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Il segmento testuale Anche è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 81Analitici , di cui in selezione 3 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Rutilio Cateni, Quella volta che venne il Federale in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 7 - 1 - numero 3

Brano: [...]ario: « Non vorrei andare ».
Ma la Pavana andò alla credenza, apri un cassetto. Prese il fez
nero e glielo mise in testa senza guardarlo.
« Vai — gli disse. Per la nostra casa, per il nostro campo... ».
Libertario, così vestito di nero, si sentiva pesare. E sentiva di recare offesa alla casa e alla Pavana che non osava di guardarlo.
« Non bere », disse lei sottovoce.
Libertario apri lentamente la porta e usci sulle scale. Era stanco. Una stanchezza fatta di noia. Gli occhi infossati, la barba nera di quattro giorni. Senti la voce della Pavana che diceva: «Buonanotte. Non ti posso accendere la lampada sulle scale. È fulminata ». Una voce che sapeva di nebbia. « Quanto siamo stanchi io e lei! », disse piano Libertario e pensò a tante cose e anche alla cena silenziosa che avevano consumata. Una di qua e uno di lá dalla tavola. Il rumore improvviso del pane fresco che si troncava, dell'acqua che scendeva nei bicchieri. Lei che metteva la minestra nel piatto. Il fumo odoroso della minestra e lei che troncava il pane. Lei che empiva i bicchieri. E, infine, il gatto che miagolava solitario. E anche la casa era stanca.
Sul pianerottolo del primo piano, c'era il vecchio. Il vecchio detto Giolitti, per i baffoni bianchi che aveva.
« Giolitti disse Libertario — date un'occhiata alla mia donna,
lassù. Io e lei siamo molto stanchi e io devo uscire ».
« Per gli ascari! — disse Giolitti — sei più nero del nero ».
È buio qui », fece.
«k la divisa », disse il vecchio.
« Ah! Questa qui... ».
« Ai miei tempi non si portava », disse Giolitti.
« Anche a me dá noia ».
« Fa sudare — disse Giolitti. — È una camicia di forza ».
« È puzzolente! », disse forte Libertario.
Giolitti mise il naso [...]

[...]a casa era stanca.
Sul pianerottolo del primo piano, c'era il vecchio. Il vecchio detto Giolitti, per i baffoni bianchi che aveva.
« Giolitti disse Libertario — date un'occhiata alla mia donna,
lassù. Io e lei siamo molto stanchi e io devo uscire ».
« Per gli ascari! — disse Giolitti — sei più nero del nero ».
È buio qui », fece.
«k la divisa », disse il vecchio.
« Ah! Questa qui... ».
« Ai miei tempi non si portava », disse Giolitti.
« Anche a me dá noia ».
« Fa sudare — disse Giolitti. — È una camicia di forza ».
« È puzzolente! », disse forte Libertario.
Giolitti mise il naso vicino alla sahariana.
QUELLA VOLTA CHE VENNE IL FEDERALE 105
« E vero. Puzza ».
Libertario cominciò a scendere le scale. Tuttavia disse ancora al
vecchio: «Puzza di cane bastardo! ».
E il vecchio dall'alto gli gridò: « Puzza di canaglia! ».
« Ma io la devo portare — disse Libertario — io ho una casa e
un campo... ».
«Non importa. Ma sei italiano? Sei per l'Italia? ».
Libertario era al pianterreno e disse nella tromba delle scale: « Io
sono pe[...]

[...]nterreno e disse nella tromba delle scale: « Io
sono per la mia casa, per il mio campo e per la mia donna ».
E il vecchio disse: « E codesta non è l'Italia? che cosa credi che sia l'Italia? Io ho girato un po' il mondo, ho visto tutto così: una casa, un orto... ».
Poi Libertario fini di scendere l'ultimo gradino e non senti piú nulla, ma la voce tremante del vecchio Giolitti rimbombava ancora nella tromba delle scale. Diceva che l'Italia era anche una donna oltre che un orto e un campo. Una Pavana dentro a una casa. Una Pavana che nessuno offendeva.
E la Pavana senti il suo nome e si affacciò sull'uscio di casa. Disse: « Mi chiamate, Giolitti? ».
« Dicevo che una donna come . te può essere l'Italia ».
« Ah! — fece lei — Un'Italia povera e stanca... ».
«E Cristo non era tutto pelle e ossa? Non era povero e stanco? », disse il vecchio.
« Ma si fece buggerare e si fece ammazzare ».
« Ma poi risuscitò — disse il vecchio — e fece tanti miracoli ».
« E i miracoli li ha mangiati il vento » disse la Pavana.
« Il vento non può mangiare [...]

[...]e miracolo che ci sia. La terra é più bella del mare, del cielo e del Paradiso. E c'è gente che la insulta! ».
« Io no! — disse lei — Io non la insulto di certo. Per me la terra é pane! ».
« E l'Italia cos'è? — disse Giolitti. — E tutta campi e orti... ». Ma la Pavana non sapeva capire quelle cose e allora si trovò sconcertata.
106 RUTILIO CATRNI
« Sara così », disse ed entrò nuovamente in casa senza sapere perché lei poteva essere l'Italia. Anche il vecchio entrò nella sua casa perché la nipote Regina, sbucata per caso, lo stava tirando per un braccio.
«Che c'é, piccoletta? », disse.
« La cena », disse Regina. Dalla casa veniva un adore di minestra calda.
« Minestra di manzo? », disse il vecchio.
« Fagioli e patate ». Il vecchio Giolitti fece un sospiro.
Libertario camminava spedito verso la casa del fascio. Molta gente era chiusa dentro le case. Non sapeva niente della visita del federale. E lui, invece, doveva andare perché sapeva che il federale sarebbe venuto e avrebbe fatto una lunga predica.con la voce arrabbiata. Eppure, a[...]

