Brano: FERMENTI RELIGIOSI E PROFEZIE DI LIBERTA
FRA I POPOLI COLONIALI (1)
Fremiti di rivolta scuotono il Congo Belga, il Nyassa, l'Africa Equatoriale Francese. Sono di ieri i moti sediziosi del Kenya e dell'Africa occidentale. Per l'etnologo e per lo storico delle religioni che non abbia veli sugli occhi — come invece può esser indotto ad avere il funzionario coloniale — ciò non é una sorpresa. È l'eco conturbante ma per nulla inatteso di fermenti religiosi — ancor prima che politici i quali hanno maturato e vanno sconvolgendo la cultura dell'Africa Negra da oltre un cinquantennio con vigore crescente. Alla radice di ogni rivolta politica e militare di popoli indigeni stanno effettivamente altrettanti moti di rinnovamento religioso premonitori, cioè i culti profetici di liberazione.
Essi son venuti fiorendo nell'Africa Negra, dal Sud Africa alla Rhodesia, al Tanganika all'Africa Equatoriale e Occidentale, all'Angola, al Congo all'Uganda al Kenya, ecc. Ma altri numerosissimi sono venuti sviluppandosi e via via diffondendosi, dove piú presto dove più tardi, in Melanesia, Polinesia, Indonesia e nell'America indigena settentrionale e meridionale. Di pari passa con l'urto tra cultura egemonica e culture aborigene: soprattutto via via che le conseguenze dell'urto si son fatte pressanti e sconvolgenti — specialmente a seguito delle due guerre[...]
[...] il feticismo, o impiego cultuale e socialmente utile di oggetti opportunamente confezionati e pertanto « caricati » di valore taumaturgico. Ora il feticismo è in stretto rapporto con le prime manifestazioni profetiche di questa grande regione (4) : manifestazioni che presentano fin dapprincipio, e che poi continueranno a serbare fino ai giorni recenti, la combinazione — per null'affatto ingiustificata come vedremo — di due essenziali caratteri, cioè un intento dichiaratamente xenofobo ostile ai bianchi, una funzione di protezione dalla magia nera.
È del 1904 il primo grande movimento profetico, ed ha carattere tipicamente feticista e insieme xenofobo. Il fondatore fu Epikilipikili, taumaturgo autore e divulgatore di un nuovo feticcio (bwanga), composto di polveri e parti di animali, dotato di speciali poteri contro ogni forza ostile, e in particolare contro la magia nera. Fu fondata un'organizzazione magica che guadagnò proseliti via via in regioni più vaste e ottenne il consenso dei capi locali. La ricetta tra l'altro doveva immunizzare gli indigeni dai proiettili sparati dai bianchi. In realtà l'organizzazione magica di Epikilipikili è il prototipo e la forma embrionale di quelle numerose società segrete (Mani di Boma, Punga o Muana Okanga fra i minatori del Katanga, Nebili degli Azande, ecc.) che nell'Africa centrale e[...]
[...]edizioni e le soffocavano, era facile agli indigeni convincersi che la sconfitta dipendeva da trasgressioni commesse alle, norme cultuali. Infatti le varie associazioni segrete svolgevano riti particolari.
(4) Comhaire, « Africa », 1955, 55.
(5) De Jonghe, pp. 567.
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Più tardi, nel sudovest della stessa provincia del Kasai, i Bashilele si univano in un'analoga organizzazione fondata sull'uso di una panacea (nkisi) o feticcio, che ingerito dagli iniziati li avrebbe immunizzati da malattie e dai perniciosi effetti degli stregoni (ndoki): era la società Lukusu (—Lukoshi=Nkisi Lukoi). Ma essa doveva ben presto sboccare nel culto del «Serpente parlante » (uomoserpente), con funzione protettiva contro ogni sorta di mali. Con ciò essa appare come una forma locale di quel grande complesso di culti segreti, e delle relative società di uominibestie che rappresentano uno dei lineamenti più notevoli della religione dell'Africa equatoriale: associazioni intese a procurarsi potenza (magica) contra ogni creatura e forza ostile. Ma qui importa sottolineare che nell'ambito dell'associazione del Serpente parlante dei Bashilele si sviluppava un mito nuovo e chiaramente antieuropeo. Dal serpente, seconda il mito, sarebbero nati alcuni profeti o messia i quali avrebbero lottato contra la nazione egemonica e scacciato i bianchi dal [...]
[...]a tutte le forme religiose tradizionali: tanto più quelle volte già a un intento esplicitamente salvifico, di guarigione, di padroneggiamento delle forze maligne.
