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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 126

Brano: Arditi del popolo

Paese e alle organizzazioni fasciste « la subdola, nefasta azione di Nitti e della plutocrazia demagogica e antinazionale, di cui è frutto la costituzione degli Arditi del popolo ».

La lotta armata

Da quel momento l’organizzazione degli Arditi del popolo, a Roma e nel Lazio, cominciò ad assumere consistenza. Nei diversi quartieri della Capitale sorsero nuovi battaglioni, compagnie e sezioni, sotto il comandor Oltre che di Argo Secondari, di Vincenzo Baldazzi e di Giuseppe Mingrino. Tra i più popolari dirigenti delle compagnie rionali si ricordano gli ex ufficiali degli arditi Vittorio Ambrosini, Antonio Cecchini e Spartaco Provaglia. L'organizzazione si estese anche ad altre città: sezioni sorsero rapidamente a Livorno, Pisa, Parma, Cremona. Il 24.7.1921 gli A.d.p. tennero a Roma il loro primo convegno nazionale, cui parteciparono rappresenta[...]

[...]no (Torino), dal sindaco comunista Arturo Bendini; a Livorno, dal tenente Quaglierini; a Ravenna, dal tenente Alberto Acquacalda; a Vicenza, da Domenico Marchioro; a Viterbo, dal tenente Rusatti; a Crema, da Serafino^ Scorsetti; a Napoli, dal tenente Bianco; a Orte, dall’anarchico Andrea Del Sole. Il 2.9.1921 uscì a Roma il primo numero del quindicinale L’Ardito del Popolo, giornale di difesa proletaria.

Tra le azioni in cui si distinsero gli Arditi del popolo si possono ricor* dare: la difesa di Bari dell’agosto 1922 (alla testa dei difensori si trovava Giuseppe Di Vittorio, allora sindacalista); i sanguinosi scontri di Brescia (4.8.1922) contro le squadre fasciste capitanate da Augusto Turati; la vittoriosa battaglia di Parma, detta dell'Oltretorrente, dal 1° al 6 agosto 1922, sotto la guida dell’on. Guido Picelli (allora socialista), del segretario della Federazione comunista C. Filippini e del segretario della gioventù comunista Dante Gorreri (oggi deputato comunista), contro migliaia di fascisti capeggiati da Italo Balbo e da Roberto Farinacci[...]

[...]enzo contro i fascisti capeggiati da Giuseppe Bottai, e inoltre a Porta Pia, al quartiere Trionfale, a Piazza Farnese; a Napoli, il 2.11.1922, contro le squadre nazionalistefasciste dei cosiddetti Cavalieri del Re. Ma dopo questi brillanti episodi, con l’ascesa del fascismo al potere, esposto agli attacchi concentrici dei fascisti e della forza pubblica, abbandonato a se stesso dai partiti e privo di una seria base ideologica, il movimento degli Arditi del popolo fu inesorabilmente condannato a disperdersi.

I comunisti e gli Arditi del popolo

Alla base, molti iscritti al Partito comunista avevano entusiasticamente aderito al movimento, senonché il Comitato esecutivo impartì a un certo momento la direttiva che non si doveva entrare a farvi parte, e annunciò contemporaneamente la costituzione di gruppi militarmente organizzati, composti da iscritti al partito, il comunicato del 7.8.1921 diceva, fra l’altro: « Gli Arditi dei popolo si propongono, a quanto sembra, di realizzare la reazione proletaria agli eccessi del fascismo, con l'obiettivo di ristabilire l’ordine e la normalità della vita sociale. L’obiettivo dei comunisti è ben[...]

[...]ti di Nitti » o « Arditi di Nitti » così li definiva il quotidiano Il Comunista.

Quantunque l’Internazionale Comunista fosse favorevole a questo movimento, in Italia soltanto gli anarchici appoggiarono effettivamente gli A.d.p.. All’inizio, prima della presa di posizione dell’Esecutivo del

partito, si espresse favorevolmente nei loro riguardi, sia pure con delle riserve, anche Antonio Gramsci, che scrisse: «... L’on. Mingrino aderisce agli Arditi del popolo. Dà all’istituzione il suo nome, la sua qualità di deputato socialista, il prestigio della sua figura, diventata simpatica al proletariato rivoluzionario per l’atteggiamento tenuto durante l’aggressione fascista contro il compagno Misiano. Ma qual è la missione degli Arditi del popolo, secondo l’on. Mingrino? Essa dovrebbe limitarsi a determinare un equilibrio alla violenza fascista, dovrebbe essere di pura resistenza, dovrebbe insomma avere dei fini puramente sindacali. L’on. Mingrino crede dunque, ancora, che il fascismo sia una manifestazione superficiale di psicosi postbellica? Non si è ancora persuaso che il fascismo è organicamente legato all'attuale crisi del regime capitalista e che sparirà solo con la soppressione del regime?