[...] l'orgia notturna ».
Bucaneve ridacchiò e osservò che l'orgia è la virtù dei grandi e
degli eletti. Sulla storia romana c'è un'orgia dietro l'altra.
Libertario non sentiva. Aveva gli occhi addosso a Mangione. Sen
tiva il cuore battere forte e il sangue correva su e giù per le vene.
Una cosa che faceva impressione. Mangione se ne accorse e cercò di
non guardarlo, ma Libertario insisteva. Lo seguiva da ogni parte. An
che dietro l'albicocco. Anche dietro il muro di cinta. Allora, Man
gione si fece coraggio e gli si avvicinò. Gli parlò con voce calma,
suasiva. Da angelo custode.
« Tu l'hai con me! » disse Mangione. Libertario non rispose.
« Fu uno scherzo — disse Mangione — uno scherzo e nulla più,
te lo posso giurare. Tua moglie non l'ho neppure toccata ».
« Gli hai anche sputato addosso! » disse Libertario. II fiato alla gola
lo strozzava.
Mangione avrebbe avuto piacere che questa frase non fosse stata
detta ad alta voce. Così. Di fronte agli altri. Ma tant'è. Bisognava ri
mediare.
« Queste donne che inventiva! — disse — La Pavana mi dette un
bicchiere d'aceto e io sputai fuori dalla finestra ».
« Io ho del vino buono », fece l'altro.
« Tua moglie sbagliò il fiasco ».
« Maiale! » disse Libertario.
Mangione gironzolò. Fece finta di nulla. Scambiò quattro chiacchie
108 RUTILIO CATENI
re con un tale che si chiamava Lentini. Libertario stava per andar[...]

[...]otore, si allargò la giubba di pelle e disse di tenersi pronti: la macchina del federale aveva lasciato la strada cilindrata e stava dirigendosi verso il paese a velocità moderata. Tutti zittirono. Allora Mangione disse:
« Il gagliardetto. Presto! Fate presto! » Bucaneve si mosse come un fulmine e andò a prendere il gagliardetto. Tornò quasi subito.
« La bandiera! » urlò Mangione.
Bucaneve consegnò il gagliardetto a un tale e corse a prendere anche la bandiera.
La motocicletta si allontanò rombando.
Disse Quattro Tèmpora: «Peccato che il federale non abbia voluto una bella adunata coi fiocchi! La serata è bella. Avremmo fatto una bellissima figura ».
Mangione disse che bastavano loro. La crema del paese. Allora, Quattro Tèmpora, squadrò bene tutte le teste intervenute e si considerò capo spirituale di quella claque.
Intanto si misero in fila indiana e aspettarono impazienti l'arriva del federale. Le sigarette bruciavano l'aria. Quattro Tèmpora si mise accanto a Libertario perché non commettesse qualche sciocchezza.
La voce di un uo[...]

[...]se. Allora, Quattro Tèmpora, squadrò bene tutte le teste intervenute e si considerò capo spirituale di quella claque.
Intanto si misero in fila indiana e aspettarono impazienti l'arriva del federale. Le sigarette bruciavano l'aria. Quattro Tèmpora si mise accanto a Libertario perché non commettesse qualche sciocchezza.
La voce di un uomo (doveva essere quella di Lentini) disse: « A me le visite pastorali mettono sempre un tremore addosso ».
« Anche a me — disse un altro. — Ma è questione della prima impressione. Quando si è baciato l'anello, tutto finisce ».
« Che anello! — disse Bucaneve. — Non è mica un arcivescovo! ». «Portavo un paragone », disse quell'altro.
QUELLA VOLTA CHE VENNE IL FEDERALE 109
Finalmente stava arrivando l'automobile. Era una vecchia « Ba
lilla ». A prima vista sembrava che reggesse l'anima coi denti.
« Eccola! — disse Mangione — state pronti! ».
Difatti l'automobile svoltò e inforcò direttamente la via del paese. Pareva che lasciasse una scia di fumo. Invece era polvere sollevata
dall'impeto della corsa. [...]

[...]ato.
« Dico a voi, segretario politico! » urlò il federale.
« Nessuno » disse allora Mangione con un gentile soffio di voce.
Il federale, di fronte a questa laconica risposta, s'incattivì. Gli occhi gli diventarono gialli come tuorli d'uovo. Era la bile che faceva il suo corso. « Mi fate schifo tutti quanti! — disse. — Siete una massa di smidollati! ».
La stanza rimbombava. « Siete una massa di somari! ».
Mangione si fece piccino piccino: « Anche qui c'è da lavorare.. Siamo gente operosa ».
« Gente inutile! » gridò il federale. — Gente che si sta a grattare
i coglioni dalla mattina alla sera. Che cosa ci fate qui, tappati in questo paese? In questo paese puzzolente? Bisogna andare dove la Patria chiama ».
« Ci andremo » disse Mangione per consolarlo.
« Alzi una mano chi vuol partire! ». Ma nessuno alzò una mano. « Fiato sprecato! » disse il federale sudando.
QUELLA VOLTA CHE VENNE 1L FEDERALE 111
« Parlate più piano, federale. La gente si impaurisce... » azzardò Bucaneve.
Il federale cominciò a parlare più calmo per via del sud[...]

[...]ata — disse il federale. — E una domanda originale e interessante ». Libertario andò li, davanti al federale. Fece il saluto romano. «Riposo! » disse l'altro. E lui rimase sull'attenti e fissò intensamente e senza paura gli occhi di Mansione. Tutti capirono il perché di quella domanda. Erano li. Incantati di vedere Libertario che aveva chiesto la parola, che si era staccato dal loro gruppo ed era distante quattro passi da loro. Già una barriera. Anche Quattro Tèmpora disse: «Però é coraggioso ». Ma Bucaneve si sentiva rodere dentro e Mangione tremava impercettibilmente, con la paura addosso che lo ghiacciava.
«Allora? » disse il federale, bonario.
« Ecco... » Non trovava le parole adatte. Si sentiva confuso. Eppure vedeva negli occhi di Mangione (ah! com'erano quegli occhi!) l'immagine piangente e indifesa della Pavana. La carne di lei. L'ombelico. Il pube... Tutti aspettavano con ansia che lui continuasse a parlare. E allora si fece forte e disse nel grande silenzio: « Signor federale, quanti anni di galera diamo a quel farabutto di Man[...]

