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Il segmento testuale C.E. è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 72Analitici , di cui in selezione 5 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Kabaktceff (delegato dei comunisti bulgari e delegato come membro del Comitato della Terza Internazionale) [traduzione dal francese dell'onorevole Misiano], Discorso Kabaktceff in Resoconto stenografico del 17. congresso nazionale del Partito socialista italiano : Livorno, 15-20 gennaio 1921 : con l'aggiunta di documenti sulla fondazione del Partito comunista d'Italia

Brano: fica accettarle; ma significa negarle, avendole meglio comprese (applausi); significa studiare quale deve essere il punto d'insurrezione della nostra leva di resistenza, non già a ritroso, ma lungo la legge inevitabile della storia.
Orbene, o compagni, tutto quel poco che ho scritto sulla guerra l'ho raccolto fino dall'inizio in un volumetto a vostra disposizione. Ne accetto piena ed intera la responsabilità dalla prima all'ultima parola. E vi ricordo una sola cosa: che ho cominciato a scrivere sulla guerra fino dalla fine di agosto del 1914 sull'Avanti ! ed ho sempre mantenuto la stessa posizione. Io ho detto: noi socialisti dobbiamo essere sempre contro la guerra decisamente, ma non dobbiamo cadere nell'imboscata e nell'errore storico di prendere sul serio questa mostruosità non già socialista, ma borghese, della neutralità assoluta. E misi in guardia i compagni. Eravamo nell'agosto del 1914 (rumori), ed io dissi ai compagni: cc Non fidatevi della neutralità[...]

[...]i Giolitti, né di Salandra. Anche Salandra, come Giolitti, vi darà la guerra ». Ho mantenuto le mie previsioni: esse fatalmente, purtroppo, si dovevano avverare, si sono avverate.
Concludo, ricordando che per questo mio atteggiamento fermissimo sul terreno dei nostri principi, ma di previsione della storia, e per avere anche sempre sostenuto, in linea subordinata, gli interessi stessi del Partito, perché, non solo eravamo contro la guerra, ma dicevamo che il fare la guerra con quella preparazione era un errore dal punto di vista borghese, io sono stato accusato e attaccato in tutti i modi da interventisti e già che qui è presente il compagno Zambianchi, egli pub testimoniare come nel 1915 io ebbi l'onore di essere aggredito a Roma, al caffè Aragno. (Qualche applauso).
Discorso Kabaktceff
ROBERTO, presidente: Do la parola al compagno Kabaktceff, delegato dei comunisti bulgari e delegato come membro del Comitato della Terza Internazionale. (Applausi; grida di r Viva la Terza Internazionale)». Il compagno Kabaktceff parla per delega ed incarico del Comitato della Terza Internazionale. (Applausi). Egli parla in francese. Il compagno on. Misiano, farà in seguito la traduzione.
KABAKTCEFF: Compagni: sono venuto a questo Congresso come
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rappresentante del Comitato esecutivo della Terza Internazionale e prima di leggere il discorso già preparato, mi permetto di fare alcune dichiarazioni.
Saluto il vostro Congresso a nome del Comitato esecutivo della Terza Internazionale e un particolare saluto vi porto a nome della Federazione dei Partiti comunisti della regione balcanica. La Bulgaria attraverso le prove della guerra e nelle condizioni del dopo guerra, ha messo in prima linea il problema della lotta di classe ed il proletariato bulgaro è tutto concorde sotto la bandiera d[...]

[...] La Bulgaria attraverso le prove della guerra e nelle condizioni del dopo guerra, ha messo in prima linea il problema della lotta di classe ed il proletariato bulgaro è tutto concorde sotto la bandiera del Partito comunista, il quale, nelle ultime elezioni, ha potuto affermarsi con una vittoria di 50 deputati e con complessivi voti 200.000.
Esamina, quindi, fuggevolmente le condizioni della Grecia, affermando che la caduta di Venizelos costituisce la bancarotta della politica nazionalista greca, e, per la coordinazione fra la politica greca e la politica internazionale, rappresenta la bancarotta della politica dell'Intesa nei paesi balcanici e nell'Oriente.
Il Partito comunista jugoslavo ha ottenuto nel Parlamento 59 seggi; ma oggi voi sapete come l'Assemblea costituente regni a Belgrado, facendo gli interessi esclusivi della borghesia, intaccando la sua dittatura. Il Governo jugoslavo ha soppresso tutte le legalità costituzionali, ha soppresso la stampa comunista, tutti gli organismi comunisti, tutte le organizzazioni politiche e professionali ed ha arrestato i delegati comunisti. Oggi, alla Costituente, i deputati della tendenza Radek, non possono intervenire e l'assemblea è di già priva dell'autorità legale. Si preannuncia una lotta sociale nazionale contro la dominazione della borghesia ed io prego il Congresso di esprimere una protesta contro la dittatura ed il terrore del Gov[...]

[...] Italia tra le diverse tendenze del vostro Partito, già vi fu nei paesi della Balcania ed io vi posso assicurare che il Partita comunista balcanico, unitamente alla Federazione comunista dei Balcani e del Danubio, sostiene ed approva la condotta e la mozione del Comitato esecutivo della Internazionale comunista. (Ap plausi).
Il proletariato comunista balcanico, come quello italiano, è convinto che per la vittoria della rivoluzione sociale sia necessario creare un Partito senza riformisti, foggiato sulle linee dell'Internazionale comunista. (Applausi).
Permettete, ancora, che io approfitti della vostra pazienza e vi dia lettura di un discorso che vi parrà un po' lungo. Io, però, sono obbligato di esporre qui le vedute dell'Internazionale comunista, che, disgra
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ziatamente, non pub essere qui rappresentata da compagni di piú grande autorità, come Zinowieff e Bukarin, e di conseguenza ad essere dettagliato.
(Kabaktcefl inizia, quindi, a leggere in francese il testo del discorso. Dopo circa una ventina di minuti di lettura, il Congre[...]

[...] riformisti, foggiato sulle linee dell'Internazionale comunista. (Applausi).
Permettete, ancora, che io approfitti della vostra pazienza e vi dia lettura di un discorso che vi parrà un po' lungo. Io, però, sono obbligato di esporre qui le vedute dell'Internazionale comunista, che, disgra
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ziatamente, non pub essere qui rappresentata da compagni di piú grande autorità, come Zinowieff e Bukarin, e di conseguenza ad essere dettagliato.
(Kabaktcefl inizia, quindi, a leggere in francese il testo del discorso. Dopo circa una ventina di minuti di lettura, il Congresso rumoreggia, anche perché si sa che la traduzione sarà, in seguito, letta dal compagno Misiano. La presidenza prega, quindi, Kabaktcefl di rinunciare alla lettura del testo in francese e di dare, senz'altro, la parola al traduttore. Cosí viene deciso).
MISIANO legge:
« Cari compagni,
« Questa Congresso ha una grande importanza nazionale e internazionale. Nazionale, per la definitiva liberazione del Partito italiano da tutte le tendenze pacifiste e riformiste, ereditate dal periodo pacifica dello sviluppo del capitalismo, e per la costituzione in Partito rivoluzionario del proletariato. Internazionale, perché gli occhi del proletariato del mondo intero sono oggi volti verso l'Italia. I due campi: la borghesia internazionale ed il proletariato internazionale, sanno perfe[...]

[...] che la parte verso la quale andrà il Partito italiano, farà traboccare per lui la bilancia storica in questo momento. Dopo l'unione delle forze rivoluzionarie del proletariato, in quasi tutti i paesi dell'Europa continentale, in Partiti comunisti, dopo l'unione del Partito comunista con la sinistra del Partito indipendente socialista di Germania e la formazione di un nuovo, potente Partito comunista unificato, dopo la epurazione del Partito francese dai suoi socialpatrioti e la sua adesione all'Internazionale comunista, dopo la scissione della sinistra comunista dal Partita socialdemocratico di CzecoSlovacchia, di Austria, della Svizzera; del Belgio, ecc., e la formazione in quei paesi di Partiti comunisti indipendenti, raccoglienti tutte le forze rivoluzionarie del proletariato di quei medesimi paesi, è ora la volta degli operai coscienti e rivoluzionari italiani per la liberazione dai riformisti e la unificazione delle loro forze in un grande Partito comunista, costituendo l'organismo piú potente dell'Internazionale comunista. Il Com[...]

[...]e interna? Essa vi è molto nota, mi ci soffermerò brevemente. La distruzione delle forze produttive durante la guerra ha.
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creato quella profonda crisi economica che, non soltanto le è sopravvissuta, ma si è fatta via via piú profonda e piú acuta. L'Italia manca di materie prime ed essa non se ne pub procurare a cagione della loro rarefazione nell'Europa capitalista ed a cagione del deprezzamento della moneta italiana. Nello stesso tempo cresce sempre maggiormente il costo delle merci di prima necessità, dovuto al monopolio che la grande borghesia finanziaria e industriale, arricchitasi durante la guerra, è riuscita ad imporre sulle materie prime e sugli oggetti di largo consumo. La condizione della classe operaia in Italia diviene via via piú miserabile, perché il rincaro della vita è assai maggiore degli aumenti di salario, e, in effetto, porta verso una reale diminuzione dei salari. Operai, le lotte della classe operaia per gli aumenti di salari incontrano nella borghesia un'opposizione ostinata, poiché questa pretende che il rialzo dei prezzi delle materie prime non le consente di a[...]

[...]inata, poiché questa pretende che il rialzo dei prezzi delle materie prime non le consente di aumentare i salari; chiude, perciò, le fabbriche e proclama il lockaut per gli operai. Per schiacciare la lotta del proletariato, la borghesia sabota la produzione. Trascinata sempre dal punto di vista del profitto capitalistico e non da quello della ricostruzione, e dello sviluppo della produzione — per il quale piange sempre lacrime ipocrite — preferisce esportare i suoi capitali, anche le macchine e le fabbriche, privare di lavoro centinaia di migliaia di operai, condannandoli alla fame, insieme con le loro famiglie. Voi sapete assai bene che la borghesia nazionalista italiana ha cominciato ad esportare la ricchezza accumulata durante la guerra con lo sfruttamento del proletariato italiano ed a cercare una seconda patria, in cui i propri profitti sarebbero stati maggiori e piú sicuri. Con questa stessa misura la borghesia italiana peggiora la crisi economica, aggiungendo al caroviveri, la disoccupazione crescente. Secondo i dati ufficiali, il caroviveri in Italia, dal 1914 è aumentato di piú del 500 per cento. Soltanto nello spazio di un anno, dal giugno 1919 al giugno 1920, l'aumento dei prezzi è stato del 428 per cento per i generi di prima necessità.
La crisi finanziaria in cui la guerra ha gettato l'Italia, aumenta senza tregua; gli ultimi rapporti ufficiali dimostrano che il debito pubblico in Italia raggiunge oggi la cifra di 122 miliardi e la carta moneta in circolazione ascende alla cifra di 19 miliardi. È, dunque, un aumento del debito pubblico e della emissione di carta moneta dieci volte maggiore dell'anteguerra.
La guerra, che ha costato tante vittime al popolo italiano, ha portato alla borghesia, ai banchieri, agli speculatori ed ai patrioti, grandi
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ricchezze, ed alle masse lavoratrici la rovina economica ed una miseria incredibile.
La politica nazionalistaimperialista della borghesia italiana ha fatto bancarotta completa. Le illusioni per la conquista delle grandi colonie e dei grandi mercati sono svanite. L'Italia, nella sua qualità di uno dei piú d[...]

[...]oratrici la rovina economica ed una miseria incredibile.
La politica nazionalistaimperialista della borghesia italiana ha fatto bancarotta completa. Le illusioni per la conquista delle grandi colonie e dei grandi mercati sono svanite. L'Italia, nella sua qualità di uno dei piú deboli degli alleati dell'Intesa, è uscita dalla guerra con il bottino piú scarso. La parte del leone è stata fatta dai suoi alleati, dall'Inghilterra in prima fila. La pace imperialista ha distrutto le luminose speranze, con le quali la borghesia nazionalista italiana ingannava le masse durante la guerra. La pace non apre piú alcuna prospettiva, non soltanto per la politica espansionista del capitalismo italiano, ma anche per la sua consolidazione interna: il capitalismo italiano esce dalla guerra piú debole di quando vi è entrato. La borghesia non sa proporre altra uscita a questa crisi economica e finanziaria, all'infuori della costrizione violenta degli operai a lavorare nelle fabbriche sotto regime di sfruttamento e in una miseria sempre crescente; la soluzione che la borghesia propone, costituisce la schiavitú del proletariato. al capitalismo, la sua degradazione fisica e morale progressiva.
Il proletariato italiano, per difendersi e per salvarsi, intraprende una lotta sempre piú decisa e rivoluzionaria. Ha cominciato coll'entrare in sciopero per l'aumento dei salari; e, quando la borghesia ha risposto agli operai con la serrata e il sabotaggio della produzione, allora il proletariato ha trovato rifugio nell'unico mezzo che gli rimaneva: la occupazione delle fabbriche. Questo mezzo di lotta è rivoluzionario per eccellenza: mira alla trasmissione della proprietà sui mezzi di produzione[...]

[...]orale progressiva.
Il proletariato italiano, per difendersi e per salvarsi, intraprende una lotta sempre piú decisa e rivoluzionaria. Ha cominciato coll'entrare in sciopero per l'aumento dei salari; e, quando la borghesia ha risposto agli operai con la serrata e il sabotaggio della produzione, allora il proletariato ha trovato rifugio nell'unico mezzo che gli rimaneva: la occupazione delle fabbriche. Questo mezzo di lotta è rivoluzionario per eccellenza: mira alla trasmissione della proprietà sui mezzi di produzione, dalle mani della borghesia a quelle del proletariato. La borghesia ha piena coscienza di ciò; ed è per questo che si prepara a schiacciare queste lotte rivoluzionarie con il sangue e col fuoco. La borghesia ha incominciato la guerra civile con la fucilazione parziale degli operai; e organizza regie guardie e fascisti per intraprendere la fucilazione in massa del proletariato italiano.
Cosí la crisi economica e finanziaria, rende piú acuta in Italia la lotta di classe e crea una situazione rivoluzionaria. E soltanto coloro[...]

[...]ca la distruzione di altrettante forze produttive viventi. Ma la guerra ha anche distrutto una grande quantità di mezzi di produzione, di materie prime e di mezzi di trasporto: conseguenza inevitabile di tutto ciò, è la diminuzione della produzione generale.
La guerra, addossando agli Stati enormi debiti, e aumentando enormemente la quantità di carta moneta, ha cagionato il deprezzamento dei valori monetari in tutti i paesi capitalisti, fatta eccezione per l'America e per una parte dell'Inghilterra. E ciò, dopo la distruzione dei mezzi di trasporto, è l'altra causa dello sfacelo del commercio internazionale odierno. Oggi, il mondo capitalista si trova in queste condizioni: mentre i depositi dei capitalisti americani sono rigurgitanti di merce, i proprietari non possono esportare queste merci stesse a cagione del deprezzamento del valore della moneta nei paesi europei. I « trusts » americani chiudono le fabbriche e gettano sul lastrico milioni di operai in preda alla disoccupazione, nel tempo stesso in cui i popoli europei cadono in una miseria piú nera a cagione della mancanza di prodotti industriali. D'altra parte, i paesi industriali, che hanno bisogno di materie prime, come, ad esempio, l'Inghilterra, per timore della rivoluzione russa, privano se stessi e l'Europa intera della sorgente piú importante di materie prime: la Russi[...]

[...]briche e gettano sul lastrico milioni di operai in preda alla disoccupazione, nel tempo stesso in cui i popoli europei cadono in una miseria piú nera a cagione della mancanza di prodotti industriali. D'altra parte, i paesi industriali, che hanno bisogno di materie prime, come, ad esempio, l'Inghilterra, per timore della rivoluzione russa, privano se stessi e l'Europa intera della sorgente piú importante di materie prime: la Russia. La produzione cessa in alcuni paesi, perché é stato molto prodotto e non si può esportare; la produzione cessa in altri paesi a cagione della mancanza di materie prime.
Durante la guerra, la borghesia ha trovato il collocamento migliore dei suoi capitali nelle grandi industrie militari e nei prestiti per l'esercito. Le ricchezze colossali, da essa accumulate durante la guerra, non sono oggi collocate nelle industrie, perché questa borghesia non vi può trovare il medesimo utile. Insieme con i capitali accumulati, la borghesia accumula anche le materie prime ed i prodotti di largo consu
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mo, monopolizza la produzione ed il commercio di questi prodotti all'interno ed all'estero, si getta in una s[...]

[...]ono oggi collocate nelle industrie, perché questa borghesia non vi può trovare il medesimo utile. Insieme con i capitali accumulati, la borghesia accumula anche le materie prime ed i prodotti di largo consu
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mo, monopolizza la produzione ed il commercio di questi prodotti all'interno ed all'estero, si getta in una speculazione accanita ed aumenta, senza limite, i prezzi di tutte le merci. La guerra imperialista ha aumentato e fortificato l'accentramento del capitale. Il monopolio capitalista sui mezzi di produzione: la terra, le materie prime e i prodotti di largo consumo, ha preso proporzioni mostruose. Ed il monopolio capitalista è la causa principale della crescente miseria. Ma il caroviveri che aumenta senza tregua, costituisce un nuovo inciampo per la. produzione, perché porta con sé anche l'aumento dei prezzi delle materie prime e diminuisce contemporaneamente la capacità consumatrice delle classi lavoratrici.
Il fatto che la borghesia si dedica non già alla produzione, ma alla speculazione, che trasforma il capitale industriale in capitale di speculazione e di reddito, è un sintomo che la borghesia ha definitivamente portato a termine il suo compito storico e che il capitalismo é entrata in una fase tale in cui lo sviluppo della produzione e delle forze produttive diviene già impossibile.
La disoccupazione, il caro=viveri e la svalutazione della cartamoneta, che imperversano in quasi tutti i paesi capitalistici del mondo, sono le conseguenze, e nello stesso tempo i sint[...]

[...] é entrata in una fase tale in cui lo sviluppo della produzione e delle forze produttive diviene già impossibile.
La disoccupazione, il caro=viveri e la svalutazione della cartamoneta, che imperversano in quasi tutti i paesi capitalistici del mondo, sono le conseguenze, e nello stesso tempo i sintomi della grande crisi economica che scuote le basi capitalistiche del mondo. La prova irrefutabile dell'espandersi di questa crisi è precisamente l'incessante accrescersi della disoccupazione, del caroviveri e del deprezzamento della moneta in tutti i paesi.
La crisi finanziaria fiorisce ancora piú esuberante in tutti i paesi, ad eccezione degli Stati Uniti. Il compagno Lenin, nel discorso da lui pronunciato alla seduta del Congresso dell'Internazionale comunista, ha provato questa affermazione con le cifre seguenti:
Il debito delle grandi Potenze europee é, aumentato, dal 1914 al 1920, di sette volte. Calcolate in lire sterline (ammettendo che una lira sterlina sia pari a 10 rubli in oro) le relazioni di rapporto fra le grandi Potenze, si esprimono come segue: gli Stati Uniti posseggono un attivo di 19 miliardi e niente passivo (è l'unico Stato in queste condizioni); l'Inghilterra 17 miliardi di attivo e 8 miliardi di pa[...]

[...]ammettendo che una lira sterlina sia pari a 10 rubli in oro) le relazioni di rapporto fra le grandi Potenze, si esprimono come segue: gli Stati Uniti posseggono un attivo di 19 miliardi e niente passivo (è l'unico Stato in queste condizioni); l'Inghilterra 17 miliardi di attivo e 8 miliardi di passivo; la Francia 3 miliardi e mezzo di attivo contro 100 miliardi e mezzo di passivo. I debiti dell'Inghilterra e della Francia oltrepassano del 50 per cento la rispettiva ricchezza nazionale. I debiti dell'Italia oltrepassavano, qualche mese fa, il 70 per cento della sua ricchezza nazionale.
La quantità di carta moneta in tutti i paesi oltrepassa parecchie decine di volte la quantità esistente prima della guerra. Non parleremo
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dei debiti e della quantità di carta moneta negli Stati nuovi — come, ad esempio: in Austria, in Polonia ed in altri — che sono in completa rovina e bancarotta. Tale è anche la situazione finanziaria dei paesi balcanici, ecc. ».
Dunque, la crisi finanziaria cresce senza tregua. Tutte le forze finanziarie dei Governi borghesi per fermarla e salvare la situazione, sono restati e restano vani. L'unica uscita, per il momenta, essi la trovano nella macchina da stampa della carta moneta. Ma é precisamente questo mezzo che aggrava maggiormente la crisi.
In conseguenza della crisi, la situazione della classe operaia nel mondo capitalista, si fa sempre maggiormente miserabile ed insopportabile. I prezzi degli oggetti di prima necessità, aumentano in una proporzione molto piú grande che i salari operai. Seconda i dati ufficiali, in Inghilterra il prezzo dei viv[...]

[...]utte le forze finanziarie dei Governi borghesi per fermarla e salvare la situazione, sono restati e restano vani. L'unica uscita, per il momenta, essi la trovano nella macchina da stampa della carta moneta. Ma é precisamente questo mezzo che aggrava maggiormente la crisi.
In conseguenza della crisi, la situazione della classe operaia nel mondo capitalista, si fa sempre maggiormente miserabile ed insopportabile. I prezzi degli oggetti di prima necessità, aumentano in una proporzione molto piú grande che i salari operai. Seconda i dati ufficiali, in Inghilterra il prezzo dei viveri é aumentato di circa il 160 % e i salari degli operai soltanto del 130 %, in Francia il rialzo dei prezzi é del 300 %, quello dei salari del 200 %, ecc. La sproporzione effettiva fra l'aumento del prezzo dei viveri ed i salari è assai rilevante.
Quando gli operai tentano di aumentare i propri salari mediante gli scioperi, la borghesia risponde con il lockaut, alla domanda per la introduzione dei controlli sulla produzione, la borghesia risponde con la esporta[...]

[...] rialzo dei prezzi é del 300 %, quello dei salari del 200 %, ecc. La sproporzione effettiva fra l'aumento del prezzo dei viveri ed i salari è assai rilevante.
Quando gli operai tentano di aumentare i propri salari mediante gli scioperi, la borghesia risponde con il lockaut, alla domanda per la introduzione dei controlli sulla produzione, la borghesia risponde con la esportazione dei capitali e delle macchine. E quando gli operai, spinti dalla necessità di conservare la produzione per poter lavorare e vivere, occupano le fabbriche, la borghesia si vale di tutti i mezzi e della forza, per schiacciare questa forza rivoluzionaria degli operai. Essa organizza un esercito mercenario ed una guardia bianca, prepara ad annegare il proletariato nel sangue. La borghesia, per mantenere i suoi grandi guadagni, la sua proprietà sui mezzi di produzione, i suoi privilegi di classe, il proprio dominio, é decisa a tutto: a sabotare la produzione, a distruggere i mezzi di produzione, a spingere le masse lavoratrici in una crescente miseria, a condannarle alla degradazione ed alla morte.
Ma la borghesia, quanto piú distrugge la vita economica inaridendo cosí le sorgenti dei suoi propri guadagni e del suo prodotto nel vecchio mondo capitalista, tanto piú si getta con maggiore avidità sui popoli delle colonie e dei paesi arretrati. Essa sostituisce i metodi di produzione, con i metodi della spogliazione e del brigantaggio dei popoli soggetti.
Ecco l'uscita che la borghesia trova alla crisi economica, finanziaria e politica. Essa vuole salvarsi mediante questa uscita se il proleta
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riato internazionale ed i popoli oppressi si lasciano ricacciar indietro,. nella barbarie della borghesia imperialista dominante.
Ma la crisi economica e finanziaria, creata dalla guerra imperialista, ha aperto una nuova epoca rivoluzionaria nella storia. Il proletariato cerca e trova la sua salvezza da questa crisi, fuori della borghesia. Al grido gen[...]

[...]ntaggio dei popoli soggetti.
Ecco l'uscita che la borghesia trova alla crisi economica, finanziaria e politica. Essa vuole salvarsi mediante questa uscita se il proleta
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riato internazionale ed i popoli oppressi si lasciano ricacciar indietro,. nella barbarie della borghesia imperialista dominante.
Ma la crisi economica e finanziaria, creata dalla guerra imperialista, ha aperto una nuova epoca rivoluzionaria nella storia. Il proletariato cerca e trova la sua salvezza da questa crisi, fuori della borghesia. Al grido generale di questa per il ristabilimento della produzione, il proletariato risponde con la rivendicazione di rialzare prima di tutto le proprie forze produttive: la forza produttiva degli operai. Al lockaut e al sabotaggio della produzione mediante i quali la borghesia vuole schiacciare la latta degli operai per l'aumento dei salari, il proletariato risponde rivendicando l'introduzione del controllo sulla produzione ed anche l'occupazione delle fabbriche. All'aumento delle imposte indirette, per il pagamento del debit[...]

[...]cupazione delle fabbriche. All'aumento delle imposte indirette, per il pagamento del debito pubblico, il proletariato risponde rivendicando l'annullamento di tutti i debiti pubblici. In una parola, la crisi economica e finanziaria, spinge ineluttabilmente il proletariato internazionale sulla via delle lotte rivoluzionarie decisive.
La rivoluzione russa è una conseguenza della guerra imperialista: essa non è soltanto di importanza locale; ha invece importanza e carattere internazionale. È l'inizio della rivoluzione comunista universale; ha aperto la nuova epoca rivoluzionaria nella storia.
La prova piú eloquente del carattere internazionale della rivoluzione russa, è il fatto che essa ha diviso il mondo capitalista in due fronti: uno è il fronte dell'imperialismo e della controrivoluzione, sul quale lottano la borghesia ed i Governi capitalisti; l'altro é il fronte della rivoluzione proletaria universale, sul quale lottano il proletariato e le classi oppresse di tutti i paesi. La crisi generale economica e finanziaria, infiamma maggior[...]

