Brano: [...] Bonomo Giovanni. Questo Bonomo Giovanni era tenente.
— Altro! Altro!
iINCHIESTA SU ORGOSOLO
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Allora arrivo al capitano: — Frangieri scgnor ditto Comandante del 28° Artiglieria di Porterra.
— Come? Come?
— Porca madonna!
— Beh, che Fè? L’è questo.
— Adesso vi do due schiaffi. ,
— A me non mi date schiaffi. Proprio niente.
Pum! pum! pum! : campanello.
— Le guardie! Prendete a quello!
Era arrabbiato.
— Che avete fatto Ganga?
— Così così. Mi ha detto di dire i nomi di con chi stavo il 1° ottobre e ho detto i nomi del battaglione.
Mi portano in cella.
— Guarda bene come parli — dice il carceriere.
— QuelFuomo è pazzo. Ho detto il vero!
— Bene, bene.
Viene il sottogiudice: — Permesso?
— Avanti.
Si parla bene. Gli spiego la cosa. E c’era anche il mio parente scrivanello.
— Il primo ottobre ero a caserma S. Giustino, Bologna. Se volete tre o quattro lire per fare un telegramma le pago io.
— Basta, basta!
Fanno il telegramma e risulta Gangas Antonio fu Giovanni Antonio part[...]
[...]co: — Siamo venuti per pecore, non per donne.
— Se ti muovi ti tiro col fucile. — È stato fermo.
Ci prendiamo il formaggio, un po’ di argento, che ci avevano, e ce ne andiamo.
Un tempo dopo mi trovo a Lula, alla festa di S. Francesco.
Ed ecco che ero a un vendugliolo di vino, ma ero poco brillo.
Ecco una giovanetta di 1617 anni con una bottiglia di vino in mano e un fazzoletto sul labbro. Mi guarda e si mette a ridere.
— Che ci avete?
Viene un uomo anche e la ragazza gli dice qualche cosa all’orecchio.
Viene quest’uomo e mi dice: — Salute, salute!
— Salute — faccio io. E mi ero insospettito.
— Dobbiamo bere insieme — dice l’uomo. — E pago io.
— Di dove siete? — dice.
— Della parte di Oliena.
— Ah, questo non è vero. (Mi conosceva dal vestire).
— Di Orgosolo.
— Dite — dice. — Non per male. Ma dove eravate la notte tale, ad ora tale.
— A casa mia. « Porca miseria — penso io. — È un gendarme ».
Gli dico a tale e tale posto.
— Non è vero! Tu ti trovavi fuori dalla tua abitazione, dalla part[...]
[...]
— A casa mia. « Porca miseria — penso io. — È un gendarme ».
Gli dico a tale e tale posto.
— Non è vero! Tu ti trovavi fuori dalla tua abitazione, dalla parte di ***.
Io dico : — Sì. Può essere — e stavo per mettere la mano al coltello.
Allora chiama sua figlia e le dice: — Nina, ti ricordi di quest’uomo?
— Sì, perché c’era un raggio di luna e l’ho conosciuto in volto.
Porca madonna, stavo proprio per dare un colpo!
— Ci avete fatto bene — dice l’uomo. — Non temete. Bevete ora e grazie, grazie davvero.
Allora gli ho manifestato e siamo stati amici. Tanto tempo.
Una volta, invece, vado a rubare maiali senza prenderne uno solo per me. La sola volta che è successo. Questa volta mi viene un uomo102
FRANCO CAGNETTA
in casa. E siamo soli. Mi dice che c’è un suo cognato che ci ha perduto tutto il gregge.
— È possibile? — dico io.
— Sì. È stata la mancanza di erba, di acqua. E poi la volpe, il sequestro.
Andiamo a un compagno e ne prendiamo 7 od 8. Così ci andiamo in un posto e abbiamo preso una vacci[...]
[...] posto e abbiamo preso una vaccina. Poi 10 o 15 pecore, che l’erano proprio belle. Le diamo a questo cognato. E quello tutto contento.
Il giorno dopo viene un ragazzo in casa mia e mi porta una crobbuia di grano. Dico:
— Chi sei?
Scoppia a ridere e scappa via.
Il giorno dopo viene una bambina con un bel pezzo di lardo:
— E tu chi sei?
Scappa via e io vado, dietro, sino a casa della madre.
Qui la donna mi vede e sorride: — Ci avete salvato. Quella è roba vostra.
— Come l’è? — dico.
— Questa è roba vostra. Non la mia. Grazie a voi. Benedette le tue mani!
Io mi ho scappato e gli ho dato indietro grano e lardo.