[...]cate all'anima e alla carne.
Qualcuno lo prese per le spalle, dolcemente. Gli sussurravano parole e parole. Lo misero in un angolo e lo dimenticarono. Il federale riattaccò discorso con . gli altri. Un discorso feroce. Africa, Addis Abeba, Negus Neghesti. Ma poi la stanza si vuotò. Un'automobile portò via il federale (forse la Pavana, dalla finestra, vide la strada cilindrata illuminata dai fanali).
Rientrarono quasi tutti nel grande stanzone. Anche questa volta ignorarono Libertario. Parlarono un poco di lui. Così. Di sfuggita. Poi la bocca di Mangione si aperse. Disse: « In Abissinia ci manderemo Libertario ». E nessuno pensò di ridere. Anzi Quattro Témpora disse: « Volontario ». E fece un poco di rima.
RUTILIO CATENI



da Giovanni Pirelli, Questione di Prati in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 5 - 1 - numero 38

Brano: [...] irritò Salomone Croux. « A questo mondo c'è chi è capace di ragionare e chi non lo è », disse, volgendo, poiché era strabico, un occhio a César Borgne e uno al ragazzo Attilio. « Se hai un prato, sai cos'è. E un prato. È li. Non si muove. Non diventa più grande ma nemmeno diventa più piccolo. Quest'anno ci hai fatto tre fieni. L'anno venturo ci fai tre fieni. Tutti gli anni ci fai tre fieni. Più buoni, meno buoni, sono sempre tre fieni. Venisse anche il diluvio universale, quando l'acqua scola via cosa trovi? Il tuo prato. Questo, nella mia testa ignorante, è un prato ». Parlava lentamente, teneva la mano destra aperta con il palmo all'insù e le dita allargate come vi reggesse il prato, la fissava compiaciuto come se le fienagioni vi si susseguissero l'una via l'altra. Quindi chiuse la mano destra a pugno per significare che il prato non c'era più e dischiuse la sinistra sollevandola a scatti come vi facesse saltare monete. « E il danaro? Cos'è il danaro? Guardate quella bottiglia. E o non è piena di grappa? ».
César Borgne non voleva mo[...]

[...]n avanti fino a che i suoi occhi strabici non furono a un palmo dalla bottiglia. « È vuota! ». Sollevò la bottiglia contro l'orecchio, la scosse. « Vuota », confermò. « Com'è come non è, poco fa era piena sino al collo e adesso non ce n'è nemmeno una goccia per inumidire le labbra. Così, signori, è il danaro. Esattamente così ». Con una smorfia di sprezzo depose la bottiglia sul tavolo, riportò soddisfatto il busto all'indietro chiudendo a pugno anche la mano sinistra.
« Al diavolo », imprecò César Borgne. « Prendo fuori una bottiglia di grappa, la prendo per festeggiare e tu, sacrenom, me l'adoperi per i tuoi stupidi esempi. Mi hai fatto passare la voglia ». Allontanò da sé la bottiglia. « Me la sento sullo stomaco anche solo a guardarla ».
«Meglio così », disse Salomone Croux. «Per me la grappa è veleno. Mi dá bruciore di stomaco ».
« E invece no, la beviamo », disse César Borgne. « E sai alla faccia di chi? Alla faccia degli invidiosi ». Mise tra i denti la fettina di tappo che emergeva dal collo della bottiglia, strinse, fece ruotare il vetro. Con un rumore di rutto il tappo si staccò dal vetro. César fece scarrere due bicchieri da vino lungo il piano del tavolo, uno verso Salomone che gli stava di fronte, uno verso il ragazzo Attilio che gli stava di fianco. Li riempi, riempi il proprio bicchiere. Era u[...]

[...]ando il bicchiere all'altezza degli occhi.
« Alla faccia loro », disse prontamente Salomone Croux alzando il bicchiere.
« Alla faccia », disse il ragazzo Attilio alzando il bicchiere e guardando con insolenza la faccia di Croux.
II
«Mon djeu me », disse Salomone Croux. Si batté ripetutamente il
petto. Teneva la bocca spalancata, ne gettava fuori buffate di alito.
« Sessanta gradi, non uno di meno ».
César Borgne rise. « Sessanta? ».
Rise anche il ragazzo e ripeté: « Sessanta? >.
76 GIOVANNI PIRELLI
« Sessantacinque? », disse Salomone Croux.
« Sessantacinque? », disse César Borgne, strizzando l'occhio al ragazzo Attilio. Attilio era felice.
«Settanta? », disse Salomone con il tono di chi ha raggiunto un limite oltre il quale non è disposto nemmeno a un atto di fede.
« Settanta! Dice settanta! » Ogni rughetta del viso di César sprizzava allegria. « Settantacinque gradi, amico mio. Settantacinque come è vera che sono qui che ti parlo. Parola di César Borgne ».
« Troppi », disse seccamente Salomone. « Fino a sessanta, a sessantac[...]

[...]na. Che uomo è? Non è un uomo. Una donna non è. Cos'è? È un rospo. Prendi un rospo, guardagli sotto la pancia e provati a dire se è maschio o femmina. È un rospo ma se fosse una rana sarebbe lo stesso. Con tutto ciò, se Salomone se ne fosse andato, César si sarebbe infuriato. A uno che ha venduto il suo prato non si dice peccato, non si parla di disgrazia senza nemmeno sapere a quanto è stato venduto; senza spiegare perché.
Fortunatamente c'era anche il ragazzo Attilio. Attilio aveva pensato. La cosa era del tutto inconsueta. Di regola il ragazzo Attilio ascoltava César, gli dava ragione e basta. « Si, la gente chiacchiera », disse. « Chiacchiera per invidia. Se lo sognano un affare così. No, non sono neanche capaci di sognarselo ». Era un fraseggiare imparato da César.
« Tu di affari te ne intendi come te ne intendi di donne », disse Salomone. Era contento che il ragazzo avesse riportato il discorso sull'affare del prato. Lo provocava appunto per farlo parlare.
Attilio arrossi. « Ne so un bel po' più di te », disse. « A me César dice sempre tutto. Sa che di me si può fidare ».
Salomone staccò la mano da sopra il bicchiere, ma solo per un momento, solo per agitare un dito nell'aria. « No, non ci credo. Un uomo parla di affari solo con un altro uomo ».
Era un'aperta provocazione. « Infatti », r[...]

