tradizione religiosa nativa in parte già abbandonati, indipendentemente da espliciti influssi delle grandi religioni occidentali. Il neotradizionalismo cosi inteso si distingue dal sincretismo, intendend[...]

[...]il momento di trarre alcune conclusioni. La seconda parte riguarda il neotriadizionallismo d'età post,coloniale. Quest'ultimo presenta problemi complessi d'interpretazione sociologicostorica.
Precisiamo che per neotradizionalismo intendiamo convenzionalmente la tendenza a riprendere tratti della tradizione religiosa nativa in parte già abbandonati, indipendentemente da espliciti influssi delle grandi religioni occidentali. Il neotradizionalismo cosi inteso si distingue dal sincretismo, intendendo per sincretismo restrittivamente la tendenza a fondere con tratti religiosi nativi altri elementi religiosi di provenienza occidentale. Tali distinzioni, come tutte quelle di carattere terminologico, hanno un valore convenzionale e relativo: lato sensu non esiste alcuna religione che non sia sincretista, e cioè non possieda tratti d'origine più o meno eterogenea, cosi come per converso nessun tradizionalismo né neotradizionali
(2) TURNBULL, lOC. Cit.
RELIGIONE, SOCIETA, POLITICA ECC. 145
smo può escludere in maniera assoluta elementi innovatori e stranieri. Sottolineiamo che dunque sia il sincretismo sia il neotradizionalismo sono tendenze (e non formazioni rigide), tuttavia ben distinte sul terreno concreto dei dati. Esse possono coesistere nell'ambito d'una medesima società e simultaneamente, con significati socioculturali complementari e perfino convergenti. Sincretismi e neotradi. zionalismi spesso rappresentano altrettante risposte di valore protes[...]

[...]e sotto la designazione di messianismo sarebbe deformare i fatti: non necessariamente si trova in tutti i culti la persona del salvatore divino» (4).
Dunque i due termini non coprono l'intera realtà dei nuovi movimenti religiosi africani. Esistono in realtà tanti sincretismi differenti fra loro, quante sono le nuove religioni, anzi le fasi di sviluppo di ciascun movimento religioso. Quanto ai messianismi, ne esiste un tale numero ed una varietà così grande, ché noi stessi ne abbiamo fatto, altrove (5), uno studio più preciso, e autori come Shepperson, Baeta ecc, distinguono i messianismi « personali » da quelli « impersonali » (6).
(3) BASTIDE 1959, 440.
(4) PAULME, Cah. Et. Afr. 1962, 6.
(5) LANTERNARI, McSSiariiSM.
(6) SHEPPERSON, 1962, 47.
RELIGIONE, SOCIETÀ, POLITICA ECC. 147
Piuttosto ci chiediamo: quali altri movimenti religiosi nuovi, non sincretisti e non messianici, si sono prodotti nell'Africa Nera ? In quale rapporto stanno essi con quelli sincretisti? Ne ricordiamo alcuni a mó d'esempio. Dopo 'il 1900 fra gli Ascianti d[...]

[...]iuta popolazione; le lumache, no stro cibo prediletto e già oggetto di scambi, vengono a mancare perché .molti infrangono i tabu che vietano di raccoglierle in certe stagioni. Meno figli nascono e più ne muoiono per le malattie veneree. I morbi infieriscono su di noi: specie la tbc, introdotta dai biànchi. Tutto ciò non può esser dovuto che a stregoneria, e perciò io ho invitato il f etis'hman a individuare i colpevoli mediante le ordalie» (16). Così l'esperienza dominante d'oppressione e frustrazione, proiettata nello specchio della tradizione magica, offre uno schema d'interpretazione rigido e univoco, alla mente indi
(8) FIELD, 1948, 171189; FIELD 1960, 87133.
(9) WARD 1956.
(10) MORTONWILLIAMS 1956.
(11) PAULME 1962, 180193; HOLAS 1954, 6164; HOLAS 1957, 155158.
(12) VANSINA 1959.
(13) RICHARDS 1935.
(14) MARWICK 1950.
(15) FERNANDEZ 1961, 251252. Per altri culti magici, cfr. BOUCHAUD 1956, 9399.
(16) DEBRUNNER 1961, 6667.
RELIGIONE, SOCIETÀ, POLITICA ECC. 149
gena, per spiegare qualsiasi male o incidente, pertinente o men[...]

