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Il segmento testuale Belfagor è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 738Analitici , di cui in selezione 16 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Sergio Antonielli, La parola dell'arcidiavolo. Luigi Russo e i trent'anni di «Belfagor» in KBD-Periodici: Rinascita 1976 - 5 - 7 - numero 19

Brano: p. 32 Rinascita n. 19
Luigi Russo
e i
trent'anni
di
"Belfagor
La copertina di un numero di Belfagor. In basso: Luigi Rus',so con Emilio Sereni e Giulio Trevisani
di Sergio Antonielli
Un punto fermo nella storia ormai trentennale di Belfagor mi sembra costituito dal fascicolo straordinario del novembre 1961, nel quale amici e allievi di Luigi Russo ricostruivano la figura del maestro, scomparso il 14 agosto di quell'anno, con una serie 'di saggi storicamente disposti e una varia raccolta di « immagini e ricordi ». Quel fascicolo, per i nomi e per l'impegno di coloro che vi scrissero (i primi in elenco, sul fron tespizio, sono Francesco Flora, Eugenio Garin, Walter Binni, Natalino Sapegno), conserva ancora una sua solennità. Ma non è questo aspetto che ora intendo sottolineare. L'importanza del fascicolo mi sembra da vedere nel ca[...]

[...]o, per dirla con un'espressione tipica ,del Russo stesso, allo « spirito critico ».
Precisamente in questo « soirito » è da vedere, più ancora che la complessiva coerenza della singolare « rassegna di varia umanità », la corrispondenza fra i due quindicenni, prima e dopo il 1961, in cui la sua storia appare distinta. Ricordo che in quell'anno tra i famigliari e gli amici del Russo, postosi il dilemma se continuare o chiudere la pubblicazione di Belfagor, i dubbi che emersero riguardavano più che altro la possilità di restare nel solco tracciato. Già il primo numero era uscito in un momento di particolare fervore: nel gennaio del 1946. Inoltre la vena polemica del Russo, quella sua personale facoltà d'inter vento sull'attualità, culturale e politica, chi avrebbe potuto ricrearla? L'arcidiavolo machiavelliano era per bocca sua che si era rimesso a parlare. E si badi bene: nella figura dell'arcidiavolo a cui rimandava, per via diretta, il titolo, non si era riflessa soltanto una trovata. Si era riflessa una sintesi particolare di vita culturale[...]

[...]Inoltre la vena polemica del Russo, quella sua personale facoltà d'inter vento sull'attualità, culturale e politica, chi avrebbe potuto ricrearla? L'arcidiavolo machiavelliano era per bocca sua che si era rimesso a parlare. E si badi bene: nella figura dell'arcidiavolo a cui rimandava, per via diretta, il titolo, non si era riflessa soltanto una trovata. Si era riflessa una sintesi particolare di vita culturale e di vita civile. Da una par te il Belfagor del titolo rimandava al Machiavelli, ossia allo studio dei classici; da un'altra, al gusto beffardo di porsi in polemica contro ogni sorta di conformismo. In qualche modo, escogitando quel titolo, il Russo aveva detto gloria al Machiavelli, come a suo tempo aveva fatto il De Sanctis.
La formula originale di Belfagor, fin dal primo numero, fu appunto quella della fusione della severità scientifica, diciamo pure accademica, col più scoperto impegno eticopolitico. Tanto nello studio dei classici, quanto nella organizzazione della cultura o nel maneggio dei pubblici affari, si potevano incontrare i dilettanti, i disonesti. Contro costoro, nessuna misericordia. Gli studi per il Russo, e il loro concretarsi in istituti scolastici, erano parte di quella vita nazionale che ci aveva data il Risorgimento e che non si doveva tradire. Da qui la sua vena pedagogica, il suo continuo interesse per i problemi della scuo[...]

[...]noterella « Per la libertà perpetua di San Marino », in cui si condanna un fatto ohe non va dimenticato e che si può considerare paradigmatico di come si possa rovesciare un governo di sinistra mediante intrighi all'interno e illecite pressioni dall'esterno. Tuttavia, qualsiasi numero si consulti, la formula si troverà rispettata. Altre riviste sono potute sembrare più significative o importanti sul piano specifico dei lavori letterari in corso. Belfagor non ha mai accolto la letteratura, come si dice, creativa in prosa o in versi. Ma alle lunghe la sua formula della severità negli studi, congiunta all'impegno morale e politico, doveva rivelarsi più resistente di tante altre. Prima o poi, doveva diventare di attualità anche quel « problema della scuola » per la cui democratica impostazione la rivista si era battuta fin dall'inizio.
Nel senso appunto della fedeltà alla formula originaria va vista la corrispondenza maggiore fra primo e secondo quindicennio. Il vuoto lasciato dal Russo, nessuno lo avrebbe colmato. Nessuno, è ovvio, avrebbe potu[...]