Secondo la credenza dei Bashilele diffusasi nel 1933 (il Congo
Belga era stato costituito come colonia belga nel 1907: il contatto europeo dava i primi frutti in campo religioso e politico insieme) — l'avventa del messia liberatore sarebbe stato contrassegnato da eventi catastrofici, cioè il ritorna collettivo dei morti, l'eclisse solare; un cane nero avrebbe fatto la sua comparsa tra i villaggi parlando agli uomini. Indi sarebbe apparso un uomo in parte bianco, in parte nero. Gli aborigeni avrebbero potuto assicurarsi un inconcusso potere contra i bianchi bevendo da speciali tazze, cariche di virtù magica. Cominciarono di fatto a indirsi riti segreti, nottetempo, presso le tombe degli antenati; si sospese ogni lavoro di coltivazione, insomma si attese che i morti tornassero, portando seco ogni ricchezza e benessere, inaugurando un'epoca nuova e beata (7).
(6) De Jonghe, pp.[...]
[...]ito di espulsione dei bianchi sta al fondamento di infiniti culti profetici di liberazione. Il mito esprime l'esigenza di un'era di libertà e di benessere, contra l'attuale stato d'oppressione e miseria. Il ritorno dei morti, l'eclisse solare, l'avvento del cane parlante e dell'uomo bianconero, la cessazione del lavoro sono altrettante manifestazioni d'un tema mitico — lo sconvolgimento dell'ordine attuale e relativa palingenesi attuati per annuncio di un messia — che costituisce il nucleo di ogni culto profetico. In esso rifluiscono via via le forme religiose tradizionali — mito dei morti che tornano, uso di bevande magiche, ecc. — rielaborate in vista di una funzione nuova, che non appartiene alla tradizione ma è prodotta dall'urto fra la cultura subordinata ed egemonica. La nuova funzione consiste nella liberazione dai bianchi, nell'acquisizione di un più alto livello di vita, il cui desiderio
acuito appunto dal confronto dei sopravvenuti stranieri, apportatori di un'ignota cultura industriale e di straordinari strumenti di supremazi[...]
[...]me elemento tradizionale nel nuovo culto kimbangista. La sua azione, sincretistica nel contenuto, ma chiaramente polemica verso i colonizzatori e volta all'emancipazione religiosa dei Negri, favoriva un'atmosfera sempre più ostile ai bianchi, vagheggiava la fondazione di una « chiesa nativa » (10). Ormai perseguito dall'autorità amministrativa, Kimbangu veniva arrestato, fuggiva, ma poco dopo si sottometteva volontariamente all'arresto, anche in ciò esprimendo il suo atteggiamento di « imitatore di Cristo ». Moriva più tardi in carcere a Elisabethville nel 1950 (11).
Al di là della intransigente polemica antibianchi, il Kimbangismo rappresenta un momento notevolmente avanzato, e nello stesso tempo dimostra quale sia il preciso, inderogabile limite nel processo di rinnovamento della cultura religiosa aborigena al contatto con la cultura cristiana. In effetti nel Kimbangismo alcuni essenziali elementi della tradizione culturale aborigena — culto di guarigione, tema del ritorno collettivo dei morti, figura di un Essere supremo, ecc. — veng[...]
[...]atsúa e gli altri profeti di quella fede novella (18). Così nasceva, o meglio si rinnovava con inopinato fervore (poiché già esso aveva avuto modo di manifestarsi anche prima, come sopra s'è vista) il messianesimo indigeno: un messianesimo improntato al modello cristiano dei missionari, ma ritorcentesi contra di essi a causa della politica colonialista delle nazioni egemoniche e delle loro chiese.
In conclusione Matsúa da quel ch'era in vita, e cioè non più che un capo politico, si trasformò — e senza sua deliberata intenzione — in un profetamessia, modello — accanto a Kimbagu — di una religione di redenzione terrena: egli è divenuto il Cristo Negro.
(16) Balandier 1955, 397416; Andersson, 11725.
(17) Balandier 1957, 2367.
(18) Balandier 1957, 237; Balandier 1955, 434.
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A delineare lo speciale carattere del culto GunzistaAmicalista proprio delle attuali chiese negre del Congo (emanate dai detti movimenti profetici), basti dire del particolarissimo sincretismo che contraddistingue il segno della croce. Desunto [...]
