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Il segmento testuale Congo è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 54Analitici , di cui in selezione 4 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Francesco Cataluccio, Il Congo Belga nel nazionalismo africano in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 5 - 1 - numero 38

Brano: IL CONGO BELGA NEL NAZIONALISMO AFRICANO
Dal punto di vista dell'osservazione politica vi sono due Africa: un'Africa vista nel complesso, come continente, con problemi comuni ad ogni sua parte, ed é l'Africa più conosciuta, che viene in genere identificata col mondo coloniale, che presenta le zone mondiali culturalmente ed economicamente più depresse, che polarizza sempre più la rivalità politicoeconomica delle potenze attratte dalla sua posizione geografica e dalle sue crescenti possibilità di produttrice di materie prime e di mercato di assorbimento; e un'altra Africa, meno unitaria e più caratteri[...]

[...]i storici da rispettare, ma toglie d'altra parte ogni punto di riferimento sicuro per il successo politico delle iniziative da prendere, rende problematico l'innesto di idee moder, ne sulla vecchia organizzazione di vita, minaccia continui trabocchetti a costruzioni statali o nazionali che pur rispondono a premesse e impulsi di genuina validità. La realtà é che, a differenza del continente asiatico, in Africa, specie nell'Africa nera, ha pre
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valso la civiltà tribale, la formazione di gruppi umani ristretti e isolati i quali, anche se eccellenti culturalmente, non hanno mai posseduto la tecnica di trattare grandi spazi, di unificare e amministrare grandi concentrazioni umane. Soltanto oggi, per la prima volta, gli africani si pongono il problema della organizzazione unitaria di vaste aree africane; ma se lo pongono in uno stato d'anima emotivo concitato quale può derivare dal ritrovarsi dopo una latta assai aspra contro la potenza coloniale — talvolta resa più aspra dalla resistenza psicologica[...]

[...]un regime di fascismo coloniale; denuncia lo sfruttamento delle risorse nazionali e della manodopera di questi territori; denuncia la violazione dei diritti umani e democratici proclamati
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dalla Carta delle Nazioni Unite; denuncia la segregazione razziale, il sistema delle riserve e delle altre forme di discriminazione razziale e la barriera del colore; denuncia il lavoro schiavistico nei territori di Angola, Mozambico, Congo belga, Africa meridionale e sudoccidentale; denuncia la politica svolta nell'Africa centrale e nell'Unione Sudafricana, dove la dominazione della minoranza sulla maggioranza é basata sulla dottrina razziale della discriminazione; denuncia la confisca delle terre migliori degli africani a vantaggio dei colonialisti europei; denuncia la militarizzazione dell'Africa e l'uso del territorio africano per scopi militari, specialmente in Algeria e nel Kenya ». L'influenza preponderante del primo ministro ghanese sulla conferenza la si ritrova anche nel tono assiomatico e non poco fideistico con cui é[...]

[...]one teorica dei primi cinque complessi regionali che dovrebbero preludere all'unità continentale: una federazione costiera dal Senegal al Camerun; una federazione raggruppante la Mauritania, il Sudan francese, l'Alto Volta, il Niger e il Ciad; una federazione comprendente il Sudan meridionale, l'Etiopia e la Somalia; una federazione tra Kenya, Uganda, Tanganika e eventualmente il Niassa; una federazione costituita dall'Ubanghi Sciari e dal Medio Congo. Ma anche in Europa certo unitarismo odierno é puramente velleitario, basato sul « dover essere » piuttosto che sul « poter essere », senza nemmeno l'attenuante dell'ancora ingenuo e giovanile pensiero politico!
Meno impegnato in senso politico ma maggiormente diretto a chiarire questioni di rilevante incidenza sul futuro dell'Africa é il congresso o meglio la riunione di studio che ha luogo dal 16 al 23 marzo 1959 a Ibadan, capitale della Nigeria occidentale e sede della più attrezzata università dell'ovest africano, sotto l'egida del Congresso per la libertà della cultura. Il tema di studi[...]

[...]unione di studio che ha luogo dal 16 al 23 marzo 1959 a Ibadan, capitale della Nigeria occidentale e sede della più attrezzata università dell'ovest africano, sotto l'egida del Congresso per la libertà della cultura. Il tema di studio della riunione, « Governo rappresentativo e progresso nazionale », consente di esaminare, tra gli altri, i problemi della tribù, della nazione e della federazione. Universitari e uomini politici, partendo dalla
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constatazione che i nuovi stati africani sorgono da una geografia politica arbitraria artificiosa, dettata in gran parte dal giuoco di spartizione e di equilibrio di potenza dei governi coloniali nel sec. XIX, si sforzano di individuare l'entità dell'ostacolo creato dalle diverse esperienze politiche e dalle diverse situazioni linguistiche e culturali al raggruppamento dei nuovi organismi nazionali. Lo studio del problema porta al tentativo di definire la « personalità africana », al confronto tra la teoria del panafricanismo di Giorgio Padmore, la teoria [...]

[...]africani a rivendicare alla cultura negra uguaglianza di nobiltà con le principali civiltà storiche e sinanche il privilegio di contenere nel suo seno il nucleo più valido delle altre; é ribadita anche l'avversione profonda verso l'Europa espansionista del sec. XIX, accompagnata dal ripudio dell'Africa tradizionale. Come ricorda G. Balandier in « Afrique ambigue », « devant sa chapelle, Nganga Emmanuel, fondateur de l'une des "églises noires" du Congo, brûle les derniers fétiches témoins des vielles fidélités africaines, mais il exorte aussi ses adeptes à croire en un messie qui n'est plus solidaire du monde blanc réprouvé ». Si tratta in sostanza d'un combattimento su due fronti, quale é stato realizzato in pratica nell'azione politica del Convention People's Party di Nkrumah.
Le correnti d'opinione africane tornano a confrontarsi — e a scontrarsi — su questi temi di negrità, di unità africana, di rapporti tra civiltà occidentale e civiltà africana, di definizione e restaurazione d'una cultura originaria negra, di modernità e tradizione,[...]

[...]enze e di valutazioni che ha dominato le discussioni. La risoluzione finale suggerisce di: ristudiare scientificamente la storia dell'Africa; formare gruppi di storici; istituire archivi e biblioteche; riprendere in esame i sistemi associativi di base e soprattutto la democrazia comunitaria per elaborare forme nuove di vita comune; orientarsi nel grande intreccio di oltre seicento lingue e dialetti dell'Africa, scegliendo per i suoi elementi
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comuni quella lingua (swaili, bambara, ulof, malgascio, senegalese) che possa diventare in breve lingua continentale attraverso l'insegnamento obbligatorio in tutte le scuole africane; curare il passaggio dalla forma orale a quella scritta delle opere letterarie; sviluppare il dialogo ai fini d'una comprensione reciproca tra le religioni cattolica, protestante, musulmana e animista prevalenti in Africa. In definitiva il congresso dice agli africani: siate cattolici, siate marxisti, siate fedeli a qualsiasi ideologia che soddisfi le vostre esigenze intellet[...]

[...]tto amministrazione fiduciaria in parte francese e in parte britannica, il Togo sotto amministrazione fiduciaria francese, la Nigeria britannica. In seno poi alla Comunità francoafricana, promossa alla fine del 1958 dal governo De Gaulle per evitare un radicale movimento centrifugo, i territori dell'Africa occidentale francese (Senegal, Sudan, Mauritania, Niger, Alto Volta, Costa d'Avorio, Dahomey) e dell'Africa equatoriale francese (Gabon, MedioCongo, UbanghiSciari, Ciad) e il Madagascar si sono affrancati, se non completamente, in misura tale da presentare netti lineamenti di individualità statale autonoma.
Altro dato caratterizzatore dell'evoluzione politica africana é la tendenza al raggruppamento, o su basi federali o per annessione di territori nazionalmente affini o geograficamente complementari, che si afferma presso gli stati già consolidati. Nel primo caso si tratta di fenomeno che si collega a remote esperienze storiche o rispecchia talune esigenze di più agevole amministrazione coloniale
o ubbidisce a una realistica valuta io[...]

[...]africa francese (Maghreb unito), la Federazione della Rhodesia e del Niassa, il progetto britannico di federazione dell'Africa orientale (Kenya Tanganika e Uganda) avviato dalla creazione dell'East Africa High Commission che coordina ventotto rami amministrativi dei tre territori tra cui i trasporti aerei le dogane la difesa le poste i servizi radiofonici le ferrovie le comunicazioni fluviali la statistica e l'istruzione superiore, la Federa
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zione etiopoeritrea, l'integrazione del Togo britannico nel Ghana, l'annessione del territorio di mandato dell'Africa sudoccidentale extedesca da parte del Sudafrica, la richiesta sudafricana d'incorporazione dei Protettorati britannici di Basutoland Bechuanaland
e Swaziland; e, in data più vicina, il progetto di federazione tra Ghana e Repubblica di Guinea «come nucleo della creazione degli Stati Uniti dell'Africa occidentale », la Federazione del Mali tra Senegal e Sudan e i progetti di Unione Benin (Dahomey Niger
e Togo) e di Stati Uniti dell'Africa [...]

[...]rte del Sudafrica, la richiesta sudafricana d'incorporazione dei Protettorati britannici di Basutoland Bechuanaland
e Swaziland; e, in data più vicina, il progetto di federazione tra Ghana e Repubblica di Guinea «come nucleo della creazione degli Stati Uniti dell'Africa occidentale », la Federazione del Mali tra Senegal e Sudan e i progetti di Unione Benin (Dahomey Niger
e Togo) e di Stati Uniti dell'Africa latina (Africa equatoriale francese, Congo belga e colonie portoghesi). « Col vostro voto », afferma il presidente dell'assemblea costituente a Dakar Modibo Keita il 17 gennaio 1959 all'atto della proclamazione della Federazione del Mali, « voi avete gettato le fondamenta dell'unità africana. Voi siete gli architetti della Federazione dell'Africa occidentale. Ora dovete diventare i crociati e gli evangelizzatori dell'unità politica
e accettare ogni sacrificio per la realizzazione dell'unità africana ». Il primo ministro del Niger Hamani Dior così puntualizza a sua volta l'esigenza federalistica: « L'aspirazione all'indipendenza non p[...]

[...]amento, facente perno talvolta non su impulsi nazionali ma su preoccupazioni tribali o su interessi settoriali sia economici sia personali. Spesso il movimento centrifugo si sviluppa in vista di altri e più connaturali raggruppamenti: è il caso delle popolazioni somale dell'Etiopia, che parteciperebbero volentieri a quella Confederazione della grande Somalia che dovrebbe raggruppare, secondo progetti attribuiti al presidente egiziano Nasser,
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le tre Somalia (francese, britannica e in amministrazione fiduciaria italiana), l'Eritrea, l'Ogaden e parte del Kenya.
Un terzo elemento determinante della evoluzione dell'Africa è il problema dei rapporti interrazziali. Tale problema si presenta con caratteristiche diverse in Algeria, nel Sudafrica, nell'Africa centrale britannica (Rhodesia) e nell'Africa orientale britannica (Kenya), ma in tutti e quattro questi territori provoca la stessa conseguenza di allontanare nel tempo la formazione di stati africani indipendenti, e rappresenta quindi il settore [...]

[...]l loro animo inquietudine spirituale, aspirazioni fittizie sproporzionate alla realtà del loro intimo processo evolutivo, così appare irreale la loro previsione che i gruppi etnici di colore del Sudafrica siano con l'apartheid tagliati fuori dal movimento di emancipazione politica delle popolazioni africane e si adagino nell'indefinita accettazione della supremazia della minoranza.
Partendo dalla constatazione che l'indirizzo sudafricano ha
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per sola conseguenza l'esasperazione dei rapporti razziali e che, se rinvia il problema dell'emancipazione indigena, lo porrà però a suo tempo in termini non di conciliazione di interessi e di vantaggiosa coesistenza ma di violenta eliminazione del gruppo bianco — e se io tiro troppo la corda dalla parte mia », ha ricordato di recente un alto funzionario coloniale belga, «il giorno in cui sono costretto a lasciarla, ebbene, essa va molto lontano anche dalla parte opposta » —, la Gran Bretagna si é sforzata di avviare i suoi territori dell'Africa centrale e[...]

[...]condare la soluzione dei loro problemi, di legare i propri interessi ai loro interessi in divenire, di stabilire un rapporto, possibilmente una conciliazione, tra le loro esigenze e i propri interessi politicoeconomici, di precisare in definitiva la propria linea di condotta di fronte ai vari aspetti in cui si articola la realtà africana, dal problema dell'autonomia dei territori dipendenti a quello degli aiuti necessari ai paesi sottosvilup
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patì, dalla discriminazione razziale in alcuni territori alla possi bilità e ai principi basilari di stati plurirazziali.
Non c'è alcun segno che gli stati del blocco occidentale, nel. loro complesso, si siano posti, per risolverlo, il problema d'una concreta politica africana, nei numerosi rivoli in cui questa si scinde e va coordinata. A cominciare dagli stati che mantengono controlli sovrani su settori dell'Africa — se si esclude in parte la Gran Bretagna che segue da vicino e senza apriorismi le varie situazioni del continente —, la cui politica afric[...]

[...]es, il cui volume Africa's Challenge to America (1956) prende posizione contro l'orientamento del Dipartimento di Stato del suo paese verso i giovani stati africani e asiatici, facente perno essenzialmente sugli aiuti militari e sul rigido allineamento politico.
***
I vari problemi or ora accennati, la cui reciproca interferenza e la cui soluzione contribuiranno a determinare il nuovo assetto politico dell'Africa, sono quasi tutti presenti nel Congo Belga. È come se su questo immenso territorio, posto nel cuore del continente nero, si riflettesse l'immagine vera genuina del mondo africano, consentendo di raccogliere in una visione unitaria, e quindi più fedele, aspetti diversi dispersi qua e là; é come un lago in cui svariati fiumi e torrenti immettono le loro acque mescolandosi e placandosi in una limpida superficie che l'occhio pus?) scrutare in modo riposato e sicuro. Impulsi d'indipendenza, polverizzazione tribale che cerca di cementarsi in una unità nazionale, ricerca di collegamento con popolazioni affini per la formazione di en= t[...]