[...]mperialismo e della controrivoluzione, sul quale lottano la borghesia ed i Governi capitalisti; l'altro é il fronte della rivoluzione proletaria universale, sul quale lottano il proletariato e le classi oppresse di tutti i paesi. La crisi generale economica e finanziaria, infiamma maggiormente la lotta rivoluzionaria del proletariato e gli sforzi della , borghesia, per conservare il suo dominio mediante la dittatura ed il terrore con eserciti mercenari e guardie bianche, scatena la guerra civile nel mondo capitalista.
Qual'è il dovere dei Partiti comunisti e dell'Internazionale comunista nella presente epoca rivoluzionaria? Il loro compito è di unificare la lotta rivoluzionaria del proletariato internazionale e dirigerla verso lo scopo supremo: la conquista del potere politico e l'instaurazione della dittatura proletaria. I Partiti comunisti e la Internazionale comunista, traggono profitto dalle esperienze colossali e preziose della rivoluzione russa. La Russia è il primo, e contemporaneamente è il piú grande paese capitalista nel qual[...]

[...]nizzazione e di lotta del proletariato rivoluzionario russo; principi, metodi ed organizzazione che sono stati temprati nel fuoco e nel sangue della piú grande rivoluzione proletaria del mondo.
Ma, proprio in questo momento, il compagno Serrati si avanza e dichiara che non esistono né in Italia né nel mondo capitalista le condizioni per la rivoluzione. Egli nega la situazione rivoluzionaria e l'epoca rivoluzionaria. Nella sua risposta, del 16 dicembre, al compagno Lenin, Serrati dichiara precisamente che: «egli non è d'accordo con Lenin ed i comunisti italiani sull'apprezzamento del momento storico attraversato dall'Italia». Piú avanti, egli dichiara che: « in Italia, a parte l'episodio di Ancona, non c'è stata una vera insurrezione, e che la occupazione delle fabbriche non fu un movimento rivoluzionario, ma un movimento sindacale largo e profondo, completamente pacifico ». Egli dichiara infine che l'agitazione dei contadini per l'occupazione della terra... « ha anche avuto carattere pacifico e che anche in questo caso, non si tratta d[...]

[...]one dei contadini per l'occupazione della terra... « ha anche avuto carattere pacifico e che anche in questo caso, non si tratta di insurrezione vera e propria », ed aggiunge: « Si ebbero soltanto, e dolorosamente, delle fucilazioni ». Nella stessa risposta a Lenin, Serrati dichiara: « E poi, io penso, sono ben rari coloro che si trovano d'accordo con voi a proposito dell'aiuto che potrà venire alla rivoluzione italiana, non soltanto dall'Europa centrale, ma anche dall'Inghilterra, dalla Francia e dagli Stati Uniti nei quali paesi la rivoluzione, sotto vostro ordine, dovrebbe essere affrettata ».
Come vedete, il compagno Serrati si burla di coloro che ammettono che noi ci troviamo dunque in un periodo rivoluzionario e che le condizioni della rivoluzione proletaria in Italia ed in Europa sono già
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mature. A priori, egli nega il carattere rivoluzionario delle lotte condotte dopo la guerra dal proletariato e dai contadini d'Italia.
Se voi fate un parallelo fra la dichiarazione di Serrati e la risoluzione dei riformisti votata a Reggi[...]

[...]n Europa sono già
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mature. A priori, egli nega il carattere rivoluzionario delle lotte condotte dopo la guerra dal proletariato e dai contadini d'Italia.
Se voi fate un parallelo fra la dichiarazione di Serrati e la risoluzione dei riformisti votata a Reggio Emilia, vedrete chiaramente che il compagno Serrati si è definitivamente collocato sul terreno dei riformisti. (Interruzioni e rumori vivaci in tutta la sala. Violenti battibecchi fra secessionisti e unitari che obbligano l'oratore ad interrompere la lettura).
ROBERTO, presidente: Adesso che vi siete calmati, per non rendere impossibile il funzionamento dell'ufficio di presidenza, vi prego di rimanere tranquilli. Si tratta di ragionare e non di fare del chiasso. Capisco l'esplosione del sentimento, e siamo tutti disposti a riconoscerla giusta, ma è anche necessario che si continuino i nostri lavori poiché altrimenti qui si compirebbe un sabotaggio e non piú una discussione. (Applausi). Prego quindi, in nome di quei principi reciproci di sopportazione, di far continuare in calma la lettura, alla quale sarà possibile ad ogni frazione rispondere esaurientemente. (Approvazioni).
MISIANO (continuando la lettura): Poiché, quale è oggi la differenza fra gli opportunisti ed i comunisti? E precisamente questa: che i primi non riconoscono la situazione rivoluzionaria, non ammettono che le condizioni per una rivoluzione proletaria siano mature, giustificand[...]

[...]quale è oggi la differenza fra gli opportunisti ed i comunisti? E precisamente questa: che i primi non riconoscono la situazione rivoluzionaria, non ammettono che le condizioni per una rivoluzione proletaria siano mature, giustificando con questo la loro collaborazione con la borghesia per il ristabilimento ed il consolidamento del regime capitalista scosso, il loro passaggio alla controrivoluzione. Il compagno Serrati, e quanti lo sorreggono, accettando le basi teoriche dell'opportunismo e del riformismo, sono naturalmente costretti ad accettare anche la loro concezione sulle questioni attuali della lotta del proletariato, ad approvare ed accettare la loro tattica. Noi ringraziamo il compagno Serrati della sua franchezza in questa occasione. Oggi Serrati riconosce francamente la concentrazione socialista. Ciò serve a gettare una gran luce sulla situazione.
Il compagno Serrati non riconosce che l'occupazione delle fabbriche da parte degli operai è un fatto di carattere rivoluzionario; si tratta, invece, di un atto rivoluzionario per eccellenza ! Poiché gli operai sono spinti a questa azione dal lockaut e dal sabotaggio della borghesia, poiché con l'occupazione delle fabbriche, essi vogliono strappare la produzione dalle mani della borghesia e trasformare le relazioni della proprietà: abolire la proprietà privata dei mezzi di produzione e trasformarla in proprietà collettiva della società. Un'altra questione è questa: sapere fino a qual punto il Partito socialista italiano e la Confederazione Generale del Lavoro hanno approfittato dell'azione rivolu
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zionaria delle masse operaie per migliorare la loro coscienza e creare la[...]

[...] qual punto il Partito socialista italiano e la Confederazione Generale del Lavoro hanno approfittato dell'azione rivolu
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zionaria delle masse operaie per migliorare la loro coscienza e creare la loro organizzazione, per unificare questa lotta con la lotta generale del proletariato e dirigerla verso lo scopo principale: la conquista del potere politico. La C.G.d.L. e il P.S.I. non hanno compiuto il proprio dovere. La C.G.d.L. ha rifiutato di cedere la direzione della lotta al Partito... (Nuove e vivaci interruzioni. Il tumulto nella sala raggiunge in breve una forma quasi violenta. Le invettive fra l'una e l'altra frazione si incrociano. Tra i palchi e la platea è un continuo gridare e la Presidenza é veramente impotente a dominare il tumulto. Dopo qualche decina di minuti la calma ritorna).
KABAKTCEFF: Prego il Congresso di ascoltare fino alla fine, con pazienza, la parola del Comitato esecutivo della Terza Internazionale.
SERRATI, (applausi e rumori): Compagni ! Pregato dalla Presidenza e dal compagno Kabaktceff aggiungo la mia raccomandazione affinché questa discussione si svolga nel modo piú tranquillo e pacifico che sia possibile. Io mi spiego perfettamente l'irritazione dell'animo vostro. C'é in noi un sentimento ed una passione vivissima. Non è possibile che noi italiani stiamo qui dentro come in una chiesa: siamo congressisti pieni di passione, di sentimento, di volontà di dire tutte quante le cose nostre, ma appunto per questo, perché si tratta di un argomento della massima importanza, poiché non si tratta dell'avvenire del Partito — che non è niente o che almeno è poco — ma del proletariato[...]

[...]— che non è niente o che almeno è poco — ma del proletariato e della rivoluzione italiana, appunto per questo io penso che noi dovremmo essere piú tranquilli, piú sereni nell'esplicazione del mandato che le nostre Sezioni ci hanno affidato.
Il Comitato della Terza Internazionale, alla quale noi siamo aderenti, ha perfettamente il diritto di dire tutta la sua opinione, e se questa opinione può essere offensiva per qualcuno di noi, noi dobbiamo accettare anche l'offesa: ce ne difenderemo dopo. (Applausi). Non abbiate timore, o compagni, non crediate che coloro che voi sentite in certo qual modo diminuiti da apprezzamenti che ritenete errati, non abbiano la capacità e la possibilità di esporre tutta ed intera la loro difesa, anzi, io vi faccio osservare che questa vostra irritazione, queste vostre interruzioni, questo vostro — quasi, almeno in apparenza — tentativo di sabotaggio (e tale potrebbe parere a chi non conosce le nostre discussioni, a chi non sa come noi poco rispettiamo tutte le autorità, come siamo per eccellenza individualisti ed anarchici di temperamento), queste interruzioni potrebbero far credere che noi non abbiamo argomenti da opporre agli argomenti che questa relazione porta. Tali argomenti sono svolti in una forma alla quale non siamo abitua
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ti, ma dobbiamo abituarci un poco alla forma internazionalistica, dobbiamo abituarci a sentire i compagni nostri degli altri paesi. Siamo abituati ad una forma piú cortese, piú molle, piú aleatoria. D'altra parte invece, altri è abituato ad una forma rude. Accettiamo anche la forma rude: risponderemo con la nostra forma e dimostreremo di aver[...]

[...]d anarchici di temperamento), queste interruzioni potrebbero far credere che noi non abbiamo argomenti da opporre agli argomenti che questa relazione porta. Tali argomenti sono svolti in una forma alla quale non siamo abitua
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ti, ma dobbiamo abituarci un poco alla forma internazionalistica, dobbiamo abituarci a sentire i compagni nostri degli altri paesi. Siamo abituati ad una forma piú cortese, piú molle, piú aleatoria. D'altra parte invece, altri è abituato ad una forma rude. Accettiamo anche la forma rude: risponderemo con la nostra forma e dimostreremo di avere ragione.
Per queste ragioni, mi unisco completamente alla raccomandazione fatta dal compagno Kabaktceff ed a quella fatta dalla Presidenza del Congresso, acciocché questa nostra adunanza continui ad essere serena, pacifica, tranquilla, ed in essa tutti quanti possano esprimere largamente, con la massima libertà, le proprie idee. (Applausi).
MISIANO (riprende la lettura): ...il Partito, da parte sua, inceppato dai riformisti e dai comunisti unitari, dai centristi, non era in condizioni di prendere nelle sue mani la direzione di questa lotta rivoluzionaria, malgrado la maggioranza del C.C. si fosse espressa in tale senso. Il compagno Serrati nega anche il carattere rivoluzionario della occupazione delle terre di proprietà dei grandi proprietari terrieri, da parte degli operai agricoli, dei semiproprietari e dei piccoli contadini. Ma anche questa è un'azione rivoluzionaria per eccellenza, poiché è la presa violenta di possesso delle terre dalle mani di una classe (quella dei grandi proprietari terrieri), e la sua trasmissione nelle mani di un'altra classe: quella dei proletari e dei semiproletari. Se questo movimento, che è, per sua essenza, un movimento rivoluzionario delle masse contadine sfruttate ed oppresse, è sfruttato dai grandi Partiti borghesi; se questa lotta non si inserisce in quella del proletariato delle città in una lotta comune, unificata, cosciente e organizzata per la conquista del potere politico e per l'espropriazione della borghesia e dei grandi proprietari terrieri, la responsabilità ricade sul P.S.I. la cui lotta e la cui azione rivoluzionaria è ostacolata dai riformisti e dai centristi.
È appunto su questa questione, la piú importante, quella della lotta del proletariato e delle masse lavoratrici contadine in Italia, che il compagno Serrati si trova in pieno accordo con i riformisti, ma egli è d'accordo con essi anche sul giudizio dell'azione generale dell'Italia e dell'intero mondo capitalista, quando nega che le condizioni per la rivoluzione proletaria sono mature. È forse strano, dopo ciò, che il compagno Serrati si dichiara contro l'espulsione dei riformisti e per conseguenza, si pronunci contro una di quelle piú importanti decisioni del Congresso dell'Internazi[...]

[...] che le condizioni per la rivoluzione proletaria sono mature. È forse strano, dopo ciò, che il compagno Serrati si dichiara contro l'espulsione dei riformisti e per conseguenza, si pronunci contro una di quelle piú importanti decisioni del Congresso dell'Internazionale comunista? È vero che il compagno Serrati, dopo avere fatta l'apologia dei riformisti e della loro tattica, si dichiarò, all'inizio della discussione, anche disposto a fare una conces
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sione all'Internazionale comunista, ed escludere dal Partito qualche riformista, ma egli è disposto a sacrificare qualche riformista, come persona, per salvaguardare e salvare il riformismo nel Partito, come tendenza.
Ma il compagno Serrati, non soltanto si dichiara contro questa decisione del Secondo Congresso dell'Internazionale comunista: egli si dichiara anche contrario a quasi tutte le risoluzioni del Congresso di Mosca: contro le tesi della questione agraria, della questione nazionale e coloniale, della questione sindacale, ecc. Qual'è lo spirito delle tesi dell'Internazionale c[...]

[...] si dichiara contro questa decisione del Secondo Congresso dell'Internazionale comunista: egli si dichiara anche contrario a quasi tutte le risoluzioni del Congresso di Mosca: contro le tesi della questione agraria, della questione nazionale e coloniale, della questione sindacale, ecc. Qual'è lo spirito delle tesi dell'Internazionale comunista sulla questione agraria? L'Internazionale comunista dichiara che il proletariato rivoluzionario, per vincere il suo principale nemico, la classe capitalistica, deve conquistarsi l'appoggio non soltanto del proletariato agricolo, ma anche l'appoggio dei semiproletari e dei piccoli proprietari contadini, neutralizzare i contadini medi e schiacciare con la forza i grandi proprietari terrieri. Questa tattica rivoluzionaria si impone al proletariato in seguito all'esperienza della rivoluzione russa e la situazione dei contadini nei paesi capitalisti. Per la riuscita di questa tattica, l'Internazionale comunista dichiara che il proletariato vincitore deve cedere ai semiproprietari contadini un po' di te[...]

[...]oletariato agricolo, ma anche l'appoggio dei semiproletari e dei piccoli proprietari contadini, neutralizzare i contadini medi e schiacciare con la forza i grandi proprietari terrieri. Questa tattica rivoluzionaria si impone al proletariato in seguito all'esperienza della rivoluzione russa e la situazione dei contadini nei paesi capitalisti. Per la riuscita di questa tattica, l'Internazionale comunista dichiara che il proletariato vincitore deve cedere ai semiproprietari contadini un po' di terra per conservare la terra ai proprietari contadini fino al momento in cui, collo sviluppo delle comunità agricole e delle grandi proprietà collettive agricole, e il consolidamento dell'industria nazionalizzata, ecc., maturino le condizioni per la socializzazione completa della terra. Questa tattica, è forse in contraddizione con i principi del socialismo rivoluzionario? Niente affatto. Anche i fondatori del socialismo scientifico, Marx ed Engels, dimostravano che la piccola proprietà agricola ed i piccoli contadini, continueranno ad esistere per [...]

[...]issione della loro terra in possesso collettivo degli operai agricoli. Con questo, il Partito comunista non si trova in contraddizione con le tesi dell'Internazionale comunista. In generale, il proletariato rivoluzionario risolverà la questione agraria, secondo le condizioni particolari di ogni paese, re
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stando però sempre fedele alla tattica rivoluzionaria — sanzionata dall'Internazionale comunista — di conquistare la grande massa lavoratrice contadina (e questa massa si compone di semiproletari e di piccoli proprietari contadini) per la rivoluzione proletaria.
Non l'Internazionale comunista, ma il compagno Serrati si trova in contraddizione con i principi del socialismo rivoluzionario scientifico. Ma perché il compagno Serrati è contrario alla occupazione delle grandi proprietà fondiarie da parte dei semiproprietari contadini? Perché egli non crede e non vuole la prossima rivoluzione, perché egli nega che noi ci troviamo in una situazione ed in un'epoca rivoluzionaria. Il compagno Serrati è contro l'azione rivoluzionaria dei con[...]

[...] rivoluzione, perché egli nega che noi ci troviamo in una situazione ed in un'epoca rivoluzionaria. Il compagno Serrati è contro l'azione rivoluzionaria dei contadini, come è contro l'azione rivoluzionaria degli operai, perché egli è, in generale, contro la rivoluzione.
Il compagno Serrati espone le tesi dell'Internazionale comunista sulla questione nazionale e coloniale, in una maniera tale come se queste medesime tesi imponessero al P.S.I. di cessare la sua latta contro la borghesia nazionalista e di solidarizzare con la politica nazionalista della sua borghesia. Ma questa è una interpretazione arbitraria delle tesi. Noi, comunisti dei Balcani, abbiamo anche noi condotto una latta lunga ed accanita contro la nostra borghesia che, con la sua politica nazionalista di conquista, ha spinto i popoli balcanici nelle guerre balcaniche, e, piú tardi, nella grande guerra imperialista. Noi continuiamo ancora oggi, con crescente energia, la nostra lotta contro la nostra borghesia nazionalista e, malgrado ciò, noi accettiamo completamente le tes[...]

[...]a borghesia nazionalista e di solidarizzare con la politica nazionalista della sua borghesia. Ma questa è una interpretazione arbitraria delle tesi. Noi, comunisti dei Balcani, abbiamo anche noi condotto una latta lunga ed accanita contro la nostra borghesia che, con la sua politica nazionalista di conquista, ha spinto i popoli balcanici nelle guerre balcaniche, e, piú tardi, nella grande guerra imperialista. Noi continuiamo ancora oggi, con crescente energia, la nostra lotta contro la nostra borghesia nazionalista e, malgrado ciò, noi accettiamo completamente le tesi della Internazionale comunista sulle questioni nazionali e coloniali, perché con queste tesi, l'Internazionale comunista non preconizza la unione con la borghesia nazionalista, ma, al contrario, obbliga tutti i Partiti comunisti a lottare contro la politica di conquista della borghesia nazionalista, e a sostenere i popoli soggetti delle colonie nella loro lotta contro i Governi imperialisti. L'unione del proletariato, non già con la borghesia nazionalista, ma con i popoli soggetti e sfruttati: ecco la tattica dell'I.C. sanzionata dalle tesi sulla questione nazional[...]

[...]be il crack del piú potente capitalismo, del capitalismo inglese. Il proletariato internazionale che lotta per la sua emancipazione, commetterebbe un delitto verso la propria classe e verso i popoli oppressi che lottano per l'emancipazione nazionale, se non tendesse a questi popoli la sua mano fraterna. L'unione fra il proletariato rivoluzionario ed i popoli oppressi che insorgono e fanno la rivoluzione e la guerra contro l'imperialismo, è una necessità per la vittoria della rivoluzione comunista universale. I Governi imperialisti attaccati dal proletariato nell'interno dei loro paesi e dai popoli oppressi all'esterno, saranno finalmente spazzati via.
Ecco il profondo senso rivoluzionario delle tesi sulla questione nazionale e coloniale accettate dalla I.C. Ma il compagno Serrati non pub
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o non vuole comprendere questo significato, ed accusa l'Internazionale comunista di aver preparato l'unione con le classi dominanti dei paesi coloniali, e perciò di aver tradito le tradizioni rivoluzionarie del socialismo. Ancora una volta il compagno Serrati cade in un profondo errore. Proprio Marx ed Engels furono quelli che con la piú grande energia lottarono per la liberazione dei popoli irlandesi e polacchi. L'I.C. continua questa gloriosa tradizione rivoluzionaria dei fondatori del comunismo. Le accuse del compagno Serrati sono dimostr[...]

[...]si coloniali, e perciò di aver tradito le tradizioni rivoluzionarie del socialismo. Ancora una volta il compagno Serrati cade in un profondo errore. Proprio Marx ed Engels furono quelli che con la piú grande energia lottarono per la liberazione dei popoli irlandesi e polacchi. L'I.C. continua questa gloriosa tradizione rivoluzionaria dei fondatori del comunismo. Le accuse del compagno Serrati sono dimostrate false dai seguenti brani delle tesi accettate dal primo Congresso dei popoli orientali a Baku:
« La rivoluzione delle masse lavoratrici nei paesi orientali non sarà condotta a termine che con la soppressione del dominio degli imperialisti stranieri... I contadini dei paesi orientali, come cosí i contadini russi, continueranno la loro rivoluzione, fino ad una immensa rivoluzione agraria dei contadini che avrà come risultato il trasferimento del possesso della terra nelle mani delle masse lavoratrici contadine e la soppressione di ogni sfruttamento. Cosí, come i contadini russi hanno compiuto la loro rivoluzione agraria con l'appoggi[...]

[...]paesi orientali, il potere dei Consigli degli operai e dei contadini ».
Ma il compagno Serrati, per provare che l'I.C. aveva raccomandato la unione con la borghesia nazionalista, ripete ancora una volta la favola che aveva già fatto il giro del mondo nella stampa borghese. Si tratta della partecipazione di Enver Pascià al Congresso di Baku. È vero che Enver Pascià assisteva al Congresso di Baku, ma vi assisteva, non come delegato, ma come semplice ospite. La verità è che Enver Pascià non ha avuto la parola al Congresso; ma il Presidente del Congresso ha letto una sua dichiarazione, e sotto proposta del Presidente del Congresso, a proposito di questa dichiarazione medesima, il Congresso ha votato una risoluzione in cui è detto:
« 2.° — Il Congresso constata che il movimento nazionale rivolu
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zionario in Turchia è diretto esclusivamente contro gli oppressori stranieri e che una riuscita di questo movimento non significherebbe affatto l'emancipazione degli operai contadini turchi da ogni oppressione e da ogni sfruttamento. La riuscit[...]

[...] da ogni sfruttamento. La riuscita di questo movimento non avrebbe risolto le questioni piú importanti per le classi lavoratrici turche: la questione agraria e la questione delle imposte, e non avrebbe per nulla scartati gli antagonismi nazionali, che sono l'ostacolo principale dell'emancipazione dell'Oriente.
« Il Congresso domanda particolarmente la precauzione verso i capi che hanno nel passato trascinato i contadini e gli operai turchi al macello per gli interessi di un gruppo imperialista... Il Congresso esige da questi capi di provare con i fatti che essi sono ora pronti a riparare i loro errori e combattere per gli interessi delle masse lavoratrici. Il Congresso, invitando le masse lavoratrici turche e di tutto l'Oriente a sostenere il movimento generale, nazionale e rivoluzionario, chiama i contadini e gli operai della Turchia ad unirsi in organizzazioni indipendenti ed essere pronti a continuare la lotta fino all'emancipazione definitiva ».
Come vedete, la I.C., non soltanto ha respinto ogni legame con i capi nazionalisti tur[...]

[...]zazioni indipendenti ed essere pronti a continuare la lotta fino all'emancipazione definitiva ».
Come vedete, la I.C., non soltanto ha respinto ogni legame con i capi nazionalisti turchi e del Partito giovane turco, coinvolti nella guerra imperialistica, ma ha condannato i suoi capi ed ha insegnato alle masse lavoratrici turche di essere caute verso la politica nazionalista delle classi dominanti.
No, compagno Serrati, la I.C. non vi chiede di cessare la lotta contro la borghesia nazionalista ed ancor meno di concludere l'unione con essa. Al contrario vi chiede di lottare con un'energia maggiore, con intransigenza e con coraggio contro la politica nazionalista ed imperialista della borghesia italiana; vi chiede di opporvi con tutte le forze alla politica di confisca dell'Italia nei Balcani, in Asia Minore ed in Africa e di tendere la mano fraterna ai popoli soggetti che si ribellano e lottano per distruggere il dominio coloniale, per emanciparsi dal giogo economico e nazionale dell'imperialismo italiano. È questo che vi chiede l'I.C.,[...]

[...]iede di opporvi con tutte le forze alla politica di confisca dell'Italia nei Balcani, in Asia Minore ed in Africa e di tendere la mano fraterna ai popoli soggetti che si ribellano e lottano per distruggere il dominio coloniale, per emanciparsi dal giogo economico e nazionale dell'imperialismo italiano. È questo che vi chiede l'I.C., ma voi, anche su di questa questione, passate nel campo degli opportunisti e dei riformisti, sostenitori della « pace civile » con la borghesia, sia in tema di politica interna, che in tema di politica estera, e che rifiutano di dare il loro appoggio ai popoli coloniali insorti per emanciparsi dalla dominazione borghese e imperialista. Noi calpestiamo energicamente questo tradimento e dichiariamo che gli interessi del proletariato internazionale e dei popoli oppressi dell'impe
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rialismo esigono che essi si uniscano formando un fronte unico contro i Governi imperialisti.
Il compagno Serrati ed i comunisti unitari si sono trovati sullo stesso terreno dei riformisti anche sulla questione sindacale. I dirig[...]

[...]one della C.G.d.L. dall'Internazionale di Amsterdam e per la sua adesione alla Internazionale sindacale rossa di Mosca.
Nei paesi balcanici — Bulgaria, Jugoslavia, Grecia e Rumania — le Unioni sindacali si sono affiliate alla Internazionale sindacale di Mosca, durante la conferenza interbalcanica tenuta il 3 ed il 4 di novembre 1920. Davanti al Partito italiano, si aprono due vie: l'una per Amsterdam, l'altra per Mosca. Quale di queste due vie sceglierete?
Voci da vari punti della sala: Mosca ! Mosca !
MisIANO: I riformisti ed i semi riformisti vi indicano la via di Amsterdam; l'Internazionale comunista vi chiama a prendere ed a camminare coraggiosamente sulla via di Mosca. E il C.E. dell'I.C. è pro
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fondamente convinto che voi sceglierete e camminerete sulla via di Mosca.
È dunque perfettamente chiaro che i riformisti dichiarati, con Turati alla testa, come pure i semi riformisti chiamati « comunisti unitari » che vanno con Serrati, sono in contraddizione ed in opposizione di principi con l'I.C.; sono contro il suo programma e la sua tattica.
Ma se i riformisti dichiarati non dissimulano piú questa opposizione, i semi riformisti che hanno preso il nome di « comunisti unitari » dissimulano, mediante una fraseologia confusionaria, il loro arretrarsi davanti ai principi della I.C. A tale scopo questi ultimi fanno uso di[...]

