Brano: [...]nel quinquennio 19161920, Gramsci conobbe di Pirandello: ha ragione degli altri, che è del 1915, Pensaci Giacomino, Liold e Il berretto a sonagli, che sono del 1916, Il piacere dell'onestd, del 1917, Cosí è (se vi pare) e Il giuoco delle parti del 1918, L'innesto, del 1919, Tutto per bene e Come prima, meglio di prima del 1920; conobbe, cioè, il Pirandello che precedette i Sei personaggi e l'Enrico IV, che sono del 1922; il Pirandello, cioè, non ancora completamente riconosciuto nella sua grandezza da gran parte della critica maggiore; ed è noto che Gramsci ricorderà piú tardi, con compiacimento (lettera alla cognata del 19 marzo 1927) come in quel tempo in cui Pirandello era « amabilmente sopportato o apertamente deriso » , egli, dal 1915 al 1920, avesse scritto tanto (e lo ricorderà nei Quaderni del carcere) « da mettere insieme un volumetto da 200 pagine ». In quella lettera famosa di opere da compiere, egli includeva tra queste, come è noto, « uno studio sul teatro di Pirandello e sulla trasformazione del gusto teatrale italiano che il [...]
[...], semplicemente. Lo studio può essere rivolto solo all'osservazione del come lo sia, può essere rivolto a stabilire come si svolge questa sua particolare attività, che è tutta lui, che è ciò che ci interessa. Cogliere l'attimo vivo, abbandonarsi al fluire di questa vita, e risentirla in sé come qualcosa di solidamente compatto, che si impone all'ammirazione, che ci domina in quel momento, come fosse tutto il mondo, il solo mondo esistente ».
Ed ancora, altrove: « Trattandosi di un attore drammatico, ciò che importa è accertare se egli da attore è diventato artista, se veramente la sua umanità si distingue da quella degli infiniti altri mortali per la capacità di ricreare gli individui concreti che la fantasia degli scrittori crea, per la capacità di dimenticare in questa ricreazione se stesso come tal dei tali, per assorbire, assimilare ed esprimere integralmente tutti quegli elementi di individuazione concreta coi quali lo scrittore ha realizzato la sua intuizione drammatica ».
Loda l'attore, che non si dà a « montare le situazioni forte[...]
[...]abbia un minimo di dignità e di buon gusto, ha lo scopo di assicurare la funzionalità ininterrotta degli spettacoli; a tener « caldo », come si dice in gergo, « il locale », condizione prima perché i capolavori possano giungere al pubblico; Gramsci, nel suo realismo, ne aveva la perfetta comprensione.
La seconda parte di questa comunicazione riguarda l'atteggiamento di Gramsci di fronte al teatro considerato come fatto economico, con contributi ancora validi nell'attuale fase della vita teatrale italiana. Piú particolarmente ci riferiamo ad un gruppo di articoli che, scritti in occasione di una agitazione della categoria capocomicale contro gli esercenti di teatro, considera l'organizzazione pratica, cioè economica, del teatro come fatto avente fine in se stesso e per la sua influenza sull'espressione artistica.
La prefazione posta alla pubblicazione di Letteratura e vita nazionale avverte, per quanto riguarda le cronache e critiche teatrali, che esse offrono un quadro pressocché completo della vita teatrale torinese di quel periodo. In v[...]
[...]n periodo di grande prosperità economica per qualsiasi genere di spettacolo. Certo, i locali piú affollati erano i caffèconcerto, dove si river
sava la gente favorita dalle nuove e facili fortune di guerra e, durante la guerra, i privilegiati sottrattisi al servizio militare, spettacolo poco
edificante per i combattenti che venivano in licenza dal fronte (tanto che, dopo Caporetto, intervennero limitazioni e chiusure); ciò non pertanto restava ancora pubblico in abbondanza per gremire i teatri di prosa.
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In questo periodo si erano fatti piú frequenti e piú notevoli gli investimenti capitalistici nella formazione di compagnie drammatiche.
« Il teatro — si legge a p. 365 di Letteratura e vita nazionale — come organizzazione pratica di uomini e di strumenti di lavoro, non è sfuggito dalle spire del maelström capitalistico... l'industrialismo ha determinato le sue necessarie conseguenze. La compagnia teatrale, come complesso di lavoro retto dai rapporti che intercedevano nell'arte medioevale tra il maestro e i d[...]
[...]on un contratto tipo il dominio dei loro interessi sulle aziende capocomicali. Contro il trust SuviniZerboniChiarelliParadossi costituitosi sotto forma di Consorzio, la Lega dell'Arte Drammatica dette il grido d'allarme ai capocomici; e questi, appoggiati anche dalla Società degli Autori, trovarono il piú battagliero rappresentante dei loro interessi in Ermete Zacconi, proprietario della compagnia a lui intitolata.
Sull'Avanti! di Torino, prima ancora che questa lotta fosse impostata sul terreno economico, Gramsci aveva rilevato i pericoli del trust sul terreno culturale. « Torino — egli aveva scritto il 25 maggio 1916,
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sotto il titolo « Sfogo necessario » — è diventata una buona piazza per il trust che regola il mercato artistico italiano »; e quel che diceva era valido per quasi tutta Italia. « Il trust ha ammazzato la concorrenza, ha rotto la molla che costringeva a dare il meglio se si voleva molto pubblico, si è formata la palude, la marcita che favorisce prosperità ai girini e alle erbacce ». E qui, nel[...]
[...] attenzione su questi tre temi proposti da Gramsci: patti, ingerenze, repertori; poiché si tratta di una tematica quanto mai attuale per porre in discussione le ragioni che impedivano allora e tanto piú impediscono oggi — in una situazione nuova ma analoga — quella libertà del teatro che è condizione assoluta per la sua esistenza.
Quanto ai patti, salvo alcune clausole addirittura leonine da tempo
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superate, essi sono oggi ancora, sostanzialmente, quegli stessi del contratto tipo preparato a quel tempo dal trust degli esercenti e che costituiscono l'impalcatura della struttura economica del teatro italiano; il quale ha una delle sue principali cause di rovina nel regime contrattuale fra teatri e compagnie, fondato su due predisposti scompartimenti stagni dell'utile; che non va diviso, volta per volta, fra teatro e compagnia in ragione della loro partecipazione al costo del prodotto spettacolo, ma secondo una proporzione fissa fra teatro e compagnia, che mette, in ogni caso, il teatro al sicuro dei rischi, e tutti li a[...]
[...]che caudine del trust, l'organo milanese del Consorzio attaccò volgarmente l'artista, rimproverandole di « non fare interesse », di non rendere, cioè, tanto in quattrini, quanto ne rendevano le compagnie di pochades.
Per completare l'accenno al conflitto fra il trust degli esercenti ed i capocomici, che impegnò Gramsci a favore di questi ultimi, ricorderemo che, dopo un inutile convegno del luglio a Milano, di cui Gramsci parla negli articoli « Ancora i fratelli Chiarella », e « L'industria teatrale », fra esercenti capocomici ed attori, si formò, 1'11 ottobre 1917, presieduta da Zacconi, l'Associazione dei capocomici. La Lega degli Attori Drammatici, e cioè dei salariati dell'industria capocomicale, dette ai suoi datori di lavoro tutta la sua solidarietà nella lotta da essi impegnata contro il Consorzio: l'Argante fu per molto tempo l'organo ufficioso di Zacconi e per molto tempo fu tessuto l'idillio della collaborazione fra attori e capocomici, salariati e padroni. Sulla validità e continuità di tale collaborazione, gli attori ebbero pos[...]