[...]entile. Quello che va ripetuto è che se pensiamo a lui, la complessa indicazione del « ritorno al De Sanctis » diviene un concreto punto di riferimento, il titolo di un effettivo momento della cultura italiana novecentesca. Una sera d'estate del 1951, ai familiari raccolti sul retro della sua casa al Fiumetto, a Marina di Pietrasanta, Luigi Russo diede lettura di alcune pagine appena composte. Si trattava della prima puntata di una nuova rubrica belfagoriana, « Nascita di uomini democratici », che sarebbe durata circa due anni. La straordinaria lettura terminò nell'imprevisto di una commozione generale: non tanto per il potere coinvolgente dei casi, o per il risaputo fascino del lettore, quanto per il carattere esemplare che quella storia di una coscienza democratica, sprigionatasi dal fondo religioso e feudale della provincia siciliana, veniva a dimostrare immediatamente e con forza. Consustanziato all'intellettuale e allo scrittore, riprendeva corpo quell'uomo secondo storia che il De Sanctis aveva sempre ricercato sia nelle pagine critiche[...]

[...]mendatore, ma nella mia fantasia bambina (e fantasia bambina era quella anche di molte persone adulte del mio paese) commendatore era sinonimo di colui che comanda. Il comandatore del mio paese era un generoso signorotto, che 'aveva seguito Garibaldi nella spedizione del '60, come picciotto; apparteneva a una famiglia nobilesca, che aveva le sue diramazioni in tutta l'isola, perché erano in dieci fratelli, e il più potente risiedeva a Palermo » (Belfagor, settembre 1951). Scopo di simili rievocazioni, nella mente del Russo era quello di mostrare « che uomini democratici, comunisti o socialisti, non si diventa da un giorno all'altro; si tratta di lente formazioni e tradizioni storiche ». La coscienza democratica è dal profondo della realtà nazionale che si genera.
Ora per questo penso sia stato possibile insistere in un lavoro, la continuazione di Belfagor, che sotto altri aspetti poteva sembrare impossibile: perché le vicende italiane posteriori al 1961 hanno continuato a produrre certi anticorpi, ossia hanno seguitato a chiedere per opposizione certi chiari termini di orientamento e di polemica. Contro l'affievolirsi dello spirito critico, contro il tecnicismo fine a se stesso, il professionismo come giustificazione di aridità morale, gli inquinamenti da consumismo, nel campo della letteratura non è mai venuta a cessare la domanda di un atteggiamento di tipo desanctisiano. Difficile, interpretare una simile domanda ed esaudirla nel più aggior[...]

[...]chiari termini di orientamento e di polemica. Contro l'affievolirsi dello spirito critico, contro il tecnicismo fine a se stesso, il professionismo come giustificazione di aridità morale, gli inquinamenti da consumismo, nel campo della letteratura non è mai venuta a cessare la domanda di un atteggiamento di tipo desanctisiano. Difficile, interpretare una simile domanda ed esaudirla nel più aggiornato dei modi. Ma rispettando la formula iniziale, Belfagor non è venuto meno al suo compito.
BE LFAG OR
RASSEGNA DI VARIA UMANITÀ
FONDA, DA
LUIGI RUSSO
CASA EDITRICE LEO S. OLSCHKIFIRENZE
ANNO XXXI N. 2 31 MARZO 1976
7 maggio '76 LJ Testimonianze
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da Enzo Collotti, Luigi Cortesi e l'archivio Secchia ovvero come si monta un «caso» inesistente in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - marzo - 31 - numero 2