[...]osizione alle tesi dell'I.C. con il « principio democratico » dell'autonomia dei Partiti appartenenti alla Internazionale. Ma non è dunque in nome di questa autonomia che gli opportunisti e i riformisti hanno sabotato per venti anni le deliberazioni dei Congressi della Seconda Internazionale, dichiarando che quelle risoluzioni non erano obbligatorie per essi e che ogni Partito socialista nazionale è autonomo e che, per conseguenza, è libero di accettare o no, di realizzare o no, le decisioni dell'Internazionale?
È precisamente questa celebre « autonomia », giustificata sempre con le « condizioni particolari » e con il « principio della libertà », quella che ha infranto i legami fra i diversi Partiti nella Seconda Internazionale e l'ha infine condotta al suo fallimento completo. La Seconda Internazionale non era un organo unificato e centralizzato del proletariato internazionale. L'Ufficio socialista internazionale, si era trasformato in una buca delle lettere, ed ogni Partito piccoloborghese che si
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dicesse socialista e proponesse la sua adesione, era accettato nell'Internazionale poiché questa si accontentava di una dichiarazione stereotipata e schematica da parte dei Partiti che aderivano ad essa, e non si interessava piú della loro tattica e della loro azione reale.
Quando il nostro Partito — il Partito comunista bulgaro — chiamava in passato il Partita dei socialisti « stretti » a levare ancora la sua voce al Congresso di Copenaghen del 1910 contro questa politica della Seconda Internazionale e dell'Ufficio socialista internazionale, e quando ha domandato l'esclusione degli opportunisti bulgari (chiamati socialisti « larghi »), l'Internazionale è rimasta muta dinanzi a tale protesta. Ebbene: i socialisti « larghi », durante la guerra, hanno sorretto la borghesia nazionalista e dopo la guerra sono divenuti ministri, e per salvare il regime borghesemonarchico in Bulgaria, non si sono peritati di fare scorrere il sangue degli operai bulgari. Gli opportunisti nell'intero mondo hanno tradito nel 191[...]

[...]usati argomenti per le « condizioni speciali » e per l' « autonomia », non fanno altro che ripetere gli errori dell'opportunismo della Seconda Internazionale; poiché sostengono precisamente ciò che fu la piú grande debolezza della Seconda Internazionale e che ha portato al suo vergognoso tradimento ed alla sua caduta. No. L'I.C. non può seguire la via della Seconda Internazionale in fallimento. Al contrario, essa è una organizzazione unificata e centralizzata del proletariato internazionale, con una disciplina ferrea ed una tattica unanime di azione. Il Secondo Congresso dell'Internazionale comunista, ha gettato le basi di questa organizzazione.
I Partiti comunisti debbono sacrificare una parte della propria autonomia; ma ciò essi debbono fare volontieri poiché dipende dai principi e dalla tattica dell'unità nella lotta e nell'azione da parte dei Partiti aderenti all'I.C. Ma i Partiti comunisti hanno diritto di prendere parte alla direzione generale dell'Internazionale. Non è che una calunnia ed una insinuazione l'affermazione che i co[...]

[...] essi debbono fare volontieri poiché dipende dai principi e dalla tattica dell'unità nella lotta e nell'azione da parte dei Partiti aderenti all'I.C. Ma i Partiti comunisti hanno diritto di prendere parte alla direzione generale dell'Internazionale. Non è che una calunnia ed una insinuazione l'affermazione che i compagni russi usino quello che si chiama il knout russo, per maltrattare i Partiti apparte
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nenti all'Internazionale comunista. Al C.E. sono rappresentati 17 Partiti mediante uno o piú delegati: il Partito comunista russo non è rappresentato che da cinque delegati. La maggioranza appartiene dunque ai Partiti comunisti degli altri paesi. Infine, il regolamento dell'I.C. riconosce apertamente il diritto dei Partiti comunisti di decidere con piena libertà le questioni che hanno importanza locale, restando, ben inteso, sulle basi dei principi e della tattica dell'I.C.
Ma, riconoscerete tutti che la lotta contro gli opportunisti e i riformisti non è una questione prettamente interna, ma al contrario, una questione di importanza internazionale colossale. La lotta contro gli opportunisti ed i socialpatrioti, la lotta per l'epurazione del movimento internazionale operaio da questi traditori, costituisce il dovere piú importante dell'I.C. Se essa non è in grado di assolvere questi compiti, non potrà realizzare il suo grande scopo finale e storico: l'abolizione del capitalismo e la realizzazione della società comunista. L'autonomia può essere sostenuta soltanto da coloro che non vogliono romperla con gli opportunisti e che sotto la maschera della autonomia, vogliono conservarli nel Partito, per continuare insieme la triste opera. Questa è oggi la condotta dei comunisti unitari, dei centristi. Non è vero che il Congresso di Mosca e che il C.E. non conoscano le condizioni speciali dell'Italia. D[...]

[...]e essa non è in grado di assolvere questi compiti, non potrà realizzare il suo grande scopo finale e storico: l'abolizione del capitalismo e la realizzazione della società comunista. L'autonomia può essere sostenuta soltanto da coloro che non vogliono romperla con gli opportunisti e che sotto la maschera della autonomia, vogliono conservarli nel Partito, per continuare insieme la triste opera. Questa è oggi la condotta dei comunisti unitari, dei centristi. Non è vero che il Congresso di Mosca e che il C.E. non conoscano le condizioni speciali dell'Italia. Dopo il Congresso i fatti hanno provato al contrario che la I.C. conosceva perfettamente queste condizioni quando prendeva le sue decisioni concernenti il Partita italiano.
È invano che il compagno Serrati ed i comunisti unitari cercano di dissimulare la loro simpatia e la loro solidarietà verso la Russia sovietista. I riformisti ed i semi riformisti del mondo intero, manifestano la stessa solidarietà: perché l'intero proletariato internazionale è per la rivoluzione russa e la Russia sovietista.
SERRATI: L'abbiamo dimostrato quando eravamo soli !
MISIANo: Gli opportunisti sanno benissimo che se essi si dichiarano apertamente e francamente contro la Russia sovietista e la rivoluzione proletaria russa, perderebbero la loro influenza sulle masse. (Applausi, rumori). E quindi per timore di divulgare e smascherare la loro [...]

[...]etista.
SERRATI: L'abbiamo dimostrato quando eravamo soli !
MISIANo: Gli opportunisti sanno benissimo che se essi si dichiarano apertamente e francamente contro la Russia sovietista e la rivoluzione proletaria russa, perderebbero la loro influenza sulle masse. (Applausi, rumori). E quindi per timore di divulgare e smascherare la loro politica opportunista sono costretti a fingere una politica ipocrita verso la Russia dei Soviet. (Applausi).
Voce: Cattive informazioni !
MISIAN0: I comunisti unitari, che si dichiarano contrari alla frazione comunista ed all'I.C. pretendono in pari tempo di essere pure nemici dei riformisti. In altri termini essi formano il centro e non devano protestare quando noi li chiamiamo centristi. Ma il centro ed i
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centristi sostengono la parte piú nefasta nel movimento operaio dopo la guerra imperialistica. I riformisti ed i socialpatrioti, che durante la guerra sono stati apertamente in favore della pace civile con la borghesia, che hanno cioè sostenuto la guerra imperialistica e dopo di essa sono entrati in gran parte nei Governi capitalistici, sono passati apertamente nel campo dei controrivoluzionari ed hanno sparso il sangue di migliaia di operai per schiacciare la rivoluzione comunista (Scheidemann e Noske in Germania, Pastukoff e Sasikoff in Bulgaria), i riformisti ed i socialpatrioti si sono smascherati completamente. Le masse proletarie già li abbandonano. La prova piú eloquente di questo fatto sta nel fallimento della Seconda Internazionale, alla quale essi aderivano. Ma oggi i nemic[...]

[...] ed hanno sparso il sangue di migliaia di operai per schiacciare la rivoluzione comunista (Scheidemann e Noske in Germania, Pastukoff e Sasikoff in Bulgaria), i riformisti ed i socialpatrioti si sono smascherati completamente. Le masse proletarie già li abbandonano. La prova piú eloquente di questo fatto sta nel fallimento della Seconda Internazionale, alla quale essi aderivano. Ma oggi i nemici piú pericolosi della rivoluzione proletaria sono i centristi perché essi, mentre a parole si dichiarano nemici dei riformisti, di fatto ne continuano la politica. Prendete ad esempio ció che hanno fatto i centristi in Germania dopo la rivoluzione del novembre 1918. Nel momenta piú decisivo, quando davanti al proletariato tedesco era aperta la via di una piú stretta alleanza colla rivoluzione proletaria russa, colla Russia sovietista, una alleanza che avrebbe consolidato definitivamente la rivoluzione proletaria russa, una alleanza che avrebbe risparmiato molte vittime al proletariato tedesco ed avrebbe accelerato la vittoria della rivoluzione proletaria universale, proprio in quel momento il centro ed i centristi tedeschi, guidati da Kautsky, Haase, Dittmann, Crispien, ecc., hanno respinto la mano tesa loro dal proletariato russo, I partigiani di Scheidemann e gli indipendenti del centro hanno preferito stringere un tacito patto di alleanza con l'imperialismo dell'Intesa ed in questo modo essi hanno commesso il piú grande delitto non solo contro la rivoluzione russa, ma anche contro la rivoluzione tedesca e la rivoluzione mondiale. Questo stesso centro, nei momenti piú decisivi della lotta rivoluzionaria del proletariato tedesco durante i mesi di gennaio e marzo 1919, come durante i mesi di marzo ed aprile 1920, quando le masse operaie avevano perduto la fiducia nei socialpatrioti e quando dalla loro adesione alla minoranza comunista dipendeva la vittoria della rivoluzione, in quel momento i centristi hanno paralizzato l'azione del proletariato, lo hanno condannato alla inattività e con ciò hanno preparato il suo schiacciamento. Nel movimento operaio internazionale, il centro è oggi il principale sostegno del dominio della borghesia e della controrivoluzione internazionale.
I centristi italiani che si chiamano comunisti unitari adempiono lo stesso compito. (Rumori). Con la loro fraseologia confusionaria essi confondono e dissimulano le differenze tra il comunismo e l'opportu
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nismo, essi impediscono ed ostacolano la emancipazione delle masse dalla influenza dei riformisti e dei socialpatrioti, essi impediscono lo sviluppo della coscienza rivoluzionaria e della organizzazione rivoluzionaria del proletariato italiano. Oggi giorno i centristi, non volendo rompere la loro amicizia con i riformisti, dimostrano di essere i nemici piú pericolosi della rivoluzione prolet[...]

[...]i che si chiamano comunisti unitari adempiono lo stesso compito. (Rumori). Con la loro fraseologia confusionaria essi confondono e dissimulano le differenze tra il comunismo e l'opportu
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nismo, essi impediscono ed ostacolano la emancipazione delle masse dalla influenza dei riformisti e dei socialpatrioti, essi impediscono lo sviluppo della coscienza rivoluzionaria e della organizzazione rivoluzionaria del proletariato italiano. Oggi giorno i centristi, non volendo rompere la loro amicizia con i riformisti, dimostrano di essere i nemici piú pericolosi della rivoluzione proletaria. Non è per nulla che i riformisti li accarezzano e li sostengono, non invano la borghesia stessa manifesta già le simpatie verso di essi. (Applausi, rumori, interruzioni).
Voce: Bagole !
MISIAN0: Essa vede molto bene che i centristi ed i riformisti si collocano sopra la stessa base e che domani, nelle lotte decisive, i centristi italiani si comporteranno allo stesso modo dei centristi tedeschi. (Rumori, interruzioni, battibecchi).
Ma forse che i centristi non hanno già sostenuto gli opportunisti i quali hanno tradito gli operai ed i contadini, durante gli ultimi movimenti rivoluzionari, condannando alla paralisi ed all'insuccesso la loro lotta per l'occupazione delle fabbriche e dei campi?
I comunisti unitari ed i centristi si sono dimostrati incapaci di comprendere l'attuale periodo rivoluzionario e di elevarsi all'altezza dei grandi doveri storici della rivoluzione proletaria mondiale. È il loro difetto, è la loro debolezza, è la disgrazia loro. Essi, al pari dei riformisti, sono rimasti prigionieri della ideologia propria di quel periodo dei movimento rivoluzionario internazionale proletario durante il quale è nato e si è sviluppato l'opportunismo. È noto che Marx ed Engels hanno posto le basi del socialismo scientifico e rivoluzionario nel periodo che corre dal 1848 al 1871, periodo di rivoluzione e d[...]

[...]gels hanno posto le basi del socialismo scientifico e rivoluzionario nel periodo che corre dal 1848 al 1871, periodo di rivoluzione e di guerra. Le armi teoriche e tattiche del proletariato rivoluzionario internazionale sono state temprate nel fuoco delle lotte rivoluzionarie. Ma dopo lo schiacciamento della Comune di Parigi, è cominciato un periodo relativamente tranquillo di sviluppo del capitalismo, senza guerre e senza rivoluzioni, nella crescente prosperità dell'industria. La generazione dei militanti socialdemocratici, la quale è stata educata durante questo periodo, mentre il movimento proletario si limitava alla azione parlamentare e legale, ha aperto le porte del socialismo all'opportunismo, di cui sono usciti dal suo seno gli apostoli. Nelle loro mani l'Internazionale ha cessato di essere l'organizzazione di lotta della classe per l'emancipazione proletaria e nel momento decisivo, nel 1914, è passata apertamente nel campo della borghesia.
L'imperialismo e la guerra imperialistica hanno aperto un'epoca nuova di battaglie e di rivoluzioni. Nonostante il tradimento della 2'
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Internazionale, una parte del proletariato, prima minoranza insignificante, ma in seguito minoranza sempre piú forte, è rimasta fedele alle tradizioni rivoluzionarie del marxismo. Sotto la bandiera del marxismo ha vinto il proletariato russo, sotto la sua bandiera oggi si radunanonell'Inte[...]

[...]nto della 2'
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Internazionale, una parte del proletariato, prima minoranza insignificante, ma in seguito minoranza sempre piú forte, è rimasta fedele alle tradizioni rivoluzionarie del marxismo. Sotto la bandiera del marxismo ha vinto il proletariato russo, sotto la sua bandiera oggi si radunanonell'Internazionale comunista milioni di operai. La nuova epoca rivoluzionaria esige metodi di lotta e di organizzazione rivoluzionaria. Chi non é capace di comprendere e di adottare questi metodi sarà schiacciato e respinto dalla corrente vittoriosa della rivoluzione proletaria. Tale é, e non potrà essere altro, il destino dei centristi italiani, se essi non si correggono e non dimostrano di essere capaci di comprendere i doveri della rivoluzione. L'Internazionale comunista vi chiede di correggere i vostri errori e le vostre manchevolezze e di raccogliervi con coraggio e dignità sotto il suo stendardo rivoluzionario spiegato.
L'Italia si trova in una crisi rivoluzionaria permanente. Dopo la guerra, durante l'estate del 1919, è cominciato il movimento di masse contro il rincaro dei viveri, il quale in molte località é giunto fino alla creazione dei Consigli di operai e delle guardie rosse. Da allora gli scioperi e le [...]

[...]le provocazioni organizzate dalla reazione borghese diventano sempre piú numeroseLa borghesia, il cui potere dopo la guerra era scosso ad un punto tale che essa non riusciva piú a respingere gli attacchi della classe operaia, a poco a poco si è rafforzata. Essa si organizza ogni giorno di piú e diventa ogni giorno piú insolente e piú violenta nello schiacciare i tentativi di lotta degli operai. La borghesia ha organizzato un corpo speciale di mercenari ed una guardia bianca con i quali oggi essa compie gli eccidi e le provocazioni parziali per spezzare lo slancio rivoluzionario, per disorganizzare le forze proletarie, per creare tra operai e contadini in latta il terrore, lo smarrimento e l'apatia. Domani la borghesia, se il proletariato le lascia il tempo di rafforzarsi e di organizzarsi ancora di piú, passerà dalla difensiva all'offensiva (applausi), e cercherà di dare colpi mortali alla rivoluzione italiana schiacciando le forze del proletariato nei principali centri industriali.
In tutto il mondo capitalistico la borghesia internazionale, per
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schiacciare la rivoluzione proletaria in marcia, scatena con sempre maggiore intensità la guerra civile. Non v'è un solo paese europeo in cui non sia stato organizzato un corpo speciale di mercenari, in cui non sia stata organizzata una guardia bianca, in cui non si organizzino eccidi proletari. In Germania, in Ungheria, in CecoSlovacchia, in Ita lia, in Irlanda, in Ispagna, nei Balcani, dappertutto la borghesia fa scorrere il sangue delle classi oppresse che lottano per la loro emancipazione. Per schiacciare l'insurrezione dei paesi coloniali, i Governi imperialisti continuano d'altra parte la guerra nell'Asia Minore ed in altre colonie.
Le potenze dell'Intesa poi, nonostante la crisi e la miseria delle masse popolari, continuano ad accrescere loro eserciti e le loro flotte. Ci troviamo in un periodo di rivalità e di armamenti inauditi degli Stati capitalisti. Gli antagonismi ed i conflitti fra gli Stati Uniti da una parte e l'Inghilterra ed il Giappone dall'altra, quelli che sussistono ancora tra l'Inghilterra e la Francia, in Europa ed in Asia, e cosí via, questi antagonismi e questi conflitti spingono inevitabilmente verso una nuova guerra imperialistica per la conquista dei paesi dell'Oceano Pacifico, dell'Asia centrale ed orientale e per il dominio del mercato internazionale. Se la rivoluzione proletaria universale non imped[...]

[...]eserciti e le loro flotte. Ci troviamo in un periodo di rivalità e di armamenti inauditi degli Stati capitalisti. Gli antagonismi ed i conflitti fra gli Stati Uniti da una parte e l'Inghilterra ed il Giappone dall'altra, quelli che sussistono ancora tra l'Inghilterra e la Francia, in Europa ed in Asia, e cosí via, questi antagonismi e questi conflitti spingono inevitabilmente verso una nuova guerra imperialistica per la conquista dei paesi dell'Oceano Pacifico, dell'Asia centrale ed orientale e per il dominio del mercato internazionale. Se la rivoluzione proletaria universale non impedisce ai Governi imperialisti di realizzare i loro scopi sanguinari, i popoli saranno presto condotti ad un nuovo macella, ad una rovina, ad una catastrofe ancora piú orribile. Per soffocare il focolare della rivoluzione internazionale, la Russia sovietista, i Governi capitalistici hanno fatto tutto cid che era loro possibile. Ma non vi sono riusciti. Il popolo rivoluzionario russo ha respinto eroicamente tutti gli attacchi, ed oggi la grande Repubblica sovietista è piú forte che mai, tanto che se sarà spinto contra di essa qualcun altro degli Stati vassalli dell'Intesa, essa ha forze sufficienti non solo per respingere l'attacco, ma per passare dalla difensiva alla offensiva, per mettere fine a queste provoc[...]

[...]e provocazioni e per garantire il suo pacifico sviluppo. Ma essa può fare ciò ad una sola condizione: che il proletariato europeo le tenda una mano fraterna e si risollevi per unire le sue forze a quelle del proletariato russo. Perciò oggi non basta piú, nei riguardi della Russia, usare la parola neutralità. Anche il proletariato europeo deve passare dalla difensiva all'offensiva e l'Internazionale comunista non fa altro che unire, organizzare e centralizzare le forze proletarie del mondo intero per questa offensiva.
In queste condizioni il Partita comunista italiano ha un dovere supremo ed urgente, quello di creare subito una organizzazione ben centralizzata e disciplinata del proletariato italiano, di unificare e coordi
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nare gli sforzi rivoluzionari parziali in un grande e profondo movimento rivoluzionario e di dirigerlo coscientemente verso la conquista del potere politico e l'instaurazione della dittatura proletaria. In seguito, il Partita comunista italiano ha il dovere supremo ed urgente di unire le forze proletarie dell'Italia con quelle degli altri paesi dell'Europa e del mondo intero, di stringere il fronte unico nelle file dell'Internazionale comunista per assicurare ed affrettare la vittoria della rivoluzione. È ormai te[...]

[...]rgente di unire le forze proletarie dell'Italia con quelle degli altri paesi dell'Europa e del mondo intero, di stringere il fronte unico nelle file dell'Internazionale comunista per assicurare ed affrettare la vittoria della rivoluzione. È ormai tempo che i proletari ed i socialisti rivoluzionari d'Italia prendano coscienza di questo dovere. Non vi è un giorno, non vi è un'ora da perdere per creare un Partito comunista solido, bene organizzato, centralizzato, disciplinato, penetrato della coscienza della necessità della prossima rivoluzione e preparato alle piú grandi lotte.
Voce: Bucco ! (Rumori violenti).
BORDIGA: Cretino ! Idiota ! Cominci male la tua carriera ! (Nuove insolenze e scambio vivace di invettive fra secessionisti e unitari).
MisIANo: Ma il Partita comunista italiano non è in grado di compiere questo dovere se non si libera dai riformisti che restano nelle sue file per disorganizzarlo e per sabotare la sua lotta rivoluzionaria; che nei momenti decisivi paralizzeranno la sua azione e consegneranno la fortezza nelle mani del nemico; che preparano, insomma, lo schiacciamento della rivoluzione. Il primo dovere di ogni Partito socialista e dell'Internazionale, dovere che è stato compiuto dai Partiti comunisti in quasi tutti i paesi, è quello di liberarsi dagli opportunisti. Questo dovere deve esse[...]

[...]zione e consegneranno la fortezza nelle mani del nemico; che preparano, insomma, lo schiacciamento della rivoluzione. Il primo dovere di ogni Partito socialista e dell'Internazionale, dovere che è stato compiuto dai Partiti comunisti in quasi tutti i paesi, è quello di liberarsi dagli opportunisti. Questo dovere deve essere compiuto anche dal Partita italiano. Come condizione preliminare per la sua origine ed il suo sviluppo, il Congresso deve accettare le decisioni del 2° Congresso dell'Internazionale comunista ed escludere i riformisti dal Partito. I comunisti unitari, cioè i centristi, hanno libertà di scegliere una di queste due vie: o accettare questa deliberazione dell'Internazionale comunista, la quale è contenuta nella mozione proposta dalla frazione comunista, o uscire dall'Internazionale comunista insieme ai riformisti. (Applausi).
Noi siamo convinti che la grande maggioranza del proletariato italiano andrà coll'Internazionale comunista e non coi riformisti. Noi vogliamo credere, altre a ciò, che parecchi di coloro che finora sono stati dubbiosi si decideranno infine a prendere una posizione netta schierandosi decisamente sotto la bandiera dell'Internazionale comunista che è pure la bandiera della rivoluzione proletaria r[...]

[...] siamo convinti che la grande maggioranza del proletariato italiano andrà coll'Internazionale comunista e non coi riformisti. Noi vogliamo credere, altre a ciò, che parecchi di coloro che finora sono stati dubbiosi si decideranno infine a prendere una posizione netta schierandosi decisamente sotto la bandiera dell'Internazionale comunista che è pure la bandiera della rivoluzione proletaria russa. Non v'è piú tempo per le esitazioni. Ognuno deve scegliere il suo posto nella lotta: a sinistra o a destra. La rivoluzione proletaria ha diviso il mondo in due campi: non vi è posto per un centro nella rivoluzione. (Applausi).
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Il centro è condannato a essere spazzato via dall'uragano rivoluzionario e i membri di esso saranno infine costretti a schierarsi dall'uno o dall'altro dei fronti di combattimento: se essi non vengono con noi sul fronte della rivoluzione, passeranno sul fronte dei nostri nemici, sul fronte controrivoluzionario. (Rumori violenti. Proteste degli unitari. Applausi dei secessionisti).
Io non potrei terminare meglio il mio discorso che citando alcune parole del compagno Lenin, il grande duce della rivoluzione mondiale. (Applausi vivissimi di tutto il Congresso. L'applauso dura qualche minuto).
« Oggigiorno la necessità piú assoluta, per la vittoria della rivoluzione in Italia, consiste nel fatto che il Partito diventi veramente l'avanguardia del proletariato rivoluzionario, un Partito completamente comunista, incapace di dubbi e di debolezze nel momento decisivo, un Partito che riunisca in sé il piú grande fanatismo, la piú assoluta devozione alla rivoluzione, l'energia, l'audacia, la decisione... ».
Compagni, operai italiani, non dimenticate l'insegnamento della storia di tutte le rivoluzioni: gl'insegnamenti della Russia e dell'Ungheria, negli anni 1917 e 1920. I piú grandi combattimenti attendono il proletariato italiano, le piú grandi difficoltà, i piú grandi sacrifici. Dall'esito di questi combattimenti, dall'insieme della disciplina e della devozione delle masse operaie dipende la vittoria sulla bor[...]

[...]ghilterra e dalla Francia. Sí, compagni, il proletariato russo ha sopportata privazioni e sofferenze terribili. Ancora oggi, quantunque la situazione sia considerevolmente migliorata, esso è esposto a privazioni ed a sofferenze. Ma io vi chiedo: forse che la condizione delle masse operaie nei paesi del mondo capitalistico, esposte al continuo aumento del prezzo della vita, all'aumento delle imposte indirette ed alla disoccupazione sempre piú crescente, è migliore? Ma io vi domando ancora: forse che il pericolo di una tirannide borghese, la quale rende inevitabile una nuova guerra imperialistica ancora piú disastrosa e che minaccia di ricacciare il proletariato in una condizione ancora piú terribile di sfruttamento e di oppressione, in una schiavitú piú dura, nella degenerazione e nella morte, forse che questi pericoli sono inferiori ai pericoli ed alle vittime che il proletariato dovrebbe affrontare nella rivoluzione? (Applausi).
Mille volte no. Le vittime che gli operai ed i contadini russi hanno dato, durante tre anni di rivoluzione [...]