Ci capitavano anche di quelle disavventure. ,
Una volta siamo andati (non l’ho mai confessato a nessuno e lo confesso adesso) a fare un affare: a rubare in qualche posto. E lì, insieme, dove ero mi hanno messo di guardia. C’erano anche altri, ma lontani; ognuno al posto suo.
Viene un uomo verso di me. Lo chiamo e questo torna indietro. Lo chiamo allora. Macché, macché! Lo ho minacciato col fucile.
[...]
[...] spavento a dire che siamo i morti. E poi mangiamo come vivi.
Dicono: — Bene. — E tutti d’accordo siamo andati prima a casa di un mio zio. Ci avevamo la faccia con un po’ di nerofumo e un fazzoletto scuro. Andiamo a mezzanotte e bussiamo.
— Come vi chiamate?
— Mi chiamo Gangas Luigi. Faccio il pastore.
— Adesso vi prendiamo e vi portiamo al cimitero. Siamo anime dannate.
Incomincia a gridare, a chiamare la moglie.
— Beh, che ci avete di bevere?
Tirano un po’ di vino.
— Perché adesso ci avete calmato il fuoco d’inferno che ci brucia partiamo. Torneremo domani.
Si son chiusi in casa e li abbiamo sentiti pregare.
Andiamo allora in casa di un altro vicino e gli chiediamo:
— Diteci il vostro nome. E dite, poi, chi siete.
— Puddighino Antonio Michele. Son porcaio.
— Voi siete avvisato a morire. Siamo le anime d’inferno.
— O Dio mio, Dio mio. Pietà, pietà!
— O morite di volontà vostra o vi facciamo ammazzare.
— Dite un poco. C*è anche un mio parente, tale, là dove siete?
— Altro che! Ma si vede poco.
Allora, per la contentezza, si è dimenticato di paura e c[...]
[...]jarda, ossia strega. Beveva e beveva. Sarvenas. Dice che sapeva tutto. E teneva tanti soldi. Vado da lei. Sto a sentirla un poco e poi vedo sul tavolo una carta di 500 pezze. Tiro 5 pezze e dico di cambiarle. Quella si volta per cercare i soldi, io prendo le 500 pezze e glie ne metto 5. Torna, sempre bevendo sarvenas, e io gli metto pure nel bicchiere un pezzo di tabacco. Tutta succa.
— Non c’erano qui 500 pezze?
— No. Non c’era niente. Le avete prese.
Prendo allora le 5 pezze e dico:
— Il resto non è giusto. Ce ne vogliono altre 5.
Allora me le ha date.
Un’altra volta imbroglio un prete di Cordova. E per riuscire a questo bisogna conoscere tutto.
Ero lì in America in una città che si chiama Cordova e soldi non ne avevo: mi avevo bevuto tutto. C’era allora quel prete che sapeva che ero di Orgosolo e sempre mi chiedeva: — Ci sono latitanti? E chi li converte? E quanti missionari?
Vado da lui piangendo. Mi ero messo un paio di dita, ed ancheINCHIESTA SU ORGOSOLO
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il piede magari, nell’occhio. E gli dico che [...]
[...]ca in una città che si chiama Cordova e soldi non ne avevo: mi avevo bevuto tutto. C’era allora quel prete che sapeva che ero di Orgosolo e sempre mi chiedeva: — Ci sono latitanti? E chi li converte? E quanti missionari?
Vado da lui piangendo. Mi ero messo un paio di dita, ed ancheINCHIESTA SU ORGOSOLO
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il piede magari, nell’occhio. E gli dico che ho perduto tutto il denaro da mandare in famiglia.
— Poveretto — dice lui. — Ma che avete, Gangas?
Piangevo.
— Quanto hai perduto?
— 200 pezze.
— Ehi, accidenti! Tanto guadagni?
— Come faccio, come faccio?
— Ma sì, ma sì; ma sì.
— Basta. Io mi ho bisogno di ammazzare!
— Eh, Dio ci liberi. Tieni 20 pesi.
— Tante grazie, tante grazie.
— Mi raccomando. Spediscile alla famiglia.
— Non dubitate. Non dubitate.
Esco. E me li vado a spendere in sarvenas e. maiali.
Il giorno dopo lo trovo. E in sospetto:
— Dov’è la tua famiglia?
Gli ho dato un indirizzo falso, di certi parenti che mi avrebbero ucciso : questo sì.
Scrive. Ed ha avuta una lette[...]
[...]oi gli dicevo: — Lo faccio io.
Paura non avevano più di nessuno.
11 coraggio ognuno se lo prende da se: è una natura. Ma bisogna fargli scuola e svilupparlo per il tempo.