[...]dendo accettabile una via religiosa non più conformista.
3) scardinamento o sconvolgimento della cultura nativa operato dalle istituzioni occidentali. Questo punto é strettamente legato al I, ma in particolare si riferisce al crollo dei valori religiosi tradizionali e al bisogno di nuove « garanzie »religiose.
Tali i fattori generali di genesi dei sincretismi africani. Ma conviene guardarli, questi sincretismi, nel loro sviluppo concreto. Solo così si pub intendere quali trasformazioni essi subiscano nel loro corso, quali fattori storicosociali presiedano a tali trasformazioni, quale differente funzione le trasformazioni abbiano rispetto alla storia culturale.
Prendiamo l'esempio del Kimbangismo congolese. Anzitutto ricordiamo le piú remote formazioni sincretiste dei Bakongo, quelle che seguirono i primi sforzi missionari dei secc. XVIXVII. Dopo due secoli di proselitismo cristiano ci si accorse, allorquando nei secc. XVIIIXIX si avviò il processo di colonizzazione del Congo, che il solo significativo elemento sincretista effettivament[...]

[...] autorità, l'Eglise accetta il decalogo mosaico, predica la Bibbia protestante nell'edizione della Foreign Bible Society di Londra lasciando libertà d'interpretazione. La sua liturgia ha un tono severo e solenne, affine — come anche la dottrina — a quella della chiesa Battista: insomma l'Eglise appare un'organizzazione cristiana di tipo evangelico. Eppure permangono in essa tratti tradizionali che ne fanno una diretta emanazione del Kimbangismo: cosí il battesimo per immersione usato come tecnica magicomedica di guarigione dai mali (tratto comune alla maggioranza dei movimenti nativisti africani), la genuflessione rituale dinanzi ai «principi » o « saggi » dell'organizzazione, le danze serali, il tremito dei partecipanti, e — last but not least — il riferimento esplicito fatto in essa a Simon Kimbangu profeta dei negri.
Troviamo dunque nell'Eglise kimbangista un'altra fase ancor differente di sincretismo, non certo « formale » ma neppure « eman
156 VITTORIO LANTERNARI
cipazionista ». Qui si ha un sincretismo « autonomista », o se si vu[...]

[...]rges Balandier ha sottolineato il significato ideologico e politico della mitologia sincretista (26).
Siamo in grado ora di trarre una conclusione. Vi sono autori, come il Guariglia, che seguono un metodo tipologico astratto, cioè uniscono e dividono comparativamente fra loro :i movimenti religiosi prendendoli in blocco senza distinguere fasi e sviluppi, a seconda che in essi sia presente od assente il «sincretismo»
sic et simp&iciter. autori, così facendo, non aiutano
a capire la storia di tali movimenti, ma confondono case ed idee. Con qual criteria si può infatti affermare, come fa il Guariglia, che i1 sincretismo in sé é «una tendenza appoggiata sul culto del passato? » (27). Ciò significa ignorare la continua dinamicità, la trasformabilità e l'ambivalenza stessa del sincretismo, situato tra passato e futuro, fra tradizione e innovazione. Il caso surriferito del Kimbangismo è un esempio fra molti altri movimenti africani. Questi nascono come nativisti ed emancipazio
(26) BALANDIER 1961, 8990.
(27) GUARIGLIA, in: «Devant les secte[...]