[...]he minaccia di ricacciare il proletariato in una condizione ancora piú terribile di sfruttamento e di oppressione, in una schiavitú piú dura, nella degenerazione e nella morte, forse che questi pericoli sono inferiori ai pericoli ed alle vittime che il proletariato dovrebbe affrontare nella rivoluzione? (Applausi).
Mille volte no. Le vittime che gli operai ed i contadini russi hanno dato, durante tre anni di rivoluzione e di guerra civile, sono centinaia di volte meno numerose di quelle che essi hanno dato durante tre anni di guerra imperialistica.
Se il proletariato russo con tale eroismo affronta la miseria, i dolori e le vittime che la rivoluzione impone, esso fa ciò per conquistare e garantire la sua emancipazione. L'Internazionale comunista invita il proletariato internazionale ed i popoli oppressi del mondo intero a non piú sopportare la miseria e le vittime imposte loro dalla tirannide della borghesia. Se è necessario sacrificare delle vittime, si sacrifichino, ma non per sostenere questa tirannide, bensí per spezzare le catene[...]

[...] di quelle che essi hanno dato durante tre anni di guerra imperialistica.
Se il proletariato russo con tale eroismo affronta la miseria, i dolori e le vittime che la rivoluzione impone, esso fa ciò per conquistare e garantire la sua emancipazione. L'Internazionale comunista invita il proletariato internazionale ed i popoli oppressi del mondo intero a non piú sopportare la miseria e le vittime imposte loro dalla tirannide della borghesia. Se è necessario sacrificare delle vittime, si sacrifichino, ma non per sostenere questa tirannide, bensí per spezzare le catene della schiavitú capitalistica e per emanciparsi da essa definitivamente. (Ap plausi).
Il pericolo di un blocco economico — conclude Kabaktceff — e di una guerra controrivoluzionaria contro l'Italia, non è un pericolo immaginario, ma contro questo pericolo il proletariato italiano pub garantirsi soltanto serrando sempre piú strettamente i legami della sua unione col proletariato rivoluzionario degli altri paesi, col proletariato della Francia, della Germania, dei Balcani, dell'Austria, ecc. Tutte le garanzie che il proletariato pub avere contro gli attacchi della controrivoluzione capitalistica stanno nella sua unione sempre piú stretta con l'Internazionale comunista e nello sviluppo della rivoluzione russa, fino a diventare rivolu[...]

[...]li altri paesi, col proletariato della Francia, della Germania, dei Balcani, dell'Austria, ecc. Tutte le garanzie che il proletariato pub avere contro gli attacchi della controrivoluzione capitalistica stanno nella sua unione sempre piú stretta con l'Internazionale comunista e nello sviluppo della rivoluzione russa, fino a diventare rivoluzione mondiale. Non con lamentele a proposito di pericoli, ma rafforzando la solidarietà internazionale ed accentuando la centralizzazione dell'azione del proletariato mondiale, soltanto in
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questo modo si può diminuire e mettere riparo a questo pericolo ». (Applausi fragorosi dei secessionisti, che intonano quindi i' «Internazionale », seguiti nel canto da tutto il Congresso. La dimostrazione dura qualche tempo).
L' adesione dei socialisti svizzeri di sinistra
ROBERTO, presidente: La compagna Bloch, a nome della parte sinistra del Partito socialista svizzero, desidera esprimere al Congresso il suo saluto.
BLOCH (Applausi): Compagni ! Sarò breve, ma vorrei portarvi qui il saluto dei compagni dell'ala sinistra del Partito socialista svizzero. Noi in Svizzera abbiamo ammirato la politica del Partito socialista italiano, e speriamo che adesso che noi entriamo col Partito co[...]

[...]o che il compagno Serrati capisca bene che non può restare, come é rimasto in queste ultime settimane, esule e nascosto, come i dissidenti di Germania. Chi non vuole andare colla Terza Internazionale, i Noske di Germania, i Renan di Svizzera, andranno a fare una Internazionale per loro conto. Ma noi speriamo che voi non vorrete far questo e vorrete anzi rimanere nella Terza Internazionale. Se fra questi 21 punti ve ne è qualcuno che non si può accettare si va a Mosca, si discute... (approvazioni, applausi generali) ma per questo motivo non si divide un Partito, non si fa un sf grande torto alla rivoluzione, perché si sa che voi, proletariato italiano, dovete essere all'avanguardia in questa battaglia, come finora era il proletariato russo facendo quello che ha fatto.
Noi, compagni, in Svizzera siamo in un altro caso. Noi tendiamo alla scissione perché nel nostro Partito, quelli che hanno finora la maggioranza, non vogliono aderire alla Terza Internazionale, non vogliono andare con la Russia, con Lenin, con Trotsky, ma vogliono andare coi Dittmann: vogliono andare a Vienna: noi vogliamo, invece, essere con la Terza Internazionale e perciò ci scindiamo da loro e andiamo col proletariato internazionale.
Concludo il mio breve discorso invitandovi a gridare insieme a me: « Viva la Terza Internazionale comunista !». (Applausi).
La seduta é tolta alle ore 13.
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da (9 Domande sul romanzo) Sergio Solmi in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 5 - 1 - numero 38

Brano: [...]o fin troppi. Né, in un senso generale, il romanzo sarà mai in crisi, perché l'attitudine al raccontare è ingenita nell'uomo, come quella al canto, o al disegno.
Tuttavia di crisi, in un senso assai più circoscritto, si può parlare sotto entrambi gli aspetti enunciati nella domanda. Dopo la guerra, non sono sorti che tre o quattro scrittori particolarmente
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notevoli, in aggiunta ai pochi che già si erano rivelati nel periodo precedente come romanzieri compiuti e significativi. Questo potrebbe anche voler dire che il « neorealismo » non ha mantenute tutte le sue promesse. Effettivamente, come opinavo, rispondendo una diecina di anni fa ad una inchiesta, mi pare della R.A.I., il « neorealismo », sorto dal bagno di esperienze aperte e drammatiche degli anni della guerra, dell'occupazione tedesca, della Resistenza, appariva troppo legato alla contingenza per avere radici profonde, e andare, pur negli esempi positivi, molto al di là di quegli elementi di schiettezza immediata, di freschezza descrittiva, di ingenua emotività[...]

[...] una diecina di anni fa ad una inchiesta, mi pare della R.A.I., il « neorealismo », sorto dal bagno di esperienze aperte e drammatiche degli anni della guerra, dell'occupazione tedesca, della Resistenza, appariva troppo legato alla contingenza per avere radici profonde, e andare, pur negli esempi positivi, molto al di là di quegli elementi di schiettezza immediata, di freschezza descrittiva, di ingenua emotività che il pungolo dell'ora storica eccezionale aveva ridestato su di un piano abbastanza diffuso. Sicché, al pari della contemporanea esperienza cinematografica di quel nome, anche quella fioritura narrativa — spesso rappresentata da diari, o da diari appena trasposti in narrazioni —, fu di breve durata (a parte, beninteso, i pochi scrittori che, inizialmente sorti sotto quel segno, hanno avuto la forza di svilupparsi per vie proprie).
In un altro senso pure si può parlare di « crisi del romanzo », con riferimento stavolta al « ridimensionamento » operato su certi generi letterari (come, in altri campi, su certe forme dell'arte pl[...]

[...]lla contemporanea esperienza cinematografica di quel nome, anche quella fioritura narrativa — spesso rappresentata da diari, o da diari appena trasposti in narrazioni —, fu di breve durata (a parte, beninteso, i pochi scrittori che, inizialmente sorti sotto quel segno, hanno avuto la forza di svilupparsi per vie proprie).
In un altro senso pure si può parlare di « crisi del romanzo », con riferimento stavolta al « ridimensionamento » operato su certi generi letterari (come, in altri campi, su certe forme dell'arte plastica o di quella musicale), da nuovi mezzi di comunicazione offerti dalla tecnica moderna, nonché dalla « standardizzazione » dei bisogni, e quindi dei gusti e dei correlativi prodotti, altro fenomeno costitutivo della nostra epoca. Innovazioni che hanno portato; per fare un esempio, alla morte di quella tipica creazione dello slancio romantico, e della sua intima e generosa fusione di letterario e di popolare, che fu, appunto, il romanzo « popolare » o « d'appendice » : e che appare essere stato sostituito, nelle sue finalità di svago e di « transfert » psicologico, da[...]

[...]sicale), da nuovi mezzi di comunicazione offerti dalla tecnica moderna, nonché dalla « standardizzazione » dei bisogni, e quindi dei gusti e dei correlativi prodotti, altro fenomeno costitutivo della nostra epoca. Innovazioni che hanno portato; per fare un esempio, alla morte di quella tipica creazione dello slancio romantico, e della sua intima e generosa fusione di letterario e di popolare, che fu, appunto, il romanzo « popolare » o « d'appendice » : e che appare essere stato sostituito, nelle sue finalità di svago e di « transfert » psicologico, dal cinematografo e dalla T.V., nonché da quei prodotti in serie che sono i romanzi polizieschi, i « fumetti », e le novelle sentimentali dei rotocalchi (i quali prodotti, rappresentando essenzialmente « estratti in scatola » di processi psicologici ed emdtivi tipizzati, sono necessariamente impressi da un sostanziale irrealismo — anche se per avventura intriso di elementi brutalmente realistici —, e sono perciò
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destinati ad operare una chiusura, anziché un'apertura, verso la vita, come è invece compito dell'espressione letteraria).
Se si pensa alla totale ostruzione dei canali verso il romanzo popolare tradizionale, propria della narrativa moderna (quei canali che mantenevano invece aperti grandi scrittori del secolo scorso, come Balzac, Hugo, la Sand, Manzoni, Dostoiewskj); se si pensa al completo tramonto dell'epica popolare ottocentesca nei suoi esemplari più riconoscibilmente letterari, da Walter Scott a Dumas Padre a Sue fino a Emile Gaboriau, e della fusione che essa operava di rappresentazione storicosociale, psicologia e mito collettivo; se si pensa alla conseguente clausura e « aristocraticizzazione » del romanzo (parallela, del resto, a quella della poesia, della musica e delle arti figurative), si avrà un aspetto di « crisi » su di un piano generale, del resto in atto da molto tempo.
2) Il romanzo cc saggistico » non è una novità nella storia letteraria. Il più o meno frequente intervento dell'autore nella nar[...]

[...]e mito collettivo; se si pensa alla conseguente clausura e « aristocraticizzazione » del romanzo (parallela, del resto, a quella della poesia, della musica e delle arti figurative), si avrà un aspetto di « crisi » su di un piano generale, del resto in atto da molto tempo.
2) Il romanzo cc saggistico » non è una novità nella storia letteraria. Il più o meno frequente intervento dell'autore nella narrazione, sia per trarre il succo morale della vicenda narrata, sia per consolidarne la verisimiglianza di prospettive mediante excursus descrittivi o storici, rappresenta già di per sé un atteggiamento « saggistico ». Si pensi all'abbondanza dell'elemento documentario nel romanzo picaresco spagnolo (ad esempio, nel Guzmán de Alfarache, le ampie digressioni sugli statuti dei mendicanti, o sulla vita dei forzati sulle galere), o alla ricchezza dell'osservazione psicologica generale in quello francese del '6 e del '700, o alla divagazione morale e precettistica in quello inglese del '700. Si pensi alla descrizione della peste nei Promessi sposi, o alle grandi parentesi storiche, sociali e filosofiche nei romanzi di Balzac o di Hugo; o, infine, alla sistematica inserzione di « saggi » fantasticoeruditoumoreschi in Moby Dick.
Bisogna giungere alle teorie del naturalismo, con la correlativa imposizione, per il romanziere, di un atteggiamento di spettatore indifferente, e il tentativo di infondere alla narrazione l'oggettività anonima della tranche de vie, per trovare bandito programmaticamente dal romanzo l'elemento morale, riflessivo, documen[...]

[...]nto di vista, a fornire un'angolatura generale alla sua prospettiva, il romanziere naturalista — pur non giungendo, evidentemente, a realizzare il suo programma —, mira a trasfondere integralmente il proprio pensiero e sentimento, le proprie reazioni al mondo, nell'apparente anonimità del fatto narrato. Venne poi un tempo in cui, « consule Gide », si vagheggiò una più assoluta tendenza all'anonimità e impersonalità, e si tentò di elaborare un concetto di « romanzo puro », come pura successione e durée di fatti narrati, analogo a quello, che negli stessi anni si era andato dibattendo, di « poesia pura ».
Nulla dunque di più naturale che il romanzo si riavvicini alle sue antiche fonti, sia pure con modi radicalmente moderni, ossia più strettamente integrando l'elemento generale e saggistico alla narrazione, attraverso una prevalenza di procedimenti analitici e diffusivi, così come avviene, anche se in modi tra di loro incomparabili, in un Proust o in un Musil. Soltanto, non credo affatto che il romanzo « saggistico » sia destinato a soppiantare quello « di pura rappresentazione », proprio perché ritengo, all'opposto, che in un mondo di civiltà profondamente diviso come il nostro, sotto la spinta di un più intenso « farsi » storico, urtante contro pesanti resistenze tradizionali, una delle caratteristiche del romanzo, come di altre espressioni letterarie o artistiche, sia la coesistenza di diversissime forme e modi e ideali stilis[...]

[...]é ritengo, all'opposto, che in un mondo di civiltà profondamente diviso come il nostro, sotto la spinta di un più intenso « farsi » storico, urtante contro pesanti resistenze tradizionali, una delle caratteristiche del romanzo, come di altre espressioni letterarie o artistiche, sia la coesistenza di diversissime forme e modi e ideali stilistici e morali.
3) Conosco e apprezzo alcune delle opere che vanno sotto il nome della scuola narrativa francese del « nuovo realismo », o « école du regard » (come l'ha chiamata Emile Henriot). Ma apprezzo assai meno le teorie con le quali i loro autori intenderebbero appoggiarle e giustificarle. Non mi sembra esatto affermare che un tale tipo di romanzo « volge le spalle alla psicologia », bensì che esso tende piuttosto a rilevarla in modi indiretti, o implicandola in movimenti e passaggi di ordine strettamente fisiologico, corporeo, o lasciandola indovinare mediante le tracce enigmatiche che la vicenda romanzesca ha lasciato sugli oggetti visualmente recepiti e descritti, o facendola scaturire per [...]

[...] », o « école du regard » (come l'ha chiamata Emile Henriot). Ma apprezzo assai meno le teorie con le quali i loro autori intenderebbero appoggiarle e giustificarle. Non mi sembra esatto affermare che un tale tipo di romanzo « volge le spalle alla psicologia », bensì che esso tende piuttosto a rilevarla in modi indiretti, o implicandola in movimenti e passaggi di ordine strettamente fisiologico, corporeo, o lasciandola indovinare mediante le tracce enigmatiche che la vicenda romanzesca ha lasciato sugli oggetti visualmente recepiti e descritti, o facendola scaturire per suggestione dall'apparente oggettività di un contesto dialogato ecc. A parte le differenze che presentano tra loro i vari scrittori censés di appar
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tenere a detta scuola, e che rendono assai difficile escogitare per essi un reale denominatore comune (quale vero rapporto c'è fra Beckett, Butor, la Sarraute, RobbeGrillet?), a parte le parziali somiglianze con modi del romanzo poliziesco (in ispecie nel caso di RobbeGrillet), mi pare che quanto può vagamente apparentare quegli scrittori, e far pensare ad un atteggiamento, quanto meno' in una zona assai rarefatta, in certo grado comune, consiste nello sviluppo, in forme narrative, di intenzioni e modi già noti alla lirica francese degli ultimi decenni,[...]

[...]
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tenere a detta scuola, e che rendono assai difficile escogitare per essi un reale denominatore comune (quale vero rapporto c'è fra Beckett, Butor, la Sarraute, RobbeGrillet?), a parte le parziali somiglianze con modi del romanzo poliziesco (in ispecie nel caso di RobbeGrillet), mi pare che quanto può vagamente apparentare quegli scrittori, e far pensare ad un atteggiamento, quanto meno' in una zona assai rarefatta, in certo grado comune, consiste nello sviluppo, in forme narrative, di intenzioni e modi già noti alla lirica francese degli ultimi decenni, diretti ad accentuare l'emozione, per così dire, obliterandola, e in realtà isolandola con reagenti negativi (vuoi d'indifferenza, vuoi di distrazione laterale, vuoi vagamente nostalgici, o scopertamente ironici), in maniera da presentare, per così dire, lo scavo in rilievo, o viceversa.
Roland Barthes, a proposito di RobbeGrillet, ha accennato alla crisi della civiltà borghese, e della relativa psicologia, e, quindi, all'attualità di un « formalismo assoluto » (le dégré zéro de l'histoire). Ma anche questa tesi poco mi convince. La psicologia di un mondo in crisi non vuol dire assenza di psicologia, ma piuttosto ambiguità, contraddizione, che quindi può benissimo essere resa, magari in modi anch'essi ambigui e contradditori.
Perciò l'ultimo romanzo di RobbeGrillet, La jalousie, che sembra intenda realizzare in pieno la definizione di Barthes, sopprimendo la psicologia mediante la soppressione dello stesso personaggio principale (ridotto a un ipotetico, astratto e innominato punto di vista attorno a cui ruota il racconto), resta un prodotto eccezionale, il risultato di una specie di scommessa, e in definitiva astrat[...]

[...] piuttosto ambiguità, contraddizione, che quindi può benissimo essere resa, magari in modi anch'essi ambigui e contradditori.
Perciò l'ultimo romanzo di RobbeGrillet, La jalousie, che sembra intenda realizzare in pieno la definizione di Barthes, sopprimendo la psicologia mediante la soppressione dello stesso personaggio principale (ridotto a un ipotetico, astratto e innominato punto di vista attorno a cui ruota il racconto), resta un prodotto eccezionale, il risultato di una specie di scommessa, e in definitiva astratto e volontario. Mentre il precedente romanzo, Le voyeur, presentava, invece, nella forma indiretta di cui s'è accennato, l'evocazione di una realtà psicologica — sia pure bruta ed elementare —, destando di riflesso quella forza emotiva, senza la quale non si dà romanzo, né arte in genere.
Mi sembra poi che rientri solo di scorcio nella pur vaghissima definizione della « scuola », la recente Modification di Michel Butor, col suo delicato impasto di minuta percettività realistica, di alternanze e ritorni di episodi evocati mnemonicamente, e la ben preparata sorpresa di veder sfociare, alla, fine, la vicenda
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SERGIO SOLMI
interiore del protagonista in un mito culturale, proiezione sognata di un mito interno.
A mio modo di vedere, il « nuovo realismo » ha comunque il merito di sperimentare energicamente prospettive inedite, sonde ancora impreviste nel Russo dell'esistenza: il che, in un'epoca di incertezza e di cambiamento, mi sembra essere inerente al compito stesso del romanzo.
4) Mi pare che neppure l'« io » del romanzo classico equivalesse in tutto e per tutto a una « terza persona », bensì venisse a costituire, per il narratore, un più sicuro aggancio al punto di vista prospettico. Dello stesso ordine sono gli espedienti usati dalla narrativa classica (e anche in epoche più recenti, fino al Conrad), di interporre, ad esempio, fra l'autore e la vicenda narrata la figura di un terzo, di un testimone ex visis o ex auditis, da cui si finge proveniente la narrazione. Espedienti elementari, diretti a garantire l'autenticità del tono narrativo ricollegandolo alle sue presunte fonti orali, o scritte.
La « terza persona » direttamente accampata, senza schemi o mediazioni, dal romanzo ottocentesco, presuppone una società più formata e consapevolmente articolata nelle sue strutture, un mondo di valori sufficientemente stabili, per cui la caratterizzazione iniziale del personaggio risulti evidente, spontanea, nel quadro di qualificazioni e caratterizzazioni sociali, di concetti e giudizi generali ben noti e inequivocabili al lettore, su cui l'originalità individuale possa stagliarsi con tutte le sue precise sfumature. La « terza persona » del romanzo d'oggi vive ancora sull'eredità di quel presupposto, con tutta l'ambiguità che essa implica.
L'autobiografismo della narratip„ odierna é invece segno d'una fluidità e incertezza di valori, data, fondamentalmente, da un mondo in rapida trasformazione, o, come si dice, « in crisi », per cui l'imperniarsi della narrazione sull'oc io » viene a costituire, per il romanziere, una garanzia di autenticità che altrimenti potrebbe riuscirgli dubbia (e, di riflesso, al lettore). Di fronte ad un mondo, a figure dai lineamenti deformati, mobili od equivoci, quale maggior sicurezza di verificazione che l'offrirli fluttuanti e dissolti, per così dire, nella esperienza c in fieri » di un protagonista, coinci
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dente, in ipotesi, e talora addirittura in fatto, almeno parzialmente, con lo stesso autore?
5) Come è noto, anche da estetiche errat[...]

[...]o che non si tratta già, in sé e per sé, di una dottrina errata, bensì di una dottrina che mira non direttamente al fenomeno artistico in quanto tale, ma lateralmente ad esso, al suo riflesso documentario o morale. L'acuto, per quanto in definitiva irresoluto, pensiero di Gramsci, condizionato in egual grado da crocianesimo e marxismo, ha toccato in anticipo il problema, con vigore impareggiabile, laddove, in Letteratura e vita nazionale, riconosce l'esistenza « di due serie di fatti, uno di carattere estetico, o di arte pura, l'altro di politica culturale, (cioè di politica senz'altro) », soggiungendo: « Che l'uomo politic,;) faccia una pressione perché l'arte del suo tempo esprima un determinato mondo culturale è attività politica, non di critica artistica ». In altri temini, il concetto di « realismo socialista » non appartiene al campo delle poetiche, ma al campo della politica culturale. E lo stesso Gramsci, poco più in là, in quanto « politico », vagheggia infatti una « letteratura funzionale », alla stregua dell'« architettura funzionale », di cui già allora si parlava, senza nascondersi il carattere praticistico della « coercizione » e « pianificazione » occorrenti per farla sorgere.
Oggi, a più di vent'anni di distanza dalla morte di Gramsci, dopo aver constatato in atto la sostanza e i limiti del « realismo socialista », dopo di aver sviluppato, anche per una util[...]

[...]essa di quella che poteva ritenersi implicita nel grande chiarimento crociano, possiamo identificare il problema anche sotto un altro profilo. Sappiamo che l'opera romanzesca è, come ogni altra opera, letteraria o artistica, la risultante, la sintesi di un incontro del singolo con la realtà (e uso a bella posta, per comodità di discorso, questi termini grossolani, perché non si tratta, in effetti, né di un incontro né di una sintesi, ma di un processo unico di esperienza che si matura, coestensivo alla vita stessa dell'uomoartista, e, a sua volta,
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al flusso della realtàambiente). Ora, le teorie del « rispecchiamento », su cui si basa il realismo socialista, anziché far cadere l'accento sul momento della sintesi particolaritàoggettività (che é il momento della vera comunicazione, in cui l'esperienza singola si autentica, si universalizza nel lettore, come scambio fra individuo concreto così e così foggiato e condizionato storicamente, e altro individuo altrettanto concreto), lo fanno cadere sul momento astratto, avulso, della pura oggettività, o pura corrispondenza esterna alle strutture del reale. Sembrerebbero così configurare non già l'atteggiamento naturale dell'artista, ma un atteggiamento di cronista, nel migliore caso di storico, ma neppure in questi atteggiamenti,[...]

[...], o si salverà, sarà sempre in virtù di un equivoco, di una più o meno casuale coincidenza con lo scopo propagandistico, polemico o dottrinale. E, nella sua stessa valutazione, interverranno sempre motivi elasticamente politici, ossia varianti a seconda dei movimenti di contrazione e di distensione imposti dalla situazione e dall'opportunità politica.
Gramsci osservava ancora: « Se il mondo culturale per il quale si lotta é un fatto vivente e necessario, la sua espansività sarà irresistibile, esso troverà i suoi artisti ». Gramsci assegnava quindi alla « coercizione » e al « piano » il compito di una specie di maieutica, per accelerare un processo storico necessario. Ma la realtà é sempre destinata a mostrarsi assai più complicata e difficile di quella sognata nella generosa visione del politico (e lo stesso Gramsci ha sovente perfetta coscienza di questa complessità). L'azione per la nascita di un mondo nuovo, che é fatto della
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volontà degli uomini operanti su di una storia padroneggiata solo approssimativamente e parzialmente, é sempre per fatalità laterale al progetto. D'altra parte il mondo nuovo é veramente nuovo anche per la sua prevalente quantità d'imprevisto. Qui é la debolezza del « realismo socialista », che, m[...]

[...]ondo nuovo, che é fatto della
9 DOMANDE SUL ROMANZO 61
volontà degli uomini operanti su di una storia padroneggiata solo approssimativamente e parzialmente, é sempre per fatalità laterale al progetto. D'altra parte il mondo nuovo é veramente nuovo anche per la sua prevalente quantità d'imprevisto. Qui é la debolezza del « realismo socialista », che, mirando alla realtà attraverso íI « piano », all'essere attraverso il « dover essere », ne sopisce e ne smorza i contrasti, e ne lascia sfuggire il più vero fondo.
6) Mi riferisco a quanto detto più sopra circa il « romanzo saggistico », della necessaria coesistenza, in un'epoca di rapida trasformazione, di diversi ideali e schemi e modi narrativi. Riesco perciò a concepire benissimo un ipotetico futuro romanzo fortemente contrassegnato da un denso « mezzo » linguistico (écriture artiste, linguaggio separato e individualmente elaborato, e magari d'invenzione personale, alla Joyce), così come un romanzo linguisticamente, stilisticamente spoglio, che « lasci parlare le case ». Parimenti, in altro campo, vedo la possibilità della coesistenza di un'opera pittorica intensamente « astrattizzata », e di un'altra apparentemente di forme tradizionali, entrambe nuovissime e a pieno livello moderno. Non ho mai creduto nelle mitologie formalistiche dell'avanguardia, ma molto alla intensità e pienezza dell'esperienza e dell'avventura personale, e alla loro istintiva concordanza coi motivi profondi del tempo.
7) Occorre distinguere. Alcuni scrittori di oggi, particolarmente del ti[...]