[...]e sicuro. Impulsi d'indipendenza, polverizzazione tribale che cerca di cementarsi in una unità nazionale, ricerca di collegamento con popolazioni affini per la formazione di en= tità federali, problemi di coesistenza razziale con i coloni europei, perplessità politiche e psicologiche dello stato colonizzatore nel passare da una politica di puro governo coloniale a un riconoscimento degli interessi preminenti indigeni, sono oggi individuabili nel Congo belga nella fase di avvio, di prima maturazione. La problematica di questi aspetti di vita è meno vivace e perentoria che in altri territori africani, ma per ciò stesso può essere colta nella sua più umana e logica radice.
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Forse in nessun altro territorio africano, quanto nel Congo, il regime coloniale ha trovato un ambiente più comodo e adatto per insediarsi e svilupparsi. Il Congo appariva davvero come un vastissimo « territorium nullius », isolato dall'esterno coi suoi appena sessanta chilometri di costa rispetto agli oltre novemila chilometri di frontiere terrestri, frazionato politicamente con la sua serie di tribù sparse in grandi spazi e divise da migliaia di chilometri di fitta foresta equatoriale e, se a contatto, ostili l'una a l'altra per ancestrali rivalità. I circa cinquecento trattati, che l'esploratore Stanley stipulo in cinque anni dal 1879 al 1884, con i capi locali a nome della Associazione internazionale per l'incivilimento e l'esplorazione del Congo d[...]

[...]ltre novemila chilometri di frontiere terrestri, frazionato politicamente con la sua serie di tribù sparse in grandi spazi e divise da migliaia di chilometri di fitta foresta equatoriale e, se a contatto, ostili l'una a l'altra per ancestrali rivalità. I circa cinquecento trattati, che l'esploratore Stanley stipulo in cinque anni dal 1879 al 1884, con i capi locali a nome della Associazione internazionale per l'incivilimento e l'esplorazione del Congo di cui era presidente il re belga Leopoldo, indica tale estremo frazionamento umano e politico. La scarsa popolazione — oggi 11.500.000, di cui 60 mila bianchi, in un'area di 2.344.000 Kmq. —, appartenente a tre diverse razze (bantù veri e propri nelle regioni di savana sudorientale, bantù della foresta nella zona di nordovest e sudanesi nelle regioni di nordest), non poneva problemi particolari d'ordine politico, mentre la ricchezza agricola di alcune regioni e mineraria di altre non addossava sacrifici al bilancio metropolitano e offriva vantaggiose prospettive d'impiego di capitali. Anche [...]

[...]non poneva problemi particolari d'ordine politico, mentre la ricchezza agricola di alcune regioni e mineraria di altre non addossava sacrifici al bilancio metropolitano e offriva vantaggiose prospettive d'impiego di capitali. Anche per quanto riguarda la sicurezza esterna, tutto fu risolto rapidamente, prima ancora che una apposita conferenza internazionale riunita a Berlino consa crasse (23 febbraio 1885) la nascita dello Stato indipendente del Congo, attraverso una serie di accordi di confine con la Francia (14 aprile 1884), con la Gran Bretagna (15 maggio 1884), con la Germania (8 novembre 1884) e col Portogallo (durante la conferenza di Berlino). In più, la clausola della porta aperta, stabilita alla conferenza di Berlino e ribadita dalla successiva conferenza di Bruxelles (Atto generale del 2 luglio 1890), neutralizzò in gran parte l'interesse di terze potenze a provocare occasioni che inde bolissero la posizione coloniale belga.
Allorché il 18 agosto 1908 si apre a suo favore la successione stabilita da re Leopoldo col testamento de[...]

[...]i coloni bianchi, il che è fatto notare dai belgi come prova dell'inesistenza di discrimazione razziale —, dall'altra l'impegno paternalistico di migliorare gradatamente le condizioni di vita degli africani, evitando però che educazione e contatti con l'esterno suscitino in loro esigenze politiche, insofferenza dello status quo. La « carta coloniale » emanata nello stesso 1908 come costituzione, fissa a Bruxelles la sede del governo centrale del Congo; i poteri legislativo ed esecutivo sono nelle mani del re, rappresentato nella capitale congolese Leopoldville dal governatore generale e assistito da un Consiglio di governo con funzioni consultive. I quattro quinti della popolazione indigena sono organizzati in centres coutumiers, retti ciascuno da capi sotto il controllo d'un amministratore territoriale belga; il resto vive in centres extracoutumiers, aggregato cioè alle comunità bianche e amministrato anch'esso da capi nativi ma sotto la legge belga. Gli indigeni partecipano anche ai Consigli di ciascuna delle sei province (Leopoldville, Equatore, Provincia orientale, Kivu, Katanga e Ksai), a carattere consultivo, con membri di no[...]

[...]che raggiungono un particolare livello culturale, viene riconosciuta la qualifica di matriculés cioè uguaglianza di diritti con gli europei. Tutto qui, per diversi decenni.
Fino al 1° gennaio 1958, con la concessione dello statuto comunale alle città di Leopoldville, Elisabethville e Jadotville alle quali seguono un anno dopo Bukavu, Stanleyville, Coquilhatville e Luluaburg — nessun cambiamento viene apportato alla situazione costituzionale. Il Congo è come pietrificato, politicamente; i marosi che agitano, con due guerre mondiali e rivoluzioni, le acque europee e coloniali, si frantumano sulle dighe massicce che sembrano circondare il grande spazio umano del Congo. Entro il loro recinto il tempo pare essersi fermato e continua
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l'età dell'oro del mondo coloniale. Un belga, J. Labrique, ha puntualizzato di recente nel parigino Le Monde gli elementi costitutivi dell'idilio coloniale congolese, la ricetta pratica di quello che egli definisce « paternalismo integrale » del regime coloniale belga : « Lo StatoProvvidenza e l'ImprenditoreProvvidenza vigilano, con la collaborazione delle missioni cattoliche, sul benessere materiale e morale dell'indigeno. Questi é curato gratuitamente da quando é nel seno materno e dalla fanciullezza fino al letto di morte. È fornito di, alloggio dal suo imprenditore o beneficia d'una indennità e di prestiti edilizi autorizzati dall'amministrazione. È nutrito scientificamente e ricreato con saggezza. L'imprenditore gli versa direttamente parte del s[...]

[...]aghi che gli sono consentiti di condividere con europei e il
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più spesso organizzati dal suo imprenditore o su iniziativa del governo o delle missioni. Nell'ambito riservato alla sua attività economica — salariato, impieghi d'ordine, piccolo commercio, artigianato —, l'autorità lo protegge dalla concorrenza degli europei. L'immigrazione bianca é stata sistematicamente scoraggiata. Fino a cinque anni or sono il negro del Congo belga non aveva accesso all'insegnamento universitario. Al di fuori dei seminari non poteva frequentare che le scuole professionali o scuole secondarie con programma ridotto rispetto alle scuole per i ragazzi europei. Tale situazione sussiste ancora per la grande maggioranza. Prima di essere ammesso a frequentare una scuola per ragazzi europei, il ragazzo negro é sottoposto a una speciale visita medica, é compiuta un'inchiesta sulle condizioni della sua famiglia, sul suo tenore di vita, sulle sue risorse finanziarie. Non é facile l'iscrizione alle università straniere. Il governo ha preferito[...]

[...] ha preferito organizza' re sul posto delle facoltà, partendo dal principio che il negro ha tutto da avvantaggiarsi dall'essere educato nel suo ambiente, tra i suoi fratelli di razza, mantenendo in tal modo il contatto con la tribù e rendendosi conto dell'arretratezza della massa. Si evita così che lo studente sia corrotto da dottrine sovversive e turbi poi con la sua condotta il cauto sviluppo del piano fissato. Quanto all'europeo che sbarca al Congo belga, egli si sente, si crede, si attribuisce d'ufficio un compito di educatore. Quale che sia la sua professione, quale che sia il suo lavoro. Un libraio apre un nego zio? Egli censura la lettura della clientela negra. Il commerciante, il droghiere, il macellaio educano la loro clientela negra in reparti appositi. Le banche hanno preparato dei cassieri negri col compito di illuminare i risparmiatori ».
Meno spettacolare e irritante che nel Sudafrica, e senza quel gusto della teoricizzazione del proprio programma politico che allarma gli osservatori e scuote psicologicamente i « pazienti »,[...]

[...]ensura la lettura della clientela negra. Il commerciante, il droghiere, il macellaio educano la loro clientela negra in reparti appositi. Le banche hanno preparato dei cassieri negri col compito di illuminare i risparmiatori ».
Meno spettacolare e irritante che nel Sudafrica, e senza quel gusto della teoricizzazione del proprio programma politico che allarma gli osservatori e scuote psicologicamente i « pazienti », l'orientamento di governo nel Congo belga é una forma di apartheid. Suscita perciò uno scandalo interno la pubblicazione nel 1957, ad opera di Van Bilsen, professore all'università cola niale di Anversa, di un Piano trentennale per l'emancipazione del
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Congo; e costituisce uno scandalo internazionale la decisione dell'Assemblea generale dell'ONU, durante la sessione del 1952, di raccomandare al Comitato per le informazioni sui territori non autonomi — creato nel 1949 col compito di esaminare i dati forniti dalle potenze amministratrici sulle condizioni economiche sociali e culturali dei territori loro sottoposti — di raccogliere anche indicazioni dettagliate sul modo in cui le popolazioni indigene godono del diritto all'autodecisione. Il Belgio, punto sul vivo, dichiara di non volere più partecipare ai lavori del Comitato. Emancipazione, autodeci[...]

[...]no come bestemmie, come esplosivi, capaci di sovvertire il lavoro di un cinquantennio. Nulla é da respingere con più puntigliosa fermezza quanto un qualsiasi tentativo di inserire i negri in un giuoco politico. All'ONU l'autorità belga potrebbe non indicare la tappa in cui é giunto il regime coloniale belga nella corsa verso il proprio tramonto, ma assicurare che, nell'atmosfera tutta sussulti di rivolta di ribellione del continente africano, il Congo mantiene il suo ritmo di vita placido operoso, fatto di conciliazione tra gli interessi dei colonizzatori e degli indigeni.
A chi chiede informazioni sul progresso « politico » del Congo, il Belgio risponde con informazioni sul progresso « economico » ; a chi insiste per aver cifre sull'evoluzione culturale e sociale degli indigeni, Leopoldville ribatte con indici di produzione, con dati su nuove industrie o sul commercio. La politica può creare illusioni su una maturazione nazionale di là da venire, mentre il lavoro la disciplina l'insistenza sui valori morali getta le basi di una società che in futuro potrà anche addossarsi responsabilità amministrative.
I tre pilastri che sostengono l'edificio di questo rigido rapporto coloniale sono l'autorità politicomilitare, le missio[...]

[...]a a Kimuenza, nei pressi di Leopoldville, una università intitolata a Lovanio e fornita di poche facoltà); le 470 missioni cattoliche
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con 4430 missionari — cui si affiancano 258 missioni protestanti
con 1170 missionari controllano in maniera capillare orientamenti ed esigenze delle masse indigene, scoraggiando spiritualmente e suggerendo di scoraggiare politicamente qualsiasi indizio di eversione (« un vero potere nel Congo » le definisce J. Pirenne); l'industria, soprattutto mineraria, nella quale per legge il 50% delle azioni spetta allo stato belga in veste peró di capitalista privato, condiziona l'intera vita della colonia ed é arbitra delle direttive di governo. Non é, il Congo, colonia di popolamento, non serve per obiettivi strategici, ma funziona come una coraggiosa impresa economica e la sua ragion d'essere é legata alla tutela degli interessi economici che vi si sono trasferiti e sviluppati. La finalità della colonia del Congo spiega bene la politica belga nel Congo. Probabilmente, se Bruxelles avesse la certezza che la formazione d'un nazionalismo congolese e il suo sbocco nella creazione di uno stato africano non alterassero le condizioni di espansione dell'iniziativa industriale, lo sforzo ombroso di neutralizzare qualsiasi evoluzione politica dei congolesi farebbe posto a una maggiore flessibilità di vedute politiche. La preoccupazione politica di salvaguardare il patrimonio economio, inoltre, suggerisce l'accettazione, nel 1944, di un accordo con gli Stati Uniti — accordo rinnovato alla sua scadenza, dopo dodici anni — che trasferisce a questi ultimi l'intera disponibilità della produzione di uranio :del Congo, la più alta del mondo. Conviene infatti potere avere, in una fase di sempre più vivace anticolonialismo, la solidarietà di una potenza, come Washington, assai incline ad assecondare lo sfaldamento della costruzione coloniale europea, in Africa come in Asia.
In un Congo visto soltanto come una unica enorme azienda di produzione e di commercio, la popolazione indigena non interessa che come massa di manodopera alla quale assicurare un graduale miglioramento di vita ma non una libertà capace di turbare l'ordinato ritmo produttivo. Tutti sono imbarcati su una stessa nave e tutti hanno il solo dovere di produrre sempre più e sempre meglio. E in effetti gli indici di produzione agricola e industriale del Congo mostrano un progresso costante. Se in agricoltura 14 mila coloni
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IL CONGO BELGA NEL NAZIONALISMO AFRICANO
coordinano il lavoro di 350 mila negri, con forti produzioni di cotone caffè gomma cacao essenze pregiate, nell'industria la marcia produttiva è più spettacolare: 192 milioni di tonnellate di rame, 14 milioni di tonn. di stagno (la seconda cifra nel mondo), 5 milioni di tonn. di cobalto (il 75% della produzione mondiale), 89 milioni di tonn. di zinco, il 56% della produzione mondiale di diamanti industriali, una forte aliquota di tungsteno, e poi la ricordata maggiore produzione mondiale di uranio, estratto nei giacimenti di Shinkolobwe da un minerale che ne [...]

[...]oduzione mondiale di uranio, estratto nei giacimenti di Shinkolobwe da un minerale che ne contiene dal 60 all'80% (quello canadese ne contiene dal 30 al 40%). I piani di produzione sono agevolati dal coordinamento delle iniziative, assicurato dalla concentrazione della maggior parte delle aziende di produzione nelle mani della Société générale de Belgique che le gestisce direttamente o a mezzo di filiali (Union minière du Haut Katanga, Banque du Congo belge, Société Cotonco). Oltre alla Société générale, operano nel Congo il gruppo Banque de BruxellesBru fina, gruppo Empaine, il gruppo della Cominière, la compagnia Unilever. La sola Compagnia dell'Unione mineraria dell'Alto Katanga fornisce, per imposte, due dei sei miliardi delle entrate del Congo. Malgrado che la partecipazione dei gruppi finanziari statunitensi nelle imprese industriali e minerarie del Congo tenda ad accentuarsi sempre più — acquisto di forti pacchetti di azioni della Société Cotonco, dell'Union Minière, della Tanganyka Concessions Ltd, della Société Symaf, — notevoli sono ancora le posizioni britanniche, rappresentate soprattutto dalla Tanganyka Concessions Ltd (un terzo delle azioni dell'Union Minière e diritto di ricerca e sfruttamento su un'area di 155.400 kmq. fino al 1990) e dalla Lever Brothers Ltd (pacchetto di azioni della Unilever e 750 mila ettari di piantagioni di palme in condominio con la Société générale). Dalla Société générale dipende anche la Compagnia marittima[...]