[...]attolica del Sacro Cuore in Rhodesia settentrionale, fondato dall'exseminarista cattolico «Emilio» nel 1956 in seguito ad una visione del Sacro Cuore, risente profondamente dell'indirizzo già cattolico del fondatore e del suo atteggiamento psicologico complesso verso il problema sessuale. «Il cielo e la foresta — egli dice — sono pieni di ' santi ' : noi dobbiamo mostrare ai ' padri ' che siamo dei ' santi' anche s'essi ci credono corrotti! ». E così viene affermato uno dei tratti caratteristici del movimento: il preteso ritorno all'innocenza originaria, con riunioni notturne e promiscue. Invece il grande movimento rhodesiano coevo della profetessa Lenshina (1954), antistregonista e antifeticista, di guarigione, antimissionario, deve molte sue caratteristiche alla formazione presbiteriana della fondatrice, alla sua esperienza personale di «morte» e resurrezione, alla visione di Dio da lei ricevuta (29). Inoltre i movimenti e i profeti possono influenzarsi fra loro: per es. ciò é avvenuto per le (( sette spirituali » del Ghana e della Nige[...]

[...]vi movimenti religiosi «amessianici ». Fra quelli messianici poi si danno le forme di messianismo più varie. In quelle «classiche» (del filone cristianoislamico) si attende il ritorno del fondatore con ruolo di salvatore divino. E' il caso del Kimbangismo, della chiesa Nazarita di Isaiah Shembe, del movimento di J. Chilembwe nel Nyassa (36), dei gruppi messianici suldafricani. Talara si attende un'immediata salvezza ad opera del fondatoremessia: così nel movimento Lassyista (37) del territorio di Cabinda e del Congo nel 1946. Altre volte l'atteso salvatore è un condottiero politico perseguitato (Matsua) e mitizzato, o — in forma anonima e collettiva — l'insieme dei morti che verranno, apportatori di un'era di rigenerazione cosmica e umana. In quest'ultimo caso, come in altri casi, il messianismo ridà vita ad un vecchio fondo escatologico. In realtà si danno miti escatologici anche nelle tradizioni locali. Così fra i Lamba (Rhodesia settentrionale) l'EsSere supremo Lesa ÍLuchyele, già nei miti tradizionali spari dalla terra promettendo che[...]

[...]Lassyista (37) del territorio di Cabinda e del Congo nel 1946. Altre volte l'atteso salvatore è un condottiero politico perseguitato (Matsua) e mitizzato, o — in forma anonima e collettiva — l'insieme dei morti che verranno, apportatori di un'era di rigenerazione cosmica e umana. In quest'ultimo caso, come in altri casi, il messianismo ridà vita ad un vecchio fondo escatologico. In realtà si danno miti escatologici anche nelle tradizioni locali. Così fra i Lamba (Rhodesia settentrionale) l'EsSere supremo Lesa ÍLuchyele, già nei miti tradizionali spari dalla terra promettendo che sarebbe tornato. Presso i Babemba (Rhodesia settentrionale) i bianchi giunti nel territorio furono identificati con l'Essere supremo o eroe culturale della tradizione, Lesa Mukulu, ritornante come rinnovatore del mondo (38). Nel Nyassa il capo Kankhomba, Malawi, spari dopo essere stato sconfitto in guerra dagli Yao, ma tuttora si ritiene ch'egli sia nascosto entro una grotta e che ritornerà in aiuto del suo_ popolo (39). Vi sono spunti messianici anche fuori di ve[...]

[...]dizione, Lesa Mukulu, ritornante come rinnovatore del mondo (38). Nel Nyassa il capo Kankhomba, Malawi, spari dopo essere stato sconfitto in guerra dagli Yao, ma tuttora si ritiene ch'egli sia nascosto entro una grotta e che ritornerà in aiuto del suo_ popolo (39). Vi sono spunti messianici anche fuori di veri movimenti religiosi. In alcuni movimenti poi l'attesa di salvezza si fonda sull'idea di riguadagnare un'arcaica patria lontana e perduta. Cosi nel movimento di Ras Tafari i negri di Giamaica aspettano di tornare all'Africa, loro patria atavica, e il ritorno all'Africa assume l'aspetto e l'ansia di una salvezza messianica (40). Fra i negri del Brasile durante il periodo schiavista era diffuso il messianismo del «ri
(36) SHEPPERSON 1962, 146.
(37) Sectes nouvelles en Angola, 1961.
(38) LANTRRNARI, Messianism.
(39) SEEPPERSON 1962, 147.
(40) SIMPSON 1962.
RELIGIONE, SOCIETA, POLITICA ECC, 163
torno all'Africa ». Esso si fondeva con l'attesa di un mondo escatologico dopo morte. Perciò frequenti erano i casi di suicidio fra i negr[...]

