Brano: [...]azzato nessuno, ma sono stato con Corbeddu 17 o 18 anni. Non ho imparato mica il ginnasio, e quello che l’uomo vede, fa. «Narami in chi abitas a ti naro chi ses» dice il proverbio. Non mi davano da mangiare se non me lo sapevo procurare da me. Ma è meglio che comincio a raccontare subito come ho dovuto arrangiarmi.
Una volta, insieme ad un altro ragazzo, di stato mio, abbiamo fame (non mangiavamo da qualche giorno); ci pensiamo un poco; e poi andiamo a trovarci qualche bestia. C’era chiusi in un muro vicino qualche agnello. Io da fuori metto le mani: e così ho preso le pelli.
Sento gridare: — O quello! Porca madonna!
E poi: — Ti possano ammazzare!
— Che c’è? Che c’è? — mi metto a dire spaventato.
Altro che agnello: era il padrone!
— Ti possano ammazzare!
— Pè, pè, pè, pè.
Sortono due uomini dall’ovile vicino, due compagni del padrone. E ci danno un sacco di botte. Che non si dice.
Un'altra volta (questa volta era di notte) vado a cercare qualche pecora : e me l’ero messa sulle spalle. In quel momento arriva il padr[...]
[...]ercare qualche pecora : e me l’ero messa sulle spalle. In quel momento arriva il padro96
FRANCO CAGNETTA
ne, e salgo su un albero. «Mi pare che ci deve stare qualcheduno». Ed io zitto.
AH’improwiso il pastore si mette a staccare dei rami per fare il fuoco. Ed io casco. «E tu chi sei? ». Ha capito che stavo lì per qualche bestia. Allora prende quei rami, e mi ha fatto il fuoco in culo.
Un'altra volta con Pietro, un pastore mio amico, andiamo ancora a cercare un gregge. Ed io metto presto sopra le mani. Sentiamo gridare: «Ohi, mamma mia, mamma mia! Qui ci ammazzano». Uno prende il fucile che aveva appresso e se ne scappa. Anche due o tre che stavano lì, a dormire con lui, prendono il fucile che avevano e si mettono a scappare: erano carabinieri!
Con Corbeddu stavamo meglio. Ero più grande e mi aveva messo allora al Sopramonte. C’erano latitanti di Orgosolo, di Oliena, di Nuoro, di Orune. Ci avevo 25 latitanti. Tutto un gruppo.
Andiamo a fare le capanne. Un giorno sento gridi di maiale: era una volpe che si è presa un porcett[...]
[...]ra le mani. Sentiamo gridare: «Ohi, mamma mia, mamma mia! Qui ci ammazzano». Uno prende il fucile che aveva appresso e se ne scappa. Anche due o tre che stavano lì, a dormire con lui, prendono il fucile che avevano e si mettono a scappare: erano carabinieri!
Con Corbeddu stavamo meglio. Ero più grande e mi aveva messo allora al Sopramonte. C’erano latitanti di Orgosolo, di Oliena, di Nuoro, di Orune. Ci avevo 25 latitanti. Tutto un gruppo.
Andiamo a fare le capanne. Un giorno sento gridi di maiale: era una volpe che si è presa un porcetto. Gli sparo: e così cade. A colpa di quell’accidente ecco un falco. Subito si mette a cadere per prendere
il porcetto. Tiro: e l’ho colpito. Vado per prenderlo dove era caduto, e il fucile l’ho messo da parte, vicino a un «presetu», ossia un buco nella pietra dove ci sta, per la pioggia, l’acqua. Tornavo e portavo quel falcone e quella volpe.
Porca puttana! Spunta un carabiniere.
Meno male che avevo nascosto il fucile. Stava con me il latitante Valuzza Giovanni, condannato a perpetua galera.
[...]
[...]ragazzo.
— Porca puttana!
Torno a parlare e mi sento tirare due o tre volte.
— Tu sei matto!
Allora ho visto un signore discosto che sorrideva.
Porca madonna! ho avuto paura. «Chi sarà questo?».
Era il giudice istruttore: — Oh, stai qui? Come stai?
. — Bene.
« Che diavolo vorrà questo » mi ho pensato.
— Senti, tu devi avere pochi anni. Ma non ho mai trovato una pelle così dura.
Non mi fa niente. Mi convita a bere. E andiamo dentro. Allora ho bevuto, e ha pagato tutto lui.
— Senti, so che sei buon cacciatore. Se ci hai un cinghiale di 67 chili te lo compro.
— Bene, bene.
Mi imputano la prima volta per una rapina a Benetutti, il 1890, e vado da lui. Era il giudice CoiPodda.