[...]o propria la concezione paleotestamentaria del DioPadre in quanto affine alla originaria concezione pagana dell'Essere supremo, sostituiscono, o meglio identificano chiaramente Gesù con i due profeti aborigeni. Il bisogno di libertà culturale e religiosa che sta al fondamento dei loro culti profetici trova la sua espressione concreta in un legame di continuità con la tradizione passata. Infatti il « Dio » oggetto di culto non é che Nzambi Pungu, cioè l'Essere supremo della tradizione avita. Inoltre nel rito di accensione dei ceri si conserva, pur attraverso trasformazioni, l'impronta e il significato di antichi riti pagani (22).
« Cristo é un Dio francese », dicono i Negri: e pertanto a lui contrappongono il binomio KimbanguMatsúa. Insomma il Cristianesimo é implicitamente tenuto corresponsabile della politica colonialista gavernativa. Perciò esso nell'opinione nativa si configura come « la religione degli Europei, [la quale] vale a conservare le ricchezze fra le mani di questi, e a nascondere un segreto che nessuno vuol rivelare agli indigeni » (23).
Onde ancor meglio mostrare su quale linea continui a elaborarsi a tuttoggi il sincretismo negrocristiano, descriveremo sommariamente l'altare della chiesa negra di culto gunzistaamicalista. Entro una cappella di paglia tritata e fango, ad imitazione delle cappelle missionarie,
(19) Balandier 1957, 232.
(20) Quanto al concetto di « nativismo », il Linton (1943, 230) così si esprime[...]
[...]olesi e dei loro discepoli. Il pugnale rappresenta la fedeltà giurata agli antenati, mentre la lampada nonché la croce derivano dal rito cristiano. Ma è nella grande V troneggiante su tutto, che più clamorosamente si esprime l'idea di rivolta e, soprattutto, di vittoria. La V altro non é che il portato culturale dell'ultima guerra mondiale, la fatidica V di Winston Churchill e degli alleati, riplasmata in funzione antibianchi come simbolico annuncio della fine della dominazione colonialista (24).
Come in effetti il GunzismoAmicalismo sia una religione di rivolta e di guerra lo dice con identica coerenza una serie di profezie, fra le quali una suona cosí: « La guerra é prossima — essa dice —... Siamo venuti ad annunciare la buona novella di Dio al mondo. Chi fa parte della nostra chiesa non dovrà rivolger parola a chi é legato al governo o alle missioni, o a coloro dei Negri che ancora affondano nelle tenebre. Il tempo del rosso sangue é venuto... Coloro che risusciteranno entreranno nella gloria del regno trionfante... ». Ed ancora, con[...]
[...]ffetti Simon Mpadi fondava la « Mission des Noirs », poi nota come movimento Kakista, che stabilisce attorno al « capo degli apostoli » una complessa e organizzata gerarchia ecclesiastica, cui si prescrive l'uso di un'uniforme color kaki (onde il name
(24) Balandier 1957, 2324. Id. 1955, 458.
(25) Balandier, 1957, 2345.
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del movimento), a indicare pur esso lo spirito battagliero della religione kakista, ed in una l'auspicio di vittoria. Il culto tradizionale degli antenati resta al centro anche del nuovo messianesimo Kakista, caratterizzato altresì da manifestazioni di possessione collettiva, da un culto di guarigione mediante imposizione di mani, da un nuovo impulso antistregonistico: ció che lo riallaccia alla tradizione religiosa indigena legata alle più immediate esigenze terrene (26).
L'arresto (1944), la prigionia di Simon Mpadi non impedirono al movimento di propagarsi e assumere ben più ampi sviluppi, nelle città come fra i villaggi. Da allora s'impose la personalità di Kufinu Philippe, noto come Mavonda Ntangu. Pur attraverso reiterate persecuzioni questo profeta, nativo del Congo Belga (Basso Congo) e considerato a tuttoggi « maestro dell'intero paese », cioè del Congo Belga e Francese, prosegue l'insegnamento di Kimbangu, Matsúa e Mpadi. Il culto GunziKakista di Mav[...]
[...]eligiosa indigena legata alle più immediate esigenze terrene (26).
L'arresto (1944), la prigionia di Simon Mpadi non impedirono al movimento di propagarsi e assumere ben più ampi sviluppi, nelle città come fra i villaggi. Da allora s'impose la personalità di Kufinu Philippe, noto come Mavonda Ntangu. Pur attraverso reiterate persecuzioni questo profeta, nativo del Congo Belga (Basso Congo) e considerato a tuttoggi « maestro dell'intero paese », cioè del Congo Belga e Francese, prosegue l'insegnamento di Kimbangu, Matsúa e Mpadi. Il culto GunziKakista di Mavonda Ntangu si svolge — onde sfuggire alle persecuzioni dei bianchi — in un luogo circoscritto ed aperto (Pendele), o sulle tombe degli antenati. Consiste in preghiere, canti, confessione — elementi d'origine cristiana —, nonché in riti di guarigione, di resurrezione di morti; divinazione, eseguiti dal profeta o dai suoi apostoli, i quali entrano in uno stato d'estasi — fra convulsioni epilottoidi —, che si trasmette al pubblico dei proseliti, in un'atmosfera di eccitazione collettiva[...]
