Brano: [...]essendo questa una zona di ville, aveva mai venduto un prato a gente di fuori. « Cosi », disse Salomone Croux, « compi gli anni. Beh, auguri ».
«Auguri vivissimi », disse l'altro, il ragazzo Attilio Glarey, e sorrise.
« Ho venduto il prato », disse César Borgne. « A un industriale. Ci costruisce una villa. Una villa in cemento armato, con riscaldamento centrale, garage e tutto il resto. E un signore. E il più grosso industriale di Biella ».
« Bel colpo », disse il ragazzo Attilio Glarey.
Così », disse Salomone Croux, « hai venduto un prato s.
« Già », disse César Borgne.
«Che prato? ».
« Che prato? Il mio. Il prato sotto il canale ».
« Proprio un bel colpo », disse il ragazzo Attilio. Sorrideva.
« Peccato », disse Salomone Croux.
«
Peccato? », disse César Borgne aggrottando la fronte. « Perché
peccato? ».
« Perché era un buon prato ».
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« Se l'ho venduto è perché era un affare ».
Salomone Croux alzò le spalle. « Era della zia Jacqueline buonanima », disse, « vedova di Evaristo Grange, fratello di mia madre buonanima ».
« E zia di mia madre », precisò César Borgne.
« Fosse stato mio », disse Salomone Croux, « non lo vendevo nemmeno per un milione ».
«Lo vendevi si », disse César Borgne. « No, non lo vendevi per[...]
[...]osamente imitato dal ragazzo Attilio, beveva a generose, ben intervallate sorsate; Salomone a sorsatine fitte accompagnate da smorfie di disgusto. Stavano come se ciascuno fosse solo con il proprio bicchiere. Nella stalla, fiocamente illuminata da una lampadina nuda e sporca appesa ad un chiodo, stagnava il tiepido umidore del fiato della mucca. Impregnava tutto, la mangiatoia, il tavolo di noce, la lunga panca ad angolo dietro il tavolo, gli sgabelli, la credenza rosa dai tarli, le tavole del soffitto, l'intonaco smunto delle pareti. Distesa sulla lettiera la mucca ruminava. L'unica sua compagna, una capra, le stava accanto ritta e immobile; dormiva. Il tempo era senza misura, il resto del mondo inesistente.
Aveva, César Borgne, un magnifico paio di baffi. Baffi all'antica, rigonfi sotto le nari, naturalmente discriminati verso le estremità della bocca, conchiusi con due riccioli aderenti alle gote. Baffi che non richiedevano cure, bastava regolarli lungo la linea del labbro, ogni due o tre domeniche, perché i peli non pizzicassero in [...]
[...]uori, quando era di cattivo umore le arricciava in dentro. Adesso, ogni qualvolta, tra una sorsata e l'altra, deponeva il bicchiere, alzava una mano ed arricciava la punta di un baffo, ora questa, ora quella; questa in fuori, quella in dentro. `L'avrei dato via in ogni caso', si diceva, pensando al prato. `In ogni caso'.
l
QUESTIONE DI PRATI 77
S'arricciava un baffo in fuori, lanciava un'occhiata al ragazzo Attilio. L'approvazione di Attilio: bella roba! Quel figlio di una madre e di chissà quanti padri. Quella mezza cartuccia. Uno che a diciannove anni compiuti — ci avrebbe messo la mano sul fuoco — l'amore lo faceva solo con il proprio cuscino. César beveva un'altra sorsata, deponeva il bicchiere, lanciava un'occhiata a Salomone. `Sta a vedere se questo porco pensa che ho fatto un cattivo affare o se parla per invidia'. Si arricciava la punta dell'altro baffo, in dentro, . rabbiosamente. È che a lui non gliele andava mai bene una. Come guida era un fallito. Beveva. Forte e in gamba com'era, s'annoiava a portare clienti in montagna. [...]
[...]lio ascoltava César, gli dava ragione e basta. « Si, la gente chiacchiera », disse. « Chiacchiera per invidia. Se lo sognano un affare così. No, non sono neanche capaci di sognarselo ». Era un fraseggiare imparato da César.
« Tu di affari te ne intendi come te ne intendi di donne », disse Salomone. Era contento che il ragazzo avesse riportato il discorso sull'affare del prato. Lo provocava appunto per farlo parlare.
Attilio arrossi. « Ne so un bel po' più di te », disse. « A me César dice sempre tutto. Sa che di me si può fidare ».
Salomone staccò la mano da sopra il bicchiere, ma solo per un momento, solo per agitare un dito nell'aria. « No, non ci credo. Un uomo parla di affari solo con un altro uomo ».