Brano: NOTERELLE E SCHERMAGLIE
LUIGI CORTESI E L'ARCHIVIO SECCHIA:
OVVERO COME SI MONTA UN « CASO » INESISTENTE
Nell'accingermi a rispondere alla critica pressoché demolitrice, dal titolo piú diffamatorio che brillante L' « Archivio Pietro Secchia 19451973 », ovvero Pietro Secchia archiviato, pubblicata nel numero di « Belfagor » del 30 settembre 1979 (pp. 527550), che Luigi Cortesi ha voluto dedicare al volume degli « Annali » della Fondazione Feltrinelli dedicato all'Archivio di Pietro Secchia per il periodo 19451973, desidero anticipare un'unica osservazione: che cioè la risposta avrebbe avuto maggior senso ove avesse potuto essere pubblicata contestualmente alle pagine di Cortesi. Purtroppo precedenti impegni non mi hanno consentito di mettermi al passo con i tempi di « Belfagor ». La distanza di tempo trascorsa tra la pubblicazione dello scritto di Cortesi e la pubblicazione di questa mia nota renderà inevitabi[...]

[...] 30 settembre 1979 (pp. 527550), che Luigi Cortesi ha voluto dedicare al volume degli « Annali » della Fondazione Feltrinelli dedicato all'Archivio di Pietro Secchia per il periodo 19451973, desidero anticipare un'unica osservazione: che cioè la risposta avrebbe avuto maggior senso ove avesse potuto essere pubblicata contestualmente alle pagine di Cortesi. Purtroppo precedenti impegni non mi hanno consentito di mettermi al passo con i tempi di « Belfagor ». La distanza di tempo trascorsa tra la pubblicazione dello scritto di Cortesi e la pubblicazione di questa mia nota renderà inevitabile ripetere, o riassumere, cose che altrimenti avrebbero potuto essere omesse o espresse in termini piú sintetici: di questa circostanza chiedo scusa ai lettori di « Belfagor », nella speranza che Luigi Cortesi non ritenga che io abbia utilizzato il tempo trascorso per andare a prendere istruzioni alle Botteghe Oscure.
Penso di non dovere sopravalutare lo scritto di Cortesi. Ma l'arroganza con la quale egli si muove e il tentativo da lui compiuto di volgere in fatto scandalistico, sensazionale (una moda che ormai dai rotocalchi dilaga anche su stampa generalmente piú sensibile ai termini del dibattito culturale), la discussione su una pubblicazione che, certamente suscettibile di attenzione critica non meramente elogiastica non merita con altrettanta certezza la [...]

[...] egli è cosí fermamente convinto che io altro non sia stato che strumento di altrui disegni, in buona fede, come bontà sua avrebbe dichiarato a « Panorama » (cfr. numero del 29 ottobre 1979) e quindi tanto piú ingenuo e dabbene, che lui, cosí attento al retroscena e al proscenio, incorre in un vistoso lapsus, non strano peraltro alla luce del contesto complessivo del suo discorso, sin dalla presentazione degli estremi bibliografici del volume (« Belfagor » cit., p. 527 nota), che non reca « Introduzione e cura di E.C. », ma semplicemente « Introduzione e note di E.C. ».
Ma ben altra confusione Cortesi crea, quando vuole insinuare (perché purtroppo la maggiore originalità delle osservazioni di metodo e filologiche avanzate da Cortesi consiste proprio nel metodo di insinuazioni che egli introduce in tutta la lettura del volume) che l'archivio sia stato manomesso; perché, se le parole hanno un senso, nulla di diverso stanno a significare i numerosi appunti sulla mancata pubblicazione di questo o quel documento; o peggio ancora quando finge di c[...]

[...]di correttezza, tanto meno il sospetto di una manipolazione dei testi, ché a ciò equivarrebbe al limite un gioco arbitrario di omissioni o frammentazioni come quello che crede di poter denunciare Cortesi.
Quando Cortesi lamenta che il centro di gravità del volume sia stato portato sui fatti del 1954 che condussero all'emarginazione politica di Secchia, dando a intendere che sia stata amputata la parte relativa agli anni dal 1945 al 1954 (cfr. « Belfagor », p. 537), c'è da domandarsi se parla con conoscenza di causa o se per caso non intendesse porre un quesito, sia pure con la mala grazia che gli è congeniale. La categoricità con la quale egli si pronuncia mi fa ritenere che soltanto il già citato metodo dell'insinuazione sia il supporto delle sue del tutto gratuite affermazioni, se non la volontà precipua di far credere che l'archivio Secchia sia l'archivio del PcI. L'ho già detto e lo ripeto: la parte essenziale dell'Archivio ha inizio con il 1954; non che per il periodo precedente manchi materiale. Ma vanno fatte alcune precisazioni: la p[...]

