Brano: [...]comincia dalle fabbriche, nei grandi scioperi del marzo 1943, con i comitati unitari, che stanno quasi a dimostrare `l'impassibilità, senza una rinascita di democrazia operaia, del fatto rivoluzionario. La ricostituzione delle Commissioni interne secondo l'accordo BuozziMazzini, all'indomani del 25 luglio, va anch'essa nella interpretazione dei lavoratori, ben oltre le competenze regolamentari. E di 11 prendono vita quei Comitati di agitazione e C.L.N. aziendali che in molti luoghi tengono in mano la Resistenza fino alla Liberazione.
Non solo nelle fabbriche, ma in ogni altro luogo, si fa luce fra i motivi centrali della lotta antifascista l'aspirazione a determinare dal basso la organizzazione del potere politico. E un'aspirazione, una volontà di cui ognuno di noi ha memoria, testimoniata dalla letteratura partigiana, applicata persino negli organismi di combattimento. Essa si esprime attraverso la elezione di comandanti e commissari, la consultazione politica di massa, un egalitarismo fra combattenti e capi assai più consono ai tempi ero[...]
[...]proprio nella viva coscienza del movimento Alta Italia di avere in se medesimo i germi di un nuovo potere che nasce luogo per luogo, vallata per vallata e fabbrica per fabbrica, di fronte al potere di democrazia tradizionale, largito dall'alto ed estraneo alle esigenze di autogoverno espresse dalla lotta armata, che
A PROPOSITO DI CONTROLLO E DEMOCRAZIA OPERAIA 89
si vede proporre da Roma. La polemica delle « cinque lettere » fra i partiti del CLNAI, nell'inverno 194445, ci dà il senso di quanto una simile spinta dal basso si facesse sentire in tutte le formazioni socialiste. Fú primo il Partito d'Azione a lanciare il richiamo alla creazione di uno Stato nuovo, retto su istituti nati non da rapporti fra partiti, ma dalla democrazia diretta. Il Partito comunista si mostrò sensibile a queste idee, respingendo la possibilità di prolungare una sorta di « monopolio dei partiti » sui C.L.N. E i socialisti poterono egualmente far valere, su questo terreno, le loro tradizionali posizioni non conformiste. Ognuno avvertiva di non godere di « deleghe » permanenti, ma doversi fondare sul consenso e il controllo ininterrotto delle grandi masse: di dover rispondere al genuino spirito della resistenza.
8. Ancora di li, da quello spirito e da quella realtà, nasceva il movimento dei Consigli di Gestione. Annegato il padronato nell'ambiguità politica se non apertamente nel collaborazionismo, attraverso il sindacato le maestranze si proponevano unite non solo alla direzione aziendale, ma al[...]
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8. Ancora di li, da quello spirito e da quella realtà, nasceva il movimento dei Consigli di Gestione. Annegato il padronato nell'ambiguità politica se non apertamente nel collaborazionismo, attraverso il sindacato le maestranze si proponevano unite non solo alla direzione aziendale, ma all'assunzione della responsabilità direttiva nazionale.
Non ci sentiamo di affermare che i Consigli quali vennero riconosciuti dal decreto 25 aprile 1945 del CLNAI abbiano poi assolto, specialmente col passare dei mesi, a tutto quanto l'iniziativa dei lavoratori attendeva da loro. Sulla valutazione della loro esperienza del resto si sta sviluppando da qualche tempo un interessante ripensamento critico. Malgrado differenze di compiti e di at titudini fra Consiglio e Consiglio, malgrado interpretazioni diverse che ne davano i partiti ed oscillazioni fra un settarismo operaistico e un collaborazionismo con le direzioni d'azienda, essi tuttavia rispondevano sostanzialmente a quella esigenza dell' autonomia dei produttori già cara a Gramsci. Nel sobrio lin[...]