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da Vittorio Lanternari, Discorso sul messianismo in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 9 - 1 - numero 46

Brano: [...] dignità, o perfino un alienigena pagano come il persiano Ciro, liberatore degli Ebrei deportati in Babilonia. Vero è che il termine poteva anche applicarsi a quel personaggio annunciato ed atteso per un tempo futuro dal ceppo d'Israele, da cui, secondo numerosi passi profetici, sarebbe stato determinato l'avvento dell'epoca aurea, apportatrice di libertà, pace, concordia, giustizia. Ma soltanto per effetto della successiva tradizione religiosa, cioè soltanto in ambiente cristiano ellenistico (Giov. I, 41; IV, 25), il termine « messia » doveva via via rimaner circoscritto, per identificarsi con la figura storica del « salvatore » (cc unto » = christ6s), atteso e interpretato come rinnovatore del mondo.
Dunque il termine « messia » ha pur esso una storia, avendo mutato nel tempo la portata della propria accezione, da un significato generico ad uno ristretto e individuale. L'identificazione messiaGesù è sancita in Occidente da una tradizione bimillenaria;
14 vITTORIo LA_NTERNARI
ma non pare ora scientificamente illegittimo — anche alla [...]

[...], che diviene così Mutabazi, e il paese é liberato dalle calamità (12). Quest'ultimo elemento del mito rivela una radice locale e precristiana.
Un altro esempio di eroe culturale del quale il mito originario annunciava il ritorno é Nanabhozo (= Manabhozo). Di lui, il mito dice che dopo compiute le innumerevoli gesta con cui salvò l'umanità da mostri, finita la sua opera di demiurgo e superate infinite peripezie, si ritirò su un isolotto di ghiaccio, nel mare settentrionale. Ivi egli avrebbe dovuto permanere, senza porre piede di nuovo in terra: quando egli fosse tornato fra gli uomini, una repentina conflagrazione avrebbe consumato e distrutto il mondo intero (13). Abbiamo detto testé, che Nanabhozo veniva identificato col profeta Tenkswatawa. Il mito apocalittico originario pagano si rielaborava e si maturava in un moderno mito di rinnovamento.
Ma gli eroi mitici o storici che nei movimenti profetici giavanesi rivissero reduci da un regno oltremondano, non erano destinati originariamente a rinascere. Dunque ogni volta che una rielabor[...]

[...]sere supremo Lesa Mukulu, e la regina con l'eroinademiurgo del mito. Evidentemente l'eroina è un'ipostasi femminile dell'essere supremo, pur essa a sua volta cretrice (= restauratrice) del mondo e dell'ordine. Ma l'interessante si è che gli Europei stessi,
dall'epoca della loro comparsa, vennero identificato dai nativi con Lesa Mukulu, l'essere supremo o eroe culturale (20). Dunque, nel
modo in cui originariamente i sostegni del mondo sociale, cioè il re e la regina, erano identificati con i protagonisti dei miti della creazione, ora i protagonisti del più grande rivolgimento culturale
(18) B. H. THOMSON. The Fijians, London, 1908, pp. 1412.
(19) A. FORNANDER, Collection of Hawaiian antiquities and folklore, B.P.B. Mus. Memoris, Honolulu, VI, 1, 191920, p. 42.
(20) J. J. WILLIAMS, Africa's God, VIII, Rhodesia, Chestnut Hill, 1938, pp. 2503.
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introdotto fra i nativi, cioè i bianchi, vengono reinterpretati in chiave tradizionale, come esponenti di una mitica creazione o restaurazione del mondo. Ciò avviene[...]

[...]la regina, erano identificati con i protagonisti dei miti della creazione, ora i protagonisti del più grande rivolgimento culturale
(18) B. H. THOMSON. The Fijians, London, 1908, pp. 1412.
(19) A. FORNANDER, Collection of Hawaiian antiquities and folklore, B.P.B. Mus. Memoris, Honolulu, VI, 1, 191920, p. 42.
(20) J. J. WILLIAMS, Africa's God, VIII, Rhodesia, Chestnut Hill, 1938, pp. 2503.
DISCORSO SUL MESSIANISMO 23
introdotto fra i nativi, cioè i bianchi, vengono reinterpretati in chiave tradizionale, come esponenti di una mitica creazione o restaurazione del mondo. Ciò avviene anche se il mito non accennava necessariamente ad un futuro ritorno dell'essere supremo o dell'eroe culturale. P. es. secondo la profezia annunciata da Wodziwob o Tavibo ai Paviotso (Ghost Dance del 1870), un'era di liberazione stava per attuarsi per gli Indiani: il Grande spirito o essere supremo sarebbe disceso in terra, apportatore della nuova epoca paradisiaca; i morti sarebbero tornati; i bianchi sarebbero stati inghiottiti dagli abissi della terra; le loro ricchezze avrebbero appartenuto d'ora innanzi agli Indiani (21).
E' chiaro che anche l'essere supremo celeste, tipicamente [...]

[...]ale, ed é veicolo fra i più significativi e frequenti del nuovo sincretismo messianico. E' eloquente, fra gli altri, il caso degli Indiani delle praterie seguaci della Ghost Dance e dei Californiani Pomo, Wintun, Achomawi seguaci del culto della Casa Sotterranea. Verso il 1870 masse di proseliti si mossero in cammino verso una direzione assegnata dal mito, caso per caso variabile secondo i miti locali, da cui si attendeva, conformemente all'annuncio profetico, che i morti tornassero (22). Il caso equivale a quello delle migrazioni dei Tupiguarani verso la sede dell'eroe culturale. Nei CargoCults melanesiani, già menzionati, più volte
i nativi cosparsero di vessilli le spiagge e apprestarono idonei sentieri per gli spiriti, in attesa dei morti che col loro vascello avrebbero sbarcato nell'isola infinite ricchezze. A volte addirittura eressero speciali aeroporti, per accogliere i morti che sarebbero scesi dagli aeroplani messianicamente attesi (23). L'intero complesso del Cargo Cult si fonda proprio sull'attesa di un imminente rovesciamen[...]

[...]a, sono parte attiva nel processo di palingenesi. Essi volta a volta apporteranno infatti merci e ricchezze, riporteranno i
(22) C. Du Bars, The Ghost Dance of 1870, Univ. Calif. Records, 311939, p. 13.
(23) LANTERNARI, op. ct., cap. IV.
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bisonti già distrutti (Ghost Dance), attueranno l'era di libertà e di salvezza, e porranno fine alla situazione di rischio dal cui emergere i movimenti stessi sono stati promossi. Ciò che qui interessa notare è che il germe degli sviluppi messianici assunti dalla religione dei morti entro i culti profetici, già esisteva nella tradizione precristiana. I morti hanno in generale, nelle religioni tradizionali « primitive », una funzione ambivalente, poiché essi sono apportatori di bene e di male; e ciò in rapporto al più o meno scrupoloso adempimento degli obblighi rituali loro dovuti. L'attesa dei morti che tornano è uno dei lineamenti essenziali di cerimonie religiose tradizionali, soprattutto della festa di Capodanno (fra popoli coltivatori). e dei riti iniziatici (24). La stessa mitologia tradizionale indica i morti come fondatori della civiltà e di feste (25). L'attesa per il ritorno dei morti è dunque un elemento di religione messianica, alla stregua del ritorno dell'eroe culturale o dell'essere supremo. Insomma, non si può limitare la possibilità di formazioni messianiche alla presen[...]

[...]erché vi si attende una salvezza portata da enti o da eventi mitici quali che siano.
Abbiamo detto « enti od eventi mitici ». Infatti, oltre ai casi suesposti nei quali esiste uno o più d'un demiurgo della rinascita del mondo (eroe culturale, essere , supremo, spiriti dei morti), vi sono casi in cui la religione del ritorno assume forme ancor differenti e più originali: essa si configura insomma come attesa di, un evento particolare e concreto, cioè il ripristino d'una determinata condizione storica antica, attualmente scaduta. Senza attendere l'avvento di enti mitici quali che siano, si attende il ritorno di un'epoca storica lontana nel tempo e nell'esperienza collettiva, mitizzata e proiettata nell'immediato futuro. Essa costituirà l'epoca paradisiaca della liberazione e della salvezza.
Fra le altre manifestazioni di questo genere v'è il recente movimento di Ras Tafari, tra i Negri di Giamaica. Il suo nucleo profetico si fonda sull'attesa di un « ritorno » in massa dei Negri in Africa, cioè alla lontana terra d'origine onde secoli av[...]

[...]vento di enti mitici quali che siano, si attende il ritorno di un'epoca storica lontana nel tempo e nell'esperienza collettiva, mitizzata e proiettata nell'immediato futuro. Essa costituirà l'epoca paradisiaca della liberazione e della salvezza.
Fra le altre manifestazioni di questo genere v'è il recente movimento di Ras Tafari, tra i Negri di Giamaica. Il suo nucleo profetico si fonda sull'attesa di un « ritorno » in massa dei Negri in Africa, cioè alla lontana terra d'origine onde secoli avanti i propri antenati furono strappati dai negrieri europei. Ras Tafari, negus d'Etiopia, è mitizzato come eroe liberatore, difensore esemplare dell'indipendenza negra contro l'oppressione dei bianchi. Ras Tafari sarà, secondo i tafaristi, l'autore della liberazione e fondatore dell'era messianicamente attesa dai Negri. Come si vede, l'idea messianica di un « ritorno all'Africa » si fonda su esperienze storiche concrete, benché a loro volta pur esse passate al vaglio del mito. Insomma, l'identificazione dell'Etiopia con l'Africa, di Hailé Selassié [...]

[...]la liberazione e fondatore dell'era messianicamente attesa dai Negri. Come si vede, l'idea messianica di un « ritorno all'Africa » si fonda su esperienze storiche concrete, benché a loro volta pur esse passate al vaglio del mito. Insomma, l'identificazione dell'Etiopia con l'Africa, di Hailé Selassié col messia negro e dell'Africa stessa col regno paradisiaco della salvezza sono riplasmazioni mitiche di determinati eventi ed esperienze storiche. Ciò mostra come i miti si creano exnovo, sotto l'impulso di esigenze vitali fattesi particolarmente urgenti e drammatiche. Altre forme religiose di « ritorno » all'Africa si esprimono, a lor modo, nei culti negri afroamericani (Vodu di Haiti, Candomblé di Bahia, Xango, ecc.) dell'America centromeridionale. In essi l'intensificata ripresa dei mistici riti originali africani attua simbolicamente un 1 ritorno all'Africa » nel quale trova adeguata
DISCORSO SUL MESSIANISMO 27
espressione l'esigenza di autonomia religiosa e culturale dei Negri (26).
Il ritorno a una lontana epoca storica ormai scadu[...]

[...]
Nei casi testé ricordati viene annunciato, su un piano messianico e mitico, il ritorno di condizioni che la storia locale offre come altrettanti modelli di « età delle origini » o — che é lo stesso — di età paradisiaca.
In proposito non si dimentichi che il nucleo fondamentale del profetismo mosaico è costituito dal programma di un « ritorno » alla perduta terra di Sion, e che gli stessi profeti dell'esilio perseguono analoga idea religiosa, e cioè il « ritorno » alle condizioni storiche precedenti alle loro attuali.
Non si può dunque ritenere che l'eroe culturale sia nucleo insostituibile dei movimenti profetici, senza obliterare l'infinita variabilità delle formazioni profetiche e della « religione del ritorno »: la quale ultima si configura secondo temi via via offerti dal mito
(26) LANTERNARI, Movimenti religiosi ecc., Cap. III, B (movimento di Ras Tafari e culti afroamericani).
(27) Op. cit., Cap. III, C, d.
(28) Op. cit., Cap. VI.
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(eroe culturale, essere supremo, spiriti dei morti), o dalla storia (ri[...]

[...]i attendeva messianicamente il ritorno del « Principe Giusto » (Ratu adil); mentre fino ad epoca recentissima (sec. XX) è rimasta popolarmente diffusa fra gli Indonesiani l'attesa per il ritorno dell'eroe giavanese, principe Diponegoro (29). Anche Alexander Bedward, fondatore del Bedwardismo a Giamaica (1920), è un altro esponente di questa « religione del ritorno » fondata sulla mitica attesa di personaggi reali. Egli stesso infatti dava l'annuncio di una sua prossima ascesa in cielo, e di un successivo ritorno come redentore dei Negri. Nella religione popolare brasiliana moderna si ha il caso del profeta Joao Maria e di Padre Cicero: di costoro, i quali fondarono i movimenti profetici già menzionati, si attende tuttora vivamente il ritorno: essi ripristineranno il regno di pace e giustizia. Anche il grande filone dei movimenti mahdisti, in Africa ed Asia, esprime con periodicità ricorrente l'identica attesa di un ripristino di condizioni più antiche. In generale, lo stesso Cristo Negro così diffuso nelle religioni profetiche dell'Afric[...]

[...]e sprovvisto sia della dimensione del passato, sia di una prospettiva futura, in senso storico. Il solo « passato » religiosamente sperimentabile é quello che appartiene, o finisce per appartenere ai primordi, alle origini. È un passato mitico, prototipico, e sta insomma fuori della storia: laddove il « futuro » in senso religioso, è a sua volta un futuro messianico, escatologico, insomma mitico anch'esso e al di là della storia.
In relazione a ciò, il ritorno a un passato primordiale, come viene annunciato in ciascuno dei movimenti profetici, rappresenta l'unica evasione possibile dal presente nefasto, e la sola forma accessibile, in senso religioso, di un rinnovamento della vita.
D'altra parte anche l'attesa di un tempo futuro nel quale libertà, benessere, salvezza si attuino superando ogni angoscia, sfu
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ma in un mito millenaristico: e tale mito rappresenta l'unica possibile soluzione religiosa del bisogno di evadere da un presente insostenibile. Il fatto si è che l'esperienza religiosa tende per sua
na[...]

[...]izioni trascorse (33). V'è una dinamica storica, nei movimenti profetici, che non va dimenticata. Tale dinamica è volta energicamente al futuro. I modelli dell'età delle origini e della perfezione, proposti nei miti messianici, in tanto hanno valore, in quanto essi costituiscono altrettanti programmi di trasformazione: in quanto possono alimentare speranze di rinnovamento, e anzi rappresentano essi stessi l'inizio della rinascita. In definitiva, ciò che più conta nei movimenti profetici, al di là e contro il loro conservatorismo apparente, é l'avvio, che in essi si pone, al rinnovamento della vita religiosa, ed anche culturale, socia
(33) Mircea Eliade, il grande storico delle religioni, è fautore di un'interpretazione del tutto misticheggiante e conservatrice, di tali movimenti religiosi. Secondo l'E. la reintegrazione dello stato paradisiaco, che si esprime nei movimenti messianici (e così pure ugualmente nelle cerimonie religiose tradizionali, feste di Capodanno, Iniziazioni) ha un senso ed una funzione assolutamene autonoma; anzi es[...]

[...]religiose. Nei culti messianici, l'uomo agirebbe, secondo l'E., conformemente a un bisogno interiore di coerenza rispetto al cosmo, e non sotto la stretta di prementi esigenze esistenziali (M. ELIADE, Dimensions religieuses du renouvellement cosmique, Eranos Jahbuch 1960, pp. 2745). L'E., come sempre, separa la vita religiosa dalle distinte esperienze storiche ed esistenziali che ad essa presiedono.
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le, politica: e tutto ciò, in risposta a bisogni esistenziali maturati attraverso la storia, per entro le civiltà in movimento. Più e al di là del passato nostalgico, é il futuro creativo che conta, per i seguaci di questi movimenti. Poiché tali movimenti sono in realtà altrettante sintesi nuove, e in ogni caso discordanti dalla tradizione corrente. La religione del ritorno si dispiega nella storia, in definitiva, come una creativa religione di rinnovamento.
Quanto si é venuto dicendo — in una prospettiva « fenomenologica » — sui movimenti profetici a livello etnologico, sui loro miti millenaristici, sull'attesa di s[...]

[...]ti profetici a livello etnologico, sui loro miti millenaristici, sull'attesa di salvezza e sul bisogno di rigenerazione che in essi si esprimono, vale indubbiamente in pari grado per i movimenti profetici delle grandi religioni storiche, e particolarmente il Mosaismo, il profetismo ebraico dell'esilio, il Cristianesimo stesso. Sotto tale profilo, essi hanno dato via via nuova vita a un nucleo religioso embrionalmente già vivo nel « paganesimo », cioè a miti e riti di attesa di salvezza (34). Infatti, al di là delle peculiarità legate ai differenti contesti storici e culturali da cui sorge ciascun movimento, in tutti può riconoscersi un nucleo genetico, comune ad essi anche nelle religioni più arretrate. In tal senso esiste a nostro avviso, e conviene sia qui ribadita, una ininterrotta continuità di sviluppo fra le religioni cosiddette primitive e le grandi religioni storiche, compreso il Cristianesimo: talché ad un attento e spregiudicato esame, in queste ultime possono riconoscersi ï vari complessi mitici e rituali di origine antica, ri[...]

[...]tendono e l'auspicano per sé. Pertanto non su questa base è possibile affermare che il messianismo delle « grandi civiltà » (Hochkulturen) sia « altro » dalla « religione d'attesa di salvezza » (Heilserwartungsglaube) dei popoli « primitivi » (ibid.).
L'altro elemento differenziale, secondo il G., fra messianismo « vero » e movimenti di popoli primitivi, sarebbe nel ruolo di « mediazione » (Vermittlung) che il messia svolge fra uomini e Dio. Ma ciò è come dire, implicitamente, che un messia « vero può esistere solo nell'ambtio di religioni monoteistiche: e questo è, evidentemente, il sottinteso pensiero del G.: pensiero che peraltro precede l'esposizione dei fatti, e condiziona la stessa definizione di messianismo ch'egli viene fornendo (cfr., op. cit., p. 22). È chiaro che « differenze » grandi esistono, fra messianismo di religioni prepoliteistiche, e politeistiche, e infine monoteistiche: ma tali differenze debbono riportarsi non ad « alterità » congenita dei « veri » o « inautentici » messianismi: sebbene al differente sviluppo reli[...]

[...]« veri » o « inautentici » messianismi: sebbene al differente sviluppo religioso e culturale, in genere, delle varie civiltà.
Quanto poi alla « storicità » della persona del messia (il G. ritiene che il messia debba essere una persona « storica », ib., p. 26), si è già detto come storia e mito s'intreccino continuamente nei movimenti di salvezza, cosicché personaggi mitici vengono pensati e attesi come coloro che discenderanno « storicamente », cioè attualmente, fra gli uomini, e viceversa personaggi storici vengono mitizzati come persone che risusciteranno e apporteranno l'atteso paradiso.
34 VITTORIO LANTERNARI
vimenti messianici stessi: sia che in essi si annunci un ritorno di anonimi morti, o di un eroe culturale, o altro ancora, o infine di una figura d'uomo divino. Un secondo problema sarà di distinguere, secondo uno sviluppo storico progressivo, i differenti livelli del messianismo, in rapporto alle differenziate fasi culturali in ciascuno d'essi riflesse.
In definitiva, la comparazione storicoreligiosa ci consente a questo pu[...]

[...]a in un universalismo, nel quale c'é posto per tutti i popoli, senza discriminazione d'origine. Il Cristianesimo, riprendendo il messaggio universalistico dei profeti dell'esilio e rielaborandolo in funzione d'una particolare situazione di crisi socialeculturale, ne ripete tuttavia un tema d'origine « nazionale » : il messia, di cui in esso si attua l'avvento e di cui s'attende il ritorno alla fine dei tempi, é pur sempre « del ceppo d'Isal », é cioè di stirpe davidica. Ma il messianismo cristiano affrontava ormai consapevolmente una crisi di nuovo ordine: la crisi morale,
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intellettuale, individuale di una cultura autocosciente e in declino, posta di fronte al problema dell'esistenza: e sanciva una via di salvezza ormai trascendentale.
Tali in sintesi gli sviluppi storici concreti del messianismo, dai suoi germi embrionali nelle religioni a livello etnologico, fino alle manifestazioni più avanzate e complesse. Ma qui importa anche rispondere all'altra domanda già postaci: su quale terreno storicosocialecultura[...]

[...]ndentale.
Tali in sintesi gli sviluppi storici concreti del messianismo, dai suoi germi embrionali nelle religioni a livello etnologico, fino alle manifestazioni più avanzate e complesse. Ma qui importa anche rispondere all'altra domanda già postaci: su quale terreno storicosocialeculturale il messianismo alligna così da dar luogo a nuovi, autentici movimenti di salvezza? Si pub affermare, sulla base di una documentazione amplissima, che l'annuncio di un c salvatore » imminente, o di un complesso di enti ed eventi attesi come apportatori di bene, accompagna e segue altrettante situazioni di alta tensione, crisi, precarietà esistenziale. Tali situazioni sono dovute via via ad eventi calamitosi come detribalizzazione, occupazione di terre, deculturazione (da parte dei bianchi), deportazioni e catastrofi collettive, a conflitti contro istituzioni o gruppi oppressivi da parte di gruppi subordinati, ad esigenze popolari frustrate da parte dei poteri istituzionali, ad urto fra culture di differente livello, o ad altre gravi ragioni di rischio[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] G. Tamburrano, Gramsci e l'egemonia del proletariato in Studi gramsciani

Brano: [...] nuovo « Dio ascoso » della storia (come scrisse Croce) cede ad una rinnovata concezione del marxismo come filosofia dell'azione proletaria, concezione del mondo della nuova classe fondamentale approprian
278 I documenti del convegno
dosi della quale il proletariato acquista la coscienza della sua posizione nella società, della sua funzione nella storia e quindi della necessità della sua azione conseguente per tradurre in atto la sua filosofia cioè per costruire la società socialista.
Il pensiero gramsciano risente sia l'influenza della polemica di Croce contro le filosofie fatalistiche e positivistiche sia, soprattutto, l'influenza della critica leninista al marxismo deterministico della socialdemocrazia europea. Attraverso il leninismo, come dottrina della strategia politica del proletariato, perviene ad una puntualizzazione e ad un rinnovamento del marxismo. La rivalutazione della prassi, della consapevole volontà creatrice delle masse spinge il suo interesse verso lo studio della storia eticopolitica, cioè dell'azione effettiva de[...]

[...]filosofie fatalistiche e positivistiche sia, soprattutto, l'influenza della critica leninista al marxismo deterministico della socialdemocrazia europea. Attraverso il leninismo, come dottrina della strategia politica del proletariato, perviene ad una puntualizzazione e ad un rinnovamento del marxismo. La rivalutazione della prassi, della consapevole volontà creatrice delle masse spinge il suo interesse verso lo studio della storia eticopolitica, cioè dell'azione effettiva degli uomini. La tesi marxista che l'umanità si pone solo quei compiti per il raggiungimento dei quali esistono già le condizioni materiali, viene approfondita ed integrata nella ricerca dei modi, delle forme, del come l'umanità effettivamente realizza quei compiti; cioè l'attenzione si sposta verso le « condizioni spirituali » della dialettica storica. In tal modo il marxismo viene depurato di ogni residuo meccanicistico e l'uomo riappare in tutto il suo valore di protagonista della sua storia. È in questo quadro che occorre collocare i rapporti tra Gramsci e Lenin. Già nel Grido del popolo del 5 gennaio 1918 egli scrisse che la Rivoluzione russa « la rivoluzione contro Il Capitale di Carlo Marx. Il Capitale di Carlo Marx era, in Russia, il libro dei borghesi piú che dei proletari. Era la dimostrazione critica della fatale necess_tà che in Russia si formass[...]

[...]ro marxista, quello che non muore mai, che è la continuazione del pensiero idealistico italiano e tedesco e che in Marx si era contaminato di incrostazioni positivistiche e materialistiche ». A pagina 32 di M. S. afferma l'identità tra filosofia e politica, tra pensiero ed azione e soggiunge: « la teorizzazione e la realizzazione dell'egemonia fatta da Ilici è stato anche un grande avvenimento metafisico » .
Sul piano piú strettamente politico, cioè strategico, Gramsci aderisce alle tesi leniniste negli anni successivi alle conferenze di Zimmerwald e Kienthal. Tutta la sua azione politica, tutto il suo pensiero dell'Ordine
Giuseppe Tamburrano 279
Nuovo è ispirato profondamente alla strategia leninista dl preparazione della rivoluzione per la conquista violenta del potere. Egli sosteneva che la situazione italiana era analoga a quella della Russia di Kerenski (Avanti! di Torino, 26 giugno 1919), che bisognava organizzare l'avanguardia rivolùzionaria del proletariato, sviluppare l'azione nel seno della società capitalistica, delle sue i[...]

[...] porrà in seguito, del rapporto tra proletariato, intellettuali e società nazionale: la pagina su Gobetti nella Quistione meridionale.
La critica del determinismo economico è il punto di partenza per lo studio dell'azione degli uomini nella concretezza della realtà storica. La filosofia della prassi essendo non tanto analisi delle strutture ma soprattutto delle sovrastrutture (storia eticopolitica) pone l'accento inevitabilmente sulla politica, cioè sulla volontà organizzata di conservare o modificare le strutture della società. Ciò che interessa Gramsci non è tanto l'organizzazione dei rapporti di classe ma il modo come è stata creata e viene conservata questa organizzazione, ed il modo come la classe subalterna deve porsi il problema di modificarla. Entrati nel dominio della politica le questioni che sorgono non riguardano piú la società capitalistica come tipo astratto di società, ma la società capitalistica nazionale, cioè una realtà effettuale, ed inoltre non concernono i rapporti tipici tra capitalismo e proletariato ma i rapporti concreti tra classe dirigente nazionale e proletariato. Da ciò prende le mosse l'analisi del come la classe dirigente si è formata, del come riesce a mantenere il suo potere, inizia cioè finalmente (finalmente perché per la prima volta vengono affrontati questi problemi dalla letteratura marxista) lo studio della società e dello Stato,
19.
280 1 documenti del convegno
del loro dinamismo interiore, cioè della politica tout court. Questi problemi, infatti, erano stati sempre risolti dai marxisti con generici riferi
menti alla violenza della classe dominante, alla coercizione dell'apparato statale, alla dittatura di classe. Gramsci non nega il carattere coercitiva
dell'apparato statale ma rileva che non basta affermare che una società si regge sulla coercizione delle leggi e sulla forza materiale degli organi di repressione per comprendere le ragioni per cui una classe normalmente esercita il predominio. In effetti quando si parla di società borghese o feudale, non si intende solo un modo d[...]

[...]i gusti, la morale, il costume, il buon senso, folclore ed i principi filosofici e religiosi della maggioranza degli uomini viventi in quella società. Questo modo di essere e di agire degli uomini, dei governati, è il puntello piú importante dell'ordine costituito; la forza materiale è una forza di riserva per i momenti eccezionali di crisi. Di norma il dominio della classe dominante si fonda su quelle forze che possiamo chiamare « spirituali », cioè su una adesione dei governati al tipo di società in cui vivono, al modo di vita di quell'ordine di vita sociale, cioè sul consenso. È questo consenso che interessa Gramsci, che egli cerca di definire, analizzare e spiegare.
Da ciò le sue note sul buon senso, il folclore, gli intellettuali. Nella nota « Connessione tra il senso comune, la religione e la filosofia » 1 egli parte dalla premessa che la concezione del mondo della classe dominante è stata popolarizzata ed è diventata senso comune, il che significa che i diretti sono stati conformizzati ai principi filosofici della classe dominante, principi borghesi. Ma nella realtà si è verificata una frattura tra teoria e pratica, cioè ad un certo punto per l'evoluzione dei rapporti sociali ed economici l'attività pratica di gran parte dei governati è entrata in contrasto [...]

[...]e note sul buon senso, il folclore, gli intellettuali. Nella nota « Connessione tra il senso comune, la religione e la filosofia » 1 egli parte dalla premessa che la concezione del mondo della classe dominante è stata popolarizzata ed è diventata senso comune, il che significa che i diretti sono stati conformizzati ai principi filosofici della classe dominante, principi borghesi. Ma nella realtà si è verificata una frattura tra teoria e pratica, cioè ad un certo punto per l'evoluzione dei rapporti sociali ed economici l'attività pratica di gran parte dei governati è entrata in contrasto con i principi in cui essi credono. Nella società borghese questa frattura riguarda soprattutto il proletariato, il quale, per la sua attività pratica, è. portato a credere in una concezione del mondo diversa da quella borghese.. Questa diversa concezione del mondo è la filosofia della prassi. Si pone
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Giuseppe Tamburrano 281
quindi il problema della unificazione della teoria con la prassi, cioè di educare i lavoratori ad una nuova f[...]

[...] governati è entrata in contrasto con i principi in cui essi credono. Nella società borghese questa frattura riguarda soprattutto il proletariato, il quale, per la sua attività pratica, è. portato a credere in una concezione del mondo diversa da quella borghese.. Questa diversa concezione del mondo è la filosofia della prassi. Si pone
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quindi il problema della unificazione della teoria con la prassi, cioè di educare i lavoratori ad una nuova filosofia, alla loro filosofia, sottraendoli alla estraniazione filosofica borghese. II compito di fare acquistare ai lavoratori la coscienza del loro essere sociale spetta agli intellettuali organici della classe subalterna ed al partito. Da questa proposizione scaturiscono conseguenze assai importanti. Partendo dalla constatazione che il dominio di una classe normalmente non si fonda solo sulla forza coercitiva, Gramsci distingue la società civile dalla società politica: nella prima la classe dominante cerca il consenso, nella seconda attua la coercizio[...]

[...]n equilibrio della società politica con la società civile (o egemonia di un gruppo sociale sull'intera società nazionale esercitata attraverso le organizzazioni cosiddette private, come la Chiesa, i sindacati, le scuole ecc.). E appunto nella società civile specialmente operano gli intellettuali » I. Ne Gli intellettuali... afferma: « si possono... fissare due grandi " piani " superstrutturali, quello che si può chiamare della "società civile ", cioè dell'insieme di organismi volgarmente detti "privati " e quello della " società politica o Stato " e che corrispondono alla funzione di " egemonia " che il gruppo dominante esercita in tutta la società e a quella di " dominio diretto " o di comando che si esprime nello Stato e nel governo "giuridico " » 2. « La supremazia di un gruppo sociale », rileva nel Risorgimento, « si manifesta in due modi, come " dominio" e come " direzione intellettuale e morale " » 3. La distinzione non significa separazione tra due settori della società ma significa che il dominio di una classe non si esprime solt[...]