[...]Société Symaf, — notevoli sono ancora le posizioni britanniche, rappresentate soprattutto dalla Tanganyka Concessions Ltd (un terzo delle azioni dell'Union Minière e diritto di ricerca e sfruttamento su un'area di 155.400 kmq. fino al 1990) e dalla Lever Brothers Ltd (pacchetto di azioni della Unilever e 750 mila ettari di piantagioni di palme in condominio con la Société générale). Dalla Société générale dipende anche la Compagnia marittima del Congo, mentre in campo agricolo il grosso delle aziende fa capo alla Societé Congolaise de Hévéa, alla Cultures equatoriales, alla Agri f or (fusa nel 1948 con la compagnia statunitense Plywood Corporation).
Gradatamente sorge e si sviluppa anche l'industria di trasformazione: raffinerie di rame, fabbriche di tessuti, cementerie, bir
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rerie. E anche in questo settore é il capitale statunitense a raggiungere le posizioni di maggior rilievo.
Tale capitale fa sentire il suo peso nell'indurre Washington a largheggiare in aiuti finanziari allorché nel 1950 il governo di Bruxelles decide di attuare, con un piano decennale, un vasto sforzo di ammodernam[...]

[...]a di trasformazione: raffinerie di rame, fabbriche di tessuti, cementerie, bir
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rerie. E anche in questo settore é il capitale statunitense a raggiungere le posizioni di maggior rilievo.
Tale capitale fa sentire il suo peso nell'indurre Washington a largheggiare in aiuti finanziari allorché nel 1950 il governo di Bruxelles decide di attuare, con un piano decennale, un vasto sforzo di ammodernamento delle infrastrutture congolesi e di potenziamento dell'economia della colonia: due grossi prestiti sono concessi nel 1950 e nel 1951 direttamente al governo belga, mentre altri prestiti sono dati a singole società operanti nel Congo. Il piano prevede una spesa straordinaria di 50 milioni di franchi ripartita in nove sezioni: trasporti, alloggi indigeni, servizi di pubblica utilità, rifornimento idrico, elettrificazione, istruzione, igiene, immigrazione e agricoltura. È soprattutto il territorio minerariamente privilegiato del Katanga ad avvantaggiarsi dell'impegno di spesa straordinaria del Belgio nel Congo sia in autostrade che in ferrovie — linea da Kabalo a Kamina di 444 km. — e in edilizia ospedaliera e scolastica; ma anche i maggiori centri urbani ricevono una notevole spinta a rafforzarsi economicamente con la creazione di complessi industriali e ad attrezzarsi in senso moderno. Leopoldville in dieci anni passa da 96 a piú di 300 mila abitanti, si arricchisce di un sobborgo industriale (Limete), é fornita di uno dei migliori aeroporti africani, con una pista di lancio lunga 4 km.; il porto di Matadi viene ingrandito e adattato ad un traffico intercontinentale; da nuove strade o ferrovie so[...]

[...]anleyville, Ponthierville, PortFranqui, Kindu, Costermansville.
Il viaggio di re Baldovino nel maggiogiugno 1955 ha l'obiettivo di consacrare, esaltandolo, questo panorama di operosità e di crescente benessere, che ha il suo corrispettivo politico nella stabilità sociale, nella concordia razziale, nella collaborazione degli indigeni. Al pesante sgretolamento dell'edificio coloniale per ogni dove in Africa, viene contrapposto l'armonioso cammino congolese. Soltanto i fatti contano, e il Congo é li a smentire chi corre dietro a idee di ineluttabilità del dissolvimento coloniale. Il Congo prospera perché non vi sono teste calde politiche, e le teste calde politiche non germinano perché la potenza coloniale sa tenere l'am
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biente disinfestato moralmente e sa rendersi conto che occorre assicurare a tutti lavoro e dare graduali soddisfazioni alla esigenza di miglioramento materiale e spirituale degli indigeni.
Concentrazione di operai nei grossi centri abitati, in conseguenza dell'industrializzazione, contatto di questi operai con i colleghi bianchi, formazione di una piccola borghesia commerciale e impiegatizia, vicinanza di territori politicamente in fermento, concorrono tuttavia a trasformare sempre più l'ambiente congolese, costituiscono le consuete premesse al passaggio [...]

[...]e occorre assicurare a tutti lavoro e dare graduali soddisfazioni alla esigenza di miglioramento materiale e spirituale degli indigeni.
Concentrazione di operai nei grossi centri abitati, in conseguenza dell'industrializzazione, contatto di questi operai con i colleghi bianchi, formazione di una piccola borghesia commerciale e impiegatizia, vicinanza di territori politicamente in fermento, concorrono tuttavia a trasformare sempre più l'ambiente congolese, costituiscono le consuete premesse al passaggio del regime coloniale in una fase di crisi. Per quanto impegno vi ponga, l'autorità coloniale belga non riesce a conservare del tutto il Congo come un vaso chiuso rispetto al mondo circostante e a impedire che le trasformazioni di vita all'interno del paese abbiano effetti diversi che altrove. La delusione é sempre al varco per coloro che riducono il problema politico a un problema di educazione, specialmente se fondano l'educazione su un precetto morale che si identifica soltanto col proprio tornaconto.
All'interno del Congo i primi sintomi di irrequietudine si manifestano nei centri extracoutumiers di Leopoldville e della zona mineraria del Katanga. Sia che si tratti di solidarietà sindacale tra proletariato europeo e africano — l'organizzazione sindacale indigena é autorizzata dal 1946 —, come in seno all'Unione Katangaise nel Katanga e all'Unicol nella Provincia orientale con capoluogo Stanleyville, entrambe imperniate sulla lotta contro il centralismo amministrativo di Leopoldville, sia che si tratti di primo urto di interessi tra bianchi e negri nelle piantagioni e coltivazioni della provincia di Kivu, appar[...]

[...] sia che si tratti di primo urto di interessi tra bianchi e negri nelle piantagioni e coltivazioni della provincia di Kivu, appare chiaro che lo status quo sociale e politico presenta le prime incrinature.
Né l'isolamento dall'esterno ha più ampie probabilità di durare, una volta che nelle regioni confinanti si verifichino, come già avviene, decisi movimenti di opinione pubblica in senso nazionale. L'osmosi di idee di impulsi tra le popolazioni congolesi e quelle vicine, soprattutto con quelle sotto amministrazione francese — la capitale dell'Africa equatoriale francese Brazzaville e Leopoldville sono sulle due sponde del fiume Congo separate da soli 4 km. — ha precedenti sintomatici: l'unica rivolta di una certa proporzione
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scoppiata nel Congo prima della seconda guerra mondiale, quella del 192021, ha avuto a protagonista un carpentiere, Simone Kimbangu, che era membro di una setta religiosa fondata al di là del fiume Congo, nel 1948, da Zéphyrin Lassy. L'osmosi ha, oltre tutto, una base etnica: il gruppo etnico dei Lari infatti é stato disperso dal giuoco delle spartizioni coloniali tra il Congo francese, il Congo belga, il Cabinda e l'Angola portoghese. La stessa osmosi, sempre sulla base delle affinità etniche, é in atto ai confini con l'Angola, con la Rhodesia, con l'Uganda e col Sudan, dove non è raro il caso di un capo congolese che abbia parte della sua tribù al di là della frontiera.
Che vi sia, nel sottofondo della vita congolese, un ribollio cauto ma intenso di sêtte segrete e religiose, lo dimostra il rapido formarsi di associazioni rivendicatrici di diritti politici congolesi — evidentemente non dovuto a improvvisazione — che ha luogo nello stesso momento in cui, nel giugno 1956, l'Africa equatoriale francese ottiene da una leggequadro del governo di Parigi, insieme agli altri territori francesi dell'Africa nera, l'avvio a una decisa evoluzione autonomistica che andrà a compimento con la costituzione francese del 5 ottobre 1958. Il là sembra essere dato dal manifesto Conscience africaine, redatto da un gruppo di intellettuali Bangala di residenza a Kinshasa, in cui si rivendica l'esistenza di una nazione congolese; ma, il fatto che esso fissi in tappe lungo un[...]

[...]nel giugno 1956, l'Africa equatoriale francese ottiene da una leggequadro del governo di Parigi, insieme agli altri territori francesi dell'Africa nera, l'avvio a una decisa evoluzione autonomistica che andrà a compimento con la costituzione francese del 5 ottobre 1958. Il là sembra essere dato dal manifesto Conscience africaine, redatto da un gruppo di intellettuali Bangala di residenza a Kinshasa, in cui si rivendica l'esistenza di una nazione congolese; ma, il fatto che esso fissi in tappe lungo un trentennio il processo evolutivo verso la completa emancipazione, fa comprendere che si tratta di manovra diversiva organizzata dalla missione di Scheut e utilizzante l'avversione tradizionale della popolazione Bangala contro la popolazione Bakongo. Questi scendono in campo, infatti, con un programma più radicale, che prevede l'indipendenza immediata e la partenza dei bianchi. Due gruppi politici si fanno portavoce di questo programma: il Movimento nazionale congolese fondato da Patrizio Lumumba, e, più autorevolmente, l'Associazione dei Bako[...]

[...] processo evolutivo verso la completa emancipazione, fa comprendere che si tratta di manovra diversiva organizzata dalla missione di Scheut e utilizzante l'avversione tradizionale della popolazione Bangala contro la popolazione Bakongo. Questi scendono in campo, infatti, con un programma più radicale, che prevede l'indipendenza immediata e la partenza dei bianchi. Due gruppi politici si fanno portavoce di questo programma: il Movimento nazionale congolese fondato da Patrizio Lumumba, e, più autorevolmente, l'Associazione dei Bakongo per l'unificazione, la conservazione e l'espansione della lingua Kikongo, che si trasforma poco più tardi in Associazione degli originari del Basso Congo (Abako).
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La vivacità delle manifestazioni politiche di questi gruppi e l'ampiezza di adesioni che essi raccolgono nell'ambiente indigeno cancella subito l'oleografica e falsa immagine di un Congo estraniato dall'irrequietudine nazionalista africana. Non resta al governo belga che dare una prova, sia della sua volontà non di escludere una evoluzione politica del Congo ma soltanto di graduarla sulla base di una educazione amministrativa della popolazione, sia del fatto che nell'attuale malcontento per lo status quo non sono implicati che sparuti gruppi di persone mossi più da spirito di rivalità tribale che da avversione al regime coloniale. Annuncia perciò, il 26 marzo 1957, la concessione dello statuto municipale alle principali città congolesi, dando per altro ad esso un contenuto assai complicato, tale da lasciare poco margine di responsabilità agli indigeni eletti. Tra l'altro, le città sono divise in parecchi « comuni » (in 11 Leopoldville, in 5 Elisabthville e in 3 Jadotville), ciascun comune avrà un sindaco o borgomastro non eletto ma nominato dal governatore, e sopra i vari borgomastri d'ogni città starà un primo borgomastro, di nazionalità europea. Più minuziosa ancora è la procedura di preparazione delle liste elettorali, allo scopo di sfoltirle al massimo. La fase preparatoria durerebbe tuttavia a lungo se una serie di[...]

[...]one a chi ha manifestato perplessità anche dopo che sono state messe in atto tutte le precauzioni per spoliticizzare l'avvenimento. Sorprende e allarma, in particolare, il fatto che l'alta maggioranza riversatasi sui candidati bakongo non provenga soltanto dalla popolazione dei Bakongo, che rappresenta la metà delle liste elettorali; con ciò infatti viene meno il luogo comune più diffuso negli ambienti colonialistici, che non vi possa essere nel Congo schieramento politico su base diversa di quella tribale. Le elezioni indicano
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che c'è un fattore di avvicinamento tra gli africani capace di far superare lo spirito tribale, ed è la solidarietà di interessi nazionali. Finiscono per riconoscerlo anche i Bangala che, per sperare di contrapporsi in futuro con successo ai rivali Bakongo, si decidono a scendere con maggiore impegno sul terreno delle rivendicazioni nazionali e cambiano subito tono in tal senso.
Ma sono soprattutto i Bakongo a sfruttare la piattaforma della vittoria elettorale per una più intensa attività[...]

[...]testa dirigenti dell'Abako, e poco importa che la legge assegni ad essi una ridotta responsabilità amministrativa, se consente di continuare íl dialogo politico con l'autorità belga. Il presidente dell'associazione, Kasavubu, non lascia dubbi, nel discorso di insediamento come borgomastro del quartiere di Dendale (Leopoldville), sull'uso che intende fare della sua carica. Il governatore generale Pétillon gli invia una nota di biasimo, ma la vita congolese non cessa di svolgersi in un'atmosfera di eccitazione, politica che ha quale protagonista l'Abako. Tanto più che l'amministrazione coloniale può contare meno sull'atout suo più forte, la « politique du ventre plein », ora che l'economia congolese è in fase di recessione nel settore minerario, la disoccupazione africana tende a ingrossarsi (50 mila nella sola capitale congolese, nel dicembre 1958), il bilancio congolese per la prima volta è in deficit e si manifesta la tendenza a minori investimenti di capitali e persino al rimpatrio di capitali verso il Belgio. D'altra parte, come suole accadere, il campanello d'allarme del risultato elettorale non spinge il governo belga ad abbandonare la politica dello struzzo e a valutare obiettivamente la realtà al di fuori dei luoghi comuni di comodo e della naturale pigrizia conservatrice, ma accresce perplessità e suggerisce piuttosto propositi di più ferma resistenza, non bene mascherati dagli accenni ai necessari adattamenti della politica indigena (dichiarazio[...]

[...]e del risultato elettorale non spinge il governo belga ad abbandonare la politica dello struzzo e a valutare obiettivamente la realtà al di fuori dei luoghi comuni di comodo e della naturale pigrizia conservatrice, ma accresce perplessità e suggerisce piuttosto propositi di più ferma resistenza, non bene mascherati dagli accenni ai necessari adattamenti della politica indigena (dichiarazione governativa del 18 novembre 1958 e costituzione
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d'un gruppo di lavoro per lo studio dei problemi politici nel Congo Belga).
Sul più accentuato dinamismo dell'Abako influisce indubbiamente anche l'ulteriore sviluppo nazionalistico dei vicini territori dell'Africa equatoriale francese, che giunge all'epilogo vittorioso con la nuova costituzione francese dell'ottobre 1958. È proprio alle porte di Leopoldville, a Brazzaville, che il gen. de Gaulle annunzia solennemente la sua politica di rottura radicale con il vecchio colonialismo in Africa. Alla testa dei due territori del Congo e dell'UbanghiSciari, divenuti stati indipendenti — il secondo col nome di Repubblica centroafricana — membri della Comunità franc[...]