— Sentite, mi è successo questo.
— Non ti preoccupare. Ti tiro io in due o tre giorni. (E così è stato). Piuttosto, combina qualche bella caccia di cinghiale. Al Sopramonte.
— Sapete — gli dico io — Ci sono latitanti.
— Non importa — dice lui.
La massima contentezza.
— State sicuro — dice — So che sta Corbeddu e sono [...]
[...]i. Ci mettevamo insieme, non c’era nessun capo, ognuno portava Tarma, la polvere, l’acqua e un po’ di pane. E, a cosa fatta, tornavamo tutti alle nostre case, diviso il bottino uguale, e come fulmini. Non ne hanno preso mai nessuno. Nelle case, allora, c’era poco da arronzare: anni di miseria. Pecore, solo pecore. E questo è il mio mestiere.
Ormai ero esperto e sapevo fare bene. Non credete che era per male. Eravamo galantuomini.
Una volta andiamo a un paese vicino alla marina. Il nome non si dice. Eravamo sei o sette con un fazzoletto bianco in faccia e le pelli di pecora, all’uso antico. Troviamo un ovile con pecore grasse, e lì c’erano tre persone a dormire: due uomini ed una donna. Andiamo in silenzio, tutti scalzi, e a me mi mandano avanti, che mi butto addosso alPuomo più robusto.
— Porca madonna!
— Zitto, zitto, che ti uccido.
Metto la mano, e ho visto che quello era una donna: ci aveva una mammella.
— Ma tu sei una donna!
— State fermo. State fermo.
Ci stava uno che gli era venuta una brutta voglia.
— E i maiali? — dico io.
— I maiali li abbiamo mandati via ieri.
Quello intanto si era avvicinato a quella donna.INCHIESTA SU ORGOSOLO
101
— È mia figlia. Lasciate stare!
Ho capito, e ho detto alPamico: — Siamo venuti per pecore, non per donn[...]
[...]rmo.
Ci stava uno che gli era venuta una brutta voglia.
— E i maiali? — dico io.
— I maiali li abbiamo mandati via ieri.
Quello intanto si era avvicinato a quella donna.INCHIESTA SU ORGOSOLO
101
— È mia figlia. Lasciate stare!
Ho capito, e ho detto alPamico: — Siamo venuti per pecore, non per donne.
— Se ti muovi ti tiro col fucile. — È stato fermo.
Ci prendiamo il formaggio, un po’ di argento, che ci avevano, e ce ne andiamo.
Un tempo dopo mi trovo a Lula, alla festa di S. Francesco.
Ed ecco che ero a un vendugliolo di vino, ma ero poco brillo.
Ecco una giovanetta di 1617 anni con una bottiglia di vino in mano e un fazzoletto sul labbro. Mi guarda e si mette a ridere.
— Che ci avete?
Viene un uomo anche e la ragazza gli dice qualche cosa all’orecchio.
Viene quest’uomo e mi dice: — Salute, salute!
— Salute — faccio io. E mi ero insospettito.
— Dobbiamo bere insieme — dice l’uomo. — E pago io.
— Di dove siete? — dice.
— Della parte di Oliena.
— Ah, questo non è vero. (Mi conosceva d[...]
[...]e grazie, grazie davvero.
Allora gli ho manifestato e siamo stati amici. Tanto tempo.
Una volta, invece, vado a rubare maiali senza prenderne uno solo per me. La sola volta che è successo. Questa volta mi viene un uomo102
FRANCO CAGNETTA
in casa. E siamo soli. Mi dice che c’è un suo cognato che ci ha perduto tutto il gregge.
— È possibile? — dico io.
— Sì. È stata la mancanza di erba, di acqua. E poi la volpe, il sequestro.
Andiamo a un compagno e ne prendiamo 7 od 8. Così ci andiamo in un posto e abbiamo preso una vaccina. Poi 10 o 15 pecore, che l’erano proprio belle. Le diamo a questo cognato. E quello tutto contento.
Il giorno dopo viene un ragazzo in casa mia e mi porta una crobbuia di grano. Dico:
— Chi sei?
Scoppia a ridere e scappa via.
Il giorno dopo viene una bambina con un bel pezzo di lardo:
— E tu chi sei?
Scappa via e io vado, dietro, sino a casa della madre.
Qui la donna mi vede e sorride: — Ci avete salvato. Quella è roba vostra.
— Come l’è? — dico.
— Questa è roba vostra. Non la mia. Grazie a voi. Benedette le tue mani!
Io mi[...]
[...]appa via e non ho avuto il tempo di sparare.
