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(`L'altro processo'), una ricostruzione del fallito fidanzamento di Franz Kafka con Felice Bauer. Qui il tema dell'individuo alienato, impossibilitato a costituire anche la piú immediata forma di associazione, ossia la famiglia, non è piú esemplificato su un personaggio stravagante e per certi aspetti scurrile ed improbabile come è il Dr. Kien di Auto da f é. Nell'Altro processo è la vita stessa, fissata in un epistolario pieno di grida e sospiri, a esemplificare quel tema tanto bruciante. E. sulla stessa linea andrebbe posta l'appassionata ricostruzione, che Canetti ci ha dato, di un altro rapporto personale complicato come l'epoca e l'ambiente che rispecchia: quello di Karl Kraus e Sidonie Nádhermy von Borutin.
Farsi poetico cronista degli amori segreti di Kafka e Kraus; scrutare nei piú complicati ghirigori interiori il segno che svela autenticamente un'epoca, è questa forse la passione piú azzardata e fruttuosa di Elias Canetti.
La p[...]
[...] dopo la liberazione, e dopo un ostracismo durato circa vent'anni, apparve, col titolo Scritti attuali, presso l'editore Capriotti di Roma con la data 30 luglio 1945. Ne era curatore Umberto Calosso che vi premise una prefazione, importante per piú motivi. Anzitutto per
* Testo riveduto e annotato di una comunicazione presentata al Convegno dedicato a Umberto Calosso, svoltosi ad Asti il 1314 ottobre 1979.
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alcuni cenni autobiografici. Dopo essersi professato « amico di questo giovane fin da quando era ancor ragazzo », precisa: « Conobbi Gobetti subito dopo l'altra guerra, quando cercava collaboratori per una rivistina quasi infantile di cui non aveva ancor trovato il nome, e che si chiamò poi `Energie nove' ». Questo ricordo ci rinvia all'estate del 1918, quando Gobetti aveva compiuto da poco 17 anni (essendo nato il 19 giugno 1901), mentre Calosso (nato il 23 settembre 1895), ne aveva alcuni di piú. Fu durante le vacanze di quell'anno, terminato il liceo, quando la guerra era ancora in corso, che Gobetti ideò e[...]
[...] cianurici » è una scherzosa allusione a Vittorio Cian, allora professore di letteratura italiana all'università di Torino.
2 Per queste ed altre informazioni M. GRANDINETTI, Umberto Calosso: giornalista nell'Ordine Nuovo, relazione al Convegno sulla figura e l'opera di Calosso, svoltosi ad Asti il 13 e 14 ottobre.
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manzoniano, apparso su « Il Baretti » nell'aprile 1927, quando Gobetti era già morto 3.
Il secondo cenno autobiografico della prefazione su ricordata riguarda l'episodio ben più noto della sua successione a Gobetti come critico teatrale di « l'Ordine Nuovo ». Sospesa improvvisamente la pubblicazione di « Energie nove » nel febbraio 1920, Gobetti aveva iniziato a collaborare a « l'Ordine Nuovo » come critico teatrale nel gennaio 1920. Avendo dovuto rallentare la propria collaborazione dopo qualche mese, in parte perché sotto le armi dal luglio 1921, in parte perché all'inizio del 1922 era tutto preso ormai dal progetto della nuova rivista, Calosso fu chiamato spesso a sostituirlo. La prima nota teatra[...]
[...]rario di quello che aveva fatto l'amico, « lodando sempre tutto e nascondendo le critiche fra le righe ». Il ricordo è esatto. Basta confrontare la nota di Calosso alla commedia di Niccodemi, dianzi menzionata, e la nota che Gobetti aveva preparata per la stessa commedia e non fu pubblicata 5. Calosso si limita a descrivere vivacemente la serata, contrastata da fischi e salvata dall'abile intervento pacificatore di Niccodemi (che era oltre che l'autore il direttore della compagnia). Gobetti, cui la leggerezza, la vacuità, l'abilità puramente scenica di Niccodemi avevano sempre dato terribilmente fastidio, prende di petto lo spettacolo, e condanna la commedia come « irrimediabilmente falsa », definendola con quei tratti incisivi che gli sono abituali « una storia d'amore » che « trattata a mo' di idillio diventa goffo come un'Arcadia plebea »6.