[...]retto " o di comando che si esprime nello Stato e nel governo "giuridico " » 2. « La supremazia di un gruppo sociale », rileva nel Risorgimento, « si manifesta in due modi, come " dominio" e come " direzione intellettuale e morale " » 3. La distinzione non significa separazione tra due settori della società ma significa che il dominio di una classe non si esprime soltanto come coercizione ma è consenso dei governati corazzato di coercizione, che cioè la classe dominante plasma attraverso i suoi intellettuali e le istituzioni culturali, educative e religiose i diretti ma nello stesso tempo organizza la forza che garantisce la stabilità sociale nei periodi di crisi ed impone l'accettazione del regime ai riluttanti. Infatti, prosegue Gramsci nel ci
L. C, p. 137.
2 .1., p. 9.
3 R., p. 70.
282 I documenti del convegno
tato passo del Risorgimento: « Un gruppo sociale è dominante dei gruppi avversari che tende a " liquidare " o a sottomettere anche con la forza armata ed è dirigente dei gruppi affini e alleati ».
La distinzione tra societ[...]

[...]itica), tra dominio ed egemonia non ha solo grande importanza teorica, ma ha anche una grande importanza pratica. Infatti la classe rivoluzionaria deve porsi il problema del potere non solo come appropriazione degli strumenti del dominio politico, ma anche e prima di tutto degli strumenti di egemonia: la conquista del potere non è solo conquista dell'apparato coercitivo della società politica ma prima di tutto conquista del consenso delle masse. Ciò d'altronde non significa ricerca del successo elettorale. Gramsci, pur non disconoscendo i1 valore sintomatico delle elezioni, come banco di prova della effettiva egemonia di un gruppo sociale, non si nasconde che il successo elettorale può essere un rapporto effimero ed occasionale, frutto di un boom, di uno scoppio emotivo, « di panico o di entusiasmo fittizio »1. I1 consenso deve essere espressione di un rapporto organico, di direzione intellettuale e morale, per cui le masse si sentono permanentemente legate alla ideologia e alla leadership politica dello Stato come espressione delle loro[...]

[...] con le tesi di Trotzkj, che ignoravano queste differenze, egli scrisse: « Mi pare che Ilici aveva compreso che occorreva un mutamento dalla guerra manovrata, applicata vittoriosamente in Oriente nel '17, alla guerra di posizione che era la sola possibile in Occidente... Solo the Ilici non ebbe il tempo di approfondire la sua formula, pur tenendo conto che egli poteva approfondirla solo teoricamente, mentre il compito fondamentale era nazionale, cioè domandava una ricognizione del terreno ed una fissazione degli elementi di trincea e di fortezza rappresentati dagi elementi di società civile, ecc. In Oriente, lo Stato era tutto, la società civile era primordiale e gelatinosa; nell'Occidente, tra Stato e società civile c'era un giusto rapporto e nel tremolio dello Stato si scorgeva subito una robusta struttura della società civile. Lo Stato era solo una trincea avanzata, dietro cui stava una robusta catena di fortezze e di casematte » j.
È un rilievo acutissimo che colpisce la sostanza delle cose. La società zarista russa era circoscritta[...]

[...]oranza allo stato primitivo ed amorfo. Nelle società occidentali la direzione intellettuale e morale della borghesia, l'egemonia borghese, ha raggiunto e conformizzato masse enormi di cittadini. La società russa non era borghese sia perché era poco sviluppato l'apparato produttivo capitalistico e mancavano le istituzioni politiche borghesi, sia perché, di conseguenza, le masse non erano plasmate secondo un tipo di vita e di pensiero borghesi. Perciò la Rivoluzione russa dovette porsi il compito di creare coattivamente un apparato produttivo ed una società civile di uomini coscienti ed evoluti. Nelle diverse condizioni del mondo occidentale l'obiettivo del proletariato, dei suoi partiti e dei suoi intellettuali organici con
1 Mach., p. 68.
284 I documenti del convegno
siste non solo nella conquista della « trincea » statale ma nell'impossessamento delle « fortezze e delle casematte», nel penetrare cioè profondamente nella società civile sostituendo all'egemonia borghese l'egemonia socialista. La conquista della egemonia, che Gramsci de[...]

[...]zione russa dovette porsi il compito di creare coattivamente un apparato produttivo ed una società civile di uomini coscienti ed evoluti. Nelle diverse condizioni del mondo occidentale l'obiettivo del proletariato, dei suoi partiti e dei suoi intellettuali organici con
1 Mach., p. 68.
284 I documenti del convegno
siste non solo nella conquista della « trincea » statale ma nell'impossessamento delle « fortezze e delle casematte», nel penetrare cioè profondamente nella società civile sostituendo all'egemonia borghese l'egemonia socialista. La conquista della egemonia, che Gramsci definisce « democrazia moderna », non sorge dopo la conquista del potere politico: essa deve essere realizzata prima. In una nota del Risorgimento egli scrive: « un gruppo sociale può, anzi deve essere dirigente già prima di conquistare il potere governativo (è questa una delle condizioni principali pet Ia stessa conquista del potere); dopo, quando esercita il potere e anche se lo tiene fortemente in pugno, diventa dominante, ma deve continuare ad essere dirige[...]

[...]e essere criticata appunto perché si sviluppi e produca nuove forme di vita statale, in cui l'iniziativa degli individui e dei gruppi sia " statale", anche se non dovuta al " governo dei funzionari" (far diventare "spontanea" la vita statale)» 2.
noto che la funzione egemonica secondo Gramsci spetta al partito ed agli intellettuali. Egli è stato accusato di avere del partito un concetto totalitario. Per Gramsci il partito è il moderno Principe, cioè lo strumento politico non piú individuale ma collettivo. La funzione del partito si collega alla realizzazione dell'egemonia. In alcune pagine 3 egli
1 R., p. 70.
2
P., p. 166.
3 M. S., p. 5 sgg.
Giuseppe Tamburrano 285
precisa che il partito moderno ha il compito di unificare la teoria e la pratica intesa come processo storico reale, cioè di creare quel blocco culturalesociale che consiste nel dare alla massa dei lavoratori la coscienza della loro funzione storica, una concezione del mondo conforme alla loro attività umana. È una concezione totalitaria nel senso piú alto della parola, non certo nel senso politico corrente. Infatti già nell'Ordine Nuovo del 29 novembre 1919 scriveva: « il problema concreto e immediato del partito socialista... è il problema della costruzione di un apparecchio statale, che nel suo ambito interno funzioni democraticamente, cioè garantisca a tutte le tendenze anticapitalistiche la libertà e la po[...]

[...] lavoratori la coscienza della loro funzione storica, una concezione del mondo conforme alla loro attività umana. È una concezione totalitaria nel senso piú alto della parola, non certo nel senso politico corrente. Infatti già nell'Ordine Nuovo del 29 novembre 1919 scriveva: « il problema concreto e immediato del partito socialista... è il problema della costruzione di un apparecchio statale, che nel suo ambito interno funzioni democraticamente, cioè garantisca a tutte le tendenze anticapitalistiche la libertà e la possibilità di diventare partiti di governo proletario e verso l'esterno sia come una macchina implacabile che stritoli gli organismi del potere politico ed industriale del capitalismo ».
Nei Quaderni dirà parole chiare contro la burocratizzazione del partito, contro lo « spirito di corpo », cioè l'ambizione di una persona o di un gruppo di persone «che puntano sullo spirito di corpo per far trionfare la parte sul tutto ed ottenere il potere e i privilegi » 1; è per la disciplina fondata sulla libertà e sulla responsabilità e non sulla costrizione esterna; è per la massima libertà di discussione interna: « un'orchestra che fa le prove, ogni strumento per canto suo, dà l'impressione della piú orribile cacofonia; eppure queste prove sono la condizione perché l'orchestra viva come un solo " strumento " » 2.
Se vogliamo in breve riassumere queste sparse osservazioni che son necessariame[...]

[...]i operai, .i salariati agricoli, i dipendenti delle aziende agricole, i piccoli proprietari, gli artigiani, i commercianti, i tecnici, il ceto medio impiegatizio ed intellettuale — sono interessati oggettivamente alla costruzione di una nuova società. Gran parte di questa massa è ancora soggetto all'influenza della ideologia borghese grazie all'azione degli strumenti borghesi di direzione culturale e morale — stampa, radio, scuola, chiesa ecc. — cioè professano ancora una concezione del mondo contrastante con i loro interessi reali. L'azione socialista non può essere diretta alla sola conquista del potere politico, perché prima o poi si scontrerebbe non solo con gli interessi dei capitalisti e delle loro appendici parassitarie, ma anche con quelle masse di cittadini interessate al socialismo ma non ancora conquistate ideologicamente all'azione socialista. L'azione socialista deve tendere, aderendo alle condizioni materiali ed intellettuali proprie di ciascun paese, ad unificare politicamente ed ideologicamente tutte le masse interessate [...]

[...]ico, perché prima o poi si scontrerebbe non solo con gli interessi dei capitalisti e delle loro appendici parassitarie, ma anche con quelle masse di cittadini interessate al socialismo ma non ancora conquistate ideologicamente all'azione socialista. L'azione socialista deve tendere, aderendo alle condizioni materiali ed intellettuali proprie di ciascun paese, ad unificare politicamente ed ideologicamente tutte le masse interessate al socialismo, cioè ad instaurare la direzione culturale e morale, l'egemonia socialista, creando il nuovo blocco storico socialista. Svuotato lo Stato borghese della sua sostanza civile, ridotto a puro apparato di coercizione politica, ad una forma senza contenuto, la conquista del potere, violenta o pacifica a seconda dell'atteggiamento della classe ancora dominante politicamente, è l'atto conclusivo del processo, la realizzazione della democrazia per eccellenza, l'unificazione organica tra società civile e società politica. La società socialista sorge cosí come società realmente democratica in cui il consens[...]



da Roberto Guiducci, Pamphlet sul disgelo e sulla cultura di sinistra in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1955 - 11 - 1 - numero 17

Brano: [...]ultura dovevano essere abbandonate per altre nuove e (a differenza di quanto ora si comincia, come abbiamo visto sopra, a denunciare) che queste nuove forme erano state in definitiva realizzate, che il problema era ridotto, se mai, a rendere il lavoro culturale più efficiente, a trattare alcuni temi piuttosto che altri, ecc.
Il discorso è sempre stato dunque discorso sui contenuti particolari, ben raramente, e mai a fondo, discorso sulle forme, cioè sulla organizzazione della cultura, soprattutto nei confronti dell'organizzazione politica (1).
(1) Qui conviene forse ripetere che, nel corso dello scritto, per politica e cultura di sinistra non si intendono due fatti diversi, ma due aspetti diversi di quell'unità che è l'ideologia. La differenziazione non è per contenuto od oggetto che è sempre il medesimo: la realtà economicosociale, ma per dinamica di ricerca, per modo di procedere nel proprio lavoro specifico. Se infatti per la politica l'ideologia deve essere sempre un tutto perfettamente concluso e coerente di fronte ad ogni atto, p[...]

[...]fra loro scambiandosi, a reciproco vantaggio, i risultati via via conseguiti.
Il non rispettare i due aspetti dello svolgimento dell'ideologia significherebbe di volta in volta ridurla ad un solo termine: di qui, i casi estremi di un politicismo integrale o della pura astrazione.
L'equilibrio sta invece in una politica nutrita culturalmente e quindi atta all'intervento non intuitivo, ma rigoroso, ed in una cultura politicamente responsabile, e cioè determinata nelle sue possibilità d'orientamento e nelle sue scelte dalle necessità concrete della pratica.
E infine come per politica marxista si intende l'aspetto di intervento come somma
PAMPHLET SUL DISGELO E SULLA CULTURA DI SINISTRA 87
Naturalmente non abbiamo difficoltà a riconoscere che in linea di massima é vero che i partiti di sinistra non hanno mai richiesto drasticamente una adesione ed una corrispondenza totali della cultura alla loro politica. Ma non consentendo il formarsi di un luogo collettivo, specifico ed organizzato e quindi munito d'autorità, dove potesse svilupparsi[...]

[...]di massima é vero che i partiti di sinistra non hanno mai richiesto drasticamente una adesione ed una corrispondenza totali della cultura alla loro politica. Ma non consentendo il formarsi di un luogo collettivo, specifico ed organizzato e quindi munito d'autorità, dove potesse svilupparsi la ricerca originale e spregiudicata, e di conseguenza la critica, essi hanno però favorito di fatto l'atteggiamento individualistico e l'apporto singolo, con ciò perpetuando proprio quei vizi tipici degli intellettuali, come l'atomismo e l'accademismo, che venivano così a sublimarsi in ben apprezzate e del resto comode virtù.
Ognuno di noi sa le pietose istorie degli abbecedari realistici, degli erbari lysenkiani, della « tsitatcina » o citomania dei classici, ecc.
E certamente non accenniamo qui a, questa parte negativa per riportare a galla penose situazioni che riteniamo chiaramente abbandonate (2), ma per rendere esplicito come da un determinato tipo di orga
di tutti gli interventi a tutti i livelli, così per cultura marxista non s'intende solo[...]

[...]a
di tutti gli interventi a tutti i livelli, così per cultura marxista non s'intende solo l'aspetto dell'alta cultura, ma anche quello delle competenze specifiche e particolari a qualsiasi livello, come andremo più avanti meglio chiarendo.
L'accento del discorso cade sugli intellettuali solo e proprio in quanto strumenti responsabili di elaborazione della cultura, come i dirigenti di partito lo sono per l'elaborazione della politica, senza con ciò naturalmente negare la possibilità della compresenza delle due responsabilità quando questo positivamente accada.
(2) L'analisi di questi fatti va tuttavia, a nostro avviso, francamente effettuata, ma in sede opportuna. Due sono gli opposti pericoli di affrontare in modo errato la questione, modi che rapidamente potremmo definire: « idealistico » e « cristiano D.
II primo pretende la minimizzazione dei fatti sul piano dell'ordinaria amministrazione o addirittura la svalutazione di esso. (La rivoluzione costa questo ed altro. Ma il fissare i limiti di costo alla stessa rivoluzione non è all'[...]

[...]zione dei torti, si crede che sia doveroso ottenere questo esito per riscattare la storia. Poi, giudici e giudicati, salvatesi reciprocamente le anime, si possono quietare.
Ma la concezione marxista della storia è ben più drammatica: gli errori non si riparano trasponendoli fuori o al di sopra del corso storico, gli errori restano un fatto, sono, in quanto avvenuti, irriducibili.
Il loro superamento può essere, a questo punto, solo dialettico, cioè un andare oltre
88 ROBERTO GUIDUCCI
nizzazione della cultura non possono derivare che corrispondenti risultati.
E i risultati sono quelli che sono se dopo dieci anni l'interessantissima e seria inchiesta sulla cultura condotta da Cesarini e Onofri sul Contemporaneo approda a qualificarli quali: « tramonto dell'idealismo filosofico, attualità dell'antifascismo, bisogno di distensione ideologica ». Tre ovvietà, soltanto che si pensi ai tanti anni ormai trascorsi dopo la Resistenza e dopo la pubblicazione di Gramsci.
Le cose erano arrivate al punto in cui la borghesia italiana, che subito d[...]

[...]icazione di Gramsci.
Le cose erano arrivate al punto in cui la borghesia italiana, che subito dopo il '45 aveva, insieme alle staffe, perso anche la capacità di offrire una propria ideologia, era riuscita a compiere un notevolissimo ricupero per prendere in contropiede il netto passo in avanti della classe operaia e contadina effettuato nel` dopoguerra con un imponente sviluppo quantitativo.
Di fronte al non indifferente bagaglio delle nuove sociologie, delle nuove tecniche economiche, delle nuove estetiche, delle nuove filosofie, sfornate da un lavoro collettivo soprattutto americano che non aveva mai visto l'uguale, ci si ritrovò balbettanti (non potendosi piú dinanzi ad una situazione di fatto giocare la rozza carta di dichiararne la nullità e l'inesistenza), provinciali, impreparati. Si propose finalmente di studiare i principi primi delle armi dell'avversario quando esse già sparavano all'impazzata facendo vuoti nel proprio schieramento. I politici stretti, esecutivi, erano certamente in grado di presentare apparentemente le carte[...]

[...]I SINISTRA
del Partito, la sua omogeneizzazione, la sua solida organizzazione, un ruolo giocato su piano internazionale. Essi avevano effettivamente sfruttata fino in fondo, diremmo all'ultima goccia, la forza ideologica che veniva dalla trádizione marxista. Ma avevano supposto un avversario pressoché immutabile e statico, anzi in continua involuzione, alla vigilia di una crisi. Improvvisamente se ne trovarono davanti uno diverso e rafforzato. Cioè anche una realtà economicosociale nuova da studiare e da capire, da riafferrare e da dominare.
A questo punto su piano internazionale avvenne il disgelo. Fu una grossa vittoria della pace. Per un momento, anche all'interno la pressione dell'avversario comincia a diminuire, a mutare metodo.
Ed ora siamo a questo punto. Ma è inutile farsi delle tranquille illusioni: abbandonarsi ad una quieta attesa. La cosa più urgente da avvertire é che il disgelo deve avere una contropartita occidentale, e l'ha: la distanza, l'allontanamento delle speranze da un punto di soluzione radicale, il distendersi[...]

[...]nare serio sia quello di arrampicarsi senza soste, a testa bassa.
Alcuni affermano: per uscire dalle incertezze andiamo alla base. Andiamoci pure. Ma qui possiamo ampiamente constatare che la base stessa é spesso sconcertata, alle volte stupefatta. Il proprio padrone, il padrone taglia i tempi, mette da parte i comunisti, l'ombra del licenziamento ha lo spessore facile e sottile di un foglio di carta che può arrivare con ogni giro di posta. Krusciov beve con Tito, beve con Eisenhower. Krusciov beve. E la pace. Il pericolo della bomba atomica si fa lontano, piccolo. Togliendo una certa vite alla bomba atomica e mettendone un'altra si può andare a cavallo nella Luna. Chi arriverà prima? I sovietici o gli americani? Ma forse non ha ormai importanza. Andranno forse insieme?
Così le ideologie si disfanno e si fanno cronaca, e nel cuore scettico cresce lunga l'erba dell'opportunismo. Ognuno crede di giocare l'avversario nel tempo. Ma l'uomo alienato non ha pace nella pace. Chi muore di fame si vede rovesciata mostruosamente la garanzia della sopravvivenza biologica.
A questo livello l[...]

[...]prima? I sovietici o gli americani? Ma forse non ha ormai importanza. Andranno forse insieme?
Così le ideologie si disfanno e si fanno cronaca, e nel cuore scettico cresce lunga l'erba dell'opportunismo. Ognuno crede di giocare l'avversario nel tempo. Ma l'uomo alienato non ha pace nella pace. Chi muore di fame si vede rovesciata mostruosamente la garanzia della sopravvivenza biologica.
A questo livello l'ideologia torna vera. È la speranza. È ciò che fa dell'uomo alienato un uomo, malgrado tutto e subito, totale. È a questa base che occorre arrivare. Qui l'intransigenza conta, ed i « massimi morali u sono il minimo indispensabile per vivere, per non scadere a Lumpenproletariat. Qui politica e cultura sono organici, sono dentro l'uomo. Il loro senso é uguale e così il loro peso. Qui la rivoluzione ed i suoi principi primi hanno le loro radici.
Solo risalendo di qui (e molto) ritroviamo il gioco della tattica e la rarefazione della cultura. Che cosa riportare a questa base nel viaggio di ritorno? Può essa continuare ad essere il mito g[...]

[...]ancora ben poco da riportargli nel viaggio di ritorno. E la nostra coscienza é in pericolo come la sua.
94 ROBERTO GUIDUCCI
Per questo il discorso sulla politica e sulla cultura continua ad essere pesante e difficile.
Ed è inutile pensare di rispolverare i vecchi fantasmi. Viviamo in un contrasto economicosociale diverso e complesso. Nessuno ci può conservare sottobanco i nostri valori. La conseguenza è che dobbiamo rifarceli pezzo per pezzo. Ciò significa che per le nostre lotte occorrono nuove armi pensate a fondo, preparate con pazienza, e nuovi slanci con cui rifare la nostra anima.
E poiché non sarà un bel cervello isolato a disegnare sul suo foglio di carta la nostra cattedrale gotica, bisogna mettersi insieme quanti più é possibile, con impegno preciso.
Abbiamo creduto tutti per un momento che camminare fosse già anche capire, anzi che il camminare francamente fosse l'unico modo di capire bene. Non disconosciamo questo fatto. Abbiamo soltanto scoperto che é più complicato. Ecco tutto.
Si continui dunque politicamente a cammi[...]

[...]ura italiano, estraneo alla realtà, legato ad una cultura che é letteraria ed umanistica nel senso piú limitativo della definizione, non interessato e non impegnato in un dibattito vivo neppure di quelle strutture che condizionano, limitano ed impediscono la sua stessa attività, tocca il segno, fa centro. Ma spesso non ne deduce forse tutte le conseguenze. Se é vero che la cultura di sinistra non ha trovato una sua nuova forma di organizzazione, ció vuol dire che non è ancora una nuova cultura o, meglio, che lo é non in senso originale creativo, ma in senso prevalentemente didascalico e ripetitivo di una cultura originale precedente. Non tosi era nei tempi vivi del movimento operaio. Nel partito di Lenin le invenzioni ideologiche diventavano modi di essere, passo avanti organico del pensare e del fare; nel partito di Gramsci il rischio ed il tentativo politico era anche ricerca filosofica, culturale, e lo sforzo di pensare era anche sforzo di vivere in modo diverso. Per questo c'è paradossalmente malgrado tutto una mezza verità nella col[...]

[...]deologiche diventavano modi di essere, passo avanti organico del pensare e del fare; nel partito di Gramsci il rischio ed il tentativo politico era anche ricerca filosofica, culturale, e lo sforzo di pensare era anche sforzo di vivere in modo diverso. Per questo c'è paradossalmente malgrado tutto una mezza verità nella collocazione, effettuata da qualcuno, degli intellettuali mar. xisti, anziché nel campo rivoluzionario, nella sinistra borghese, cioè, in ultima analisi, nel quadro della società borghese. Quali sono infatti le essenziali differenze fra il modo di lavorare dell'intellettuale borghese ed il modo di lavorare di molti intellettuali marxisti? Solo i politici comunisti e socialisti hanno sempre sentito di rappresentare la politica (e anche la cultura) autenticamente rivoluzionaria, proletaria, operaia, strutturata in modo originale, diverso e lontano dalle forme organizzative della società borghese.
Gli intellettuali legati ad un tipo di organizzazione tradizionale ancora pienamente borghese non potevano essere (e non si senti[...]

[...]nda che lo specialista non é, per il fatto di possedere le massime capacità nel suo particolare ramo, un dirigente politico, anche limitatamente al suo. settore. Deve esistere un punto di travaso, un luogo di confluenza di questi due aspetti, un piano dove l'accordo fra tutti . gli uomini che
98 ROBERTO. GUIDUCCI
fanno ciascuno il proprio lavoro e costruiscono la loro propria vita si realizza democraticamente al più alto livello possibile.
Ma ciò non pue) avvenire per semplice buona volontà, buonsensismo, tranquilla tolleranza.
Le nuove prospettive vanno allontanando la primordiale figura del condottiero, sintesi della forza e dell'intelligenza. La sua monolitïcità si frammenta, si articola, assume proporzioni più modeste.
La grandezza in Stalin chiude definitivamente un'epoca. E il suo atteggiamento appare già quello di un epigono. Malenkov e Bulganin non sono « totali », non sono filosofi (e la filosofia sovietica riprende il suo ruolo specifico). Hanno bisogno di altri.. Si costruiscono tavole rotonde. Inizia il lavoro collettivo[...]

[...]cenneremo più avanti al contenuto della « risoluzione ». Prima di tutto vorremmo fare una osservazione, che è anche la premessa al discorso sul contenuto. In realtà i termini del problema dell'« ideologia dei monopoli » erano noti da anni anche in Italia.
Molti intellettuali di sinistra se ne erano occupati attivamente, tanto che fra gli studiosi più insigni della materia emergono alcuni professori universitari iscritti al Partita comunista. Ma ciò che più conta è il fatto che gli operai di diverse industrie italiane del Nord avevano cominciato nell'ultimo biennio ad avvertirne la pressione e a capirne il senso. Ma le vie di comunicazione per questo messaggio non erano aperte. Mentre già il fenomeno si sviluppava vigorosamente, non se ne prendeva ancora atto: una rigida visione attendistica di una crisi del capitalismo non permetteva di coglierne le riprese. La sottovalutazione del Problema portò alla perdita di tutto un tempo prezioso nel quale l'avversario poté tranquillamente annodare e stendere le reti. Quando queste furono tirate, [...]

[...] CULTURA DI SINISTRA 101
che vengono identificati fenomeni diversi senza vederne le distanze e quindi le caratteristiche: urbanistica con architettura, ricerche di logica pura con espedienti demagogici, correnti perlomeno laiche ed antimetafisiche con il clericalismo più deteriore; soprattutto che non si approfondisce la differenza essenziale fra risultato scientifico oggettivo e le svariatissime mistificazioni ideologiche possibili, quindi fra ciò che, malgrado le sovrapposizioni, é scienza e ciò che in ogni caso scienza non è e non sarà.
Si può rispondere naturalmente che questa critica è eccessiva per un programma a grandi tratti, steso per indicare un orientamento politico di massima. Ma è ben qui che i conti non tornano e che si ricade sempre nella stessa incertezza. Che degli specialisti delle varie materie non abbiano messo mano rigorosamente alla stesura lo si nota subito da chiunque abbia una certa competenza in qualcuno dei punti toccati, Ma allora il manifesto è ancora una volta strettamente politico, e non
culturale nel senso sopra accennato, cioè specialistico. '
Il fat[...]

[...]ma a grandi tratti, steso per indicare un orientamento politico di massima. Ma è ben qui che i conti non tornano e che si ricade sempre nella stessa incertezza. Che degli specialisti delle varie materie non abbiano messo mano rigorosamente alla stesura lo si nota subito da chiunque abbia una certa competenza in qualcuno dei punti toccati, Ma allora il manifesto è ancora una volta strettamente politico, e non
culturale nel senso sopra accennato, cioè specialistico. '
Il fatto che non lo sia preoccupa, perché da un'analisi solo approssimata è difficile escano criteri di lavoro precisi ed efficienti. Quando si intravedono solo le ombre del nemico, è arduo combatterlo con efficacia (5).
Dunque d'accordo per una presa di posizione contra l'ideologia dei
(5) Tanto è vero che dopo una pur così considerevole presa di posizione capita di leggere sul Contemporaneo n. 35, 391955, nel pezzo polemico di L. LombardoRadice in risposta ad una critica di Alicata: e Oggi, i neopositivisti (e tra di essi, ricordiamolo, vi sono studiosi serissimi, e uom[...]

[...], anzi!, un sistematico sviluppo della impostazione idealistica del Croce e del Gentile a. Dove si vede come si possa prendere una strada estremamente dubbia e probabilmente chiusa in un campo specialistico, non volendo curiosamente tener conto proprio dell'opinione di chi, appunto, ne ha competenza specifica. Abbiamo citato questo episodio non per se stesso, ma per i suoi sviluppi singolari e positivi. Alicata, con impostazione intelligente, lasciò il passo nella risposta ad uno specialista, Galvano della Volpe, che chiari facilmente i termini esatti del problema e, ciò che più conta, apri prospettive moderne di studio e di meditazione, pur rimanendo strettamente nel campo marxista.
nnacnTn rrrmrrrrr
monopoli, ma non esattamente in questi termini, soprattutto se la proposta di un superamento degli attuali limiti della cultura di sinistra a appare necessario non soltanto per consolidare ed estendere lo schieramento unitario di tutte le forze che si battono per la libertà della cultura italiana, ma anche ai fini dello sviluppo del marxismo, della conquista dei nuovi intellettuali e soprattutto di tecnici al Partito e del rafforzamento ideologico della classe[...]

[...]logico della classe operaia ». Per conquistare studiosi e tecnici seri, competenti nelle singole materie, soprattutto se spesso politicamente incerti o agnostici, occorre affrontare un discorso documentato che essi possano ascoltare, riconoscendone la competenza, e a cui possano partecipare sul terreno rigorosamente scientifico. Per questa via si può far comprendere a questi tecnici che un processo storicistico di demistificazione delle scienze, cioè una operazione sottile di liberazione dalle incrostazioni reazionarie ad esse sovrapposte da zelanti interpreti, da politicanti astuti, o dagli scienziati stessi impreparati in campo economicosociale, è un vantaggio per la scienza, un modo di renderla più agile, più spregiudicata, più fecondamente libera, oltre che un modo di arrivare ad una più progressiva visione generale del mondo.
Appunto in questo ci sembra consistere il far « uso creativo e non dogmatico del marxismo », farne « l'unica corrente ideale capace di riprendere e portare avanti la migliore erediti della cultura nazionale, l[...]

[...]ncora una vita tanto gracile e lenta in Italia.
104 ROBERTO GUIDUCCI
È ormai chiarissimo a tutti noi che nei dieci anni di guerra fredda. il problema essenziale era quello di resistere, ed é fuori di dubbio che la posizione di una cultura creativa, per sua natura costruttrice, era in contraddizione con una politica di « avant le déluge », a file serrate, sospettose, in agguato in arroccati caposaldi.
Fabbricare alcuni caposaldi già come case, cioè costruirli in modo che le strutture di guerra fossero già in nuce e nelle linee fondamentali abitabili anche rozzamente come dimore del futuro era forse possibile, ma era pur lecito comprendere il timore che ciò comportasse maggiori difficoltà, rischi non tollerabili. Per questo, come ognuno sa, discutere in certe congiunture poteva sembrare anche un po' tradire (anche se tradire poteva essere sotto altri aspetti il tacere). Ci limitammo a dire soltanto, ma continuamente che, se poteva sembrare un pericolo immediato il costruire i caposaldi come case, ad un certo punto tuttavia le sentinelle si sarebbero trovate esaurite e snervate da una così triste guarnigione senza prospettive e avrebbero potuto cedere più facilmente, al momento della lotta, davanti ad un nemico più abile e moderno, malgrado ìl lo[...]

[...]della sopravvivenza biologica. Ma i rapporti di disgelo fra sinistra europea e Unione Sovietica hanno una prospettiva diversa, aprono una porta.
L'URSS non ha più, in certo senso, bisogno della sinistra europea in senso strategico. Ha solo bisogno di amicizie, e quanto più alto sarà il livello del partito amico, tanto piú alto potrà essere il suo prestigio. La richiesta di fedeltà quantitativa può spostarsi in richiesta di appoggio qualitativo. Ciò corrisponderebbe per la prima volta anche ai nostri interessi più diretti.
Ma non c'è da sperare in una libera corsa. Il limite delle nostre possibilità rimane: la pace americana conta sulla nostra immobilità.
Per questo rientrano nell'ideologia reazionaria la facile euforia autonomistica, le prime voci sullo scioglimento del Cominform, l'allegria turistica dell'eventualità di una facile estensione del passaporto ai paesi
106 ROBERTO GUIDUCCI
orientali. Se c'è un vantaggio per noi é di poter essere oggettivamente, per la prima volta, in grado di stabilire rapporti paritetici con l'URSS, di poter non sciogliere, ma fare una Internazionale a tavola rotonda (7), di abituarci a rapporti di rispetto, di scambio, di attenzione e non di potenza.
L'esenzione da un legame militare (e quindi gerarchico) sublima i vincoli. La media ponderale può farsi aritmetica. Ognuno sul piano della civiltà acquista lo stesso peso. La democrazia é possibile.
La cultura riguadagna terreno. I libri valgono per il loro rigore e non perché sono libri di guarnigione. Possiamo a cuor leggero perder tempo a leggere romanzi, oltre che la « Dialettica della natura ». Ci vestiamo da civili e ci sembra di volare camminando co[...]