Il giorno dopo tutti sapevano che c’era il diavolo in paese. È sortita una voce, in paese, che dura sino ad ora. Ed invece il diavolo, povero diavolo, non ero che io.
Ma anche questo non lo ho tralasciato e mi è servito per il mio mestiere.
Una volta stavamo in tre o quattro giovanotti: — Visto che c’è104
FRANCO CAGNETTA
paura nel paese — dico io — non ce ne stiamo con le mani in mano. Andiamo nelle case facendo spavento a dire che siamo i morti. E poi mangiamo come vivi.
Dicono: — Bene. — E tutti d’accordo siamo andati prima a casa di un mio zio. Ci avevamo la faccia con un po’ di nerofumo e un fazzoletto scuro. Andiamo a mezzanotte e bussiamo.
— Come vi chiamate?
— Mi chiamo Gangas Luigi. Faccio il pastore.
— Adesso vi prendiamo e vi portiamo al cimitero. Siamo anime dannate.
Incomincia a gridare, a chiamare la moglie.
— Beh, che ci avete di bevere?
Tirano un po’ di vino.
— Perché adesso ci avete calmato il fuoco d’inferno che ci brucia partiamo. Torneremo domani.
Si son chiusi in casa e li abbiamo sentiti pregare.
Andiamo allora in casa di un altro vicino e gli chiediamo:
— Diteci il vostro nome. E dite, poi, chi siete.
— Puddighino Antonio Michele. Son porcaio.
— Voi siete avvisato a morire. Siamo le anime d’inferno.
— O Dio mio, Dio mio. Pietà, pietà!
— O morite di volontà vostra o vi facciamo ammazzare.
— Dite un poco. C*è anche un mio parente, tale, là dove siete?
— Altro che! Ma si vede poco.
Allora, per la contentezza, si è dimenticato di paura e ci ha dato due o tre pezze di formaggio, che avevamo chieste.
Poi si è chiuso. E si è messo anche a pregare.
Andiamo a un terzo e [...]
[...]ichele. Son porcaio.
— Voi siete avvisato a morire. Siamo le anime d’inferno.
— O Dio mio, Dio mio. Pietà, pietà!
— O morite di volontà vostra o vi facciamo ammazzare.
— Dite un poco. C*è anche un mio parente, tale, là dove siete?
— Altro che! Ma si vede poco.
Allora, per la contentezza, si è dimenticato di paura e ci ha dato due o tre pezze di formaggio, che avevamo chieste.
Poi si è chiuso. E si è messo anche a pregare.
Andiamo a un terzo e gli diciamo:
— Siamo i morti.
— Beh — dice un altro — lo sapete allora il Pater noster? Dite quattro Ave e preparatevi a morire.
— Per la mia anima?
— Sì. Pure per la vostra.
— Io sono analfabeta. Non le so dire. Non le so dire.
— Allora, per penitenza, dateci due salami e una pelle pecorina.
Ce le ha date e tremando tutto tutto.INCHIESTA SU ORGOSOLO 105
Andiamo in casa di una donna:
— Dov’è vostro marito?
— È sortito con le pecore.
— Noi siamo morti e lo veniamo a prendere.
— Bene, bene — dice la donna. — Ora vi faccio il caffè.
Ci dà due sigari ma poi, pensando, si mette tutta a tremare.
Faceva l’alba e allora ce ne abbiamo fuggiti. In tutta Orgosolo il giorno dopo si è parlato di questi morti. Che mangiano pure i morti. E si parla ora.
Questa paura dei pastori ci serviva proprio assai.
Andiamo un giorno in quel di Fonni ed io ho detto a certi amici:
— Andiamo, andiamo! Ora i pastori li impauriamo e vedrete quante pecore.[...]
[...]i una donna:
— Dov’è vostro marito?
— È sortito con le pecore.
— Noi siamo morti e lo veniamo a prendere.
— Bene, bene — dice la donna. — Ora vi faccio il caffè.
Ci dà due sigari ma poi, pensando, si mette tutta a tremare.
Faceva l’alba e allora ce ne abbiamo fuggiti. In tutta Orgosolo il giorno dopo si è parlato di questi morti. Che mangiano pure i morti. E si parla ora.
Questa paura dei pastori ci serviva proprio assai.
Andiamo un giorno in quel di Fonni ed io ho detto a certi amici:
— Andiamo, andiamo! Ora i pastori li impauriamo e vedrete quante pecore.
Troviamo una testa di cavallo morto e ci metto dentro agli occhi due lumini. Li accendo e metto la testa su una pertica.