...Iniziare un movimento di riscossa popolare, aderire a un movimento di riscossa popolare ponendo preventivamente dei limiti alla sua es[...]

[...]riscossa popolare, aderire a un movimento di riscossa popolare ponendo preventivamente dei limiti alla sua espansione, è il più grave errore di tattica che si possa commettere in questo momento. Non bisogna creare illusioni nelle masse popolari, che soffrono crudelmente e che dalle loro stesse condizioni di sofferenza sono portate a illudersi, a credere di alleviare il loro dolore mutando di fianco... Sono i comunisti contrari al movimento degli Arditi del popolo? Tutt’altro: essi aspirano al l’armamento del proletariato, alla creazione di una forza armata proletaria che sia in grado di sconfiggere la borghesia e di presidiare l’organizzazione e lo sviluppo delle nuove forze produttive generate dal capitalismo. I comunisti sono anche del parere che per impegnare una lotta non bisogna neppure aspettare che la vittoria sia garantita per atto notarile. Spesse volte nella storia i popoli si sono trovati al bivio: o languire giorno per giorno d’inedia, di esaurimento, seminando la propria strada di pochi morti ai giorno che diventano però una folla nelle s[...]

[...] notarile. Spesse volte nella storia i popoli si sono trovati al bivio: o languire giorno per giorno d’inedia, di esaurimento, seminando la propria strada di pochi morti ai giorno che diventano però una folla nelle settimane, nei mesi, negli anni; oppure rischiare l’alea di morire combattendo in un supremo sforzo di energia, ma anche di vincere, di arrestare di colpo il processo dissolutivo ».

Sul piano storico, ancora oggi l’importanza degli Arditi del popolo viene in diverso modo valutata e il movimento viene presentato come un fenomeno quasi esclusivamente parmense, facente capo a Picelli. In realtà, l’iniziativa sorta a Roma nell’aprile 1921 assunse ben presto carattere nazionale. Si trattò di un movimento di una certa importanza che, di fatto, indicava una giusta direzione da seguire nella lotta unitaria contro il fascismo; condusse tale lotta come gli veniva consentito dalle circostanze, ma sempre con ammirevole slancio. L’ostilità dei riformisti, la diffidenza e la settaria incomprensione dei dirigenti dei partiti proletari ne soffocarono le[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 386

Brano: [...]denza all’unità nella lotta contro il fascismo, sia perché si trattava di fare uscire dal carcere Ersilio Ambrogi.

Dopo le elezioni le violenze degli squadristi s’intensificarono, ma non vennero lasciate senza risposta. Il 17 maggio, in un conflitto, rimasero gravemente feriti alcuni studenti fascisti. Uno di questi, Giorgio Moriani, si spense più tardi all’ospedale. Gli squadristi fascisti erano comandati dal tenente Marcello Vaccari.

Gli Arditi del popolo

La necessità di realizzare l’unità di azione contro il fascismo fece sì che, nel giugno, sorgessero gli «Arditi del popolo» (v.).

« Il 5 luglio, pochi giorni dopo l'adunanza romana, se ne contano 800, suddivisi in quattro squadre: 200 comunisti, 100 socialisti, 90 anarchici, altrettanti repubblicani. Una quinta squadra, di 300 arditi di varia provenienza politica, o indipendenti, si costituisce su base rionale. L’organizzazione mantiene le distinzioni politiche esistenti neH’antifascismo, in modo che ogni gruppo abbia il proprio comandante: Gino Quaglierini, ex ardito di guerra, assume il comando dell’intera organizzazione livornese » (F. P. Bartolotti).

Da una relazione del prefetto di Livorno, in data 16.[...]

[...]lierini e Tamberi per

i socialisti; Consani, per gli anarchici; Bicchierini, per la squadra che raccoglieva componenti politiche diverse.

Il giorno prima gli squadristi avevano attaccato la Sezione comunista e la sede del Sindacato ferrovieri di Livorno, il Circolo anarchico all’Ardenza e altre associazioni proletarie. La risposta antifascista non si fece attendere: il 16 luglio si svolse per le strade di Livorno una battaglia che vide 500 Arditi del popolo affrontare i fascisti della città, guidati dal loro segretario Vaccari, e sostenuti da squadre pisane e fiorentine sopraggiunte per l’occasione su autocarri e ostentatamente armate. Vi furono feriti da ambo le parti, ma la peggio toccò ai fascisti. Il comandante degli Arditi del popolo, Quaglierini, fu arrestato. La Camera del lavoro, in segno di protesta, proclamò lo sciopero generale.