[...]ienza e dell'avventura personale, e alla loro istintiva concordanza coi motivi profondi del tempo.
7) Occorre distinguere. Alcuni scrittori di oggi, particolarmente del tipo « neorealista », usano il dialetto, o l'argot o lo slang nei dialoghi dei loro romanzi, nella sua funzione tradizionale caratterizzante e « localizzante », ossia come pura materia oggettiva, a scopo di individuazione realistica di ambienti e personaggi. In qualcuno — da noi C.E. Gadda —, tale funzione caratterizzante, pur sussistendo in una certa misura, diventa secondaria, e l'uso del meneghino o del romanesco, intellettualisticamente sottolineato, il più spesso coesistente con espressioni in lingua, e magari in lingua dotta, diventa, al pari dell'uso di terminologie e costrutti a volta arcaici, classicheggianti, tecnici, o accademici ecc., un espediente diretto all'ispessimento del mezzo linguistico.
Nel suo impiego tradizionale, tale ispessimento tendeva essenzialmente a finalità comiche, umoristiche, per effetto, ad esempio,
62 SERGIO SOLMI
di una gravità destinata a rilevare, per via di contrasto, una fatuità, un'assurdità.[...]

[...]te a finalità comiche, umoristiche, per effetto, ad esempio,
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di una gravità destinata a rilevare, per via di contrasto, una fatuità, un'assurdità. Nella nostra epoca, in cui le distinzioni classiche del comico, del tragico, del sublime ecc., si sono straordinariamente mescolate e rese irriconoscibili, le cose non stanno più allo stesso modo. Ma qualcosa di un tale carattere — una solidità, un equilibrio destinati a mettere in luce una mancanza, un disquilibrio —, si rivela anche nell'uso più moderno del mezzo. Il denso impasto linguistico e stilistico, col lavorio d'invenzione che esso implica, adempie, nel tono narrativo gaddiano, ad una funzione di schermo, di difesa, di maschera protettiva nell'affrontare una materia che l'autore sente troppo scottante e compromettente, e che un tono « normale » non sopporterebbe. O, se meglio si vuole, di una lente, nello stesso tempo ravvicinante e deformante, interposta fra l'occhio del narratore e i fatti narrati. Difesa di una intimità, solida testuggine protettiva nell'avvicin[...]

[...] troppo scottante e compromettente, e che un tono « normale » non sopporterebbe. O, se meglio si vuole, di una lente, nello stesso tempo ravvicinante e deformante, interposta fra l'occhio del narratore e i fatti narrati. Difesa di una intimità, solida testuggine protettiva nell'avvicinamento ad una estraneità. L'invenzione verbale e la dilatazione sintattica, con l'intensa messa a fuoco dei particolari, adempiono anche ad una funzione rallentatrice, di sosta e di preparazione — e quindi di sorpresa — in quel difficile processo di avvicinamento.
Tenuto conto di una simile complicata e tormentata disposizione al racconto, l'uso del dialetto, inserito in una struttura stilistica intenzionalmente sostenuta e imperturbabile, con le sue volute sintattiche auliche o indirette, entra anch'esso come espediente eterogeneo, solidificante nello stesso tempo che caratterizzante. Si tratta ormai di un dialetto per modo di dire, tanto le sue inserzioni sono cariche di responsabilità espressive. In codesta sua funzione « impropria » (e a parte quanto più intimamente si attiene alla personalità assai complessa del Gadda), l'uso[...]

[...]tiche auliche o indirette, entra anch'esso come espediente eterogeneo, solidificante nello stesso tempo che caratterizzante. Si tratta ormai di un dialetto per modo di dire, tanto le sue inserzioni sono cariche di responsabilità espressive. In codesta sua funzione « impropria » (e a parte quanto più intimamente si attiene alla personalità assai complessa del Gadda), l'uso del dialetto può anche ricordare la sua assunzione a félibrige da parte di certi poeti d'oggi (un mezzo tradizionale che diventa nuovo, in quanto impiegato ad esprimere sentimenti sottili e ombreggiati, che sembrerebbero dover sfuggire per principio alla natura arcaica, eguagliante, disindividualizzante, proverbiale dei dialetti. Ed é invece proprio all'ambiguità dell'effetto che é affidata la grazia individuante). Penso, in particolare, alle belle liriche friulane di P.P. Pasolini: del resto, anche l'uso del romanesco nella prosa di ro
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manzo di quest'ultimo risponde, se pure con un più insistito vezzo filologico, ad una disposizione complessa, benché diversissima da quella del Gadda.
Va da sé, peraltro, che mi sembra estremamente improbabile un romanzo « pensato » e scritto integralmente in dialetto. Ritengo, anzi, che il destino di simili sopravvivenze dialettali sia legato alla progressiva fatale sc[...]

[...] 63
manzo di quest'ultimo risponde, se pure con un più insistito vezzo filologico, ad una disposizione complessa, benché diversissima da quella del Gadda.
Va da sé, peraltro, che mi sembra estremamente improbabile un romanzo « pensato » e scritto integralmente in dialetto. Ritengo, anzi, che il destino di simili sopravvivenze dialettali sia legato alla progressiva fatale scomparsa dei dialetti.
8) Nonostante mi possano essere addotti alcuni recenti esempi contrari, o apparentemente contrari — ma essi dovrebbero venire attentamente analizzati uno per uno —, non credo molto a un'effettiva reviviscenza del romanzo storico, e meno ancora alla possibilità, oggi, di un romanzo nazionalestorico, nell'accezione precisata nella domanda. Per «ricostruire vicende e destini che non siano puramente individuali », appartenenti ad un « blocco » storico del passato, occorrerebbe una piattaforma ideale e ideologica presente assai più salda di quella che può essere consentita in un tempo di rapido mutamento e di conseguenza disorientamento, in cui è già difficile in principio, per l'artista, trovare la via di una propria qualsiasi autenticità. E intendo piattaforma ideale in un senso effettivo, costitutivo, come equilibrio di maturate esperienze e persuasioni interne, non già come adesione, pur sincera, a sistemi e dottrine. Oggi come oggi, penso che il r[...]

[...]el passato, occorrerebbe una piattaforma ideale e ideologica presente assai più salda di quella che può essere consentita in un tempo di rapido mutamento e di conseguenza disorientamento, in cui è già difficile in principio, per l'artista, trovare la via di una propria qualsiasi autenticità. E intendo piattaforma ideale in un senso effettivo, costitutivo, come equilibrio di maturate esperienze e persuasioni interne, non già come adesione, pur sincera, a sistemi e dottrine. Oggi come oggi, penso che il romanziere possa sentirsi assai più intensamente sollecitato da aspetti e casi di vita contemporanea, e dai problemi che essi suscitano; e, naturalmente, di storia contemporanea, facenti anch'essi parte, direttamente o indirettamente, della sua esperienza o quanto meno della sua memoria. Posso tutt'al più pensare a un romanzo storico come « mascherata » storica, esprimente cioè, dietro una convenzionale ambientazione storica, sentimenti e preoccupazioni d'oggi.
L'ultimo punto di domanda: «vicende e destini... fuori dal tempo storico » penso alluda al romanzo utopistico, o d'anticipazione, o « fantascientifico ». Ma, per un tale tipo di romanzo, sarebbe necessario un gusto distaccato per il gioco delle ipotesi, per i problemi generali, che, se è spesso riscontrabile negli anglosassoni, e in qualche misura nei francesi, mi sembra esuli generalmente dalla natura eccessivamente concreta, sospettosa verso le
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« idee », impegnata d'istinto nella realtà immediatamente circostante, del letterato italiano. Si veda, ad esempio, come le innegabili qualità di estro fantastico e di garbo narrativo nei racconti di un Buzzati vengano fatalmente, il più spesso, ad ancorarsi a motivi spiccioli di costume, o addirittura a fatti di cronaca; angustiando i propri significati nell'angolatura di una moralità tradizionalistica e piccolo borghese. Maggiore apertura, mi sembra, in alcuni recenti racconti di Bigiaretti.
9) Non rispondo appositamente all'ultima [...]

[...] d'istinto nella realtà immediatamente circostante, del letterato italiano. Si veda, ad esempio, come le innegabili qualità di estro fantastico e di garbo narrativo nei racconti di un Buzzati vengano fatalmente, il più spesso, ad ancorarsi a motivi spiccioli di costume, o addirittura a fatti di cronaca; angustiando i propri significati nell'angolatura di una moralità tradizionalistica e piccolo borghese. Maggiore apertura, mi sembra, in alcuni recenti racconti di Bigiaretti.
9) Non rispondo appositamente all'ultima domanda, perché la mia risposta avrebbe un senso solo se appoggiassi, o auspicassi, o prevedessi, l'affermazione di una forma o di una corrente di romanzo sulle altre. Poiché così non penso, e fra le mie predilezioni entrano indifferentemente romanzi cosiddetti realistici, o saggistici, o fantastici ecc., con solo riferimento alla forza e all'intensità della visione che essi esprimono, la mia risposta acquisterebbe il carattere ozioso e svagato di quelle alle consuete inchieste sui e dieci libri da salvare », e simili.
Se, [...]

[...]ione che essi esprimono, la mia risposta acquisterebbe il carattere ozioso e svagato di quelle alle consuete inchieste sui e dieci libri da salvare », e simili.
Se, tuttavia, qualche previsione mi é consentito di avanzare sull'avvenire del romanzo, dir) che, da molto tempo, si sono spente le epoche unitarie del romanticismo e del naturalismo, in cui si poteva pensare ad una produzione di opere salienti come prodotto di uno slancio espressivo in certa misura comune — anche a non voler parlare di vere e proprie « scuole ». Non credo neppure che siano da attendersi risultati da sforzi in direzione di una narrativa più intensamente autoctona e « nazionale », dato che i caratteri peculiarmente « nazionali » del romanzo si sono in buona misura indeboliti e confusi in questi tempi di Weltliteratur. Inoltre, come sono diventati incerti, da una parte, i confini fra il romanzo e il saggio, o il diario, così possono domani diven tare, o ridiventare, incerti i confini fra il romanzo e la lirica, o fra il romanzo e il dramma ecc.
Da qualche decennio a questa parte, piuttosto, le opere di maggior significato apparse nel campo del romanzo mostrano caratteri spiccatamente solitari, e non lasciano dopo di sé continuatori, ma, tutt'al piú, epigoni e imitatori.
Evitandosi, dunque, di considerare il problema sotto riflessi
troppo tecnicistici o ideologici, si deve piuttosto comprendere lo sviluppo del romanzo come facente tutt'uno coi destini della letteratura in generale, identificantisi a loro volta questi ultimi coi destini stessi della storia. Da questo più ampio punto di vista, direi che non mi sembrano probabili in questo tempo mutamenti o rinnovamenti collettivi, ma che sia per ora da contare piuttosto, sul sorgere di opere genuine e solitarie, impegnanti un'intera esperienza di vita nella rivelazione di « spaccati » originali e nuovi della realtà, che ce ne agevolino quella più intensa presa di coscienza che é il fine unico di ogni letteratura.
SERGIO SOLMI

[...]nte tutt'uno coi destini della letteratura in generale, identificantisi a loro volta questi ultimi coi destini stessi della storia. Da questo più ampio punto di vista, direi che non mi sembrano probabili in questo tempo mutamenti o rinnovamenti collettivi, ma che sia per ora da contare piuttosto, sul sorgere di opere genuine e solitarie, impegnanti un'intera esperienza di vita nella rivelazione di « spaccati » originali e nuovi della realtà, che ce ne agevolino quella più intensa presa di coscienza che é il fine unico di ogni letteratura.
SERGIO SOLMI



da Lettura del saluto de La Centrale del Partito socialista di sinistra svizzero in Resoconto stenografico del 17. congresso nazionale del Partito socialista italiano : Livorno, 15-20 gennaio 1921 : con l'aggiunta di documenti sulla fondazione del Partito comunista d'Italia

Brano: [...]ongresso una grandissima maggioranza si metterà sulla base della Terza Internazionale. Oltreciò siamo convinti che anche il proletariato rivoluzionario italiano farà l'ultimo passo decisivo ed allontanerà dalle sue file i socialopportunisti, i traditori degli interessi proletari, i signori Turati e compagni. (Applausi).
«Nel nome del Partito comunista austriaco auguriamo alle discus
sioni del proletariato rivoluzionario italiano il migliore successo. «Evviva la Terza Internazionale. Evviva la rivoluzione proletaria! «Evviva l'unione delle Repubbliche dei Soviety d'Europa!
«Evviva il proletariato rivoluzionario italiano!
TOMAN ».
Partito socialista austriaco (sinistra)
«Compagni,
«Giacché completamente impegnati ed avendo occupate tutte le nostre forze nella preparazione del nostro ' Congresso di unificazione', che avrà luogo il 23, 24, 25 gennaio dell'anno corrente, ci dispiace vivamente — considerando l'importanza del vostro Congresso — di non potervi prender parte. Però se anche divisi nello spazio, il nostro spirito si trova fra di voi e speriamo ed auguriamo, che le vostre discussioni rinforzeranno il fronte unitario, cosa espressa in modo tanto significativo nella Francia.
«Ci fareste un piacere speciale se riusciste a mandare un vostro delegato al nostro Congresso di Unificazione.
«Salutando cordialmente tutti i compagni che prendono parte al vostro Congresso, auguriamo il miglior successo alle vostre discussioni.
« Con saluti rivoluzionari
Direzione del Partito dei lavoratori socialisti dell'Austria tedesca (sinistra) ».
Partito socialista svizzero (sinistra)
« Cari compagni,
« Vi ringraziamo dell'invito diretto al Partito socialista di sinistra
21
per il prossimo Congresso nazionale di Livorno. Ne profitteremo volentieri ed invieremo uno o due delegati al Congresso.
«Come nel frattempo avete letto, da noi si effettua la scissione del Partito socialdemocratico.
«I riformisti, guidati ora dagli opportunisticentristi Grimm e Nobs, si fanno in quattro per creare a Vie[...]

[...]tori socialisti dell'Austria tedesca (sinistra) ».
Partito socialista svizzero (sinistra)
« Cari compagni,
« Vi ringraziamo dell'invito diretto al Partito socialista di sinistra
21
per il prossimo Congresso nazionale di Livorno. Ne profitteremo volentieri ed invieremo uno o due delegati al Congresso.
«Come nel frattempo avete letto, da noi si effettua la scissione del Partito socialdemocratico.
«I riformisti, guidati ora dagli opportunisticentristi Grimm e Nobs, si fanno in quattro per creare a Vienna una nuova Internazionale con Longuet, Hilferding, Adler, ecc.
« Ci è molto piaciuto il vostro reciso rifiuto di partecipare alla preconferenza di Berna per ricostruire la Internazionale di Vienna.
« Ci auguriamo che il vostro prossimo Congresso comprenderà e sanzionerà la condotta della vostra Direzione in questa questione. Noi consideriamo ogni tentativo di questi opportunisti come un delitto contro la Terza Internazionale comunista.
«Voi comprenderete che non potevamo piú restare in un Partito coi Nobs, Grimm ed i loro aderenti[...]

[...]ciso rifiuto di partecipare alla preconferenza di Berna per ricostruire la Internazionale di Vienna.
« Ci auguriamo che il vostro prossimo Congresso comprenderà e sanzionerà la condotta della vostra Direzione in questa questione. Noi consideriamo ogni tentativo di questi opportunisti come un delitto contro la Terza Internazionale comunista.
«Voi comprenderete che non potevamo piú restare in un Partito coi Nobs, Grimm ed i loro aderenti.
« È necessario assolutamente per la Svizzera che gli elementi veramente rivoluzionari si costituiscano in una forte Sezione della Terza Internazionale perché possa, al momento opportuno, creare veramente l'avanguardia della classe operaia della Svizzera.
«Speriamo, alla fine di gennaio od ai primi di febbraio, di poterci fondere con il piccolo Partito comunista svizzero in un Partito unificato comunista, Sezione della Terza Internazionale. Ci sarebbe allora molto grato di poter salutare uno o piú vostri delegati.
« Saluti comunisti.
La Centrale del Partito socialista di sinistra D.
Partito comunis[...]

[...]uiscano in una forte Sezione della Terza Internazionale perché possa, al momento opportuno, creare veramente l'avanguardia della classe operaia della Svizzera.
«Speriamo, alla fine di gennaio od ai primi di febbraio, di poterci fondere con il piccolo Partito comunista svizzero in un Partito unificato comunista, Sezione della Terza Internazionale. Ci sarebbe allora molto grato di poter salutare uno o piú vostri delegati.
« Saluti comunisti.
La Centrale del Partito socialista di sinistra D.
Partito comunista olandese
«Compagni,
«Abbiamo avvertito il nostro compagno Rutgers, che è in questo momento in Italia, di voler rappresentarci al vostro Congresso. Noi speriamo che gli sarà possibile venire a Livorno.
« Ad ogni modo noi vi auguriamo un buon Congresso, cioè un Congresso che cementi realmente la solidarietà internazionale per l'accettazione delle tesi e dei principi di Mosca, non solamente nella lettera ma con le loro intenzioni veridiche di allontanare ogni ambiguità ed ogni an fibità.
La Presidenza del C.E. del Partito comunista in Olanda ».
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da Lettura del saluto della Presidenza del C.E. del Partito comunista in Olanda in Resoconto stenografico del 17. congresso nazionale del Partito socialista italiano : Livorno, 15-20 gennaio 1921 : con l'aggiunta di documenti sulla fondazione del Partito comunista d'Italia

Brano: per il prossimo Congresso nazionale di Livorno. Ne profitteremo volentieri ed invieremo uno o due delegati al Congresso.
«Come nel frattempo avete letto, da noi si effettua la scissione del Partito socialdemocratico.
«I riformisti, guidati ora dagli opportunisticentristi Grimm e Nobs, si fanno in quattro per creare a Vienna una nuova Internazionale con Longuet, Hilferding, Adler, ecc.
« Ci è molto piaciuto il vostro reciso rifiuto di partecipare alla preconferenza di Berna per ricostruire la Internazionale di Vienna.
« Ci auguriamo che il vostro prossimo Congresso comprenderà e sanzionerà la condotta della vostra Direzione in questa questione. Noi consideriamo ogni tentativo di questi opportunisti come un delitto contro la Terza Internazionale comunista.
«Voi comprenderete che non potevamo piú restare in un Partito coi Nobs, Grimm ed i loro aderenti[...]

[...]ciso rifiuto di partecipare alla preconferenza di Berna per ricostruire la Internazionale di Vienna.
« Ci auguriamo che il vostro prossimo Congresso comprenderà e sanzionerà la condotta della vostra Direzione in questa questione. Noi consideriamo ogni tentativo di questi opportunisti come un delitto contro la Terza Internazionale comunista.
«Voi comprenderete che non potevamo piú restare in un Partito coi Nobs, Grimm ed i loro aderenti.
« È necessario assolutamente per la Svizzera che gli elementi veramente rivoluzionari si costituiscano in una forte Sezione della Terza Internazionale perché possa, al momento opportuno, creare veramente l'avanguardia della classe operaia della Svizzera.
«Speriamo, alla fine di gennaio od ai primi di febbraio, di poterci fondere con il piccolo Partito comunista svizzero in un Partito unificato comunista, Sezione della Terza Internazionale. Ci sarebbe allora molto grato di poter salutare uno o piú vostri delegati.
« Saluti comunisti.
La Centrale del Partito socialista di sinistra D.
Partito comunis[...]

[...]uiscano in una forte Sezione della Terza Internazionale perché possa, al momento opportuno, creare veramente l'avanguardia della classe operaia della Svizzera.
«Speriamo, alla fine di gennaio od ai primi di febbraio, di poterci fondere con il piccolo Partito comunista svizzero in un Partito unificato comunista, Sezione della Terza Internazionale. Ci sarebbe allora molto grato di poter salutare uno o piú vostri delegati.
« Saluti comunisti.
La Centrale del Partito socialista di sinistra D.
Partito comunista olandese
«Compagni,
«Abbiamo avvertito il nostro compagno Rutgers, che è in questo momento in Italia, di voler rappresentarci al vostro Congresso. Noi speriamo che gli sarà possibile venire a Livorno.
« Ad ogni modo noi vi auguriamo un buon Congresso, cioè un Congresso che cementi realmente la solidarietà internazionale per l'accettazione delle tesi e dei principi di Mosca, non solamente nella lettera ma con le loro intenzioni veridiche di allontanare ogni ambiguità ed ogni an fibità.
La Presidenza del C.E. del Partito comunista in Olanda ».
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da Baratono (relatore per la mozione unitaria) con presentazione di Argentina Altobelli (presidente), e Giovanni Bacci, Discorso di Baratono in Resoconto stenografico del 17. congresso nazionale del Partito socialista italiano : Livorno, 15-20 gennaio 1921 : con l'aggiunta di documenti sulla fondazione del Partito comunista d'Italia

Brano: SEDUTA POMERIDIANA DEL GIORNO 16
Presidenza: Altobelli Argentina.
Discorso Baratono
ALTOBELLI ARGENTINA, presidente: La parola al compagno Adelchi Baratono, relatore per la frazione unitaria.
BARATONO, (applausi) : Compagni, avrei rinunziato ad aggiungere parola...
Una voce dal palco dei comunisti puri: Avresti fatto bene. (Rumori vivissimi).
BAccI: Teniamo addirittura due Congressi, se si deve continuare cosí. Fate la proposta, ma se si deve stare tutti qui, state zitti e non interrompete !
Voci verso il palco dei comunisti puri: Non è serio quello che state facendo ! (Approvazioni).
BARATONO: Compagni, avrei fatto bene a rinunziare alla parola, come suggerisce un compagno...
Voci: E un ragazzo. Dategli il biberon ! (Rumori vivissimi). Parli Baratono ! (Applausi vivissimi. Rumori dai palchi dei comunisti puri). BARATONO: Compagni, io vi prego di non raccogliere le interruzioni e di non fare dialoghi. Alle interruzioni posso rispondere io stesso di volta in volta che me le faranno, e mi procureranno un grandissimo piacere.
Dicevo dunque, semplicemente, che se io prendo la parola dopo la relazione che ho scritto e che è stata pubblicata, gli é perché sono convinto di una cosa: non credo che le sorti del Congresso siano già decise e che quindi, come molti altri affermano, sia perfettamente inutile discutere. Non credo che una discussione aperta, esauriente, chiara, non possa modificare i risultati del Congresso, non possa spostare alcune odierne situazioni le quali sono principalmente basate sopra moltissimi equivoci.
Credo poi che qui si debba parlare non soltanto per i congressisti o per lo stenografo che manderà agli atti per il fut[...]

[...]ndo a quelle masse che sono dietro noi (bene), a quelle Sezioni che vi hanno mandato essendo nella quasi totalità Sezioni comuniste, a quelle infinite moltitudini di lavoratori le quali, in questo momento, non si interessano delle nostre divisioni interne, ma si interessano di qualche cosa di piú importante per loro, che é la loro storia; a quelle masse, in nome delle quali ieri un pallido giovinetto parlava di « fantoccio unitario », ma che invece, proprio, sono profondamente unitarie. (Benissimo! Vivi applausi prolungati e ripetuti. Rumori dai palchi dei comunisti).
Compagni, io vi prego di rendere possibile la esplicazione completa del pensiero della frazione, di rendere possibile a chi viene qui senza secondi fini, senza scopi personali, senza alcun motivo egoistico o utilitario, di esprimere tutto e completamente il suo pensiero. E vedrete che ci avremo tutti da guadagnare
Lasciatemi dunque parlare, o compagni, e mi rivolgo specialmente ai compagni della tendenza comunista... (Interruzioni ripetute da varie parti, rumori prolunga[...]

[...]i, e da urla assordanti da parte della minoranza comunista).
Vi avverto, compagni, che io intendo assolutamente di parlare e starò qui fino a questa sera, magari, ma intendo di esporre tutto il mio pensiero. (Benissimo).
Per il vocabolario e perché non si equivochi, stabiliamo dunque subito, senza che nessuno tumulti, che io chiamerò « comunista » la frazione che cosí si vuol denominare, chiamerò « unitaria » la nostra frazione e chiamerò « concentrista » la terza frazione.
Voci: Riformista ! (Rumori vivissimi).
BARATONO: È questione di nomi, é questione di parole, e le parole hanno il significato che si attribuisce loro ! (Rumori vivissimi e prolungati).
Voci: Ma che fa la Presidenza? Fateli stare zitti !
BACCI: La Presidenza che cosa volete che faccia? Se volete che faccia qualche cosa per tenere a freno il Congresso datele i poteri necessari, se no come si fa? Non raccogliete le interruzioni e lasciate che l'oratore risponda lui, se vuole, agli interruttori.
BARATONO: Sono io che, come dicevo, intendo rivolgere alcune domande molto chiare, molto precise, ai compagni comunisti; intendo rivolgerle loro con animo sereno, nella speranza che queste domande abbiano le loro risposte ugualmente chiare e precise, e nella speranza
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che da tale alternativa di domande e di risposte venga fuori in questo Congresso, anche per le folle che stanno al di là del Congresso, una limpidezza di vedute che oggi non c'è, che la discussione cosí come è stata condotta fino ad oggi non ha prodotto.
Questa mattina le parole dei compagni della Internazionale, attraverso la lettura del compagno Kabaktc[...]

[...] queste domande abbiano le loro risposte ugualmente chiare e precise, e nella speranza
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che da tale alternativa di domande e di risposte venga fuori in questo Congresso, anche per le folle che stanno al di là del Congresso, una limpidezza di vedute che oggi non c'è, che la discussione cosí come è stata condotta fino ad oggi non ha prodotto.
Questa mattina le parole dei compagni della Internazionale, attraverso la lettura del compagno Kabaktceff, ci facevano l'impressione che di qui una mano di ferro calcasse sopra il Congresso, il quale, sotto la stretta si divincolava e qualche volta ancora reagiva. E io mi domandavo stamattina se questa ferrea stretta, se questo duro linguaggio, che viene da Mosca, fosse la morsa di una tenaglia, fosse il ferro di un aratro che dividendo fecondasse, fosse la necessaria imposizione di un organo superiore al quale tutti ci dobbiamo subordinare, e quindi la reazione di molti compagni fosse semplicemente il vecchio ordine di idee che si ribelli al nuovo, l'antica mentalità che non vuol cedere al fermento del nuovo pensiero; e mi domandavo, anche, se non fosse l'avvenimento che era sotto i nostri occhi questa mattina null'altro che un episodio di quella meravigliosa lotta che la Terza Internazionale va combattendo in tutto il mondo, lotta la quale non ha importanza soltanto nell'interno dei nostri Partiti, ma anche nella compagine di tutte le nazioni moderne.
Perché è la Russia che fa la politica internazionale, non soltanto dall'armistizio in poi, ma da prima dell'armistizio; è la Russia che ha condotto la guerra al suo logico fine: è la Russia che ha provocato la disfatta de[...]