[...]) Andersson, 140 sgg., 151 sgg., 16275.
(28) Andersson, 174.
(29) Andersson, 193.
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Così il messaggio profetico di libertà fonde indissolubilmente il momento religioso con il momento politico: perché al livello di queste culture l'esperienza sacrale tanto più insopprimibilmente accompagna le esperienze profane, quanto più queste ultime si rendono, per condizioni obiettive, angosciose e pungenti.
Nell'atmosfera messianica sviluppata nel Congo dal Kimbangismo con le sue varie emanazioni trova la sua giustificazione un particolare fenomeno che vale la pena di ricordare, promosso dall'arrivo, nel 1935, dell'Esercito della Salvezza (Salvation Army). Questa organizzazione laica avente scopi puramente umanitari, scevra da interessi istituzionali ed ecclesiastici, estranea ad ogni forma di proselitismo, si configuro ben presto all'occhio dei nativi come la controparte, sorprendentemente attraente, delle missioni cristiane. Quanto queste, per i sistemi coercitivi, l'intransigen[...]
[...]piegate, esercitavano sopra i nativi una suggestione di nuovo genere, per certa affinità con le loro feste pagane, e per lo spirito battagliero da cui si sentivano mossi nella loro nuova religione profetica. Dimodoché facilmente essi poterono essere indotti nell'erronea opinione che si trattasse, quasi, di una organizzazione missionaria europea con costumanze cerimoniali affini relativamente alle loro, e comunque tali da suscitare simpatia. Se a ció si aggiunge l'energica azione che i ministri di quell'Armata venivano conducendo per eliminare la stregoneria, contro cui gli stessi nativi, prima col feticismo poi con gli stessi culti profetici avevano dovuto da tempo difendersi e che costituiva pur sempre una fonte di terrore per loro, ben si comprende come i Congolesi potessero scorgere nell'Esercito della Salvezza un insperato soccorso, anzi l'incarnazione di una misteriosa forza benefica. In breve, si diffuse l'opinione che quei bianchi eccezionalmente condiscendenti e disinteressati nei riguardi dei Negri reincarnassero lo, spirito del[...]
[...]itistica (30).
L'episodio dimostra quanta profondamente il messianismo, con la sua speranza di liberazione dai mali e dalle oppressioni d'ogni ordine e provenienza, fosse penetrato nella coscienza collettiva: o meglio esso attesta con quanta efficacia il messianismo esprimesse da un canto il bisogno di salvezza, dall'altro la situazione di rischio da cui gli indigeni sentivano presa la loro vacillante esistenza, a causa dell'intransigente, minacciosa egemonia culturale, politica, religiosa dei bianchi.
Che la salvezza, suprema meta di ogni messianismo, potesse raggiungersi attraverso l'unica via dell'unione solidale degli indigeni d'Africa, veniva facendosi una delle idee dominanti dei vari movimenti profetici, in qualunque regione del continente sorgessero. Zaccaria Bonzo, altro profeta congolese, penetrava nell'Angola col motto « l'Africa agli Africani! ». Simon Toko nel 1949 fondava un nuovo movimento, la « Stella rossa », basato sul principio che Dio sta con i più, e perciò in Africa Egli é a fianco degli Africani. Secondo la profe[...]
[...]i ogni messianismo, potesse raggiungersi attraverso l'unica via dell'unione solidale degli indigeni d'Africa, veniva facendosi una delle idee dominanti dei vari movimenti profetici, in qualunque regione del continente sorgessero. Zaccaria Bonzo, altro profeta congolese, penetrava nell'Angola col motto « l'Africa agli Africani! ». Simon Toko nel 1949 fondava un nuovo movimento, la « Stella rossa », basato sul principio che Dio sta con i più, e perciò in Africa Egli é a fianco degli Africani. Secondo la profezia di Toko, Dio invierà un suo figliomessia incarnato in un Negro, a redenzione dei Negri (31). Così dal sincretismo negrocristiano va sviluppandosi una coscienza religiosa panafricanista — già implicita del resto nel Kimbangismo, Gunzismo e Kakismo —, fondata su una omogeneità di esperienze di fronte ai bianchi e su una crescente consapevolezza etnicoculturale determinata dallo stesso confronto con la cultura straniera egemonica.
