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Il segmento testuale Arti è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 45Analitici , di cui in selezione 3 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Giorgio Valgimigli, Concetto Marchesi, amico di casa Valgimigli in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - marzo - 31 - numero 2

Brano: [...]del pranzo, con movimenti che egli avrebbe voluto passassero inosservati, prendeva le pillole e, regolarmente, si spargeva sull'abito un po' di polvere bianca. Dopo qualche momento, distratto dalla conversazione, non ricordando o fingendo di non ricordare, si rivolgeva alla Erse e, in siciliano, le chiedeva « Erse, 'e pigghiai 'e pinnule? ». Ed Erse ridendo gli indicava l'abito sporco della bianca polvere.
Il suo rapporto con la Erse fu sempre particolarmente affettuoso. Erse era venuta piccolissima a Messina e qui, tra le baracche, aveva mosso i primi passi e dette le prime parole. Non ricordava, parlando, il dialetto messinese ma lo capiva ed era dunque un gioco frequente che Marchesi si rivolgesse a lei con qualche espressione dialettale. Una in particolare ricordo: sembra che la Erse piccola avesse visto davanti alla baracca un asino fare i suoi liquidi bisogni e l'avesse annunciato con entusiasmo alla mamma: « mira mira a pisciazza du sceccu ». E Marchesi si divertiva molto e se lo `faceva raccontare. Era la sua « picciridda » e nelle lettere di Marchesi alla nostra casa (alcune si saranno purtroppo perdute come tutte quelle del babbo a Marchesi) e che Iginio De Luca pubblicherà e di cui ha dato un saggio anticipatore a Vilminore, ben 95 (208 al babbo, 13 a me, 2 alla mamma) sono indirizzate a lei. Mia sorella fu a lungo ammalata e costr[...]

[...]to a una condanna a trent'anni inflittagli dal Tribunale speciale. Esistenza curiosa (la nostra casa era a fianco di quella di Farinacci) in quel periodo, e mi dispiace che babbo non ne abbia mai scritto (c'è solo quel breve delizioso racconto Minniti: Il mantello, p. 119). Certamente ne hanno parlato e, ne son testimonio, Marchesi parlò con il babbo del famoso episodio Gentile (CM, pp. 110112). Non fu certo un buon servizio reso al compagno di partito, ed amico, quello di chi (Li Causi, secondo Franceschini) fece apparire Marchesi come l'istigatore della morte di Gentile: per quanto intransigente egli potesse essere in politica, quella condanna non poteva essere espressione del suo animo generoso, nel ricordo di una amicizia antica.
Per la sua intransigenza politica ricordiamo come unico esempio la sua celebre frase su Stalin dopo il xx congresso del Pcus : « Tiberio, uno dei piú grandi ed infamati imperatori di Roma, trovò il suo implacabile accusatore in Cornelio Tacito, il massimo storico del principato. A Stalin, meno fortunato, è t[...]

[...]ico del principato. A Stalin, meno fortunato, è toccato Nikita Krusciov » (SP, p. 96).
Egli esaltava la libertà di opinione, non aveva la pretesa che il proprio pensiero avesse a soverchiare il pensiero degli altri. La sua amicizia per Novello Papafava, cattolico liberale, è ben nota, e Amendola ne dà testimonianza nel suo Lettere a Milano quando racconta il suo primo contatto con Marchesi. In quel libro si legge anche del rimprovero fatto dal Partito a Marchesi per essere rimasto Rettore dell'Università dopo l'8 settembre. Strano rimprovero. Chi ha vissuto vicino a lui sa di che altezza morale, di che comune esaltazione (anche non consona, certamente, al momento cospirativo, come ci accorgemmo tutti piú tardi) quei giorni siano stati. Inutile qui ripetere le parole dette inaugurando « in nome di questa Italia dei lavoratori degli artisti degli scienziati » il 722° anno accademico. Inutile dire l'entusiasmo, la fredda determinazione di tutti noi presenti quando egli fisicamente allontanò le camicie nere armate che volevano presidiare l'Aula Magna. Rivedo con commozione la fotografia di quello storico e tumultuoso momento, il volto duro di mio padre alle spalle di Marchesi. Inutile dire l'effetto che fece il suo appello agli studenti del dicembre '43. Son tutti fatti e documenti ben noti, ma non dispiacerà la testimonianza commossa di chi a quei fatti assistette.
VARIETA E DOCUMENTI 205
Amava dire, e talvolta era la franca[...]