Nella sua lettera del 21.7.1921 al ministro deM’Interno, il prefetto scriveva: « Mentre tutta Livorno era tornata in completa calma, come avevo oggi assicurato all’E.V., stasera i RR.CC. a mia insaputa e contro il consiglio del Questore, hanno arrestato il capo degli Arditi del Popolo, Quaglierini, ex tenente, sotto l'imputazione di mancato omicidio di un graduato dell'Arma, che sarebbe avvenuto due giorni or sono, inviandolo precipitosamente al carcere a disposizione della Procura, e consegnando immediatamente denunzia all’autorità giudiziaria [...]. Tale provvedimento, che non è stato possibile revocare, ha destato fermento grandissimo ».

Dopo l’arresto di Quaglierini la repressione contro gli Arditi del popolo si fece più dura. Furono via via arrestati l’anarchico Freschi (che era destinato a sostituire Quaglierini), il comandante degli Arditi dell'Ardenza Filippi, gli esponenti della Camera Sindacale Italiana Bini e Consani, e altri elementi tra i più combattivi.

Ebbe inoltre un riflesso negativo sull’unità delle forze antifasciste, e di conseguenza nell’organizzazione degli Arditi, il « patto di pacificazione » stipulato tra il Consiglio Nazionale dei Fasci e il Partito socialista. Tale patto venne firmato, a Livorno, dal sindaco Mondoifi e dall’assessore Minghi per i socialisti, e dagli avvoc[...]

[...].

Ebbe inoltre un riflesso negativo sull’unità delle forze antifasciste, e di conseguenza nell’organizzazione degli Arditi, il « patto di pacificazione » stipulato tra il Consiglio Nazionale dei Fasci e il Partito socialista. Tale patto venne firmato, a Livorno, dal sindaco Mondoifi e dall’assessore Minghi per i socialisti, e dagli avvocati Berti e Corcos, uomini di C. Ciano, per i fascisti.

I comunisti, che erano la forza principale degli Arditi del popolo, mantennero un atteggiamento intransigente.

Nella seduta del Consiglio comunale di Livorno del 21 luglio, illustrando una sua interrogazione, il consigliere Ilio Barontini criticò duramente i socialisti, affermando:

« 1 comunisti non hanno ancora fatto la pace né con i fascisti né con i preti ».

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 125

Brano: Arditi del popolo

fare in campo politico. Alla violenza fisica di cui si facevano campioni gli arditi, corrispondeva il violento verbalismo dei futuristi, gli uni trovando negli altri chiara rispondenza e utile integrazione. Gli uni e gli altri andarono poi a ingrossare, com'è noto, l’ibrido schieramento fascista.

Retorica dell’arditismo

Nato tra le file dell'esercito come surrogato di quell’impeto fisico e psicologico che, secondo gli alti Comandi, non sempre era abbastanza sviluppato nei soldati italiani, lo spirito che ufficialmente si assumeva come proprio degli arditi, ossia l’arditismo, in effet[...]

[...]e del bagaglio « ideologico » e soprattutto del costume fascista. Il motto « me ne frego » venne stabilmente adottato dal fascismo, che inoltre fece propri molti altri elementi che caratterizzarono l’abito esteriore degli arditi: dal modo di abbigliarsi a un certo grossolano gestire; senza peraltro ereditare, mai, quel tanto che di positivo poteva esserci nell’effettivo coraggio fisico individuate, proprio a molti ar diti della grande guerra.

Arditi del popolo

Combattenti antifascisti, spontanea^ mente raggruppatisi e organizzati in diverse località italiane, tra il 1921 e il 1922, per levarsi contro le violenze degli squadristi, in difesa delle popolazioni minacciate dalfascismo. Gli Arditi del popolo operarono sul piano dell’azione armata e in stretta collaborazione con i Comitati di difesa proletaria. Vi aderirono numerosi ex arditi (v.) che, di quelle unità d’assalto, portarono nella nuova organizzazione i prin

cipi organizzativi, la simbologia e in parte lo spirito: aspetti per lo più esteriori, che*tuttavia contribuirono ad alimentare diffidenze e sospetti sulla loro vera natura e sulle finalità ultime del movimento (nonostante il dichiarato antifascismo) anche da parte dei più illuminati uomini politici del tempo.