[...]più accentuato dinamismo dell'Abako influisce indubbiamente anche l'ulteriore sviluppo nazionalistico dei vicini territori dell'Africa equatoriale francese, che giunge all'epilogo vittorioso con la nuova costituzione francese dell'ottobre 1958. È proprio alle porte di Leopoldville, a Brazzaville, che il gen. de Gaulle annunzia solennemente la sua politica di rottura radicale con il vecchio colonialismo in Africa. Alla testa dei due territori del Congo e dell'UbanghiSciari, divenuti stati indipendenti — il secondo col nome di Repubblica centroafricana — membri della Comunità francoafricana, vi sono due personalità, rispettivamente l'abate Youlou e B. Boganda (perito poi in un incidente aereo il 30 marzo 1959), di vivacissima fantasia panafricanista, assai sensibili ai problemi del Congo belga. Il primo é infatti il capo dei Lari, il gruppo etnico che abbiamo visto dislocato in parte nella colonia belga, e l'altro, fondatore del Movimento per l'evoluzione sociale dell'Africa nera (Mésan), insiste sul fatto che le due rive del fiume Ubangui (la riva sinistra fa parte del Congo Belga) sono abitate dalle stesse tribù M'baka e Banziai, e lancia l'idea d'un raggruppamento, « Stati Uniti dell'Africa latina », che dovrebbe comprendere i quattro territori dell'exAfrica equatoriale francese, il Camerun, il Congo belga e l'Angola, e si allineerebbe agli Stati Uniti dell'Africa occidentale, di influenza anglosassone (Nkrumah), e a una zona di influenza musulmana (Nasser), nel dare un primo assetto politico all'Africa. « Io stesso sono nato congolese » — afferma denunziando « l'errore geografico degli esploratori » e chiedendo una revisione della frontiera dell'Africa centrale — « e sono divenuto ubanguiano. Una parte della mia tribù si trova nel Congo belga, un'altra nell'antico territorio dell'Ubangui e un'altra ancora al Ciad. Ma è la lingua francese e la nostra comune cultura latina che costituiscono per noi dei legami fondamentali. Ed è perciò ch'io credo fermamente all'avvenire di quella che si dovrà chiamare Africa latina, così come si parla di America latina ».
È problematico che possa avere eco fra i nazionalisti congolesi un progetto del genere, come anche del resto quello Lari del
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Youlou, ma costituisce ugualmente una manifestazione dell'esigenza di avvicinamento, di collaborazione tra le diverse forze politiche di questo settore africano. Se è soltanto frutto della tendenza belga ad attribuire a influenze esterne la perdita della « buona salute » del Congo, l'affermazione di un ministro di Bruxelles relativa alla responsabilità dell'abate Youlou nell'evoluzione dello stato d'animo congolese, è certo però che frequenti divengono i contatti nella seconda metà del 1958 tra gli esponenti dell'Abako e il mondo nazionalista extracongolese. E sono contatti che servono a rinvigorire i propositi di porre decisamente sul tappeto il problema politico congolese. Tali propositi ricevono le estreme sollecitazioni morali nella ricordata conferenza di Accra, dove l'Abako è rappresentato da due « eletti » del 1957, Diomi e Lumumba.
L'eco della conferenza di Accra nei centri congolesi è d'un genere caratteristico di taluni momenti nella vita dei popoli in cui la suggestione collettiva riversa su un episodio marginale, su un evento qualsiasi aspettative sproporzionate, altera le dimensioni della realtà, crea un'atmosfera quasi messianica di attesa. Tornando dal Belgio dopo alcune settimane di assenza, il presidente del sindacato dei funzionari congolesi e borgomastro del comune di Kaluma, A. Pinzi, rimane sorpreso per il mutamento avvenuto nell'opinione pubblica africana, nota lo stato d'eccitazione che Accra ha creato. I sintomi di eccitazione si rivelano anche il 28 dicembre, al prima dei comizi politici autorizzati dall'autorità belga a Leopoidville: ogni volta che gli oratori del Movimento nazionale congolese accennano alla necessaria evoluzione verso l'indipendenza, parte della folla risponde con grida che rivendicano l'immediato raggiungimento di tale obiettivo. In siffatta atmosfera, l'annunzio alla folla già riunita, il 4 gennaio 1959, del divieto del governatore al comizio che avrebbero dovuto tenere Kasavubu, Diomi e Lumumba, è accolto come una sfida contro le aspirazioni nazionali congolesi. La reazione si scatena improvvisa con violenza tumultuosa e acre, investendo disordinatamente beni e persone che siano europei. Per due giorni incendi e saccheggi degli africani si frammischiano a cariche e sparatorie, ad arresti ed uccisioni ad opera della polizia e dei reparti paracadutisti accorsi in rinforzo da
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Kamina. Poi, per diversi giorni ancora, strascichi di disordini e di violenza repressiva qua e là per le località del Congo; ed infine, il gran silenzio del coprifuoco, lo stato d'assedio, le carceri colme di rivoltosi, la ripresa del consueto ritmo di vita.
Le sanguinose giornate del gennaio segnano la comparsa sulla scena politica congolese di una volontà indigena distinta e opposta alla volontà dello stato colonizzatore, e capace di porre sul tappeto il problema dell'autonomia del Congo. L'urto violento con l'amministrazione coloniabelga serve anche a consacrare l'Abako come il nucleo organizzativo più efficiente, per il momento, nel tenere vivo e incanalare lo sforzo autonomistico. Il suo prestigio ne esce rafforzato, e più ancora si rafforza per la malaccorta decisione di Bruxelles di ordinarne lo scioglimento e di arrestare i suoi capi J. Kasabuvu, D. Kanza e S. Nzeza (insieme ad un gruppo di altri esponenti politici, tra i quali Diomi e Pinzi). Uomini politici di altri movimenti, come ad esempio il presidente del Movimento nazionale congolese Lumumba, si compromettono, f[...]

[...]vo più efficiente, per il momento, nel tenere vivo e incanalare lo sforzo autonomistico. Il suo prestigio ne esce rafforzato, e più ancora si rafforza per la malaccorta decisione di Bruxelles di ordinarne lo scioglimento e di arrestare i suoi capi J. Kasabuvu, D. Kanza e S. Nzeza (insieme ad un gruppo di altri esponenti politici, tra i quali Diomi e Pinzi). Uomini politici di altri movimenti, come ad esempio il presidente del Movimento nazionale congolese Lumumba, si compromettono, fino ad incorrere nell'arresto (10 marzo), nel promuovere agitazioni in favore della liberazione di Kasabuvu e compagni. L'obiettivo belga di spezzare ogni possibilità di vita dell'Abako viene neutralizzato dall'identificazione che l'opinione pubblica indigena del Congo tende sempre più a fare tra Abako e indipendenza congolese. Se ne rende ben conto il ministro per il Congo Van Hemelrijk allorché giunge nella colonia per sondare le reazioni indigene al suo programma di riforme e non trova interlocutori in grado di parlare diversamente che a titolo personale; più esattamente, trova una organizzazione denominata Interfédérale e raggruppante tutte le associazioni etniche congolesi, ma deve poi constatare che i propositi arrendevoli manifestati dai suoi dirigenti, B. Tumba e J. Iveki, non sono che i propositi d'una organizzazione la cui esistenza é sconosciuta alle associazioni etniche che in teoria ne fanno parte.
Al fermento congolese, che trae spinta dall'arresto dei capi dell'Abako per accentuare i motivi di lotta nazionale, il 18 gennaio offre piena solidarietà una dichiarazione del Consiglio afroasiatico del Cairo, che si sforza di allargare internazionalmente l'eco avuto dagli avvenimenti del 45 gennaio: « L'orrenda carneficina di
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Leopoldville, dove centinaia di abitanti inermi sono stati uccisi, ha completamente smentito le menzognere affermazioni dei belgi nel loro tentativo di convincere il mondo intero che essi sono i « colonizzatori ideali » e che il Congo é una colonia « soddisfatt[...]

[...] piena solidarietà una dichiarazione del Consiglio afroasiatico del Cairo, che si sforza di allargare internazionalmente l'eco avuto dagli avvenimenti del 45 gennaio: « L'orrenda carneficina di
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Leopoldville, dove centinaia di abitanti inermi sono stati uccisi, ha completamente smentito le menzognere affermazioni dei belgi nel loro tentativo di convincere il mondo intero che essi sono i « colonizzatori ideali » e che il Congo é una colonia « soddisfatta ». Il Belgio ha sfruttato spietatamente il ricco territorio congolese, la cui popolazione é oggi inferiore ai 12 milioni, mentre nel 1900 era di 20 milioni. I1 regime belga é costato al popolo congolese 58 milioni di vite umane. Le retoriche dichiarazioni del Belgio sulla sua missione civilizzatrice nel Congo si sono volatilizzate come bolle di sapone nelle strade di Leopoldville, immerse nel sangue durante il recente passato. La coscienza del mondo é offesa da questo mostruoso crimine degli imperialisti belgi. ...Gli imperialisti belgi inviano una commissione per aprire una inchiesta sulle circostanze del massacro. Lo scopo di questo provvedimento é di giustificare il massacro e non accontenterà quindi i popoli dei paesi asiatici e africani. Noi chiediamo che una commissione internazionale sia autorizzata a svolgere una minuziosa inchiesta sull'inumano episodio di Leopoldville. Esprimiamo la nost[...]

[...]..Gli imperialisti belgi inviano una commissione per aprire una inchiesta sulle circostanze del massacro. Lo scopo di questo provvedimento é di giustificare il massacro e non accontenterà quindi i popoli dei paesi asiatici e africani. Noi chiediamo che una commissione internazionale sia autorizzata a svolgere una minuziosa inchiesta sull'inumano episodio di Leopoldville. Esprimiamo la nostra solidarietà con il movimento di liberazione del popolo congolese e chiediamo il riconoscimento dell'indipendenza del Congo e l'immediato ritiro dei belgi da questo paese che essi hanno rovinato e saccheggiato senza scrupoli. Tutte le truppe belghe debbono immediatamente partire dal Congo. I dirigenti dell'organizzazione Abako — D. Kanza, J. Kasabuvu ed altri — debbono essere immediatamente messi in libertà e si debbono svolgere trattative con essi sulle questioni concernenti l'indipendenza del Congo, sull'abolizione completa e definitiva della dominazione belga in questo paese ».
All'irrigidimento nazionalista indigeno, provocato dall'urto del gennaio, corrisponde uno stato d'animo di allarme prima, e poi di reazione antinegra, tra la minoranza bianca stanziata nel Congo. Il panico altera le proporzioni della minaccia alle sue posizioni economiche e sociali, spingendo ad atteggiamenti capaci piuttosto di approfondire il solco razziale che di smussare i motivi di contrasto, facendo vedere la salvezza soltanto in una politica di forza, in una dura repressione di qualsiasi gesto autonomistico degli africani. Non manca, tra coloni e funzionari coloniali, chi non
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condivide l'orientamento basato su impulsi di vendetta, ma é sommerso dalla prevalente tendenza a puntare i piedi, a considerare lo spirito di moderazione come una debolezza foriera di distruzione degli interessi bianchi. Una mozione dell'Association des colons, subito dopo gli incidenti, chiede « la costituzione immediata d'un corpo di protezione armata », reclama « il risarcimento integrale dei danni », domanda che « severe misure siano prese contro tutti i responsabili » e che « lo stato di assedio sia proclamato immedia tamente in caso di ripresa dei d[...]

[...] di distruzione degli interessi bianchi. Una mozione dell'Association des colons, subito dopo gli incidenti, chiede « la costituzione immediata d'un corpo di protezione armata », reclama « il risarcimento integrale dei danni », domanda che « severe misure siano prese contro tutti i responsabili » e che « lo stato di assedio sia proclamato immedia tamente in caso di ripresa dei disordini »; proclama infine la pe
rennità e dei legami tra Belgio e Congo. Allorché
poi il ministro per il Congo Van Hemelrijk si reca nella colonia per convincere gli europei sulla necessità di riforme, trova, specie nella provincia di Kivi.I, un'accoglienza assai ostile. « Promettendo suffragio universale e indipendenza », afferma un manifesto degli. ultra nell'occasione, « il governo ha dato un premio alla rivolta! Coscienti di rappresentare l'immensa maggioranza della popolazione, sosteniamo che gli impegni presi dal governo sono da considerare nulli e come non avvenuti. Nessun piccolo governo passeggero di Bruxelles ha il diritto di gettare l'unità belgocongolese in pasto ai primi saccheggiatori ch[...]

[...] nella provincia di Kivi.I, un'accoglienza assai ostile. « Promettendo suffragio universale e indipendenza », afferma un manifesto degli. ultra nell'occasione, « il governo ha dato un premio alla rivolta! Coscienti di rappresentare l'immensa maggioranza della popolazione, sosteniamo che gli impegni presi dal governo sono da considerare nulli e come non avvenuti. Nessun piccolo governo passeggero di Bruxelles ha il diritto di gettare l'unità belgocongolese in pasto ai primi saccheggiatori che capitano. Reagiamo! Uniamoci! La sorpresa ci ha fatto perdere una battaglia, ma la vittoria sarà nostra ». A poco a poco negli ambienti bianchi del Congo tende ad affermarsi un'atmosfera da 13 maggio algerino, una tendenza a porsi come i soli legittimi rappresentanti degli interessi belgi nel Congo, aventi il dovere, se necessario, di opporsi con la forza alla politica di Bruxelles. Tale atmosfera non sfugge alla Commissione parlamentare d'inchiesta che é inviata nella colonia per indagare sulle cause degli avvenimenti del 45 gennaio. Il suo rapporto, pubblicato il 28 marzo, insiste su questo punto, e così accenna alla parte che i circoli militari sostengono nell'alimentare lo spirito di rivolta « La commissione sottolinea la necessità che le autorità militari eseguano senza criticarle le decisioni delle autorità civili che rappresentano il potere esecutivo nel Congo. La commissione sot[...]

[...]ione parlamentare d'inchiesta che é inviata nella colonia per indagare sulle cause degli avvenimenti del 45 gennaio. Il suo rapporto, pubblicato il 28 marzo, insiste su questo punto, e così accenna alla parte che i circoli militari sostengono nell'alimentare lo spirito di rivolta « La commissione sottolinea la necessità che le autorità militari eseguano senza criticarle le decisioni delle autorità civili che rappresentano il potere esecutivo nel Congo. La commissione sottolinea lo stretto dovere di tutti i comandanti militari di attenersi scrupolosamente ai loro compiti ed evitare qualsiasi apprezzamento sulle decisioni che spettano alle sole autorità civili ».
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I due fermenti opposti, africano e bianco, s'influenzano reciprocamente; non poco il primo contribuisce a far prevalere un orientamento di puntigliosa resistenza tra i bianchi, determinante è il secondo nel togliere ogni prospettiva agli africani sulla possibilità di evoluzione dell'animus coloniale belga.
Da ciò ne resta compromesso lo sforzo che il g[...]