[...]a regola di non confondere cose e ruoli diversi,
la stessa possibilità di interpretare le vicende all'interno del Pci viene amputata di una delle sue regole metodologiche fondamentali.
Altrettanto incomprensibile, pare una gaffe, a essere benevoli, è lo stupore che Cortesi manifesta per il fatto che il carteggio con Longo appaia « quasi a senso unico, perché alle dodici lettere di Secchia fanno riscontro solo due lettere della controparte » (« Belfagor », p. 531). L'intero Diario di Secchia fa fede dei pessimi rapporti che intercorsero tra i due dirigenti dopo l'infortunio del 1954: io stesso ho accennato nell'introduzione al diverso atteggiamento che maturò nel rapporto tra Secchia e altri dirigenti del Pci, in particolare nel rapporto con Longo (p. 109). Come se non bastasse, proprio nella presentazione della seconda sezione della corrispondenza io stesso ho anticipato questa annotazione, della quale Cortesi non si è degnato di informare il lettore di « Belfagor » e che riproduco integralmente (dalla p. 667 del volume) perché mi sembra ch[...]

[...]orti che intercorsero tra i due dirigenti dopo l'infortunio del 1954: io stesso ho accennato nell'introduzione al diverso atteggiamento che maturò nel rapporto tra Secchia e altri dirigenti del Pci, in particolare nel rapporto con Longo (p. 109). Come se non bastasse, proprio nella presentazione della seconda sezione della corrispondenza io stesso ho anticipato questa annotazione, della quale Cortesi non si è degnato di informare il lettore di « Belfagor » e che riproduco integralmente (dalla p. 667 del volume) perché mi sembra che mi esima dall'aggiungere altre spiegazioni o altri rinvii ai Diari di Secchia:
Nella seconda sezione si troveranno le lettere di Secchia a Longo. Due osservazioni si impongono a questo riguardo: si tratta, con due sole eccezioni, unicamente di lettere di Secchia, un'osservazione che richiama in generale il modo di lavorare e di coltivare i rapporti di Longo, come nota del resto nei quaderni lo stesso Secchia. La seconda osservazione sottolinea piuttosto un aspetto politico: non è forse casuale che, dopo la freddez[...]

[...]ate ipotesi e dove serve per avviare un discorso critico? Nessuna distinzione esiste piú tra un uso e l'altro della citazione? O dovremo tacere di chi ha scritto, in modo apologetico o critico, della storia del PcI perché ha in tasca la tessera del PcI? Ingenuità, naturalmente, da parte mia. Ma che dire allora quando Cortesi si richiama alla « introduzione (pp. ci sgg.), molto precisa ed esplicita su tutta l'esperienza spagnola di Togliatti » (« Belfagor » p. 539, nota 15) di Paolo Spriano al tomo primo del IV volume delle Opere di Togliatti? Gli piacerebbe che si sospettasse di una sua connivenza o complicità con operazioni di occultamento politico del PcI?
ENZO COLLOTTI
Luigi Cortesi rinunzia al consueto intervento di chiusura, con la seguente breve lettera:
Caro Belfagor, non mi pare che la replica di Enzo Collotti introduca elementi di chiarimento e di discussione tali da rendere utile un mio nuovo intervento. Mi limito quindi a rimandare i lettori al mio scritto nel fascicolo del settembre scorso, e ad invitare i piú interessati ad un confronto fra le osservazioni ed argomentazioni mie e quelle di Collotti. Nella replica c'è invece la tendenza ad una degenerazione polemica sul piano personale, e io rinuncio a seguirla, diversiva com'è rispetto alla sostanza dei problemi: questa richiede stile franco ed esplicito, ma anche civile e responsabilmente corretto.[...]



da Sebastiano Timpanaro, Il Marchesi di Antonio La Penna in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - novembre - 30 - numero 6