[...]era esacerbato. Da come Salomone poneva le domande si capiva che era convinto solo a metà. « Chi la guida? L'autista! L'autista che César fa venire da Torino. Cosa credi, che César non abbia i soldi per pagarsi l'autista? L'autista avrà una livrea blu con bottoni d'oro, berretto e guanti. Sul berretto avrà scritto in oro: César Borgne, come sul berretto dell'autista del Royal c'è scritto: Hotel Royal ».
QUESTIONE DI PRATI 81
Era troppo, troppo anche per un uomo forte, duro, tenace quale César. Premette il ventre con entrambe le mani, disse con voce supplichevole: « Basta, basta, non ne posso più ». Ed esplose. La grande bocca si spalancò con una secca detonazione seguita da un rovinare di risa miste a singhiozzi. Il busto gli si rovesciò indietro contro lo schienale della panca. Di li, con un contraccolpo, si ripiegò in avanti fino a toccare con la fronte il piano del tavolo. Tra uno scroscio e l'altro emetteva, nel tentativo di prendere fiato, fischi aspirati, striduli e acuti, irresistibilmente comici. Salomone non ebbe tempo di sentir[...]

[...]. Si rovesciò in avanti, come già César, sussultando e gemendo. L'esplosione di Salomone investi a sua volta César, il cui busto tornò a rovesciarsi all'indietro. Tentò di mantenere quella posizione, di riprendere fiato, di calmarsi. Inutile. Lo spettacolo di Salomone, il contegnoso Salomone in preda a un incontrollabile accesso di risa, era irresistibile, per César, quanto per Salomone il fischio aspirato di César che tentava di prendere fiato. Anche Salomone si sforzava di frenarsi, di calmarsi. Pensava a sua moglie morta, pensava a com'era brutta quando l'avevano messa dentro la bara. Inutile, tutto inutile. In questo trascinarsi a catena la risata montava, si dilagava, raggiungeva proporzioni assurde rispetto al motivo che l'aveva originata. « Basta, basta », supplicava l'uno. « Smettila, sacrenom », imprecava l'altro. Se poi i loro sforzi combinati sortivano l'effetto che l'uno e l'altro accennava a quietarsi, bastava che i loro occhi umidi s'incontrassero perché il riso inesauribile, riprendesse a sgorgare. Tra i due, offeso, torvo, [...]

[...], valeva la pena, una volta tanto, di bere. Scolò il resto della grappa e ruttò con soddisfazione.
« Ricomperare il mio prato? », disse César. « E impossibile ».
« Se le cose stanno così, vuol dire che ha fatto non un cattivo, ma un pessimo affare ».
« Non è questo che voglio dire. E che il prato l'ho venduto. Ho già firmato il compromesso ».
« Sei un bel tipo », disse Salomone. « Come potresti ricomperarlo se non lo avessi venduto? ». Rise. Anche il ragazzo Attilio rise. Teneva apertamente per Salomone. Poiché César era troppo impegnato a pensare, Salomone riempì il suo bicchiere e il proprio.
« E a me? », disse il ragazzo Attilio.
Salomone riempì anche il bicchiere del ragazzo Attilio. « In concreto », disse. « Vai a Biella da quel tuo Marconi, o Maltoni che sia, gli metti il mezzo milione sul tavolo e dici: `Vi dò indietro il vostro mezzo milione, voi mi date indietro il mio prato'. Quello è un industriale e i conti li sa fare. Se accetta, vuol dire che aveva fatto un affare cattivo. Tu, in questo caso, hai la soddisfazione di sapere che avevi fatto un buon affare ».
« Ma se l'affare era buono perché devo ridargli i quattrini? ».
« Oh Dio », si spazientì Salomone, « pretendi troppo. Se non hai la prova come puoi sapere se l'affare era bu[...]

[...]e, quattro regalini. E che da due Natali le bambine aspettavano un Bambino Gesù che non veniva. L'imprudenza era stata di far arrivare questo Bambin Gesù adesso, in febbraio, con dieci mesi di anticipo. Di anticipo? 'Perché', aveva detto Ines, la terza, `il Bambin Gesù arriva così tardi ?'. Per sé, una cravatta. Ne aveva bisogno? Che diamine, doveva fare spese per tutti e per se stesso niente? Ancora giù, ad Aosta, incontra due cugini di Valtournanche. Quanto tempo che non ci si vede, come mai da queste parti, sai che lo zio tale si é preso una brutta malattia, ricordi la vedova talaltra?, s'é risposata con un brigadiere della Finanza, i prezzi del fieno, delle patate, del vino, i prezzi di tutto, le tasse... pago io (erano finiti, naturalmente, all'osteria), eh no, non mi fate questa offesa, oggi no, un'altra volta, oggi pago io... Era dovuto andare al cesso a sfilare fuori un altro bigliettone perché le poche centinaia di lire che avanzavano del primo non erano sufficienti per pagare i due fiaschi più il mezzo litro di giunta. Arriva sù [...]

[...]si é buttato nella Dora ».
« Povero Eliseo », disse il ragazzo Attilio.
« E Brunod? Ti ricordi la notte in cui bruciava il fienile di Brunod? ».
« Di Luigino Brunod? », disse il ragazzo Attilio.
« Non c'era uno che non giurasse che il fuoco gli avrebbe preso tutto, fienile e casa. Che fuoco! Invece la casa si é salvata. È vero che per rifare il fienile ha dovuto ipotecare la casa. Però, dico io, gli é andata bene. Sinceramente, mi auguro che anche a César vada bene. Bevo a che gli vada bene », concluse, levando il bicchiere.
« A che gli vada bene », disse il ragazzo Attilio levando il bicchiere. Bevvero. Il solo César non bevve. Non beveva e non parlava. Salomone ed il ragazzo Attilio bevevano e parlavano tra loro come se l'altro non esistesse.
« Io un prato ce lo avrei », disse Salomone, « come quello che César ha dato via. Quanto sarà stato il prato di César? Se non sbaglio (é difficile che sbagli) milletrecento metri quadri. Il mio é milledue e rotti. Poca differenza. Per il resto é identico, prende lo stesso sole, prende acqua da[...]