[...]a » (CM, p. 22) nell'eremo camaldolese di Rua dove egli ha « compreso che si possa trascorrere tutta una vita » (Tersite, p. 293). Ma tutto questo non modifica, a mio parere, parole come queste: « ... noi vogliamo rispettare tutte le fedi e riteniamo che l'uomo possa compiere nobilmente e felicemente la funzione della vita anche senza sperare nel premio grande dei cieli ... » (Pagine all'ombra, Padova, Zanocco, 1946) (le parole sono datate da un articolo su « Rinascita » dell'aprile '45). E trovo che esse sono quasi identiche a quelle che mio padre pronunciò qualche anno dopo, 1956, commemorando Giosuè Carducci cinquant'anni dopo la morte: « perché certo meritano il massimo rispetto e somma reverenza e devoto amore coloro che vivono coerentemente sostenuti da un pensiero di fede; ma anche meritano rispetto coloro che fanno e proseguono il bene senza speranza di averne compenso; e il male non fanno non per paura di averne punizione e pena, ma solo per questo umile affetto dello stare insieme, solo per questo sentimento fraterno di compagni[...]

[...] la data preceduta dalla lettera L si trovano nel testo integrale in questa pubblicazione); CONCETTO MARCHESI, Scritti politici, Roma, Editori Riuniti, 1958 (abbreviazione SP); Ezio FRANCESCHINI, Concetto Marchesi, Padova, Antenore, 1978 (abbreviazione CM); C. MARCHESI, Il libro di Tersite, Milano, Mondadori, 1950 (abbreviazione Tersite); MANARA VALGIMIGLI, Giosuè Carducci cinquant'anni dopo la morte, « Atti Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti », 195556, tomo cxiv, pp. 195198.



da Luca Toschi, Varietà e documenti. Un romanzo sconosciuto nella Toscana neoclassicista in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - novembre - 30 - numero 6

Brano: [...] noto Joseph, aveva sperimentato un nuovo modo di viaggiare, ritirandosi in una stanza, nascondendosi a tutto il mondo, prendendo lezioni di umanità dal servo e dal cane. Una restaurazione in piena regola, condotta mediante un'intelligente manipolazione di motivi illuministici.
In tal senso l'insegnamento del Foscolo era rimasto senza effetto e l'austriacante Paride Zajotti, collaboratore assiduo della « Biblioteca Italiana », in un citatissimo articolo sul romanzo, poteva definire il Viaggio sentimentale dignitoso, il Tristram Shandy assolutamente improponibile, dato che « l'avviluppo delle passioni, degli affetti, dei sentimenti, delle idee » veniva presentato in quell'opera privo del necessario `ordine' e `controllo' razionale. Il giudizio, pubblicato (la coincidenza si fa ironia) nel settembre 1827, all'incirca quando nel cimitero di Chiswick veniva tumulato l'ultimo grande lettore di Sterne, non destò clamorose reazioni. Anche sul versante democratico, a causa del malinteso rapporto fra letteratura e impegno risorgimentale, la tradu[...]

[...]rta la storia del Cavaliere con le corna sul cappello, fingendola letta in un libro rinvenuto per caso dal protagonista, una di quelle opere che i servi tengono « sempre fra mano, facendole viaggiare, dalla cucina alla stalla, dalla stalla alla camera, dalla camera alla sala », tanto simile ai romanzetti in voga nel secolo del Chiari e tanto biasimati dal Baretti; nel capitolo XII si inserisce la vicenda narrata dal Marchese dell'assedio senza quartiere fatto dal Signor Gottardo, gentiluomo di Haarlem, a Guglielmina, vedovella reticente di Amsterdam; nel capitolo XVII la descrizioneAvvertenza per l'uso del Panoptico, strumento di ottica eccezionale; una ricetta per fare ritratti, nel capitolo xvIII; la trascrizione accurata del taccuino di un Narciso di alto lignaggio, con il prospetto esatto delle Scommesse alla Corsa, nel capitolo xxiv; una sfilza di quesiti posti al lettore, nel capitolo xxvii; un breve, ma esauriente, trattato su « la domanda » (capitolo xxix). Questa tecnica narrativa arriva fino al punto che l'autore (cap. =VI) `rac[...]