Era un'aperta provocazione. « Infatti », ribatté Attilio, « a te non. dice niente. Non vedi che non ti dice niente? Lo sai, tu, quanto ha preso del prato? Io lo so. So che ha preso tanti, tanti quattrini, che adesso si comprerà... un'automobile ». Era stato incerto se dire toro o automobile. Appena detto automobile, la cosa gli parv[...]
[...] rossa nella stalla? Accanto alla mucca e alla capra? César serro le labbra. I singulti si moltiplicavano tra ventre e gola, premevano cercando uno sbocco, diventavano crampi. Per fortuna non dovette rispondere perché il ragazzo Attilio intervenne con foga. « Dove la tiene? Dove vuoi che la tenga? La tiene in garage. Con i soldi che ha preso cosa vuoi che sia costruire un garage? So tutto, io. So che César sta trattando il terreno. E un prato di Belfront Augusto. Sarà un garage come ce n'è uno ad Aosta, con la saracinesca che va su e giù da sola. Si preme un bottone, vrrram, va sottoterra. Si preme un altro bottone, vrrram, torna su. César ha ordinato il progetto a un geometra d'Ivrea, vero César? ». Più Attilio inventava, più si sentiva sicuro. La cosa non era soltanto verosimile, era vera. Non temeva smentite.
« Per ora ho fatto fare solo il progetto della saracinesca che va su e giù », riuscì a dire César, accompagnando la frase con una smorfia cattiva. Non era cattiveria. Era dolore. Erano i crampi che diventavano insopportabili. Co[...]
[...]a. Non temeva smentite.
« Per ora ho fatto fare solo il progetto della saracinesca che va su e giù », riuscì a dire César, accompagnando la frase con una smorfia cattiva. Non era cattiveria. Era dolore. Erano i crampi che diventavano insopportabili. Con una mano si comprimeva il ventre, con l'altra si pizzicava una coscia e ne torceva la pelle; perché, come si dice, chiodo scaccia chiodo.
Salomone Croux non sapeva più che pensare. Recentemente Belfront Augusto gli aveva parlato di voler vendere un prato lungo la provinciale perché era quasi a livello del torrente. A primavera, al tempo del disgelo, gli si riempiva di pietre e di mota. César comperava il prato di Belfront per farci un garage? César faceva fare il progetto a un geometra di Ivrea? Era impazzito? Per niente non si impazzisce. Se era impazzito doveva aver preso molti, moltissimi soldi. Mezzo milione, forse più. « Scusa », disse, « e chi la guida quest'automobile? ».
Attilio era esacerbato. Da come Salomone poneva le domande si capiva che era convinto solo a metà. « Chi la guida? L'autista! L'autista che César fa venire da Torino. Cosa credi, che César non abbia i soldi per pagarsi l'autista? L'autista avrà una livrea blu con bottoni d'oro, berretto e guanti. Sul berretto avrà scritto in oro:[...]
[...]il suo bicchiere era quasi vuoto. Non ne fu contrariato. Se bere lo rendeva più intelligente, valeva la pena, una volta tanto, di bere. Scolò il resto della grappa e ruttò con soddisfazione.
« Ricomperare il mio prato? », disse César. « E impossibile ».
« Se le cose stanno così, vuol dire che ha fatto non un cattivo, ma un pessimo affare ».
« Non è questo che voglio dire. E che il prato l'ho venduto. Ho già firmato il compromesso ».
« Sei un bel tipo », disse Salomone. « Come potresti ricomperarlo se non lo avessi venduto? ». Rise. Anche il ragazzo Attilio rise. Teneva apertamente per Salomone. Poiché César era troppo impegnato a pensare, Salomone riempì il suo bicchiere e il proprio.
« E a me? », disse il ragazzo Attilio.
Salomone riempì anche il bicchiere del ragazzo Attilio. « In concreto », disse. « Vai a Biella da quel tuo Marconi, o Maltoni che sia, gli metti il mezzo milione sul tavolo e dici: `Vi dò indietro il vostro mezzo milione, voi mi date indietro il mio prato'. Quello è un industriale e i conti li sa fare. Se accetta[...]
[...]de lo stesso sole, prende acqua dallo stesso canale. È proprio di fianco al prato che César ha dato via ».
« Credevo », disse il ragazzo Attilio, « che non ci fossero mai due prati identici ».
« Certo che non ci sono. Di proprio identici non ce ne sono mai. Forse che ci sono due bicchieri proprio identici? Forse che questi due bicchieri sono identici? Se guardi bene, uno ha sempre qualcosa
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di diverso dall'altro. Però è un bel caso che ci siano due prati quasi
identici come due bicchieri ».