Brano: [...]terarioculturali e ideologici con la struttura economicosociale e con le istituzioni e le vicende politiche (un marxismo, quello del La Penna, tendente a ridurre al minimo l'eredità hegeliana, ad accentuare l'istanza empirica, senza tuttavia cadere in un empirismo disgregato e agnosticizzante). La Penna stesso ha piú di una volta, fin da anni lontani, battuto l'accento su questa caratteristica della propria personalità di studioso (cfr. ad es. « Belfagor » y, 1950, p. 587 ss.; Testimonianze per un centenario: contributi a una storia della cultura italiana 18731973, Firenze, Sansoni, 1974, pp. 125127).
Per questo aspetto, si può ben dire che La Penna si trova in una posizione del tutto antitetica a quella di Marchesi. In Marchesi storico del mondo latino c'è una passione politica che dà spesso origine a giudizi acuti, ma non c'è alcuna seria presa di contatto col marxismo (cfr. La Penna, p. 13). Ancor maggiore è l'estraneità a quell'indirizzo filologico « wilamowitziano » a cui abbiamo accennato poc'anzi. In Marchesi il fatto poetico ha i pro[...]

[...]morte come liberatrice dai dolori e dalle ansie della vita. Un pensiero analogo aveva già espresso nel saggio del 1910 sul Dubbio sull'anima immortale in due luoghi di
e pubblica rendono inamabile il volto della Chiesa impedendo alle rette coscienze di aderire ad una Verità che essi disonorano, questo libro è con infinita amarezza dedicato ». — Sulla presunta conversione di Marchesi o, piú in generale, sulla sua religiosità cfr. anche, qui in « Belfagor », gli scritti di LUIGI Russo (xII, 1957, pp. 207209: il Russo metteva bene in luce il fondo pessimistico e precristiano, da « fato greco », della religiosità siciliana di Marchesi), di M. VALGIMIGLI (ivi, p. 722 s.) e di A. CAsSARÀ (xIII, 1958, pp. 220222). Nel postumo Diario di una donna di SIBILLA ALERAMO, cosí irrimediabilmente e pietosamente egocentrico (Milano, Feltrinelli, 1978), le pagine su Marchesi (per es. 199, 309, 321, 428) sono tra le poche che dimostrano capacità di comprendere il dolore, la solitudine, l'ansia di un a 1 t r o .
642 SEBASTIANO TIMPANARO
Seneca (in SM, ir, p. [...]

[...]di della letteratura latina, che non nascono dall'adesione al patriottismo e all'imperialismo romano, ma (tranne l'età arcaica, che del resto è già un'età piena di cultura e ha un suo complesso rapporto, messo in luce forse meglio che da
4 Cfr. la testimonianza riportata da Cu. O. BRINK in « Annali della Scuola Normale », ser. In, viii, 1978, p. 1225 s.
644 SEBASTIANO TIMPANARO
chiunque altro da Scevola Mariotti, con l'alessandrinismo: cfr. « Belfagor » xx, 1965, p. 34 ss.) da un senso di crisi, di pessimismo, di saggezza dolorosamente conquistata, di rimpianto per una Roma primitiva ormai non piú resuscitabile. Io, nei capoversi precedenti, ho in parte citato passi di Marchesi diversi da quelli citati da La Penna, non per futile sfoggio, ma solo per far vedere come sia facile trovare sempre nuove espressioni di questo motivo che percorre tutta la meditazione di Marchesi sulla letteratura latina, dagli anni giovanili alla vecchiezza: aver dato a questo motivo il rilievo che gli compete è, ripeto, uno dei maggiori meriti del saggio di La Pe[...]

[...]ntellettuali fra i due a proposito della versione del1'Apologeticum di Tertulliano, l'introduzione di E. Paratore a Minucio Felice, Ottavio, Bari, Laterza, 1971, e a Tertulliano, Apologetico, trad. di E. Buonaiuti, ivi, 1972; ed E. Buonaiuti, La vita allo sbaraglio, a cura di Ambrogio Donini, Firenze 1980, p. 469 e n. 5). Tra gli idealisti il suo amico piú intimo fu Valgimigli (vedi ora Giorgio Valgimigli, C. Marchesi amico di casa Valgimigli, « Belfagor » xxxv, 1980, p. 202 ss.), certo molto piú vicino a Croce di quanto fosse Marchesi, ma non tanto crociano da rinunciare alla fedeltà a Carducci (anche al Carducci critico) e a Pascoli, e a un tipo di critica che era anch'essa « arte sull'arte », benché con uno stile assai diverso da quello di Marchesi (minore tensione retorica, maggiore pericolo di leziosaggine). E in quanto criticoartista, o aspirante tale, apprezzò anche, oltre che per le sue doti di affettuosa cordialità, Francesco Flora (cfr. Franceschini, op. cit., p. 51). Su un piano diverso si colloca la sua amicizia con Togliatti: sin[...]