Mentre nell'Africa equatoriale e nel Congo, fra alterne esplosioni e repressioni, in un ininterrotto pro[...]
[...]stico urto sociale tra indigeni
e bianchi, il movimento Kitawala o Kitower, attivo già in Rhodesia e nel Nyassa ove ispirò a varie riprese moti sedizioni violentemente repressi. Il movimento Kitawala proviene per processo separatistico indigeno dalla congregazione americana della Watch Tower (Kitawala
o Kitower é deformazione dell'originario termine inglese), o Associazione dei Testimoni di Geova, fondata nel 1874 da Charles Taze Russell, e perciò nota anche con il name di « Russellismo ». Il movimento Watch Tower s'accentra nell'attesa millenaristica di un'era di paradiso che seguirà, in età non lantana, allorquando la decisiva battaglia di Dio contro Satana esploderà ad Armageddon. I miscredenti saranno debellati, sulla terra regnerà la giustizia. Negatori della Trinità, della divinità di Cristo, dell'immortalità dell'anima, degli eterni castighi ultraterreni; per di più antimilitaristi ed antinazionalisti ad oltranza, i Testimoni di Geova condannano sia lo Stato sia ogni forma di organizzazione ecclesiastica come emanazione di Satan[...]
[...], volto all'unificazione spirituale dei Negri di America e d'Africa. Dalla Liberia al Nilo all'Uganda al SudAfrica, Marcus Garvey proclamava l'espulsione dei bianchi, l'instaurazione di una religione negra, con un Cristo Negro, con angeli negri. Di tali esperienze doveva risentire dunque anche il movimento Kitawala, il quale per un certo periodo indulse ad una messianica attesa degli Americani visti come mitici liberatori (35). Bene si scorge da ciò come il drammatico bisogno di rinnovare religione e cultura assuma, nei movimenti nativisti, forme mitiche e millenaristiche spesso caotiche e puerili, nelle quali vanno a conglomerarsi le più elementari esperienze vissute.
Il movimento Kitawala resta a tuttoggi una fra le più estese organizzazioni religiose nativiste dell'Africa Negra (36). « Noi siamo figli di Dio e perciò non siamo tenuti a riconoscere le leggi degli uomini » : cosí suona un annuncio dei fedeli Kitawala, dato in occasione d'una rivolta nell'Uganda nel 1942. E continua: « I tempi sono mutati: non obbediremo più alle leggi temporali, perché prestare obbedienza agli uomini significa obbedire a Satana » (37).
Annuncio di un'età che porrà fine per i Negri alle alienazioni, annuncio della fine del mondo con rovesciamento imminente dell'ordine attuale, invincibilità nella rivolta, lotta contra la stregoneria: sono questi i temi comuni non solamente alle varie organizzazioni locali dei Kitawala, ma a tutti i profetismi africani, specialmente diffusi tra genti di lingua Bantu. Così in particolare tra i profetismi del SudAfrica.
Il SudAfrica fu, ancor prima dell'Africa equatoriale, uno dei maggiori epicentri del messianesimo Negro. Nel 1892 sorse la chiesa Etiopista, il più antico modello delle chiese cosiddette «separatiste» (o « indigeniste ») — fra cui le stesse formazio[...]
[...]at. Amer. Church of U. S.), il Peiotismo si fonda su un complesso di miti e riti accentrati intorno al peiote, un cactus d'origine messicana (Lophophora williamsii) il cui potere terapeutico e allucinatorio viene impiegato dai proseliti in un pasto sacramentale, fonte di visioni ritenute sacrali.
Il Peiotismo é la « nuova religione degli Indiani ». « Voi Indiani — dice il profeta Hensley — finora combatteste l'un l'altro. Con la nuova religione ciò deve finire. Voi vi stringerete le mani e dividerete il cibo fra voi... ». Cosi si esprime in termini espliciti una nuova esigenza panindianista: esigenza di solidarietà religiosa fra tutti gli Indiani contro i tentativi americani di uniformare alla propria la loro cultura mediante un processo di deculturazione e assimilazione forzata. Legato alla tradizione originaria locale, il Peiotismo reinterpreta il Cristianesimo secondo le esigenze autonomiste indigene. Il processo reinterpretativo é equivalente a quello già visto per i movimenti nativisti africani. « Gesù respinto e ucciso dai bianchi[...]