[...] erudito quanto sterile Abate, dai rigorosi seguaci del Purismo (p. 142 n.) oppure dall'intellettuale pazzo, ostinatamente legato ad astrazioni di enciclopedistica ascendenza.
A questi motivi, ancora in odore di letteratura, si affiancano poi episodiche ma risentite proteste di sincero sdegno civile, come quando l'autore attacca, senza mezzi termini, il privilegio, specie nel capitolo xxxiv in cui descrive con disarmante serietà e ricchezza di particolari la guerra scoppiata fra il Capitano e l'Abate, armati di molliche di pane, spuntate forchette, coltelli da tavola, e il successivo armistizio, stipulato la mattina del 19 maggio 1831, mentre l'Austria, sconfitte le Provincie Unite insorte, stava scatenando la sua feroce reazione contro i patrioti. Il tono, certo, è per lo piú moderato, in linea con la posizione tipica di tanta intellighentia toscana ruotante attorno all'« Antologia »; ma questo moderatismo basta a far sí che l'autore proponga nel capitolo xxvii una serie di quesiti (al lettore ma anche ad un se stesso che di lí a poco, [...]

[...]evami in gambe. Una vecchia serva da un lato, un bastoncino dall'altro sorreggevano le deboli membra a gran stento [...] Appena cominciai a fare uso di me cominciarono le tribolazioni di ciò che volgarmente chiamasi educazione che dovrebbe piuttosto appellarsi snaturamento e strazio della puerizia ». Cosi il Ciampolini in una nota autobiografica ricorda la sua prima infanzia trascorsa ad Empoli presso il nonno paterno, educato da una zia un po' particolare: « in procrearla Natura s'ingannò avrebbe dovuto formare un uomo, tanto era ella simile a femmina. Cavalcava magistralmente, tirava di spada, trattava benissimo armi da fuoco ».
Furono anni difficili, come ebbe modo di ricordare piú volte, e maggiormente lo furono quelli trascorsi nella casa paterna. Ecco come ci riporta l'incontro con la madre: « La sera ch'io giunsi non essendo i miei genitori in casa gli aspettai con grande impazienza e quando giunsero per fare una sorpresa a mia madre mi nascosi dietro una porta e quando fu per entrar nella stanza le saltai al collo per baciarla ..[...]

[...]eme a Vincenzo Nannucci, delle Rime del Poliziano.
Caduto Napoleone, si trova come molti altri senza impiego; fa allora domanda per insegnare, ma non viene accolta, né gli giova avere scritto Per il faustissimo ritorno di Sua Altezza Imperiale e Reale Ferdinando III (Firenze, Stamperia Granducale, 1814). Ormai è compromesso con il passato regime, e l'intima amicizia con uomini come il Benedetti, i legami con il « Gabinetto letterario e di belle arti all'insegna di Pallade », che oltre a pubblicare opere di classici è occasione di periodiche riunioni patriottiche, non migliorano certo la sua posizione dinanzi al Buongoverno Segreto (si vedano le carte a lui relative presso l'Archivio di Stato di Firenze).
Nel 1816, in un'Anacreontica. Sopra la propria cetra, rimasta fortunatamente inedita, scrive: « Vorrei cantar gli Atridi / Cadmo cantar vorrei. / Ma il plettro a' versi miei / "Solo risponde amor" [...] Febo a cantar l'imprese / D'Alcide invan m'ispira, / Che la protervia Lira / "Solo risponde Amor". / Armi, battaglie, Eroi, / Dunque pe[...]

[...]i, / Dunque per sempre addio; / Ché il facil plettro mio / "Solo risponde Amor" ». Si è, infatti, innamorato di una giovane donna inglese che lo spinge a lasciare Firenze e ad iniziare viaggi che lo porteranno con maggior frequenza a Roma. Pubblica, intanto, nel '17 gli Idilli (Firenze, all'Insegna dell'Ancora) e continua a comporne dei nuovi che vedono la luce nel '22 (sempre Firenze, Stamperia Granducale), quando decide di lasciare l'Italia e partire per la Grecia, abbandonando l'amministrazione della « Libreria all'insegna di Pallade » e rinunciando per il momento ad approfondire i legami con la nascente « Antologia ».
Del suo esilio volontario si sa poco; non partecipa in prima persona alla guerra d'Indipendenza, se ne sta a Corfú, rifiutando comunque — e di lavorare aveva bisogno! — la cattedra che a Zante il governo, nella persona di Lord Guilford, gli aveva proposto; preferisce mettere su, con Vincenzo Nannucci e Scipione Casali, un « negozio di vendita di libri, carte e altri generi ». Va intanto raccogliendo materiale sulla guer[...]