Le origini

Le prime riunioni a carattere locale ebbero luogo [...]

[...]ngelica sopportazione, affermando essere il faseismo un fenomeno transitorio e che nulla avrebbe potuto la violenza contro la libertà. Al termine della stessa riunione fu anche costituito un Comitato promotore ed esecutivo, avente il compito di estendere l’iniziativa a tutto il paese.

Appena 15 giorni dopo, e cioè la sera del 27.6.1921, sempre a Roma, in uno scantinato di via Germanico, nel popolare quartiere Trionfale, si riunirono circa 400 Arditi del popolo che, come tali, già si erano costituiti da circa tre mesi ma non avevano dato, sino a quel momento, alcun segno di vita effettiva. Nel corso della riunione venne riconfermato in carica il Direttorio, presidente l’anarchico Argo Secondari (un ex ufficiale espulso dall’Associazione Arditi d’Italia per aver tentato di occupare, alla testa di un gruppo di anarchici, il forte di Pietralata); altri membri del Direttorio furono il tenente G. Ferrari e il sergente M. Pierdominici. Venne inoltre costituito il Battaglione degli Arditi del

popolo, ordinato in 3 compagnie: la Dannata, la Folgore e la [...]

[...] rappresentanti della Federazione comunistaanarchica del Lazio [Forbicini), della Sezione repubblicana di Roma [Conti], e delle due Camere del lavoro: la confederale (D’Amato) e la sindacale [Caramitti) ; assenti i socialisti e i comunisti. In tale riunione fu deciso di organizzare, per il 6 luglio, contro la reazione che si stava abbattendo sulle organizzazioni proletarie, una grandiosa manifestazione all’Orto botanico. La sera del 3 luglio gli Arditi del popolo romani fecero a loro volta una nuova riunione. Essendo gli intervenuti troppo numerosi, i tavoli furono portati fuori della sede, sulla piazza dei Quiriti e, a lume di candela, vennero compilati i ruolini delle compagnie: numerosi operai di ogni categoria vi entrarono a far parte, insieme a ex combattenti/ arditi, legionari fiumani. Alla fine, dopo che il primo battaglione ebbe sfilato in ordine militare, Secondari parlò alla folla e chiese agli arditi di giurare.

Il 6 luglio ebbe luogo, all’Orto botanico, la prevista manifestazione del Comitato di difesa proletaria: vi parlarono D’Amato, [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 231

Brano: [...]ti allontanati da Parma e i quartieri popolari sarebbero stati presidiati dall’Esercito. Con quella assicurazione, in realtà, i militari volevano disarmare la difesa popolale e tener fede alla promessa fatta ai fascisti. 1 capi dell’Alleanza del lavoro (che su scala nazionale aveva già abbandonato la lotta e revocato lo sciopero) accettarono di condurre le trattative e ordinarono di deporre le armi. Ma di questo parere non fu il direttorio degli Arditi del popolo che rifiutò la smobilitazione.

Il direttorio prese posizione dichiarando: «« Le trincee non si toccano, esse costituiscono la legittima difesa della vita degli operai e dei loro quartieri contro le camicie nere armate venute a Parma da tutte le parti ».

Il battaglione militare penetrato nell’Oltretorrente per smantellare le barricate venne fatto precipitosamente rientrare nelle caserme, anche perché i soldati avevano cominciato a solidarizzare con gli insorti. Le manovre di compromesso furono così sventate e il tentativo di disarmare gli operai fallì. Questi fatti fecero esplodere l'ira[...]

[...] la testimonianza di Guido Picelli sugli avvenimenti di quelle drammatiche ore:

« Alle 2 circa, dalla destra del torrente, furono sparati i primi colpi contro il settore Nino Bixio e presi d’infilata Borgo della Carra e Borgo Salici. Ulisse Corazza, artigiano, consigliere comunale del Partito po

polare, che qualche ora prima si era presentato col proprio moschetto a un caposquadra per chiedere di partecipare al combattimento a fianco degli Arditi del popolo, fu ferito gravemente alla testa da una pailottola di fucile e morì pochi minuti dopo. Si trattò di un’azione dimostrativa tendente a trarre in inganno i difensori sugli obiettivi reali del piano d’attacco, mentre alla sinistra dell’Oltretorrente reparti di camicie nere, penetrati nei giardini pubblici, avanzavano in direzione del muro di cinta. Non fu una sorpresa: prevista la manovra, gli Arditi del popolo, dai posti di guardia, iniziarono immediatamente il fuoco di fucileria con tiro regolato, in base agli ordini impartiti, in modo da causare all’avversario le maggiori perdite possibili con il minor consumo di munizioni. La spinta e la pressione degli assalitori, forte in un primo tempo, andò poco a poco indebolendosi sino a cessare completamente qualche ora dopo. A nulla valsero gli incitamenti dei comandanti. Di fronte alla precisione dei fucilieri proletari, non fu più possibile avanzare.