[...]iformare alla propria la loro cultura mediante un processo di deculturazione e assimilazione forzata. Legato alla tradizione originaria locale, il Peiotismo reinterpreta il Cristianesimo secondo le esigenze autonomiste indigene. Il processo reinterpretativo é equivalente a quello già visto per i movimenti nativisti africani. « Gesù respinto e ucciso dai bianchi — dice Hensley — si volse a proteggere gli Indiani, vittime anch'esse dei bianchi. Perciò il Peiote é parte del corpo di Cristo (49).
Il Peiotismo, con il suo emancipazionismo pacifico, col suo sincretismo, con la sua « chiesa » e il suo Panindianismo, é la risposta culturale alla crisi generata dalla vita nelle riserve. Con esso, e con altri vari movimenti profetici collaterali, fondati sul sincretismo paganocristiano e sulla simbiosi pacifica tra Indiani e bianchi — come la Danza del Sogno dei Menomini, il Grande Messaggio del profeta Handsome Lake fra gli Irochesi, il movimento Shakerista dei gruppi del NordOvest, ecc. — si attua un aggiustamento dei rapporti religiosi e cultu[...]
[...]rgicamente e intensamente protese alla liberazione dai bianchi.
(51) Mooney 1896, 771 sgg., 827, 903 sgg.
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Anche l'America Meridionale è stata ed è tuttora teatro di manifestazioni messianiche indigene, ripullulanti di tempo in tempo fin dal
l'età dei primi contatti coi bianchi, fra le popolazioni e le classi sociali
più misere e oppresse. Fra gli Indios del Brasile nel territorio nordoccidentale di Rio Icano sullo scorcio del sec. XIX si presentava un
messia proclamantesi « Cristo secondo ». Una grande agitazione s'impadronì delle masse che lo seguirono. Il messia guariva le malattie. Egli ammoniva i proseliti a cessare ogni lavora nei campi, perché era alle porte l'età del benessere nella quale la terra avrebbe prodotto spontaneamente frutti abbondanti. Fini col venire arrestato (52).
Vari movimenti popolari messianici sboccavano d'altra parte in aperta rivolta contra i bianchi occupanti. Così i Chiriguano, tribù guer
riera di Guarani abitante ai piedi delle Ande e cristianizzata dai Francescani, alcuni de[...]
[...]o di Solares (55).
Si ripete nell'America Latina, con questo e altri molteplici esempi che non stiamo a narrare, l'esplosione di fanatismi messianici prodotti dall'urto fra una cultura egemonica e le culture native. Anch'essi, come altri movimenti già visti dell'Africa e dell'America settentrionale, sono tesi alla liberazione dai bianchi. Anch'essi denunciano una condizione oppressiva e un bisogno di redenzione economica, sociale, religiosa. Perciò sono volti all'ansiosa attesa d'una catastrofe rigeneratrice, foriera di un'età dell'oro.
Il mito dell'età dell'oro imminente, contrassegnata dall'espulsione dei bianchi, dal capovolgimento delle attuali condizioni di soggezione e miseria, sta al fondamento degli innumerevoli culti profetici pullulanti da alcuni decenni fra le popolazioni di coltivatori primitivi delle isole melanesiane. Guidati da altrettanti profetimessia, gli indigeni hanno via via abbandonato il lavoro, si sono dati, fra grandi feste, ad attendere l'auspicato ritorno collettivo dei morti, l'uscita dei bianchi, l'avvento [...]
[...]settentrionale nonché in Melanesia (58), la fase apostolica dei movimenti profetici sbocca in una successiva fase organizzativa e di n assestamento religioso, in vista di una spontanea esigenza di emancipazione e nel segno di un non mai sopito nativismo creativo, innovatore.
In nessuno dei casi suddetti i movimenti religiosi di liberazione hanno effettivamente portato alla realizzazione dei loro postulati millenaristici e di redenzione sociale: ciò a causa della intransigente opposizione e della resistenza organizzata ed armata delle potenze colonialiste dominatrici. In un caso estremamente ammonitore ed attuale il « millennio », almeno nel suo senso di liberazione sociale, culturale, politica, si è realmente avverato: il caso é quello dell'Indonesia. Anche in Indonesia, con centro in Giava e irradiazioni nelle altre isole, i moti rivoluzionari antieuropei ebbero il loro crogiolo in una serie molteplice di culti messianici di liberazione, sorti fra le popolazioni indigene rurali, imbastiti su temi mitici e millenaristici comuni alla mag[...]
