Brano: [...]rari animati da un sordo spirito di rivincita. Le squadracce fasciste costituirono il braccio armato di questa mobilitazione antipopolare, attaccando in tutta Italia, con il sostegno di gran parte della forza pubblica, le organizzazioni operaie e contadine, distruggendo sedi sindacali e Case del popolo (v.). Per reagire all’assalto fascista, nel febbraio del 1922 fu promossa dal Sindacato ferrovieri una Alleanza del lavoro (v.), cui aderirono la C.G.L., l'U.S.I., ril.l.L. e alcuni sindacati di categoria. Ma ormai era tardi e anche l'AIleanza del lavoro si concluse con un fallimento.
Nello stesso tempo le forze del Partito socialista si frantumavano: dopo la scissione a sinistra con la nascita del P.C. d’I., avvenuta a Livorno nel gennaio 1921, il P.S.I. fu ulteriormente ridotto da una scissione a destra: il 4.10.1922 i prestigiosi leader riformisti Filippo Turati, Claudio Treves e Giacomo Matteotti fondarono il Partito socialista unitario (P.S.U.), al quale aderirono in blocco i massimi dirigenti dei sindacati e delle cooperative.
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[...] gennaio 1921, il P.S.I. fu ulteriormente ridotto da una scissione a destra: il 4.10.1922 i prestigiosi leader riformisti Filippo Turati, Claudio Treves e Giacomo Matteotti fondarono il Partito socialista unitario (P.S.U.), al quale aderirono in blocco i massimi dirigenti dei sindacati e delle cooperative.
Ascesa del fascismo
Quando le squadre d'azione fasciste, con la marcia su Roma del 28. 10.1922 imposero Benito Mussolini al governo, la C.G.L. diretta da Ludovico D’Aragona (v.) non avvertì il pericolo del fascismo al potere e sperò anzi di poter inserire un proprio rappresentante nel ministero fascista che si stava formando. Poi, durante un convegno del marzo
1923, la centrale sindacale riformista decise di limitare la propria azione alla pura e semplice difesa corporativa, per consentire la prosecuzione dell’ambiguo colloquio instaurato con il governo fascista. Intanto i salari subivano tagli che andavano dal 20% al 50%, gli scioperi cessarono quasi del tutto e le leghe contadine, sia quelle “rosse” che le “bianche”, finirono c[...]
[...]mista decise di limitare la propria azione alla pura e semplice difesa corporativa, per consentire la prosecuzione dell’ambiguo colloquio instaurato con il governo fascista. Intanto i salari subivano tagli che andavano dal 20% al 50%, gli scioperi cessarono quasi del tutto e le leghe contadine, sia quelle “rosse” che le “bianche”, finirono con Tessere smantellate. Gli iscritti al sindacato andarono precipitosamente calando e intere sezioni della C.G.L. furono costrette con la violenza a passare ai sindacati fascisti.
Tutto ciò non impedì al Segretario generale della C.G.L. D’Aragona, durante un convegno svoltosi nell'agosto 1923 a Milano, di ribadire la disponibilità del sindacato a collaborare con il governo Mussolini, sia pure sul solo piano « tecnico ».
Una proposta di mobilitazione avanzata dai comunisti per celebrare il Primo Maggio 1924 (la Festa del lavoro era stata immediatamente abolita dal governo fascista fin dal
1923) si scontrò con il netto rifiuto del P.S.U., del P.S.I. e della C.G.L.. Analogo atteggiamento venne riservato aM’appello comunista in favore dello sciopero generale all’indomani della scomparsa del deputato socialista Giacomo Matteotti (v. Aventino). E quando poi si scoprì che Matteotti era stato barbaramente assassinato (10.6.1924) dagli squadristi, la C.G.L. si limitò a proclamare per il 27 giugno una simbolica sospensione dal lavoro di dieci minuti: una forma di protesta così ipocrita e insignificante politicamente che perfino i fascisti poterono aderirvi.