[...]e ha condotto la guerra al suo logico fine: è la Russia che ha provocato la disfatta delle armi nella guerra, la disfatta di tutte le armi; è la Russia che ha provocato poi, davanti al pappagalleggiamento di Wilson, lo smascheramento di Versailles, dell'Intesa, e che ancora oggi seguita a fare la piú grande politica internazionale.
E mi domandavo se questo fatto che qui nell'interno del Partito socialista italiano avviene non fosse che un semplice episodio di questa grandiosa, meravigliosa lotta che la Terza Internazionale sostiene per preparare il domani a tutti i paesi; mi domandavo se non fosse altro che il medesimo di ciò che è avvenuto, per giustissima imposizione russa, nelle altre nazioni vicine a noi.
Ma quando — compagni, è tutta qui la questione — quando, per bocca del compagno Kabaktceff, la Russia . ci dice che noi, tendenza unitaria, maggioranza del Partito, siamo degli opportunisti, che soltanto per accarezzare le masse fingiamo di essere favorevoli alla Terza Internazionale; quando la Russia ci dice che noi ci accontenteremo di espellere dal nostro Partito due, tre, cinque riformisti per mantenere il
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riformismo dentro il nostro Partito, allora io mi rivolgo ai compagni comunisti e dico loro: compagni, credete veramente voi questo?
Molte voci dai palchi e dai banchi dei comunisti: Sí, sí ! (Rumori violentissimi. Interruzioni vivacissime, scambio di apostrofi. Tumulto prolungato).
ALTOBELLI, presidente: Io debbo altamente protestare contro questa intolleranza. Se si continua cosí non si potrà andare avanti. Voi non fate che provocare dei tumulti, facendo perdere un tempo che dovreb[...]

[...]smo dentro il nostro Partito, allora io mi rivolgo ai compagni comunisti e dico loro: compagni, credete veramente voi questo?
Molte voci dai palchi e dai banchi dei comunisti: Sí, sí ! (Rumori violentissimi. Interruzioni vivacissime, scambio di apostrofi. Tumulto prolungato).
ALTOBELLI, presidente: Io debbo altamente protestare contro questa intolleranza. Se si continua cosí non si potrà andare avanti. Voi non fate che provocare dei tumulti, facendo perdere un tempo che dovrebbe essere prezioso per tutti. Ricordatevi che qui ci sono anche dei rappresentanti della stampa borghese...
Una voce: Costoro fanno gli interessi della borghesia agendo a questo modo ! (Applausi. Rumori).
ALTOBELLI, presidente: ...e a nome della Presidenza dichiaro che d'ora in poi faremo allontanare dall'aula, servendoci anche delle guardie rosse, coloro che non si atterranno ai richiami della Presidenza. Sarà il miglior castigo che essi potranno avere contra l'uso di questi sisterni veramente deplorevoli. (Bene !).
Qui ci sono i rappresentanti della stampa borghese che ci ascoltano, date loro la sensazione che sentite i nostri richiami, che sono richiami veramente da compagni a compagni, che sono richia[...]

[...] i rivoluzionari, coloro che preparano la rivoluzione di domani? (Interruzioni. Rumori. Commenti).
La divisione è sorta solamente negli ultimi tempi della vita del nostro Partito, senza che prima nessuno si fosse accorto che c'era questa divisione nelle nostre file !
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Non parlo della distinzione fra gli elementi di destra ed i cornunisti, parlo della divisione tra i comunisti.
È sorta quando ci è venuto in Direzione il primo messaggio del C.E. della Terza Internazionale; è sorta solo allora, quando noi ci siamo divisi nella Direzione in maggioranza e minoranza; e poi si è propagata nel Partito socialista e nelle Sezioni.
La diversità del nostro criterio nell'apprezzamento di quel messaggio era una diversità di particolari, ed ancora oggi è diversità di particolari; non era una diversità tale da fondarsi sopra una divisione in due Partiti.
La Terza Internazionale, avendo tenuto un Congresso, il Secondo Congresso di Mosca, avendo in questo Congresso deliberato su alcune tesi, cioè su alcuni punti programmatici del nostro Partito, t[...]

[...]valore internazionale, ed avendo da queste tesi estratto un regolamento, ossia una serie di applicazioni, o condizioni (i 21 punti), impone a tutte le Sezioni nazionali dell'Internazionale di aderire a questo regolamento.
Ieri il compagno Graziadei vi ha fatto largamente l'esposizione della questione. Al compagno Graziadei, uomo di studio, uomo di pensiero, abituato ad appoggiare le sue critiche sopra i documenti, io avrei voluto chiedere semplicemente una cosa; l'avrei chiesta alla sua lealtà: di ricordarsi cioè che tutto ciò che egli ha detto ieri, noi lo avevamo scritto, noi, unitari, contro cui egli soprattutto ha diretto ieri i suoi strali: e quindi domando a Graziadei: perché se tu, ieri, a proposito della disciplina dell'Internazionale di Mosca e del modo dell'applicazione dei 21 punti di Mosca sei perfettamente d'accordo con ciò che noi abbiamo detto, ed abbiamo detto in un articolo, non in una conferenza, ma in una relazione ufficiale della nostra tendenza, perché ti pensi tu in disaccordo da noi? Perché tu ci consideri come t[...]

[...]in una relazione ufficiale della nostra tendenza, perché ti pensi tu in disaccordo da noi? Perché tu ci consideri come tuoi avversari? Giacché tu soprattutto intendesti dimostrare a questa assemblea che ci fosse un divario tra coloro che sono con te, e che soli riconosci come comunisti, e noi in questo momenta trattati quasi da socialdemocratici e da traditori.
Noi abbiamo molto chiaramente espresso il nostro pensiero: i 21 punti di Mosca hanno certamente valore internazionale. La Terza Internazionale si è trovata di fronte alla stessa situazione in tutto il mondo: la Seconda Internazionale aveva tradito perché nei Partiti socialisti dei vari paesi c'erano degli elementi socialpatrioti, c'erano degli elementi socialdemocratici che avevano fatto deviare le Sezioni del Partito. Era un postulato essenziale, una necessità assoluta per la rivolu
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zione russa di pretendere che in tutti i paesi, finalmente, il Partito socialista prendesse la via di sinistra, prendesse la via della rivoluzione, prendesse la via di Mosca, la via della dittatura del proletariato.
In ciò Zinowieff è stato chiarissimo, e noi stessi abbiamo ricordato quella lettera di Zinowieff in data 23 ottobre al proletariato francese, che il compagno Graziadei ieri ha citato, nella quale Zinowieff dice questo: « trattasi per l'Internazionale di Mosca, non dell'applicazione di due o di dieci o di venti punti, trattasi unicamente di decidere se da ora in poi i Partiti socialisti debbano andare verso la rivoluzione e il comunismo, ovvero debbano ancora perdersi per i vicoletti della piccola borghesia stagnante nella società borghese presente ».
Comprendiamo quindi tutta la necessità che aveva il Secondo Congresso della Terza Internazionale di fissare le tesi e di stabilire i 21 punti, e riconoscemmo anzi nei 21 punti fin troppa larghezza, perché per il Partito socialista italiano è troppa larghezza ammettere, anche limitandolo all'arbitrio della Commissione esecutiva della Terza Internazionale, che qualche centrista possa prendere parte alla Direzione stessa del movimento socialista.
Voci: E i riformisti?
BARATONO: Applicazione dei 21 punti di Mosca. Noi siamo perfettamente d'accordo con l'Internazionale di Mosca, la quale domanda a tutti i paesi che la scissione dai riformisti si faccia su queste basi: se fino ad allora era stato concesso, in un modo o in un altro, ai riformisti ed ai centristi di restare nel Partito, da allora in poi, ossia a quattro mesi di distanza dalla promulgazione dei 21 punti, era detto questo: si ponesse a questi signori dell'ala destra la domanda se accettano i 21 punti. Ventunesimo punto: chi respinge per principio le condizioni e le tesi della Internazionale comunista sia espulso dal Partito.
Posizione semplicissima che Zinowieff ha ripetuto ai francesi; ma avendo detto loro di piú che cosa? Mettete il coltello alla gola a questa gente: le couteau à la gorge. E col coltello alla gola, se è necessario, anche noi porremo questa domanda ai nostri destri d'Italia, quantunque dobbiamo riconoscere, come è giusto e leale, che i nostri destri d'Italia corrispondono poi ai sinistri di altre nazioni. Ma ciò non importa niente (applausi vivissimi della maggioranza, ululati dei comunisti), anzi è gloria nostra di essere all'avanguardia degli altri paesi (esclusa la Russia) nella posizione che ha il socialismo di fronte ai problemi rivoluzionari. Non importa niente, anzi non siamo tenuti dalla stessa storia del nostro passato ad un maggior rigore; ed oggi qui noi, ripeto, anche col coltello alla gola, metteremo ai compagni dell'ala destra la doman
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da se accettano o non accettano da or[...]

[...]a niente (applausi vivissimi della maggioranza, ululati dei comunisti), anzi è gloria nostra di essere all'avanguardia degli altri paesi (esclusa la Russia) nella posizione che ha il socialismo di fronte ai problemi rivoluzionari. Non importa niente, anzi non siamo tenuti dalla stessa storia del nostro passato ad un maggior rigore; ed oggi qui noi, ripeto, anche col coltello alla gola, metteremo ai compagni dell'ala destra la doman
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da se accettano o non accettano da ora in poi i 21 punti di Mosca, ossia i principi sanciti dalla Terza Internazionale. (Commenti animati).
E con questo noi siamo perfettamente in regola di fronte alla Terza Internazionale, di fronte ai doveri della disciplina internazionale.
La questione non può quindi fondarsi su questo punto, e non vorrei che risorgesse nei vostri oratori, con l'insinuazione che noi non ci vogliamo subordinare ai 21 punti di Mosca. Noi lo abbiamo sempre detto e riconfermato anche ultimamente: lo ripetiamo anche ben chiaramente nella nostra mozione. Noi accettiamo i 21 punti, chiediamo di applicarl[...]

[...]mati).
E con questo noi siamo perfettamente in regola di fronte alla Terza Internazionale, di fronte ai doveri della disciplina internazionale.
La questione non può quindi fondarsi su questo punto, e non vorrei che risorgesse nei vostri oratori, con l'insinuazione che noi non ci vogliamo subordinare ai 21 punti di Mosca. Noi lo abbiamo sempre detto e riconfermato anche ultimamente: lo ripetiamo anche ben chiaramente nella nostra mozione. Noi accettiamo i 21 punti, chiediamo di applicarli in Italia come la Terza Internazionale ha domandato che vengano applicati in tutto il resto del mondo.
Non è qui la controversia, non è qui la ragione del dissenso, della discordia, della divisione, della formazione di nuovi Partiti, frantumando il Partito socialista esistente. Ci dev'essere una causa piú profonda o piú generale, che non riguarda affatto la disciplina della Terza Internazionale. Si tratta quindi di cercarla, o compagni che avete interrotto dicendo che la causa della nostra diversità di vedute sta nella Terza Internazionale. Si tratta[...]

[...]unti, chiediamo di applicarli in Italia come la Terza Internazionale ha domandato che vengano applicati in tutto il resto del mondo.
Non è qui la controversia, non è qui la ragione del dissenso, della discordia, della divisione, della formazione di nuovi Partiti, frantumando il Partito socialista esistente. Ci dev'essere una causa piú profonda o piú generale, che non riguarda affatto la disciplina della Terza Internazionale. Si tratta quindi di cercarla, o compagni che avete interrotto dicendo che la causa della nostra diversità di vedute sta nella Terza Internazionale. Si tratta di cercare — e Graziadei mi darà ragione — se ciò che ci divide è una questione di ragione nazionale o è una questione di ragione internazionale.
Perché nel secondo caso chi decide è Mosca, giustamente, legittimamente; ma nel primo caso chi deve decidere siamo noi.
Naturalmente il problema si è complicato per il fatto che nella polemica sono entrati dei compagni che appartengono alla Terza Internazionale, che alla polemica hanno preso parte uomini come Lenin, come Zinowieff, e che dalla loro bocca ci vengono le critiche stesse che per primi ci mossero dei compagni d'Italia, critiche che in gran p[...]

[...] decide è Mosca, giustamente, legittimamente; ma nel primo caso chi deve decidere siamo noi.
Naturalmente il problema si è complicato per il fatto che nella polemica sono entrati dei compagni che appartengono alla Terza Internazionale, che alla polemica hanno preso parte uomini come Lenin, come Zinowieff, e che dalla loro bocca ci vengono le critiche stesse che per primi ci mossero dei compagni d'Italia, critiche che in gran parte noi avevamo accettato perché riguardanti l'orientamento e la tattica interna del nostro Partito.
Tutte queste critiche, come io osservavo nella mia relazione, in generale vengono fondate sopra una ragione di interpretazione storica, di interpretazione di fatti. Riandando alla vita del nostro Partito, da Bo_ogna ad oggi, si dice che essa presenti delle gravi avarie: che il Partito socialista italiano dopo Bologna, avrebbe avuto occasione di fare una rivoluzione vittoriosa, e non la colse per la presenza nel suo seno di elementi riformisti.
Questa è la piú grave critica che si faccia, ed è una semplice interpretazione di avvenimenti accaduti sotto i nostri occhi, dei quali noi siamo competentissimi a giudicare, perché li abbiamo vissuti.
Ancora questa mattina, in quella lettera lettaci dal compagno di
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Bulgaria, si ripetevano le stesse accuse, si alludeva agli stessi fatti; ancora questa mattina si diceva: Voi, socialisti italiani, siete stati sul punto e nella condizione di poter fare la vostra rivoluzione, di appropriarvi del potere politico del vostro paese, e non l'avete fatto perché siete stati troppo teneri verso gli elementi riformisti che sono nel vostro Partito. (Commenti).
Se non è proprio letteralmente esatto, è però questo il pensiero generale...
Una voce dal palco dei comunisti: Non è questo il senso !
BARATONO: Correggerete ancora.
A queste critiche, e quindi ai rimproveri, e quindi alla diversa tattica che dovremmo seguire se queste critiche e questi rimproveri fossero giusti, noi della tendenza unitaria che cosa rispondiamo?
Rispondiamo che noi guardiamo ai fatti, che noi guardiamo gli avvenimenti con occhio piú sereno di voi. Rispondiamo, cari compagni: non si può aver sempre ciò che si desidera, e non basta desiderare e volere per realizzare, ché, se cosí fosse, saremmo tutti felici; ma noi sappiamo per le dure esperienze che il nostr[...]

[...] volontà, di diverso fine, di diversa tendenza, è questione di diversa valutazione, è questione di diversa apprezzamento. Diverso, anche qui, solamente in particolari; non già diverso nel senso che anche noi non crediamo tutto quello che ci esponeva questa mattina in quella sua magnifica lettera il compagno di Bulgaria, quando ci rappresentava la crisi profonda che attraversa la borghesia, lo stato disperato della società presente, e quindi la necessità assoluta di passare ad una nuova forma di costituzione sociale. Su questo siamo tutti d'accordo ! Questa stessa critica l'abbiamo fatta mille volte anche noi, e d'accordo siamo anche su questo, che mille condizioni propizie ci sono in Italia per la rivoluzione; d'accordo siamo anche su questo: che nelle masse stesse italiane, sia pure in forma impulsiva, sia pure in forma di un meraviglioso istinto generoso che le spinge, nelle masse italiane c'è la possibilità di trascinarle all'evento ultimo. Siamo d'accordo sulla debolezza degli istituti borghesi italiani in confronto degli stessi ist[...]

[...]ibertà relativa che godiamo in Italia è appunto l'effetto della debolezza degli organi costituzionali italiani, i quali non poggiano su una forte e compatta classe dominante; come è anche l'effetto della nostra forza che in Italia è enormemente superiore — in relazione, si intende — alla forza che ha il Partito socialista nei paesi vicini. Siamo d'accordo su tutto ciò.
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Dove non siamo d'accordo? Su particolari, su contingenze di fatto semplicemente.
Per esempio, ne colgo una a volo: quella lettera lettaci dal compagno Kabaktceff a nome dei compagni di Mosca diceva che in Italia c'è uno stato di miseria disperata dopo la guerra.
Siamo sinceri, compagni che venite dai lavoratori dei campi e delle città: la miseria ci sarà, perché precipitiamo verso la disoccupazione e la fame, ma disperata miseria non c'era nel giorno nel quale, secondocostoro, noi avremmo dovuto fare la rivoluzione e non l'avremmo fatta per l'intervento dei socialisti di destra. (Oooh, 000h ! Commenti animatissimi e prolungati).
Questi particolari non sono senza importanza, perché servono a dimostrare che appunto sopra queste piccole inezie, sopra queste quisquilie si è voluto artificialmente creare una grave divergenza di opinioni. La borghesia, dopo l'armisti[...]

[...]lari non sono senza importanza, perché servono a dimostrare che appunto sopra queste piccole inezie, sopra queste quisquilie si è voluto artificialmente creare una grave divergenza di opinioni. La borghesia, dopo l'armistizio vedendosi perduta, ebbe l'istinto di lasciar libera la gara dei contadini e degli operai all'aumento di salario. È un fatto.
Voci: E la disoccupazione? E il caroviveri? (Interruzioni. Cornmenti animati. Rumori).
BARATONO: Cercate di interpretare senza malignamenti il mio pensiero. Io non dico che le condizioni dei lavoratori italiani siano assolutamente buone: dico che nell'apprezzamento di un fatto storico, per esempio del fatto che riguarda il movimento dei metallurgici, anche piccole circostanze hanno il loro valore, e che quindi la diversa interpretazione di un fatto può avere delle gravi conseguenze nella dottrina. (Commenti).
Cosí, per esempio, noi siamo d'accordo che la rivoluzione, pur essendo un fenomeno internazionale, debba incominciare in qualche posto, e che il luogo nel quale possa incominciare la [...]

[...]anze hanno il loro valore, e che quindi la diversa interpretazione di un fatto può avere delle gravi conseguenze nella dottrina. (Commenti).
Cosí, per esempio, noi siamo d'accordo che la rivoluzione, pur essendo un fenomeno internazionale, debba incominciare in qualche posto, e che il luogo nel quale possa incominciare la rivoluzione nell'Europa occidentale potrà essere benissimo l'Italia, perché in condizioni piú favorevoli degli altri.
Una voce: Manca il pane !
Voci: Compratelo ! (Vivissima ilarità. Commenti).
BARATONO: Dove, invece, per esempio, non andiamo piú d'accordo è quando i compagni della Russia, e specialmente in una delle ultime lettere inviate agli italiani, ci dicono con tutta tranquillità che non appena il movimento sarà scoppiato in Italia, immediatamente ci verrà l'aiuto della Francia, della Inghilterra, della Russia stessa. (Commenti. Rumori vivissimi).
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MISIANO: Non dice cosí, gesuita ! (Rumori vivissimi e prolungati. Scambio di apostrofi).
ALTOBELLI, presidente: Noi torniamo ad invitarvi a non interrompere.
BARATONO: Dice proprio cosí. È la penultima lettera firmata <c II Comitato esecutivo della Terza Internazionale », pubblicata anzi prima sull'Avanti ! di Torino, 1'11 dicembre, e poi su quello di Milano, dove c'era un periodo molto chiaro che parlava perfino, compagni, di invio di grano, aiuti da parte della Russia. Ed in quella lettera si diceva che immediatamente ci sarebbe venuto il sostegno dei Partiti socialisti delle nazioni consorelle.
È una piccola questione: in fondo noi siamo d'accordo, cioè non ci facciamo illusioni, ma il non farsi illusioni implica naturalmente, non il fatto che si esiti o che si voglia andare indietro, ma il fatto che non si voglia quello che potrebbe mal riuscire domani; il fatto che si possa domani avere una diversa valutazione dell'opportunità particolare nazionale, locale, nella quale siamo noi i giudici competenti. E questo solo noi rispondiamo a Mosca. Rispondiamo a Mosca: permetteteci di valuta[...]

[...]rispondiamo a Mosca. Rispondiamo a Mosca: permetteteci di valutare la situazione nostra coi nostri occhi in ciò per cui questa situazione è nazionale, è fatto nostro, di cui noi conosciamo le condizioni, di cui noi conosciamo le cause, la portata, gli effetti.
E diciamo ancora ai compagni di Russia: non siamo affatto alieni, non escludiamo affatto che se a voi, compagni dell'Internazionale, pei bisogni dell'Internazionale, sembrasse un giorno necessario anche il sacrificio del Partita d'Italia, noi saremo pronti a farlo: ma almeno questo vi domandiamo: di poterne discutere con voi, di poterci sentire uniti con voi, non di ricevere ordini ma di avere con voi una collaborazione continua, di avere un contatto continuo fra la Direzione del Partito socialista italiano e la Commissione esecutiva della Terza Internazionale. (Bene!). Vi domandiamo un contatto piú stretto, una intimità piú amichevole, una collaborazione piú chiara e piú libera; e questo è stato chiamato essere avversari, essere nemici della Rivoluzione russa.
Ci hanno imputati per questo di voler contrastare a Mosca, noi che proprio desideriamo di andare all'unisono con Mosca !
Vedete che si continua a rivangare sul fatto della presa di possesso delle fab[...]

[...]della presa di possesso delle fabbriche; che da quel giorno in poi è diventato il punto sul quale piú ci combattono i comunisti d'Italia e quindi anche i compagni dell'Internazionale di Mosca. Sarebbe stato allora, specialmente, che la presenza di qualche destro nel nostro Partito avrebbe proprio impedito alla rivoluzione di aver luogo. (Interruzioni).
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Io non ne parlerei (come non citerò, se non per esemplificare, questioni particolari e tacerò del tutto di questioni personali) non ne parlerei se non ci fosse la circostanza che io era nella Direzione del Partita e che nessun altro fra gli oratori potrà riferirne come testimone oltre Gennari, perché Serrati era ancora in Russia, quantunque una vignetta lo rappresenti addormentato, in quei giorni.
Ed anche qui mi rivolgo al compagno Gennari: poniamo la questione nel fatto, senza nessuna intenzionalità, e cerchiamo di ricostruire la storia di quei giorni.
Io ricordo ciò che ho osservato; quelle ore, le ho seguite, le ho vissute; se voi credete che venga in malafede a parlare e a cercare di modificare i fatti, ditemelo subito, piuttosto che interrompermi dopo, ed io tacerò; ma se voi ammettete la buona fede di un uomo, la storia é questa, molto semplice, esposta non per difendere uomini o tendenze riformistiche, ma per dimostrare anzi, che nemmeno allora si trattò di influenza del riformismo e meno ancora di dominio che questo abbia preso sopra il Partito. Poiché, diciamolo subito, la migliore prova che i nostri socialdemocratici non dominarono sul Partito, sta nel fatto, per chi sa e ragiona, che altrimenti essi avrebbero benissimo potuto instaurare la Repubblica socialdemocratica in Italia, per cui ebbero mille buone occasioni e non lo fecero.
Ieri Graziadei diceva che bisogna guardare la realtà storica secondo certi momenti, certe circos[...]

[...]iformistiche, ma per dimostrare anzi, che nemmeno allora si trattò di influenza del riformismo e meno ancora di dominio che questo abbia preso sopra il Partito. Poiché, diciamolo subito, la migliore prova che i nostri socialdemocratici non dominarono sul Partito, sta nel fatto, per chi sa e ragiona, che altrimenti essi avrebbero benissimo potuto instaurare la Repubblica socialdemocratica in Italia, per cui ebbero mille buone occasioni e non lo fecero.
Ieri Graziadei diceva che bisogna guardare la realtà storica secondo certi momenti, certe circostanze che ne stabiliscono il valore; e diceva questo per svalutare l'opera dei socialisti italiani che sono stati tutti, o in grandissima maggioranza, contro la guerra, nessuno dei quali ha voluto i crediti di guerra, osservando che in Italia c'erano condizioni piú propizie che in altri paesi, e lo sforzo era perciò assai minore.
Orbene, io dico a lui la stessa cosa: riconosciamo, compagno Graziadei, che l'aver preso possesso delle fabbriche, nel modo con cui s'è avverato in Italia, era una condizione assai piú propizia di quella che sarebbe stata se in quel momento il Governo, per sue ragioni borghesi, non avesse in certo senso lasci[...]

[...] dei quali ha voluto i crediti di guerra, osservando che in Italia c'erano condizioni piú propizie che in altri paesi, e lo sforzo era perciò assai minore.
Orbene, io dico a lui la stessa cosa: riconosciamo, compagno Graziadei, che l'aver preso possesso delle fabbriche, nel modo con cui s'è avverato in Italia, era una condizione assai piú propizia di quella che sarebbe stata se in quel momento il Governo, per sue ragioni borghesi, non avesse in certo senso lasciato fare e consentito. Adunque, per intanto, teniamo presente questo fattore. Né diteci subito che c'era una situazione insurrezionale sol perché i nostri operai erano in possesso delle fabbriche, dal momenta che erano in possesso delle fabbriche pacificamente.
Quei giorni, in una prima riunione alla quale presero parte solamente rappresentanti operai delle regioni piú industriali metallurgiche d'Italia, io ricordo che l'atmosfera fu molto pacifica. Erano questi operai forse dei riformisti? No, compagni, erano degli organizzatori...
Voci: Buoni quelli ! (Rumori. Commenti).
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[...]no. Attese gli avvenimenti. Gli avvenimenti precipitarono. (Interruzioni. Rumori. Scambio di apostrofi).
ALTOBELLI, presidente: La Presidenza è d'accordo in questo: che se c'è, come pare che ci sia, un interruttore sistematico, lo farò mettere fuori ! (Applausi).
BARATONO: Sta dunque di fatto che fino alla convocazione del Consiglio generale delle leghe noi della Direzione del Partito non avevamo una chiara intenzione, una precisa visione, una certa decisione di portare il movimento piuttosto da una parte che dall'altra. Lasciammo che si convocasse il Consiglio delle leghe. Nel frattempo la situazione generale, piuttosto che migliorata, era peggiorata, come riferirono, del resto, coloro che venivano dalle fabbriche invase, primi fra tutti i compagni di Torino. Perché lo stato d'animo degli operai non era piú a quella altezza di tensione nella quale si trovava i primi giorni. Alcuni di essi, poco educati, troppo utilitaristi forse, già domandavano, soprattutto, che si fornisse loro il mezzo di vivere giorno per giorno se si voleva che [...]