Lentamente, al riparo delle piante, le camicie nere ripararono nelle posizioni di prima. Durante la [...]

[...]te, tutta la popolazione operaia, all’annuncio della partenza dei fascisti, si gettò per le vie della città con armi e senza armi, in un’indescrivibile esplosione di entusiasmo, improvvisando imponenti cortei, mentre alle finestre di Parma vecchia vennero esposti drappi rossi. La notizia della vittoria operaia si diffuse rapidamente anche in provincia. Molti proprietari di terre, presi da spavento perché sentirono dire che sarebbero arrivati gli Arditi del popolo, abbandonarono le abitazioni fuggendo verso il Cremonese ».

La sconfitta subita a Parma ebbe un peso negativo non indifferente nei successivi piani del fascismo, spingendo Balbo a un tentativo di rivincita, che peraltro non osò attuare.

Il 9.10.1922 il futuro quadrumviro fascista scrisse a Mussolini: « Per l’Oltretorrente il piano è il seguente: all’alba del giorno fissato, occupazione simultanea dei tre pon

Una barricata in via Bixio

ti Umberto, Caprazucca e di Mezzo, delle Barriere Nino Bixio e D’Azeglio, della Clinica e dei Giardini, in modo che il quartiere sia completamente c[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 556

Brano: Piacenza

Piacenza. Gli unici tentativi di opposizione e di resistenza anche armata si ebbero da parte degli Arditi del popolo (v.) che a Piacenza comparvero per la prima volta nell’agosto 1921 ed ebbero fra le personalità di maggiore spicco Giuseppe Contini ed Emilio Canzi.

La frazione comunista giovanile (che a Piacenza raccoglieva 450 iscritti) era parte notevole del movimento degli Arditi del popolo. La resistei za si concentrò nel popoloso quartiere Cantarana dove, dopo la devastazione della cooperativa di via Taverna e l’uccisione da parte dei fascisti del giovane comunista Gaetano Lupi (19.3.1922), si sviluppò una lotta armata simile a quella dell’OItretorrente parmense, sebbene minore per durata e intensità. Ma fu una lotta senza speranza. Essa dovette fare i conti, da una parte, con la sfiducia, la stanchezza delle masse e l’immobilismo della dirigenza socialista; dall’altra, con la virulenza dello squadrismo barbielliniano, apertamente sostenuto dalle istituzioni statali e dalla po[...]

[...]prì un lungo periodo di persecuzione contro gli antifascisti. Piegati e dispersi dalla violenza fascista, i lavoratori furono costretti a iscriversi nelle organizzazioni di regime. Molti dei dirigenti più esposti dovettero riparare all’estero (Mazzoni in Svizzera, Faggi e Canzi in Francia), altri finirono con l’aderire al fascismo. A rappresentare l'opposizione antifascista rimasero alcuni giovani socialisti che nel 1921 avevano militato fra gli Arditi del popolo [Luigi Rigolli, Sante Bersani e altri, stretti attorno al Contini), l'avvocato socialista Arata, il cattolico Francesco Daveri, alcuni repubblicani come Alberto Chiesa, Nino e Angelo Ranza. I fratelli Ranza saranno entrambi confinati nel 1932 a Lipari dove Nino, il più anziano, morirà nel 1934.

Ma a tessere i fili dell’opposizione al fascismo, sforzandosi di stringere legami politici con le masse operaie disorientate, furono soprattutto i giovani comunisti. Essi parteciparono alle elezioni politiche del 6.4.1924 presentando una propria lista che, pur tra mille difficoltà di una campagna el[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 230

Brano: [...]per il sov* versivismo italiano ».

Per dare una lezione al « sovversivismo » parmense, i fascisti decisero una spedizione punitiva in grande stile. Il 2.8.1922 cominciarono a confluire a Parma le squadracce provenienti non solo dalle altre città emiliane, ma anche dal Veneto, dalla Toscana, dalla Lombardia e dalle Marche, per un totale di circa 20.000 uomini perfettamente armati e guidati da Balbo.