[...]bia di matti. Rimase con le natiche e le mani sull'orlo della panca, pronto allo scatto. Misurava la distanza fra sé e la porta, non perdeva una mossa di César.
E allora, Attilio ? », disse Salomone. Si pizzicava il pantalone all'altezza del ginocchio, scuotendo la testa. Fingeva di crucciarsi per i suoi pantaloni senza piega. « Cosa aspettiamo a togliere il disturbo al
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signor Borgne? E alla signora Claretta? Quanta strada anche Claretta, eh? La ricordo quando ancora era la più povera, la più disgraziata tra le mucche di mia conoscenza. E adesso non conosce più fieno, conosce solo biglietti di banca ».
Era troppo. César si volse. Aveva il viso paonazzo, il collo gonfio e le mani che tremavano. « Fai il furbo, vero? Speri che. te la venda per quattro soldi? Bene, puoi togliertelo dalla testa. Non te la vendo. Non la vendo a nessuno e tanto meno a te ».
« Ti credo », disse Salomone. « Per poco che te ne intendi di mucche, sai che sarebbe fatica sprecata. Ha anche rifiutato il toro, il mese scorso, o confondo con un'a[...]

[...]e di mia conoscenza. E adesso non conosce più fieno, conosce solo biglietti di banca ».
Era troppo. César si volse. Aveva il viso paonazzo, il collo gonfio e le mani che tremavano. « Fai il furbo, vero? Speri che. te la venda per quattro soldi? Bene, puoi togliertelo dalla testa. Non te la vendo. Non la vendo a nessuno e tanto meno a te ».
« Ti credo », disse Salomone. « Per poco che te ne intendi di mucche, sai che sarebbe fatica sprecata. Ha anche rifiutato il toro, il mese scorso, o confondo con un'altra tua mucca? Comunque non c' da impressionarsi. II macellaio la prenderà. Il macellaio non ci rimette mai. Cornpera tanto al chilo, rivende tanto al chilo, osso compreso. Attilio, non conosci per caso un macellaio onesto? Non vorrei che il povero César si facesse fregare anche sul peso di Claretta ».
« Non la dò al macellaio. Non la dò a nessuno ».
« Oh, la tieni? Credevo che non volessi più saperne né di prati né... ».
« No, non la tengo », disse cocciutamente César.
Salomone sollevò il cappello per grattarsi il cranio, alzò le spalle, inarcò le sopracciglia. Guardava interrogativamente il ragazzo Attilio. « L'ammazza », bisbigliò il ragazzo Attilio al quale la paura suggeriva prospettive sanguinose.
« Sissignore », disse César, « l'ammazzo ».
« Come credi che l'ammazza? », bisbigliò Salomone.
« Con il coltello », bisbigliò il ragazzo Attilio. Il solo pensi[...]

[...]a. Con le mani le stringeva il collo, con le gambe i fianchi. Un cedimento delle zampe posteriori lo scaraventava fin sul deretano della mucca, un contraccolpo lo rimbalzava con il viso tra le corna. Era tanta la paura di finire a terra che, se gli fosse stato possibile, si sarebbe buttato. Non era possibile. Tra la rotondità del ventre della bestia ed i muri del vicolo vi era uno spazio di pochi palmi. Se fosse stato pássibile, avrebbe gridato. Anche questo gli era impossibile. La paura lo soffocava. Quando, superato un ostacolo e riavutosi un poco, apriva la bocca, una nuova emozione — un sobbalzo più forte, lo spigolo di una casa, il buco d'ingresso di una stalla seminterrata, un trave sporgente da un muro — gli frantumava il grido in gola. Una sola volta, chissà come, gridò. Fu quando gli si parò innanzi, basso, nero e minaccioso, l'arco di pietra che copre il passaggio dal vicolo alla piazzetta della chiesa. « Mamma », gridò, appiccicò il viso al collo della mucca e chiuse gli occhi, certo di dover morire.
Quando li riapri, si trovò [...]

[...]h, oh ». La mucca non si lasciò incantare. « O000h », fece César e tirò la catena con quanta forza avevá. La mucca non si mosse un solo palmo. « La banda! », gridò César. « Cosa fa la banda? ».
Salomone sussultò. Seduto sul ghiaccio accanto al lavatoio, la testa ciondoloni sul petto, stava per assopirsi. Saltò su come un automa, apri le braccia, le riunì sbattendo clamorosamente le padelle. Come' già nel vicolo, davanti alla casa di César, così anche adesso la mucca ebbe un sobbalzo. Perduta la sua rigidezza, si trovò a cedere alla forza della catena. Una volta posati gli zoccoli sui primi gradini, prese a salire volonterosamente benché la scala s'avvitasse ripida e stretta. César, precedendola e guidandola, si studiava di illuminarle il cammino lasciando quanto più possibile in ombra il buco centrale lungo cui penzolava la corda della campana. Saliva così bene, quella brava bestia, che sarebbe stato peccato
QUESTIONE DI PRATI 97
se le fossero venuti brutti pensieri. Dietro di lei, distanziato di alcuni gradini, avanzava Salomone. La me[...]

