Brano: [...]to dei partiti. Tuttavia, sia con Tittoni come con Scialoja, l'accordo fu perfetto. La stampa nazionalista insisté più di una volta su presunti dissidi tra il presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri (16), ma la documentazione che abbiamo potuto utilizzare e che abbiamo prodotto nel corso del nostro lavoro dimostra che questi dissidi erano nei desideri delle destre, ma non furono mai una realtà; se Nitti ebbe screzi con Badoglio e con Caviglia, non ne ebbe mai con Tittoni né con Scialoja. Anche le dimissioni di Tittoni non furono deter
(16) Cfr. per esempio l'articolo L'ostaggio bolscevico nell'Idea Nazionale del 22 ottobre 1919.
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minate da un contrasto o da una differenza di vedute con Nitti,. bensì dalla coscienza, che si forme) nell'uomo politico di Manziana, che la propria sostituzione alla Consulta avrebbe reso possibile una ripresa delle trattative su basi nuove, poiché i negoziati che egli aveva condotto erano giunti a un punto morto; ed anche dalla sua volontà di non « bruciarsi » in accordi diplomatici c[...]
[...], Nitti dimostrò la tendenza a servirsi, per le trattative, più di diplomatici. che di uomini politici e di parlamentari, e in tal senso fu sinto matica la sostituzione di De Martino a Crespi come membro della. Delegazione alla Conferenza della Pace. Inoltre, Nitti rivelò una notevole capacità di utilizzare per la sua politica nettamente antinazionalista uomini che erano animati da un istintivo nazionalismo — da Tittoni a Scialoja, da Badoglio a Caviglia, da Mosconi
(17) « Sono qui — dichiarò una volta quando era ministro degli Esteri — per vedere che, almeno in politica estera, non facciamo troppe fesserie » (DANIELE VARL IZ diplomatico sorridente, ediz. inglese, citato da GORDON A. CRAIG and FELIX GORDON, The Diplomats. 19191939, Princeton University Press, 1953, p. 212). Cfr. anche ARTURO CARLO JEMOLO, Chiesa e Stato in Italia negli ultimi cento anni, Torino, Einaudi, 1948, p. 653.
(18) CARLO SFORZA, L'Italia dal 1914 al 1944 quale io la vidi, Milano, Mondadori, 1946, p. 89.`
(19) F. S. NITTI, Rivelazioni cit., pp. 5, 53 e 340.
IL GOVE[...]
[...] i suoi! » (cfr. GIOVANNI PREZIOSI, Come l'on. F. S. Nitti tradì costantemente la causa di Fiume. Per la storia del « modus vivendi » in La Vita Italiana, 15 ottobre 1920, pp. 298301). Tutto ciò dimostra che, scrivendo più tardi le sue Rivelazioni su Fiume (Roma, De Luigi, 1946), PIETRO BADOGLIO, nel clima politico mutato, diede della propria posizione di fronte a D'Annnuzio una immagine sensibilmente deformata.
Per quanto si riferisce a ENRICO CAVIGLIA, basta leggere il suo libro su Il conflitto di Fiume (Milano, Garzanti, 1948) per rilevare la debolezza del suo pensiero politico, le contraddizioni fra le tendenze nazionaliste e l'avversione contro ogni atto disgregatore della compagine dell'esercito e dello Stato costituzionale.
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sicché il nazionalista Barzilai finiva per adoperare a proposito di D'Annunzio parole che avrebbero potuto essere pronunciate da Nitti: « Non vi é nessuno, per quanto illustrato dalle gesta più nobili, che possa imporsi alla volontà della Nazione »; e ricordava la necessità del pane e della ricos[...]
[...]ominciato a parlare, in seno al Governo OrlandoSonnino di cui facevano parte sia Bissolati che Nitti, delle condizioni di pace, i criteri antinazionalisti esposti dal primo erano stati condivisi da
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pretesto ai nazionalisti, che in lui vedevano uno dei loro veri e maggiori avversari, per lanciare contra di lui una furiosa campagna denigratoria, senza esclusione di colpi. Tuttavia la tesi sostenuta dai nazionalisti e ribadita da Caviglia (27) che l'esercito si mise in stato di sedizione e di virtuale colpo di Stato per reagire alle provocazioni tollerate da Nitti non regge: la sedizione era già in atto prima ancora che Orlando cadesse, e semmai, durante i suoi dodici mesi di governo, Nitti riuscì a riportare un po' d'ordine, utilizzando uomini che godevano di largo prestigio sia nell'esercito che tra i nazionalisti, come Badoglio e lo stesso Caviglia. Ma non si valuterà mai abbastanza i1 peso che ebbe la vasta mobilitazione, anzi la vera e propria congiura nazionalista e militarista contro la quale Nitti si adoperò: già nel '19 fu fatta una specie di prova generale di quella che tre anni dopo, quando fu sanata la divisione tra ex interventisti ed ex neutralisti e attraverso tale riunificazione le forze dirigenti tradizionali ripresero in pieno il controllo della situazione (28) e puntarono sull'eversione degli ordinamenti parlamentari, doveva essere la « marcia su Roma ». Le destre nazionaliste hanno un bisogno organico di « questioni naz[...]
[...] conflitto non vi fossero da parte del nazionalismo jugoslavo, altrettanto cieco e irresponsabile di quello italiano. Dati i termini del problema fiumano, e più in generale di quello adriatico, data cioè l'intricata struttura etnica dei territori in contestazione, la questione di Fiume era in qualche modo ideale per potercisi ac
quest'ultimo: cfr. l'appunto bissolatiano del 24 dicembre 1918 citato da R. COLAPIETRA, op. cit., pp. 26768.
(27) E. CAVIGLIA, op. cit., pp. 5658.
(28) Cfr. GIAMPIERO CARocci, Storia del fascismo, Milano, Garzanti, 1959, pp. 910.
IL GOVERNO NITTI E LA QUESTIONE ADRIATICA 175
canire fra opposti nazionalismi: essa si prestava magnificamente a quella mobilitazione che gli estremisti di destra riuscirono a realizzare nel 1919. Certo, favorendo l'esaltazione patriottica che rendeva impossibile o almeno più difficile l'accordo, e quindi protraendo la contesa e con essa la mobilitazione, e di conseguenza ostacolando la ricostruzione economica su basi di normalità, i nazionalisti facevano gli interessi di cento grandi in[...]