Brano: [...]ne ricorda Gramsci una decina d'anni dopo la sua comparsa sull'Avanti!, in carcere: « nel 1918, in un " Sotto la mole " intitolato
1 L. C., p. 82.
2 L. C., pp. 1323.
124 1 documenti del convegno
Il cieco Tiresia è pubblicato un cenno dell'interpretazione data in queste note della figura di Cavalcante 1 ».
Lo spunto a quel corsivo era stato offerto dalla notizia che un ragazzo di un paesello delle Marche, e una fanciulla ricoverata nella Pia Casa Cottolengo, erano diventati ciechi appena dopo aver profetato che la guerra sarebbe finita entro il 1918. Non passava anno dallo scoppio della guerra, osservava Gramsci, senza che qualcuno, frate o laico, non profetasse la fine imminente del conflitto: « una profezia all'anno, una pace all'anno ». Ma in questo caso (continua Gramsci), dell'uso non certo disinteressato si è impadronito lo spirito popolare, e l'ha abbellito « della ingenua poesia che vivifica le sue creazioni spontanee. La qualità di profeta fu ricongiunta con la sventura della cecità... Il bambino di °stria, la fanciulla della[...]
[...]ervava Gramsci, senza che qualcuno, frate o laico, non profetasse la fine imminente del conflitto: « una profezia all'anno, una pace all'anno ». Ma in questo caso (continua Gramsci), dell'uso non certo disinteressato si è impadronito lo spirito popolare, e l'ha abbellito « della ingenua poesia che vivifica le sue creazioni spontanee. La qualità di profeta fu ricongiunta con la sventura della cecità... Il bambino di °stria, la fanciulla della Pia Casa Cottolengo, sono appunto due canti della poesia popolare: poesia, niente altro che poesia ».
Ma lo spirito popolare si ricongiunge sempre, se pure inconsciamente, a una secolare tradizione, di folklore e letteraria, nella quale « il dono della previsione è sempre connesso con l'infermità attuale del veggente, che mentre vede il futuro non vede l'immediato presente, perché cieco » z.
Ed è una connessione, nota Gramsci, che « implica un principio di pensiero di giustizia » , « compensazione ineluttabile che la natura domanda alle sue concessioni » : una enorme esperienza » umana si racchiude [...]
[...]ogica e filosofica dello studioso. Come era possibile, con tale cultura pronta a ogni cedimento, riformare moralmente e intellettualmente un paese come il nostro, malato da secoli proprio di insicurezza ideale, e di profondo scetticismo? Né a Gramsci pareva, dun que, un caso che il vecchio professore avesse accettato di compilare, insieme a un fervente cattolico, il Gerosa, « un'antologia di scrittori latini dei primi secoli della Chiesa per una casa editrice cattolica » 1. Tutto ciò, naturalmente, non vietava a Gramsci di sottoporre al Cosmo la sua nota affinché, « come specialista in danteria », gli sappia dire se ha fatto « una falsa scoperta o se veramente meriti la pena di compilarne un contributo, una briccica da aggiungere ai milioni e milioni di tali note che sono già state scritte » 2.
Gramsci infatti, anche se lo giudica malato « un po' della malattia professionale dei dantisti » 3, continua a stimare il Cosmo. La sua polemica si rivolge dunque contro una mentalità, contro un vizio proprio della cultura italiana. E anzi, per il[...]
[...] accolta a braccia aperte dalla cultura ufficiale. Ma tralasciamo le altre « superficialità e contraddizioni » del Morello. Che cosa ne conclude Gramsci?
All'inizio della scheda dei Quaderni, nello stendere lo schema della nota dantesca, scrive: « Lettura di Vincenzo Morello come corpus vile » . Il Morello è dunque un caso limite. Ma quanto accreditato lo stesso Gramsci neppure sospettava. La sua « strabiliante » conferenza è stata letta alla « Casa romana di Dante ». E se Gramsci afferma che « Rastignac conta meno che un fuscello nel mondo culturale ufficiale » 1, come, si chiede sempre Gramsci, fu permessa la lettura? Non ci vuole davvero « rnolta bravura per mostrarne l'inettitudine e la zerità». Ma intanto essa fu accolta con favore. Gramsci si domandava: « Come è stata giudicata la conferenza dai dantisti? Ne ha parlato 11 Barbi... per mostrarne la deficienza? » 2. Sí, il Barbi ne ha parlato, ma non proprio per mostrarne la deficienza. Nel volumetto che, nella lettera del 3 aprile del 1933, Gramsci chiedeva con tanto calore, egli av[...]