[...] del gabinetto « Vieusseux », la biblioteca Riccardiana Moreniana, l'Accademia della Crusca, a Firenze.
Interventi della critica sull'opera del Ciampolini: K. X. Y. [Niccolò Tommaseo], Viaggio di tre giorni, Firenze, Stamp. Granducale a spese di L. Giuliani all'insegna di Pallade, 1832, « Antologia », marzo 1832, pp. 14952; ORESTE RAGGI, Prose e poesie di Luigi Ciampolini. Firenze, per G. Piatti, 1838, « Giornale arcadico di scienze, lettere ed arti », gennaiomarzo 1839, pp. 5963; G[IUSEPPE] A[JAzzI], Luigi Ciampolini, « Archivio Storico Italiano », 1846, app. t. III, pp. 7725; PIETRO CONTRUCCI, Cenni sulla vita e sugli scritti del cavaliere Luigi Ciampolini letti nell'I. e R. Accademia Pistoiese di Scienze, Lettere ed Arti il 26 luglio 1846, premessi a LUIGI CIAMPOLINI, Storia del Risorgimento della Grecia, cit., pp. xIxxIV; GIUSEPPE ARCANGELI, Biografia di Luigi Ciampolini, « Rivista di Firenze », 10 febbraio 1847 (poi in Poesie e prose, vol. II, Firenze, Barbéra, Bianche e Comp., 1857, pp. 54353); LUCIANO SCARABELLI, Storia del Risorgimento della Grecia del cavaliere dott. Luigi Ciampolini, Firenze, Piatti, 1846, « Archivio Storico Italiano », 1847, app. t. iv, pp. 99108; GIOVAN BATTISTA PRUNAJ, Luigi Ciampolini e la Storia del Risorgimento della Grecia (appunti di un pronipote), « La Rassegna Nazionale », 1 [...]



da Federico Sanguineti, Varietà e documenti. Caterina Sforza nel "mito" Gramsciano in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - novembre - 30 - numero 6

Brano: [...] del gabinetto « Vieusseux », la biblioteca Riccardiana Moreniana, l'Accademia della Crusca, a Firenze.
Interventi della critica sull'opera del Ciampolini: K. X. Y. [Niccolò Tommaseo], Viaggio di tre giorni, Firenze, Stamp. Granducale a spese di L. Giuliani all'insegna di Pallade, 1832, « Antologia », marzo 1832, pp. 14952; ORESTE RAGGI, Prose e poesie di Luigi Ciampolini. Firenze, per G. Piatti, 1838, « Giornale arcadico di scienze, lettere ed arti », gennaiomarzo 1839, pp. 5963; G[IUSEPPE] A[JAzzI], Luigi Ciampolini, « Archivio Storico Italiano », 1846, app. t. III, pp. 7725; PIETRO CONTRUCCI, Cenni sulla vita e sugli scritti del cavaliere Luigi Ciampolini letti nell'I. e R. Accademia Pistoiese di Scienze, Lettere ed Arti il 26 luglio 1846, premessi a LUIGI CIAMPOLINI, Storia del Risorgimento della Grecia, cit., pp. xIxxIV; GIUSEPPE ARCANGELI, Biografia di Luigi Ciampolini, « Rivista di Firenze », 10 febbraio 1847 (poi in Poesie e prose, vol. II, Firenze, Barbéra, Bianche e Comp., 1857, pp. 54353); LUCIANO SCARABELLI, Storia del Risorgimento della Grecia del cavaliere dott. Luigi Ciampolini, Firenze, Piatti, 1846, « Archivio Storico Italiano », 1847, app. t. iv, pp. 99108; GIOVAN BATTISTA PRUNAJ, Luigi Ciampolini e la Storia del Risorgimento della Grecia (appunti di un pronipote), « La Rassegna Nazionale », 1 [...]