da Luigi Rodelli, Noterelle e schermaglie. I cattolici, la politica e la morale assolutistica in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - luglio - 31 - numero 4

Brano: [...]'« operazione Sturzo » per la conquista del comune di Roma fu organizzata da Pio xrr nel 1952, in concomitanza con la crociata « per un mondo migliore », guidata dal recentemente scomparso « microfono di Dio », il gesuita Riccardo Lombardi [1].
Il misticismo di papa Pacelli si coniugava con la politica e aveva in serbo la « rigenerazione cattolica della società », che il papa voleva realizzare senza
[1] A sentire questo nome, la redazione di « Belfagor » non può non ricordare ai lettori piú recenti una noterella di venti anni Ia, autore MASSIMO MILA, Il ruzzolone di padre Lombardi, « Belfagor » 4 (1949), pp. 9193, raccolta poi nella nostra strenna divorzista L'Italia clericale del 1974.
i
484 NOTERELLE E SCHERMAGLIE
indugi, col diretto intervento nel sociale, in termini di riconquista ecclesiastica, al punto da sentirsi limitato nella sua attività restauratrice dalla presenza stessa del partito della democrazia cristiana. Se è vero che « nell'economia del suo pensiero » vi fu, come scrive oggi uno storico cattolico, « una deconsiderazione della mediazione politica », non si può non sorridere osservando che a farsi interprete presso De Gasperi delle impazienze papali era nel [...]



da Libri ricevuti in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - marzo - 31 - numero 2

Brano: LIBRI RICEVUTI
ALBERTO ARBASINO, Un paese senza, Milano, Garzanti, 1980, pp. 354. Dopo Fantasmi italiani, il libro sulle endemiche piaghe della nostra società, dopo In questo stato, il libroinchiesta sul comportamento degli italiani durante il « caso Moro » (si veda a questo proposito il ritratto critico dell'autore in « Belfagor », gennalo 1979), Arbasino fissa una nuova testimonianza sul costume, anzi sul malcostume italiano dell'ultimo decennio e ne completa il quadro. Il libro si propone di riempire quei vuoti determinati, nella storiografia italiana, dall'assenza di materiali fissati « a caldo » contemporaneamente agli eventi, come le lettere e i diari, che in altre società costituiscono invece testimonianze preziose. Un paese senza è un commiato ai poco amati anni Settanta e agli avvenimenti, per lo piú funesti, che li hanno segnati. Il bilancio non poteva che essere negativo e le pagine si sono riempite delle s[...]

[...]oLo,.Studi su Dante, Parte i (Articoli della « Edinburgh Review » Discorso sul testo della Commedia), a cura di GIOVANNI DA Pozzo (Edizione nazionale delle opere di U. Foscolo, vol. Ix), Firenze, Le Monnier, 1979, pp. cLxvi812. Recensire in modo esauriente questo volume sarà compito di uno studioso del Foscolo, e di Dante, e della for tuna di Dante nel primo Ottocento (una sostanziosa sintesi dell'ampia Introduzione è stata già pubblicata in « Belfagor » xxxüi, 1978, pp. 653679). Io, nei limiti ristretti della mia competenza, vorrei qui intanto segnalare due punti: il rigoroso metodo filologico con cui l'edizione del Da Pozzo è condotta, cosicché per la prima volta possiamo seguire, grazie anche all'apporto di materiale inedito, tutte le fasi, le stesure, i ripensamenti del lavoro foscoliano su Dante; e il paragrafo dell'Introduzione sul Foscolo filologo (pp. xCVIIcIV), nel quale il Da Pozzo raggiunge, mi sembra, un giudizio perfettamente equilibrato ed esatto sui progressi compiuti dalla filologia foscoliana nel periodo inglese in confront[...]



da Andrea Binazzi, Raffaele Pettazzoni in KBD-Periodici: Belfagor 1984 - 3 - 31 - numero 2

Brano: [...]no schema classificatorio a cui assegnare, non senza mortificarli, fatti disparatissimi per genesi, significato e funzione.

Era un duro attacco, ma ancor più drastico risultò il giudizio espresso dal De Martino su « Società » (xi, 1953, p. 231), dove l’opera del Pettazzoni veniva considerata priva di « legittimazione critica e metodologica ».