[...]il reinserimento nell'ambiente rurale dei lavoratori che desiderano lasciare la città, è dato permesso ai non europei di trasferirsi nei quartieri riservati ai bianchi, viene annunziata l'attuazione dal 1° gennaio 1960 d'un secondo piano decennale per 50 miliardi di franchi. Contemporaneamente Bruxelles procede a una revisione dei quadri amministrativi e di governo della colonia, sollecita il ritmo di lavoro d'un gruppo di studio per riforme nel Congo che è da tempo in funzione, promuove la ricordata commissione di inchiesta parlamentare.
Si rende conto però che in primo piano c'è un problema politico, e che non è possibile procrastinare nel tempo la decisione sul problema fondamentale, che è quello dell'inserimento degli indigeni nella vita politica della loro terra e della loro assunzione graduale di responsabilità di governo. La soluzione di questo problema è data, il 13 gennaio, da un programma esposto in un messaggio di re Baldovino e in una dichiarazione alla Camera del primo ministro Eyskens. È un programma sufficientemente chiaro [...]

[...]ta politica della loro terra e della loro assunzione graduale di responsabilità di governo. La soluzione di questo problema è data, il 13 gennaio, da un programma esposto in un messaggio di re Baldovino e in una dichiarazione alla Camera del primo ministro Eyskens. È un programma sufficientemente chiaro nella sostanza ma espresso in forme « interlocutorie », tali da permettere successivi accomodamenti. Due sono gli obiettivi generali da esso
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espressi: evoluzione politica degli indigeni verso l'autogoverno, e creazione di una comunità belgocongolese che assicuri la presenza duratura del Belgio nella vita del Congo e tuteli permanentemente gli interessi economici belgi nel Congo. Il messaggio del sovrano afferma: « È nostra ferma risoluzione di condurre, senza indugi dannosi ma senza precipitazioni sconsiderate, le popolazioni congolesi all'indipendenza, nella prosperità e nella pace... Pur non esitando ad approvare e assecondare le aspirazioni dei nostri fratelli neri, non possiamo tuttavia dimenticare che il Belgio, con 80 anni di servizi e di sforzi ha acquisito diritti incontestabili alla loro simpatia e alla loro leale cooperazione ». Nella dichiarazione del primo ministro si legge: «Il Belgio intende organizzare nel Congo una democrazia capace di esercitare le prerogative della sovranità e di decidere della sua indipendenza... Nell'interesse dei due paesi é auspicabile che al termine dell'evoluzione siano mantenuti vincoli di associazione fra il Congo e il Belgio ». Per l'attuazione del primo obiettivo é fissata la seguente tabella di marcia: elezione di Consigli comunali e territoriali alla fine del 1959; elezione di Consigli provinciali nel marzo 1960; subito dopo, elezione del Consiglio generale del Congo — abbozzo della futura Camera dei rappresentanti — e formazione di un consiglio legislativo corrispondente ad un senato. Per taluni, a Bruxelles, il programma brucia troppo le tappe, mentre per altri non tiene abbastanza conto delle esigenze sociali ed economiche. Nella colonia invece, come ho già accennato, per motivi diversi esso provoca, sia nell'ambiente africano che in quello bianco, perplessità e, in certi settori, aperta ostilità.
Ma il programma pone come prima esigenza la liberazione dei capi nazionalisti incarcerati, sia perché è la condizione per trarre tutti gli effetti psicologi[...]

[...]ello bianco, perplessità e, in certi settori, aperta ostilità.
Ma il programma pone come prima esigenza la liberazione dei capi nazionalisti incarcerati, sia perché è la condizione per trarre tutti gli effetti psicologici verso la distensione degli animi che il programma governativo si propone, sia perché quei capi sono i soli validi interlocutori, capaci di dare col loro consenso efficacia pratica al programma stesso. Durante la sua visita nel Congo, il ministro Van Hemelrijk, dopo la ricordata esperienza con i rappresentanti dell'Interfédérale, va a chiedere in carcere a Kasavubu il parere sul programma governativo e gli propone un
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piano in vista dell'indipendenza. Il capo dell'Abako si dichiara favorevole in linea di principio ma fa osservare che prima di pronunziarsi definitivamente ha bisogno di consultarsi con i suoi amici. A metà marzo i capi indigeni sono liberati e si recano spontaneamente — almeno secondo le affermazioni del ministro del Congo — a Bruxelles per trattare sul programma di evoluzione poli[...]

[...]nterfédérale, va a chiedere in carcere a Kasavubu il parere sul programma governativo e gli propone un
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piano in vista dell'indipendenza. Il capo dell'Abako si dichiara favorevole in linea di principio ma fa osservare che prima di pronunziarsi definitivamente ha bisogno di consultarsi con i suoi amici. A metà marzo i capi indigeni sono liberati e si recano spontaneamente — almeno secondo le affermazioni del ministro del Congo — a Bruxelles per trattare sul programma di evoluzione politica del Congo.
Il Congo si trova ora in questa fase fluida di contatti, di polemiche, di prese di posizione, di gesti d'intransigenza, di sforzi di compromesso, nella quale gli interessi in giuoco tentano di prendere coscienza della nuova situazione e di far valere il proprio punto di vista. E indubbio che Bruxelles ha tuttora largo margine di manovra, ma la situazione diverrebbe difficile per essa il giorno in cui la manovra si dovesse orientare verso l'alterazione o la interpretazione restrittiva del programma del 13 gennaio, sulla spinta della tendenza da « 13 maggio » che si delinea tra la minoranza bianca resid[...]

[...]essi in giuoco tentano di prendere coscienza della nuova situazione e di far valere il proprio punto di vista. E indubbio che Bruxelles ha tuttora largo margine di manovra, ma la situazione diverrebbe difficile per essa il giorno in cui la manovra si dovesse orientare verso l'alterazione o la interpretazione restrittiva del programma del 13 gennaio, sulla spinta della tendenza da « 13 maggio » che si delinea tra la minoranza bianca residente nel Congo. La situazione entrerebbe poi in una via senza uscita il giorno in cui si cedesse alla richiesta di tale minoranza perché sia aumentata l'immigrazione bianca nel Congo. L'aver limitato l'immigrazione é stata una delle poche decisioni sagge della vecchia politica del Belgio riguardo al Congo. L'ex ambasciatore statunitense Bowles racconta che, avendo chiesto al governatore generale belga cosa potesse far diventare comunista il Congo, quegli rispose: « One hundred thousand white Europeans settlers ». La scarsa entità del gruppo bianco é si una condizione favorevole perché sia meno aspro il processo di sganciamento del Congo dal regime coloniale, ma non é pertinente, nella affermazione riferita dal Bowles, l'idea implicita che, mantenendosi basso il ritmo di immigrazione, possa rimanere bloccato il problema di indipendenza. La realtà é che, più numerosa immigrazione bianca o meno, comunismo o meno, il Congo é entrato ormai nel gran movimento di decolonizzazione che domina l'Africa. Il movimento indigeno congolese può essere valutato in modi diversi, come forza politica, può apparire più o meno privo di centro di gravità organizzativo, caotico nei suoi interessi tribali, confuso nei suoi obiettivi nazionali, ma ha raggiunto in modo netto il momento di
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IL CONGO BELGA NEL NAZIONALISMO AFRICANO 149 .
frattura psicologica col regime coloniale. Per incerti che possano essere i modi di convergenza concreti dei suoi impulsi, é certo che si tratta di solidi impulsi di emancipazione. Saranno le circostanze di lotta a esprimere le forze politiche più valide nazionalmente e gli uomini più adatti a esserne guida. E interesse del Belgio con siderare il passaggio da un ordine di cose all'altro non come un tracollo delle sue fortune ma come una evoluzione, per nulla arbitraria, che può consentire l'ulteriore sua presenza, vantaggiosa per i suoi interessi, ove si[...]



da (Mito e civiltà moderna) Vittorio Lanternari, Frammenti religiosi e profezie di libertà fra i popoli coloniali in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 3 - 1 - numero 37

Brano: FERMENTI RELIGIOSI E PROFEZIE DI LIBERTA
FRA I POPOLI COLONIALI (1)
Fremiti di rivolta scuotono il Congo Belga, il Nyassa, l'Africa Equatoriale Francese. Sono di ieri i moti sediziosi del Kenya e dell'Africa occidentale. Per l'etnologo e per lo storico delle religioni che non abbia veli sugli occhi — come invece può esser indotto ad avere il funzionario coloniale — ciò non é una sorpresa. È l'eco conturbante ma per nulla inatteso di fermenti religiosi — ancor prima che politici i quali hanno maturato e vanno sconvolgendo la cultura dell'Africa Negra da oltre un cinquantennio con vigore crescente. Alla radice di ogni rivolta politica e militare di popoli indigeni stanno effettivamente altrettanti[...]

[...]ici i quali hanno maturato e vanno sconvolgendo la cultura dell'Africa Negra da oltre un cinquantennio con vigore crescente. Alla radice di ogni rivolta politica e militare di popoli indigeni stanno effettivamente altrettanti moti di rinnovamento religioso premonitori, cioè i culti profetici di liberazione.
Essi son venuti fiorendo nell'Africa Negra, dal Sud Africa alla Rhodesia, al Tanganika all'Africa Equatoriale e Occidentale, all'Angola, al Congo all'Uganda al Kenya, ecc. Ma altri numerosissimi sono venuti sviluppandosi e via via diffondendosi, dove piú presto dove più tardi, in Melanesia, Polinesia, Indonesia e nell'America indigena settentrionale e meridionale. Di pari passa con l'urto tra cultura egemonica e culture aborigene: soprattutto via via che le conseguenze dell'urto si son fatte pressanti e sconvolgenti — specialmente a seguito delle due guerre mondiali — i movimenti profetici dei popoli indigeni si sono imposti all'attenzione delle amministrazioni coloniali e delle chiese occidentali, oltreché della cultura moderna. Essi [...]

[...]ati i proseliti, la funzione profana delle religioni cosiddette « primitive » e in definitiva di ogni religione popolare: funzione volta alla risoluzione di concrete crisi esistenziali determinate dalla dinamica storica: funzione che consiste nell'instaurazione di forme adeguate di riscatto miticorituale.
56 VITTORIO LANTERNARI
Uno degli epicentri dei movimenti profetici africani é la regione compresa fra l'una e l'altra riva del Medio e Basso Congo (Congo Francese e Belga), con irradiazioni nell'Africa Equatoriale Francese e nell'intero Congo Belga.
In qual modo e con quasi specialissimi effetti ivi s'incontrino il Cristianesimo e la religione locale già s'intravvede sintomaticamente da un'antica notizia. Un Cappuccino il quale agli inizi del sec. 18° operò fra i Bakongo per riordinare le missioni del Regno indigeno del Congo, incontrò una strana profetessa, Donna Beatrice. Costei si vantava di aver ricevuto visioni e sogni vaticinatori, nonché un'esperienza di morte e rinascita, in base a cui era convinta di reincarnare in sé S. Antonio. Ella annunciava imminente il di del Giudizio finale. Fra gli «angeli» da cui si lasciava contornare, uno ne prescelse (sedicente San Giovanni), con cui visse e da cui ebbe un figlio. Ella fondò un movimento « Anta niano », subito seguito da numerosi proseliti, volto alla restaurazione del regno di San Salvador e al ripristino di antichi costumi tradizionali condannati dai Mission[...]

[...]i sviluppi, l'incontro tra due mondi culturali così eterogenei: da un lato le forme religiose indigene legate alle esigenze vitali più immediate — fecondità, fertilità, buon successo alla caccia —, dall'altro il Cristianesimo, nato dalla crisi di civiltà urbane medioorientali ed occidentali, improntato ad esigenze di tutt'altro ordine e inadeguato, almeno nelle forme genuine europee, ai bisogni religiosi locali.
(2) J. Juvelier, Relation sur le Congo du Père Laurent de Lucques (17001717). Bruxelles 1953.
(3) R. Wannijn, Objets anciens en metal du Bas Congo, « Zaire », V, 1952, 39194.
FERMENTI RELIGIOSI E PROFEZIE DI LIBERTA FRA I POPOLI COLONIALI 57
Uno dei tratti religiosi peculiari delle culture congolesi, come si vede, è il feticismo, o impiego cultuale e socialmente utile di oggetti opportunamente confezionati e pertanto « caricati » di valore taumaturgico. Ora il feticismo è in stretto rapporto con le prime manifestazioni profetiche di questa grande regione (4) : manifestazioni che presentano fin dapprincipio, e che poi continueranno a serbare fino ai giorni recenti, la combinazione — per null'affatto ingiustificata come vedremo — di due essenziali caratteri, cioè un intento dichiaratamente xenofobo ostile ai bianchi, una funzione di protezione dalla magia nera.
È del 1904 il primo gra[...]

[...]minibestie), a seguito dell'aggravarsi dell'urto culturale tra indigeni e bianchi si trasformavano in senso nettamente xenofobo, antieuropeo. In realtà l'esperienza di urto coi bianchi si rendeva sempre piú drastica, e coinvolgeva tutte le forme religiose tradizionali: tanto più quelle volte già a un intento esplicitamente salvifico, di guarigione, di padroneggiamento delle forze maligne.
Secondo la credenza dei Bashilele diffusasi nel 1933 (il Congo
Belga era stato costituito come colonia belga nel 1907: il contatto europeo dava i primi frutti in campo religioso e politico insieme) — l'avventa del messia liberatore sarebbe stato contrassegnato da eventi catastrofici, cioè il ritorna collettivo dei morti, l'eclisse solare; un cane nero avrebbe fatto la sua comparsa tra i villaggi parlando agli uomini. Indi sarebbe apparso un uomo in parte bianco, in parte nero. Gli aborigeni avrebbero potuto assicurarsi un inconcusso potere contra i bianchi bevendo da speciali tazze, cariche di virtù magica. Cominciarono di fatto a indirsi riti segreti, [...]

[...]concretezza che gli vien data dal rito corrispondente: infatti l'intera collettività — come s'è visto — entra, per cos' dire, nella fine del mondo, esce ritualmente dalla storia (dall'ordine), in un'atmosfera di esaltazione religiosa che, attraverso la cessazione di ogni consueta attività economica e nell'attesa della rinascita cosmica, a suo modo realizza quel mito.
Se da un canto, dopo la fine della prima guerra mondiale, s'incrementavano nel Congo le società segrete antistregoniste xenofobe specie nell'ambiente detribalizzato dei lavoratori urbani al servizio dei bianchi, nell'ambiente tribale originario nascevano veri e propri movimenti profetici con marcato influsso cristiano.
Dal 1921, con la forte personalità di Simon Kimbangu, emerge, su un terreno culturale ben preparato e fecondo, quella pianta destinata a ingrandirsi e proliferare, che è il movimento Kimbangista o Gunzista (Ngunzi—profeta), sboccato via via, attraverso le sue molteplici rielaborazioni, da un lato nella fondazione di chiese autonome indigene e d'altro lato nell[...]