La difesa popolare

Il direttorio degli Arditi del popolo (v.), presieduto da Guido Picelli (v.), assunse il comando della difesa: in poche ore furono innalzate barricate, scavate trincee, posti i reticolati; i rioni popolari della città e in particolare l’Oltretorrente, centro principale della resistenza, assunsero l'aspetto di un campo trincerato. Furono creati quattro settori: il Nino Bìxio e il Massimo D'Azeglio nell’OItretorrente; il Naviglio e I Aurelio Saffi in Parma nuova.

Ventidue squadre di Arditi del popolo si installarono nell’Oltretorrente, dieci in Parma nuova. Ogni squadra era composta da 810 uomini armati di fucili, moschetti, riv[...]

[...]v.), presieduto da Guido Picelli (v.), assunse il comando della difesa: in poche ore furono innalzate barricate, scavate trincee, posti i reticolati; i rioni popolari della città e in particolare l’Oltretorrente, centro principale della resistenza, assunsero l'aspetto di un campo trincerato. Furono creati quattro settori: il Nino Bìxio e il Massimo D'Azeglio nell’OItretorrente; il Naviglio e I Aurelio Saffi in Parma nuova.

Ventidue squadre di Arditi del popolo si installarono nell’Oltretorrente, dieci in Parma nuova. Ogni squadra era composta da 810 uomini armati di fucili, moschetti, rivoltelle, bombe a mano. Altre centinaia di lavoratori appartenenti a tutti i partiti politici antifascisti, nonché donne e fanciulli, parteciparono alla difesa con varie mansioni.

Le imboccature delle piazze, delle strade e dei vicoli furono sbarrate

o minate, i campanili trasformati in osservatori; sui tetti delle case vennero preparati depositi di pietre e altri oggetti pesanti da lanciare sul nemico; alle donne furono distribuiti bidoni di benzina cui dar f[...]

[...]tesso tempo organizzati i servizi di approvvigionamento e sanitari.

La battaglia

Gli scontri cominciarono nella notte tra il 2 e il 3 agosto e si protrassero per tutto il giorno successivo. I fascisti furono ovunque respinti e si ebbero perdite da entrambe le parti. Di fronte a quella inattesa resistenza, Balbo si rivolse al prefetto, chiedendo l'intervento deU’Esercito e delle Guardie regie per far demolire gli sbarramenti e disarmare gli Arditi del popolo. Il prefetto aderì alla richiesta, chiedendo soltanto che la scadenza deH’ultimatum fascista fosse prorogata di due ore. Usando il telefono della prefettura, Balbo chiamò allora Benito Mussolini e

lo mise al corrente della situazione, chiedendo direttive. Giova ricordare che all’epoca Mussolini era semplicemente il capo di un partito di opposizione che non faceva parte del governo e rappresentava soltanto una piccola parte dell’elettorato.

Le due ore di proroga chieste dal prefetto furono concesse: alle 14, le truppe sarebbero entrate nei quartieri popolari e avrebbero proceduto a disar[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 582

Brano: [...]ttembre 1920, in coincidenza con l’occupazione delle fabbriche, fondò a Parma la Guardia rossa autonoma, composta di giovani socialisti. Nell’autunno dello stesso anno, con un nucleo di compagni occupò la Stazione ferroviaria della città per impedire la partenza dì convogli militari per l’Albania. Arrestato, rimase in carcere fino alla sua elezione alla Camera, nel 1921. Per farlo eleggere, votarono per lui anche i comunisti.

Comandante degli Arditi del popolo

Al sorgere dello squadrismo fascista» Picelli oppose l'organizzazione

degli Arditi del popolo (v.), forza di protezione operaia di cui i dirigenti socialisti e comunisti dell' epoca sottovalutarono l’importanza. Fu infatti sotto la guida di Picelli che gli Arditi del popolo, appoggiati dalla popolazione del Borgo Naviglio, nel l'agosto del 1921 misero in fuga le squadre fasciste di Italo Balbo (v. Oltretorrente). Nuovamente arrestato nel maggio del 1923, venne rilasciato perché la Camera dei deputati non concesse l’autorizzazione a procedere. Entrato nel frattempo nel Partito comunista d’Italia, fu rieletto deputato nel 1924 nella lista detta di « Unità popolare », formata da comunisti e terzinternazionalisti.

Le continue aggressioni fasciste Io costrinsero tuttavia a trasferirsi a Roma, dove il Primo Maggio 1925, affacciatosi al balcone di Montecitorio, issò[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 113

Brano: [...]ratori caddero sotto il piombo degli squadristi) fu eletto deputato. La sua prima visita fu per Cerignola, sebbene ne fosse stato « bandito » dai fascisti e diffidato, sotto pena di morte, dal mettervi piede.