Dello stesso parere non si dimostrò invece Delio Cantimori in una lunga recensione pubblicata su « Belfagor » del settembre 1953, dove tracciava un profilo del Pettazzoni che riprenderà poi, più ampiamente, nel necrologio apparso nel 1960 sulla « Nuova Rivista Storica »: « Nel secondo saggio della presente raccolta, il Pettazzoni ci offre una novità molto interessante, che metteremmo volentieri, per importanza intrinseca e per il momento che segna nello svolgimento intellettuale di questo nostro grande studioso, accanto alla introduzione alla nuova edizione... di La religione nella Grecia antica. Si tratta di una serie di capitoletti intitolata Momenti della storia religiosa d'Italia »6. L’analisi [...]



da Recensione di Giuseppe Grilli a Joaquim Molas, La literatura catalana d'avantguarda. 1916-1938 in KBD-Periodici: Belfagor 1984 - 3 - 31 - numero 2

Brano: [...]rtò alla rottura di lì a qualche anno, non appena il presidente Prat de la Riba, germanofilo notorio, passò a miglior vita. Ad ogni modo un rilassamento della militanza, noucentista o modernista, potrebbe essere anch’essa tra leRECENSIONI

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cause dell'insorgere, intorno al 1916, delle prime manifestazioni di cosmopolitismo letterario. (Sul contesto di quegli anni: G. Grilli, Realtà e avventura nella letteratura catalana del Novecento, « Belfagor », xxvn, 1972, pp. 121136).

Punto di incrocio di ragioni diverse, il ritardo con cui nasce l’avanguardia catalana determina la sua storia successiva: quel certo eclettismo un po’ dandy, un po’ provinciale di Junoy e Folguera; quel continuo impegnarsi, e poi svicolare, di Foix; quell’epigonismo così passatista di SànchezJuan; quel radicalismo troppo declamatorio dei surrealisti Dalì, Gasch, Montanyà e dei loro emuli di sinistra (Miravitlles) o di destra (DiazPlaja, Massoliver); ecc. Parimenti il prolungarsi negli anni Trenta dei movimenti, quando il futurismo salvatiano si converte in lette[...]



da Luigi Rodelli, Il Craxi-concordato. tre atti con i patti del 18 febbraio in KBD-Periodici: Belfagor 1984 - 3 - 31 - numero 2

Brano: [...]ropagazione del cattolicesimo) obbligatoria per tutti gli alunni, è stato già predisposto dalla riforma della scuola secondaria superiore, approvata, senza riserve su questo punto, dalla Camera dei deputati e ora in discussione al Senato. Il tutto sempre a spese dello Stato e con goliardica noncuranza dell’avvenire della ricerca scientifica in Italia, dell’istruzione e dell’educazione dei giovani (v. Scenario per un’altra materia religiosa, in « Belfagor », settembre 1983).

Sono balzati dunque sulla scena temi « nuovi » e rinvìi a statuizioni insidiose, innumerevoli e imprevedibili, che potranno gravare sull’opinione pubblica privandola del senso dell’unità civile e del diritto comune. Solo una minoranza dei parlamentari se ne è resa conto nel brevissimo tempo concesso al dibattito (un pomeriggio al Senato e due alla Camera); la maggioranza (Pei compreso, fedele al togliattiano art. 7 della Costituzione) aveva deciso in anticipo l’approvazione a scatola chiusa, considerando la revisione del Concordato un atto dovuto. Il Psi, che alla Costi[...]



da Bertrand Hemmerdinger, recensione su Luciano Guerci, Libertà degli antichi e libertà dei moderni, Sparta, Atene e i «philosophes» nella Francia del settecento, Napoli, Guida, 1979, pp. 284 in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - luglio - 31 - numero 4

Brano: [...]octis aliquibus vins obloquendi, quibus ne dignus quidem es tu, qui matulam porrigas ».
II. Nicolas Fréret (16881749). Génie incomparable et historien de la Grèce. Renée Simon, Nicolas Fréret, académicien, « Studies on Voltaire », tome xvll, Genève, 1961. Guerci consacre à Fréret 7 lignes d'une note de la page 135. C'est peu.
III. L'abbé Barthélemy (17161795) (p. 272276). Grand savant, dont August Boeckh fait grand cas (Philologues de jadis, « Belfagor » xxxII, 1977, 5145).
On se gardera de confondre l'helléniste Jan Cornelis de Pauw, mort en 1749, et le philosophe Cornelis de Pauw (17391799) (p. 26372). L'helléniste est celui que d'Orville appelle malicieusement Pavo, dans sa Critica vannus in inanes J.C. Pavonis paleas (1737). Guerci n'en parle pas. Quant au philosophe, il est en grâce auprès de Frédéric le Grand, et il a pour neveu le révolutionnaire Anarcharsis Cloots, l'orateur du genre humain, guillotiné par Robespierre le 24 mars 1794.
Le jésuite belge FrançoisXavier de Feller (17351802) publia en 1781 à Augsbourg un Dictionnaire h[...]