[...]a media ponderale può farsi aritmetica. Ognuno sul piano della civiltà acquista lo stesso peso. La democrazia é possibile.
La cultura riguadagna terreno. I libri valgono per il loro rigore e non perché sono libri di guarnigione. Possiamo a cuor leggero perder tempo a leggere romanzi, oltre che la « Dialettica della natura ». Ci vestiamo da civili e ci sembra di volare camminando con scarpe normali. Ma la tensione fra presente e avvenire rimane, ciononostante, irrimediabilmente contradditoria.
Se le dimensioni dell'attesa tendono ad allungarsi, se la speran
z deve farsi durissima pazienza, tentiamo la vita nuova nella vecchia, portiamo in profondità ciò che non ci é concesso in estensione. E abba
stanza chiaro che la politica immediata dovrà farsi ancor più diplomatica, tattica, calcolatrice di difficili e compromessi equilibri. Non è il caso che ancora una volta si giochino in questo senso tutte le carte. Se questo aspetto della politica, vediamo bene, non può coprire che
(7) È questa la tavola rotonda che veramente interessa: quella di sinistra. I dialoghi troppo aperti (aperti a tutti) per avere un senso devono necessariamente essere così generici da perdere precisamente molto di quel senso che si proponevano di avere. Per questo ad ese[...]

[...]quilibri. Non è il caso che ancora una volta si giochino in questo senso tutte le carte. Se questo aspetto della politica, vediamo bene, non può coprire che
(7) È questa la tavola rotonda che veramente interessa: quella di sinistra. I dialoghi troppo aperti (aperti a tutti) per avere un senso devono necessariamente essere così generici da perdere precisamente molto di quel senso che si proponevano di avere. Per questo ad esempio la proposta di Sciolokhov per la creazione di « una tribuna di contatti creativi per tutti coloro ai quali é cara la causa della letteratura contemporanea >t (riportata su Realtà sovietica, n. 1011, ottobrenovembre 1955) se (la un lato è senza dubbio un evidente segno positivo, e pub dare risultati sul piano distensivo, dall'altro, sul terreno dei contenuti, non copre tutte le necessità del problema. Fra i consensi italiani alla proposta (pubblicati sulla medesima rivista) senza dubbio il più esatto e centrato é quello di Franco Fortini che, pur convenendo sui vantaggi dell'iniziativa, Ione la pregiudiziale che [...]

[...]ne ed a farla lievitare. Di qui un possibile accostare alla transigenza diplomatica il coraggio ideologico, un contrapporre alla perdita delle possibilità di radicali soluzioni di fondo la forza di un patrimonio morale. La resistenza al risucchio della vecchia vita è anticiparne nonostante tutto una nuova.
Per questo la questione dello sviluppo ideologico si fa in prima fila, diventa vicino ripensamento di una più gramsciana politica operaia. E ciò si innesta oggi in una situazione oggettiva più facile e rispondente. E si rendono attuali, come abbiamo visto, la distinzione fra politica tattica e politica operaia classista, l'articolazione fra politica nazionale e internazionale, il radicale modificarsi dei rapporti fra l'URSS e i partiti di sinistra occidentali verso un piano di pariteticità, il riconoscimento che l'avversario capitalistico ha raffinato i propri strumenti e che per controbatterlo ne occorrono nuovi e più approfonditi.
Matrice e garanzia di questo gioco più complesso: la dialettica fra politica e cultura all'interno del[...]

[...] consente: contrapporre alla pace delle armi l'arma della critica, rifare il vecchio vestito tessendo dal di dentro la nuova tela, compiere il lavoro della talpa shakespeariana ripresa. da. Mar; finché l'antica Europa vada in pezzi senza averlo pre
18 ROBERTO CUIDUCCI

visto, senza che si siano potute prendere le debite precauzioni. È:n questa piega il difficile segreto che l'empirismo politico americano non sa e non saprà cogliere, che la sociologia analitica non saprà rilevare, in cui le human relations si troveranno impigliate e stupefatte.
C'é forse dunque ancora una risorsa in Europa, coltivata e preparata in questi ultimi dieci anni nella sua parte piú sensibile: che la cultura di sinistra, fattasi forza ideologica di fondo come nuova organizzazione della cultura, possa essere il punto in cui si riesca a dissolvere la rigida contraddizione cui i tempi moderni paiono averci condannati.
È forse tenendo questo filo che é possibile pensare che passino eure: l'uomo di pensiero che avrà resistito alla seduzione di facili richiami d[...]



da Alan Lomax, Nuova ipotesi sul canto folcloristico italiano nel quadro della musica popolare mondiale in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1955 - 11 - 1 - numero 17

Brano: [...]ile musicale si trasformi essenzialmente. Sem brerebbe che soltanto i più profondi sconvolgimenti sociali, l'arrivo: di un altro popolo, l'adozione di un nuovo modo di vita oppure. l'emigrazione in una terra affatto diversa e una conseguente completa
assimilazione abbiano il potere di trasformare lo stile mu_. sicái, e anche in tal caso cib avviene attraverso un processo evolutivo Ohe rimane molto lento.
esempio istruttivo ci é dato dall'incrocio di stili musicali europei e africani nel nuovo, mondo. Ad onta dei secolari e profondi contatti nei vari ambienti delle colonie inglesi, francesi, .spa
112 ALAN LOMAS
gnuole, olandesi e portoghesi, la musica folcloristica negra pub essere considerata come parte dello stile musicale africano, proprio a quel modo che i canti folcloristici dei bianchi in regioni di lingua diversa si possono ancora considerare connessi alle loro radici europee. Con ciò intendevamo dire che le diverse musiche af roamericane presentano tra di loro notevoli affinità e rassomigliano assai più alla musica africana c[...]

[...]i stili musicali europei e africani nel nuovo, mondo. Ad onta dei secolari e profondi contatti nei vari ambienti delle colonie inglesi, francesi, .spa
112 ALAN LOMAS
gnuole, olandesi e portoghesi, la musica folcloristica negra pub essere considerata come parte dello stile musicale africano, proprio a quel modo che i canti folcloristici dei bianchi in regioni di lingua diversa si possono ancora considerare connessi alle loro radici europee. Con ciò intendevamo dire che le diverse musiche af roamericane presentano tra di loro notevoli affinità e rassomigliano assai più alla musica africana che alle varie musiche delle culture dominanti.
Osservato da un punto di vista esclusivamente formale lo schiavo poteva sembrare musicalmente europeizzato. Aveva infatti adottato tra l'altro frammenti melodici, nuovi strumenti, una nuova serie di accordi; ma una tale analisi formale, condotta sulla base della notazione musicale europea, tradiva la realtà in quanto non teneva in debito conto gli importantissimi elementi stilistici.
La musica africana [...]

[...]ealizzata, non è mai di eguaglianza, anzi, specialmente in oriente, equivale alla schiavitù.
2) Eurasatico Antico.
Quest'area comprende le Ebridi, il Galles, la Cornovaglia, regioni della Francia, la Spagna (a nord dei Pirenei), l'Italia (a:. nord degli Appennini), le Alpi, la Germania (?), la Cecoslovac
116 ALAN LVMAA
chia, parte della Bulgaria e della Romania, la Russia meridionale ed il Caucaso, tribù primitive dell'India, parte del massiccio dell'Himalaya. Essa si estende anche più ad oriente; certamente anche nella Scandinavia e in Siberia ma non ho potuto ottenere materiale relativo a queste regioni.
In tutta questa zona il canto e la danza sono fondamentalmente corali. La voce viene emessa con la gola rilassata mentre la espressione del volto è vivace e mobile. Le melodie sono relativamente semplici e disadorne. L'unisono omogeneo é normale ed esistono molte forme di polifonia. Le primitive forme polifoniche sono frequentemente sommerse, ma la pronta accoglienza e l'adattamento dell'armonia moderna di queste regioni, indica l[...]

[...]astanza bassa. Essa rimane nei limiti di un registro vocale e nel canto corale c'è la stessa fusione. Uno dei principali compiti di questa musica è di fare da accompagnamento ad elaborati balletti rituali. Ecco perché il controllo del tempo è particolarmente brillante, con raffinati passi di accelerazione e decelerazione. Canti spesso composti di brani di tempo contrastante. Gli strumenti sono rudimentali: bacchette ritmiche, un u bull roarer », cioè un bastone svuotato in cui l'esecutore canta un motivo ostinato in voce di basso. Lo stato d'animo espresso da questa musica è in generale grave e spesso tragico. La sua funzione principale: i'l controllo magico della natura.
7) Melanesiano.
Parti della Nuova Guinea,3 delle isole adiacenti. Ho il sospetto che quest'area si rivelerà non meno complessa di quella europea, con tracce primitive degli stili australiano, pigmoide, eu
NUOVA IPOTESI SUL CANTO FOLCLORISTICO ITALIANO 119
rasiatico e di altri per ora indefinibili. Tuttavia, lungo la costa settentrionale della Nuova Guinea e nelle is[...]

[...]opiano delle Ande.
120 ALAN LOMAX
Il canto può essere a solo o corale unisono. La voce di gola é spesso aspra, tende a conformarsi alla normale intonazione del cantante quando parla. Le voci maschili sono spesso piuttosto gravi. I cantanti manifestano la tendenza a muovere il capo avanti e indietro; la mandibola controllata senza rigidezza si apre per emettere le sillabe e si richiude leggermente di nuovo mentre la testa viene tirata indietro. Ciò produce l'impressione che il cantante mangi il motivo a brano a brano. I canti composti di sillabe prive di significato o di frasi rituali, durano spesso per delle ore e gli stessi esecutori sono capaci di continuare a cantare per notti e giornate intere. Il modo di cantare indiano sembra quello maggiormente orientato verso l'esercizio muscolare. La parola d'ordine é « resistenza », il fine desiderato uno stato simile ad una « trance ». I canti si distinguono per il ritmo disteso, ripetitivo, dinamico, ma semplice un po' come quello che deve conseguire il maratoneta. I canti spesso comunicati[...]

[...]onale, mentre invece in Spagna e nelle Isole Britanniche, essa ha accentuato lo stile vocale monodico.
Gli strumenti sono parte della tecnologia della musica e possono diffondersi senza modificare in profondità lo stile musicale delle aree da essa invase. Lo stesso si può dire per quanto riguarda le melodie, la poesia, i sistemi di armonia e i ritmi. L'africano moderno ha adottato in anni recenti tutti questi elementi dall'Europa, ma ad onta di ciò, il carattere della sua musica rimane africano. Tale tesi sarà rafforzata quando saranno possibili più approfondite ricerche sugli incroci di culture musicali.
Veniamo quindi ai vari fattori dello stile musicale che .sembrano maggiormente fondamentali e attraverso i quali è più facile diagnosticare la musica di una certa area. In ordine di importanza, a mio modo di vedere, sono i seguenti:
1) Fino a che punto un canto costituisce un fenomeno di gruppo o individuale.
2) Il grado di fusione vocale nel canto corale e il grado di presenza o di assenza di polifonia.
3) Il carattere della voce [...]

[...]ndenza e infine nettamente più tenera nel trattamento riservato ai bambini. A Sud della Via Emilia e all'interno della barriera Appenninica, da Oriente ad Occidente, si entra drammaticamente in una regione di canti assolo e di voci aspre e stridenti. Le donne sono gelosamente sorvegliate e inseguite dai maschi, i quali sono convinti che l'accondiscendenza amorosa squalifica la donna per il matrimonio.
A Sud di Roma il carattere eurasiatico cominciò ad essere molto più marcato; le melodie diventavano più lunghe e più malinconiche, mentre le voci si facevano più stridenti e acute. Intanto ..anche la gelosia sessuale e la relegazione delle donne in casa, ti
126 ALAN LOMAX
pica degli arabi, diventavano più accentuate, fino al momento in cui, in Sicilia, divenne impossibile registrare il canto delle donne senza l'espressa autorizzazione del marito. Viaggiare nel Sud é un tormento per una persona sensibile tanto è brutale in certe manifestazioni il modo di trattare i bambini in questo mondo ispanoarabico.
In Italia, come, si direbbe, in Sp[...]

[...]ema centrale, individuai in ogni caso che mi fu dato di poter studiare un rapporto positivo fra lo stile musicale e le consuetudini sessuali delle comunità. Le isole di cultura slava a Nord cantano a gola spiegata e hanno un atteggiamento liberale nelle cose dell'amore; quelle del centro meno, e finalmente, a Sud, le comunità albanesi e le altre comunità slave spiccano come isolotti di tolleranza sessuale in un mare di gelosia e di frustazione e ciò benché le tradizioni sociali e musicali eurasiatiche abbiano modificato considerevolmente lo stile albanese.
Rimane il problema del meccanismo attraverso il quale uno stile musicale viene a corrispondere con le preferenze individuali. Trovai la risposta a tale quesito in uno studio di ninnananne italiane di cui si hanno due o trecento registrazioni. Le ninnananne dell'Italia Meridionale sono dolorose, veri e propri gemiti di sconforto, indistinguibili dai lamenti funebri dell'intera regione. Le ninnananne del Settentrione d'Italia sono nell'insieme giocose o, al massimo, ansiosamente tenere.[...]

[...]stiera intorno a Venezia c'é un vero e proprio tesoro di ninnananne meridionali. Anche le lagune di Venezia sono caratterizzate da un cantare stridente e dall'assoluta incapacità della gente di cantare polifonicamente o di fondere le loro voci. L'esistenza di queste isole musicali eurasiatiche a Nord si spiega con l'isolamento di comunità che non furono mai invase dai barbari settentrionali e quindi guardavano ad Oriente verso i centri del commercio orientale della regione del Mediterraneo.
L'infanzia nell'Italia e nella Spagna meridionali stabilisce il suo primo contatto con la musica attraverso la madre e la paren
tela femminile. Queste voci, che lo cullano per farlo addormen
tare e girano per la casa mentre le donne sono intente al lavoro, accompagnano il bimbo nella veglia e nel sonno. E ciò che ode
é una voce acuta, una melodia gemebonda, espressione della tragedia del vivere nell'Italia Meridionale, della sua povertà, delle sue tradizioni sessuali, fonte di insoddisfazione e di amarezza. Le
NUOVA IPOTESI SUL CANTO BOLCLORISTICO ITALIANO 129
ninnananne chiedono ai Santi di proteggere il piccino nato in un mondo difficile e minaccioso e ammoniscono il bimbo irrequieto che, se non la smette, verrà il lupo cattivo che mangia le pecorelle.
Le ninnananne, per le donne italiane, hanno una diretta fisionomia sessuale. Le ragazze da marito si rifiutano nettamente di cantarle e rimangono imbarazzate quando le odono cantare ad un estraneo di sesso maschile. La ragione di cib é evidente. La dottrina cattolica vieta formalmente il rapporto sessuale tranne che a scopo di procreazione e giacché, per lo meno in teoria, nessuna ragazza nubile possiede un'esperienza sessuale e nessuna donna permette il rapporto senza intenti procreativ[...]

[...]le emozioni in rapporto allo stile canoro, un altro grande passo verrà compiuto nel campo .della musicologia scientifica. Ma in questo caso particolare poche osservazioni preliminari possono essere condivise da tutti quanti. Quando un essere umano, specialmente una donna, si abbandona a uno sfogo di intenso dolore esso emette una serie di note lamentose, sostenute, con voce acutissima. Anche gli uomini, come i bambini, urlano nel dolore. Per far ciò la testa è gettata all'indietro, la mandibola spinta in avanti, il palato molle si accosta alla gola, l'ugola è stretta cosicché una piccola colonna d'aria ad alta pressione esplode verso l'alto facendo vibrare il palato duro e il sinus. Un facile esperimento personale convincerà chiunque che questo é il miglior modo per urlare o gemere. Se in quel momento aprite leggermente gli occhi (perché se avete provato obbedendo alle mie istruzioni si saranno chiusi automaticamente) vedrete la fronte aggrottata, il volto e il collo arrossati, i muscoli facciali contratti sotto gli occhi e la gola diste[...]

[...]vincerà chiunque che questo é il miglior modo per urlare o gemere. Se in quel momento aprite leggermente gli occhi (perché se avete provato obbedendo alle mie istruzioni si saranno chiusi automaticamente) vedrete la fronte aggrottata, il volto e il collo arrossati, i muscoli facciali contratti sotto gli occhi e la gola distesa per lo sforzo.
Questo é un ritratto abbastanza fedele del cantante italiano e spagnolo delle regioni meridionali. Tutto ciò il bimbo apprende fin dalla culla e più tardi vi ricorre per scopi espressivi astratti; ricordando sentimenti infantili d'amore e di sicurezza. Ciò si può
132. ALAN LOMAX
dimostrare in modo semplicissimo. Non soltanto le donne mature, ma anche gli uomini urlano quando cantano, particolarmente i migliori cantanti. Una voce profonda è cosa rara nell'Italia Meridionale; in generale si hanno voci tenorili' con intonazioni di falsetto.
Passo ora all'esempio finale a conclusione della mia tesi. Nelle montagne centrali della Sardegna c'è una piccola zona che non fu mai soggiogata dai Romani. La popolazione conduce una vita quasi selvaggia, pascola i propri greggi sui terreni comunali, resiste al governo italiano d'oggi come faceva con quello[...]

[...]prendere chiaramente perché lo stile musicale sia tanto durevole e permanente e perché la musica ha sempre dato la impressione di essere l'espressione di verità eterna. Laddove Pitagora scorse nella musica la manifestazione dei rapporti dell'uomo cogli universali, noi possiamo ravvisare in essa un fenomeno so
NUOVA IPOTESI SUL CANTO FOLCLORISTICO ITALIANO 135
ciale che perô ha un'evoluzione estremamente lenta ed é quasi una funzione dell'inconscio.
6) Secondo noi tali concetti dischiudono diverse importanti possibilità, anzitutto, servendosi dello stile musicale come di uno strumento diagnostico, possiamo studiare la storia emotiva ed estetica dei popoli del mondo. In secondo luogo, servendoci dello stile musicale come di uno strumento di sintesi, possiamo ricostruire il carattere emotivo delle società del passato. Terzo, possiamo incominciare a capire i profondi fattori emozionali nei processi evolutivi delle culture.
Quarto, ricorrendo all'analisi dello stile musicale come strumento di predizione, possiamo incominciare a formulare [...]



da Giudizi di Antonio Gramsci su Benedetto Croce in KBD-Periodici: Rinascita - Mensile ('44/'62) 1944 - numero 1 - giugno

Brano: [...]Non ho questi due volumi, ma ho letto questi scritti a mano a mano che furono pubblicati. Il loro contenuto essenziale può essere brevemente riassunto così : lotta contro l'impostazione data alla guerra sotto l'influenza della propaganda francese e massonica, per la quale la guerra divenne una guerra di civiltà, una guerra tipo c Crociate » con lo scatenamento di passioni popolari a carattere di fanatismo religioso. Dopo la guerra viene la pace, cioè al conflitto deve succedere una ricollaborazione dei popoli non solo, ma ai raggruppamenti bellici succederanno raggruppamenti di pace e non è detto che i due coincidano ; ma come sarebbe possibile questa ricollaborazione generale e particolare, se un criterio immediato dI politica utilitaria diventa principio universale e categorico ? Occorre quindi che gli intellettuali resistano a queste forme irrazionali di propaganda e, pur non indebolendo il loro paese in guerra, resistano alla demagogia e salvino il futuro. Il Croce vede sempre nel momento della pace il momento della guerra e nel mome[...]

[...]diata a principi generali, di dilatare le ideologie fino a filosofie e religioni ? No, certamente ; quindi la lotta intellettuale e morale'continua, gli interessi permangono ancora vivaci ed attuali e non bisogna abbandonare il campo. La seconda quistione è quella della posizione occupata dal Croce nel campo della cultura mondiale. Il Croce già prima della guerra occupava un posto molto alto nella stima dei gruppi intellettuali di tutti i paesi. Ciò che è interessante è cbe, nonostante l'opinione comune, la sua fama era maggiore nei paesi anglosassoni che in quelli tedeschi : le edizioni dei suoi libri, tradotti in inglese; sono numerosissime, più che in tedesco e più' che in italiano. Il Croce, come appare dai siioi scritti, ha un. alto concetto di questa sua posizione di leader della cultura mondiale e della responsabilità e dei doveri che essa porta con sè. E evidente che i suoi scritti presuppongono un pubblico mondiale, di élite. Occorre ricordare che negli ultimi anni del secolo scorso gli scritti crociani di teoria della storia ha[...]

[...]n ha scritto egli stesso essere stato indotto a rielaborare tutto il suo pensiero filosofico ed economico dopo aver letto i saggi del Croce. L' intimo legame del Sorel col Croce era noto, ma quanto fosse profondo e tenace è apparso specialmente dalla pubblicazione delle lettere del Sorel, il quale si mostra spesso intellettualmente subordinato al Croce in modo sorprendente. Ma il Croce ha portato ancora più oltre la sua attività revisionistica e ciò specialmente durante la guerra, soprattutto dopo il 9917. La nuova serie di saggi sulla teoria della storia incomincia dopo il 1910 con la memoria Cronache, storie e false storie e giunge fino agli ultimi capitoli della Storia della storiografia italiana nel secolo X.JX, ai saggi sulla scienza politica e alle.ultime manifestazioni letterarie, tra le quali la Storia d' Europa, come appare almeno dai capitoli che ho letto. Mi pare che il Croce tiene più di tutto a questa sua posizione di leader del revisionismo e che in ciò egli intenda essere il meglio della sua attuale attività. In una breve [...]

[...]i saggi sulla teoria della storia incomincia dopo il 1910 con la memoria Cronache, storie e false storie e giunge fino agli ultimi capitoli della Storia della storiografia italiana nel secolo X.JX, ai saggi sulla scienza politica e alle.ultime manifestazioni letterarie, tra le quali la Storia d' Europa, come appare almeno dai capitoli che ho letto. Mi pare che il Croce tiene più di tutto a questa sua posizione di leader del revisionismo e che in ciò egli intenda essere il meglio della sua attuale attività. In una breve lettera scritta al prof. Corrado Barbagallo e pubblicata nella Nuova Rivista Sto' rica del 1928 o 29 (non ricordo con esattezza) egli esplicitamente dice che tutta l' elaborazione della sua teoria della storia come storia eticopolitica (e cioè tutta o quasi la sua attività di pensatore di circa 29 anni) è rivolta ad approfondire il suo revisionismo di quaranta anni fa.
Carissima Tania, se cenni simili a questi ti possono essere utili per il ttto lavoro, scrivimelo e cercherò di fissarne qualche altro .. .
LA RINASCITA
Casa penale di Turi, 25 aprile 1932
. Non so ancora se le note che ti ho scritto sul Croce ti abbiano interessato e se sono conformi alle necessità del tuo lavoro : credo che me lo dirai e cosí potrò regolarmi meglio. Del resto tieni conto che si tratta di accenni e di spunti che andrebbero svolti e completati. T[...]

[...] abbiano interessato e se sono conformi alle necessità del tuo lavoro : credo che me lo dirai e cosí potrò regolarmi meglio. Del resto tieni conto che si tratta di accenni e di spunti che andrebbero svolti e completati. Ti scrivo un paragrafo anche questa volta ; tu poi riordinerai secondo che ti parrà più opportuno. Una quistione molto interessante mi pare quella che si riferisce alle ragioni della grande fortuna che ha avuta l'opera del Croce, ciò che non avviene di solito ai filosofi durante la loro vita e specialmente non si verifica troppo spesso fuori della cerchia accademica. Una delle ragioni mi pare da ricercare nello stile. E stato detto che il Croce è il più grande prosatore italiano dopo il Manzoni. L'affermazione mi pare vera, con questo avvertimento, che la prosa di Croce non deriva da quella del Manzoni, quanto invece dai grandi scrittori di prosa scientifica e specialmente dal Galilei. La novità del Croce, come stile, è, nel campo della prosa scientifica, nella sua capacità di esprimere, con grande semplicità e con grande[...]

[...]e goethiano di serenità, compostezza, sicurezza imperturbabile. Mentre tanta gente perde la testa e brancola tra sentimenti apocalittici di panico intellettuale, Croce diventa un punto di riferimento per attingere forza interiore per la sua incrollabile certezza che il male metafisicamente non può prevalere e che la storia è razionalità. Bisogna tener conto inoltre che a molti il pensiero di Croce non si presenta come un sistema filosofico massiccio e di difficile assimilazione come tale. Mi pare che la più grande qualità di Croce sia sempre stata questa : di far circolare non pedantescamente la sua concezione del mondo in tutta una serie di brevi scritti nei quali la filosofia si presenta immediatamente eviene assorbita come buon senso e senso comune. Così le soluzioni di tante quistioni finiscono col circolare divenute anonime., penetrano nei. giornali, nella vita di ogni giorno e si ha una grande quantità di c crociani > che non sanno di esserlo e che magari non sanno neppure che Croce esiste. 'Così negli scrittori cattolici è penetra[...]

[...]losofia della praxis, nei suoi più grandi teorici moderni, veniva elaborata nello stesso senso e il momento dell' c egemonia > o della direzione culturale era appunto sistematicamente rivalutato in opposizione alle concezioni meccanicistiche e fatalistiche dell' economismo. E stato anzi possibile affermare che il tratto essenziale della più moderna filosofia della praxis consiste appunto nel concetto storico politico di c egemonia >: Mi pare perciò che il Croce non sia up to date con le ricerche e con la bibliografia dei suoi studi preferiti o abbia perduto la sua capacità di orientamento critico. A quanto pare le sue informazioni si basano specialmente su un famigerato libro di un giornalista viennese, il FúlopMiller. Questo punto dovrebbe essere svolto estesamente e analiticamente, ma allora sarebbe necessario un saggio molto lungo. Per ciò che ti può interessare, mi pare che bastano questi accenni che non mi sarebbe agevole svolgere diffusamente .. .
Casa Penale di Turi, 9 maggio 1932
Poichè non ho ancora letto la Storia d' Eu, ropa non posso darti nessuno spunto sul suo reale contenuto. Posso però ancora scriverti qualche osservazione che non è esteriore che in apparenza, come vedrai. Ti ho già scritto che tutto il lavoro storiografico del Croce negli ultimi venti anni è stato rivolto a elaborare una teoria della storia come storia eticopolitica in contrapposizione alla storia economicogiuridica che rappresentava la teoria d[...]

[...]ino a negare la filosofia come sistema, appunto perchè nell'idea di sistema è un residuo teologale. Ma la sua filosofia è una filosofia c speculativa > e in quanto tale continua in pieno la trascendenza e la teologia con un liazguaggio storieistico. fl Croce è cosi immerso nel suo metodo e nei sun linguaggio speculativo, che non puö giudicare che secondo essi; quando egli scrive che nella filosofia della praxis la struttura è come un Dio ascoso, ciò sarebbe vero se la filosofia della praxis fosse una filosofia speculativa e non uno storicismo assoluto, liberato davvero e non solo a parole da ogni residuo trascendentale e teologico. Legata a questo punto è un'altra osservazione che più da vicino riguarda la concezione e la composizione della Storia d' Europa. Può pensarsi una storia unitaria dell' Europa che si inizi dal 1815, cioè dalla Restaurazione? Se una storia d'Europa può essere scritta come formazione di un blocco storico, essa non può escludere la Rivoluzione francese e le guerre napoleoniche, che del blocco storico europeo sono la premessa c economicogiuridica r,, il memento della forza e della lotta. Il Croce assume il momento seguente, quello in cui le forze scatenate precedentemente si sono equilibrate, c catartizzate > per cosi dire, fa di questo momento un fatto a sè e costruisce il suo paradigma storico. Lo stesso aveva fatto con la Storia d' Italia : incominciando dal 1870 essa trascurava il momento de[...]

[...]adigma storico. Lo stesso aveva fatto con la Storia d' Italia : incominciando dal 1870 essa trascurava il momento della lotta, il momento economico, per essere apologetica del momento puro eticopolitico, come se questo fosse caduto dal cielo. Il Croce, naturalmente con tutte le accortezze e le scaltrezze del linguaggio critico moderno, ha fatto nascere una nuova forma di storia retorica ; la forma attuale di essa è appunto la storia speculativa. Ciò si vede meglio ancora se si esamina il concetto c storico che è al centro del libro di Croce, cioè il concetto di c libertà ,. Il Croce, in contraddizione con sè stesso, confonde c libertà , come principio filosofico o concetto speculativo e libertà come ideologia ossia strumento pratico di governo, elemento di unità morale egemonica. Se tutta la storia è storia della libertà, ossia dello spirito che crea sè stesso (e in questo linguaggio libcrtàrè uguale a spirito, spirito è uguale a storia, e storia è uguale a lïbertä) perchè la storia europea del secolo XIX sarebbe essa sola storia della libertà ? Non sarà dunque storia della libertà in senso filosofico, ma dell'autocoscienza di questa[...]

[...]della libertà ? Non sarà dunque storia della libertà in senso filosofico, ma dell'autocoscienza di questa libertà e della diffusione di questa autocoscienza sotto forma di una religione negli strati intellettuali e di una superstizione negli strati popolari clie si sentono uniti a quegli intellettuali, che sentono dipartecipare a un blocco politico di cui quegli intellettuali sono i portabandiera e i sacerdoti. Si tratta dunque di una ideologia, cioè di uno strumento pratico di governo e occorrerà studiare il nesso pratico su cui si fonda. La c libertà , come concetto storico è la dialettica stessa della storia e non ha c rappresentanti >, pratici distinti e individuati. La storia era libertà anche nelle satrapie orientali, tanto vero che eliche allora c' era c movimento ) storico e quelle satrapie sono crollate. Insomma mi pare che le parole mutano, le parole sono magari dette bene, ma le cose non sono neanche scalfite. Mi pare che la Critica fascista in un articolo, seppure non esplicitamente, abbia scritto la critica giusta, osservand[...]

[...]lle satrapie sono crollate. Insomma mi pare che le parole mutano, le parole sono magari dette bene, ma le cose non sono neanche scalfite. Mi pare che la Critica fascista in un articolo, seppure non esplicitamente, abbia scritto la critica giusta, osservando che tra vent' anni il Croce, vedendo il presente in prospettiva, potrà trovare la sua giustificazione storica come processo di libertà. Del resto, se ricordi il primo punte che ti ho scritto, cioè le osservazioni sull'—atteggiamento del Croce durante la guerra, comprenderai meglio il suo punto di vista: come c sacerdote x, della moderna religione storicistica, il Croce vive la tesi e l' antitesi del processo storico e insiste nell' una e nell' altra per c ragioni pratiche a perchè nel presente vede l'ávvenire e di esso si preoccupa quanto del presente. A ognuno la sua parte : ai c sacerdoti , quella di salvaguardare il domani. In fondo c' è un bella dose di cinismo morale in questa concezione c eticopolitica >': è la forma attuale del machiavellismo...
Casa Penale di Turi, 6 giugno 1[...]