Allora siamo andati e cantavamo tutti insieme:
In cantu erabamus vivos andammos rio rios Como che semos mortos andamos per sos ortos (*).
I pastori se ne sono scappati a gambe all’aria e noi ci abbiamo preso 5 o 6 pecore, ma di quelle buone!
Una volta invece ho trovato io di questi spiriti, ma erano spiriti di orgolesi. E vi dico che succede.
Questa volta io tornavo in paese dal Cimitero. Le 11 di sera.[...]
[...]iriti, ma erano spiriti di orgolesi. E vi dico che succede.
Questa volta io tornavo in paese dal Cimitero. Le 11 di sera. Quando sono arrivato qui vedo due uomini che portavano una capra in spalla.
Rubata? Eh, sicuro!
Vedono che passa un uomo e si mettono a far vedere che dicevano preghiere:
Patre mea, pea, pea.
Parlavano e non si capiva il resto di niente:
(*) Quando eravamo vivi / andavamo lungo i rivi / Ora che siamo morti / andiamo per gli orti.106
FRANCO CAGNETTA
Patre mea, Ave Maria.
10 subito ho capito. «Certamente ci hanno abile studio. Ma li aggiusto io ».
— Cantate in latino? — gli dico.
E quelli niente:
Patre mea, pea, pea.
— E adesso vi faccio cantare in orgolese — dico.
Ero in ginocchio, vicino al muro, con il fucile puntato. Mi hanno conosciuto e veduto così.
— Non sparate! Non sparate!
— Chi siete?
— Compagni tuoi.
Insomma, vado là e li trovo più morti che vivi. Poveracci!
— Andate, andate. E arrangiatevi.
11 giorno dopo vengo a sapere che la crapa risultava rubata a[...]
[...]abituato, sin da piccolo, a guardarli con sospetto. Quando gli potevo dare una via falsa per cercarvi latitanti, o anche per gusto, lo ho sempre fatto. Non mi sbaglio contro di loro, perché lo ho provato su me stesso.
Una volta tornavo a casa, un poco ubriaco. Trovo due carabinieri. Uno era un certo Crapoledda di Putomajore. Mi sono messo a parte.
— Fermati!
L’altro carabiniere se ne è andato.
— Oh, sei tu, Ganga — dice Crapoledda. — Andiamo. Qui ci vogliono due maiali. Andiamo a rubarli insieme.
— Guarda, Crapoledda, che non mi inganni. Pure io ci ho la mia parte.
Quanto era buono, porca madonna!
Subito l’ho preso. Siamo andati e, con queste braccia, gli colgo due maiali. Li portiamo a casa: li abbiamo ammazzati e li puliamo bene bene.
La mattina viene Crapoledda e mi chiede: — Dammi il maiale.
— E la mia parte?
— No — dice Crapoledda. — Se no ti arresto. Tieniti le zampe!
11 maialese lo ha fatto imbarcare a casa sua.
Quel brigadiere, così e così, mi dice un giorno: —1 Vedete. Se mi portate ancora in casa un maiale ve lo pago.
— Sentite —[...]
[...]cupato. Non sapevo che fare: nessun lavoro si trovava.
In paese ci stava un certo ziu Mattiu Catgiu, majariu, ossia stregone. Un giorno mi dice: Marrosu, io ci ho un libro che fa venire subito i diavoli e tutto spiega. Vuoi entrare con me, come aiutante?
Io gli dico: — Sentite. Questi non son conti miei.
— Ma è cosa da niente. Ti dò a mangiare ogni giorno.
— Piuttosto — dico io — se c’è qualche maiale grasso, non se ne vede da tanto, andiamo a prenderlo.
No. Parlava per quelle cose: — Ci avrai paura?
Si era messo in mezzo a convincermi un mio parente, Piredda Antonio, suo socio.
— Sentite. Arrangiatevi voi, tra diavoli.
— Vieni. Facciamo le cose in famiglia.
— Allora fatemi dormire con vostra figlia.
Gli ha preso davvero un diavolo per capello.
Si trattava di questo: mentre loro due leggevano il libro io dovevo fare il diavolo in persona. Dovevo tingermi di rosso tutta la faccia, gridare come un cane, e stare lì a far capriole in mezzo alla stanza, mentre i pastori chiedevano di furti, di malattie, di amore. [...]
[...]
— Qui e là.
— Porca madonna — dico. — Ci paga subito!
Incomincio a gridare e viene il capotassa, il maggiordomo. — Manda subito a chiamare quella strega di padrona.
— Magnana, magnana, dice.
Dico: — Bene. Qui si mangia.
Voleva invece dire domani.