[...]erreno culturale ben preparato e fecondo, quella pianta destinata a ingrandirsi e proliferare, che è il movimento Kimbangista o Gunzista (Ngunzi—profeta), sboccato via via, attraverso le sue molteplici rielaborazioni, da un lato nella fondazione di chiese autonome indigene e d'altro lato nelle forme d'irredentismo organizzato e politicamente consapevole di cui perviene l'eco oggi in Europa. La storia di questo movi
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mento congolese é una fioritura di figure profetiche, da Kimbangu ad André Matsúa, a Simon Mpadi — arrestati ripetutamente o deportati —, a Mavonda Ntangu ed altri ancora, mentre spiccavano in altri territori figure come Muana Lesa, impiccato in Rhodesia nel 1926. In tutti si fa notevolmente sentire un influsso missionario tipicamente protestante, basato sulla Bibbia e in special modo sull'Antico Testamento. Ma si tratta di un Cristianesimo « paganizzato », poiché se parziali elementi biblici sono accettati, essi sono scelti e rielaborati in funzione «indigenista» ed antibianchi. La posizione di questi p[...]

[...]osseduti da « spiriti », essi entravano in convulsioni, compivano danze, canti, acrobazie (8). I passi biblici prescelti da Kimbangu contenevano un chiaro significato polemico nel confronto dei bianchi. Quando l'amministratore di Thysville si recò da lui in visita, egli stava svolgendo una predica, e leggeva la storia di David e Golia. Invitato a colloquio dal funzionario, continuò imperterrito la sua allocuzione voltandogli le spalle (9). Per i Congolesi egli divenne ben presto il profeta del « Dio dei Negri », in antitesi al « Dio dei missionari cristiani ». Il suo messaggio profetico annunciava imminente la liberazione dai bianchi — anche dai missionari —, il rinnovamento delle condizioni di vita, il ritorno dei morti, l'età dell'oro. Nel contempo egli diffondeva la conoscenza della Bibbia, accettava il battesimo, la confessione, un rituale fondato su canti religiosi desunti dalla Bibbia. Ma il culto dei
(8) Andersson, 4960.
(9) Andersson. 62.
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morti restava come elem[...]

[...]re scelta dagli stessi Nativi, fuori e contro ogni imposizione dei bianchi.
La deportazione di Simon Kimbangu non valse a spegnere il movimento religioso da lui fondato. Gli indigeni continuavano a seguirne
i riti in modo clandestino nelle foreste, mentre nuovi profeti mantenevano viva la fiamma del Kimbangismo o Gunzismo (14), il quale attraverso alterne fasi di reviviscenza e repressione, tra arresti e deportazioni, penetrò profondamente nel Congo fino al 1930, quando sorse un'altra grande personalità, André Matsúa (15).
Nativo del gruppo Balali (tribú Sundi Ladi) presso Brazzaville, di educazione cattolica, partecipò alla prima guerra mondiale, fu in Francia ove frequentò circoli politici come l'« Union des Travallieurs Nègres », la « Ligue de la Defense de la Race Nègre », etc., e divenne ben presto un eminente condottiero politico. Fondò in Francia (1926) il movimento « Amicale Balali» comunemente detto poi «Amicalismo », nell'intento di svegliare le autorità metropolitane verso il problema negro e di promuovere la solidale resiste[...]

[...]ondottiero politico. Fondò in Francia (1926) il movimento « Amicale Balali» comunemente detto poi «Amicalismo », nell'intento di svegliare le autorità metropolitane verso il problema negro e di promuovere la solidale resistenza antibianchi dei Negri africani. II duplice arresto (1930, 1940), la deportazione al Ciad, il lungo periodo di prigionia aggiunsero, alla sua fisionomia di « eroeguida », la corona del martirio. André Matsúa diveniva per i Congolesi il suc
(13) Andersson, 70.
(14) Andersson, 6995.
(15) Andersson, 96117.
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cessore di Simon Kimbangu; né la sua morte (1942) attenuò gli entusiasmi, bensì valse a diffondere l'attesa di un suo prossimo ritorno come liberatore. Da allora egli divenne un vero messia, fu denominato GesúMatsúa (16).
Il fenomeno André Matslía é dei più caratteristici. L'azione ch'egli svolse su piano prevalentemente organizzativopolitico ebbe immediati, decisivi riflessi su piano religioso. André Matsúa e Simon Kimbangu a tuttoggi fra i Cong[...]

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cessore di Simon Kimbangu; né la sua morte (1942) attenuò gli entusiasmi, bensì valse a diffondere l'attesa di un suo prossimo ritorno come liberatore. Da allora egli divenne un vero messia, fu denominato GesúMatsúa (16).
Il fenomeno André Matslía é dei più caratteristici. L'azione ch'egli svolse su piano prevalentemente organizzativopolitico ebbe immediati, decisivi riflessi su piano religioso. André Matsúa e Simon Kimbangu a tuttoggi fra i Congolesi delle colonie francese e belga sono assunti alla qualifica di « Re del Congo », simboli di unità e di un'epoca di libertà ansiosamente attesa. La loro spirituale presenza ispira quella nuova organizzazione religiosa che é la chiesa nativa «indigenista» del Congo, nettamente autonomista, polemica verso i missionari oltreché verso le autorità civili, politiche, amministrative, fondata sulla diretta esperienza religiosa nativa, eppure aperta ad alcune forme cristiane (17). Per Matsúa forse ancor più che per Kimbangu vale quanto il Balandier fa giustamente osservare, che il Cristianesimo stesso, con il modello di un Messia sacrificato all'ottusa intransigenza del pubblico potere non meno che all'infamia dei nemici, con l'esempio del Martire trionfante per la fede e per la redenzione dei fedeli, il Cristianesimo stesso ha portato fra i nativi quello spiri[...]

[...]ù che un capo politico, si trasformò — e senza sua deliberata intenzione — in un profetamessia, modello — accanto a Kimbagu — di una religione di redenzione terrena: egli è divenuto il Cristo Negro.
(16) Balandier 1955, 397416; Andersson, 11725.
(17) Balandier 1957, 2367.
(18) Balandier 1957, 237; Balandier 1955, 434.
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A delineare lo speciale carattere del culto GunzistaAmicalista proprio delle attuali chiese negre del Congo (emanate dai detti movimenti profetici), basti dire del particolarissimo sincretismo che contraddistingue il segno della croce. Desunto formalmente dal Cristianesimo, il segno viene accompagnato da una formula che compromette in radice — rispetto alle chiese occidentali — il Cristianesimo di questi « cristiani sui generis ». « Nel nome del Padre, di Simon Kimbangu, di André Matstia », essi dicono (19) : e con questa « trinità » assolutamente « nativista » (20) ed eretica (21), mentre dimostrano di aver fatto propria la concezione paleotestamentaria del DioPadre in quanto affine alla originari[...]

[...]MENTI RELIGIOSI E PROFEZIE DI LIBERTÀ FRA I POPOLI COLONIALI 65
si eleva sopra alcuni gradini l'altare, ricoperto di un manto rosso, sul quale spiccano alcuni oggetti simbolici: la fotografia di André Matsúa, un pugnale di antica fabbricazione, una lampada ad olio accesa, una grande V in legno con nel mezzo una croce di 'arena. Già nel manto rosso si associa, al tradizionale significato di fecondità e prestigio, l'idea di martirio dei Salvatori congolesi e dei loro discepoli. Il pugnale rappresenta la fedeltà giurata agli antenati, mentre la lampada nonché la croce derivano dal rito cristiano. Ma è nella grande V troneggiante su tutto, che più clamorosamente si esprime l'idea di rivolta e, soprattutto, di vittoria. La V altro non é che il portato culturale dell'ultima guerra mondiale, la fatidica V di Winston Churchill e degli alleati, riplasmata in funzione antibianchi come simbolico annuncio della fine della dominazione colonialista (24).
Come in effetti il GunzismoAmicalismo sia una religione di rivolta e di guerra lo dice con identic[...]

[...]o e biblico: « I Bianchi ignorano che troveranno morte e perdizione nel paese altrui. Il bufalo e l'elefante sono possenti..., essi sono come Golia..., ma non sanno costruire la via del ritorno. Imminente é la morte del bufalo e dell'elefante. La liberazione sarà definitiva » (25).
Nel 1939 il GunzismoAmicalismo faceva un ulteriore passo in avanti ad opera di Simon Pierre Mpadi, nuovo profeta ed apostolo. Nativo della tribù Kongo (Leopoldville, Congo Belga), Mpadi annunciava già, nella scelta deliberata dei suoi due nomi — Simon e Pierre — un duplice programma: da un lato sviluppare il movimento fondato dal primo Simon (Kimbangu), dall'altro costruire, a imitazione di Pietro, la nuova « chiesa » negra. In effetti Simon Mpadi fondava la « Mission des Noirs », poi nota come movimento Kakista, che stabilisce attorno al « capo degli apostoli » una complessa e organizzata gerarchia ecclesiastica, cui si prescrive l'uso di un'uniforme color kaki (onde il name
(24) Balandier 1957, 2324. Id. 1955, 458.
(25) Balandier, 1957, 2345.
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[...]ni, da un nuovo impulso antistregonistico: ció che lo riallaccia alla tradizione religiosa indigena legata alle più immediate esigenze terrene (26).
L'arresto (1944), la prigionia di Simon Mpadi non impedirono al movimento di propagarsi e assumere ben più ampi sviluppi, nelle città come fra i villaggi. Da allora s'impose la personalità di Kufinu Philippe, noto come Mavonda Ntangu. Pur attraverso reiterate persecuzioni questo profeta, nativo del Congo Belga (Basso Congo) e considerato a tuttoggi « maestro dell'intero paese », cioè del Congo Belga e Francese, prosegue l'insegnamento di Kimbangu, Matsúa e Mpadi. Il culto GunziKakista di Mavonda Ntangu si svolge — onde sfuggire alle persecuzioni dei bianchi — in un luogo circoscritto ed aperto (Pendele), o sulle tombe degli antenati. Consiste in preghiere, canti, confessione — elementi d'origine cristiana —, nonché in riti di guarigione, di resurrezione di morti; divinazione, eseguiti dal profeta o dai suoi apostoli, i quali entrano in uno stato d'estasi — fra convulsioni epilottoidi —, che si trasmette al pubblico dei proseliti, in un'atmosfera di eccitazione collettiva (27). Ora,[...]

[...].
(29) Andersson, 193.
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Così il messaggio profetico di libertà fonde indissolubilmente il momento religioso con il momento politico: perché al livello di queste culture l'esperienza sacrale tanto più insopprimibilmente accompagna le esperienze profane, quanto più queste ultime si rendono, per condizioni obiettive, angosciose e pungenti.
Nell'atmosfera messianica sviluppata nel Congo dal Kimbangismo con le sue varie emanazioni trova la sua giustificazione un particolare fenomeno che vale la pena di ricordare, promosso dall'arrivo, nel 1935, dell'Esercito della Salvezza (Salvation Army). Questa organizzazione laica avente scopi puramente umanitari, scevra da interessi istituzionali ed ecclesiastici, estranea ad ogni forma di proselitismo, si configuro ben presto all'occhio dei nativi come la controparte, sorprendentemente attraente, delle missioni cristiane. Quanto queste, per i sistemi coercitivi, l'intransigenza dei metodi, il rigorismo dottrinale riuscivano invise a gra[...]

[...]zzazione missionaria europea con costumanze cerimoniali affini relativamente alle loro, e comunque tali da suscitare simpatia. Se a ció si aggiunge l'energica azione che i ministri di quell'Armata venivano conducendo per eliminare la stregoneria, contro cui gli stessi nativi, prima col feticismo poi con gli stessi culti profetici avevano dovuto da tempo difendersi e che costituiva pur sempre una fonte di terrore per loro, ben si comprende come i Congolesi potessero scorgere nell'Esercito della Salvezza un insperato soccorso, anzi l'incarnazione di una misteriosa forza benefica. In breve, si diffuse l'opinione che quei bianchi eccezionalmente condiscendenti e disinteressati nei riguardi dei Negri reincarnassero lo, spirito del loro maggior protettore e Salvatore: Simon Kimbangu. La S simbolica che quelli portavano alle mostrine poteva essere precisamente la lettera del
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grande profeta: Simon. Così, perseguendo una ansiosa speranza di salvezza e di riscatto dalle minacce incombenti sulla loro esistenza — dalla stregon[...]

[...]nere onde partecipare alle loro cerimonie, nella convinzione di conseguire in tal modo salute, salvezza, benessere sotto ogni riguardo. Insomma la congregazione possedeva, secondo loro, un potere magico atto a « salvarli ». È significativo che l'Esercito della Salvezza — cui lo stesso Simon Mpadi s'ispirò nel prescrivere l'uniforme kaki ai ministri del culto da lui fondato — incontrasse resistenza e rivalità nelle missioni cristiane operanti nel Congo, ed ivi coalizzate nella loro opera proselitistica (30).
L'episodio dimostra quanta profondamente il messianismo, con la sua speranza di liberazione dai mali e dalle oppressioni d'ogni ordine e provenienza, fosse penetrato nella coscienza collettiva: o meglio esso attesta con quanta efficacia il messianismo esprimesse da un canto il bisogno di salvezza, dall'altro la situazione di rischio da cui gli indigeni sentivano presa la loro vacillante esistenza, a causa dell'intransigente, minacciosa egemonia culturale, politica, religiosa dei bianchi.
Che la salvezza, suprema meta di ogni messianis[...]

[...]da cui gli indigeni sentivano presa la loro vacillante esistenza, a causa dell'intransigente, minacciosa egemonia culturale, politica, religiosa dei bianchi.
Che la salvezza, suprema meta di ogni messianismo, potesse raggiungersi attraverso l'unica via dell'unione solidale degli indigeni d'Africa, veniva facendosi una delle idee dominanti dei vari movimenti profetici, in qualunque regione del continente sorgessero. Zaccaria Bonzo, altro profeta congolese, penetrava nell'Angola col motto « l'Africa agli Africani! ». Simon Toko nel 1949 fondava un nuovo movimento, la « Stella rossa », basato sul principio che Dio sta con i più, e perciò in Africa Egli é a fianco degli Africani. Secondo la profezia di Toko, Dio invierà un suo figliomessia incarnato in un Negro, a redenzione dei Negri (31). Così dal sincretismo negrocristiano va sviluppandosi una coscienza religiosa panafricanista — già implicita del resto nel Kimbangismo, Gunzismo e Kakismo —, fondata su una omogeneità di esperienze di fronte ai bianchi e su una crescente consapevolezza etni[...]