[...]ra era quanto occorreva perché la bestia procedesse con la voluta continuità.
Fermo e rigido nello stesso punto dove, all'inizio, s'era irrigidita la mucca, stava il ragazzo Attilio. Sperava che lo chiamassero. Ma poiché nessuno pareva ricordarsi di lui, gridò su: a Io vado a letto. Non salgo. Non mi va di salire ».
« Vva, vva a ppiangere in brbraccio a quella vvacca », gli gridò, dall'alto, Salomone.
La provocazione fu più forte della paura. Anche il ragazzo Attilio prese a salire. Aveva l'animo oppresso da tristi presagi. Saliva piano, con il cuore in bocca, incespicando ad ogni gradino poiché, trovandosi distanziato dagli altri, la luce della lanterna gli giungeva estremamente fioca. Però saliva. « Ma perché, César, perché non dici cosa vuoi fare? », implorò. Non ebbe risposta alcuna. « Se finisce male », disse, « l'avrai voluto tu ». Ancora non gli badarono. « Cosa credete, che io abbia paura? » Aveva adottato il sistema di salire a quattro zampe. Era un sistema molto più redditizio. Verso la metà della rampa era quasi a ridosso di [...]

[...]eggiò. Di traverso la finestra contro cui terminava l'assito c'era una sbarra in ferro infissa nella pietra a mezzo metro dal suolo. La scavalcò
QUESTIONE IDI PRATI 99
all'indietro. Si trovò la fronte ossuta della bestia che gli premeva lo stomaco e lo spingeva nel vuoto. La mucca non aveva intenzioni aggressive. S'era intestardita a sistemarsi con le quattro zampe sull'assito e per far questo le occorreva tutto lo spazio. Era forte, César, ma anche la bestia era forte e in posizione migliore. La lotta, in effetti, non durò che pochi istanti. Il tutto, dacché il frastuono della padella precipitata in fondo al campanile aveva imbestialito Claretta, era durato meno di mezzo minuto.
X
«Oh! », chiamò Salomone Croux dalla fine della rampa. I minuti passavano, c'era buio e silenzio, solo un lieve chiarore, dall'esterno, lasciava intravedere il posteriore della mucca che ostruiva lo sbocco. Salomone si sedette. « Oh! ». Nessuna risposta. Rise: « Cchissà ccosa diavolo ccombina ».
Uno scalatore, un capocordata che venga a trovarsi in difficolt[...]

[...]ca che ostruiva lo sbocco. Salomone si sedette. « Oh! ». Nessuna risposta. Rise: « Cchissà ccosa diavolo ccombina ».
Uno scalatore, un capocordata che venga a trovarsi in difficoltà quand'è in parete, due cose non deve fare: non deve guardare giù e non deve gridare. César Borgne non aveva guardato giù e non aveva gridato. Aggrappato saldamente alla sbarra di ferro, il corpo penzoloni nel vuoto, annaspava con i piedi alla ricerca di un appiglio, anche piccolo, su cui poggiare almeno la punta degli scarponi. Ne trovò uno insperatamente comodo. Senonché, non appena riversatovi sopra una parte del peso, l'appiglio cominciò a muoversi. Era la lancetta lunga dell'orologio del campanile. La lancetta, che segnava le meno dieci (mancavano dieci minuti alla mezzanotte), prese a spostarsi all'indietro, cioè in giù. L'orologio batté i tre quarti. La lancetta seguitò a scendere fino a trovarsi in posizione verticale. L'orologio batté la mezza. I piedi di César tornarono ad annaspare nel vuoto.
« Ah, ah », scoppiò a ridere Salomone, sentendo battere, [...]

[...]cava molta energia mentre la sua antagonista non ne sprecava affatto. C'era poi l'aggravante di una sbornia che riguardava lui, non la mucca. Sentiva spossatezza alle braccia e un certo tremito che dal calcagno gli saliva al ginocchio. Brutta faccenda quando uno impastato in parete comincia ad avere il tremito alle ginocchia. È segno che sta perdendo il controllo dei nervi. Allora capi di essersi cacciato in un guaio di quelli per i quali si può anche crepare. Improvvisamente ebbe molta paura.
«Oh! », chiamò.
« Oh », disse Salomone, dalla fine della rampa. « Ffinalmente! ». « Sono nei guai », disse César. Gli seccava dire di piú. « Salomone? ».
« Oh », disse Salomone.
« Tira indietro la mucca ».
«Pperché? Ccosa c'è? ». Più che non dalla situazione che non tentava nemmeno di spiegarsi, Salomone era sconcertato dalla strana voce che di lontano gli giungeva all'orecchio. Era la voce di un altro. Chi poteva essere quest'altro? E César, dove si era cacciato costui?
« Ho freddo », disse il ragazzo Attilio. « Io me ne vado. Vado a letto ». [...]

[...]paura, disponeva di una forza incredibile. Se retrocedeva un palmo o due trovava modo, con un colpo di reni, di ributtarsi in avanti. Al termine della spinta in avanti urtava le mani di César avvinghiate alla sbarra di ferro. La campana batteva cupi rintocchi, César urlava: « Assassini! Porci! Vi ammazzo! ».
Laurent Pascal era davvero un tipo deciso. Abbandonò la coda della mucca e disse: « Bisogna abbatterla. Presto, fate portare una scure ».
Anche gli altri mollarono la presa. Fu passata parola di portare una scure.
«E come l'abbatti? Dal sedere? », disse l'anziano Luigino Brunod. Laurent Pascal alzò le spalle.
« Di chi è la mucca? », disse ancora Luigino Brunod. « Di César? ».
«Tu cosa faresti? », disse, cedendo al dubbio, Laurent Pascal.
Luigino Brunod non sapeva cosa avrebbe fatto. Nessuno lo sapeva. Abbattere una mucca cominciando dal sedere? Abbatterla senza il con senso del padrone? Una mucca non è un cane, una gallina, un coniglio. È un patrimonio. Riconsiderata l'iniziativa sotto questo punto di vista, nessuno, nemmeno Laur[...]