« E tu glielo daresti? », disse il ragazzo Attilio.
« Farei così. Gli direi: non voglio sapere quanto hai preso del tuo
prato. Non mi interessa. Tanto hai preso, tanto mi dai ».
« Oh », disse il ragazzo Attilio. « Gli daresti il prato senza sapere
se ha preso poco o molto? ».
« Certo. Ma non quel prato di cui parlavo. Un altro. Il prato di
cui parlavo non lo darei nemmeno per un milione ».
« Quale prato gli daresti? ».
« Un buon prato. Un tantino più piccolo, più in pendenza. Invece
di essere sotto il canale, è sopra.[...]
[...]o contro la credenza, sentiva il gonfio delle banconote sotto la giacca. Rimase silenzioso alcuni minuti. Quindi, senza voltarsi: « Non avete sentito? Devo prendervi a calci nel culo? ».
Il ragazzo Attilio si sollevò sulle natiche. Cercava di incontrare almeno uno dei due occhi di Salomone, di fargli un cenno. Si rendesse conto, Salomone, che con César in quello stato non c'era da scherzare. Salomone si sollevò anch'egli, pull il piano dello sgabello con il fazzoletto da naso, tornò a sedersi. Il ragazzo Attilio si senti finito in una gabbia di matti. Rimase con le natiche e le mani sull'orlo della panca, pronto allo scatto. Misurava la distanza fra sé e la porta, non perdeva una mossa di César.
E allora, Attilio ? », disse Salomone. Si pizzicava il pantalone all'altezza del ginocchio, scuotendo la testa. Fingeva di crucciarsi per i suoi pantaloni senza piega. « Cosa aspettiamo a togliere il disturbo al
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signor Borgne? E alla signora Claretta? Quanta strada anche Claretta, eh? La ricordo quando ancora era la più po[...]
[...]ssa sui tetti rifletteva il chiarore opaco della lanterna che César reggeva nella mano libera. Nel vicolo, tra due compatte file di muri in pietra, grigi, quasi neri, figure ed ombre apparivano ugualmente fantomatiche. Cornicioni di neve sporgevano dagli spioventi dei tetti, ma, sul passaggio dove lo
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scolo delle gronde alternava disgeli e geli, la neve aveva fatto luogo ad un lucido, infido velo di ghiaccio.
«Facciamo un bel corteo », disse César. Il freddo pungente gli infondeva nuovo vigore e cattiveria. « Tu, Salomone, monta sulla mucca. Tu, Attilio... aspetta, aspettate un momento. Salomone, prendi questa ». Passe, a Salomone la catena della mucca, spari nel vano dell'uscio di casa, ne riemerse dopo pochi istanti reggendo due padelle, di quelle con il manico lungo di legno che s'usano per arrostire le castagne sulla fiamma. « Ecco. Tu Attilio, sei la banda ». Gli mise le padelle, una per mano e disse: « Prova ».
« Non voglio », disse il ragazzo Attilio. « Non mi va ».
« Prova, fagiano ».
Controvoglia, debo[...]
[...]timonando tra le due file di case, la bestia, sebbene contro volontà, muoveva discendendo lungo il vicolo. E con lei muoveva il corteo.
In testa, César. Aveva buone scarpe chiodate e non per niente era stato guida, teneva il busto diritto e appoggiava il piede, ad ogni passo, in modo che i chiodi mordessero il ghiaccio. Reggeva in una mano la lanterna a petrolio, nell'altra la catena della mucca. Il cappella rovesciato all'indietro, il ciuffo ribelle basso sugli occhi, la rotondità dei baffi già imbiancata di brina, cantava con voce baritonale la canzone di quando si sentiva in gran forma. Cantava: «Le duc de Bordeaux ressemble à sa mère sa mère à son pere et son père à mon cu de là fen conclu que le duc de Bordeaux ressemble à mon cu comme deux gouttes d'eaux ». Terminata la canzone gridava, ma senza voltarsi : « Andiamo bene? Bella nottata, eh? ». E ricominciava da capo. «Le duc de Bordeaux... ».
Dietro la mucca, Salomone. Aveva perduto il cappello, quel cappello che toglieva solo al momento in cui si coricava, e metteva in testa, al risveglio, prima ancora di infilare i pantaloni. Questa perdita non lo poteva disturbare per il motivo che non se n'era accorto. Era meravigliosa
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mente ubriaco, avanzava sgambettando con le ginocchia piegate come un virtuoso di balletto russo. Non era virtuosismo. Era questione di necessità. Solo mantenendo il baricentro vicinissimo a terra ce la faceva a non ruzz[...]
[...]e di César.