[...] un suo figliomessia incarnato in un Negro, a redenzione dei Negri (31). Così dal sincretismo negrocristiano va sviluppandosi una coscienza religiosa panafricanista — già implicita del resto nel Kimbangismo, Gunzismo e Kakismo —, fondata su una omogeneità di esperienze di fronte ai bianchi e su una crescente consapevolezza etnicoculturale determinata dallo stesso confronto con la cultura straniera egemonica.
Mentre nell'Africa equatoriale e nel Congo, fra alterne esplosioni e repressioni, in un ininterrotto processo di proliferazioni sotterranee
(3G) Andersson, 12635.
(31) Tastevin 1956.
FERMENTI RELIGIOSI E PROFEZIE DI LIBERTA FRA I POPOLI COLONIALI 69
e di efflorescenze visibili il messianesimo indigeno s'incrementava irradiandosi a regioni vicine e lontane, venivano diffondendosi a mano a mano culti profetici anche da altre regioni africane. Nel 1925 Tomo Nyirenda, nativo del Nyassa, proclamantesi «Figlio di Dio » o Muana Lesa — con il quale nome é meglio noto —, introduceva nel Katanga, zona mineraria fra le più soggette a drastic[...]

[...] emulo in pieno mondo religioso cristiano (32). Il movimento Kitawala, iniziatosi in Africa fin dal principio del secolo, reinterpretava a sua volta la dottrina russellita originaria. Il suo centro di diramazione fu l'Africa del Sud e l'Africa Centrale Britannica. Contro la minaccia di disgregazione culturale e sociale indotta dai bianchi, i predicatori indigeni del movimento Kitawala — nell'Angola, in Rhodesia, nel Kenya, Nyassa, Uganda fino al Congo Belga — accusavano i missionari di mentire e di nascondere deliberatamente o distorcere le verità della Bibbia, ponendo ad es. la monogamia a fondamento della religione cristiana, laddove la Bibbia dava ampia
(32) Schlosser, 23539; E. BRIEM, Jehovas Vittnen, Stockholm 1944; A. STRÖM, Religion och Gemenskap, Uppsala 1946, 190203; H. H. STROUP, The Jehovah's Witnesses, New York 1945; W. Watson, 1958, 197 sgg.
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testimonianza di legittimità alla poligamia, uno dei principi fondamentali della struttura sociale africana (33). Cosi gli indigeni trovavano, in un linguaggio cu[...]

[...] britanniche e francesi, suscitando qua e là a più riprese moti di rivolta xenofobi. Esso preconizzava, fedele al modello americano della Watch Tower, la fine di ogni autorità religiosa e politica attualmente vigente; inoltre diffondeva un'ideologia egualitaria panafricanista, ispirata alla speranza messianica dell'avvento di un'età paradisiaca sulla terra nel nome di Gesù Cristo (34). Nell'ultimo dopoguerra uno dei suoi profeti ed agitatori del Congo Belga (Prov. Orientale), Bushiri, si proclemò « Sostituto di Gesù » (Mulurnozi usa Yesu).
Un particolare fenomeno dell'immediato dopoguerra venne a improntare il movimento Kitawala: l'attesa degli Americani come fatidici messaggeri di Dio. Facilitata dalla parentela americana dello stesso movimento, l'idea di tale attesa trovò incentivo nell'esperienza di aiuti inviati dall'America nel corso dell'ultima guerra. Inoltre in quell'epoca veniva fondato, ad opera del Negro americano Marcus Garvey, un movimento panafricanista, anzi pannegro (l'Universal Negro Improvement Association), d'intonazion[...]

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da Vittorio Lanternari, Religione, società, politica nell'Africa Nera avanti e dopo l'indipendenza in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1964 - 7 - 1 - numero 69

Brano: [...]vo se l'Africa saprà trovare il suo difficile equilibrio fra passato e futuro, fra un mondo di religione e un mondo di tecnica, ovvero potranno precipitare verso una crescente disgregazione e verso l'involuzione socialpolitica e culturale, se il mondo africano non saprà utilizzare fecondamente il suo corredo culturale plurimillenario.
Sono appena da ricordare i recenti sanguinosi conflitti etnici, degli Hutu contro i Tutsi; le lotte interne del Congo con i loro nazionalismi e i loro secessionismi rispettivamente legati all'anticolonialismo e al neocolonialismo, i recenti episodi di rivolta socialreligiosa nella Rhodesia settentrionale, oltre al tumore dell'apartheid, i tribalismi; gli enormi scompensi, anzi l'abisso sociale scavatosi fra — da una parte — un proletariato rurale « dei villaggi », che dei progressi tecnicoorganizzativi soffre (si pensi alla detribalizzazione e ai suoi effetti funesti!) più che godere e un sottoproletariato urbano figlio del primo, dall'altra parte alcune élites minoritarie per lo più così profondamente europ[...]

[...]dizionali e al bisogno di nuove « garanzie »religiose.
Tali i fattori generali di genesi dei sincretismi africani. Ma conviene guardarli, questi sincretismi, nel loro sviluppo concreto. Solo così si pub intendere quali trasformazioni essi subiscano nel loro corso, quali fattori storicosociali presiedano a tali trasformazioni, quale differente funzione le trasformazioni abbiano rispetto alla storia culturale.
Prendiamo l'esempio del Kimbangismo congolese. Anzitutto ricordiamo le piú remote formazioni sincretiste dei Bakongo, quelle che seguirono i primi sforzi missionari dei secc. XVIXVII. Dopo due secoli di proselitismo cristiano ci si accorse, allorquando nei secc. XVIIIXIX si avviò il processo di colonizzazione del Congo, che il solo significativo elemento sincretista effettivamente assorbito dalle popolazioni indigene era il crocifisso e la croce cristiana. Ma di che sincretismi si tratta? Il crocifisso era usato come oggetto carico di potere magico, specialmente nelle cerimo
(23) WARD 1956, 53; GoonY 1957, 361; FIELD 1948, 77.
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nie nuziali. Anche la croce era usata come amuleto, fra .i Bakongo, in ispecie per la magia della caccia. Si tratta insomma di un vero a paganesimo » nel quale é entrato un simbolo cristiano, privato del suo contesto originale, ripaganizzato. In questa fase [...]

[...]ico di potere magico, specialmente nelle cerimo
(23) WARD 1956, 53; GoonY 1957, 361; FIELD 1948, 77.
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nie nuziali. Anche la croce era usata come amuleto, fra .i Bakongo, in ispecie per la magia della caccia. Si tratta insomma di un vero a paganesimo » nel quale é entrato un simbolo cristiano, privato del suo contesto originale, ripaganizzato. In questa fase storica, nulla di veramente nuovo é entrato nella religione dei congolesi. Il contatto coi bianchi non ha data risultati sensibili, il contatto col cristianesimo é fallito. Mancava, perché esso avesse effetto, un intero processo di trasformazione di fondo, che doveva cominciare due secoli dopo. Vediamo dunque, in questo caso, l'esempio di un sincretismo puramente «formale », che non interessa la sostanza delle idee religiose.
Nello stesso movimento Antoniano a carattere decisamente nativista, millenarista, antieuropeo, fondato da Donna Beatrice tra i Bakongo nel XVIII sec., la figura del santo che regge il bambino Gesù é reinterpretata in modo conforme a una r[...]

[...]tore. Il profeta, mitizzato, divenne un messia e si attese che egli tornasse e instaurasse il millennio o età daPoro. La morte di Matsua, altro «eroe» Kimbangista, avrebbe alimentato tali aspettazioni messianiche.
Fin qui la fase emancipazionista d'un movimento che ha un seguito ben diverso e più recente. Se si guarda infatti all'attuale filiazione del Kimbangismo, «l'Eglise de Jesus Christ sur la Terre par Simon Kimbangu », la chiesa nazionale congolese, troviamo nelle sue posizioni uno spirito radicalmente differente da quello che animò 40 anni prima il messaggio del fondatore. Aliena da spirito antioccidentale, esplicitamente disimpegnata da qualsiasi interesse politico, ossequiente verso le autorità, l'Eglise accetta il decalogo mosaico, predica la Bibbia protestante nell'edizione della Foreign Bible Society di Londra lasciando libertà d'interpretazione. La sua liturgia ha un tono severo e solenne, affine — come anche la dottrina — a quella della chiesa Battista: insomma l'Eglise appare un'organizzazione cristiana di tipo evangelico. [...]

[...]i » dell'organizzazione, le danze serali, il tremito dei partecipanti, e — last but not least — il riferimento esplicito fatto in essa a Simon Kimbangu profeta dei negri.
Troviamo dunque nell'Eglise kimbangista un'altra fase ancor differente di sincretismo, non certo « formale » ma neppure « eman
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cipazionista ». Qui si ha un sincretismo « autonomista », o se si vuole « integrista », « d'aggiustamento», perché in essa i congolesi vogliono esprimere, senza aggressività, d'essere cristiani a proprio modo, secondo criteri validi per loro e non per i bianchi. In una parola, vogliono serbare la loro (( autonomia culturale e religiosa» di fronte ai bianchi su un piano di mutua simbiosi.
Noi dunque scorgiamo nell'« autonomismo» l'espressione d'una coscienza dell'autonomia culturale, priva di quell'aggressività che caratterizza invece il ((nativismo» o (( emancipazionismo ». Alcuni autori, come D. Paulme (25), usano il termine «integrismo» per designare la fase autonomista dei movimenti religiosi. Con questa precisazione[...]

[...]o, tecnico, sanitario, educativo (35). La comparazione d'altronde indica ca me si formino prevalentemente culti neotradizionali o si ripaganizzino culti già sincretisti e nativisti fra le popolazioni in cui si ha ristagno della situazione economicopoliticosociale (p. esempio Melanesia, America meridionale). Al contrario dove é in atto un rinnovamento economicosocialepoliticoculturale, specie in ambiente urbano, (Africa meridionale e occidentale, Congo exbelga, Kenya, Uganda ecc.) aumentano di vigore le chiese separatiste e autonomiste, con un indirizzo sempre più integrista.
Messianismi.
Fin qui del sincretismo africano. Anche per il messianismo si dovrebbe ripetere un discorso parallelo, che accenno solo di
(34) SUNDILER 1961, 302.
(35) SUND%LER 1961, 307310.
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scorcio. Esistono, come visto, nuovi movimenti religiosi «amessianici ». Fra quelli messianici poi si danno le forme di messianismo più varie. In quelle «classiche» (del filone cristianoislamico) si attende il ritorno del fondatore con ruolo di salvatore[...]

[...]i danno le forme di messianismo più varie. In quelle «classiche» (del filone cristianoislamico) si attende il ritorno del fondatore con ruolo di salvatore divino. E' il caso del Kimbangismo, della chiesa Nazarita di Isaiah Shembe, del movimento di J. Chilembwe nel Nyassa (36), dei gruppi messianici suldafricani. Talara si attende un'immediata salvezza ad opera del fondatoremessia: così nel movimento Lassyista (37) del territorio di Cabinda e del Congo nel 1946. Altre volte l'atteso salvatore è un condottiero politico perseguitato (Matsua) e mitizzato, o — in forma anonima e collettiva — l'insieme dei morti che verranno, apportatori di un'era di rigenerazione cosmica e umana. In quest'ultimo caso, come in altri casi, il messianismo ridà vita ad un vecchio fondo escatologico. In realtà si danno miti escatologici anche nelle tradizioni locali. Così fra i Lamba (Rhodesia settentrionale) l'EsSere supremo Lesa ÍLuchyele, già nei miti tradizionali spari dalla terra promettendo che sarebbe tornato. Presso i Babemba (Rhodesia settentrionale) i bian[...]

[...]ica quando questa si dimostra impossibile. Tuttavia, se si considerano i movimenti religiosi nel loro sviluppo, i rapporti fra religione e protesta politica appaiono assai sfumati. V'é sovente, fra i due, integrazione piú che reciproca esclusione.
L'azione insurrezionale autonoma può essere lo sbocco finale d'un lungo processo di preparazione che si svolge su terreno religiososociale. Cosi il Kimbangismo alimenta e prepara i moti insurrezionali congolesi, mentre la setta Mau Mau scatena la rivolta sulla base d'una solidarietá socialreligiosa. L'azione politica insurrezionale può accompagnare ed essere parallela al fermento socialreligioso (47); infine essa può dar luogo ad un'ulteriore fase di fermento religioso. Bisogna vedere caso per caso
(45) WELBOURN 1961, 477.
(46) BALANDIER 1955, 477478, 485.
(47) CoHN 1962, 39.
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le interrelazioni dialettiche fra un aspetto e l'altro, il loro variabile procedere in relazione alle condizioni sociali, ai fattori personali (profeti), alle differenti fasi di rapporti fra ind[...]

[...]sociale non è se non l'interiorizzazione dei valori europei... Costoro (dell'élite) sono acculturati, e non pensano più la loro tradizione con mentalità d'africani, ma con mentalità occidentale» (50). Resta dunque, per dopo l'indipendenza, il problema di scegliere la giusta via dell'integrazione culturale. Lo sviluppo attuale delle numerose chiese indipendenti e sette sincretiste nei paesi di recente indipendenza (Ghana, Nigeria, Costa d'Avorio, Congo, ecc.) indica che notevoli problemi religiosi accompagnano l'esistenza delle popolazioni africane e — come diremo — gravi problemi sociali trovano nuovamente un'espressione religiosa, anche dopo risolto il problema politico. Tali chiese e sette indicano, ancora una volta, qual'è la via scelta — almeno nel campo religioso — per l'integrazione: la via è quella di altrettante creazioni spontanee e autonome, di altrettante sintesi nuove fondate sulla tradizione e sul rinnovamento. In tal senso le nuove religioni indicano una scelta che vale sul piano dell'intera cultura. Tradizione e rinnovamento[...]

[...]nel 1930 il movimento degli Spiritualisti, i quali, ispirati dallo (( Spirito Santo», entravano in convulsione, si rotolavano in terra, parlavano lingue. Lo Spirito Santo derivante dal cristianesimo era reinterpretato magicamente come potenza capace di guarire i malati, di assicurare benessere, longevità e ogni altro bene a chi ne fosse posseduto. E' il medesimo fenomeno che s'é prodotto nella setta Arathé dei Kikuyu, in quella dei «Tremolanti » congolesi (Mpeveyalongo), nelle sette spirituali del Ghana. Ma la storia del movimento « spiritualista » degli Anang presenta vari momenti. Dopoché numerose calamità si abbatterono sugli Anang nel 193637, il nuovo culto fu abbandonato e il gruppo si divise in due tendenze opposte. Gli anziani tornarono alla tradizione integrale, convinti che averla parzialmente abbandonata fosse la causa dei malanni e della collera di Ata Abassi (l'Essere supremo). Le giovani generazioni all'opposto, per influenza missionaria e per reazione al fallimento del culto spiritualista, si volgevano con slancio frenetico a[...]