[...] è c religione ). Le religioni nel senso confessionale sono anche esse a religioni ar ma < mitologiche ', quindi, in un certo senso c inferiori o, a primitive», quasi corrispondenti a una fanciullezza storica.del genere umano. Le origini di tale dottrina sono già in Hegel e nel Vico e sono patrimonio comune di tutta la filosofia idealistica italiana, sia del Croce che del Gentile. Su quests dottrina è fondata la riforma scolastica gentiliana per ciò che riguarda l'insegnamento nelle scuole, che anche il Gentile voleva limitato alle sole elementari (fanciullezza vera e propria) e che, in ogni caso, neanche ii governo ha voluto chg fosse introdotto nell'insegnamento superiore. Così io credo che tu forse esageri la posizione del Croce nel momento presente, ritenendolo più isolato di quanto sia. Non bisogna
lasciarsi ingannare dall' effervescenza polemica di scrittori più o meno dilettanti e irresponsabili. Una bella parte delle site attuali concezioni il Croce l'ha esposta nella rivista Politica diretta dal Coppola e dal ministro Rocco e n[...]

[...]ssa, di origine sovversiva, esprimevano. Dal '60 al '76 il Partito d' azione, mazziniano e garibaldino, fu assorbito'dalla Monarchia, lasciando un residuo insignificante che' continuò a vivere come Partito repubblicano ma aveva più un significato folcloristico che storicopolitico. Il fenomeno fu detto del c trasformismo > ma non si trattava di un fenomeno isolato ; era un processo organico che sostituiva, nella formazione della classe dirigente, ciò che in Francia era avvenuto nella Rivoluzione e con Napoleone e in Inghilterra con Cromwell. Infatti, anche dopa il 1876 il processo continua, molecolarmente, e assume una portata imponente nel dopoguerra, quando pare che il gruppo dirigente tradizionale non sia in grado di assimilare e digerire le nuove forze espresse dagli avvenimenti. Ma questo gruppo dirigente è più r malin .> e capace di quanto si poteva pensare; l'assorbimento è difficile e gravoso, ma avviene nonostante tutto, per molte vie
e con metodi diversi. L' attività del Croce è una di queste vie e di questi metodi ; il suo ins[...]



da Rassegna della stampa in KBD-Periodici: Rinascita - Mensile ('44/'62) 1944 - numero 1 - giugno

Brano: Rassegna della stampa
LA S MAREIOLIESE, HA 142 ANNI. In Combat del 7 maggio iI grande scrittore francese J. R. Bloch, esule a Mosca dove rinse' a rifugiarsi quando i tedeschi invasero la Francia, commemora il 142° anniversario del popolare canto patriottico: c Ciò che fa la gloria della c Marsigliese s cib che fa questa gloria duratura, ciò che fa ancora la sua virtù attuale è .non soltanto la fiamma del canto, la cadenza irresistibile del ritmo, è la precisione del pensiero politico, il vigore dell'analisi, il rigore della parola d'ordine. La grandezza della c Marsiglieses è che accanto alla sua virtù puramente musicale ed al suo dinamismo poetico essa non è una vuota amplificazione oratoria; essa non è dell'eloquenza banale e declamatoria da comizi agricoli; essa è una consegna formale e precisa. E questa consegna, portata sull' ala del genio, ha volato attraverso il paese intiero, è stata dovunque intesa e ricevuta. La c Mars[...]

[...]dustriali sono gente molto rispettabile, barbari forniti di un'educazione elevata, quando si faccia il paragone con i loro simili nel resto del mondo. Gli argomeüti di questa gente rispettabile riscuoteranno 1' approvazione di coloro che ora respingono ogni distinzione tra tedeschi e nazisti. I " principii dell'ordine „ esigeranno allora che la vita degli assassini sia rispettata e che il bottino venga garentito ai ladri. L'ultima conseguenza di ciò sarà una pace non dura con l'alta industria tedesca, i junkers ed i generali, e una pace che invece sarà durissima per la classe operaia a.
L' EUROPA NON VUOL MORIRE. Dopo aver descritto l' aspetto del Continente europeo in preda alle distruzioni, alle torture ed alle' esecuzioni alle quali si sono dedicati i tedeschi, Ilya Ehrenburg (Pravda, 2 dicembre 1943) conclude il suo articolo con un appello per l' azione immediata. c L'Europa non vuol morire. Coperti di sangue, i partigiani di Francia e di Iugoslavia continuano a combattere. I globuli rossi lottano contro la leucemia. Un'eredità seco[...]

[...]uano a combattere. I globuli rossi lottano contro la leucemia. Un'eredità secolare, lo splendido passato dell'Europa, resistono alla peste bruna. L'Europa può essere salvata. Ma il tempo urge. Saremmo ingenui se pensassimo che i por poli che hanno resistito mille giorni possono resistere altri mille, di fronte ai difensori della vita e della civiltà. Di fronte a tutti quelli che conducono una lotta a morte contro il fascismo fiammeggiano le minacciose parole : è tempo ! Nessuno dubita della vittoria finale. L'Esercito Rosso ed il paese che lo sostiene danno prova di forza d' animo e di risolutezza Sappiamo che, unitamente agli alleati, noi daremo il colpo di grazia alla macchina di guerra hitleriana. Ma è indispensabile liberare la Bella addormentata nel bosco prima che essa diventi una Bella morta, e parlo dell'Europa prigioniera del fascismo. Non basta vincere, bisogna conservare forze aufùcientemente vive per permettere ai vignaiuoli di Borgogna di piantare nuovi bronconi, ai pescatori norvegesi di gettare le loro reti, ai muratori eu[...]

[...]fascista di Liberazione Nazionale Iugoslava nello sviluppo ulteriore della lotta per la liberazione e per la formazione di uno stato federativo, il maresciallo Tito denunzia con forza l'attività del governo iugoslavo e chiede il riconoscime'ilo del Comitato Nazionale. (Nuova Iugoslavia, marzo 1944i. c La necessità che si abbia subito de jure il riconoscimento del C. N. quale unico governo legal della Iugoslavia diventa ogni giorno più manifesta. Ciò e richiesto imperiosamente dall'interesse dei nostri popoli clic sono stati già così danneggiati dall'attività traditrice del governo iugoslavo fuoruscito. Il denaro del nostro popolo, che è stato depositato prima della guerra e durante la guerra nei paesi Alleati, viene sperperato senza pietà dal governo iugoslavo fuoruscito per favorire interessi personali e per il finanziamento dei cetniki traditori del nostro paese. Si arriva qui all'assurdo di un governo traditore irresponsabile che sfrutta i precedenti trattati e le obbligazioni internazionali per poter sperperare e rovinare la ricchezz[...]



da Dacia Maraini, La mia storia tornava sotto l'albero carrubo in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 7 - 1 - numero 33

Brano: [...]da e non un'altra; ma ho avuto modo di notare che Ulisse mi considerava piuttosto lenta di riflessi, per non dir imbecille. E vero che gli ho chiesto più volte di ripetere quando ha detto « calmati » perché non afferravo il senso; ma non é come lui pensava, che io non capissi il significato materiale delle parole, quello non mi preoccupava, solo il significato particolare che ogni persona dà alle parole che pronuncia, questo mi appassionava e perciò più volte lasciavo passare degli interi minuti prima di rispondere ad una domanda; soprattutto se posta da Ulisse, perché io vivevo con lui ed ho avuto agio di notare quanto egli mutasse il significato originale delle parole. Così quando mi disse t calmati », la prima volta, credo di essermi concentrata molto sulla parola, sia per ché era rivolta direttamente a me, sia perché cercavo d'indovinare cosa esattamente intendesse Ulisse con quella parola, anzi con quel verbo.
Forse, se avessi fatto attenzione in quel momento alla mia faccia mentre mi concentravo per meditare, ecco forse avrei sapu[...]

[...]ra; ecco che l'ha detto di nuovo, mentre versavo l'acqua nel mio bicchiere; l'acqua é andata tutta di fuori, per forza, non era mai successo che mi parlasse a tavola; il resto delle parole che disse non le ricordo. Posso indovinare che si riferisse all'acqua che continuavo a versare dalla brocca, sapevo che Ulisse detestava il disordine, ma realmente non mi venne in mente di smettere, così credo, continuai per un pezzo finché non ci fu più un goccio d'acqua nella brocca, solo allora mi accorsi che stavo ancora stringendo il manico di vetro verde e allentai la stretta. Ulisse urlava, ma anche volendo, non posso ricordare cosa dicesse perché stavo ancora meditando sulle due parole che avevo già sentito la mattina del giorno prima, le quali suonavano come t calmati cara »
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o e cara calmati », non importa. Credo che mi avrebbe anche picchiata, ma si trattenne; non era una sorpresa per me perché' tante volte aveva afferrato la prima cosa che gli capitasse sotto mano per tirarmela, però non l'aveva mai fatto; si tratteneva a[...]

[...]ita di un panno grigio a righe bianche e sottili, alquanto distanti l'una dall'altra. Pensai che in quel momento avrei potuto addormentarmi, il mio respiro si andava appesantendo, notai che il sapore che avevo in bocca era esattamente lo stesso di quello che potevo sentire la notte, quando mi svegliavo, come di saliva vecchia e di chiuso. Pensai che non avevo altro da fare che aspettare; un poco alla volta avrei dormito veramente.
La mamma cominciò a lamentarsi non so dove, nella casa: ecco questo era strano, che la mamma non fosse sprofondata nella sua sedia a sdraio, come aveva fatto ad alzarsi da sola? Aprii gli occhi per curiosità, e capii che avevo inventato ogni cosa per non dormire: la mamma era morta.
Come se Ulisse non l'avesse detto e ripetuto più volte: « Ora che la mamma é morta... »; ma io non gli credevo perché avevo notato che spesso si divertiva a confondermi le idee. Così quando non sapevo distinguere la finzione dalla realtà, preferivo non credergli liberandomi in tal modo dalle sue parole che altrimenti mi avrebbero [...]

[...] il quadro al suo chiodo quando mi venne in mente che qualcuno, per esempio la mamma, poteva averlo staccato volontariamente dal muro, avendo bisogno del chiodo come di uno stuzzicadenti, per esempio, o di una punta per pulirsi le unghie.
Non che m'importasse molto, anzi le cose come i fori mi stancavano e non mi davano alcuna soddisfazione; aspettavo che Ulisse uscisse per girare tranquillamente da una stanza all'altra, come facevo di solito.
Ciò che amavo nella casa erano i libri, ciò che non amavo gli specchi, non perché mi ricordassero me stessa, non m'importava gran ché, ma perché dopo tanti anni non sapevo ancora prevederli e quando mi imbattevo in uno di essi facevo un salto all'indietro. Mi prendeva alla sprovvi_ sta, ecco tutto, specie se la stanza non era illuminata, allora potevo anche spaventarmi di gridare e poi dovevo inghiottire un'intera bottiglia di sciroppo per calmarmi.
Gli specchi no, ma i libri, ecco i libri erano la mia compagnia; alle volte qualcosa di più alle volte qualcosa di meno della semplice compagnia, ne avevo due o tre nascosti in ogni stanza[...]

[...]ridare e poi dovevo inghiottire un'intera bottiglia di sciroppo per calmarmi.
Gli specchi no, ma i libri, ecco i libri erano la mia compagnia; alle volte qualcosa di più alle volte qualcosa di meno della semplice compagnia, ne avevo due o tre nascosti in ogni stanza, spesso sotto il letto, spesso dentro il sacco della biancheria sporca o nel forno, in cucina. Non che li tenessi sempre li, Ulisse avrebbe fluito per trovarli, e questo era proprio ciò che non volevo che accadesse.
Credo che la mamma fosse stata maestra prima che io nascessi; dopo la mia nascita cominciò ad ingrassare e non la smise più finché mori seduta nella sua sedia a sdraio. Se si può dire che "la mamma stesse seduta; che io ricordi non si piegava mai né indietro né in avanti, era tutta curva e protesa lontano da quelle che dovevano essere le sue ossa,
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ammesso che la mamma avesse delle ossa. Ë lei che me l'ha detto, anzi ricordo che lo ripeteva sempre. Fra gli altri lamenti accennava al fatto dell'insegnamento, come se smaniasse per la voglia di tornare a fare la maestra. Lei non permetteva che io toccassi i suoi libri, questo no; disse[...]

[...]menti accennava al fatto dell'insegnamento, come se smaniasse per la voglia di tornare a fare la maestra. Lei non permetteva che io toccassi i suoi libri, questo no; disse che prima di morire li avrebbe gettati tutti nel fuoco pur di non lasciarli a me, ma poi non ne fece nulla perché le sarebbe costata troppa fatica, ed io non l'avrei aiutata, no di certo, a bruciare i suoi libri.
Sapevo di potere contare sulla generosità di Ulisse: infatti lasciò che io prendessi i libri appena mori la mamma, perché, disse, non sapeva che farsene. Io li contai, prima di tutto, e constatai che erano dodici, non uno di più non uno di meno, di cui cinque neri e gli altri a colori: devo ammettere che fin dall'inizio preferii quelli a colori.
La mamma diceva che non valeva la pena, e così non mi aveva mai insegnato a leggere, ma scoprii che non era molto importante, perché i libri io capivo lo stesso e quasi li conoscevo a memoria. Soprattutto quando osservai che Ulisse non leggeva mai un libro, capii che non doveva essere molto importante saperlo fare op[...]

[...]ore di sirena e di acqua che faceva la sua donna a non farmi dormire. Tanto che finivo per andare a prendere un libro in uno dei tanti nascondigli e lo portavo con me nel letto. Prendevo un libro colorato in questi casi perché lo preferivo, juesto l'ho già detto; inoltre i libri colorati si vedono meglio quando c'è poca luce e gli occhi sono velati per il sonno.
Questo mi ricorda quella volta che diventai completamente cieca e feci cadere tutto ciò che avevo fra le braccia; posso ricordare il rumore che fecero quei cartocci spaccandosi in terra, con le uova per la mamma e le patate e le cipolle. Mi proposi di raccogliere quella roba, ma non ci vedevo più e questo mi impensieriva, come se mi fossi infilate le dita negli occhi, o forse lo feci. Ma è certo che non vedevo più e cosí sedetti per aspettare di vedere ancora. Qualcuno chiamò Ulisse o fece qualcosa di simile perché quando ci vidi di nuovo mi trovai a casa con la pezza bagnata sulla fronte; la mamma disse qualcosa che continuò a ripetere a lungo, sulle uova e la verdura.
Aspetta[...]

[...]bagnata sulla fronte; la mamma disse qualcosa che continuò a ripetere a lungo, sulle uova e la verdura.
Aspettavo dunque che Ulisse uscisse per mettermi a girare da una stanza all'altra. Dovevo cambiare di posto ai miei libri; alcuni non avevano più la copertina, ma vorrei proprio sapere se la mancanza di una pagina su trecento, e per giunta quella che non ha numero, possa avere alcuna importanza oppure no. Io avevo progettato una cosa geniale, cioè di riunire tutte le copertine dei dodici libri, perché le copertine non hanno numero e quindi che ci siano o no, non ha alcuna importanza, e di fare così un tredicesimo libro. Avrei arricchito la mia biblioteca; era un'idea che mi piaceva molto e studiavo il modo di metterla in atto un giorno o l'altro; perché la cosa non era così semplice come sembra. Innanzi tutto le copertine sono fatte di cartone anziché di carta come le pagine solite dei libri; quindi il libro rischiava di non essere un libro come si deve; poi come metterle insieme? Devo dire che questo era il problema più grosso. Che i[...]

[...]reoccupava, perché allora non potevo proprio dire che fosse un libro, nessuno mi avrebbe creduto e io non avrei potuto dargli torto.
Tutti sappiamo infatti che i libri sono fatti in un dato modo e nessuno può negare che le pagine di un qualsiasi libro sono fra loro incollate in maniera che si possano sfogliare senza perderle; questa è la verità
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e chiunque voglia negarla o é pazzo o lo fa perché ciò torna a suo vantaggio.
Ma io non volevo negare la verità, volevo soltanto che il mio tredicesimo libro assomigliasse il più possibile agli altri dodici. E questo non
secondo la mia sola opinione, ma secondo la verità conosciuta da tutti, senza lasciarmi influenzare dal fatto che un tredicesimo libro era assolutamente necessario alla mia biblioteca, e quindi farmi travisare la veriti per il mio tornaconto personale.
Era una cosa necessaria come la storia delle scarpe; dico così per dire che è assolutamente necessario che le due scarpe siano una destra e una sinistra, anche se non dovessimo [...]

[...]ervisse a calmarmi; a pensarci non so neppure se fosse uno sciroppo vero e proprio o semplicemente dell'alcool con zucchero. Il fatto é che ogni volta che mi spaventavo sentivo il bisogno di bere da quella bottiglia che tenevo nascosta nella mia stanza. Che mi facesse bene o no, era un piacere per me bere da quella bottiglia ed io bevevo ogni volta che mi spaventavo, o anche quando non mi spaventavo affatto, ma ne sentivo lo stesso il bisogno, e ciò accadeva varie volte al giorno.
Infine mi bastava sapere che i miei libri c'erano, e nascosti in qualche luogo, mi bastava essere sicura che fossero in casa, ,e ciò mi tranquillizzava sufficientemente. Non avevo mai desiderato d'altronde un pianoforte né qualche altra cosa del genere, eppure mi sarebbe stato utile sotto molti riguardi, per esempio per suonare, ma io non l'ho mai desiderato,
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neanche un po'; sapevo che Ulisse non m'avrebbe mai accontentata, « Non ho soldi per queste stupidaggini » avrebbe detto. Ulisse aveva da pensare alla sua sirena, io lo sapevo, non voleva spendere soldi per me; io mi accontentavo dei miei libri; cosi Ulisse non può dire che gli chiedessi troppo spesso di comprarmi il pianoforte, tanto sapevo già ch[...]

[...]ffre e si ha piacere nello stesso tempo.
Ma questo accadeva, credo, all'epoca in cui conobbi Trento, il ragazzo del lattaio, credo di si, perché Trento veniva su tutti i giorni a casa, eccetto la domenica, poco dopo che Ulisse era uscito.
Il solo uomo che conoscevo era Ulisse e non é che mi interessassi molto a lui. Trento non gli somigliava per niente e questo mi piacque, anche perché mi fece pensare che esistono tanti uomini e tutti diversi, ciò mi consolava molto. Con lui non parlavo perché non ce n'era bisogno; al massimo dicevo «giocoforza» perché lui mi faceva pensare all'esatto significato della parola, anzi credo senz'altro che « giocoforza » significasse questo, e Trento non si arrabbiava quando glielo dicevo; credo che non gliene importasse un gran ché, era appena un ragazzo e portava il latte a tutti gli inquilini del palazzo.
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Trento mi fece dimenticare il pianoforte e anche un poco i libri, che adesso cominciavo a lasciare in giro nelle stanze per giorni e giorni senza camb[...]

[...]e ne fossi dimenticata, ma mi premeva di meno, ecco tutto. Probabilmente perché avevo cominciato a pensare a tutt'altre cose, a cui prima non avevo dato alcuna importanza; per esempio a me stessa come persona, anzi come donna e credo di essere diventata molto furba e maliziosa. Si perché Ulisse non si accorse di niente ed io continuai a vedere Trento tutti i giorni. Non che fosse difficile ingannare Ulisse, a causa del suo disinteresse per tutto ciò che non lo riguardava, o almeno che non riguardava i suoi denari; non mi guardava mai perciò non sapeva se fossi rossa o bianca; era facile, a dire la verità, ingannare Ulisse. Non so poi perché volessi ingannarlo, ma credevo di indovinare che non avrebbe mai approvato ciò che facevo; anzi con molta probabilità avrebbe smesso di bere latte e avrebbe picchiato Trento sulla testa come faceva. con la sirena; lo immaginavo anche se non né ero proprio sicura.
Mi interessai improvvisamente agli specchi, anzi si può dire che li cercavo, ma in casa non ce n'era neanche uno piccolo e così dovetti rinun_ ziare. Non volevo vedere la mia immagine, ho sempre considerato inutile vedere se stessi, non m'interessava; volevo solo osservare ciò che Trento vedeva. Ero molto curiosa, a questo punto devo dirlo, di vedere il colore dei miei occhi perché io vedevo i suoi che passava[...]

[...]; anzi con molta probabilità avrebbe smesso di bere latte e avrebbe picchiato Trento sulla testa come faceva. con la sirena; lo immaginavo anche se non né ero proprio sicura.
Mi interessai improvvisamente agli specchi, anzi si può dire che li cercavo, ma in casa non ce n'era neanche uno piccolo e così dovetti rinun_ ziare. Non volevo vedere la mia immagine, ho sempre considerato inutile vedere se stessi, non m'interessava; volevo solo osservare ciò che Trento vedeva. Ero molto curiosa, a questo punto devo dirlo, di vedere il colore dei miei occhi perché io vedevo i suoi che passavano con facilità dal giallo al marrone e mi chiedevo come diavolo facesse. Scoprii inoltre che indossavo della biancheria indecente; non che Trento si occupasse minimamente di ciò che avessi indosso o meno, ma la mia maglia di lana era bucata, lo vedevo bene e mi vergognavo; anche se Trento non mostrava di accorgersene. Una maglia con due o tre buchi e delle sfi lacciature non era poi una cosa grave; Trento non ce l'aveva affatto la maglia, per esempio: ma chissà perché, dal giorno che conobbi Trento cominciai a vergognarmi della maglia bucata, che fino a quel giorno avevo portato con naturalezza, senza minimamente pensare che il fatto di essere bucata potesse togliere qualcosa alla sua utilità.
Di eliminare la maglia non mi venne in mente, probabilmente perché era tu[...]

[...]con due o tre buchi e delle sfi lacciature non era poi una cosa grave; Trento non ce l'aveva affatto la maglia, per esempio: ma chissà perché, dal giorno che conobbi Trento cominciai a vergognarmi della maglia bucata, che fino a quel giorno avevo portato con naturalezza, senza minimamente pensare che il fatto di essere bucata potesse togliere qualcosa alla sua utilità.
Di eliminare la maglia non mi venne in mente, probabilmente perché era tutto ciò che portavo sotto il vestito e avrei sentito freddo a togliermela. Così cercavo di non pensarci, ma devo dire che avrei volentieri
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cambiato il mio pianoforte per una maglia nuova. Di chiederne una ad Ulisse non mi azzardavo, tanto sapevo già che avrebbe detto di no; del resto, obbiettivamente, finché durava quella che avevo addosso, che
ragione avevo di pretenderne un'altra? Sarebbe stato come fare un capriccio e Ulisse detestava i capricci, per quello che ne so io, soprattutto in fatto di oggetti nuovi da comprare.
Trento era molto alto. A me dava l'impressione che fosse piccolo, e soprattutto leggero; lo sostenevo come un uccello ancora incapace di volare, e a dire la verità avevo bisogno di contare le sue dita per rendermi conto che fosse proprio li, nel mio letto. Il fatto che fossero dieci, mai una di più o una di meno, mi dava sicurezza, perché quando cominciavo a contare non ero mai del tutto certa di arrivare a dieci. Le contavo con emozione e traevo un sospiro quando arrivavo alla fine. Er[...]

[...]are, e a dire la verità avevo bisogno di contare le sue dita per rendermi conto che fosse proprio li, nel mio letto. Il fatto che fossero dieci, mai una di più o una di meno, mi dava sicurezza, perché quando cominciavo a contare non ero mai del tutto certa di arrivare a dieci. Le contavo con emozione e traevo un sospiro quando arrivavo alla fine. Erano dieci, almeno tutte le volte che le contavo io; non avrei giurato però che lo fossero sempre e ciò mi spingeva a ricominciare da capo. Quando entrava dalla porta della cucina, ecco, allora era alto, come se non avessi mai potuto raggiungerlo a quell'altezza e ciò mi angustiava. Erano i momenti in cui rimpiangevo di non essermi nutrita abbastanza; la mamma diceva che le mie ossa non si erano sviluppate del tutto, e quando diceva ossa guardava la mia testa come per dire che non era colpa mia se ero scema: colpa delle ossa che non si erano sviluppate completamente.
Non lo diceva, ma so che lo pensava perché quando diceva ossa guardava la mia testa e non era uno sguardo allegro, bensì piuttosto di disgusto.
Qualunque cosa dicesse Trento da quell'altezza, ma in genere non diceva niente, ebbene io non lo capivo perché improvvisamente pensavo alle mie ossa[...]

[...]la mia bocca, che cercavo di tenere chiusa, si riempiva e in un attimo ero affogata nel latte come una fetta di pane. Per fortuna non durava molto perché Trento si metteva a fumare e l'odore del tabacco assorbiva un poco quello acido del latte.
Mi piaceva vedere il fumo viola che scappava fuori dalle sue narici,
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dagli angoli della bocca semichiusa. Aspettavo che aspirasse di nuovo dal suo cartoccio bianco per vedere il fumo dondolare nell'aria e poi rotolare verso il soffitto.
Lasciavo che chiudesse le imposte anche se ciò non mi permetteva più di vederlo; forse non amava guardarmi, io pensavo, seppure non glielo abbia mai chiesto. Lo pensavo perché chiudeva le imposte con un colpo, piegando insieme i polsi verso il petto e poi si coricava sopra di me; per quanto aprissi gli occhi non riuscivo a vedere che viso avesse. Quello che mi dava noia era il non poter sapere di quale colore fossero i suoi occhi; perché un momento prima che chiudesse le imposte erano grigi, li avevo notati; ma ora potevano essere gialli come viola, e questa incertezza mi faceva stare inquieta. A volere vedere per forza nel buio non guada[...]

[...]e colava lungo il mento. Era il momento in cui la sveglia cominciava a farsi sentire; voglio dire che il suo ticchettio, che di solito non udivo, cresceva di volume, fino a riempire tutta la stanza, che pulsava con essa, dilatandosi e restringendosi, aspirando e soffiando come un largo corpo malato seduto sulle nostre persone distese.
Non tentavo di allontanare quel rumore, lo accettavo così com'era, cercando di nascondere la testa sotto il braccio di Trento, ma Trento non voleva essere toccato mentre dormiva e mi spingeva con forza lontano da sé.
Trento respirava basso come una foca affannata, temevo che una
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volta o l'altra facesse scoppiare tutto con il suo fiato dai colpi precisi. La mattina che Trento non venne, non era una mattina di domenica perché la domenica non veniva mai ed io non mi sarei meravigliata della
sua assenza, era mercoledì o giovedì, non importa. Tre o quattro volte
andai alla porta perché Trento aveva suonato ma ogni volta scappava appena andavo ad aprire, o forse non aveva suonato affatto, [...]

[...]a mercoledì o giovedì, non importa. Tre o quattro volte
andai alla porta perché Trento aveva suonato ma ogni volta scappava appena andavo ad aprire, o forse non aveva suonato affatto, ed era un
prodotto della mia immaginazione. Ma io andavo lo stesso ad aprire perché sapevo che Trento era dietro la porta e aspettava che gli aprissi. Non venne quel giorno né mai piú.
Il latte lo portava su un altro; mi pare che si chiamasse Trento. Ulisse cominciò a parlarmi, ma non diceva niente di nuovo, erano due parole che già conoscevo, .e non mi facevano più né caldo né freddo, ma solo noia: diceva a calmati cara » o « cara calmati », non so.
Lasciai che parlasse a vuoto, tutt'al più ridevo piano fra me perché mi divertiva il modo con cui Ulisse allungava i denti fuori della bocca per dirmi « cara calmati ». Ma Ulisse non sopportava assolutamente che io ridessi di lui; me lo fece capire, a modo suo, urlando come faceva di solito, ed io lo lasciavo urlare, al massimo ridevo piano fra me.
Lui allora faceva il gesto di tirarmi qualche oggetto ma a[...]

[...]non era più Ulisse, come quando era partito, ma un altro, Gio
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varani o Amedeo, faceva lo stesso. Aveva perso l'impiego, questo lo so, non perché me l'abbia detto, ma perché non usciva più la mattina né dopo colazione. Con questo non voglio dire che stesse sempre in casa, ma Usciva irregolarmente, con la barba lunga e senza cappello, per cui potevo dedurre senz'altro che la sua mèta non era l'ufficio.
La sirena non venne piú, anche lei come Trento.
Ulisse non metteva il vestito a righe, cosicché non avevo piú occasione di ricordare la mamma. Non osavo girare per la casa mentre c'era pure lui, ma alla fine, vedendo che non usciva quasi mai, mi tolsi le scarpe e vagai per casa come facevo prima quando Ulisse era uscito. Ora mi dicevo « Amedeo é di lá che beve »; non successe mai che mi scoprisse durante i miei giri per le stanze in quel periodo. Oppure mi dicevo « Giovanni è in cucina che beve », e potevo stare tranquilla perché lui sarebbe rimasto li per lungo tempo.
Mi domandavo alle v[...]

[...]o in cucina, ma pur sempre abbracciato alla sua bottiglia, su questo non avevo dubbi. Lo stesso, però, mi rendevo conto che qualcosa non andava. Non era una situazione, insomma che la mamma avrebbe sopportato senza piagnucolare come una gatta, e sbraitare contro di me, anche se io, questa volta, non avevo colpa.
Avrebbe proibito che io leggessi i suoi libri, ma infine la mamma era morta e i libri erano in mano mia.
Non so perché né quando cominciò a picchiarmi; forse lo fece perché non aveva più la sirena con cui sfogarsi, o forse perché gli feci notare che la casa era piena di bottiglie vuote.
La prima volta che alzò le mani gridai a voce altissima perché non me l'aspettavo; ma poi ricordai che quello che mi afferrava per i capelli
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non era Ulisse ma Amedeo o Giovanni; per cui smisi di piangere e lo guardai da sotto, per indovinare se avrebbe continuato a lungo.
Non riuscii ad indovinare perché i suoi occhi non erano più due occhi come tutti gli altri, ma due pozzetti senz'acqua, viscidi e privi di espressione, av[...]