[...]bbandonato la presa. Non si era ancora voltato ma sentiva un brusio di voci montare dalla piazza. Sapeva cosa significava. Significava che tutto il paese era li ad assistere alla sua morte, che l'attendeva. Perciò gli toccava morire. Al mattino di quello stesso giorno era ad Aosta, nello studio del dottore commercialista, e firmava il compromesso per la vendita del prato; a mezzoggiorno era in un'osteria a far chiacchiere con i cugini di Valtournanche (lo zio tale che si è preso una brutta malattia, la vedova talaltra che ha sposato uno della Finanza, i prezzi, le tasse); a sera era in casa con la moglie che parlava di vipere (hanno sempre presentimenti, le donne, maledette loro) e le bambine che si contendevano i regali del Bambin Gesù; un'ora fa beveva e spaccava bottiglie; adesso, chissa perché, doveva morire. Chissa perché. Perché era un disgraziato, ecco tutto. Nato disgraziato, vissuto disgraziato, morto disgraziato. Non poteva capitare a Salomone di salire davanti alla mucca? Certo. Bastava dirglielo. Invece a Salomone capitavano tu[...]

[...] disse Luigino Brunod: « Chi ha un fazzoletto pulito? ». Nessuno lo aveva. Un ragazzino parti alla ricerca di un fazzoletto pulito.
Salomone », sospirò César. « Salomone ».
Lo andarono a prendere. Salomone Croux era ancora in cima alla rampa del campanile, pieno di paura. La morte inaspettata della mucca lo aveva sconvolto. Si lasciò condurre abbasso, riluttante e al tempo stesso rassegnato come fosse tra due carabinieri. Dietro Salomone venne anche il ragazzo Attilio pallido come un cencio. La cerchia intorno a César si apri per lasciarli passare.
César socchiuse un occhio su Salomone, lo richiuse, scosse debolmente la testa. « Chi lo avrebbe mai detto », sussurrò sconsolatamente.
« Io te lo avevo detto », reagì Salomone. Parlava forte perché tutti lo sentissero. La paura gli aveva fatto sloggiare la sbornia. Il trovare César ancora vivo gli faceva sloggiare la paura. Tornava ad essere l'uomo diffidente e calcolatore di sempre. « Io te lo avevo detto di non fare pazzie. Ti avevo detto che finiva male ».
« Male. Oh si. Male », si lame[...]

[...]nte e calcolatore di sempre. « Io te lo avevo detto di non fare pazzie. Ti avevo detto che finiva male ».
« Male. Oh si. Male », si lamentò César. « Bevi, Salomone, bevi alla salvezza della mia povera anima ». Apri un occhio. « Bevi, ti dico ».
Salomone non poté fare a meno di portare la bottiglia alle labbra. Il solo odore della grappa lo nauseava. « Su, bevi », disse César. « Ancora. Bravo. Sei un amico. Adesso fa bere me ». Bevve e disse: « Anche tu, Attilio, povero ragazzo, bevi anche tu ». Attilio scoppiò in singhiozzi. « Bevi, fagiano ». Attilio bevve un sorso e all'istante vomitò. « Su, fatemi bere. Ah, amici miei, chi lo avrebbe mai detto? ».
Fu portato il fazzoletto pulito. Luigino Brunod se lo fece dare e si chinò su César per pulirgli la bocca. César, con un gesto della mano, lo respinse. Disse: « Salomone ».
«Si?».
« Hanno ammazzato la mia mucca? ».
« Si ».
« Non dovevano. Non dovevano ammazzare la mia mucca. Povera moglie mia. Senza uomo. Senza prato. Senza mucca ». Una lacrima gli spuntò sulle ciglia.
« Tua moglie può sempre andare dall'industriale di Biell[...]

[...]«Si?».
« Hanno ammazzato la mia mucca? ».
« Si ».
« Non dovevano. Non dovevano ammazzare la mia mucca. Povera moglie mia. Senza uomo. Senza prato. Senza mucca ». Una lacrima gli spuntò sulle ciglia.
« Tua moglie può sempre andare dall'industriale di Biella », disse Salomone. «Quando l'industriale saprà che tu... mi capisci?... non sarà.
QUESTIONE DI PRATI 109
tanto crudele da non ridarle il tuo prato. Glielo darà in ogni caso. Voglio dire: anche se l'affare che aveva fatto era buono ».
« Mia moglie dovrebbe rompergli il muso », disse César stringendo il pugno sanguinolente. Allentò la stretta, scosse la testa. «Non è bene, no, non è bene che una donna rompa il muso a un uomo. Fammi bere ». Bevve e disse: « Non è bene, no. Meglio dare il danaro a te».
« Il denaro a me ? », disse Salomone. « Io non voglio danaro ».
« Ahi », si lamentò César. « Muoio, Salomone, muoio. Svelto, fammi bere ».
« Perché il danaro a me? », disse Salomone.
« Bevi, Salomone, bevi. Tu fingi di bere. Tu non bevi. Oh, bravo. Quel prato, sai?, che mi volevi da[...]

[...]ulla neve. Si bagnavano, si gualcivano.
«Novecentomila », fini di contare il ragazzo Attilio.
« I due prati e una manza », disse in fretta Salomone. « Per novecentomila i due prati e una manza ».
« Dillo a mia moglie, Attilio. Diteglielo tutti », disse César con un filo di voce. « Con chi le pare. Non con Salomone Croux ».
Il ragazzo Attilio riprese in mano le banconote. Salomone gridò con voce stridula: « E va bene, prenditi tutto, prenditi anche il mio cappello. Vuoi anche il mio cappello? ». Solo allora s'accorse di essere senza cappello. Si fissò in un atteggiamento ebete: la bocca semiaperta, lo sguardo stralunato, una mano premuta sul cranio.
« Una mucca e una manza che mia moglie sceglierà dalla tua stalla », disse César. « Attilio, dagli i soldi. Ricontali, prima. Sta attento che non ci siano due biglietti attaccati ».
Vi fu una lunga pausa mentre il ragazzo Attilio ricontava il denaro. « Mi sono lasciato prendere per il collo », si lamentava Salomone la mano ancora premuta sul cranio come uno che abbia preso una botta in testa e tema di prenderne altre[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] N. Bobbio, Nota sulla dialettica in Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...]°. quali diversi significati il termine assume nel discorso gramsciano; 3°. quale funzione il concetto di dialettica esplica nella parte distruttiva e costruttiva del suo pensiero.
2. Si può dire senza esitazione che Gramsci assegna alla dialettica un'importanza fondamentale. Il passo piú significativo si trova là dove, discutendo la svalutazione della tecnica compiuta dal Croce nel campo dell'arte e della logica, esce in questa osservazione: « Anche per la dialettica si presenta lo stesso problema; essa è un nuovo modo di pensare, una nuova filosofia, ma è anche perciò una nuova tecnica » 1. Non ci interessa qui la questione della tecnica; ci interessa l'affermazione che per Gramsci la dialettica è un nuovo modo di pensare, anzi una nuova filosofia. In questo senso egli si riallaccia alla nota tesi marxiana ed engelsiana, secondo cui il metodo dialettico era stato il lato rivoluzionario di Hegel, e aveva segnato una svolta nella storia della filosofia. Il legame tra dialettica e rivoluzione filosofica compiuta dal marxismo, è ribadito ancor piú esplicitamente in un passo, anch'esso di origine engelsiana, nella polemica con Bukharin: « La funzione e i[...]