[...]lenaristici comuni alla maggior parte dei culti d'altre regioni fin qui esaminati. Sboccati nell'aperta lotta antiolandese, essi portavano nel 1949 alla conquista dell'indipendenza (59).
Dal panorama fin qui esposto si scorge che gli intensificad contatti tra bianchi e indigeni dell'ultimo secolo, sollecitati in particolar modo dai due grandi conflitti mondiali, hanno promosso una serie di culti nativisti in plaghe del mondo le più disparate. A ciò hanno contribuito come fattori determinanti da un lato l'intensificato processo di assoggettamento dei popoli indigeni, dall'altro l'acquisita, concomitante esperienza del dislivello economico e culturale, da parte delle popolazioni native, rispetto ai portatori della cultura europea.
Per ciò che riguarda il contrasto, che qui più c'interessa, tra religioni native e Cristianesimo, risulta dall'insieme dei dati suesposti come le società cosiddette « primitive » siano venute assumendo dall'insegnamento missionario, ed in ispecie paleotestamentario, una molteplicità
(57) Lanternari 1957; Greenwood 1942.
(58) Worsley (1957, 273) pone in evidenza che i più recenti culti profetici in Melanesia non mirano più (come i primi) al puro e semplice allontanamento dei bianchi e dei loro portati culturali, bensì tendono all'acquisizione dei loro beni e del loro potere. Tendono all'indipendenza[...]
[...]nelle persecuzioni subite dall'antico popolo ebraico il prototipo biblico che li autorizzava a proclamarsi discendenti delle perdute tribù d'Israele (60). La poligamia di Giacobbe, David e Salomone veniva a giustificare religiosamente la tradizionale loro poligamia incongruamente condannata dai missionari. Lo stesso profetismo emancipazionista trovava il più autentico suo modello nel Mosaismo, mentre la passione, l'arresto, la cattura, il sacrificio subito dai singoli profetifondatori nativi ha in Gesù il suo precedente più valido. Inoltre i Nativi hanno potuto rintracciare un'ulteriore convalida e autenticazione delle proprie posizioni religiose, attraverso i movimenti messianici occidentali di derivazione giudaicocristiana pervenuti fra loro, come il Russellismo.
Tale autenticità e validità, se rettamente si guarda, si regge su una notevole corrispondenza di esperienze storiche. Certo i Negri africani, gli indigeni Oceaniani e Americani oggi ripetono esperienze religiose — millenarismo, messianesimo, profetismo, attesa di liberazio[...]
[...]1957, 70, 778. Sulla indipendenza dei vari culti profetici considerati come fenomeni tipicamente a convergenti », a livelli culturali e in territori i piú disparati, cfr. Lowie, 1957.
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insediarsi fra genti agricole e sedentarie, e la civiltà politeista di cui quelle genti erano portatrici (61). Il Messianesimo esilico era sorto a sua volta a riscatto di una sconvolgente esperienza — l'esilio — che minacciò alla radice l'esistenza del popolo ebraico.
Che dunque si tratti di conflitto interno (Cristianesimo) o determinato da urti fra eterogenee culture (Mosaismo, Profeti dell'Esilio), che il messia impetri una salvezza ultraterrena (quando il conflitto é interno) o una salvezza prevalentemente terrena (se il conflitto proviene dall'esterno), ne risulta comunque che i movimenti profetici e messianici di cui é stata protagonista la civiltà religiosa occidentale al suo nascere costituiscono altrettanti ed autentici precedenti storici dei movimenti profetici « nativisti » dei popoli coloniali, sia p[...]
[...]culturale i fattori precipitanti sono d'origine esterna, negli altri i fattori precipitanti sono d'origine interna.
Moventi d'origine esterna ed interna s'intersecano nella formazione del profetismo giudaico, dal Mosaismo ai profeti dell'Esilio. Infatti all'urto interculturale tra due correnti, la pastorale e l'agricola, s'intreccia l'interno conflitto fra monoteismo e politeismo, fra elementi religiosi « idolatrici » e religione « ufficiale », cioè sacerdotale.
Non per nulla la storia religiosa dell'antico Israele si svolge sul binario continuo del conflitto tra un « ufficiale » monoteismo e l'idolatria o politeismo « popolare » : conflitto che profondamente l'impronta.
Ora, precisamente il contrasto interno fra religione « popolare » e religione « ufficiale », intese come momenti particolari di un unico processo dialetticostorico, si perpetua per entro la storia del Cristianesimo, diretto erede del Giudaismo. Ciò non è senza rapporto con lo sviluppo assunto nel mondo cristiano dalle istituzioni ecclesiastiche (eredi del sacerdotalis[...]