da Carlo Ferdinando Russo, Dietro le quinte della parola in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - luglio - 31 - numero 4

Brano: [...]on varietà di metri, solismo e dialogo, e piú generalmente il parlato e il cantato. Da vagli abbastanza estesi, — e senz'altro piú estesi per Omero che non per l'insidioso testo drammaturgico — risulta che
A Palazzo Medici Riccardi dal 26 al 29 aprile 1979 si tenne un convegno, intitolato dai patroni fiorentini e toscani « I Greci: nostri contemporanei? ». Delle molte relazioni, quella di Jean Pierre Vernant è apparsa riveduta e completata in « Belfagor » dello scorso novembre, Le sujet tragique: historicité et transhistoricité; a Firenze, già dal 24 aprile e fino al 13 maggio, si rappresentavano drammi greci, vecchi e nuovi. Pubblico ora la mia comunicazione, tale e quale; anche perché in seguito con Fisionomia di un manoscritto arcaico (e di un'Iliade ciclica) del novembre 1979, mi sono fermato qui sull'ingegneria dello spettacolo per il « canto decimo Dolonia » nel programma agonale e teatrale dell'Iliade. Ora risulta, in maniera tanto inaspettata quanto diretta, che la redazione della Dolonia fu da Omero affidata a un collaboratore: ne [...]

[...]l'abilità tecnica era tanto del carpentiere che dell'architetto che del costruttore di poesie.
Per concludere intorno al disagio: romantico è l'ammonimento sull'antagonismo fra intelletto e intuizione, idealistico e neoidealistico è lo snobismo per i « numeri ». E sia pure; ma per il panico non ci sono t r a n q u i 11 a n t i: il panico che la Parola ha di venire spodestata dal Numero.
Palazzo Riccardi, 28 aprile 79
CARLO FERDINANDO Russo
« BELFAGOR » Antichità
1980: V. LANTERNARI Enciclopedia delle religioni di A. Donini G. VALGIMIGLI Marchesi amico di casa Valgimigli V. DE DONATO e BELF. Calendari antichi e Una corsiva da « Scriptorium » A. LAMI Città e regimi classici nel pensiero greco
F. DE MARTINO Un proemio secondo e le due palinodie di Stesicoro O. Vox Esiodo fra Beozia e Pieria S. TIMPANARO Il carteggio RajnaSalvioni e gli epigoni di Graziadio Ascoli C.F. Russo Dietro le quinte della parola
1979: J.P. VERNANT Le sujet tragique: historicité et transhistoricité F. DE
MARTINO Posizioni eccentriche: Zenodoto e Agamennone S. TIMP[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Belfagor, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---Storia <---italiana <---italiano <---italiani <---Ciò <--- <---Poetica <---fascismo <---ideologia <---ideologico <---siano <---Diritto <---Linguistica <---Meccanica <---Pratica <---Storiografia <---d'Italia <---filologica <---Filologia <---Filosofia <---Perché <---Stato <---comunisti <---filologico <---ideologica <---italiane <---marxismo <---Bibliografia <---Del resto <---Dio <---Diplomatica <---Discipline <---Fisica <---Il Mondo <---Logica <---Scienze <---Storiografia italiana <---comunista <---cristiano <---desanctisiano <---eclettismo <---fascista <---filologia <---marxista <---metodologica <---metodologiche <---misticismo <---particolarismo <---progressista <---socialismo <---socialista <---socialisti <---Ambrogio Donini <---Andreotti <---Archivio <---Chiesa <---Comunità <---Concilio Vaticano <---Cordelli <---Cosa <---Cronologia <---D.C. <---De Agostini <---De Sanctis <---Di Mauro <---Editori Riuniti <---Ermeneutica <---Estetica <---Francesco Flora <---Gerusalemme <---Giorgio 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