[...]ché i suoi occhi non erano più due occhi come tutti gli altri, ma due pozzetti senz'acqua, viscidi e privi di espressione, avrei potuto chiamarli scatole o boccette, senza modificarne in nulla la qualità. La barba gli puzzava di alcol, insomma, tutto dimostrava che Ulisse era ben morto lasciando al suo posto un sacco pieno di vino, che io chiamavo Amedeo, ma dargli un nome era già troppo, era come renderlo vivo.
In seguito imparai a difendermi, cioé mi raggomitolavo su me stessa in modo che Amedeo non potesse farmi troppo male; ma all'inizio non conoscevo ancora questi trucchi. Infatti Amedeo mi ruppe un braccio e poi mi fece sbattere la testa contro lo spigolo del tavolo della cucina. Dopo quella volta non ci vidi più tanto bene, come se una rete avesse avvolto il mio occhio; le immagini urtavano fra loro e si fondevano tutte in un solo cerchio, così che perdevo continuamente l'equilibrio.
In seguito imparai a difendermi bene, come ho già detto: di ogni stanza conoscevo gli angoli più protetti dove riparavo appena Ulisse, no, appena Amedeo si alzava, avendo posato la bottiglia sul tavolo. Anzi posso dire che già sapevo quando mi sarebbe saltato addosso, lo potevo prevedere dal livello della bottigl[...]

[...] avrebbe mai potuto sfondare la serratura; ma si sarebbe detto che Amedeo fosse felice di trovare un simile ostacolo, come se l'avessero invitato a giocare con le palline. Non ruppe neanche la porta; con dolcezza svitò i cardini e piegò il legno come fosse gomma; senza fracasso scivolò in camera e mi trascinò per i capelli fino alla cucina. « Ho fame », disse e mi batté la testa contro il tavolo. Non credo di essere svenuta perché ricordo il braccio che andava per conto suo; io decidevo di voltarlo a sinistra e il gomito faceva perno a vuoto, mentre l'avambraccio slittava come spinto verso il lato opposto. Mi venne da ridere per questa novità, ma forse fu allora che svenni perché sentii sapore di sangue in bocca e poi più niente. Credo che rimasi li in terra per un pezzo; mio fratello si stancava di me dopo un po', in genere; anche quella volta mi lasciò stare.
Usci e stette fuori due giorni, non so dove andasse. Il secondo giorno
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non mangiai perché in casa non c'era più niente e fuori non potevo andare perché Amedeo chiudeva a chiave la porta quando usciva. Pensai
che sarei morta di fame; preparai i miei dodici libri accanto al letto perché volevo che morissero con me, poi mi addormentai e mi svegliai la mattina dopo al rumore della porta che sbatteva.
Era tornato. « Amedeo », dissi, « sono contenta che tu sia tornato »; ero seduta, anzi sdraiata sul tavolo, nella cucina. Aspettavo che en[...]

[...]ando entrò, vidi che era Ulisse; aveva la barba rasa e gli occhi rotondi e chiari come quando si svegliava al mattino di buon umore. « Ecco che è tornato Ulisse », pensai; ed ero contenta; gli domandai se avesse portato del caffè.
Ulisse si avvicinò al tavolo e mi mise una mano sotto la gonna. Improvvisamente capii che avevo sbagliato tutto, come al solito. Tentai di alzare la mano destra dimenticando che era quella che non obbediva piú, il braccio tremò un poco e poi si fermò. Ricordai che era rotto e mi faceva male; c'era anche l'altra mano, ora che ci penso, ma ero troppo confusa per ricordarlo e rimasi immobile. Amedeo mi prese in braccio e mi posò sul letto; poi si distese sopra di me senza spogliarsi.
La mamma piagnucolava nella sua sedia a sdraio, la sentivo appena perché mio fratello faceva molto rumore. Notai che non somigliava per niente a Trento; ecco che adesso conoscevo due uomini diversi, ed era strano che in tanti anni non avessi mai pensato ad Ulisse come uomo. Era più forte di Trento, questo si, e sorrisi ricordando che questo lo sapevo giá da prima, da quando mi aveva picchiata per la prima volta ed avevo scoperto che si chiamava Amedeo o Giovanni, fa lo stesso.
Il braccio mi faceva male, molto; come se qualcun[...]

[...]sdraio, la sentivo appena perché mio fratello faceva molto rumore. Notai che non somigliava per niente a Trento; ecco che adesso conoscevo due uomini diversi, ed era strano che in tanti anni non avessi mai pensato ad Ulisse come uomo. Era più forte di Trento, questo si, e sorrisi ricordando che questo lo sapevo giá da prima, da quando mi aveva picchiata per la prima volta ed avevo scoperto che si chiamava Amedeo o Giovanni, fa lo stesso.
Il braccio mi faceva male, molto; come se qualcuno me lo stesse torcendo e piegando fino a fare un nodo più su del gomito. Il treno nel braccio, ecco, c'era un treno che faceva manovre sui binari vivi delle mie vene. « Lascia stare la corda », gridavo. Capii che gridavo perché mio fratello mi tappava la bocca con la sua e mi cacciava le mani nel collo.
Quella notte venne nel mio letto; poi, il giorno dopo, avevo la febbre, questo lo so perché la mamma diceva che si hanno i brividi quando viene la febbre ed io sentivo brividi per tutta la schiena. Il mio braccio gonfiò in quei giorni, fino a tendere al massimo la pelle, poi cominciò a diminuire e un giorno cessò anche di farmi male; credo che fosse guarito. E mio fratello non mi _picchiava piú; di questo gli ero grata e aspettavo che tornasse a casa col pacco di verdura e carne. Faceva così, ogni giorno;
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e mi portava anche la colazione a letto, dato che io non potevo muovermi per via del braccio. Era diventato perfino gentile, per quello che
ne so io della gentilezza. Non diceva mai « calmati cara » o « cara cal
mati », o simili cose; mi porgeva il vassoio con garbo e poi aspettava seduto accanto alla finestra che io finissi. Quando vuotavo il bicchiere, andava a riempirlo di nuovo in cucina; bevevo tanto in quei tempi,
chissà perché. E di notte sognavo sempre il mare che non avevo mai visto ma conoscevo attraverso i miei libri. « Una massa d'acqua vasta e sconfinata dal colore del cielo », cosi era descritto; ma in altri libri era presentato in altro modo, tanto che io mi chiedev[...]

[...]te sognavo sempre il mare che non avevo mai visto ma conoscevo attraverso i miei libri. « Una massa d'acqua vasta e sconfinata dal colore del cielo », cosi era descritto; ma in altri libri era presentato in altro modo, tanto che io mi chiedevo se non ci fossero più specie di mari.
I diversi autori non parevano d'accordo sul colore, uno diceva che é azzurro, un altro parlava del viola intenso, oppure del verde; io non so tuttora cosa pensare, ma ciò non mi impediva di sognare sempre il mare, come un misto di colori.
In fondo la qualità dei colori non mi interessava, perché il mare era II a farsi bere da me, e amavo il suo sapore, un sapore che non assomigliava a nessun altro.
Infine Ulisse riportava il vassaio in cucina e lasciava che mi addormentassi, con la coperta fin sopra la testa perché la luce mi dava noia. Non speravo di chiudere le persiane fino a che non fossi guarita al braccio e ormai mi ero abituata alla luce. La sola difesa che avessi escogitato era di nascondermi gli occhi sotto le coperte e allora potevo anche avere la sensazione che nella stanza ci fosse buio; cosi mi addomentavo. Era sempre Ulisse che mi svegliava; lo sapevo appena sentivo il contatto freddo della sua gamba che scivolava accanto alla mia. Non piangevo perché Ulisse non voleva. Cercavo di tenere il mio braccio lontano dal suo corpo, perché non lo toccasse; ma finiva sempre per urtarlo col mento o con la spalla ed io mi trattenevo per non piangere. Un giorno che Ulisse era uscito provai a muovere il gomito e vidi che rispondeva come prima. Non sentivo più quel dolore lungo la schiena, i treni si erano fermati, forse ne erano usciti per sempre. Ero contenta e mi alzai per andare a chiudere le persiane; ma poi pensai che non avevo più voglia di stare a letto. Andai in cucina per bere dell'acqua e li trovai Ulisse che dormiva accanto alla sua bottiglia vuota, con la testa appoggiata al tavolo.
Era mez[...]

[...]o alla nuca reclinata sul tavolo; quelle mani bianche come le mie e chiazzate di nero. Ogni giorno mi toccava con quelle mani, sapevo come si muovevano, potevo indovinare il loro calore e il loro peso sui miei seni. Pensai che non le avrei più sopportate. Desiderai tagliarle e farle morire lì, senza sangue. In quel momento udii il respiro di mio fratello e con gli occhi seguii la linea delle sue gambe distese rigide sotto il tavolo.
Dal mio braccio ormai guarito sentii crescere in me una forza immensa. Sapevo che cosa dovessi fare perché Ulisse non entrasse più nel
mio letto e lo feci. Adesso mi rendo conto che adoperai il coltello ma allora non Io sapevo, perché presi la prima cosa che mi capitò fra le mani e colpii finché Ulisse non cadde dal tavolo e sbatté la testa contro il pavimento.
La mamma prese ad inseguirmi per la casa, credo che volesse schiaf_ feggiarmi, ma non mi avrebbe mai raggiunta perché era troppo grassa e si muoveva con difficoltà.
Mai come allora desiderai il mare, perché la mia sete cresceva col passare dei gior[...]

[...]colpii finché Ulisse non cadde dal tavolo e sbatté la testa contro il pavimento.
La mamma prese ad inseguirmi per la casa, credo che volesse schiaf_ feggiarmi, ma non mi avrebbe mai raggiunta perché era troppo grassa e si muoveva con difficoltà.
Mai come allora desiderai il mare, perché la mia sete cresceva col passare dei giorni e anche senza sognare, ormai, vedevo la massa d'acqua, viola o verde che fosse, precedermi sempre di pochi passi. E ciò che mi faceva venire il mal di stomaco, era la coscienza di non potere mai raggiungere quel mare.
Quando vennero a prendermi, chiesi che mi portassero al mare, ma non mi ascoltavano; anzi seppi poi che volevano linciarmi, quelli della casa, e anche Trento. Sono certa che ci fosse anche lui perché l'ho visto io stessa lanciarsi contro di me imprecando e tutti gli altri lo seguivano.
Nel trambusto non mi ero accorta che tutta la parte superiore del mio corpo, dalla vita alla gola, era fasciata, di modo che potevo a stento respirare. Chiesi che mi togliessero quell'affare di dosso perché non p[...]

[...]mi, quelli della casa, e anche Trento. Sono certa che ci fosse anche lui perché l'ho visto io stessa lanciarsi contro di me imprecando e tutti gli altri lo seguivano.
Nel trambusto non mi ero accorta che tutta la parte superiore del mio corpo, dalla vita alla gola, era fasciata, di modo che potevo a stento respirare. Chiesi che mi togliessero quell'affare di dosso perché non potevo muovere le braccia; ma anche allora nessuno mostrò di ascoltare ciò che dicevo; in seguito imparai che quella era una camicia di forza. Lo imparai dopo vari giorni che vi ero imprigionata dentro ed ero contenta di averlo imparato perché io voglio sempre conoscere i nomi delle cose. In quel caso, poi, dopo avere dormito due notti abbracciata da quelle fasce, era giusto che io chiedessi e ottenessi la risposta: ecco, ero chiusa nella camicia di forza, in una stanza dai muri imbottiti. Mentre cercavo di addormentrmi rotolando su me stessa, infagottata a quel modo, mi ricordai improvvisamente dei miei libri. Mi alzai a sedere e cercai di appoggiarmi in modo da no[...]

[...]osa più urgente a questa punto era di scoprire il mezzo di riaverli presso di me.
Per non abbandonare questo pensiero che mi appassionava, non tentai neppure di dormire quella notte. La mattina dopo avevo preso la decisione di tornare a casa subito, per prendere i libri. Se non mi avessero lasciato andare, sarei scappata, ancora non sapevo come, ma ero certa di trovare il modo: mi ero accorta che si occupavano poco di me. Ma era urgente che mi sciogliessero quelle bende, e mi togliessero la camicia. di forza, perché costretta a quel modo non c'era nemmeno da pensare ad una fuga, lo capivo bene.
Venne una donna bianca a parlarmi; come fossi una bambina di pochi anni, ripeteva le parole avvicinando il suo viso al mio e facendo schioccare la lingua contro il palato. La guardai attratta da quei rumori e forse mi misi a ridere perché lei alzò la voce e minacciò di lasciarmi in quella stanza ancora per molti giorni. Questo mi fece ricordare la. fuga che avevo progettato e allora presi a farle domande molto accurate sulle persone che abitavano nei paraggi e come potessi raggiungere la uscita senza essere notata. Ma evidentemente non fui abbastanza prudente perché la donna bianca capì ciò che avevo intenzione di fare e disse con chiarezza che da li non sarei uscita mai, certamente non per mia volontà_ Questo concetto lo ripeté varie volte come per imprimerlo bene nella mia mente. Le risposi che non ero scema; mi guardò con tenerezza ma nello stesso tempo si teneva lontana da me come se temesse che potessi graffiarle il viso. Il suo bel viso di donna bianca che forse doveva ricordarmi la mamma, ma non trovai nessuna somiglianza per quanto cercassi. Le dissi che non somigliava alla mamma. Lo dissi perché si era creato un silenzio nella conversazione e cercavo un argomento qualsi[...]

[...]no parlasse; strinsi tanto forte il ferro da sentirmi dolere fino alla cima delle palpebre, ma non dissi una parola, sebbene lo desiderassi. La donna bianca non mi parlò, ma dai suoi gesti compresi che quel letto mi era destinato e che quindi io sarei rimasta in quella stanza con le quattro ragazze vestite di grigio.
Quando ebbe finito di preparare il letto, prima di andarsene, mi prese le mani e mi disse un'infinità di cose, non importa quali; ciò che volevo sapere l'avevo capito da me quindi lasciai che parlasse, annuendo
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con la testa quando lo ritenevo opportuno. Lei parve contenta di me e si avvicinò alla porta senza però lasciare le mie mani che continuava a stringere fra le sue. Disse ancora qualcosa a proposito della bontà; parlava proprio come un angelo e le sue mani erano calde e morbide. Credo che finii per sorridere anch'io.
Imparai subito che le campane erano molto importanti in quell'istituto e che se non si ubbidiva al loro segnale c'era da rimanere senza cena o addirittura di buscare la frusta sulle g[...]

[...]se ancora qualcosa a proposito della bontà; parlava proprio come un angelo e le sue mani erano calde e morbide. Credo che finii per sorridere anch'io.
Imparai subito che le campane erano molto importanti in quell'istituto e che se non si ubbidiva al loro segnale c'era da rimanere senza cena o addirittura di buscare la frusta sulle gambe. Io dovevo fare uno sforzo per ricordare cosa volesse dire quel suono; mi prendeva sempre alla sprovvista, perciò i primi giorni non sapevo mai cosa fare. Ma bastava che seguissi le altre giù per il corridoio, che loro mi guidavano; finivo per fare sempre così senza rendermi conto se fosse l'ora di cena. o della messa. Non m'importava molto perché ero occupata a meditare tutti questi fatti nuovi che si accumulavano nella mia vita e che non avevo il tempo di esaminare perché sempre altri si aggiungevano ai precedenti.
Nei primi giorni ero stata così assorbita dallo studio delle quattro ragazze che occupavano la mia stanza, da dimenticare tutto il resto_ Mi ero incantata a seguire i movimenti di Coccolett[...]

[...]ssorbita dallo studio delle quattro ragazze che occupavano la mia stanza, da dimenticare tutto il resto_ Mi ero incantata a seguire i movimenti di Coccoletta, che passava il tempo abbandonata sul letto a cantare, muovendo solo le mani nel folto dei capelli. Non avevo mai visto capelli così lunghi e biondi, li paragonavo mentalmente ai miei, neri e lisci, e pensavo che doveva essere piacevole passare le mani fra quei capelli sparsi sulla coperta, ciondolanti. sul bordo del letto.
Aveva il corpo piccolo e piccoli i tratti, ma i capelli più lunghi delle braccia. Cantava canzoni di cui inventava le parole mano a mano che svolgeva il motivo, ma non alzava mai troppo la voce. Non so perché fosse li né glielo chiesi mai, amavo pensare che fosse una regina e la guardavo con curiosità ma anche ammirazione. Lei non guardava mai nessuno in faccia e si voltava verso il muro ogni volta che qualcuno entrasse nella stanza.
Tutto il giorno giocava con i propri capelli e la notte si agitava nel letto come se avesse caldo; una volta ricordo di avere sen[...]

[...]desidera perché
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é bella, e poi, quei capelli... un giorno o l'altro le salterà addosso » mi sussurrò. E credo che non aspettasse altro.
Ero stata così presa da questi fatti che non avevo pensato affatto a me; da allora mi abituai a scappare più spesso al gabinetto per liberarmi di Lode e li meditavo su tutte le novità della mia vita.
Evitavo di pensare ad Ulisse perché più di una donna angelo mi aveva spiegato la gravità di ciò che avevo fatto. E parole come fratello, figlio dei Signore, morte dell'innocente, erano entrate nella mia mente e la loro presenza mi dava fastidio.
A Trento avevo rinunciato: dopo il suo ultimo tradimento e abbandono, lo avevo dimenticato; o forse cercavo di farlo senza riuscirvi del tutto, ma pensavo a lui molto poco. Questo era bene perché altrimenti avrei sofferto di stare in quella casa, mentre in realtà non mi dispiaceva affatto, anzi avevo cominciato ad affezionarmi a Lode, e come lei, prendevo gusto a tormentare la Bambina, seguivo il movimento delle mani di Coccoletta e gli svilupp[...]

[...] il giardino, anzi osavo quasi immaginare, che una volta affacciati alla finestra, si potessero scorgere al di là di essa delle montagne, dei campi, e chissà, forse anche il mare. Il giardino era poco più grande del nostro refettorio, alcuni lo chiamavano cortile, ma naturalmente sbagliavano perché non ho mai visto né sentito che in un cortile crescessero degli alberi, come avveniva nel nostro. E poi, in certe giornate calde, spuntavano le violacciocche lungo i muri, ed io dico che il luogo dove crescono le violacciocche si può senz'altro chiamare giardino, e così lo chiamavo parlandone con Lode, sebbene lei tirasse fuori la lingua in segno di disprezzo.
Nel giardino c'erano tre alberi, ma i posti all'ombra erano regolarmente occupati dalle ragazze del secondo reparto che scendevano con l'anticipo di pochi minuti rispetto a noi. Solo Coccoletta riusciva a mettersi al riparo dai rami, non so se fosse per merito della sua bellezza di regina che incuteva rispetto o per merito della spia, di cui tutte noi avevamo paura. Fatto sta che Coccoletta trovava sempre un posto libero sotto il suo albero preferito, il[...]

[...]veva simpatia per quei sedili che finivano per essere occupati dai gatti e dalle formiche. Era risaputo che i gatti e altri animali del genere non avevano alcun diritto di occupare le panche, anzi credo che fosse proprio proibito, ma nessuno di noi amava sedersi su quelle assi di legno smaltato; e così finiva che vi si accoccolavano i gatti e le formiche si divertivano a correre da un capo all'altro delle assi nella smania di scoprire qualche guscio di scarafaggio che però non trovavano mai. Lode ed io avevamo scovato un tappeto puliscipiedi di rete di ferro, con palline bianche che formavano un disegno, o almeno noi immaginavamo che fosse un disegno, per
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ché quando lo trovammo fra le immondizie, portava incastrate si e no dieci palline che luccicavano in mezzo alle maglie arrugginite, e furono proprio quelle palline ad attirare la nostra attenzione. Lo adoperavamo per sederci sopra, appoggiando la schiena contro il muro di mattoni; da li potevamo vedere i quattro muri che si intersecavano, gli alberi non molto discos[...]

[...]chia aguzze, sporgenti dalle gambe magre e storte.
Quando aveva finito di parlarmi della vita e delle nostre compagne, inventando storie complicate ed inverosimili, di cui rendeva protagoniste le ragazze che aveva più in antipatia nel nostro reparto, decideva di insegnarmi dei giochi che era solita fare al suo paese.
Il gioco dei papaveri piaceva anche a me. Bisognava scommettere se il colore del fiore fosse rosso o bianco; poi si apriva il bocciolo, e se i petali si spiegavano polverosi e rossi, aveva vinto uno, se si mostravano bianchi, vinceva l'altro. Era appassionante.
Vinceva quasi sempre Lode ed io mi accanivo per prendere la rivincita, ma presto ci stancavamo per la completa mancanza di papaveri nel giardino. Lode diceva che al suo paese c'erano dei campi addirittura rossi, come macchie di sangue, per la grande quantità di papaveri di quel colore. Io non sapevo se crederle o meno perche cono,scevo la sua capacità di inventare storie che non avevano niente di vero; ma per giocare a quel gioco sarebbe stato molto comodo un inter[...]

[...] stare all'erta che ci sarebbero state delle novità. Infatti, quando ci svegliammo la mattina al suono della campana, la spia non era nel suo letto; ed io non mi meravigliai affatto di scoprire che neanche Lode era nel suo letto: era stata lei a salvare la spia che si era tagliuzzata i polsi nel tentativo di recidersi le vene.
La suora invocava Gesù e Maria, non sapeva cosa fare. Vidi entrare la donna angelo e poco dopo non ci fu più traccia di ciò che era successo: la spia fu portata in infermeria e con poche parole la donna. bianca ci rasserenò; sorridendo come solo lei sapeva fare..
La Bambina non aveva smesso di piangere, però; raggomitolata sotto le coperte ripeteva all'infinito un verso, con ritmo uguale e preciso. Solo Coccoletta non si era voltata per guardare e le sue mani disfacevano con grazia i nodi che si erano formati durante la notte fra i suoi capelli lunghi e fini, simili a ragnatele senza colore. Lode era agitata e rideva per ogni nonnulla; disse che non era successo niente,
quella scema! » ripeté più volte, e indica[...]

[...]donate su se stesse, e il collo piegato morbidamente sul cuscino dei capelli biondi. Pensai che non sapevo di che colore fossero i suoi occhi, non li avevo mai notati. «Infatti», disse Lode, «è come se non li avesse: Più che occhi sono buchi per vedere, e il colore dei buchi è indefinito, scuro e lontano ».
Mi informò che la spia era quasi guarita. «Non sono grandi ferite le sue », mi spiegò, « ma ha il cervello sconvolto, per lo shock ». Pronunciò questa parola con serietà, soffiando fra i denti; ed io non osai chiederle cosa significasse, sebbene potessi immaginarlo, più o meno.
La spia tornò a dormire nel suo letto dopo pochi giorni, ma se prima era scontrosa, adesso non le si poteva parlare affatto. Non sopportava di essere guardata, odiava tutte noi, eccetto Coccoletta, la quale pareva non si fosse neanche accorta di quei cambiamenti e continuava a pettinarsi i capelli con le dita, interamente voltata verso il muro.
Lode mi aveva detto che un giorno o l'altro sarebbero venuti a prendermi per il processo, ma io non le avevo credut[...]

[...]arlare affatto. Non sopportava di essere guardata, odiava tutte noi, eccetto Coccoletta, la quale pareva non si fosse neanche accorta di quei cambiamenti e continuava a pettinarsi i capelli con le dita, interamente voltata verso il muro.
Lode mi aveva detto che un giorno o l'altro sarebbero venuti a prendermi per il processo, ma io non le avevo creduto, e poi me ne ero completamente dimenticata, specialmente al tempo del suicidio della spia. Perciò mi meravigliai quando venne la donna bianca a prendermi e mi disse di infilare il grembiule pulito.
Cercai Lode ma in quel momento non era nella stanza. Non chiesi niente perché della donna angelo mi fidavo poco; tanto sapevo già che mi avrebbe rassicurata con uno dei suoi sorrisi e molte parole buone ma poco chiare e anche poco vere, come avevo avuto modo di constatare altre volte.
La seguii per i corridoi fino alla stanza della direttrice; mi presentò all'avvocato. « Siedi li », disse, « e rispondi con attenzione alle domande che ti farà questo signore ».
Tutti e tre mi guardavano con cu[...]

[...]Pazza! », non so.
Mentre mi portavano via per il corridoio, mi parve di vedere l'avvocato che camminava appogiandosi all'ombrello con l'impugnatura
LA MIA STORIA TORNAVA SOTTO L'ALBERO CARRUBO 151
dalla testa di cane; cercai di avvicinarmi a lui per parlargli ancora della sirena, volevo raccontargli come Ulisse la battesse, perché prima non avevo avuto il tempo di dirglielo. Ma l'avvocato fuggi correndo e l'infermiere che stringeva il mio braccio allentò la stretta un attimo per prendere la mia testa con tutte e due le mani e sbatterla contro il muro due o tre volte. Può darsi che preso dall'entusiasmo giocasse con la mia testa per più di un quarto d'ora, ma io sentii solo tre colpi netti, come se assaggiassi il muro con la lingua; e un sapore di calce farinosa si diffuse nella mia bocca; quindi smisi di pensare perché avevo troppo sonno.
Nella camera di sicurezza trovai la spia; le chiesi che cosa facesse li ma lei non rispose. Ciò che mi colpi fu l'odore di gabbia che riempiva la stanza; un odore troppo dolce di bestie sudate e asp[...]

[...]a mia testa con tutte e due le mani e sbatterla contro il muro due o tre volte. Può darsi che preso dall'entusiasmo giocasse con la mia testa per più di un quarto d'ora, ma io sentii solo tre colpi netti, come se assaggiassi il muro con la lingua; e un sapore di calce farinosa si diffuse nella mia bocca; quindi smisi di pensare perché avevo troppo sonno.
Nella camera di sicurezza trovai la spia; le chiesi che cosa facesse li ma lei non rispose. Ciò che mi colpi fu l'odore di gabbia che riempiva la stanza; un odore troppo dolce di bestie sudate e aspro di disinfettante. Cercai una finestra, ma, non trovandola, poggiai la testa contro le mie braccia e cercai di dormire.
Durante la notte vennero a prendermi; pensai che mi portassero nella mia stanza, avevo voglia di vedere Lode per parlarle delle mie avventure di quella mattina. Mi alzai contenta e seguii i due infermieri che mi spingevano dolcemente verso la porta. Invece di salire al primo piano, capii dal freddo che eravamo giunti in giardino. Lode insisteva a dire che quello era un co[...]

[...]in me e il mio corpo era muto come di legno. Potevo pensare cd i pensieri salivano a galla come pesci vivi e mobili sotto la superficie limpida dell'acqua di un fiume.
Pensai che da diversi giorni Ulisse si rivolgeva a me con la stessa frase, « cara calmati » o « calmati cara », « cara malati calmati calanti », non so più; potevo prevedere già quando lo vedevo che avrebbe fatto saltare quella corda e non un'altra. La sirena muggiva sotto il braccio di lui, nella notte, ed io portavo il mio libro colorato dentro il letto perché non potevo dormire per via di quelle bestiole nella stanza accanto.
Lo lasciai parlare.
Era la mia storia che tornava e colava giù dai buchi del cervello perdendosi in mezzo all'erba e ai sassi; e la terra la succhiava con la stessa avidità con cui assorbiva la resina dell'albero.
DACIA MARAINI



da Theodor Wiesengrand Adorno, Aldous Huxley e l'utopia [traduzione di Elèmire Zolla] in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 7 - 1 - numero 33

Brano: [...]o innanzi a sé la sua lunga ombra, ha fatto scaturire per la prima volta in America il tipo dell'emigrato intellettuale. Chi si recava nel nuovo mondo nel secolo scorso era attratto soprattutto dalle sconfinate possibilità che gli si dischiudevano: emigrava per far fortuna o almeno per trovare alle sue necessità un esito che i paesi sovrapopolati di Europa gli negavano. L'istinto di conservazione era più forte dell'istinto conservatore, e lo slancio commerciale degli Stati Uniti stava sotto il segno dello stesso principio che spingeva gli emigranti oltre l'Oceano: l'adattamento felice premeva assai più della critica, la quale avrebbe indebolito il loro buon diritto e le loro possibilità di successo. I nuovi arrivati, presi com'erano dalla lotta per la vita, erano incapaci, sia per la loro educazione che per il loro passato e la loro posizione, di distanziarsi dalla strapotenza della loro esistenza vorticosa. Quando mai avessero associato al loro trapianto dei sogni utopistici, questi si scioglievano nell'orizzonte di un'esistenza ancora [...]

[...]i oltre l'Oceano: l'adattamento felice premeva assai più della critica, la quale avrebbe indebolito il loro buon diritto e le loro possibilità di successo. I nuovi arrivati, presi com'erano dalla lotta per la vita, erano incapaci, sia per la loro educazione che per il loro passato e la loro posizione, di distanziarsi dalla strapotenza della loro esistenza vorticosa. Quando mai avessero associato al loro trapianto dei sogni utopistici, questi si scioglievano nell'orizzonte di un'esistenza ancora informe, nella leggenda del successo, nella prospettiva di arrivare dall'ago al milione. Lo scetticismo di un visitatore come Tocqueville, il quale s'accorse già cent'anni prima degli aspetti antiliberali dell'eguaglianza illimitata, rimase un'eccezione; il rifiuto di ciò che nel gergo dei conservatori della cultura tedesca fu chiamato americanismo fu proprio di americani come Poe, Emerson e Thoreau piuttosto che dei nuovi arrivati. Cent'anni dopo emigrarono non più singoli intellettuali ma la stessa intellighenzia europea come strato sociale; ve non solo i suoi componenti ebrei. Tutti costoro non volevano vivere meglio ma sopravvivere: le possibilità non erano più sconfinate e l'imposizione dell'adattamento veniva a colpirli per il tramite della concorrenza commerciale.
ALDOUS HUXLEY E L'UTOPIA 97
AI posto delle distese selvagge che si schiudevano al pioni[...]

[...]ario nella vita subordinata al supercartello. Il renitente che rifiuta di capitolare e di adattarsi senza residui rimane vittima dei traumi che inesorabilmente colpiscono chi non si lasci convertire in cosa dal mondo delle cose che gli torreggia sopra ciclopico. L'intellettuale, impotente nel meccanismo dei rapporti mercificati sviluppati in ogni direzione e unici ad essere riconosciati, reágiscé al trauma con il panico.
Ìl precipitato di tutto ciò, o meglio la sua razionalizzazione, é Brave New World di Huxley. Il romanzo, una fantasia avveniristica configurata in modo rudimentale, tenta di capire il trauma partendo dal principio della smitologizzazione del mondo, esasperandolo fino all'assurdo, ricavando l'idea della dignità umana dal riconoscimento della disumanità. La conclusione é la percezione della somiglianza di tutti i prodotti in serie, uomini o cose che siano. La metafora schopenhaueriana dei prodotti di fabbrica della natura viene presa alla lettera.
Greggi brulicanti di gemelli vengono preparati nella storta. Un incubo di [...]