[...]agli organizzatori per testimonianza.
Molte voci: È verissimo.
BARATONO: Vennero dunque quelle due famose giornate che furono impiegate in discussioni fra Direzione del Partito e Confederazione generale del lavoro, dove la Confederazione generale del lavoro, di cui io non intendo affatto portare qui alcuna scriminante, alcuna difesa per tutta l'opera sua, sta di fatto che si metteva intanto in questa posizione: di non contare piú come Comitato centrale, dal momento che si era convocato il Consiglio delle leghe, il quale era sovrano, il quale era costituente di fronte ad esso Comitato. Le nostre discussioni si svolsero in due giorni.
Primo giorno, Gennari, ti ricordi, noi non ponemmo una condizione assoluta sine qua non, e quindi non ci dividemmo recisamente da loro. Alla sera di quella domenica, noi della Direzione ci radunammo insieme, pronti, od almeno persuasi, a modificare alquanto le nostre vedute (i compagni della Direzione sono qui presenti), e a cercare una
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conciliazione tra il nostro punto di vista e quello della Confe[...]

[...] quale era sovrano, il quale era costituente di fronte ad esso Comitato. Le nostre discussioni si svolsero in due giorni.
Primo giorno, Gennari, ti ricordi, noi non ponemmo una condizione assoluta sine qua non, e quindi non ci dividemmo recisamente da loro. Alla sera di quella domenica, noi della Direzione ci radunammo insieme, pronti, od almeno persuasi, a modificare alquanto le nostre vedute (i compagni della Direzione sono qui presenti), e a cercare una
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conciliazione tra il nostro punto di vista e quello della Confederazione generale del lavoro.
GENNARI: Tu ricordi bene, Baratono. Non ce lo avevano ancora manifestato !
Una voce: Non avete capito niente ! (Rumori vivissimi. Scambio di apostrofi).
BARATONO: Nel secondo giorno, invece, di un balzo, si posero in antitesi assoluta le due concezioni opposte: la concezione rivoluzionaria ad oltranza e la concezione sindacale che voleva contenere il movimento come movimento sindacale e quindi diretto dagli organizzatori. È qui tutta la questione, anche dal punto di vista psicologico.
Io credo che se noi avessimo voluto incanalare la discussione in questo altro senso: non chiedere tutto a un tratto la presa di possesso di tutti gli stabilimenti italiani, e quindi di non chiedere tutta in una volta la rivoluzione contro la intera classe borghese, contra tutto il regime vigente, ma ci fossimo contentati che gli operai non uscissero piú dalle fabbriche, ormai diventate loro, per legittimo impossessamen[...]

[...]edo che se noi avessimo voluto incanalare la discussione in questo altro senso: non chiedere tutto a un tratto la presa di possesso di tutti gli stabilimenti italiani, e quindi di non chiedere tutta in una volta la rivoluzione contro la intera classe borghese, contra tutto il regime vigente, ma ci fossimo contentati che gli operai non uscissero piú dalle fabbriche, ormai diventate loro, per legittimo impossessamento, avessimo domandato di riconoscere la proprietà collettiva di quelle fabbriche che gli industriali metallurgici e siderurgici, speculatori piú che produttori, erano ormai indegni di gestire per mille ragioni; se ci fossimo posti di fronte ad un solo avversario, che in quel momento era debole, discorde internamente fra grossi e piccoli industriali, mal visto anche dalla borghesia, mal visto anche dalla zona grigia dell'opinione pubblica, e in contrasto col Governo stesso, esso sarebbe stato abbandonato forse dal Governo, e dopo la presa definitiva di queste fabbriche si poteva an che allargare per contagio il movimento. Dico,[...]

[...]le ragioni; se ci fossimo posti di fronte ad un solo avversario, che in quel momento era debole, discorde internamente fra grossi e piccoli industriali, mal visto anche dalla borghesia, mal visto anche dalla zona grigia dell'opinione pubblica, e in contrasto col Governo stesso, esso sarebbe stato abbandonato forse dal Governo, e dopo la presa definitiva di queste fabbriche si poteva an che allargare per contagio il movimento. Dico, se si fosse accettato un punto di vista rivoluzionario, ma intermedio...
Una voce: Le mezze misure !
BARATONO: Ah ! Ma tu non sai che cosa sia una rivoluzione: non hai mai letto un libro di storia ! (Applausi vivissimi).
Quando Lenin ha spossessato le fabbriche di Putiloff ha motivato la propria azione affermandone le precise e particolari ragioni, e non ha detto: ce le prendiamo per la rivoluzione ! Ha dato ragioni contingenti perché la rivoluzione non si fa tutta in una mattina. Invece, ed io ve lo dico solo per dimostrarvi lo stato d'animo degli uomini di quel giorno, invece l'urto fra Gennari, rappresentante della Direzione del Partito, la quale all'unanimità gli dette la sua solidarietà, e il Comitato centrale della Confederazione generale del lavoro, fu violento solo per questo: che c'era un'assoluta antitesi, non di tendenze politiche e di programmi, ma di sentimenti e d'abito mentale. Piangevano gli uni e gli
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altri; ma uno diceva: io credo che domani si debba fare il gran salto; e gli altri dicevano: noi onestamente e lealmente ci spaventiamo perché ci sembra un salto nel buio.
La solita voce: E allora non si fa il dirigente di organizzazioni ! (Interruzioni vivacissime. Commenti animati. Rumori vivissimi. Scambio di apostrofi violente).
BARATONO: Compagni, persuadetevi, non diamo un giudizio, esponiamo un esame dei fatti; persuadetevi che stavano di fronte due concezioni oneste, una rivoluzionaria e una sindacale. (Commenti animatissimi).
GENNARI: E incompatibili. Di qui la necessità della separazione. Voci: Ecco la scissione !
Altre voci: L'ordine del giorno era di Bucco. Ricordatevelo ! (Rumori vivissimi. Scambio di apostrofi).
BARATONO: Io dico questo perché noi, unitari, veniamo accusati di voler difendere i riformisti e il riformismo. E non è vero. Noi difendiamo solamente, per debito di lealtà, questi che sono ancora oggi nostri compagni, perché Bologna ha consentito che fossero ancora nostri compagni, dall'accusa di essere dei traditori, dall'accusa di essere dei complottisti, dei conniventi con la borghesia.
Questa è una posizione di lealtà che noi dovevam[...]

[...]ondurre le lotte sindacali ed economiche, le quali sono per loro natura contingenti, che per loro natura abituano gli organizzatori ad essere molto cauti ed a prevedere tutti i pericoli, seconda questa loro convinzione in quel momento si ribellavano a questo azzardo non sufficientemente preparato, a questo impeto generoso, pensando al giorno dopo, pensando alla psicologia delle masse italiane sulle quali possiamo far conto per l'assalto alla trincea, mon non cosí ugualmente per mantenere poi le posizioni prese.
Una voce: Tu non conosci bene le masse ! (Rumori vivissimi).
BARATONO: Insomma, noi diciamo: nella valutazione delle condizioni e delle circostanze per la riuscita di una rivoluzione vittoriosa, ci volete o non ci volete mettere anche l'elemento che si chiama psicologia dell'operaio; che si chiama preparazione delle masse; che si chiama psi
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cologia di coloro che dirigono e sempre dirigeranno queste organizzazioni. perché anche quando ci andrete voi, i piú puri tra i comunisti, i piú ardenti tra i comunisti, dovrete fare un'opera nello stesso senso che la fanno loro? (Interruzioni. Rumori). [...]

[...]zzazioni. perché anche quando ci andrete voi, i piú puri tra i comunisti, i piú ardenti tra i comunisti, dovrete fare un'opera nello stesso senso che la fanno loro? (Interruzioni. Rumori).
Non dimentichiamo dunque, fra l'altro, che contro l'ordine del giorno BuccoSchiavello e per l'ordine del giorno D'Aragona votarono in maggioranza i rappresentanti delle organizzazioni operaie.
Voci: Senza mandato.
BARATONO: La presenza e l'autorità che si dice avere nel Partito so cialista questa nostra destra non è una causa della mancata rivoluzione, ma è, se mai, un effetto; dimostra appunto che le condizioni d'Italia, sono tali che questi destri sono ancora oggi compatibili, o erano ancora ieri compatibili nelle nostre file. (Aaah ! Aaah I). Ci potevano stare perché avevano il suffragio delle loro masse. Non si deduce, che domani ci debbano stare. Non si dice che domani il Partito socialista debba seguire la stessa via che ha seguito fino ad oggi; si dice: « andiamo a vanti », ma il passato giudichiamolo onestamente; diciamo che nel passato, non per nostra volontà, non per nostra colpa, non per la presenza di tre, di cinque, di venti persone, ma per condizioni assai piú profonde, e nazionali e internazionali, il rivolgimento non si è potuto eseguire in Italia. Diciamo questo, onestamente, e non divenga quindi un'accusa al Partito socialista italiano non aver ottenuto ciò che non poteva assolutamente raggiungere. Non divenga un'accusa verso la Direzione, ed è strano, è meraviglioso che Gennari non accolga questa accusa...
GENNARI: Non l'accolg[...]

[...]ma per condizioni assai piú profonde, e nazionali e internazionali, il rivolgimento non si è potuto eseguire in Italia. Diciamo questo, onestamente, e non divenga quindi un'accusa al Partito socialista italiano non aver ottenuto ciò che non poteva assolutamente raggiungere. Non divenga un'accusa verso la Direzione, ed è strano, è meraviglioso che Gennari non accolga questa accusa...
GENNARI: Non l'accolgo. Non c'è quest'accusa !
BARATONO. ...accetti questa accusa dei compagni russi, che anche questa mattina ci hanno mosso: di aver noi tradito la rivoluzione; quest'accusa per lo meno di debolezza a di codardia, di avere sabotato una rivoluzione, che secondo Lenin e Zinowieff sarebbe riuscita vittoriosa, nella piccola Italia ! mentre all'intorno già erano caduti gli altri tentativi e infieriva ovunque la piú atroce reazione; mentre le stesse armi della Russia bolscevica erano state infrante a Varsavia; in Italia, piccolo povero paese senza risorse, che non poteva realizzare le speranze concepite a Bologna, non già per l'intervento di Turati o D'Aragona, ma per cause piú profonde e generali.
Noi discordiamo dai compagni di Mosca in questa critica che riguarda il passato recente del Partito socialista. Siamo d'accordo in ciò che riguarda l'avvenire; siamo perfettamente d'accordo coi compagni di Mosca nel desiderare un accentramento maggiore nel Partita socialista italiano, e un disciplinamento piú efficace, nonché una piú stretta
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dipendenza degli organismi sindacali. Siamo pronti ad accogliere tutte quelle riforme che voi, comunisti puri, vogliate portare nella riorganizzazione del Partito. Su tutto questo non abbiamo nessuna eccezione a fare. Siamo pronti a formare nuovi organi piú adatti e piú celeri, come siamo stati i primi a dire che la Direzione del Partito deve essere accentrata e deve imporsi con maggiore autorità di oggi. Siamo stati i primi, noi stessi, a muovere le critiche all'organizzazione passata del nostro Partito.
A tutto ciò siamo disposti, ma non siamo disposti a farci dare dei codardi, dei traditori della rivoluzione, perché noi non lo siamo mai stati ! (Applausi vivissimi. Interruzioni di Bordiga. Rumori vivissimi. Tumulto).
ALTOBELLI, presidente: Sospendo la seduta fino a che tutti non saranno a posto.
(La seduta rimane sospesa per mezz'ora circa. Altobelli ritorna alla Presidenza esortando lungamente l'assemblea e specialmente quelli che sono[...]

[...]sono frazioni, c'è una sola grande tendenza comunista o massimalista che coincide con il Partito e che fino ad oggi ha fatto strada insieme ed in perfetta unità e di pensiero e di azione. E volevo dimostrarvi che soltanto artificiose o almeno esagerate interpretazioni dei fatti storici sono quelle che hanno creato le ragioni della odierna scissione fra comunisti.
Non posso per?) piú fermarmi tanto sopra questa parte, e debbo passare oltre per necessità del tempo.
Noi, comunisti della tendenza unitaria, non neghiamo certamente che vi è una parte di socialisti, che Bologna ha lasciato nel Partito socialista, i quali sono alla destra del Partito. Siamo, però, discordi nel valutare il colorito speciale di questa tendenza, in modo da poterle dare una precisa qualifica, come si fa invece dai compagni di Mosca. Siamo stati in disaccordo non sull'ammettere o non ammettere che Turati, che Treves, che D'Aragona siano alla destra del Partito, ma solamente nel criterio storico su questa tendenza, nella valutazione di socialpatriottismo, alla quale avete poi rinunziato, o di socialdemocrazia, alla quale non rinunziate, intendendola come sinonimo di riformismo,
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nel senso storico della parola, perché nel senso storico della parola riformismo vuol dire collaborazionismo.
Di fronte a questa domanda: «esiste il collaborazionismo come frazione del Partito socialista italiano? » noi[...]

[...]mo vuol dire collaborazionismo.
Di fronte a questa domanda: «esiste il collaborazionismo come frazione del Partito socialista italiano? » noi avremo errato, la storia dirà poi la sua sentenza ultima di qui a qualche anno, nessuno è profeta nel mondo, ma insomma noi crediamo di poter definire i nostri destri come frazione collaborazionista, in quanto crediamo che non esista una frazione collaborazionista, la quale porti cioè come suo programma e cerchi di attuare nella sua attività di Partito questa tendenza a collaborare con la borghesia.
Direte: sono venuti adesso a questa concezione; direte: si sono trasformati da quelli che erano; direte: hanno mutato per la via il loro programma.
Sí, è vero, nel mondo tutto muta; molti di voi che cosa erano due, cinque anni or sono?
Voci: Anche due mesi fa !
BARATONO: Tutto muta, tutto si trasforma; ma sotto a questo fatto che noi constatiamo: che i riformisti italiani, se cosí li volete chiamare, noi li abbiamo trascinati nella nostra scia, alla nostra retroguardia, sta l'altro che non si sono opposti a noi come frazione, e non hanno punto cercato di realizzare la socialdemocrazia, mentre avevano il favore, in un certo moment[...]

[...] hanno mutato per la via il loro programma.
Sí, è vero, nel mondo tutto muta; molti di voi che cosa erano due, cinque anni or sono?
Voci: Anche due mesi fa !
BARATONO: Tutto muta, tutto si trasforma; ma sotto a questo fatto che noi constatiamo: che i riformisti italiani, se cosí li volete chiamare, noi li abbiamo trascinati nella nostra scia, alla nostra retroguardia, sta l'altro che non si sono opposti a noi come frazione, e non hanno punto cercato di realizzare la socialdemocrazia, mentre avevano il favore, in un certo momento, della borghesia e dei ministri del re, pronti già a divenire ministri... della repubblica.
Questo volevamo dire. Noi massimalisti, maggioranza del Partito di fatto, storicamente parlando, non abbiamo trovato un'opposizione di una frazione riformista che ci dicesse: « no, voi dovete fare in quest'altro modo, perché questa è la tattica del Partito che noi difendiamo ». Abbiamo invece trovato degli uomini, che stando per temperamento, per abito mentale o professionale, alla destra del nostro Partito, solamente adesso si sono costituiti in frazione concentrista, perché li hanno spinti a costituirla, con la loro opposizione, proprio gli estremisti di sinistra. I nostri destri hanno creato questa frazione artificiosa e artifi ciale, hanno creato una frazione che s'aduna per dire che non esiste come frazione. Perché ieri Graziadei — scusa se ti cito cosí frequentemente, ma ciò avviene honoris causa — ieri Graziadei diceva, a proposito di Frossard: « quelle che contano sono le mozioni, non i discorsi ». E se fosse vero questo, se contasse soltanto la mozione di Reggio, se contasse la relazione di questa frazione non siamo piú di fronte ad un riformismo né ad un collaborazionismo, ma a della gente che ha corretto i suoi errori passati, ed è venuta dietro di noi.
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Di fronte a questo atteggiamento, concludiamo: non possiamo espellere una frazione intera, in quanta frazione; possiamo prendere provvedimenti individuali, in quanto possono esistere persone che, perché alla destra, individualmente contravvengono[...]

[...]ipalmente in questo: nel collocare la meta piú in qua della rivoluzione, senza negare la rivoluzione. Guardano l'immediato presente, o vivono nella sfera del parlamentarismo e del possibilismo contingente, senza escludere che domani si possa, si debba, si voglia fare la rivoluzione.
Noi respingiamo questa mentalità che è alla destra, ma anche alla sinistra del Partita, e crediamo che sia incompatibile ormai col Partito socialista, per una semplice ragione: che non appena voi in un'azione qualunque ponete come meta qualche cosa al di qua della rivoluzione, fate del riformismo anche se quest'azione fosse violenta. Perché la differenza fra il metodo rivoluzionario e quello riformista non è nella peculiarietá di un certo atto: rivoluzionario sarebbe anche il mio atto di prendere questa bottiglia se questa bottiglia fosse <c tabú », se ci fosse una legge borghese che m'impedisse di prenderla; rivoluzionario è anche un atto sindacale, anche la conquista di un piccolo beneficio operaio, non appena gli diamo l'indirizzo che trascenda verso il fine rivoluzionario, viceversa riformista pub essere anche prendere di mira un ufficiale e colpire le guardie, cari compagni !
Cari compagni, molti di quelli che hanno votato per i comunisti, per quelli della frazione comunista, sono dei compagni che credono proprio a questo: che la rivoluzione consista nella rivolta domani mattina.
Voci: Non è vero ! (Rumori prolungati).
BARATONO: E tutti noi li conosciamo. Noi viviamo nel Partito, non ci bendiamo gli occhi, sappiamo vedere le cose.
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Ci sono infinite sfumature, convenitene, anche nella frazione comunista; anche là c'è una destra e una sinistra; anche lá c'è l[...]

[...]!
Dico dunque, che noi, che viviamo nelle Sezioni, sappiamo che molti compagni, che hanno mandato qui dei rappresentanti aderenti alla frazione comunista, sono rivoluzionari perché credono ad una forma di rivoluzione che non è che l'insurrezione fine a se medesima, alla rivolta, e mentre credono che ogni riforma sia del riformismo, il loro non è che un riformismo all'inverso, già che l'episodio insurrezionale preso in sé anche come pura e semplice conquista del Governo, vale per la rivoluzione come una riforma qualsiasi, un episodio, mentre rivoluzione vuol dire quella che ricostruisce la società tutta quanta.
Quindi, dicevo, la discordia tra noi e molti elementi dell'ala destra è in questa concezione del fine, é in questa volontà del fine che diamo alla nostra azione, non nella specificità dell'azione.
E se i compagni di destra invocano Carlo Marx, come lo invocano quelli di sinistra, egli da quel ritratto laggiú sorride tranquillamente della loro opinione. Carlo Marx, come qualunque autore di genio, può avere delle interpretazioni diverse.
L'interpretazione che danno i nostri compagni intellettuali dell'ala destra è un'interpretazione, che direi oggettiva: è l'interpretazione fatalistica, il concetto che Marx abbia stabilito che dal seno stesso dell'evoluzione borghese si sviluppi[...]

[...]tra azione, non nella specificità dell'azione.
E se i compagni di destra invocano Carlo Marx, come lo invocano quelli di sinistra, egli da quel ritratto laggiú sorride tranquillamente della loro opinione. Carlo Marx, come qualunque autore di genio, può avere delle interpretazioni diverse.
L'interpretazione che danno i nostri compagni intellettuali dell'ala destra è un'interpretazione, che direi oggettiva: è l'interpretazione fatalistica, il concetto che Marx abbia stabilito che dal seno stesso dell'evoluzione borghese si sviluppi, ad un certo momenta, l'opposizione del le classi sfruttate, la quale porti automaticamente, con la latta di classe, alla rivoluzione ed alla dittatura del proletariato, ed ammettano che questo fatto debba avvenire da sé quasi che la nostra volontà non ci dovesse entrare per nulla, quasi che noi fossimo trasportati da questo fiume, per cui non ci fosse altro che da aspettare che la corrente passi e raggiunga il suo termine.
Questa concezione oggettiva li porta di conseguenza a curare ciò che è la vita quotidiana, contingente, a cercare la piccola lotta, la piccola riforma, abbandonando al fato il fine ultimo da raggiungere.
Per me la loro concezione è profondamente errata. Altrettanto come questa concezione oggettivistica di Carlo Marx, che non fu mai materialistica in tale senso, dell'assoluto oggettivismo, altrettanto errata è, però, la concezione opposta di un soggettivismo, di un volontarismo marxista che fiorisce oggi, ma è vecchia, e di cui già nel sindacalismo
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soreliano abbiamo gli elementi; questo volontarismo per cui per il cosiddetto rovesciamento della prassi, è la volontà nostra, anzi di una élite, di una piccola minoranza quella che può decidere o no delle sorti della storia e della rivoluzione.
Anche tale concezione è lontanissima, a mio credere, dal pensiero di Carlo Marx, il quale non si adagia né in quella oggettività né in questa soggettività, assolutamente, ma, appunto, pone il divenire storico nella opposizione dell'una con l'altra. Sopra la constatazione della realtà storica nella quale bisogna vivere, alla quale bisogna adattare l'azione giorno per giorno, sorge l'opposizione dalla nostra volontà, dalla nostra finalità trascendentale. La rivoluzione è l'antitesi dell'idea soggettiva a questa realtà oggettiva, a questo terreno storico sul quale noi ci muoviamo. In questa opposizione, assoluta dunque e intransigente, piuttosto kantiana che hegeliana...
Una voce: Crociana !
BARATONo: ...niente affatto crociana, perché non nel soggetto stesso, ma fra soggetto e oggetto, tra volontà morale e possibilità materiale, sta, secondo il Marx, tutto il segreto della prassi rivoluzionaria che realizza la storia, sí, evolutamente, ma a condizione appunto che il fine dell'azione sia rivoluzionario. Si trasforma l'oggetto perché il soggetto vi reagisce secondo un fine che lo trascende: altrimenti ci si adatta, non si è piú causa ma effetto, non si è piú l'avvenire ma il passato. Questo sia detto ai destri. E ai sinistri sia ricordato, viceversa, che la volontà ideale, se si vuol realizzare, deve agire sulla realtà esistente e cimentarsi con la resistenza di questa, commisurando il mezzo al fine, che altrimenti agisce nel vuoto ossia precipita. Tale dunque è la prassi rovesciata di Carlo Marx.
Noi frazione unitaria siamo perfettamente sul terreno marxista, perché non vogliamo chiudere gli occhi alla realtà per fare un salto nel buio, mentre cerchiamo di attuare la rivoluzione coi mezzi che ci son dati, con tutti i mezzi, come aveva già detto Marx, che ci sono dati.
Non crediamo — magari fosse, chi non lo desidererebbe? — non crediamo che basti un manipolo audace, intelligente, ardente, a fermentare le masse solo per il suo grande valore idealistico. Questa è una religione, o qualche cosa che può avvenire solo nei primordi di un movimento ideale, una lenta preparazione per il domani; ma se voi convenite che la rivoluzione è un fatto che matura, se voi convenite che le condizioni reali della rivoluzione ci sono, se voi convenite che domani noi possiamo attuarla e, una volta al potere, dobbiamo sostituire a tutta una società formidabilmente organizzata un'altra società, che dobbiamo
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ricostruire tutto un ordine nuovo, se ammettete questo, dovete am[...]

[...]amo andare alla rivoluzione non abbandonando quel potere reale, effettivo che abbiamo conquistato fino ad oggi, non abbandonando i fortilizi della nostra battaglia, non abbandonando le nostre organizzazioni, i nostri Comuni, la nostra posizione in Parlamento, la autorità che abbiamo da per tutto, non abbandonando quello che è già patrimonio del piú grande, del piú rispettato Partita che esista in Italia — e la presenza di questi giornalisti vi dice che il nostro Partita è il piú rispettato di tutti, anche quando ci insultano, anche quando ci dileggiano. (Applausi vivissimi).
Anche quando ci criticano, anche quando cercano di farci la spia e di mandarci in galera, essi con questo solo preoccuparsi di noi in pagine intere, ogni giorno, dei loro giornali, dimostrano che il nostro Partita è il piú formidabile Partito italiano ! E perché voi volete scinderlo, diminuirlo, impoverirlo? (Applausi vivissimi).
E ritorno ai nostri destri, per concludere su questo punto, senza equivocazione.
Dicevo: esistono dei riformisti di destra che sono tali per mentalità acquisita, ed essi ormai appartengono alla famiglia borghese. I loro argomenti sono delle volte stampati sulle cantonate, nei manifesti, come ragioni contro di noi, e questa ci fa ancora onore: vuol dire che la borghesia ha bisogno di scegliere tra noi gli uomini che ci possano combattere. (Bravo ! Applausi).
Tuttavia, compagni, il passo da Bologna a Livorno deve essere propria questo; rivedere la formula « libertà di scuola nella disciplina dell'azione ».
Ieri Graziadei ricordava che egli si è giovato in altri tempi di questa principio: « libertà di pensiero, disciplina d'azione » perché le differenze erano minori. È il contrario, mi pare. Allora le differenze erano molto maggiori, allora veramente c'erano una destra ed una sinistra opposte nel Partito socialista. Ma egli ha ugualmente ragione di concludere, che oggi questa[...]