A chi sfogli l'annata del giornale il contrasto fra l'ilare e scanzonato Calosso
3 Nel centenario dei Promessi Sposi, in « Il Baretti », iv, 1927, n. 4, p. 19.
4 Sarmati era il nome di famiglia d[...]
[...]e partito d'azione scomparirà. Sta fra la punta polemica: « Rimane da vedere come egli ha tolto il diritto di coronarsi arbitro in mezzo a loro [cioè in mezzo ai due partiti], senza essere mai sceso nelle loro file »; e la critica politica: non si riesce a capire come possano andare a braccetto un movimento internazionale unitario come il partito comunista e « un partito borghese, grettamente regionalista, come il partito d'azione », di cui l'incauto proponente non sospetta nemmeno il contenuto conservatore. Nel complesso però piú che una sferzata, com'era stata quella di Togliatti, rievocata dallo stesso Calosso 8, una ramanzina che finisce con una specie di buffetto al discolo come invito al ravvedimento: « L'esperienza stessa — questa è la conclusione — potrà indicare la via di Damasco ad un ragazzo di cuore e di grande ingegno com'è Piero Gobetti ».
Non so se si possa addurre questa critica anticipata della rivista che sta per uscire come argomento per spiegare il fatto che Calosso non vi abbia mai collaborato. L'argomento principale[...]
[...]rica. Da discutere, se mai, e da rifiutare, una delle ragioni per cui Gramsci e Gobetti avrebbero finito di convergere: la comune matrice gentiliana. « Il liberalismo di Gobetti partiva da premesse filosofiche analoghe a quelle di Gramsci: l'hegelismo di Gentile; e queste premesse essendo in entrambi di terza mano permettevano tanto piú comodamente al loro pensiero di giungere a risultati politici originali, che s'incontravano nell'esigenza dell'autonomia » (ivi, p. 78). Il problema dell'egemonia gentiliana non è un problema che si possa sbrigare in due battute. In quegli anni quasi tutti i giovani pensanti e militanti (non importa se a destra o a sinistra) ne furono segnati. Ma per molti si trattò di una infatuazione giovanile che non lasciò tracce durature negli anni della raggiunta maturità. Il che avvenne certamente nel caso di Gramsci e di Gobetti. A ogni modo questo avvicinamento tra Gobetti e Gramsci induce Calosso a una conclusione inedita,
e cioè che « in un certo senso, "Rivoluzione liberale" fu l'erede de "l'Ordine Nuovo" » (i[...]
[...]beralismo sensistico »14. Si capisce, c'è modo e modo d'intendere l'anarchia, o il libertarismo. C'è una concezione etica e una concezione che si potrebbe dire edonistica o utilitaristica o meramente estetica dell'anarchismo. Quella di Gobetti è risolutamente la prima. Si rilegga una delle pagine piú belle
e piú gobettiane del libro: « La religiosità alfieriana è il trionfo dei valori interiori. Le religioni costituite e dogmatiche separano tra autorità gerarchica e umiltà di popolo, tra impero e ubbidienza; alla loro base, piú profonda ancora di ogni esperienza mistica, sta un principio utilitario, un calcolo di cui le classi gerarchicamente piú elevate si servono. La religione della libertà esclude interessi e calcoli, esige, come efficacemente scrive l'Alfieri, fanatismo negli iniziatori,
e negli iniziati entusiasmo di sincerità, in tutti quell'ardore completo per cui non c'è soluzione di continuità tra pensiero e azione. Ne risulta un'unità di apostolato che anticipa i caratteri dell'opera mazziniana [ ...] . Alfieri è un'anima reli[...]
[...]di tiranni dedicò alla « bella e terribil dea ».
NORBERTO BOBBIO
16 M. FusINI, Saggi e ricordi, MilanoNapoli, 1971, p. 214.
i~ L'anarchia di Vittorio Alfieri, cit., p. 24. Calosso si riferiva probabilmente all'articolo di N. SAPEGNO, Il Piemonte e le province, in « La rivoluzione liberale », i, n. 35, 30 novembre 1922, p. 131.
18 Su Alfieri poeta della libertà, vedi M. BONI, Sull'Alfieri politico, Modena, Soc. tip. editrice modenese, 1963, e autori ivi citati, p. 33 e ss. Ma vedi anche le osservazioni di A. GAROSCI, La critica di Calosso, in « Comunità », xlil, n. 75, dicembre 1959, pp. 97101. Da ultimo ancora W. BINNI, Settecento maggiore, Milano, Garzanti, 1978, p. 363 e ss.