[...]ta: g uomini lion sono soltanto più consumatori dei prodotti di serie sfornati dalle aziende, ma paiono essi stessi prodotti dallo strapotere delle aziende e privi di individúazione, Lo sguardo in panico, grazie a quale vengono a Pietrificarsi in allegorie della catastrofe le os
98 THEODOR WIE SENGRUND ADORNO
servazioni inassimilabili, spezza l'illusione della quotidianità innocente. Grazie ad esso il sorriso commerciale della modella diventa ciò che in effetti è: la smorfia della vittima. I venticinque anni trascorsi dall'uscita del libro hanno permesso di verificare anche più di quanta fosse necessario: minimi orrori, come le prove per l'assunzione dei ragazzi d'ascensore, che selezionano i più sciocchi, o visioni raccapriccianti come la svalutazione razionale del cadavere. Il bravo new world è un unico campo di concentramento che si crede un paradiso non essendoci nulla da contrapporgli. Se, a seguire la dottrina della Psicologia di massa di Freud, il panico é quella condizione nella quale crollano delle potenti identificazioni collettive e le energie istintive liberate si convertono in subitanea angoscia, allora l'individuo colto dal panico sarà in grado di innervare ciò che di oscuro sta alla base dell'identificazione collettiva: la falsa coscienza dei singoli i quali, privi di una ve[...]

[...]i come la svalutazione razionale del cadavere. Il bravo new world è un unico campo di concentramento che si crede un paradiso non essendoci nulla da contrapporgli. Se, a seguire la dottrina della Psicologia di massa di Freud, il panico é quella condizione nella quale crollano delle potenti identificazioni collettive e le energie istintive liberate si convertono in subitanea angoscia, allora l'individuo colto dal panico sarà in grado di innervare ciò che di oscuro sta alla base dell'identificazione collettiva: la falsa coscienza dei singoli i quali, privi di una vera e verificabile solidarietà, legati ciecamente a immagini del potere, si credono d'accordo con una Totalità che li soffoca con la sua ubiquità.
Huxley é esente da quell'assennatezza folle che riesce a ricavare perfino dal peggio il solito « non é poi così male ». Egli non dà alcun credito alle favole per bambini seconda cui le pretese escrescenze della civiltà tecnica verranno sanate automaticamente dal progresso inarrestabile e sdegna i conforti tanto cari all'esiliato: che [...]

[...] immagini del potere, si credono d'accordo con una Totalità che li soffoca con la sua ubiquità.
Huxley é esente da quell'assennatezza folle che riesce a ricavare perfino dal peggio il solito « non é poi così male ». Egli non dà alcun credito alle favole per bambini seconda cui le pretese escrescenze della civiltà tecnica verranno sanate automaticamente dal progresso inarrestabile e sdegna i conforti tanto cari all'esiliato: che gli aspetti angosciosi della civiltà americana siano effimeri resti della sua primitività oppure salde garanzie della sua giovinezza. Non si concede alcun dubbio su questo punto: quegli aspetti non sono frammenti rimasti nella scia della cultura europea, ma piuttosto precorrimenti del futuro che l'aspetta: il vecchio mondo imita diligentemente il nuovo. Lo Stato universale di Brave New World non conosce differenze che non siano artificiosamente preservate fra i campi del golf e i laboratori di ricerche biologiche di Mombasa, di Londra o del polo nord, é simile al mondo che soggiace all'americanismo parodiato. Il mondo dovrebbe, secondo il motto di Berdiaev, adeguarsi all'utopia che si può intravedere a partire dallo stadio
ALDOUS HUXLEY E L UTOPIA 99
attuale della . tecnica. Invece, se si completano i suoi tratti, esso diventa un inferno: le osservazioni sullo stadio attuale della civiltà vengono spinte dalla sua teologia immanente fino all'evidenza diretta del suo disordine. Non sono tanto degli elementi tecnici o istituzi[...]

[...]ondo il motto di Berdiaev, adeguarsi all'utopia che si può intravedere a partire dallo stadio
ALDOUS HUXLEY E L UTOPIA 99
attuale della . tecnica. Invece, se si completano i suoi tratti, esso diventa un inferno: le osservazioni sullo stadio attuale della civiltà vengono spinte dalla sua teologia immanente fino all'evidenza diretta del suo disordine. Non sono tanto degli elementi tecnici o istituzionali a ribadire il quadro quanto la visione di ciò che sarebbe degli uomini qualora non conoscessero piú il bisogno. La sfera economicopolitica come tale diventa di minor peso e importanza: resta sicuro che si tratta di un sistema classista iperrazionalizzato di proporzioni planetarie, di un capita lismo di Stato pianificato fino al particolare; resta certa che la collettivizzazione totale corrisponde alla tirannide assoluta, che l'economia monetaria e l'incentivo del profitto perdurano.
Invece delle tre parole d'ordine della rivoluzione francese si proclama: Community, Identity e Stability. Community definisce una condizione della società i[...]

[...] del mondo circostante, attraverso il controllo di « condizioni ») la quale nella lingua corrente americana sta a significare ogni specie di controllo scientifico delle condizioni di vita: così air conditioning è il livellamento meccanico della temperatura in spazi chiusi. In Huxj ley conditioning significa la completa preformazione dell'uomo a opera della violenza sociale che va dalla riproduzione artificiale alla determinazione tecnica del conscio e dell'inconscio nel ` lo stadio infantile e al death conditioning, un allenamento che J
loo THEODOR WIESENGRUND ADORNO
scaccia dal fanciullo la paura della morte, per cui al fanciullo si
presentano dei morti e contemporaneamente lo si nutre di dol
! ciumi sicché associ in avvenire le due cose. L'effetto finale del
conditioning, l'adattamento perfettamente realizzato, é l'interio
rizzazione della pressione e della coercizione sociali in misura assai superiore a quella conosciuta dal protestantesimo: li uomi
ni si rassegnano ad. amare ciò, .che debbono fare, senza neanc e più sapere di rassegnarsi. Cos[...]

[...]ODOR WIESENGRUND ADORNO
scaccia dal fanciullo la paura della morte, per cui al fanciullo si
presentano dei morti e contemporaneamente lo si nutre di dol
! ciumi sicché associ in avvenire le due cose. L'effetto finale del
conditioning, l'adattamento perfettamente realizzato, é l'interio
rizzazione della pressione e della coercizione sociali in misura assai superiore a quella conosciuta dal protestantesimo: li uomi
ni si rassegnano ad. amare ciò, .che debbono fare, senza neanc e più sapere di rassegnarsi. Così la loro felicità viene rafforzata soggettivamente e viene mantenuto l'ordine. Tutte le rappresentazioni di un'influenza esteriore della società sul singolo, per il tramite di agenti come la famiglia o la psicologia, appaiono superate. Cie) che alla famiglia é stato già fatto, viene perpetrato ai suoi danni ancora una volta nel brave new world. Come figli della società nel senso più letterale gli uomini non si trovano in un rapporto dialettico ma coincidono con essa. Esponenti volontari della Totalità collettiva nella quale é s[...]

[...]sviluppo ».
Il rapporto di classe viene eternato biologicamente, perché i direttori della riproduzione razziale decidono fin dalla fase embrionale dell'appartenenza a questa o quella casta designata con una lettera dell'alfabeto greco. La bassa plebe viene,reclutata mediante fina ingegnosa divisione di cellule, fra i gemelli d'uno stesso uovo, il cui sviluppo fisico e spirituale viene inibito grazie ad un'opportuna aggiunta di alcool al sangue. Ciò significa che la riproduzione dell'idiozia viene assunta dalla trionfante cultura di massa, mentre un tempo avveniva inconsciamente, sotto la pressione del bisogno, e questo perché il bisogno potrebbe essere oramai eliminato. Pietrificando razionalmente gli irrazionali rapporti di classe Huxley ne annuncia la superfluità: ormai i confini di classe hanno perduto il carattere « naturale », la cui' illusione li produceva nella storia non controllata della umanità; ormai soltanto la selezione artificiosa e volontaria e la differenziazione amministrativa nella ripartizione del prodotto
ALDOUS HUX[...]

[...]ssunta dalla trionfante cultura di massa, mentre un tempo avveniva inconsciamente, sotto la pressione del bisogno, e questo perché il bisogno potrebbe essere oramai eliminato. Pietrificando razionalmente gli irrazionali rapporti di classe Huxley ne annuncia la superfluità: ormai i confini di classe hanno perduto il carattere « naturale », la cui' illusione li produceva nella storia non controllata della umanità; ormai soltanto la selezione artificiosa e volontaria e la differenziazione amministrativa nella ripartizione del prodotto
ALDOUS HUXLEY E L'UTOPIA 101
sociale assicura la continuazione delle classi. Gli embrioni e i pargoli dei paria vengono tenuti a corto di nutrimento negli stabilimenti d'incubazione del brave new world, i dirigenti preparano un'atmosfera di suburbio artificiale. Essi preparano la bassezza e la regressione fra possibilità illimitate. Ma questa regressione — introdotta dai sistemi totalitari e da loro perfezionata — é di natura totalitaria. Huxley, che se ne intende, indica le tracce della mutilazione anche ne[...]

[...] non identifica soltanto il rancore che suscita
la verità "odesta in chi non la può accettare, salvo mettere
a repentaglio il proprio equilibrio, ma fornisce la diagnosi di un nuovo tabù potentissimo. Quanto più 1' esserci, l'esistenza sociale, grazie alla sua strapotenza e chiusura, diventa l'ideologia di se medesimo per l'uomo deluso, tanto più egli ne riceve lo stigma di peccatore, che osa agitare folli pensieri contra il principio per cui ciò che é ha anche ragione. Tutti vivono in aerei, ma obbediscono al comandamento inesprimibile come tutti gli autentici tabù: Non devi volare. Gli déi della terra puniranno chi si levi in volo sopra la terra. Il divieto di una mitologia dell'esistenza ridà forza alla maledizione mitologica. Huxley lo dimostra nel linguaggio. L'idiozia dello small talk obbligatorio, la conversazione come ciancia, viene portata con discrezione allo
102 THEODOR WIESENGRUND ADORNO
estremo. E' ormai molto tempo che esso non sta nei limiti della regola di gioco che proibisce la conversazione come mero dialogo di spe[...]

[...]guaggio. L'idiozia dello small talk obbligatorio, la conversazione come ciancia, viene portata con discrezione allo
102 THEODOR WIESENGRUND ADORNO
estremo. E' ormai molto tempo che esso non sta nei limiti della regola di gioco che proibisce la conversazione come mero dialogo di specialisti o come esigenza svergognata. La decadenza del parlare dipende dalla tendenza oggettiva. La metamorfosi virtuale del mondo in merci, l'importanza decisiva di ciò che é fatto e pensato attraverso il meccanismo sociale rende il discorso illusorio, lo fa morire, colpito dalla maledizione d,1 sempreuguale, riducendolo a seguito di giudizi analitici. Lei, sig re di Brave New World — né per giungere a tanto é neccsssario portare a compimento le tendenze virtuali della realtà — si intrattengono fra loro solo in quanto consumatrici, la loro conversazione si aggira ormai soltanto attorno a ciò che sta nel catalogo dell'industria onnipresente, si compone di informazioni sull'offerta, oggettivamente superflue, vuoti gusci del dialogo la cui idea era di trovare ciò che ancora non si sapesse. Senza questa idea esso sarebbe ormai maturo per la sua scomparsa. Gli uomini total mente collettivizzati e incessantemente comunicanti debbono rinunciare ad ogni comunicazione e riconocersi vnojAtadi mute, quali erano stati in segreto fin dai primordi dell'era borghese. Sprofon Idano nella minorità arcaica.
Essi sono rescissi dallo spirito, che Huxley equipara ai beni culturali tradizionali ed esemplifica in Shakespeare, nonché dalla natura come paesaggio, immagine della Creazione intatta, di qua della società. Il contrasto di spirito e natura fu il tema della filo[...]

[...]asformarla per incanto in natura. Invece scompaiono i due poli:
ALOOUS HUXLEY E L'UTOPIA 103
Huxley conosce il borghese comune nuovissimo, che osserva la baia marina come spettacolo degno di contemplazione restando seduto in automobile e ascoltando i motivetti pubblicitari radiofonici. A questo si associa l'avversione verso tutto il passato: lo spirito stesso appare sorpassato, ingrediente insipido dei fatti glorificati, dei dati ultimativi, e ciò che non é piú diventa bricàbrac e ciarpame. Un motto attribuito a Ford: «history is bunk » getta nell'immondezzaio tutto ciò che non si adegua agli ultimi metodi di produzione industriale, in breve, ogni continuità della vita. Gli uomini vengono storpiati da tali riduzioni: la loro incapacità di percepire e pensare ciò che non é come é, l'autosufficienza senza vie d'uscita della loro esistenza, la dittatura della pura coerenza e conformità allo scopo soggettiva, ha come risultato la pura perdita della soggettività. I soggettioggetti prodotti scientificamente, depurati da ogni mito, del nonspirito del mondo, sono infantili.` Le regre`ssionii meta rovo l04 ñtárie, ;metà procurate diventano alla fine, nel quadro della cultura di massa, precetti consapevolmente decretati per il tempo libero, « proper standards of infantile decorum », risate dell'inferno sul « non sarete come bambini » cristiano. La colpa di ciò[...]

[...]ha come risultato la pura perdita della soggettività. I soggettioggetti prodotti scientificamente, depurati da ogni mito, del nonspirito del mondo, sono infantili.` Le regre`ssionii meta rovo l04 ñtárie, ;metà procurate diventano alla fine, nel quadro della cultura di massa, precetti consapevolmente decretati per il tempo libero, « proper standards of infantile decorum », risate dell'inferno sul « non sarete come bambini » cristiano. La colpa di ciò sta nella sostituzione di tutti i fini con mezzi. Il culto del prodotto, scisso da ogni finalità oggettiva — in Brave New World domina letteralmente la religione dell'automobile prima soltanto implicita, con Ford come Signore ed il segno del modello T in luogo della croce —: l'amore feticistico dell'equipaggiamento, quel segno inconfondibile della follia che é impresso in quanti che si inorgogliscono del loro senso pratico e realistico, viene elevato a norma di vita. Questo vale anche dove la libertà sembri nel brave new world avvantaggiata. Huxley dia individuato
la contraddizione per cui [...]

[...] e avvilimento del sesso non sono scindibili, per lui. Nei suoi primi romanzi il libertinaggio appare già come eccitazione quasi localizzata, priva di aura, quasi come nelle cosiddette culture virili gli uomini sono soliti parlare delle donne e dell'amore fra loro con un gesto che, nell'orgoglio per la sovranità conquistata, svi lisce l'argomento. In Huxley tutto si svolge più sublimatamente che nel Lawrence delle four letter words ma proprio perciò più repressamente. La sua rivolta contro la falsa felicità sacrifica anche l'idea della vera. Molto prima che egli mostrasse simpatie per il buddismo, la sua ironia svelava, ad esempio nell'autodenuncia dell'intellettuale, il penitente furioso, dal settarismo del quale il suo livello generale d'altra parte lo preserva. La fuga dal mondo porta nella colonia nudista, dove anche il sesso verrà estirpato scoprendolo. Nonostante lo sforzo di dipingere il mondo selvaggio rimasto dietro all'assoluta cultura di massa, che in Brave New World appare come relitto dell'umano, come
ALDOUS HUXLEY E L'UTOP[...]

[...]a sopravvivenza di detail— divieti, come se mai la felicità che sorge dalla violazione dei tabù potesse legittimare i tabù, che sono al mondo non per procurare la felicità ma per respingerla. Le orgie comunitarie che avvengono regolarmente nel romanzo, il rapido obbligatorio scambio dei partner derivano direttamente dall'ottusità dell'attività sessuale ufficiale, che fa del piacere un divertimento e lo rifiuta mediante concessioni. Ma proprio in ciò, nell'impossibilità di vedere faccia a faccia il piacere, di abbandonarsi ad esso in forza della riflessione, si perpetua l'antichissimo divieto che Huxley troppo presto rimpiange. Se esso fosse davvero infranto e il piacere si fosse sciolto davvero dai freni delle istituzioni sociali, che lo stringono anche nell'orgyporgy, il Brave New World si scioglierebbe dalla sua fissità mor
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tuaria. Il suo principio morale fondamentale è infatti che ciascuno appartiene a ciascun altro, è l'assoluta fungibilità che elimina gli uomini come esseri singoli, liquida come mitologia la loro ultima aseità riducendoli a mezzo, a essereperaltri, cioè, nel senso huxleyano, a nullità. Huxley nella prefazione alla edizione americana, aggiunta dopo la guerra, ha scoperto l'affinità di quel principio con l'affermazione di Sade, che fra i diritti dell'uomo esiste anche l'assoluta disponibilità sessuale di tutti per tutti. In ciò egli ravvisa la completa follia della ragione consequenziaria, ma gli sfugge l'incompatibilita della massima malfamata con il suo Stato universale dell'avvenire. Tutte le dittature hanno diffamato il libertinaggio, e gli stabilimenti di monta umana S.S. " di Himmler ne furono l'esatto contrario virtuosamente statalista. Il potere andrebbe definito come diritto di disporre di altre persone da parte di una persona, non come diritto di disporre di tutti da parte . di tutti. Un potere di questo genere non sarebbe concepibile nel quadro di qualsiasi ordinamento totalitario. Sarebbe affine, piuttos[...]

[...]ere andrebbe definito come diritto di disporre di altre persone da parte di una persona, non come diritto di disporre di tutti da parte . di tutti. Un potere di questo genere non sarebbe concepibile nel quadro di qualsiasi ordinamento totalitario. Sarebbe affine, piuttosto che ad uno stato di anarchia sessuale, al rapporto di lavoro. Gli uomini esclusiva
mente perl'altro, l'assoluto toX!v, x6v, sarebbero si estraniati_ da se medesimi, ma anche sciolti dalla maledizione della utoconservazione, che il brave new world al pari del vecchio mono, mantiene intatta. La fungibilità pura e assoluta farebbe esplo+ ere il nocciolo dei potere e prometterebbe la libertà. La debolezza della complessiva concezione di Huxley deriva dal fatto che egli dimmi zá senza esitazione tutti i suoi concetti, ma impedendo angosciosamente che si rovescino nel loro opposto.
La scène à faire del ,romanzo è il cozzo erotico dei due mondi: il tentativo della protagonista Lenina, il tipo della ben curata e riuscita career woman americana, di attrarre nel gioco della promiscuità doverosa il « selvaggio » che ella ama. La sua controparte maschile è il tipo del giovinetto estatico e pudico, legato alla madre e con istinti repressi, il quale preferisce godere contemplativamente del suo sentimento piuttosto di esprimerlo e si accontenta di trasfigurare liricamente l'amata; un carattere
ALDOUS HUXLEY E L'UTOPIA 107
che viene al[...]

[...]; un carattere
ALDOUS HUXLEY E L'UTOPIA 107
che viene allevato a Oxford e Cambridge come degli epsilon nella storta e che ha i requisiti sentimentali del romanzo inglese recente. Il conflitto nasce dal fatto che John sente l'offerta spiccia di se stessa da parte della bella fanciulla come una degradazione del sublime sentimento che nutre per lei e quindi la fugge. La forza persuasiva della scena si ritorce contro il suo Mema probandum. L'artificiosa grazia e la svergognatezza in cellophane di Lenina non hanno l'effetto anerotico che si vorrebbe, ma anzi sono fortemente seducenti, e lo stesso adirato selvaggio ne resta vittima alla fine del romanzo. Se ella fosse l' imago del brave new world, questo perderebbe il suo orrore. Certo ogni suo gesto é . socialmente preformato, facendo parte di un rituale convenzionale, ma oiché ella fin nell'intimo é
tutt'uno con la convenzione, la tensione ra ili á
euven natur
„ svanisce e ertanto nc ïe fa vio%riza e rêii~é ingiustat
convenzione: psicologicamente il malamente convenzionale e sempre la [...]

[...]r Bottle of mine ».
La ribellione del « selvaggio » contro l'amata non é quindi tanto la protesta, come si vorrebbe, della pura natura umana contro la fredda protervia della moda, poiché la giustizia poetica lo rappresenta come un'aggressione di neurotico, la cui spasmodica purezza ha per motivo l'omosessualità repressa, . come potrebbe dimostrare il maltrattato Freud.
Il selvaggio ingiuria la puttana come l'ipocrita che trema di furore contro ciò che si deve inibire; mettendolo dalla parte dell'iniquità Huxley si allontana dalla critica della società. L'unico vero rappresentante della critica nel romanzo é l'alfa plus Bernard Marx il quale si rivolta contro il proprio conditioning, una caricatura scetticamente compassionevole di ebreo. Huxley sa che gli ebrei in quanto non perfettamente adattati vengono perseguitati e che quindi la loro coscienza si spinge oltre il sistema sociale; egli non mette in dubbio l'autenticità dell'acume critico di Bernard, ma esso viene attribuito ad una sorta di inferiorità organica, all'inevitabile inferi[...]

[...]nta un assurdo fine in sé, vezzo d'un estetismo il cui legame con le forze più oscure non può restare ignoto a Huxley; il nietzschiano « vivi pericolosamente » che il « selvaggio » proclama dinanzi al rassegnato edonistico controllore dell'universo, andava benissimo come motto del totalitario Mussolini, perfino d'un simile controllore universale.
In un passo, nella discussione di uno scritto biologico soppresso dal controllore universale, il nocciolo di positività del romanzo affiora liberamente. Si tratta di «the sort of idea that might easily decondition the more unsettled minds among the higher castes — make them lose their faith in happiness as the Sovereign Good and take to believing instead that the goal was somewhere beyond, somewhere outside the present human sphere; that the purpose of life was not the__ maintenance of well_being,, but some intensification and refining of consciousness, some enrargehiéñi of knowledge ». Per quanto l'ideale sia espresso in modo così tenue e pallido e prudentemente previdente, non
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evita tuttavia la contraddittorietà. a Intensification and refining of consciousness » o K enlargement of knowledge » ipostatizzano lo Spirito contrapposto alla Prassi ed al soddisfacimento dei bisogni naturali. Però_, poiché lo spirito presuppone il processo vitale della società e la divisione del lavoro, poiché la spiritualità sta in rapporta con l'esistenza come con la propria attuazione ed é implicitamente un ordine o un'indicazione impartiti alla prassi, porre in rapporto di opposizione incondizionata ed eternata lo spirito e i bisogni materiali significa perpetuare ideologicamente la situazione di divisione del lavoro e di scisma. Nulla di spirituale, neanche il s[...]

[...] la felicità, che coincide con il soddisfacimento di tali bisogni, é veramente un male, nulla più dell'ultima ruota del congegno. Mentre nel mondo integrale che non tollera il dolore vale più che mai il precetto della lettera ai Romani: « piangete con chi piange », l'altro: « rallegratevi con gli allegri », diventa invece macabro scherzo: la superstite gioia che l'ordinamento lascia a coloro che inquadra deriva dalla perpetuazione del dolore. Perciò la rinuncia alla falsa felicità suona oggi sovversiva. La reazione di Lenina di fronte al suo «selvaggio» che trova disgustoso un film idiota: « why did he go out of his way to spoil things ? », é la manifestazione tipica di una opaca struttura di inganni. Che non si debbano derubare gli uomini é una proibizione che ha sempre fatto parte del tesoro di proverbi di coloro che rubano. Ma la descrizione dell'irritazione di Lenina contiene anche l'elemento della critica alla concezione di Huxley stesso. Per lui la dimostrazione délia nullità della gioia soggettiva secondo i criteri della cultura t[...]

[...] « insanity », nell'imbestiamento meccanico. Ma la difesa troppo accesa di Lenina tradisce l'insicurezza, il sospetto che la sua specie di gioia sia infirmata dalla contraddizione interna di non essere affatto vera gioia. Per afferrare l'imbecillità di quel film e quindi la « disperazione oggettiva » dei suoi spettatori, non era necessario rammentare farisaicamente Shakespeare. Ma è l'essenza stessa del film, come duplicazione e rafforzamento di ciò che é, la sua superfluità e insensatezza stridenti nel tempo libero ancorato all'infantilismo, l'incompatibilità del realismo fondato sulla duplicazione e della contemporanea pretesa di essere immagine — tutto questo appare in evidenza nella cosa stessa, senza ricorsi a vérités eternelles dogmaticamente citate. Che il circolo vizioso tracciato così accuratamente da Huxley abbia le sue lacune, non dipende dalle manchevolezze della sua costruzione fantastica, ma dall'idea di una felicità soggettivamente completa e oggettivamente contraddittoria. Se valesse la sua critica del meramente soggettiv[...]

[...]che l'uomo viene degradato dalla civiltà totale, egli risponde: «Degrade him from what position? As a happy, hardworking, goodsconsuming citizen he's perfect. Of course, if you choose some other standard than ours, then perhaps you might say he was degraded. But you've got to stick to one set of postulates ? ». Nelle doppie set of postulates che vengono offerti per la scelta come prodotti finiti, traspare il relativismo. L'esigenza di verità si scioglie in una relazione del tipo se questo si accetta, allora. Così anche il mondo dei
ALDOUS HUXLEY E L'UTOPIA 115
valori isolato dalla profondità ed interiorità diventa preda della pragmatizzazione. Il «selvaggio» riferisce che durante uno dei suoi accessi ascetici stette a braccia tese sopra una collina avvolta da un calore rovente, per sperimentare le sensazioni di un crocifisso. Alle richieste di spiegazione, dà la curiosa risposta: « Because I feel I aught to. If Jesus could stand it. And then, if one has done something wrong... Besides, I was unhappy, that was the other reason ». Se il [...]

[...]e a trovare altra giustificazione per la sua avventura religiosa e per la scelta del dolore se non l'aver sofferto, non può certo opporsi al suo intervistatore, il quale pensa sia più ragionevole prendere la droga che tutto risana, il Soma, per curarsi delle depressioni. Irrazia nalmente ipostatizzato, quindi ridotto a mero dato esistenziale, il mondo delle idee esige ancora una giustificazione attraverso il meramente esistente: viene coordinato cioè in vista della felicità empirica che esso dovrebbe negare.
La grezza alternativa di ..senso . oggettivo e . felicità soggettiva, la__ tesi__dell'incompatibilità, è il fondamento_ filosnfico__clella conclusione reazionaria del romanzo, che suona: si deve decidere—tra la barbarie della felicità e la cultura come condizione oggettivamente più alta, che comprende in sé l'infelicità. « La progressiva sottomissione della natura e della società » l'interpreta Herbert Marcuse, « lascia da parte ogni trascendenza, fisica e psichica, La cultura come denominazione compendiaria, di uno dei lati del di[...]

[...]omanzo, che suona: si deve decidere—tra la barbarie della felicità e la cultura come condizione oggettivamente più alta, che comprende in sé l'infelicità. « La progressiva sottomissione della natura e della società » l'interpreta Herbert Marcuse, « lascia da parte ogni trascendenza, fisica e psichica, La cultura come denominazione compendiaria, di uno dei lati del dilemma, vive di inappagamenti, nostalgia, 1 fede, dolore e speranza, in breve, di ciò che non è, ma trapela nella realtà. Ciò significa però che la cultura vive nell'infelicità ». Il nodo della controversia sta nella valida disgiunzione: che non si possa aver l'uno senza l'altro, non la tecnica senza la death conditioning, non il progresso senza la congiunta regressione infantile. Ma bisogna sciogliere la purezza del pensiero dalla coscienza ideologica coatta. Soltanto il conformismo potrebbe venire a patti con l'obiettiva follia considerandola un mero inci dente dello sviluppo storico. La regressione è essenzialmente un coerente sviluppo del potere. La teoria non può con bonaria libertà ac
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cettare ciò che le si adatta nella tendenza storica, lasciando stare tutto il resto. I tentativi filosofici di adottare un « atteggiamento positivo » verso la tecnica, invocando per& che ad essa si dia un senso sono consolazioni artigianali e favoriscono soltanto la più discutibi
le gioia del lavoro ». Ma la pressione che esercita universalmente
il brave new world è in forza del suo stesso concetto inconciliabile con quella statica mortuaria che la converte in incubo. Non a caso tutti i personaggi principali come Lenina hanno tratti di smarrimento soggettivo. L'aut aut è falso. La condizione di complet[...]

[...] sé dell'uomo, che deve sparire con la sparizione del suo fondamento economico. La fantastica disumanità di brave new world egli non ammette che sia frutto di un lavoro sociale, che sia un rapporto fra gli uomini privo di autocoscienza: che l'uomo totalmente reificato sia completamente cieco nei propri confronti. Invece egli accumula fenomeni superficiali non analizzati, come il « conflitto fra l'uomo e la macchina ». Egli incolpa la tecnica di ciò che non dipende dalla natura della tecnica stessa (come egli ritiene, dando credito ai romantici filistei) ovvero dall'eliminazione del lavoro, ma dalla sua stretta dipendenza dai rapporti sociali di produzione. Anche la inconciliabilità dell'arte e della riproduzione di massa non scaturisce dalla tecnica come tale, ma dal fatto che questa, stando all'imperio di quei rapporti che perdurano contrariamente ad ogni ragione, deve mantenere l'esigenza
ALDOUS HUXLEY E L'.UTOPIA 117
dell'individuazione (secondo la locuzione di Benjamin dell'aura) esigenza che essa non può superare. Anche l'autonom[...]

[...]ive tecniche ed umane viene riflessa su se stessa. Huxley nella sua profezia sull'entropia della storia si lascia ingannare dall'apparenza della società contro la quale egli lotta.
(1) Schumann scrisse che in giovinezza aveva chiesto qualcosa di straordinario al pianoforte, al suo mezzo, mentre nella maturità si era interessato al suo fine, alla musica pura. Ma la superiorità indiscutibile dei suoi lavori giovanili rispetto ai tardi non si può sciogliere dalla ricchezza fantastica della composizione pianistica che produce il chiaroscuro, il colorito armonico franto, la densità della struttura compositiva. Gli artisti non estraggono da sé l'idea, che piuttosto si deve a esercizi tecnici, spesso addirittura alla giocosità cieca.
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Egli critica lo spirito del positivismo. Ma poiché anche la sua critica si ferma ai traumi, si limita all'immediatezza vissuta, e registra l'apparenza sociale senza discussione, come dato di fatto, ed egli stesso resta un positivista. Nonostante il tono sgradevole egli concorda con[...]

[...]l'essenza di quanto non faccia la materialità delle circostanze. La concezione del progresso ininterrotto si distingue da quella liberale per l'accento, non per lo sguardo. Huxley pronostica, come un liberale benthamiano uno sviluppo che porti alla massima felicità per il massimo numero: soltanto che la prospettiva non lo attrae. Egli giudica il brave new world con lo stesso sano senso comune il cui dispotismo é dileggiato in Brave New World. Perciò appaiono dovunque nel romanzo momenti non analizzati affini proprio a quel tipo di filosofia ripulita e disinfettata alla quale Huxley è così poco favorevole. Il transeunte come irrilevante, la storia come storia del male vengono messi in contrasto con l'invariante: la filosofia perenne, l'eterna luce solare del cielo delle idee. Conformemente l'esteriorità e l'interiorità degenerano in un'antitesi primitiva: all'uomo é attribuito il male, dalla riproduzione artificiale all'invec
ALPOUS HUXLEY E L'UTOPIA 119
chiamento precoce, mentre la categoria del singolo é investita di indiscutibile dig[...]