Nominato presidente del locale Comitato de\\'Alleanza del lavoro (v.), nel 1922 organizzò la celebrazione del primo maggio a Bari, ma nello

Giuseppe Di Vittorio nel 1914

stesso tempo promosse la costituzione dei gruppi locali degli Arditi del popolo (v.).

Quell’anno segnò il momento di un ripensamento critico e del definitivo distacco di Di Vittorio dal sindacalismo rivoluzionario; la Camera del lavoro di Bari si staccò dall’U.S.I., pur motivando tale decisione non con ragioni ideologiche, ma solo con la necessità dell’unità dei lavoratori per la lotta contro il fascismo.

« Fu anche l'anno — scrive Mario Assennato — nel quale Di Vittorio venne a trovarsi organizzativamente isolato: dopo una lunga azione di progrediente legame tra il proletariato delle campagne e quello delle città, pur divenuto ormài la figura nella quale più si im[...]

[...]ifesa delle libertà democratiche in Puglia, Di Vittorio nel 1922, non militante socialista e non più aderente aH'U.S.I., si trovava senza vincoli organizzativi formali con la classe operaia ».

Egli restava tuttavia il dirigente indiscusso dei lavoratori pugliesi. Il 31.7.1922 l’Alleanza proclamò lo sciopero generale nazionale; Caradonna mobilitò immediatamente le squadre fasciste che occuparono Andria e si accinsero ad attaccare Bari. Qui gli Arditi del popolo tennero saldamente il quartiere dove aveva sede la Camera del lavoro e ripetutamente respinsero gli squadristi nelle vie adiacenti. Di Vittorio, il tenente Aruzzolo e il giovane operaio Luigi Ottolino, insieme a una quindicina di compagni, riuscirono a resistere per tutta la giornata. Tra le vittime della battaglia vi fu anche un ragazzo di 12 anni. Gli scontri continuarono nella città fino al 4 agosto. Lo sciopero, definito dalla Questura di Bari « sommossa sediziosa », portò alla

denuncia e all’arresto dei dirigenti e di numerosi membri deH’Alleanza del lavoro. Poiché Di Vittorio godeva [...]

[...]Nel novembre 1922, dopo la marcia fascista su Roma, la Camera del lavoro di Bari fu chiusa d’autorità; giuntone a conoscenza, Di Vittorio ritornò dalla Capitale e la riaprì. Non appena nei quartieri di Bari vecchia si sparse la notizia, i lavoratori affluirono a centinaia alla Camera del lavoro, dove Di Vittorio si era installato con la moglie incinta e la figlia Bai dina.

I fascisti non tardarono a muovere all’attacco e allora una squadra di Arditi del popolo, comandata da L. Ottolino, si preparò a rispondere appostandosi all'imbocco della strada che porta a piazza Mercantile (oggi piazza Gramsci). Si sparò da una parte e dall'altra e i fascisti furono respinti. La notte stessa Anita Di Vittorio diede alla luce il figlio, cui venne messo il nome di Vindice. . L’indomani la Camera del lavoro venne occupata, ma non dai fascisti, bensì da reparti dell'esercito. Di Vittorio nel frattempo aveva lasciato la città.

Sotto la dittatura fascista

Forti pressioni furono esercitate su di lui perché aderisse ai sindacati fascisti, ma egli respinse sdegnos[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 381

Brano: [...]fondato nel maggio del 1921, capeggiato dall’avvocato Pier Paolo Bedini, ma quasi nulla fu la sua influenza per l’ostilità della popolazione e soprattutto per l'immediata, spontanea adesione popolare al principio dell’autodifesa. Si trattava di una logica che aveva evidenti addentellati con la tradizione popolare ottocentesca e che, nel momento del pericolo, coinvolse qui anche i socialisti in una partecipazione senza riserve nel movimento degli Arditi del popolo (v.).

Come elemento catalizzatore di questa risposta operò un’incursione squadrista guidata dal “federale” di Carrara Renato Ricci (v.) il 12.6. 1921, organizzata per saggiare il terreno e per supplire all’inattività del fascio locale. Secondo una dinamica che si ripeterà anche in seguito, la spedizione, del resto male organizzata e poco numerosa, venne rintuzzata dall'azione unanime e immediata dei contadini armati, ai quali si unì (caso più unico che raro) la forza pubblica al comando del tenente dei carabinieri Nicodemi che, forse considerando i rapporti di forza, intese impedire lo sco[...]