[...]tivismo nelle prime fasi, é un surrogato della protesta politica quando questa si dimostra impossibile. Tuttavia, se si considerano i movimenti religiosi nel loro sviluppo, i rapporti fra religione e protesta politica appaiono assai sfumati. V'é sovente, fra i due, integrazione piú che reciproca esclusione.
L'azione insurrezionale autonoma può essere lo sbocco finale d'un lungo processo di preparazione che si svolge su terreno religiososociale. Cosi il Kimbangismo alimenta e prepara i moti insurrezionali congolesi, mentre la setta Mau Mau scatena la rivolta sulla base d'una solidarietá socialreligiosa. L'azione politica insurrezionale può accompagnare ed essere parallela al fermento socialreligioso (47); infine essa può dar luogo ad un'ulteriore fase di fermento religioso. Bisogna vedere caso per caso
(45) WELBOURN 1961, 477.
(46) BALANDIER 1955, 477478, 485.
(47) CoHN 1962, 39.
166 VITTORIO LANTERNARI
le interrelazioni dialettiche fra un aspetto e l'altro, il loro variabile procedere in relazione alle condizioni sociali, ai fattori[...]

[...]1, 302.
(59) BABTA 1961, 4, 67.
(60) MBAs 1959, 326327.
RELIGIONE, SOCIETA, POLITICA ECC. 171
convulsioni, profezie, visioni, riti di possessione, glossolalia, é l'indice di un violento conflitto fra bisogni e realtà. Non si reclama salvezza se uno non si sente perduto. D'altra parte non si può pensare che delle crisi collettive di natura puramente « spirituale » nel senso modernocristiano, senza fondamento obiettivo, sorgano entro religioni cosí fortemente ancorate ai bisogni esistenziali più immediati.
Ora, fra i vari motivi di conflitto che entro le società illetterate abbiano generato nuove religioni, quelli dovuti all'occupazione dei bianchi, allo stato d'asservimento o al dislivello culturale di fronte alla supremazia occidentale, sono i più noti e diffusi. E' giusto chiedersi, a questo punto, quali siano i caratteri propri dei nuovi movimenti religiosi dell'Africa Nera, in relazione ai movimenti di livello etnologico in genere.
Attenendomi ai risultati del mio lavoro (61) nonché della abbondante letteratura apparsa in questi [...]

[...]sulla base d'una comune origine mitizzata e di analoghe persecuzioni subite. Ecco perché numerosi sono i movimenti « sionisti», «israeliti » presso le società dell'Africa nera (62).
Ora, se si guardano nel loro insieme le risposte dei negri africani ai richiami cristiani trasmessi dall'occidente, si deve tener conto anche di altri fatti: in particolare dell'entusiastica adesione di gruppi di negri a certi movimenti religiosi e parareligiosi per così dire eterodossi o nonconformisti, venuti tra loro dall'occidente, come i Testimoni di Geova (Watch Tower, Kitawala, Russellismo) (63), e l'Esercito della Salvezza (64). Si tratta di movimenti che predicano il ritorno alla morale cristiana fuori dalle sovrastrutture ecclesiastiche o (Russel'lismo) contro le chiese stesse e lo stato, intesi come istituzioni « sataniche». Nel medesimo quadro delle. risposte indigene ai richiami cristiani rientrano i movimenti nativisti, sincretisti, autonomisti di cui s'è parlato. All'infuori delle conversioni di élites inurbate e occidentalizzate e di altri cas[...]