[...] carattere rivoluzionario, anche se si tratta di un'interpellanza al Parlamento — decide, per esempio, di non permettere l'aumento del prezzo del pane per i poveri — voi veniate fuori a criticare quest'azione ! È assolutamente inammissibile questo ! Abbiate o non abbiate ragione, nello stretto campo scientifico in cui vi mettete a discutere — perché se voi parlaste di economia politica in astratto può essere vero che sia un vano lavoro quello di cercare di diminuire il prezzo del pane, ma noi facciamo la vita politica, dove c'è una ragione politica al di fuori della scienza... (applausi) — non è ammissibile che in quel momento voi veniate fuori con una critica a questa nostra azione parlamentare.
Non è possibile, caro Turati, il giorno in cui noi tutti riconosciamo che l'orientamento di tutti i Partiti del mondo deve essere verso l'Internazionale, perché essa deciderà delle sorti di tutto il mondo, perché se abbandonassimo l'Internazionale, se dovesse cadere l'Internazionale in Russia, sarebbe finito per ora tutto il nostro movimento s[...]

[...] deve essere verso l'Internazionale, perché essa deciderà delle sorti di tutto il mondo, perché se abbandonassimo l'Internazionale, se dovesse cadere l'Internazionale in Russia, sarebbe finito per ora tutto il nostro movimento socialista... (Applausi vivissimi).
Voci: Siamo d'accordo !
BARATONO: E quello che dimostro !... non è ammissibile che tu venga fuori con una prefazione che mette in valore un libercolo... (applausi), perché quello che dice il libro non ha importanza come fatto e io posso dipingere lo stesso quadro che si fa delle condizioni della Russia, se vi descrivo molti paesi della nostra Sicilia dove trovo la stessa miseria e la stessa incapacità ad organizzarsi, mentre questa miseria e questa disorganizzazione che è oggi in Russia c'era anche prima, al tempo dello czarismo, e la rivoluzione non poteva modificare in un giorno. Ma a quei fatti dà valore la tua interpretazione di socialista, e quindi è assurdo che tu possa in nome della libertà di pensiero svalutare tutta quanta l'opera rivoluzionaria nel giorno che il Part[...]

[...] disorganizzazione che è oggi in Russia c'era anche prima, al tempo dello czarismo, e la rivoluzione non poteva modificare in un giorno. Ma a quei fatti dà valore la tua interpretazione di socialista, e quindi è assurdo che tu possa in nome della libertà di pensiero svalutare tutta quanta l'opera rivoluzionaria nel giorno che il Partito la prende ad esempio, sia pur leggendario e simbolico, della propria azione.
Voi avete inventato, compagni concentristi, una libertà che è un astratto.
Che cosa è libertà? È come la democrazia. La stessissima questione. Come la questione del diritto individuale. Ma la libertà ha un limite, è relativa. Questa libertà ha un limite in un diritto, in una libertà superiore a quella dell'individuo, il diritto, la libertà del Partito, della classe dei lavoratori, del proletariato. E voi non potete in nome della
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libertà individuale contraddire ai diritti del proletariato ! (Applausi vivissimi).
È per questa ragione che noi non possiamo piú consentire, da oggi in poi, che sia ammissibile nello stesso Par[...]

[...]evatezza delle persone, noi a quest'ora non ci troveremmo a questo sbaraglio, a dividere il nostro Partito per alcuni atteggiamenti personali che fornirono le armi alla borghesia contro di noi. (Benissimo).
Ma oltre questi compagni, che sono alla destra perché sono ormai in una sfera di pensiero democratico, in una mentalità borghese, per quanta orientata e simpatizzante verso il socialismo, ed ai quali, quindi, porremo quella famosa domanda: accettate o non accettate d'ora in poi questo che è il nuovo organamento, queste che sono le nuove deliberazioni del Partito socialista italiano, e se non accettate fateci il piacere di lasciarci liberi... (Applausi).
Voci: Siamo d'accordo.
BARATONO: Malti dicono: siamo d'accordo ! Non è vero che siamo d'accordo, perché vi è tutta una frazione che esige siano cacciati Tizio, Caio, Sempronio, facendo i precisi nomi delle persone !...
Voci: No, no !
BARATONO: C'è una frazione che dice: tutti quelli che hanno aderito a Reggio Emilia, solo perché vi hanno aderito debbono andarsene; e qui è la discordia ! Noi siamo d'accordo con Mosca, perché appunto Mosca questo non ha imposto !
Dicevo, oltre queste individualità che hanno ormai una mentalità che rimane arretrata di fronte al movimento rivoluzionario, ci sono altri destri nel nostro Partito che sono a quel posto soprattutto perché sono degli organizzatori.
Voci: Sono i piú pericolosi !
BARATONO: Essi sono alla destra del Partito — come colui che io cito sempre, il nostro compagno Graziadei, ha dimostrato — sono alla destra del Partita, perché sono cosí abituati per le necessità sindacali, poiché gli stessi operai piú rivoluzionari, piú scapigliati sono quelli che li spingono sopra i gradini delle Prefetture e dei Ministeri. (Applausi.
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Vivissime approvazioni). E purtroppo il nostro movimento sindacale è impregnato di questo utilitarismo dovuto alla stessa volontà degli organizzati, ed essi si conformano a questa volontà degli operai.
Ed allora appunto bisogna distinguere e cercare di comprendere e di penetrare la situazione. Noi domandiamo una cosa molto semplice nei loro rapporti: regoliamo il rapporto tra Partito politico e organizzazione del lavoro in tal modo che d'ora in poi l'Organizzazione del lavoro sia subordinata, sia dipendente dal Partito socialista. (Benissimo I). Impadroniamoci dell'Organizzazione del lavoro, obblighiamo tutti gli organizzatori ad essere tesserati, e quindi ad essere disciplinati alle direttive del nostro Partito; cerchiamo nel modo che voi meglio crederete, nel modo che potremo stabilire d'accordo, di fissare fortemente questa unità politicosindacale. Tutti sentiamo, tutti lo abbiamo detto, che il patto di alleanza ormai è incapace di sostenersi, davanti ai tempi; sebbene esso segni un progresso assai grande di fronte a ciò che esiste in Francia, dove c'è l'indipendenza dell'organizzazione economica da quella politica. Esso è ancora però qualche cosa che può sfuggire facilmente ai doveri politici e rivoluzionari; garantiamo questo patto di alleanza, cerchiamo insieme il modo di rendere piú forte, piú tenace questa unione, facciamo una cosa sola del Partito e della Organizzazione.
Ah, sí; apriamo le porte, allarghiamo le mura delle nostre Sezioni e il Partito socialista meglio si unifichi con la massa lavoratrice: questo sí, questo corrisponde alle condizioni d'Italia, dove le nostre Sezioni, in generale, non sono e non possono essere quel manipolo di scelti, di esaminati che vi entrino con una chiara coscienza politica, perché nelle nostre Sezioni entrano tutti quelli che domandano di entrare; dove spesso ci si esaurisce nel pettegolezzo, nelle beghe interne, mentre di fuori la massa aspetta la nostra parola come la parola di un redentore; allarghiamo pure le nostre Sezioni, fondiamo di piú il Partito con l'Organizzazione; non facciamo l'opera contraria, non dividiamo invece il Partito socialista, restringendolo, dall'Organizzazione del lavoro, non perdiamo questo enorme vantaggio, che già abbiamo sugli altri paesi, di tener subordinata a noi l'Organizzazione del lavoro. Questa è la visione unitaria. Noi non siamo contrari a nessuna modificazione che renda piú ferreo il nostro Partita, piú disciplinata la nostra azione; siamo contrari soltanto a tutto ciò che rompe la compagine, la organicità multipla del nostro Partita. Esso oggi é fondato sulla Organizzazione del lavoro. La nostra forza è là; ed è per deprecare il pericolo che questa forza vada perduta, che noi[...]

[...]i nessun genere, superiori alla preparazione, allo spirito delle masse che stanno intorno a noi.
Resta adunque chiaro, o compagni, e questo volevo dimostrare, che non c'è nessun dissenso profondo, razionale, che non c'è nessuna causa essenziale che divida in questo momento il Partito comunista, il Partito massimalista, la grande maggioranza attuale del Partita socialista italiano; che queste differenze si sono volute creare su critiche fatte di certi momenti storici artificialmente interpretati.
E del resto anche se fossero vere queste critiche, anche se fosse vero tutto quello che voi avete detto del passato del nostro Partito, non è dimostrato ancora che il Partito nostro debba scindersi, non in due, di videndoci dai riformisti, ma anche in tre, dividendoci anche dai comunisti. Non è dimostrata in nessun modo questa necessità, perché non avete potuto e non potete dimostrare, che noi della tendenza unitaria siamo dei socialdemocratici, dei riformisti o degli indipendenti alla tedesca.
Noi abbiamo voluto tutto quello che avete voluto voi, noi abbiamo fatto tutto quello che avete fatto voi, perché siamo sempre stati insieme, abbiamo lavorato concordi fino ad oggi nel Partito. Ci differen ziamo solo in questo: che noi non vogliamo perdere quell'organamento qual'è oggi costituito dal Partito socialista.
Comprendo che ci siano forse altre ragioni che ci dividono, o meglio che distinguono alcuni che capeggiano il [...]

[...]altre ragioni che ci dividono, o meglio che distinguono alcuni che capeggiano il movimento della frazione comunista da noi unitari. Può darsi che se noi andiamo ad esaminare minutamente gli scritti di alcuni nostri compagni, troviamo altre differenze, forse piú profonde. Può darsi che ci sia una diversa valutazione, non tanto della storia del nostro Partito, quanto degli ideali del nostro Partito. Può darsi che noi a Bologna ci siamo ubriacati dicendo tutti le stesse parole — Internazionale, comunismo, rivoluzione — ma non ci siamo compresi. Può darsi che qui stia la differenza, e che sia necessaria una chiarificazione sui fini rivoluzionari, sul contenuto rivoluzionario della nostra azione.
In tal caso facciamo anche questa chiarificazione.
La Terza Internazionale ci indica esplicitamente come metodo rivoluzionario, la necessità di adoperare due grandi leve che debbono ri
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muovere il macignó borghese: « la dittatura del proletariato, e l'uso della violenza ». Ebbene, può darsi che qui sia il dissenso, perché se qui non ci fosse, non ci sarebbe alcun dissenso.
Può darsi, ed è il fatto, che alcuni interpretino la dittatura del proletariato e l'uso della violenza in modo diverso dalla maggioranza della tendenza unitaria. Questa interpretazione sarebbe quella, lo spiego subito, che intende obbligare l'Italia, il giorno della rivoluzione, ad adoperare questi metodi, che sono generali per tutte le rivoluzioni, n[...]

[...]di, che sono generali per tutte le rivoluzioni, nello stesso identico modo con cui sono stati adoperati dai compagni russi, e da formare quindi in Italia, prima un Partito politico rivoluzionario di congiura contro il Governo borghese, al solo ed unico scopo della presa di possesso violenta e armata del Governo, e poi un'instaurazione del Governo socialista sul figurino preciso ed esatto di ciò che è avvenuto in Russia.
I russi dicono — badate, ce lo ha dichiarato Graziadei — che essi non impongono nulla di tutto ciò, che non intendono dettare le leggi precise circa la tattica, le circostanze, l'adattamento di quelli che sono i principi generali della rivoluzione per tutti i paesi del mondo. Non intendono di forzarci la mano, di darci il figurino del nostro Governo, della nostra azione specifica di un certo momento.
Per noi comunisti, per noi che discendiamo dal « Manifesto » di Carlo Marx e di Federico Engels, la dittatura del proletariato è semplicemente una concezione rivoluzionaria che si oppone alla concezione democratica. A una democrazia puramente teorica, e perciò vuota, che praticamente quindi non si è mai effettuata, si contrappone la nostra dittatura. Non c'è opposizione di diritto tra dittatura del proletariato e democrazia. C'è una contrapposizione di fatto, cioè storica, in quanto la democrazia ha mentito completamente ai suoi scopi, ha tradito sè stessa. I Governi chiamati democratici, che debbono quindi rispettare ugualmente i diritti di tutti i cittadini e di tutti gli individui, non l'hanno fatto. Hanno instaurato una dittatura di classe, di classe sfruttatrice, minoranza contro l[...]

[...]appone la nostra dittatura. Non c'è opposizione di diritto tra dittatura del proletariato e democrazia. C'è una contrapposizione di fatto, cioè storica, in quanto la democrazia ha mentito completamente ai suoi scopi, ha tradito sè stessa. I Governi chiamati democratici, che debbono quindi rispettare ugualmente i diritti di tutti i cittadini e di tutti gli individui, non l'hanno fatto. Hanno instaurato una dittatura di classe, di classe sfruttatrice, minoranza contro la maggioranza sfruttata, operaia, proletaria; quindi Marx ha detto: a questa menzognera democrazia noi opponiamo chiaramente, realmente, una dittatura. Con questa differenza: che noi saremo dittatori a nome di tutti coloro che lavorano, ossia a nome di tutti coloro che hanno un fondamentale diritto di essere cittadini della nuova civiltà; e riconoscendo che soltanto nel lavoro c'è l'elemento costruttivo della società, perché una società si fonda sopra il lavoro; riconoscendo che quelle classi che vivono e in quanta vivono dello sfruttamento del lavoro e non della produzione diretta, sono classi che non hanno
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dunque diritto ad essere rappresentate nella regolazione, nel Governo di questa società. Noi, socialisti, instauriamo la dittatura del proletariato perché solo in questo modo elimineremo completamente lo sfruttamento. Eliminata come classe dominante la classe degli sfruttatori, non é piú possibile ammettere che al Governo, cioè alla regolazione della società, siano chiamate persone le quali non lavorino, e quindi di diritto non appartengano a questa [...]

[...]presentate nella regolazione, nel Governo di questa società. Noi, socialisti, instauriamo la dittatura del proletariato perché solo in questo modo elimineremo completamente lo sfruttamento. Eliminata come classe dominante la classe degli sfruttatori, non é piú possibile ammettere che al Governo, cioè alla regolazione della società, siano chiamate persone le quali non lavorino, e quindi di diritto non appartengano a questa società. Questo è il concetto della dittatura del proletariato, la quale ad un certo punto col suo svolgimento, ossia non appena si sia annullato il capitalismo, non vi sia piú classe sfruttatrice né possibilità di sfruttare, in quel giorno stesso verrà a coincidere con la piú perfetta democrazia, con quella democrazia che ci doveva essere e non ci fu.
Adunque non possiamo tornare indietro oltre i principi della rivoluzione francese, non possiamo tornare al concetto dispotico del media evo. Questa è la concezione marxista.
GENNARI: La nostra.
BARATONO: Vuol dire che cade un altro di quei muri artificiali messi fra noi e voi, e ne sono felicissimo. (Applausi).
Ma non è questa la concezione di alcuni che invece dicono: noi vogliamo intanto preparare con i nuovi metodi di Partito politico, e poi coi nuovi metodi di Governo e di dittatura del proletariato, una società socialistica cosí intesa: che ci dia una minoranza, prima Partito politico verso il proletariato lavoratore, poi Partito di Governo verso le organizzazioni in generale del lavoro, ci sia una minoranza che s'imponga come dittatura sulla stessa maggioranza. È qui la quistione. La dittatura del proletariato diventa un dispotismo di élite di classe.
Non nego che questo possa essere un episodio necessario del momento rivoluzionario, non nego[...]

[...] Governo e di dittatura del proletariato, una società socialistica cosí intesa: che ci dia una minoranza, prima Partito politico verso il proletariato lavoratore, poi Partito di Governo verso le organizzazioni in generale del lavoro, ci sia una minoranza che s'imponga come dittatura sulla stessa maggioranza. È qui la quistione. La dittatura del proletariato diventa un dispotismo di élite di classe.
Non nego che questo possa essere un episodio necessario del momento rivoluzionario, non nego che il Partito politico abbia tutti i di. ritti, in un certo momento, di fronte alle masse, spesso retrograde, di imporsi assolutamente, non nego che nel Partito stesso una minoranza di questo Partito, ad un certo punto della vita politica si possa e si debba imporre agli altri. Se si fa in qualche posto, si fa benissimo. Nego che si possa assumere ciò come nostro programma; soprattutto nego, e insisto ancora sulle condizioni reali dell'Italia, e vi dico che se voi intendete accaparrarvi il diritto ad una dittatura proletaria in Italia nei senso di dare l'assoluto potere nelle mani di una piccola minoranza, non potreste mantenere questo potere in Italia come in Russia (applausi), appunto perché la psiche italiana è diversa da quella russa, perché noi non siamo orientali e questo consesso lo dimostra[...]

[...]lintesi e degli equivoci. (Segni di vivissima attenzione).
Purtroppo nella mentalità di tanti nostri compagni, nelle nostre Sezioni, si chiamano rivoluzionari quelli che son pronti a menar le mani e si chiamano riformisti quelli che non hanno questa inclinazione. (Commenti animatissimi). E si confonde il problema della violenza con lo strumento della rivoluzione, che è tutt'altra cosa, compagni !
Purtroppo si è formata questa mentalità, che discende in parte dalla guerra, dalla teoria dell'assalto frontale alla Cadorna; la mentalità che per impossessarsi del Governo politico, quello che importa sia l'assalto frontale, sia l'assalto sulla piazza, sia il fatto della conflagrazione armata.
Purtroppo questo si crede, da molti. Se fosse cosí, noi dovremmo disperare immediatamente della rivoluzione, perché non avremmo mai un esercito sufficiente da contrapporre all'esercito della borghesia.
Voci: E allora?
BARATONO: Perché non avremmo mai armi sufficienti; per quanto la nostra preparazione segreta fosse rafforzata e intensificata, non av[...]

[...], nel « Manifesto dei comunisti »: la violenza si contrappone alla collaborazione dei riformisti, come la dittatura alla democrazia. Solo la violenza ci può portare alla presa di possesso del potere politico, perché non ci si possano fare illusioni che venga mai un istante, caro Modigliani, in cui la borghesia ci dica: « vi lasciamo il posto, venite voi, ché non siamo piú degni di starvi »; ma deve venire il momento del conflitto.
Questa è la necessità della violenza. Ma questa violenza ha valore solo in quanto è a servizio di un'idea, in modo tale, che la forza della idea compensi la debolezza della nostra forza materiale. Vince, la vio lenza, dove la ragione ha già vinto. Vince, credetelo pure, solo in quanto è tal forza morale che convinca anche i soldati e li faccia passare dalla nostra parte. (Applausi vivissimi).
Solo in questo. E badate, non confondete questo concetto con quello esposto, per esempio, nell'ordine del giorno di Reggio Emilia, che dice: « noi ammettiamo l'uso della violenza nel momento ultimo ». Ma quando sarà il momento ultimo? (Interruzioni. Commenti). Lo sapremo soltanto dopo ! Non ci copriamo dietro questo velo ipocrita di attesa di un ultimo momento, perché l'ultimo apparirà ultimo a cose fatte ! Sappiamo che anche il sacrificio è necessario, che anche il sangue è necessario: esso segna pur troppo le tappe del cammino del proletariato. Affermiamo però questo: la nostra violenza sia strumento di un'idea, sia strumento di preparazione morale. Non crediamo che soltanto la preparazione materiale, che soltanto l'esacerbazione dell'odio, dell'istinto di massa basti a formare un esercito rivoluzionario; si può formare un esercito insurrezionale, ma non un esercito rivoluzionario.
Ed anche qui noi siamo per rincorrere i migliori mezzi, tutti i mezzi della preparazione; non ne escludiamo alcuno nel nostro ordine del giorno di Firenze. Si intensifichi il lavoro di preparazione legale ed anche extra legale: non siamo contrari ad ogni integramento di una tale preparazione, non siamo esclusivisti, ma non si voglia confondere soprattutto la tattica socialista, comunista, con la tattica anarchica. (Applausi vivissi[...]

[...]n siamo contrari ad ogni integramento di una tale preparazione, non siamo esclusivisti, ma non si voglia confondere soprattutto la tattica socialista, comunista, con la tattica anarchica. (Applausi vivissimi).
Io concludo, compagni; non abuserò molto della vostra pazienza, della vostra disciplinata pazienza.
Ormai a Bologna non ci si può piú restare, bisogna superare le posizioni di Bologna, soprattutto bisogna superare il compromesso che si fece a Bologna in omaggio specialmente alla figura di Costantino Lazzari. Bisogna fare un passo avanti; siamo tutti d'accordo, tutti lo vogliamo. Questo passo coincide perfettamente con l'ordine che ci viene da
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Mosca. Poiché da Mosca viene un ordine a tutti i paesi di separare il Partito comunista dagli elementi riformisti e dai gruppi riformisti, noi desideriamo la stessa cosa. (Benissimo).
Non accettiamo piú che nello stesso Partito possano coesistere le cosiddette scuole diverse, che poi si riducono ad attività diverse di ordine anche soprattutto intellettuale, di propositi diversi nello stesso Partita.
Lasciamo quindi volentieri che gli elementi che ormai non si sentono piú omogenei coi nostri principi e con la nostra tattica ci abbandonino. Lasciamo che essi lo facciano spontaneamente, pronti, il giorno che rimanendo nel Partito volessero ricadere nelle identiche pecche, pronti a bollarli a fuoco ed a respingerli immediatamente ! (Applausi).
A questi compagni dell'ala destra noi so[...]

[...]stri principi e con la nostra tattica ci abbandonino. Lasciamo che essi lo facciano spontaneamente, pronti, il giorno che rimanendo nel Partito volessero ricadere nelle identiche pecche, pronti a bollarli a fuoco ed a respingerli immediatamente ! (Applausi).
A questi compagni dell'ala destra noi sottoporremo a firmare il ventunesimo punto delle condizioni di Mosca. Ci rifiutiamo soltanto a cacciare via dal Partito Tizio, Caio e Sempronio sul processo fatto al passato o sul processo fatto alle intenzioni, perché nelle intenzioni nemmeno i preti ci possono entrare. Domandiamo la loro adesione, la disciplina che vuol dire adesione ai ventuno punti...
Voci: Aaah, aaah ! Non vogliamo equivoci ! (Commenti animatissimi).
BARATONO: Ma non cercate voi di equivocare ! Non giuochiamo a male intenderci, compagni ! Non è concepibile, e non è mai stata concepibile una disciplina nel Partito che non sia una disciplina morale perché, qual genere di disciplina potete istituire? Quella del carcere? Disciplina vuol dire consenso sempre, e cosí è sempre stato nel nostro Partito. Ditelo, quando ciò non è stato?
Voci: Dopo Bologna.
BARATONO: Non c'è mai stato, compagni, a parte gli atti di disonestà politica, che qui non sono in questione, perché ci possono essere dei disonesti anche nelle file del nostro Partito; non c'è mai stato tra noi patto politico interno del Partito che non abbia implicata l'adesione di tutto lo spirito, di tutta la volontà a quello che si pattuiva !
Vuol dire che fino ad oggi il patto era piú largo, era piú lento, era possibile fino ad oggi ed era ammessa la [...]

[...] tutto, perché ieri il discorso di Turati in Parlamento, l'altro ieri quello di Modigliani rappresentavano sí o no tutto il Gruppo parlamentare?... (Interruzioni. Commenti
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animatissimi e prolungati). Tutto il Partito milanese chiama ogni volta Treves a rappresentarlo nei comizi; le bastonate le hanno prese tutti i deputati, senza diversità di tendenze, fino ad oggi ! (Rumori prolungati).
Presentando dunque una mozione che come la nostra accetta i ventuno punti di Mosca nella loro integrità, e domandando a tutte le frazioni se accettano o non accettano questa mozione, domandandolo a della gente onesta, perché se non fosse stata onesta era dovere di denunziarli prima e non di sospettare adesso, noi implichiamo che quelli che votano, vi mettano il loro pieno consenso e la loro volontà. Chi senza alcuna obbligazione esterna mette la firma ad una cambiale, vuol dire che vi consente.
Presentiamo questa cambiale a tutti i compagni, presentiamola a destra come anche a sinistra. (Bene l).
Chi la firmerà, chi consentirà, sarà con Mosca, sarà con l'Internazionale. Ci intendiamo ormai in questo: sarà con la rivoluzione. Sarà con la dittatura de[...]

[...]lcuna obbligazione esterna mette la firma ad una cambiale, vuol dire che vi consente.
Presentiamo questa cambiale a tutti i compagni, presentiamola a destra come anche a sinistra. (Bene l).
Chi la firmerà, chi consentirà, sarà con Mosca, sarà con l'Internazionale. Ci intendiamo ormai in questo: sarà con la rivoluzione. Sarà con la dittatura del proletariato, come ci siamo intesi. Sara con la preparazione piú intensa del Partita, sarà con la concentrazione piú stretta delle nostre forze, con la subordinazione piú stretta dell'Organizzazione sindacale verso il Partito. Sarà per tutte le riforme che volete, sarà per quella che è la via di domani, nella quale Livorno avrà oltrepassato Bologna.
Chi firma firmerà dando il suo consenso. Se mancherà, da destra come da sinistra, ci vorrà disciplina, inflessibile rigore.
Questa la posizione, come vedete, non tanto di una frazione quan to proprio del Partito, che io vi ho esposto con la massima sincerità e con la massima obbiettività.
Che cosa domandiamo noi, unitari? Non abbiamo mai detto ch[...]

[...]rdinazione piú stretta dell'Organizzazione sindacale verso il Partito. Sarà per tutte le riforme che volete, sarà per quella che è la via di domani, nella quale Livorno avrà oltrepassato Bologna.
Chi firma firmerà dando il suo consenso. Se mancherà, da destra come da sinistra, ci vorrà disciplina, inflessibile rigore.
Questa la posizione, come vedete, non tanto di una frazione quan to proprio del Partito, che io vi ho esposto con la massima sincerità e con la massima obbiettività.
Che cosa domandiamo noi, unitari? Non abbiamo mai detto che unità voglia dire, se oggi ci sono 250 mila persone nel Partita, mantenerle tutte e 250 mila. Il nostro Partito si è sempre andato epurando.
Se vorrete, cari compagni comunisti, istituire la revisione periodica delle Sezioni, oh, noi abbiamo tutto l'interesse a seguirvi, e la desideriamo anche noi. (Applausi). Lo desideriamo anche noi questo esame dell'anima comunista, di tutti gli inscritti, i frettolosamente inscritti del nostro Partito. Facciamola pure questa revisione. Noi non escludiamo né im[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine C.E., nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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