[...]TI 707
giovane allievo si dedicasse a uno studio sul Machiavelli: « quando vidi il Cosmo, l'ultima volta, nel maggio 1922 (egli era allora segretario o consigliere all'Ambasciata italiana di Berlino), egli ancora insistette perché io scrivessi uno studio sul Machiavelli e il machiavellismo; era una sua idea fissa, fin dal 1917, che io dovessi scrivere uno studio sul Machiavelli, e me lo ricordava a ogni occasione »1.
Dopo le ricerche di Renzo Martinelli, sappiamo che Gramsci si interessa al pensiero del Segretario fiorentino fin dal 1915: in alcune note a penna corrente il giovane Gramsci parla già di Machiavelli come espressione di un effettivo sentimento nazionale, che nulla ha a che fare con espressioni puramente letterarie e retoriche di italianità. Nel giudizio di Gramsci, che sarà approfondito nelle note del carcere, la borghesia italiana acquista coscienza di classe solo dopo la rivoluzione francese. Machiavelli rimane perciò un isolato 2.
Ma già nel 1916 Gramsci ricava dalle pagine di Machiavelli un « mito » stabile e permanent[...]

[...]are in quella, di farla consegnare loro, e che ritenessono a presso di loro i suoi figliuoli per istatichi. Costoro sotto questa fede ve la lasciarono entrare; la quale come fu dentro, dalle mura rimproverò loro la morte del marito e minacciògli d'ogni qualità di vendetta. E per mostrare che de' suoi figliuoli non si curava, mostrò loro le membra genitali, dicendo che aveva ancora il modo a rifarne.
Questa pagina ha posto ai suoi interpreti, a partire dall'Ottocento, il non facile problema della sua verosimiglianza storica; e probabilmente Gramsci non ignora il dibattito critico sull'argomento. Si hanno in breve due opinioni contrastanti: da un lato, nella sua monumentale biografia, il Pasolini considera questa mirabile difesa della rocca di Forlí per opera di Caterina Sforza come una specie di epopea popolare; Vittorio Cian, la cui attività critica è ben nota a Gramsci, proprio recensendo il volume del Pasolini, preferisce invece richiamarsi all'indole della fiera contessa, e ricordando alcuni dei suoi atti storicamente
1 Lettere dal c[...]

[...]rafia, il Pasolini considera questa mirabile difesa della rocca di Forlí per opera di Caterina Sforza come una specie di epopea popolare; Vittorio Cian, la cui attività critica è ben nota a Gramsci, proprio recensendo il volume del Pasolini, preferisce invece richiamarsi all'indole della fiera contessa, e ricordando alcuni dei suoi atti storicamente
1 Lettere dal carcere, a cura di S. Caprioglio e E. Fubini, Einaudi, Torino 1965, p. 412.
2 R. MARTINELLI, Una polemica del 1921 e l'esordio di Gramsci sull'o Avanti! » torinese, in « Critica marxista », a. X, n. 5, settembreottobre 1972, pp. 1556.
708 VARIETA E DOCUMENTI
provati, concludere all'opposto che la narrazione del Machiavelli deve essere considerata di una verosimiglianza innegabile 3.
Possiamo anche pensare che Gramsci (il quale nei suoi Quaderni del carcere si richiamerà nel corso della sua interpretazione di Machiavelli a una pagina dei Ragguagli di Parnaso) debba aver tenuto conto, nel momento in cui utilizza il « mito » di Caterina Sforza, della riduzione operata da Traian[...]

[...]del carcere si richiamerà nel corso della sua interpretazione di Machiavelli a una pagina dei Ragguagli di Parnaso) debba aver tenuto conto, nel momento in cui utilizza il « mito » di Caterina Sforza, della riduzione operata da Traiano Boccalini dell'episodio machiavelliano a exemplum miticoletterario 4. La pagina di Machiavelli è infatti considerata dal giovane Gramsci come esempio di letteratura « mitologica », dove la verità piú rigorosa dei particolari si accompagna ad un'estrema fantasia nella composizione 5.
Le membra genitali che colpiscono la fantasia di Gramsci diventano La matrice che dà il titolo al corsivo pubblicato nella rubrica Sotto la mole, sull'« Avanti! » torinese del 23 giugno 1916. È evidente che la pagina di Gramsci è una parafrasi del testo machiavelliano:
Raccontano i biografi di Caterina Sforza che quando il duca Valentino volle prendere d'assalto la città di Ravenna, per costringere la donna alla resa, applicò alle macchine d'assedio i figlioli di lei. Ma Caterina di sopra alle mura assisté impassibile allo str[...]