[...]to per una psicologia dell'io sottilmente descrittiva. Secondo lo spirito borghese, per Huxley il singolo é tutto (perché forni a suo tempo il principio dell'ordinamento della proprietà) e nulla (perfettamente sostituibile come mero portatore della proprietà). Ecco il prezzo che l'ideologia dell'individualismo deve pagare per la sua falsità. La fabula docet del romanzo é più nichilistica di quanto possa ammettere l'umanità che esso proclama.
Perciò l'ingiustizia contraddice ai fatti stessi sui quali riposa la forza positivistica. Come tutte le utopie svolte fino in fondo quella huxleyana ha i tratti della futilità. Non manca l'esatta fantasia ma lo sguardo nel futuro remoto come tale, la capacità di indovinare l'effettualità del non essere, ed il romanzo vie
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ne colpito dall'impotenza della temerarietà. Il momento antitetico della dialettica non si lascia eludere mediante la consequenzialità logica, attraverso il concetto generale di illuminismo. Chi tenti di giungere a tanto esclude il non sog[...]

[...]dere mediante la consequenzialità logica, attraverso il concetto generale di illuminismo. Chi tenti di giungere a tanto esclude il non soggettivo, non « spirituale » e non autocosciente, che é la forza motrice della dialettica. L'utopia rifinita, anche se fornita di elementi materialisticotecnici e impeccabilmente corretta dal punto di vista delle scienze naturali, è per principio una regressione nella filosofia dell'identità, nell'idealismo. Perciò le fa difetto quell'ironica esattezza che preoccupa talmente Huxley. Come il concetto non autocosciente di illuminismo totale spinge al rovesciamento nell'irrazionalità, così non si può dedurre partendo da esso se si avvererà o se si arresterà. Le catastrofi politiche imminenti non possono lasciare aperta la via d'uscita della civiltà tecnica. Ape and Essence è il tentativo in certa misura affrettato di correggere un errore che non dipendeva da scarse conoscenze di fisica atomica, ma dalla concezione lineare dello sviluppo storico e cui perciò non si può rimediare mediante correzioni ed elabo[...]

[...]sciente di illuminismo totale spinge al rovesciamento nell'irrazionalità, così non si può dedurre partendo da esso se si avvererà o se si arresterà. Le catastrofi politiche imminenti non possono lasciare aperta la via d'uscita della civiltà tecnica. Ape and Essence è il tentativo in certa misura affrettato di correggere un errore che non dipendeva da scarse conoscenze di fisica atomica, ma dalla concezione lineare dello sviluppo storico e cui perciò non si può rimediare mediante correzioni ed elaborazioni del materiale aggiunto. Se la plausibilità delle prognosi di Brave New World era infirmata da eccessiva semplicità, quelle del secondo libro avveniristico, come la religione diabolistica, recano il marchio di una inverosimiglianza che non si può difendere, nel quadro di una tecnica romanzesca realistica, chiamando in causa l'allegorismo filosofico. Attraverso l'inevitabile errore concettuale si fa sentire l'incertezza della concezione generale. L'atteggiamento resta a dispetto d'ogni intenzione simile a quello dei grossi borghesi che so[...]

[...]ma anche prive di contenuto gnoseologico, perché tanto reificano gli « uomini » come dati di fatto quanto incielano l'osservatore co
ALDOUS HUXLEY E L'UTOPIA 121
me un'istanza aleggiante in libertà. Questa freddezza é alla radice dell'opera di Huxley. Pieno di fittizia preoccupazione per il male che l'utopia avverata potrebbe recare all'umanità, egli scarta il male assai più pressante e reale che tiene lontana l'utopia. E' ozioso lamentarsi di ciò che accadrà all'uomo quando la fame e la cura saranno scomparse dal mondo, il quale é loro preda in grazia della logica di quella civiltà che il romanzo non sa accusare d'altro che di produrre una cuccagna noiosa, e per essa irraggiungibile. Nonostante tutto il furore, alla base del romanza sta una costruzione della storia che ha tempo. Alla storia viene attribuito ciò che è dell'uomo. Si sta con essa in un rapporto parassitario. Il romanza sposta la colpa' del presente sui non nati e in ciò si riflette il funesto « non deve diventar diverso », prodotto ultimo dell'amalgama protoprotestante di interiorizzazione e repressione. Poiché l'uomo é aduggiato dal peccato originale e non é capace di attingere il Meglio in terra, lo stesso miglioramento del mondo viene deformato dal peccato. Ma il sangue dei nascituri non colpisce il romanzo, che si rivela inadeguato per la fragilità di uno schema generale vuoto sovente agghindato con trovate grandiose. Poiché il mutamento dell'uomo non si lascia calcolare e si sottrae all'immaginazione preconizzatrice, viene sostituito dalla caricatura de[...]

[...]. Ma il sangue dei nascituri non colpisce il romanzo, che si rivela inadeguato per la fragilità di uno schema generale vuoto sovente agghindato con trovate grandiose. Poiché il mutamento dell'uomo non si lascia calcolare e si sottrae all'immaginazione preconizzatrice, viene sostituito dalla caricatura degli uomini d'oggi, secondo l'antichissimo e abusato procedimento della satira. La finzione del futuro si piega all'assoluto potere del presente: ciò che ancora non é stato diventa comico attraverso l'effetto di bassa lega che lo eguaglia a ciò che già é, come gli déi nelle operette di Offenbach. Alla visione delle cose lontanissime é sostituita quella delle vicine guardate con cannocchiale rovesciato. Il trucco formale di riferire di case future come fossero passate presta al contenuto un'aria di complicità irritante. Il grottesco che colpisce il presente attraverso il confronto con la sua prosecuzione nel futuro, gode del favore dello stesso pubblico che si diverte alle raffigurazioni veristiche con teste ingrandite. Il concetto patetico dell'uomo eterno viene scontato con la riduzione all'indegnità umana della normalità di ieri
[...]



da Enrica Pischel, Considerazioni sulla nuova fase della politica asiatica in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 7 - 1 - numero 33

Brano: [...]ella situazione, sottoposte come sono alle esigenze della lotta e della polemica con i loro avversari.
Alcuni giudizi ed elementi che valsero per la situazione asiatica fino all'epoca di Bandung sembrano poter rimanere tuttora base della nuova indagine: ad esempio appare sempre valida la asserzione di carattere marxista che il processo in corso in Asia. è un processo di liberazione dalla dipendenza economica e sociale imposta dell'imperialismo, cioè non solo dalla colonizzazione diretta e formale delle vecchie potenze europee, ma anche dalla nuova ed indiretta dominazione statunitense, che é oggi la più forte influenza esterna che preme contro la liberazione completa dell'Asia. Altrettanto valido appare il giudizio
i
CONSIDERAZIONI SULLA NUOVA FASE DELLA POLITICA ASIATICA 19
sullacorrelazione tra le trasformazioni interne sociali ed econo miche soprättüttó quelle riguardanti il regime di proprietà terriera) e l'effettiva concretezza dell'emancipazione dal dominio straniero, nonché quello sull'obiettiva utilità, per il fronte rivoluzi[...]

[...]eva essere raggiunto, almeno in larga misura, indipendentemente dagli interessi e dalle forze predominanti nelle varie zone e senza presupporre una concorde analisi della situazione, delle sue cause e delle sue implicazioni interne, mentre le alternative oggi aperte pongono in gioco direttamente interessi e posizioni che da luogo a luogo sono diversamente costituiti e che possono essere eliminati soltanto dall'azione di forze progressive locali. Ciò provoca una diversificazione di atteggiamenti e reazioni sia dei gruppi al potere sia dei gruppi di opposizione nei vari paesi. Questa è appunto la principale caratteristica dell'evoluzione verificatasi da Bandung in poi.
***
Vi é in primo luogo la trasformazione dei dati fondamentali del problema cinese. Fino alla conferenza di Bandung il problema che appariva rivestire importanza fondamentale a proposito della Cina era quello del consolidamento della rivoluzione al potere e dell'accettazione da parte del resto del mondo del nuovo equilibrio creato dalla rivoluzione cinese. Le iniziative d[...]

[...] di ottenere un riconoscimento internazionale, almeno di fatto, dell'esistenza e dell'insapprimibilità della nuova Cina.
Anche l'attività economica e sociale svolta dal regime rivoluzionario cinese all'interno in quegli anni — e non se ne vuole qui sminuire in alcun modo l'essenziale importanza — aveva mirato soprattutto al consolidamento della rivoluzione al potere ed al rafforzamento interno della Cina sulle basi della « Nuova democrazia » e cioè della latta contro i residui feudali e contro le infiltrazioni e le minacce esterne. In questo senso avevano operato la riforma agraria nella prima fase (spartizione della terra ai contadini) la politica di ricostruzione industriale, il primo piano quinquennale per l'industrializzazione « di base », la collaborazione tra le forze rivoluzionarie e la borghesia « nazionale », la formulazione della Costituzione.
Dal 1955 in poi il principale problema cinese non é più stato quello del consolidamento della rivoluzione come fattore permanente nella società cinese e nella politica mondiale: quest[...]

[...]improduttività dell'aiuto americano ed anzi la funzione sterilizzatrice dell'iniziativa economica autonoma, pubblica o privata che sia, in questi tre paesi, la sempre maggiore dipendenza della loro
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sussistenza dal cordone ombelicale dell'aiuto americano e l'instaurazione di sempre più larghi interessi finanziari e capitalistici 'äméncani, attráversö investimenti, controlli ed enti di vario tipbi elun targo monopolio del commercio estero, non soltanto bloccano le possibilità di collaborazione americana allo sviluppo di altri paesi più dinamici ed indipendenti, ma costituiscono anche un forte indizio per sostenere la tesi she_ una società .del tipo di quella americana non ha interesse per la sua propria struttura e non e disposta per il suo atteggiamento politico a dare un reale aiuto di sviluppo ai paesi arretrati senza condizioni poli siche:
Anche l'economia giapponese, che pure ha potuto recuperare lo svantaggio della sconfitta e ha rappresentato per la sua ripresa un fenomeno che trova paralleli soltanto nella Germ[...]

[...] senza condizioni poli siche:
Anche l'economia giapponese, che pure ha potuto recuperare lo svantaggio della sconfitta e ha rappresentato per la sua ripresa un fenomeno che trova paralleli soltanto nella Germania occidentale, si trova a dipendere dall'economia americana ed ha relativamente scarsa solidità strutturale. Pur lasciando da parte le considerazioni che si potrebbero fare sul particolare carattere della ripresa industriale nipponica (e cioè sulla crescente spere quazione tra l'aumento della produzione industriale e del suo
1 livello qualitativo e l'aumento, parecchie volte più lento, del te
nore vitae dei salari li), fatto che i Giappone u
sa di di condizioni geografiche particolari è costrettol a ricorrere a ca al
commercio estero per gran parte delle sue importazioni vitali e per l'assorbimento di una percentuale anche maggiore della sua produzione e che questo movimento commerciale è largamente controllato dagli Stati Uniti, nei quali il Giappone acquista un terzo delle sue importazioni e vende un quarto delle sue esportazioni, oltre a dover ricorrere all'intervento statunitense per. coprire la totalità delle sue esportazioni invisibili, che sole possono tenere in equilibrio la bilancia dei pagamenti.
Questa situazione non ha soltanto gravi ripercussioni politiche, quali l'imposizione di seguire la medesima l[...]

[...]che ha scatenato in tutti i gruppi politici un'ondata di risentimenti antioccidentali, tanto che ormai. é stata formulata dal primo ministro stesso l'ipotesi di un «rovesciamento delle alleanze » del Pakistan qualore gli Stati Uniti non aumentassero il prezzo della fedeltà dell'alleato.
In queste condizioni la funzione del SEATO e la sua efficienza quale strumento della politica anticomunista degli Stati Uniti risultano grandemente indebolite e ciò rende una revisione della politica di Washington ancor più indispensabile di quanto lo fosse all'epoca di Bandung, quando la tesi statunitense della « difesa collettiva anticomunista ed anticinese » incontrava l'appoggio della maggioranza dei gruppi conservatori asiatici. E' sintomatico inoltre che le tendenze ad un avvicinamento agli Stati Uniti mostrate da alcuni dirigenti di paesi neutralisti all'epoca di Bandung non si siano concretate o siano state travolte da una ripresa di neutralismo. A Ceylon é caduto Kotelawala, l'uomo politico più filostatunitense esistente nell'Asia neutralista, i[...]

[...]te si tratta in questi casi di un neutralismo assai più labile e tatticistico di quello indiano e sensibile alle fluttuazioni internazionali: tuttavia anche in questo settore si sono avuti mutamenti profondi dall'epoca di Bandung e si é radicata la concezione che la stabilità e la possibilità di attuare una politica di sviluppo non passano né attraverso la garanzia militare statunitense, né attraverso la dipendenza dai soli aiuti americani.
Con ciò non si vuol negare che il SEATO e gli altri patti militari continuino a costituire una minaccia per la Cina e an. cor più per i neutrali costringendo questi ultimi a gonfiare il bilancio delle spese militari a danno di quello per lo sviluppo, in modo da contrastare la minaccia rappresentata dai vicini che potrebbero sempre invocare l'aiuto statunitense per i loro interessi particolari (e ciò vale soprattutto nel caso dell'India, sulla quale il Pakistan fa gravare attraverso la rivendicazione sul Kashmir, il pericolo di un intervento del SEATO o appoggiato dal SEATO, al quale il Pakistan ha aderito solamente in funzione antiindiana), oppure suscitare nel loro interno movimenti sovversivi a carattere reazionario (come sta avvenendo in Indonesia).
A quest'ultimo proposito é tuttavia interessante notare che il caso della ribellione indonesiana, nel quale alcuni gruppi reazionari hanno creduto di poter contare come elemento decisivo nella loro azione di sovversione contro il governo[...]

[...] senza intermediari e se può sussistere una notevole funzione per posizioni di tipo neutralista, il problema non é più quello di potenziare il neutralismo asiatico (che é un fatto ormai acquisito, almeno nella zona più vitale dell'Asia sudorientale), bensì di gettare le basi per una fascia neutrale in Europa o comunque di creare soluzioni di tipo nuovo nelle aree dove i due blocchi sono a contatto o dove esistono particolari ragioni di tensione. Ciò non implica un giudizio negativo per il neutralismo asiatico, né come fenomeno storico (essenziale nell'aver determinato l'attuale atmosfera internazionale e nell'aver impedito
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il precipitare della guerra fredda), né come forza politica tuttora valida e consolidata nella propria area, anche se non più nuova e tale da attirare attenzione e polemiche.
In particolare é necessario precisare che il nuovo carattere economico dato al neutralismo dell'ingresso dell'URSS nella gara con gli Stati Uniti per lo sviluppo delle aere depresse non ha affatto modificato i principi base de[...]

[...]onfermati. I paesi neutrali avevano infatti chiesto fin dall'inizio a tutte le grandi potenze industriali aiuti per il loro sviluppo, purché non condizionati a concessioni politiche e non cóhtr'ollàti dall'esterno in modo tale da minare l'indipendenza economica delle nazioni riceventi. Alcuni dei paesi che oggi accettano ed apprezzano la politica degli aiuti sovietici (che in sostanza dal 1955 in poi sono giunti a controbilanciare globalmente — cioè compresi gli utili del commercio — gli aiuti americani all'Asia sudorientale) avevano accettato gli aiuti eco
nomici statunitensi nell'immediato dopoguerra e rifiutarono
poi nel 1951 e nel 1952, quando organismi con scopi prevalentemente economici (UNRRA, ECA) furono sostituiti da un ente esplicitamente ispirato a moventi politici, come la MSA, nella distribuzione degli aiuti economici statunitensi e quando questi furono condizionati a impegni di carattere ideologico e strategico.
Anche in questo caso non la politica dei neutrali é mutata, bensì quella delle grandi potenze: in particolare dell'URSS che prima del 1955 non [...]

[...]ovietico ai neutrali, in quanto veramente svincolato da controlli vessatori dall'esterno, non può quindi che avvicinare il giorno in cui gli interessi capitalistici stranieri saranno interamente esclusi dall'Asia meridionale o sudorientale in seguito al raggiungimento della sufficienza e dell'indipendenza da parte delle economie locali.
Il problema che molti economisti e rappresentanti degli interessi c economici statunitensi si pongono oggi, e cioè quello dei modi più adatti ad arrestare o a controbilanciare l'influenza tra sformatrice (o sovversiva' che dir si voglia) dell'"aiüto dei paesi comunisti all'Asia sudorientale, non appare quindi risolubile per chi assuma come necessaria la difesa —senza limiti di tempo dei « mercati » dell'Asia quale area di prevalente influenza economica dei paesi capitalistici e per chi consideri preminente il compito di bloccare le trasformazioni economiche d ell'Asia verso forme di più o meno sostanziale socialismo. Se gli Stati Uniti si asterranno dal dare il loro aiuto, l'Unione Sovietica e la Cina a[...]

[...]e trasformazioni economiche d ell'Asia verso forme di più o meno sostanziale socialismo. Se gli Stati Uniti si asterranno dal dare il loro aiuto, l'Unione Sovietica e la Cina avranno vinto per mancanza di avversari la gara per la « competizione pacifica nello sviluppo dei paesi arretrati », se invece gli Stati Uniti daranno il loro aiuto essi favoriranno di fatto il processo di indipendenza economica dei paesi asiatici. L'altra soluzione, quella cioè di dare bensì l'aiuto ma di condizionarlo a legami politici ed economici è stata ed é tuttora tentata dagli Stati Uniti in alcuni paesi a loro vincolati da alleanze militari,
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ma i risultati economici sono stati tali da escludere, come si é accenato sopra, questi paesi stessi dal reale movimento di sviluppo.
Resta inoltre il fatto che gli Stati ad organizzazione socialista sono in grado, per la loro propria esperienza in materia e per la loro struttura sociale particolare, di dare ai paesi arretrati un tipo di aiuto che mai i paesi ad iniziativa privata ed a carattere cap[...]

[...]itica di pianificazione a seguito della constatata forte espansione della produzione cinese avvenuta in concomitanza con l'adozione della nuova politica sociale, o se invece possano irrigidire le tendenze delle nazioni asiatiche non socialiste contro ogni tentativo di trasformazione industriale pianificata. Anche in questo caso la scelta non é di politica estera, di allineamento all'uno o all'alto blocco, bensì una scelta di politica interna: se cioè si debbo scegliere ,benefici , della pianificazione anche a rischio di dover ricorrere..: a. radicah trasfor
rt_.
..n,
mazioni sociali o se si debba preferire, quale ne sia il costo in termini umani immediati, uno sviluppo economico che bruci le tappe ed assottigliprimä che diventi incolmabile, il fossato che separa l'Asia dalle potenze industriali.
Proprio sul problema dei metodi e dei ritmi dello sviluppo e sui riflessi di esso sull'órgánizzazioñe sociale e politica si é manifestata da Bandung in poi la più profonda trasformazione nei paesi asiatici neutrali. Dal punto di vista polit[...]

[...]adualista a certe forme di organizzazione di ti po socialista.
Questa situazione era già stata raggiunta tuttavia all'epoca di Bandung: l'attuale classe dirigente aveva già fin da allora accettato in termini generali ed in teoria la trasformazione della società indiana secondo i principi democratico progressivi o perché questa trasformazione era ideologicamente consentanea al proprio pensiero ed economicamente favorevole ai propri interessi (e ciò vale soprattutto per le forze borghesi, sia della borghesia capitalistica sia di quella intellettuale o burocratica) o perché il moderato gradualismo sostenuto da Nehru era considerato un male minore rispetto ad una più violenta rivoluzione, oltre che un processo di cui si sarebbe potuto sabotare in pratica la continuazione (e ciò vale soprattutto per i grandi proprietari terrieri e le altre forze sopravvissute del passato semifeudale).
In particolare va notato chela litica di sviluppo non é
di per sé in India in contraddizione con gli interessi della borg hesiä ma anzi é favorevole ad essi ed inoltre che, àrrieTña—fino a che la borghesia controlla esclusivamente l'apparato economico ed amministrativo dello Stato, essa può anche vedere con favore una certa misura di pianificazione e di estensione dell'economia statale, per coprire i settori di minor reddito e di più gravosi investimenti nello sforzo di sviluppo. Co[...]

[...]viluppo non é
di per sé in India in contraddizione con gli interessi della borg hesiä ma anzi é favorevole ad essi ed inoltre che, àrrieTña—fino a che la borghesia controlla esclusivamente l'apparato economico ed amministrativo dello Stato, essa può anche vedere con favore una certa misura di pianificazione e di estensione dell'economia statale, per coprire i settori di minor reddito e di più gravosi investimenti nello sforzo di sviluppo. Con ciò si spiega l'adesione di forti gruppi della borghesia alla politica di pianificazione di Nehru ed anche l'adozione — per quanto paradossale ciò possa parere — di « principi socialisti » per lo sviluppo della società indiana, deliberata dal partito del Congresso nel 1955.
Ma in questi tre anni la situazione si é trasformata sotto più di un aspetto: il secondo piano quinquennale orientato sull'industria e non più, come il primo, sull'agricoltura ed i lavori pubblici, ha incontrato presso il settore finanziario e industriale della borghesia assai minor favore del primo ed é stato accettato
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soltanto da una parte della classe dirigente, cioè da quei gruppi che possono trarre ancora dal piano vantaggi superiori al noc[...]

[...]età indiana, deliberata dal partito del Congresso nel 1955.
Ma in questi tre anni la situazione si é trasformata sotto più di un aspetto: il secondo piano quinquennale orientato sull'industria e non più, come il primo, sull'agricoltura ed i lavori pubblici, ha incontrato presso il settore finanziario e industriale della borghesia assai minor favore del primo ed é stato accettato
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soltanto da una parte della classe dirigente, cioè da quei gruppi che possono trarre ancora dal piano vantaggi superiori al nocumento loro arrecato dall'espansione del settore statale nell'industria. Benché accettato in teoria, pur essendo formulato su basi sostanzialmente modeste e comunque tali da non sovvertire il carattere della società indiana, in pratica il piano è stato in gran parte ed in modo sempre più evidente sabotato dalle classi abbienti: la resistenza ad ogni modifica radicale della politica fiscale (tuttora la grande maggioranza degli introiti statali deriva da dogane, dazi ed altre imposte indirette mentre_ le imposte sulle[...]

[...]partito e delle classi sociali che esso rappresenta o di limitare gravemente il piano. Non avendo potuto, anche per mancanza di sufficienti forze sociali e politiche, dentro e fuori il Congresso, disposte ad appoggiare in pieno il perseguimento e l'irrigidimento della politica pianificatrice, scegliere chiaramente e definitivamente una delle due alternative, Nehru si trova ora a sopportare le conseguenze negative di entrambe le scelte. Ha dovuto cioè decurtare ufficialmente il piano, già tanto modesto, di almeno un 15 per cento, e non ha potuto trovare soluzioni per innestare un movimento di rapida espansione della economia anche a scadenza più lontana.
D'altra parte contro di lui si è scatenata (con quel rispetto per le forme esteriori che l'enorme popolarità del primo ministro richiede pur sempre) un'ondata di attacchi da parte di gruppi politici e sociali che finora si erano schierati con il Con
CONSIDERAZIONI SULLA NUOVA FASE DELLA POLITICA, ASIAT'IC'A 39
gresso ma che si rivelano ormai come un'opposizione di destra a Nehru, all'i[...]

[...]ICA 41
zioni sociali assai maggiori di quelle che la borghesia indiana è disposta ad accettare e tollerare, e che quindi si attendesse l'attacco del quale ora è fatta oggetto da destra. Comunque essa ha inteso come il successo del piano sia condizionato ad una larga mobilitazione delle masse e come quest'ultima sia possibile soltanto se le masse stesse sentono che il patrimonio creato con il gravoso sforzo collettivo viene destinato ad un beneficio del pari collettivo e non corre il rischio di essere monopolizzato, ora o nel caso di un'involuzione di destra, da un gruppo ristretto di proprietari terrieri, burocrati o capitalisti privati.
Proprio in questo punto sta il maggiore scoglio per la politica progressiva del Congresso, perché nelle campagne indiane, dove vivono i quattro quinti della popolazione, non é ancora avvenuta quella rottura che recide definitivamente i legami con il vecchio mondo semifeudale del proprietario, dell'usuraio e dell'esattore: non solo non é stata attuata in India una riforma agraria che sopprima del tuttol[...]

[...]elle campagne indiane, dove vivono i quattro quinti della popolazione, non é ancora avvenuta quella rottura che recide definitivamente i legami con il vecchio mondo semifeudale del proprietario, dell'usuraio e dell'esattore: non solo non é stata attuata in India una riforma agraria che sopprima del tuttola conduzione indiretta della terra, ma neppure sono state applicate integralmente quelle leggi moderate e graduali (del tipo della « legge stralcio » italiana) da tempo decise ma poi rimaste in parte lettera morta o per le pastoie burocratiche e la collusione tra le amministrazioni locali ed i proprietari, o per l'alto livello degli indennizzi ai proprietari fissati al di là della capacità del governo di sopportarne l'onere. Nonostante l'attenzione dedicata da Nehru alle campagne, nonostante il tentativo di risolvere il problema della terra attraverso sistemi gandhiani di donazione volontaria di lotti poderi e interi villaggi e nonostante i risultati positivi dati dalla pianificazione nel settore agricolo (con un notevole aumento della p[...]

[...]iva, se non iniziando un processo di trasformazioni sociali assai più profonde e probabilmente anche più violente di quelle attuate finora. E' dubbio se la sinistra del Congresso saprà e vorrà dare un colpo decisamente rivoluzionario alla situazione nelle campagne, che resta il termine decisivo per il successo o l'insuccesso della lotta di ogni forza progressiva in Asia.
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Considerazioni affini potrebbero essere fatte anche per ció che concerne la popolazione urbana, tanto nei ceti operai quanto in quelli intellettuali. Cosicché in ogni settore della vita nazionale indiana la possibilità di continuare la politica di progressismo democratico e di industrializzazione perseguita da Nehru é subordinata alla creazione di un nuovo rapporta di condizionamento reciproco tra le forze sociali necessarie a dare propulsione allo sviluppo e le forze detentrici del potere. In questa situazione il maggior problema consiste nel veder se la sinistra del Congresso abbia la capacità di determinare un siffatto nuovo condizionamento dei var[...]

[...]ngresso che ha ottenuto, proprio nella lotta per attuare la fase borghesedemocratica ed antimperialista della rivoluzione successi assai maggiori di qualsiasi altro movimento nazionalista. Sotto una certa prospettiva il problema della collaborazione con la sinistra del Congresso presenta quindi una certa affinità con quello della collaborazione dei comunisti con i movimenti socialisti non marxisti. Data la particolarità della situazione indiana (cioè dato il livello al quale è giunta qui più che in qualsiasi altro paese emerso dal dominio coloniale, l'eliminazione dei residui del colonialismo e del feudalesimo) il problema che devono fronteggiare i comunisti in I diani non può essere risolto puramente entro gli schemi elabo1 rati in Cina da Mao per una società « semicoloniale e semifeudale »: l'India oggi è un fenomeno assai più complesso, perch' in essa coesistono residui semicoloniali e semifeudali, con vast settori borghesi ed altri semisocialisti.
Come potranno i comunisti indiani inserirsi nel gioco e portare gradualmente alla prev[...]

[...]omunisti e primo fra tutti dal partito comunista cinese, non sembrano consentire ai comunisti indiani di nutrire eccessive illusioni — se mai ne ebbero — sul carattere socialista o semisocialista della politica di Nehru. Essi quindi per ora limitano la positività della « linea Nehru » ed il loro appoggio ad essa con un giudizio derivato in generale dalle tesi della « Questione nazionale e coloniale » e della « Nuova democrazia » : essi giudicano cioè la linea di Nehru una politica « borghese » assai progressiva, obiettivamente utile e tale da essere portata fino in fondo, ma la considerano pur sempre come una fase, per quanto avanzata, di un più lungo processo rivoluzionario, il cui coronamento sarà attuato solo sotto la direzione dei comunisti.
Sotto certi aspetti la situazione indiana attuale differisce essenzialmente da quella cinese del 1927 per il fatto che, mentre nel Kuomintang le forze di carattere feudale e legate agli interessi stranieri avevano preso il sopravvento costringendo i comunisti alla lotta armata contadina, in Indi[...]

[...]dia quale principale potenza del mondo afroasiatico. Così pure è certo che l'attacco al neutralismo di Tito non vuole essere da parte sovietica (anche se vi possono essere e vi sono stati riflessi politici negativi da parte di Nehru) un attacco al neutralismo indiano, perché è evidente che la denuncia del « revisionismo » riguarda il movimento jugoslavo in quanta si voglia presentare come membro del « mondo socialista » e membro « diverso ».
Ma ciò non vale nei confronti di un movimento borghese progressista come quello di Nehru, il cui neutralismo viene consi derato rientrante nel fenomeno dell'antimperialismo dei paesi che furono soggetti a dominazione coloniale. Mentre Tito viene accusato quale transfuga dal blocco dei paesi ad organizzazione socialista, Nehru viene giudicato come un fenomeno « obiettivamente positivo » di incrinazione del mondo borghese, attraverso la lotta anticolonialista. Almeno questa è la situazione finché Nehru non vuole veramente presentare l'India come uno Stato socialista, per quanto « diverso ». Né i comun[...]

[...], da aziende per l'estrazione di materie prime o piccole fabbriche di beni di consumo immediato) é tuttora controllato in gran parte dal capitale straniero. In questi due paesi é avvenuta puramente la fase anticoloniale e politica della rivoluzione e si é ben lungi dal poter parlare, come in India, di avanzato compimento della intera fase borghesedemocratica di essa.
Il carattere prevalente della società é quello semicoloniale, sa prattutto per ciò che riguarda le strutture economiche essenziali, mentre in India questa prevalenza é cessata; come in India, sopravvivono invece residui economici ed ideologici del regime feudale, in particolare nelle zone lontane dal centro, ma essi assumono più il carattere di movimenti separatisti e particolaristici che quello di palese oppressione sulle masse contadine; infine il settore moderno dell'economia che non é sotto il controllo straniero ha un certo carattere collettivisticostatalista, che sarebbe difficile definire « socialista », anche assumendo il termine nel senso più generico, e che ha inv[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] P. Togliatti, Il leninismo nel pensiero e nell'azione di A. Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...]fatti fare oggetto di indagine non soltanto le posizioni da G. elaborate e sostenute nel dibattito filosofico e di dottrina, ma la sua attività pratica, come uomo politico, fondatore e dirigente del partito di avanguardia della classe operaia italiana. La mia opinione è che questo sia, perd, il solo modo giusto di avvicinarsi all'opera di Gramsci e penetrarne il significato. G. fu un teorico della politica, ma soprattutto fu un politico pratico, cioè un combattente. La sua concezione della politica rifugge sia dalla strumentalità, sia dall'astratto moralismo o dalla elaborazione dottrinale astratta. Fare della politica significa agire per trasformare il mondo. Nella politica è quindi contenuta tutta la filosofia reale di ognuno, nella politica sta la sostanza della storia e, per il singolo che è giunto alla coscienza critica della realtà e del compito che gli spetta nella lotta per trasformarla, sta anche la sostanza della sua vita morale. Nella politica è da ricercarsi la unità della vita di A. G.: il punto di partenza e il punto di arr[...]