— O ci paghi o ti spacco la testa — dico io. — Presto presto.
Ci ha dato 80, 90 pesi, qualche cosa di più. Da mangiare. Ma è scappata via.
Il giorno dopo si perde il posto.
Andiamo a un’altra casa. Ci manda ancora il Patronato, lo scrivanello di Benetutti. E qui restiamo molto.
Arrivo e: Meglio!
C’erano 4 o 5 maiali.
Anche qui la padrona era donna. «Non sarà mai come quella». E aveva due figlie belle. Ci porta in giro a vedere e appena io vedo i maiali mi metto a fare: — Ohi, ohi! — Per paura.
— Non fanno niente. Non fanno niente — dice la padrona. Ed io niente: facevo finta di aver paura, sempre paura.
In una stanza dormiva una serva e le due figlie. Un giorno vedo una nella stanza, nuda, e con un fischio speciale chiamo i maiali. Ecco i maiali ed io mi [...]
[...]rgo che sto solo, mi sincero bene bene, e: pam! pam!112
FRANCO CAGNETTA
Due maialetti sono morti. Li metto nelle ballette per il grano e li passo ad un mio compagno. La notte li mangiamo.
Quando si sono accorti del furto non potevano pensare a me, credendo la mia paura.
— È stato uno puzone. Lo ho visto che scendeva dall’alto.
Si hanno bevuto. E basta.
Un giorno con tre compagni (quello di Orune era morto: incidente di fabbro) andiamo in un grand hotel. Eravamo tutti sardi. E all’entrata del grand hotel c’erano tante forme di formaggio sardo. Ho detto al cantiniere: — Dammi un litro di sarvenas — così si chiama la birra. Mentre bevevamo, davanti al cantiniere, spostiamo con i piedi i pezzi di formaggio. Così facevo io ed un mio compagno. Abbiamo preso 14 o 15 pezze. E come rotolavano nel grand hotel l’altro compagno le raccoglieva.
Non si hanno accorto del furto. E così hanno accusati certi americani. Un altro giorno, invece di formaggio, mi ho fatto rotolare in tasca i soldi di una majarda. Anche qui, come in Sardegna,[...]
[...]i stare. Che ho perso la libertà. Ora sono latitante.
Quel prete si è spaventato.
Un uomo che stava vicino gli ha detto : — Quello è come un pazzo.
Basta. Il prete se ne è andato. Ed io mi ho preso una lira, più settanta lire, ed altre trenta che ho venduto il libro, poi, ad un prete di Illorai.
Sono passati un due mesi appena da questo fatto e stando in festa, con un padrino ritrovo questo prete.
Fa finta di niente e pure dite: — Andiamo a bere.
Ci porta a casa sua. E tira il vino.
— Senti — dice. — Tu le sai tutte, più del diavolo. Ti lascio il libro e i soldi. Ma tu raccontami qualche cosa della tua vita, che lo possa poi dire in predica, per dire contro il peccato.
Questo mio padrino dice pure: — Digli qualche cosa.
E noi a bevere. Sarà stato scolato un bottiglione di vino.
— Beh; adesso vi racconto un fatticello.
— L’altro giorno — ho detto — vado in un covile. Verso di me venivano tanti cani e un capo in testa che mi veniva a bocca aperta, contro me. Così gli metto una mano in bocca e sono arrivato dent[...]
[...]. Francesco di Lula che protegge i ladri del bestiame. Tu salti.
Io dico ai pastori (ma non di Orgosolo, di Fonni, di Urzulei) che tu sei S. Francesco di Lula. Che puoi insegnare a loro, con l’aiuto di Dio, la salute, e come si salta davanti ai carabinieri.
— Buono, buono — dico io.
E lui : — Ganga, fai così. Dì che sei morto ad Orgosolo. Io ti porto dalla parte di Urzulei e facciamo un bando intanto.
— Ma...
— Ganga, fai così.
Andiamo ed io giravo con lui. Ci avevo tutta la faccia dipinta di oro, con la porporina, e un mantello azzurro. E dopo questo ce n’erano dietro di noi pastori di Urzulei, di Siniscola, di Arzana, di ogni dove.
Appuntamento in «Gorropu», al Supramonte. Vado lì e salto due
o tre volte. C’erano tanti pastori.
Io dico : — In nome di Dio. Sono S. Francesco di Lula. Fate come me. Raccomandatevi l’anima e saltate. Se ci avrete fede sarete salvi e forti. Che se no qui vi rompete tutti l’osso del collo.
Faccio due o tre salti ancora. E il prete tutto contento. I pastori stavano a guardare.
Quel[...]