[...] sono dimenticati; la società é stata espropriata di quanto valeva ad assicurare il buon funzionamento degli antichi sistemi sociali e culturali, mentre... non s'é affatto scoperto il segreto dei bianchi» .
Delusione, dunque, da un lato, vuoto culturale dall'altro. «Alcune persone si rendono canto che la forza dei bianchi é nel denaro — continua il Bureau —, e un cristiano ci ha confessato: ' Con i bianchi il denaro é diventato :il nostro dio'. Così, la crisi che segue si traduce in un brutale risveglio, nel quale le realtà che precedettero il sonno tornano bruscamente alla coscienza. Si va alla ricerca delle radici dell'antica cultura, si vuol restaurare l'ordine d'un tempo. Il senso di espropriazione sbocca in una riacquisizione talora aggressiva e febbrile ».
Ecco dunque esplodere fra i giovani, e contro gli anziani cristianizzati, il movimento di (( ritorno alla tradizione », di « ritorno alle origini ». Le pratiche antiche, i riti, i culti, i valori tradizionali sono ripresi disordinatamente, e intanto ((Si evitano i missionari, s[...]

[...] netta flessione della partecipazione dei giovani alla pratica cristiana ». Questo é il quadro della situazione denunciato dal missionario René Bureau: il quale nel tentativo di spiegare questo rigurgito di « paganesimo», questo neotradizionalismo inquietante, conclude col dire che «forse la massa era stata convertita, ma non la coscienza comane» (87).
Piú che ricorrere a distinzioni di quest'ultimo genere, é opportuno, per spiegare un fenomeno così caratteristico, riferirsi
(87) BUREAU 1964, 107112; BUREAU, in: LANTERNARI 1963, 225226.
184 VITTORIO LANTERNARI
all'esperienza di vuoto creatosi nel dopoguerra e cresciuto dopo raggiunta l'indipendenza, fra le comunità dei villaggi — già integrate nel loro sistema socioculturale e religioso — e una classe dirigente europeizzata, da poco formata, e disintegrata nel dominio sociale oltreché culturale dalla società da cui originariamente proviene.
Altre società africane contemporanee riaffermano un ritorno alla tradizione e rifiutano il cristianesimo precedentemente accettato. Nel 193637 il[...]

[...] l'indipendenza, fra le comunità dei villaggi — già integrate nel loro sistema socioculturale e religioso — e una classe dirigente europeizzata, da poco formata, e disintegrata nel dominio sociale oltreché culturale dalla società da cui originariamente proviene.
Altre società africane contemporanee riaffermano un ritorno alla tradizione e rifiutano il cristianesimo precedentemente accettato. Nel 193637 il Ruanda ebbe un movimento di conversioni così esteso come in pochi altri casi si ritrova nella storia delle missioni. Ma oggi i missionari stessi ammettono che erano conversioni fittizie, dettate da fini interessati. Sia i Tutsi che gli Hutu del Ruanda s'aspettavano dall'adesione al cristianesimo un incremento di prestigio, di potenza e di sicurezza personale nel campo sociale. Oggi il cristianesimo é in piena crisi a causa del processo di secolarizzazione, specie negli ambienti intellettuali e inurbati, a causa delle lotte fra gruppi, a causa del ritorno alle feste e ai riti tradizionali, mentre si estromettono le influenze occidentali [...]

[...] crisi a causa del processo di secolarizzazione, specie negli ambienti intellettuali e inurbati, a causa delle lotte fra gruppi, a causa del ritorno alle feste e ai riti tradizionali, mentre si estromettono le influenze occidentali (88).
Vi sono parecchi casi nei quali un precedente sincretismo si sviluppa — come già si é detto a rovescio, indietreggiando da una fase ricca di elementi cristiani a un vero neotradizionalismo per nulla cristiano. Così i molti movimenti neoharristi dell'Africa occidentale derivano storicamente dal sincretismo ricco di elementi cristiani fondato da Wade Harris nel 1914; ma oggi l'antico harrismo é ridotto a una serie di culti di guarigione, e ha perduto gli elementi millenaristi, innovatori della fase iniziale. Nella setta dei Water Carriers degli Nzema (Ghana) — come ci indica Ernesta Cerulli — abbiamo l'esempio d'uno di questi culti di guarigione neoharristi. Si fa uso di acqua battesimale, della croce e della Bibbia, che sono privati d'ogni contenuto cristiano e sono rimodellati in un senso del tutto magi[...]


precedenti successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Così, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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