Nel dicembre del 1924 si svolse a Milano il VI e ultimo congresso della C.G.L.. In un clima di sconfitta, i dirigenti riformisti ribadirono la “apoliticità” del sindacato e confermarono di voler evitare ogni forma di lotta politica. Unica novità fu costituita da una riforma dello statuto confederale, introducendo nell’organizzazione una sorta di commissari prefettizi nominati dall'alto, con il trasparente obiettivo di poter esautorare quelle Camere del lavoro che si fossero dimostrate riottose agli ordini del centro.
Nei primi mesi del 1925 il governo fascista, che aveva attraversato un momento di impopolarità per l’indignazione provocata in tutto il paese dal delitt[...]
[...] prefettizi nominati dall'alto, con il trasparente obiettivo di poter esautorare quelle Camere del lavoro che si fossero dimostrate riottose agli ordini del centro.
Nei primi mesi del 1925 il governo fascista, che aveva attraversato un momento di impopolarità per l’indignazione provocata in tutto il paese dal delitto Matteotti, rialzò la testa e riprese la politica di repressione, sciogliendo tra l’altro 6 camere del lavoro. L’Esecutivo della C.G.L. reagì a questo nuovo attacco con una timida protesta e, nello stesso tempo, decise di espellere tre delegati comunisti che avevano presentato una dura mozione di condanna contro l'inerzia del gruppo dirigente confederale. Nonostante la loro emarginazione, fra il 1924 e il 1925 i comunisti erano riusciti ad accrescere la loro influenza aH’interno del movimento sindacale anche perché, con il prevalere della linea sostenuta da Antonio Gramsci, andava attuandosi nelle loro file una riorganizzazione sulla base delle cellule di fabbrica, anziché su quelle territoriali, secondo le norme dette di “bo[...]
[...] Patto di Palazzo Vidoni (v.) firmato il 2.10.
1925 tra la Confederazione delle corporazioni sindacali fasciste e la Confindustria che, in tal modo, con il sostegno del governo si attribuirono la veste di uniche rappresentanti, rispettivamente, dei lavoratori e dei datori di lavoro. Il Patto segnò la definitiva soppressione delle Commissioni interne (nelle quali i fascisti non erano mai riusciti a prevalere), quindi la messa fuori gioco della C.G.L., ridotta a semplice organizzazione “di fatto” priva di ogni possibilità di intervenire sui rapporti di lavoro. Nonostante che tutto ciò dimostrasse il clamoroso fallimento della politica di capitolazione seguita fino a quel momento dalla C.G.L., D’Aragona si mostrò disposto ad accettare in blocco l’intera legislazione fascista sul lavoro, ma questa volta venne costretto a dimettersi. Nuovo segretario generale divenne Bruno Buozzi (v.), già dirigente della F.I.O.M., che tuttavia insistè nella politica di scioglimento delle poche Camere del lavoro rimaste ancora in vita, per sostituirle con i “fiduciari”. Anche sotto la sua guida, l’organizzazione sindacale proseguì quindi sulla strada dello smantellamento e della burocratizzazione che allontanava sempre più il sindacato dalle masse. Fu appunto per contrastare questa inarrestabile ten[...]
[...]nerale divenne Bruno Buozzi (v.), già dirigente della F.I.O.M., che tuttavia insistè nella politica di scioglimento delle poche Camere del lavoro rimaste ancora in vita, per sostituirle con i “fiduciari”. Anche sotto la sua guida, l’organizzazione sindacale proseguì quindi sulla strada dello smantellamento e della burocratizzazione che allontanava sempre più il sindacato dalle masse. Fu appunto per contrastare questa inarrestabile tendenza della C.G.L. all’accentramento autoritario da un lato e all'inazione dall’altro, che nel loro III Congresso i comunisti stabilirono come condizione di appartenenza al partito, quindi come obbligo per tutti i militanti, quella di svolgere azioni sindacali sui luoghi di lavoro. La legge Rocco (v.) del 3.4.1926 sancì anche giuridicamente l'esautorazione del libero movimento sindacale: la Confederazione nazionale dei sindacati fascisti fu riconosciuta dalla legge come la sola autorizzata a rappresentare gli operai, venne soppresso il diritto di sciopero e, per dirimere i conflitti sindacali, fu istituita una [...]