La notte li mandavo sempre fuori, in ogni ora. C’era un modo che ho usato con Giuseppe e con Antonio Maria. Per ogni croce che mi portavano dal cimitero a mezzanotte gli davo una lira. E la notte stessa dovevano riportarla : il cimitero si rispetta.
Io dicevo: — Non avete paura per niente. Non esiste niente.
Gli mettevo l’arma in mano e giocavano come ogni bambina con la bambola.
Una volta ho trovato Giuseppe con un fucile che sparava: meglio di me. Ed io, non per vantarmi, con il fucile ci sapevo fare.
Hanno detto che li ho educati ladri, imbroglioni, assassini. Che per avere un pezzo di carne ogni giorno li avrei voluti vedere morire e ridotti ad un pezzo di carne. Che dicevo: — Vergogna, oggi sei meno delinquente di un altro. Fai ancora a tempo. Provvedi.
Non è vero. I miei figli si sono fatti da loro e li ho educati così bene che non si sono ma[...]
[...]e, un Frate. E diceva sempre di sé: io ho un cane come nessuno. Questo cane era un cane di vaglia: abbaiava e mozzicava pure solo!
Dico io: — Vuole scommettere che il cane con me non è buono ad abbaiare?
— Beh — dice. — Dieci lire. Scommetto. Dieci lire.
Il cane era dentro. Io mi metto a pochi passi e gli faccio la presura. Gli ho legato la lingua. Mi avvicino e non abbaia.
Appena visto questo il prete si alza e mi dice spaventato: — Avete qualche segreto. Me lo dovete dire, che sono un santo frate.
— Datemi 100 lire — dico io — e vi dico la presura.
— Anche 200 — dice lui. — Con questa presura posso fare nei paesi il S. Antonio. Ci guadagno altro che 100 lire!
— Allora — dico — se è S. Antonio, che è più importante: 200 lire.
Mi dà 200 lire e gli dò la presura. Me le dà.
Il giorno dopo si avvicina per farla al cane. E il cane lo abbaia; e mozzicato pure.
— Com’è? Com’è quest’imbroglio ?
— Che non ci avete fede. La presura si dice con la fede. Siete un pagano.
La verità è che il giorno prima al cane gli [...]
[...]ono un santo frate.
— Datemi 100 lire — dico io — e vi dico la presura.
— Anche 200 — dice lui. — Con questa presura posso fare nei paesi il S. Antonio. Ci guadagno altro che 100 lire!
— Allora — dico — se è S. Antonio, che è più importante: 200 lire.
Mi dà 200 lire e gli dò la presura. Me le dà.
Il giorno dopo si avvicina per farla al cane. E il cane lo abbaia; e mozzicato pure.
— Com’è? Com’è quest’imbroglio ?
— Che non ci avete fede. La presura si dice con la fede. Siete un pagano.
La verità è che il giorno prima al cane gli avevo dato una* polpetta avvelenata, insomma di papavero, che avevo avuto prima da una majara, o strega.
Basta.
Mi trovavo al Sopramonte una volta e c’era un posto chiamato «Gorropu». Là c’è un posto come un pozzo — una nurra — che non c’è acqua, ma è profondo. Sarà almeno 3 metri di larghezza per 3 di lunghezza. Ti dico pure più. Io saltavo bene: come un lepre. Vedete, anche ora che sono quasi morto, sulle gambe posso alzarmi e sedermi, senza appoggio di mano. Io ho 83 anni, ma allora [...]
[...]ello ha riscosso i soldi e vi è stato qualcuno che voleva provare.
Cerca il primo e cade allora in quel bucone. — Ahi, ahi, ahi. — dice. Da quel fondo. E noi niente.
Prova il secondo e ci è riuscito appena: arriva a trattenersi con le maini all’orlo della buca. E tutte scorticate, insanguinate. Ma casca giù. E noi niente.
Prova il terzo e cade abbasso addosso a quell’altro. E si hanno fatti tutti un poco male. Bestemmiavano.
— Non ci avete fede. Non ci avete fede — grida il frate. — Il prossimo che salta senza fede muore.
Allora tutti quei pastori se ne sono andati : tutti. E chi aveva lasciato 5 lire, chi 10 lire. Stavano i tre rimasti nella buca.
Io mi affaccio e dico: — In nome del Padre. Sono il Santo Francesco di Lula.
— Tiraci fuori tu. Che puoi fare il miracolo.INCHIESTA SU ORGOSOLO
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— Sì — dico io — ma qui dovete prima promettere tutti di darmi due belle crape ciascuno.
— Anche quattro — dice uno. — Tirami fuori che qui sto morendo con le ossa rotte.
Un altro dice no. Erano in fondo a quella buca e li ho sentiti d[...]