[...]ulla la storia religiosa dell'antico Israele si svolge sul binario continuo del conflitto tra un « ufficiale » monoteismo e l'idolatria o politeismo « popolare » : conflitto che profondamente l'impronta.
Ora, precisamente il contrasto interno fra religione « popolare » e religione « ufficiale », intese come momenti particolari di un unico processo dialetticostorico, si perpetua per entro la storia del Cristianesimo, diretto erede del Giudaismo. Ciò non è senza rapporto con lo sviluppo assunto nel mondo cristiano dalle istituzioni ecclesiastiche (eredi del sacerdotalismo giudaico), e con le contraddizioni che ne scaturiscono, fra esigenze istituzionali da un canto e dall'altro le esigenze religiose della società nel suo insieme.
D'altra parte il suddetto conflitto tra momenta popolare e momento ufficiale della religione — inteso quest'ultimo nella forma di sacerdotalismo teocratico — presiede alle origini stesse del Cristianesimo, e non solamente d'esso ma dei vari movimenti profetici cananei, dall'Essenismo alla Setta di Qumran. Infine[...]
[...] carattere endogeno la via di salvezza é rivolta all'azione religiosa e morale assai più che all'azione politica esterna. Gli esempi del Cristianesimo apostolico e degli altri piú recenti movimenti profetici d'origine cristiana sono eloquenti. Salvarsi significa metodicamente avviarsi ad un'esistenza ultraterrena che sola può attuare la piena liberazione individuale. La salvazione si polarizza nell'escaton o fine del mondo, il cui significato perciò diventa univocamente positivo, mentre si proclama la rinuncia ai valori immediati e immanenti d'utilità terrena : di quei valori che dominano con il loro grande peso nei movimenti nativisti a livello etnologico.
(66 bis) Per il conflitto tra momento « ufficiale » e momento « popolare » della vita religiosa, vedi: Lanternari, 1954.
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Tale carattere trascendentista distingue storicamente il Cristianesimo sia dai profetismi precedenti, sia dalle formazioni nativiste a livello etnologico, entrambi carichi di valori religiosi drammaticamente immanenti e protesi alla salvezz[...]
[...]vimento profetico cristiano. Prodotto da una cultura urbana altamente gerarchicizzata, il Cristianesimo sorse e si sviluppò, come manifestazione « popolare », dal confronto con forze egemoniche oppressive — il sacerdotalismo giudaico, lo statalismo romano — scaturite dal seno della società di cui esso era parte integrante. Combattere su terreno religioso contro tali insopprimibili forze era possibile in un modo soltanto e ad un'unica condizione, cioè globalmente rovesciando i valori dell'esistenza sociale, additando come positivi unicamente i valori ultraterreni.
Insomma, il programma salvifico del Cristianesimo, contro il sacerdotalismo e insieme contro lo statalismo, doveva necessariamente fondarsi su una evasione integrale dalla storia, sulla fondazione di un Regno che doveva attuare il rovesciamento, anzi l'annullamento delle vigenti sovrastrutture sociali.
Sembra significativo che un'analoga, altrettanto radicale evasione dalla storia si adempie, pur in differenti forme, presso religioni profetiche a livello etnologico. Si tratta [...]
[...] popolazioni non v'è in nessun caso possibilità di supine acquiescenze. Le cosiddette conversioni sono in larga misura — come i missionari più illuminati ammettono di buon grado — più apparenti che reali, e toccano comunque la superficie più che il fondo della vita religiosa. Nessuna propaganda esterna, nessuna imposizione o proibizione proveniente dall'alto hanno il potere di frantumare l'inderogabile libertà della storia. La quale ultima ha in ciò la sua legge suprema: che gli itinerari futuri sui quali essa va a svolgersi non sono mai tronconi aggiunti da fuori agli itinerari del passato, sibbene di questi sono continuazione e germinazione spontanea. Insomma, la tradizione religiosa può trasformarsi, correggersi, superarsi: non pue) mai rinnegare se stessa: poiché annullare se stessa non é carattere della storia.
VITTORIO LANTERNARI
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[...]ui quali essa va a svolgersi non sono mai tronconi aggiunti da fuori agli itinerari del passato, sibbene di questi sono continuazione e germinazione spontanea. Insomma, la tradizione religiosa può trasformarsi, correggersi, superarsi: non pue) mai rinnegare se stessa: poiché annullare se stessa non é carattere della storia.
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