[...]. Per di più in genere si
(75) Per esempio, nel movimento Jamaa del Katanga (Ttrauws 1960).
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tratta d'un cristianesimo più apparente che reale, per ciò che riguarda specialmente le masse rurali.
In questo quadro di generico tradizionalismo ci pare bene esaminare alcuni episodi di natura socialreligiosa, che sembrano particolarmente significativi del clima postcoloniale. La chiesa matsuista di Kinzonzi nel Congo exfrancese continua, contro il governo indipendente indigeno del paese, la stessa politica di scioperi già adottata contro il governo coloniale francese, come se l'indipendenza non fosse reale. I fedeli della setta rifiutano di aderire al censimento, di pagare le imposte, di accedere agli ospedali. Il governo congolese si é visto costretto a prendere contro i « ribelli » le stesse misure (arresti, carcere) che già il governo coloniale francese prendeva contro i matsuisti (76).
E' una forma di resistenza socialculturale contro il processo di occidentalizzazione promosso dai dirigenti indigeni, a loro volta «occidentalizzati ».
La resistenza diventa rivolta violenta nell'episodio di cui é stata protagonista la setta Lumpa di Alice Lenshina, in questi ultimi mesi, nella Rhodesia settentrionale. Identica é l'ispirazione settaria e religiosa del movimento. Della setta Lumpa, André Retif nel 1959 affermava [...]

[...]motivi religiosi (84). Giova ricordare che Patrice Lumumba nel 1959 lamentava di non avere un movimento messianico sul quale appoggiare la sua azione politica (85). Ma recentemente il Lumumbismo, aggregatosi alla setta religiosa Kitawala già diffusa dall'epoca coloniale, è diventato una religione messianica e antioccidentale. Il fondatore di questo movimento neonativista e violentemente xenofobo è Grenfell, expresidente della provincia dell'Alto Congo. Costui rinnegò il protestantesimo cui aderiva, dopoché ebbe una visione nella quale gli apparve Patrice Lumumba. Le visioni si ripeterono, ed egli ebbe l'incarico — dallo spirito di Lumumba — di scatenare la guerra santa contro le chiese protestanti e cattoliche, contro i bianchi tutti e gli Americani e Belgi in ispecie, nonché contro tutti i loro portati. Lumumba è divenuto una specie di profetamessia, per gli adepti. Il movimento politicoreligioso Kitawalolumumbista oc
(84) SHEPPERSON 1963, 150.
(85) RAYMAEKERS, in: LANTERNARI, 1963, 223.
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cupa l'intera città di [...]

[...]Belgi in ispecie, nonché contro tutti i loro portati. Lumumba è divenuto una specie di profetamessia, per gli adepti. Il movimento politicoreligioso Kitawalolumumbista oc
(84) SHEPPERSON 1963, 150.
(85) RAYMAEKERS, in: LANTERNARI, 1963, 223.
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cupa l'intera città di Stanleyville, ma la centrale da cui provengono le direttive sembra sia Léopoldville, e i proseliti sono diffusi tanto più nelle regioni più remote dell'Alto Congo. Il mito secondo cui Lumumba non è morto, ma sta per tornare come punitore dei colpevoli della nazione, si diffonde, ed é alimentato con l'aiuto di trucchi e di tecniche moderne, come registratori abilmente camuffati, disposti nella foresta. Si fa credere alle masse che la voce che parla sia quella di Lumumba, venuto ad apostrofare la popolazione (85).
Sono questi alcuni elementi di un tema — quello dei rapporti fra politica e religione — che andrebbe analizzato a sé (86).
Alle manifestazioni religiose suddette improntate a significati di protesta socialepolitica abbastanza evidenti di per [...]

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da Massimo Robersi, Dal Cairo ad Ankara: bastone e carota. [sottotitolo: Ha detto Nasser: «Avevamo una sola alternativa, essere dominati o accettare la sfida»] in KBD-Periodici: Rinascita 1965 - 1 - 23 - numero 4

Brano: [...]ia il pieno diritto del suo paese ad operare in pieno libertà nell'arena internazionale senza sottostare ad odiosi ricatti.
Per cominciare a spiegarci che cosa c'è sotto l'incidente, è opportuno leggere un commento molto preciso a tutta la vicenda che è apparso sul quotiadiano del Cairo AIAkhbar: «L'America pratica nei nostri confronti la politica del bastone e della carota. Essa minaccia di tagliarci i viveri se ci rifiutiamo di abbandonare it Congo al suo destino, di lasciare solo il Sudan, di lavarci le mani della Yemen e di mantenerci lontani dai movimenti di liberazione nazionale. Ma la lotta per la libertà è indivisibile. Nello Yemen, nel Congo e nel Sudan v'è la medesima battaglia per la quale noi dobbiamo versare il nostro sangue e sacrificare una parte della nostra prosperità s. Senza timore di essere accusati di semplicismo, pensiamo che non vi sua nulla da aggiungere o da togliere alla netta definizione dei fatti formulata dal giornale egiziano. In realtà, confermando puntualmente le previsioni dei più seri commentatori politici, la tragedia congolese causata dall'intervento dei belgi e degli americani, comincia a dare i suoi frutti avvelenati e minaccia conseguenze a catena in località assai lontane da Stanleyville: il sostegno morale e concreto della RAU ai partigiani congolesi, i viaggi di Gaston Soumialot al Cairo e ad Algeri, la creazione di basi di appoggio per gli oppositori di Ciombe nel Sudan meridionale sono tutti episodi insopportabili per fautori della politica colonialista dell'intervento diretto e ne deriva, in prospettiva, se gli Stati Uniti non avvertiranno gli enormi rischi insiti nell'operazione, una internazionalizzazione su scala africana e ormai a breve scadenza del problema del Congo.
Ma il malumore tra RAU e Stati Uniti, come sottolineava l'AIAkhbar ha pure altre cause. E non si tratta solo della questione dello Yemen tutt'ora minacciato dai ribelli monarchici so stenuti dall'Arabia Saudita e ben visti dagli americani, o della situazione sudanese, uscita da un immobilismo con servatore e orientata verso un neutralismo assai più marcatamente anticoloniale che in passato; in verità un complesso di fenomeni; parecchi dei quali connessi con la politica estera della RAU o con la sua condizione interna, va assumendo sempre .maggiore importanza e destando, in Occidente, sempre[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Congo, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---Ciò <---Storia <---Afrique <---Bakongo <---Le Monde <---Pratica <---Rhodesia <---Stanleyville <---Sudan <---abbiano <---colonialisti <---d'Avorio <---d'Oro <---dell'Africa <---ideologia <---nell'Africa <---siano <---Accra <---African <---African Studies <---Afrique Noire <---Angola <---Antropologia <---Archives de Sociol <---Archives de Sociologie <---Basso Congo <---Bibbia <---Bibliografia <---Brazzaville <---Bwiti <---Cabinda <---Camerun <---Christianity <---Ciad <---Congo Belga <---Così <---Del resto <---Dinamica <---Dio <---Diritto <---Donna Beatrice <---Elisabethville <---Entro <---Europeans <---Fang del Gabon <---Folklore <---Geova <---Gold Coast <---International Review <---Jamaican <---Kimbangismo <---Kimbangista <---Kulturwandel <---La Chiesa <---Le Kitawala <---Le Mahdisme <---Logica <---Madagascar <---Materiali di Storia <---Mau Mau <---Messianisme <---Migrations <---Millénarisme <---Mission <---Missionary <---Missions <---Movimento <---Niger <---Northern Rhodesia <---Nyassa <---Più <---Prophetismus <---Prophétisme <---Reaction <---Regno di Dio <---Religious <---Rivista di Antropologia <---Sahara <---Schlosser <---Sekou Touré <---Sierra Leone <---Sudafrica <---Sundkler <---Tanganika <---The Hague <---Uganda <---Wade Harris <---Watch Tower <---anticolonialismo <---anticolonialista <---antifeticista <---antistregonista <---autonomismo <---autonomista <---autonomiste <---cipazionista <---colonialismo <---colonialista <---colonialiste <---conservatorismo <---cristiana <---cristiani <---cristiano <---d'Africa <---dell'Alto <---dell'Egitto <---dell'Unione <---denunciano <---dinamismo <---egiziano <---emancipazionismo <---emancipazionista <---etiopiste <---etnologico <---feticismo <---individualismo <---irredentista <---kimbangista <---lismo <---messianismo <---millenarismo <---nativismo <---nativista <---nativiste <---nativisti <---nazionalismi <---panafricanista <---paternalismo <---profetismi <---profetismo <---proselitismo <---psicologico <---sacerdotalismo <---separatiste <---sincretismo <---sincretista <---sioniste <---A.J.F. <---A.S.J. <---Abako <---Academiae Scientiarum <---Acculturation <---Acta Ethnographica <---Actes <---Aequatoria <---Africa Egli <---Africa High <---Africa South <---African Abstracts <---African Affairs <---African Church <---African Cultures <---African History <---African Separatist <---Africanas <---Africanistes <---Afrika <---Afrikanisch <---Afrique Equatoriale <---Afrique Occidental <---Afro-American <---Aggrey <---Agli <---Agraria <---Ahamadyya <---Akim Kotoku <---Akim-Kotoku <---Albert Atcho <---Albert Hensley <---Alice Lenshina Mulenga <---Aliena <---Alioune Diop <---Allah Walter Cult <---Alto Volta <---Altri <---Amakhehlane <---American Church <---Amicale Balali <---Amérique <---Anang <---Anang Ibibio <---Andersson <---André Matstia <---André Retif <---Ango <---Ankara <---Annales Spiritaines <---Annals Amer <---Anomie <---Another <---Anta <---Anthropological <---Anthropologiques <---Antoniens <---Antonier <---Anversa <---Apapocuva <---Apapocuva-Guarani <---Arathé <---Arbeiten <---Archiv XXIII <---Archives <---Archives de Social <---Armageddon <---Army Church <---Ascianti <---Ascianti del Ghana <---Ashanti <---Aspects <---Associazione <---Associazione dei Testimoni di Geova <---Assuan <---Ata Abassi <---Atinga Cult <---Atti del I Congresso di Scienze <---Aufbruch <---Avevamo <---Avventisti <---Babemba <---Baessler Archiv <---Baeta <---Baghdad <---Bangala <---Banque de Bruxelles <---Banziai <---Baoulé <---Bartolucci <---Bas Congo <---Bas-Congo <---Bascom <---Bashilele <---Basta <---Bastide <---Basutoland Bechuanaland <---Baulé <---Beitrag <---Beitráge <---Belgio <---Belgio Francia <---Belgique <---Bemba <---Berlino <---Bete <---Bewegungen in Afrika <---Biakkers <---Biaks <---Biaks-Noem <---Biebuyck <---Bissainthe <---Boganda <---Boma <---Bouaké <---Brasilkunde <---Bregbo <---British <---British N <---Britist Central <---Brothers Ltd <---Bruxelles <---Bruxelles-Bru <---Brèves <---Budapest <---Budapest II <---Buenos Aires <---Bukavu <---Bulletin <---Bulletin Inst <---Bureau <---Bushiri <---Butcx <---Bété <---C.R.I.S.P. <---Cahiers d'Etudes Africaines <---Cahors <---Cairo <---Cairo AI <---Calabar <---California Anthropol <---Canaan <---Cananei <---Capodanno <---Cappuccino <---Capricorno Africa Society <---Carbondale <---Cargo <---Cargo Cult <---Cargo Cults <---Cargo Movement <---Catholicisme <---Cavicchi <---Centrale Britannica <---Centre de Recherche <---Challenge <---Changements <---Charles Taze Russell <---Cherubim <---Chester Bowles <---Chicago II <---Chiesa <---Chiesa Cattolica del Sacro <---Chiesa del Signore <---Chilembwe <---Chiliasmus <---Chiliastische <---Chinnery <---Chinnery-Haddon <---Chinsali <---Chippewa <---Chiriguano <---Christ Army <---Christianisation <---Christianisme <---Christians <---Ciombe <---Civilisations <---Civilizations <---Clan <---Clasification <---Col <---Colonization <---Comhaire <---Cominière 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Simon Kimbangu <---Dio-Padre <---Diogène <---Diomi <---Divinity <---Dougall <---Du Bots <---Dulles <---Dunedin <---E Norman Cohn <---East African <---Eastern Central Highlands <---Ecco <---Economic Organization <---Eglise Vivante <---Eingeborenenkirchen <---Elisabthville <---Elk Hair <---Empaine <---Ensaio <---Epikilipikili <---Eranos Jahrbuch <---Ergebnisse <---Ernesta Cerulli <---Erschaflung <---Espiritu <---Essays <---Ethiopien <---Ethnologica <---Ethnological Sciences <---Ethnologiques <---Ethnologische Aspekte <---Etnography <---Etudes <---Eulandier <---Explanation <---Extra <---Eyskens <---Fang <---Federazione del Mali tra Senegal <---Federazione dell'Africa Centrale <---Fenomenologia <---Fenton <---Figlio di Dio <---Filosofia <---Flux <---Fondò in Francia <---Foreign Bible Society di Londra <---Francia <---Francia Gran Bretagna Portogallo <---Gabon <---Gals CH <---Gaston Soumialot <---Gaulle <---Gemenskap <---Geografia <---Geografia politica <---Georges Balandier <---Ghana 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<---Senegal <---Senufo <---Separatist Churches <---Seraphim <---Serpente <---Serpente parlante <---Setta <---Shaker Church <---Shakerista <---Shelepin <---Shepperson <---Shinkolobwe <---Simon Kimbangu <---Simon Mpadi <---Simon Pierre <---Simon Toko <---Simone Kim <---Simples <---Sioux <---Sioux Outbreak <---Sistematica <---Sitting Bull <---Slotkin <---Social <---Social Anthropology in Melanesia <---Social Sciences <---Social Studies <---Sociedades <---Societies <---Society <---Societé Congolaise de Hévéa <---Sociologia <---Sociologia religiosa <---Société <---Société Cotonco <---Société Kumu <---Société Symaf <---Solares <---Somalia <---Songhay <---South American Indians <---Southwestern Journal <---Southwestern Yoruba <---Sozialstruk <---Spagnoli <---Ssrui <---Staden <---Staden-Jahrbuch <---State Mus <---Stati Uniti <---Statica <---Statistica <---Stato <---Stato-Provvidenza <---Stockholm <---Storia religiosa <---Storia sociale <---Studi <---Studi Missionari <---Studienreisen <---Sud 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