[...]formare il mondo. Nella politica è quindi contenuta tutta la filosofia reale di ognuno, nella politica sta la sostanza della storia e, per il singolo che è giunto alla coscienza critica della realtà e del compito che gli spetta nella lotta per trasformarla, sta anche la sostanza della sua vita morale. Nella politica è da ricercarsi la unità della vita di A. G.: il punto di partenza e il punto di arrivo. La ricerca, il lavoro, la lotta, il sacrificio sono momenti di questa unità.
Non vi pub esser dubbio che la politica, in questo modo intesa, collocata al vertice delle attività umane, acquista carattere di scienza. Non è piú momento passionale e non è piú meschina mostra di abilità; è risultato di approfondita ricerca delle condizioni in cui si muovono
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le società umane, i gruppi che le compongono e i singoli. Giunge a comprendere, e quindi a giustificare storicamente, tanto l'avanzata quanto la ritirata o l'arresto, tanto la vittoria quanto la sconfitta. Alla base di questa comprensione vi è una critica di s[...]

[...]sto, tanto la vittoria quanto la sconfitta. Alla base di questa comprensione vi è una critica di se stessi e degli altri, che è momento di azione ulteriore.
Errato sarebbe ritenere che, cosí intesa, la politica possa chiudersi in un assieme di norme, buone per sempre e per ogni luogo. Mi sembrano quindi da criticare coloro che in questo modo trattano l'opera di Gramsci, e in particolare il contenuto dei Quaderni, sforzandosi di avvicinare artificiosamente una parte all'altra, quasi per ricavarne, se non un Vangelo, per lo meno un manuale del perfetto pensatore e uomo d'azione comunista. È certo che esiste un filo conduttore di questa opera, ma questo non si può trovare e non si trova se non nell'attività reale, che parte dai tempi della giovinezza e via via si sviluppa sino allo avvento del fascismo al potere, sino all'arresto e anche dopo.
Tutta l'opera scritta da Gramsci dovrebbe essere trattata partendo da quest'ultima considerazione, ma è compito che potrà essere assolto soltanto da chi sia tanto approfondito nella conoscenza dei m[...]

[...]orghese di restaurazione riformistica e la classe operaia, consolidato il suo potere nello Stato sovietico, tendeva, con un'azione molteplice, ad affermare la propria egemonia in una competizione che già era di portata mondiale. La guerra di posizione, cui si era in questo modo passata, era, secondo G., la fase decisiva della lotta, ma la fase .piú difficile. « La guerra di posizione domanda enormi sacrifizi a masse sterminate di popolazione; perciò è necessaria una concentrazione inaudita della egemonia e quindi una forma di governo piú " intervenzionista ", che più apertamente prenda l'offensiva contro gli oppositori e organizzi permanentemente l' " impossibilità" di disgregazione interna » j. A questa de
P., p. 71.
18 1 documenti del convegno
finizione generale del momento storico si collegano, se ben si riflette, tutte le analisi particolari, tanto sulla natura del potere in una società nuova, diretta dalla classe operaia, quanto sui diversi modi di conservazione e difesa del potere in una società in decadenza e sfacelo, diretta d[...]

[...]lazioni oggettive e le formazioni ideali e organizzative sovrastrutturali e del movimento reciproco che tra le une e le altre si stabilisce e da cui esce il corso degli avvenimenti storici. Il vero contenuto di queste relazioni e di tutto il movimento non si rivela però che attraverso l'azione, nel contrasto tra le classi, nella lotta dei gruppi egemonici per mantenere la propria dittatura e delle classi rivoluzionarie per conquistare il potere, cioè per giungere a conquistarlo attraverso un sistema di alleanze politiche di cui sono le premesse nella struttura e nella storia di ogni società e per mantenerlo e consolidarlo attraverso la costruzione di una società nuova. La conoscenza scientifica alla quale l'opera di Gramsci ci richiama non è dunque quella di una scienza verso la quale si possa evadere, abbandonando o rinviando o guardando dall'alto in basso i compiti della lotta immediata, ma è integrazione e continuazione di un impegno politico che investe tutta la persona, le sue capacità, la sua libertà, la sua esistenza stessa.
Negl[...]

[...]ico di Gramsci dà la prova della sua vitalità e verità. Non è legato a una piattaforma politica determinata, quale poteva essere quella su cui venne fondato, nel 1921, il partito comunista; non è legato nemmeno a una determinata serie di movimenti strategici e tattici, dettati da una situazione particolare. La sua verità sta nel metodo
Palmiro Togliatti 19
e il metodo è unito inseparabilmente al contenuto, perché è metodo marxista e leninista, cioè guida all'azione rivoluzionaria nelle condizioni in cui si compie il passaggio dal mondo borghese al mondo socialista. Di qui discende il suo legame col leninismo, che è la dottrina rivoluzionaria di questo passaggio.
2. — La ricerca filologica sulla conoscenza che G. ebbe delle opere di Lenin presenta alcune difficoltà. Non è sempre possibile, infatti, stabilire in modo preciso quando egli poté conoscere e studiare determinati scritti di Lenin e quindi quali di essi ebbero maggiore efficacia diretta su di lui nei singoli momenti.
Certo è che persino il nome del grande capo rivoluzionario [...]

[...]a sulla conoscenza che G. ebbe delle opere di Lenin presenta alcune difficoltà. Non è sempre possibile, infatti, stabilire in modo preciso quando egli poté conoscere e studiare determinati scritti di Lenin e quindi quali di essi ebbero maggiore efficacia diretta su di lui nei singoli momenti.
Certo è che persino il nome del grande capo rivoluzionario russo era sconosciuto o quasi, nel movimento operaio, prima della prima guerra mondiale. Incominciò a essere conosciuto dopo l'incontro preliminare di Lugano del 1914 e dopo le conferenze internazionali di Zimmerwald (1915) e di Kienthal (1916). Neanche in quel momento, però,
e per un paio di anni dopo, non si ha notizia di scritti di Lenin tradotti o anche solo pervenuti in Italia nella loro integrità. Cominciarono invece a essere conosciuti estratti di suoi scritti nei corso del 1917, soprattutto per il tramite di riviste e giornali in lingua francese e di una rivista americana (il Liberator, diretto da Max Eastman). Da questa venne tratto e pubblicato nel 1919, a cura di Gramsci, un amp[...]

[...]la produzione per il consolidamento del potere dei Soviet. Nella capacità di affrontare e risolvere in modo nuovo, con la iniziativa delle masse, i problemi della economia è vista la superiorità e originalità del regime sovietico. Si ha qui senza dubbio un punto di riferimento di alcuni sviluppi ulteriori del pensiero
e dell'azione di G. nel periodo che si suol dire dell'Ordine Nuovo.
I documenti del convegno
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Solo dal 1918 Lenin cominciò a essere conosciuto, tradotto, pubblicato, letto ampiamente, in Italia. Con prevalenza, però, degli scritti dedicati alla lotta immediata di quegli anni, contro il socialsciovinismo e il centrismo, per la creazione di partiti comunisti in tutti i paesi, per la fondazione e l'organizzazione della Internazionale comunista. Dei grandi lavori teorici, vengono allora conosciuti l'Imperialismo, Stato e rivoluzione, la Ripoluzione proletaria e il rinnegato Kautsky, le relazioni e le tesi per il I e per il II Congresso dell'Internazionale comunista, quindi l'Estremismo, e i discorsi al III Congresso, che ne sono quasi un commento. Meno noti Che fare?, Due tattiche e Un passo avanti e due indietro. Difficilissimi a trovare e quindi quasi sconosciuti Lo sviluppo del capital[...]

[...]conomia ». È una tesi di importanza decisiva nella concezione leninista dello Stato..
1 Sconosciuto era l'importantissimo Che cosa sono gli amici del popolo?, anche in Russia ripubblicato solo nel 1923.
Palmiro Togliatti 21
Ne deriva, infatti che la classe operaia non può rimanere al potere e quindi non può adempiere al proprio compito nel campo produttivo (sviluppo delle forze di produzione) se non sulla base di una giusta posizione politica cioè sulla base di un giusto rapporto con gli altri gruppi della società. Di qui traeva origine la differenziazione tra la concezione leninista della costruzione socialista e le proposte che venivano da. Trotzki e che, trascurando il rapporto con le classi non proletarie, mettevano in forse le basi stesse della dittatura del proletariato.
A partire da quegli anni il contrasto tra il partito bolscevico e Trotzki si fece via via sempre piú profondo. Si venne infatti precisando,. a partire dal 192324, il tentativo, che già era in germe nelle precedenti discussioni, di scardinare tutta la formazione[...]

[...] principii fondamentali del leninismo fatta da Stalin 1, e successivamente, quando la rottura si realizzò in pieno e la lotta di Trotzki contro il partito 'bolscevico si sviluppò su altri terreni, da Gramsci furono espressi contro di lui, nel carcere, i piú fieri giudizi di condanna.
Per quanto riguarda la volgarizzazione delle dottrine del materialismo dialettico dovuta a Bukharin e respinta da G. nelle Note critiche a un «Saggio popolare di sociologia », credo sia da escludere che G. abbia avuto conoscenza tanto delle note vivacemente critiche di Lenin allo scritto bukhariniano sulla Economia del periodo di transizione quanto dei Quaderni filosofici (pubblicati solo nel 1936), molti spunti dei quali sarebbero stati di grande aiuto per lo sviluppo di tutte le sue ricerche filosofiche. Non gli era invece certamente ignota la insistenza con la quale Lenin accusava Bukharin di non conoscere i1 ragionamento dialettico, ma soltanto la logica astratta.
Nel carcere non ci risulta che G. avesse a sua disposizione alcuna opera di Lenin, mentre[...]

[...]rato, ma assai significativo: La rivoluzione contro il « Capitale », e intendeva dire non contro i fondamentali insegnamenti del marxismo che sono la lotta di classe e la necessità morfologica della rivoluzione proletaria, ma contro la degenerazione delle interpretazioni positivistiche del Capitale di Carlo Marx e del marxismo, contro il piatto economismo, contro la pedanteria dei riformisti, e contro le gherminelle ideologiche degli avversari.
Ciò che Lenin fece con la sua dottrina della rivoluzione, fu la restaurazione della dialettica rivoluzionaria, contro l'astratto argomentare formalistico dei pedanti, degli sciocchi e degli sviati. Non soltanto egli ne derivò la possibilità della vittoria della rivoluzione e della costruzione socialista in un paese non ancora giunto al piú alto livello dello sviluppo capitalistico; ma dette un solido fondamento alla ricerca e lotta che può e deve essere condotta per inserire nelle contraddizioni del regime borghese la lotta della classe operaia, in modo tale che apra una via rivoluzionaria, una via al socialismo, aderente alle condizioni di ogni paese. Lenin stesso ha parlato delle necessarie variazioni del corso della storia nei singoli paesi, nel quadro di una line[...]

[...]i di ogni paese. Lenin stesso ha parlato delle necessarie variazioni del corso della storia nei singoli paesi, nel quadro di una linea generale di sviluppo della storia mondiale, e ha lasciato prevedere, tra l'altro, quale ricchezza di nuove creazioni rivoluzionarie si sarebbe avuta quando fossero entrati nel corso della rivoluzione le grandi popolazioni del Continente asiatico. Questa è la scena politica mondiale del giorno d'oggi, in sostanza. Ciò non vuol dire, però, che anche al giorno d'oggi la pedanteria del riformismo e del feticismo economista non continui a manifestarsi. Essa alimenta, anzi, una parte considerevole della pole
s.
24 I documenti del convegno
mica politica e della lotta di tendenze nel movimento operaio. Si può sostenere che ne faccia parte anche la attesa di una « rivoluzione » che dovrebbe uscire puramente dalla estensione dei processi automatici nella produzione industriale, e non dalle modificazioni dei rapporti di forza tra le classi, e che sono relative tanto a fatti organici isolati,. quanto a fatti di or[...]

[...]i, della storicità assoluta della realtà sociale e politica, e alla definizione del marxismo, quindi, come storicismo assoluto, in quanto sola dottrina capace di guidare alla comprensione di tutto il movimento della storia e al dominio di questo movimento da parte degli uomini associati. In questo ambito vengono risolti i temi della libertà
e della necessità, viene elaborato un criterio per giudicare quali sono i problemi storicamente concreti, cioè tali che possono essere risolti con un rivolgimento delle strutture sociali e quelli che nell'ambito delle strutture esistenti ancora sono da risolversi, ma la cui soluzione prepara
e rende inevitabile il rivolgimento radicale. La ricerca del limite della iniziativa nella lotta per conoscere e trasformare il mondo assume anch'essa carattere di ricerca obiettiva, scientifica. Sono condannate le evasioni e i sogni, l'astratto proclamare che il mondo va in questa o
26 I documenti del convegno
quella direzione. Le prospettive debbono essere stabilite con una ricerca priva di passione. La real[...]

[...]dro generale, la determinazione della nuova posizione che la classe operaia viene ad assumere, internazionalmente e in ogni paese, nel momento in cui si apre, per la stessa maturità oggettiva della struttura borghese del mondo (capitalismo, imperialismo, colonialismo), la fase del passaggio a una nuova struttura e a un nuovo ordinamento sociale. La classe operaia diventa classe nazionale, perché esistono le condizioni di un nuovo blocco storico, cioè di un nuovo rapporto tra la struttura e le sovrastrutture. Questo nuovo rapporto è reso necessario dallo sviluppo delle forze stesse della produzione e ha quindi inizio un movimento attraverso il quale la nuova classe viene organizzando la propria egemonia e il proprio avvento al potere.
Quale relazione si stabilisce, quindi, tra la situazione internazionale e i rapporti nazionali? Di grande importanza è la nota Internazionalismo
e politica nazionale'. Lo sviluppo è verso l'internazionalismo, ma il punto di partenza è nazionale ed è da questo punto di partenza che occorre prendere le mosse[...]

[...]ndacale, del suo chiuso corporativismo, del distacco dalla comprensione della sostanza dei problemi politici e prima di tutto del problema del potere. Tutto questo, però, vi è in Lenin assai piú nettamente che in tutta la letteratura sindacalista. Da Gramsci è, in pari tempo, energicamente sempre respinto il dilettantismo politico che predomina in questa letteratura. Il movimento dei Consigli di fabbrica fu, soprattutto al suo inizio, fino allo sciopero dell'aprile 1920 e anche dopo, strumento di lotta aperta contro la burocrazia sindacale riformista, di limitazione dei poteri di questa burocrazia e anche di rinnovamento delle direzioni sindacali. Gramsci insistette perd sempre anche nel sottolineare la differenza qualitativa tra il Consiglio di fabbrica e il Sindacato, e nella pratica la elezione del Consiglio da parte di tutti gli operai, e non solo degli organizzati, doveva rendere a tutti evidente questa differenza. Ma vi fu in Gramsci la tendenza, nel 191920, a ritenere che il Consiglio come tale, forma di organizzazione degli opera[...]

[...]a differenza qualitativa tra il Consiglio di fabbrica e il Sindacato, e nella pratica la elezione del Consiglio da parte di tutti gli operai, e non solo degli organizzati, doveva rendere a tutti evidente questa differenza. Ma vi fu in Gramsci la tendenza, nel 191920, a ritenere che il Consiglio come tale, forma di organizzazione degli operai aderente in modo immediato al processo produttivo, contenesse in sé la soluzione del problema del potere, cioè della conquista di esso e della costruzione di un nuovo Stato? Credo che per sostenere questa tesi si possono allegare soltanto alcune proposizioni di scritti del 1919, ma staccandole
t. Mach., p. 7.
Palmiro Togliatti 29
dal contesto e soprattutto staccandole dalla comprensione della complessiva azione che Gramsci svolgeva in quel momento. Questa azione tendeva, essenzialmente e prima di tutto, ad affermare che la classe operaia, come gruppo sociale omogeneo, era in grado di fornire gli elementi necessari a superare la crisi, il disordine, il caos nei quali allora si dibatteva la società [...]

[...]di masse contadine meridionali, giustamente impostato da Gramsci sin da allora (si veda l'esempio, da lui citato, dell'azione verso i sardi della Brigata Sassari), non ebbe, attraverso l'azione svolta dal gruppo torinese, alcuna soluzione pratica di grande rilievo. Gli orientamenti errati, riformisti o massimalisti, del partito socialista, erano superati nella critica, non da un'azione di successo nazionale. Ma quello era allora il solo partito, cioè la sola organizzazione politica nazionale, che la classe operaia avesse a sua disposizione. Per questo il movimento torinese si concluse con
30 I documenti del convegno
l'affermazione della necessità che venisse creato un nuovo partito d'avanguardia del proletariato: il partito comunista.
La permanente polemica dei Quaderni contro qualsiasi forma di economismo dà il colpo di grazia alle errate interpretazioni o volute contraffazioni del pensiero di Gramsci circa il rapporto tra la posizione che la classe operaia ha nel processo della produzione e la sua azione politica. Anche nell'esame d[...]

[...]n livello .piú elevato, e una politica di classe non si ha se non interviene un elemento consapevole. Valga come esempio lo studio che Gramsci fa del fordismo, che parte dalle modificazioni della tecnica, ma è un tentativo di analisi della struttura sociale degli Stati Uniti d'America, in un momento del suo sviluppo.
5. Anche l'ampia, complessa e tormentata indagine sulla funzione degli intellettuali, impostata da Gramsci prima dell'arresto (e ciò risulta non solo dal ricordo di conversazioni con lui, ma dallo stesso scritto sulla Quistione meridionale) e condotta a fondo negli anni del carcere, ha un fondamento leninista, che non mi sembra sia stato sinora rilevato a sufficienza, ma deve esserlo, invece.
Né alludo al fatto che questa indagine fa parte delle analisi generali sulla struttura della società, quanto piuttosto alla dimostrazione storica e allo approfondimento della tesi dell'impegno politico e sociale (di classe) degli intellettuali, che è parte essenziale delle dottrine leniniste. Anche di questo impegno si può dare una i[...]

[...]ssario, ma non confonde con le altre parti della sua ricerca. Né è a questo lato della questione che si riferisce la tesi di Lenin, come risulta anche solo dagli scritti da lui dedicati all'esame critico delle correnti intellettuali e letterarie del suo tempo. Il problema degli intellettuali e della loro funzione si pone invece su un piano analogo a quello della formazione delle ideologie e delle sovrastrutture. L'errare dell'idealismo e della sociologia volgare sta nel considerare le ideologie
Palmiro Togliatti 31
come semplici strumenti di direzione politica, cioè, si potrebbe dire, « per i governati delle mere illusioni, un inganno subito..., per i gavernanti un inganno voluto e consapevole » 1. Le ideologie sono, invece, una realtà, parte integrante di tutto lo sviluppo sociale; sono la « vera » filosofia, perché « risulteranno essere quelle " volgarizzazioni " filosofiche che portano le masse all'azione concreta, alla trasformazione della realtà » Ogni ideologia è assieme caduca e storicamente valida. La caducità è espressione d'i un passato, ma è la lotta stessa delle classi lavoratrici che decide ciò che del passato deve essere distrutto. Dal sen[...]

[...]un inganno voluto e consapevole » 1. Le ideologie sono, invece, una realtà, parte integrante di tutto lo sviluppo sociale; sono la « vera » filosofia, perché « risulteranno essere quelle " volgarizzazioni " filosofiche che portano le masse all'azione concreta, alla trasformazione della realtà » Ogni ideologia è assieme caduca e storicamente valida. La caducità è espressione d'i un passato, ma è la lotta stessa delle classi lavoratrici che decide ciò che del passato deve essere distrutto. Dal seno, della ideologia, inoltre, sorge sempre una tendenza alla scienza, alla conquista di una verità assoluta, allo stesso modo che nel mondo delle sovrastrutture ideali è sempre presente, in ogni campo, la tendenza allo sviluppo autonomo e alla creazione. Se cosí non fosse, l'umanità non darebbe scienziati, pensatori, artisti, ma solo marionette; non si avrebbe progresso scientifico, non creazione di opere d'arte di valore universale, ecc. La superiorità del marxismo sta nel fatto che, essendo capace di fare questa analisi e queste distinzioni, pub [...]

[...]6.
2 M. S., p. 217.
32 I documenti del convegno
tura della classe operaia, come condizione per la creazione di una società nuova: senza guida del partito non si giunge al potere e non si organizza il potere nuovo. La stessa necessità risulta da tutto il pensiero e da tutta l'azione di Gramsci. La fondazione e poi la direzione del partito comunista sono gli atti decisivi della sua .attività politica e della sua vita. Ad essi è legato il sacrificio della sua stessa esistenza. Alla dottrina del partito, intellettuale collettivo che dirige la lotta per la conquista del potere, e si serve del potere politico per organizzare una nuova società, mettono capo tutte le sue ricerche storiche, politiche, filosofiche. La grande sua originalità è di avere dato a questa dottrina una forma che la inserisce nella realtà italiana, ne fa im momento dello sviluppo delle dottrine politiche nel nostro paese, la collega ai punti cruciali della nostra storia, e di qui ricava una dimostrazione della sua verità che è di impressionante efficacia.
Questo non pu[...]

[...].
Questo non può però non essere il punto sul quale tutte le critiche, tutti gli attacchi, tutte le negazioni degli avversari concentrano i loro colpi, non rifuggendo, spesso, dalla volgarità di una agitazione non piú argomentata se non sulla base di contraffazioni evidenti. Ma di questo
non ci occuperemo. storia assai vecchia che alla concezione marxista della storia si può anche aprire uno spiraglio, accettarla come un metodo, una indagine sociologica sulla lotta delle classi, o simili, ma la si respinge quando si presenta o vuole essere riconosciuta come dottrina politica completa, cioè guida della azione rivoluzionaria. Dottrina del partito e della dittatura della classe operaia sono del resto elaborate dal marxismo nel modo logicamente piú aderente alla realtà.
Lenin elabora la dottrina del partito partendo principalmente dalle grandi esperienze della Rivoluzione francese e della storia rivoluzionaria dell'Ottocento, mentre la sua dottrina della dittatura è fondata sull'analisi del contenuto di classe dello Stato e quindi di tutta la ideologia borghese, che attribuisce un valore assoluto alle forme di organizzazione politica date allo Stato della borghesia.
ll nesso è e[...]

[...]lui la distinzione tra id concetto filosofico di libertà e le forme di governo e gli istituti politici concreti del liberalismo e della democrazia. Questo è anzi uno dei capitoli :piú efficaci della sua polemica. La libertà, in quanto iniziativa e attiva creazione umana, non è dote peculiare dei regimi borghesi. La storia è sempre storia della libertà. Il rivolgimento borghese è affermazione di libertà, ma già contiene in sé l'elemento negativo, cioè la cristallizzazione e poi la conservazione di istituti economici e politici in cui si attua il dominio borghese. Confondere il liberalismo, l'ordinamento democratico parlamentare, il sistema della divisione dei poteri, ecc. con la libertà filosofica è confondere la ideologia con la filosofia. La religione crociana della libertà diventa quindi un equivoco, una superstizione. Persino i clericali del resto, oggi, son diventati fautori di questa religione.
Tutta questa argomentazione si collega alle considerazioni sulla natura dell'uomo, considerato come un complesso di relazioni, che si esten[...]

[...]oro intrecciarsi fissano i limiti della libertà umana. I1 dominio del mondo economico, che è il contenuto della società socialista, spezza il piú duro di questi limiti, quello che nega alla maggioranza degli uomini lo sviluppo pieno della loro persona e questo è un primo passa verso il mondo della libertà.
Ma l'avanzata in questa direzione è compito che non si pone e non si risolve se non attraverso un movimento, che parte dalle strutture, e in ciò si inserisce la formulazione e lo sviluppo di una volontà collettiva. La stessa predicazione della religione della libertà, che trasforma gli istituti del dominio borghese in forme assolute della libertà, è caratteristica di un'epoca, in cui nelle classi dirigenti si forma una coscienza critica, che prima non esisteva, della loro funzione storica 1. Ma della stessa epoca, e via via piú accentuata col procedere del tempo, è quella che Gramsci chiama « standardizzazione di grandi masse della popola
T
1 M. S., p. 195.
34 I documenti del convegno
zione », che è poi un risveglio, un progresso [...]

[...]dominio di tutto il corpo sociale e del mondo stesso della cultura, cosí come ogni Stato è anche un organismo educativo della società, negli obiettivi delle classi
1 Mach., pp. 8283.
2 Mach., p. 128.
Palmiro Togliatti 35
che dominano. La società politica può però assumere una forma di estremo rigore dittatoriale, quando, per i contrasti frastruttura e sovrastruttura, si crea un distacco tra la società civile e la società politica, o si apre, cioè, una delle grandi crisi rivoluzionarie della storia. Allora « si ha una forma estrema di società politica: o per lottare contro il nuovo e conservare il traballante rinsaldandolo coercitivamente, o come espressione del nuovo per spezzare le resistenze che incontra nello svilupparsi, ecc. » j. Questa osservazione, che sembra fatta di sfuggita, è invece tra le piú importanti. Da un lato ad essa si collega il giudizio sul carattere degli Stati borghesi, nella loro evoluzione, progresso e decadenza. Dall'altro lato essa apre la via allo studio delle diverse forme che la stessa dittatura della cl[...]


precedenti successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Ciò, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---Storia <---siano <---italiana <---Pratica <---italiano <---ideologia <---Diritto <---socialista <---Filosofia <---marxista <---socialismo <---comunista <---abbiano <---Logica <---italiani <---marxismo <---Così <---Dialettica <---ideologico <---comunisti <---fascismo <---socialisti <---ideologica <---Ecco <---Stato <---Del resto <---Perché <---ideologie <---materialismo <---comunismo <---imperialismo <---marxisti <---Scienze <---capitalismo <---storicismo <---Francia <---Più <---fascista <---psicologico <---Marx <---idealismo <---ideologiche <---realismo <---Gramsci <--- <---italiane <---psicologica <---Psicologia <---Sociologia <---sociologia <---Dinamica <---Lenin <---Partito <---Sulla <---cristiana <---psicologia <---Engels <---Fisica <---Metafisica <---Storiografia <---ideologici <---Dio <---Poetica <---dell'Europa <---Basta <---Dogmatica <---Quale <---fascisti <---leninista <---Meccanica <---cristiano <---d'Italia <---gramsciana <---leninismo <---liberalismo <---metodologia <---Estetica <---Già <---Russia <---Stalin <---colonialismo <---riformismo <---umanesimo <---Il lavoro <---Sistematica <---cristianesimo <---cristiani <---gramsciano <---hegeliana <---Agraria <---capitalista <---crociana <---dell'Italia <---dinamismo <---metodologico <---nazionalista <---positivismo <---riformista <---Bibliografia <---Linguistica <---Repubblica <---Scienze naturali <---determinismo <---individualismo <---mitologia <---nell'Unione <---socialiste <---terrorismo <---Dei <---Hegel <---La guerra <---capitalisti <---comuniste <---dell'Unione <---fanatismo <---idealisti <---imperialista <---mitologica <---nazionalismo <---Discipline <---Feuerbach <---Folklore <---Freud <---Inghilterra <---La lotta <---Retorica <---Teologia <---antifascista <---artigiani <---classista <---conformismo <---crociano <---d'Europa <---gnoseologico <---gramsciane <---lista <---metodologici <---naturalismo <---opportunismo <---ottimismo <---psicologiche <---psicologici <---stiano <---teologia <---teologico <---Chiesa <---Cosa <---Fenomenologia <---Infine <---Mi pare <---Mosca <---Pochi <---cattolicesimo <---centralismo <---cristiane <---dell'Asia <---feticismo <---filologico <---metodologica <---misticismo <---progressista <---progressisti <---revisionismo <---riformisti <---staliniana <---zarista <---Benedetto Croce <---Diplomatica <---Etica <---Giappone <---Mussolini <---NATO <---Pensiero filosofico <---Scienza politica <---Spagna <---USA <---Viene <---artigiano <---cominciano <---dell'Africa <---etnologia <---filologica <---illuminismo <---lasciano <---nazionalisti <---nazista <---nell'Europa <---Come <---Filosofia della storia <---Gli <---Hitler <---Presso <---Turchia <---URSS <---antropologica <---biologica <---biologico <---conservatorismo <---crocianesimo <---dell'America <---dell'Istituto <---dogmatismo <---dualismo <---economista <---economisti <---empirismo <---fenomenologia <---hegelismo <---lismo <---marxiana <---marxiste <---metodologiche <---parallelismo <---relativismo <---riconquista <---scetticismo <---sociologica <---sociologico <---staliniano <---testimoniano <---Belfagor <---Biologia <---Carlo Marx <---Chimica <---Editori Riuniti <---Entro <---Ernesto De Martino <---La Chiesa <---Labriola <---Le Monde <---Niente <---Nuovi Argomenti <---Oltre <---Psicanalisi <---Sardegna <---Statica <---Stilistica <---Studi <---Tecnologia <---Teoretica <---Voglio <---antropologia <---biologia <---cinismo <---crociani <---facciano <---fenomenologica <---gnoseologica <---immobilismo <---imperialisti <---indiano <---intellettualismo <---liste <---materialista <---meccanicismo <---nazismo <---nazisti <---nell'Africa <---nell'Italia <---opportunisti <---patriottismo <---positivisti <---proselitismo <---protestantesimo <---provincialismo <---radicalismo <---rischiano <---settarismo <---sindacalismo <---stalinismo <---stalinista <---tecnologia <---umanismo <---Antonio Labriola <---Berlino <---Bernstein <---Bologna <---Capitale <---Corriere della Sera <---De Sanctis <---Die <---Etnologia <---Filologia <---Jugoslavia <---La Critica <---La sera <---Lukàcs <---Medio Oriente <---Ministero <---Noi <---Ordine Nuovo <---Psicoanalisi <---Risorgimento <---Rosa Luxemburg <---Stati <---Storia mondiale <---Trotzki <---U.S.A. <---Unione Sovietica <---Weltanschauung <---analfabetismo <---antagonismo <---anticolonialista <---anticomunista <---biologiche <---bolscevismo <---colonialisti <---d'Africa <---d'Ottobre <---dell'India <---dell'Internazionale <---dell'Occidente <---dell'Università <---denunciano <---differenziano <---dispotismo <---egoismo <---esistenzialismo <---estremismo <---etnologici <---etnologico <---fasciste <---fatalismo <---feudalesimo <---filologia <---gramsciani <---hegeliano <---indiana <---infantilismo <---internazionalismo <---massimalisti <---militarismo <---monoteismo <---nell'Asia <---nismo <---ontologico <---parlamentarismo <---pessimismo <---positivista <---razionalismo <---romanticismo <---scientismo <---sciovinismo 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