[...] L'antefatto immediato fu costituito da una spedizione punitiva che i fascisti di Avenza, al comando di Renato Ricci, vollero compiere il 17 luglio per vendicare l’uccisione di un loro camerata (tale Procuranti, detto “Il diavolo”), avvenuta nella frazione di Tendola. Quattro camion carichi di fascisti, dopo aver seminato il terrore in varie località intorno a Sarzana, si diressero contro la città “rossa”, ma a Ponzano Magra furono fermati dagli Arditi del popolo. Come era già avvenuto il 12 giugno, i carabinieri al comando del tenente Nicodemi intervennero per sedare lo scontro.

I fascisti si dispersero allora in piccoli gruppi per le campagne, uccisero due persone del tutto estranee al fatto ed ebbero a loro volta due morti. I carabinieri fermarono e rinchiusero nel carcere della Cittadella di Sarzana 11 fascisti, compreso il loro capo Renato Ricci.

Lo stato di tensione divenne incandescente. Il Comitato di difesa poteva contare su 150 Arditi del popolo tra Sarzana, Arcola e La Spezia, ma vennero mobilitate per l’occasione tutte le organizzazi[...]

[...]arabinieri al comando del tenente Nicodemi intervennero per sedare lo scontro.

I fascisti si dispersero allora in piccoli gruppi per le campagne, uccisero due persone del tutto estranee al fatto ed ebbero a loro volta due morti. I carabinieri fermarono e rinchiusero nel carcere della Cittadella di Sarzana 11 fascisti, compreso il loro capo Renato Ricci.

Lo stato di tensione divenne incandescente. Il Comitato di difesa poteva contare su 150 Arditi del popolo tra Sarzana, Arcola e La Spezia, ma vennero mobilitate per l’occasione tutte le organizzazioni proletarie del circondario. A queste si aggiunsero numerosi antifascisti che, banditi da altre zone, si erano rifugiati nel Sarzanese. Infine si può dire che l’intera popolazione agricola si schierò contro i fascisti: furono istituiti posti di blocco nelle campagne e alle porte della città, come pure al suo interno.

Per contro, anche i fascisti fecero una specie di mobilitazione generale: dalla Spezia, dall’Avenza e da altre località toscane ed emiliane partirono gruppi che composero una colonna [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 499

Brano: Appendice

za) il 13.8.1897, m. a Stradella (Pavia) il 9.1.1973; cestaio.

Giovane socialista nel 1911, dopo aver prestato servizio militare nella Prima guerra mondiale, nel 1921 fu tra i fondatori del Partito comunista nel Pavese. Fu poi organizzatore degli Arditi del popolo e, dal

1924 al 1926, corrispondente de ‘TUnità” da Stradella (v.), nonché apprezzato dirigente locale del P.C. d’I..

Riprese l’attività politica nel 194243, ma le sue riserve sulla lotta partigiana lo isolarono dalla rinata organizzazione del partito. Ne venne infine espulso nel 1953, per le sue posizioni critiche nei confronti del gruppo dirigente. Da allora si appartò dalla vita politica.

Binazzi, Pasquale

N. a La Spezia il 12.6.1873, ivi m. il 5.3.1944; operaio meccanico. Occupato presso l’Arsenale della Spezia e militante anarchico, partecipò ai moti della Lunigiana (1894) e s[...]

[...]resti e anni di confino, finché nel 1907,

rientrato alla Spezia e unitosi a Zelivi ra Peroni, fondò “// Libertario”, settimanale anarchico di rilievo nazionale che, fra molte traversie, sequestri e processi, Binazzi riuscirà a portare avanti fino al 1926. Antinterventista e antimilitarista, dal dicembre 1915 fu confinato a Lipari. Nel dopoguerra riprese la lotta, partecipando all’occupazione delle fabbriche nel 1920 e all’organizzazione degli Arditi del popolo. Nel

1926 fu nuovamente inviato al confino, per due anni, con la sua fedele compagna di lotta.

Trascorse gli anni della dittatura fascista in libertà vigilata, ma dopo la caduta del fascismo, nonostante l'età avanzata fu tra i più attivi a riorganizzare il movimento libertario e formazioni di partigiani anarchici in Lunigiana. Nel corso di questa attività lo colse la morte.

Bobsiar, Stane

N. a Vevce (Lubiana) il 15.11.1912. Militante del Partito comunista jugoslavo dal 1935 e combattente in Spagna (da dove riportò una invalidità), nel 1941 entrò nelle fila della Resistenza armata [...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Arditi del popolo, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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