[...] del carcere a simbolo della volontà collettiva nazionalepopolare. Dal punto di vista formale non esiste quindi una differenza fra l'utilizzazione giovanile di Machiavelli e l'utilizzazione che Gramsci farà di Machiavelli in carcere. Ma il rapporto fra il « mito » giovanile di Caterina Sforza e il piú noto « mito » gramsciano del moderno Principe non si riduce a un'analogia esteriore. Caterina Sforza non rimane infatti il cappello piccante di un articolo scritto alla giornata che deve morire dopo la giornata: dalle iniziali nebbie culturiste questo « mito » resta, attraverso il ritmo del pensiero in sviluppo, come elemento stabile e permanente del pensiero di Gramsci negli anni 19161919. Il simbolo della matrice è applicato direttamente alla storia intesa come catena degli sforzi che l'uomo ha fatto per liberarsi da privilegi e da pregiudizi. La storia, che è la « religione » in senso crociano, cioè la concezione del mondo del giovane Gramsci, è cosi intesa come matrice feconda delle esperienze umane 8. È questo il tema, che rimarrà sempr[...]

[...]uale sale il popolo, e gli avvertimenti di Loria a tenersi buoni questi intellettuali. Giudicando la confusa concezione positivistica dei riformisti italiani (Treves, Turati, Loria) come caricatura del marxismo e come causa del ristagno della produzione intellettuale del socialismo italiano, Gramsci inizia a considerare gli scritti teorici di Antonio Labriola come un principio fulgido e pieno di promesse del marxismo italiano.
Secondo lo stesso artificio che induce Gramsci a identificare nel Principe di Machiavelli antropomorficamente il simbolo della volontà collettiva, Caterina Sforza, l'eroica donna romagnola, la fecondissima ed astutissima donna — forte ed astuta donna aveva definito Caterina Sforza l'Oriani 9 — è antropomorficamente assunta a simbolo della Storia. Scrive Gramsci:
la Storia è una fecondissima e astutissima donna, che non si lascia sopprimere né da pugnali né dalle bombe incendiarie né dalle mitragliatrici; non teme il colpo d'audacia degli avventurieri prezzolati, non teme l'azione complessa e sistematica dell'appar[...]

[...] di sacrifizio pretende ancora questa sovrana assoluta del destino degli uomini?... La Storia domanda per il suo buon riuscimento taglie mostruose come quelle che il popolo russo è costretto a pagare... la Storia è dunque in Russia... la rivoluzione russa ha pagato la sua taglia alla storia, taglia di morte, di miseria, di fame, di sacrifizio, di volontà indomata 11.
Nasce cosi lo storicismo assoluto di Gramsci. Con l'esperienza ordinovista, a partire dal 1919, Gramsci ha finalmente modo non solo di teorizzare ma anche di realizzare la sua concezione ormai materialistica della storia. Ponendo il problema della rivoluzione proletaria come realizzazione della dittatura del proletariato in Italia, Gramsci inizia a considerare il proletariato italiano come erede della scienza politica classica del Machiavelli. Nella lotta contro il fascismo i comunisti, essendo la Storia una madre, sono i figli della Storia, eredi — come direbbe Benjamin — di una debole forza messianica su cui il passato ha un diritto 12. Caterina Sforza è adesso la genitric[...]

[...]rsi, una storia che si deve adagiare nelle loro vedute e non rifuggono dall'assumersi le responsabilità che comporta la loro posizione » 13
Si comprende che Gramsci nei Quaderni del carcere definisca la Storia come attività rivoluzionaria che crea nuovi rapporti sociali. Cosi Gramsci ricava da Machiavelli i due simboli, fra loro indissolubili, nei quali è possibile riassumere tutto il suo pensiero: Caterina Sforza è la Storia, il Principe è il Partito.
FEDERICO SANGUINETI
11 La taglia della Storia, in L'Ordine Nuovo (19191920), Einaudi, Torino 1954, pp. 610.
12 Manca ancora un lavoro organico sulla concezione gramsciana della storia confrontata con le Tesi di Benjamin; si veda per ora F. DESIDERI, Il nano gobbo e il giocatore di scacchi. Le «Tesi sul concetto di Storia » di Benjamin, in « Metaphorein », a. I, n. 3, marzogiugno 1978, pp. 4881.
13 Senza uscita?, in Socialismo e fascismo. L'Ordine Nuovo (19211922), Einaudi, Torino 1966, p. 303. Cfr. anche Passato e presente. Spontaneità e direzione consapevole, in Quaderni del carcere, [...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Arti, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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