César riaccese la lanterna che nella corsa s'era spenta. La fiamma vacillò, quindi prese forza, si sollevò, illuminò l'intero poligono della piazzetta con il lungo lavatoio in pietra, l'antico pioppo cipressino ac canto al campanile, la facciata della chiesa, le case schierate fra gli sbocchi dei vicoli.
Allora si udì la voce di Salomone. Era quasi nel mezzo della piazza, seduto sulla neve gelata e diceva: « Che chiaro di luna, che bellissimo chiaro di luna ». Era completamente svanito.
« Brava, brava Claretta », disse a sua volta César. « Sei una mucca
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in gamba. Ti faranno accademico del CAI ». Per Attilio nemmeno una parola. Lasciò che la mucca bevesse un paio di minuti, quindi ordinò: « Basta. Se ti gonfi come un'otre, chi ti porta piú su? ».
« Non lo fare, César, non lo fare », supplicò il ragazzo Attilio, sollevandosi fino a mettersi in ginocchio. Non aveva la più pallida idea sulle intenzioni di César. César aveva intenzioni e tanto bastava per terrorizzare Attilio. « Torniamo a casa, ti prego,[...]
[...]', attaccarsi alla corda oppure salire i quarantasette gradini e suonare a martello. César spalancò il battente con una pedata e introdusse la lanterna nel vano illuminando l'imbocco della scala. Con l'altra mano si tirava dietro la mucca.
« Con Claretta ? », disse, disperato, il ragazzo Attilio.
« Già ».
«Perché con Claretta? ».
« Per mostrarle il panorama », disse spazientito César. S'infilò nel vano e affrontò la salita. Li, la mucca si ribellò. Puntò gli zoccoli delle gambe anteriori contro il rialzo del primo gradino, tese il collo, inarcò le reni e si fissò in quella posizione, dura come una pietra, inamovibile. « Oh, Claretta », le diede la voce César. « Oh, Claretta, oh, oh ». La mucca non si lasciò incantare. « O000h », fece César e tirò la catena con quanta forza avevá. La mucca non si mosse un solo palmo. « La banda! », gridò César. « Cosa fa la banda? ».
Salomone sussultò. Seduto sul ghiaccio accanto al lavatoio, la testa ciondoloni sul petto, stava per assopirsi. Saltò su come un automa, apri le braccia, le riunì sbatte[...]
[...] Non c'era uomo in paese che non avesse fucile, ma erano fucili da caccia con cartucce a pallini. L'unico possessore di un vero '91 e relativi caricatori era Ferdinando Berthod il quale lavorava alla Cogne, in miniera, e non rientrava se non il sabato sera. La giovane moglie di Ferdinando, seguita da un po' di giovanotti intraprendenti, era corsa a casa, pur non avendo molte speranze di trovare il cantuccio dove il marito nascondeva la sua preda bellica dell'otto settembre. Nell'attesa sorgeva una perplessità analoga a quella già sorta nel campanile. Abbattere una mucca, l'unica mucca di César, senza il consenso del padrone? E se invece della mucca si colpiva César? Nessuno se la sentiva, quando il '91 fosse arrivato, di sparare. Intanto, anch'essi riempivano l'attesa di parole, osservazioni e congetture inutili. Parlavano gli uomini. Le donne si stringevano negli scialli e tacevano. Qualcuna recitava macchinalmente preghiere. Dei bambini, diversi piangevano. Piangevano perché avevano freddo, o perché avvertivano il senso della tragedia,[...]
[...]iena curva sotto un carico di ramaglia. S'era sentito chiamare: 'Cesar!' Aveva ancora quel suono nell'orecchio: César, César, César. Era la voce della morte. Ma 11, davanti a casa, mentre tornava dalla città carico di quattrini e di doni, non lo aveva capito. Al contrario: aveva invitato Salomone, cosa mai accaduta, a venire a far veglia con lui. Salomone aveva rifiutato. Andava a dormire. Quando mai la morte va a dormire? Infatti era venuto. La bella sbornia era diventata una sbornia cattiva. Gli durava ancora. Alla fin fine c'era da ammazzare la mucca. Non ricordava perché. Si parlava di coltello, di fucile. Chi era saltato fuori a dire che bisognava impiccarla? Chi lo aveva detto? Chi? Lui, sempre lui, sempre Salo'none Croux.
`L'ammazzo', si disse Cesar. `L'ammazzo'. Allora, ricordandosi che stava per morire e non aveva più tempo d'ammazzare nessuno, fu preso da una gran rabbia. « Sacremon », disse forte, « cosa ci stai a fare tu? ». Il tu era San Wuilliermo, patrono del paese, un santo che, come Gesù alle nozze di Cana, aveva mutato[...]