[...]rogredite d'Europa: la filosofia classica tedesca, l'economia classica inglese e l'attività e scienza politica francese » 3. Con queste parole Gramsci condanna la disintegrazione dell'unità del materialismo storico; unità che egli ritiene fondata esclusivamente sull'uso del metodo dialettico.
Si osservi che questa insofferenza per la separazione della dialettica « come specie di logica formale », dal corpo delle dottrine marxistiche, è ribadita anche a proposito della Storia del materialismo del Lange. Gramsci ritiene che quest'opera sia stata la causa di alcune grossolane interpretazioni materialistiche del marxismo, le quali hanno fatto del marxismo una dottrina materialistica corretta dalla dialettica, ma, ciò
M. S., p. 132.
2 M. S., p. 129.
3 M. S., pp. 128129.
76 I documenti del convegno
facendo, — qui ritorna il suo concetto principale — si è assunta la dialettica come « un capitolo della logica formale e non come essa stessa una logica, cioè una teoria della conoscenza » 1.
Proprio perché la dialettica è un nuovo modo di pens[...]

[...]a contro il volgare senso comune che è dogmatico, avido di certezze perentorie ed ha la logica formale come espressione » 2. Parlando del dilettantismo filosofico parla « della mancanza di senso storico nel cogliere i diversi momenti di un processo di sviluppo culturale, cioè di una concezione antidialettica, dogmatica, prigioniera degli schemi astratti della logica formale » 3.
L'interesse che Gramsci aveva per il problema della dialettica può anche essere testimoniato dal progetto che egli andava accarezzando di approfondirne lo studio: in un passo bibliografico sono citate, come opere da cercare, la Dialettica dei Padri Liberatori e Corsi, e i due volumi Dialettica di Baldassarre Labanca, oltre al capitolo « Dialettica e logica » nei Problemi fondamentali del marxismo di Plekhanov 4.
3. Quanto all'uso del termine « dialettica » (e derivati), si trovano nella pagine di Gramsci i diversi significati che il termine ha assunto nel linguaggio marxistico. Si possono distinguere almeno due significati fondamentali: il significato di « azione[...]

[...]ismo di Plekhanov 4.
3. Quanto all'uso del termine « dialettica » (e derivati), si trovano nella pagine di Gramsci i diversi significati che il termine ha assunto nel linguaggio marxistico. Si possono distinguere almeno due significati fondamentali: il significato di « azione reciproca » e quello di « processo per tesi, antitesi e sintesi ». Il primo significato appare quando l'aggettivo « dialettico » è unito a « rapporto », « nesso », e forse anche « unità »; il secondo, quando è unito a « movimento », « processo », « sviluppo ». È inutile dire che i due significati sono nettamente diversi. Quando parlo, poniamo, del nesso dialettico tra uomo e natura, voglio intendere che l'uomo agisce sulla natura e la natura sull'uomo, e mi
1 M. S., p. 151.
2 M. S., pp. 132133.
3 M. S., p. 150.
4 M. S., p. 59.
Norberto Bobbio 77
oppongo a chi ponesse il problema con questa alternativa: « $ l'uomo che agisce sulla natura, o è la natura che agisce sull'uomo? ». Quando, invece, parlo dello sviluppo dialettico dalla società feudale alla società bor[...]

[...]cietà borghese è l'antitesi, è la negazione, della società feudale, e, cosí dicendo, mi contrappongo a chi sostenesse essere la società borghese il prodotto di un'evoluzione della società feudale. A questi due significati Engels, nella Dialettica della natura, ne aggiunge un altro. Per Engels le leggi della dialettica sono tre, vale a dire, oltre alle leggi della compenetrazione degli opposti (azione reciproca) e della negazione della negazione, anche quella « della conversione della quantità in qualità e viceversa » J.
In Gramsci si trovano tutti e tre i significati. Nel senso di azione reciproca, direi che il termine « dialettica » viene usato, ad esempio, nell'espressione « dialettica intellettualimassa » 2. Il significato dell'espressione è che intellettuali e massa non sono termini senza relazione, e neppure a relazione univoca, ma sono termini a relazione biunivoca, nel senso che, come gli intellettuali influiscono sulla massa dando ad essa la consapevolezza teorica delle sue aspirazioni, cosí la massa in fluisce sugli intellettuali[...]

[...] « la struttura e le superstrutture formano " un blocco storico " » , e spiega quali sono le condizioni storiche necessarie perché l'ideologia trasformi la realtà, ciò che esprime, in termini hegeliani, dicendo che il razionale si fa reale, conclude: < Il ragionamento si basa sulla reciprocità necessaria tra struttura e superstrutture (reciprocità che è appunto il processo dialettico reale) » 2.
L'uso di gran lunga piú frequente e indubbiamente anche piú importante del termine « dialettica » nel linguaggio gramsciano è quello corrispondente al significato di « processo tesiantitesisintesi ». Aggiungiamo che è anche il significato piú genuinamente hegelianomarxistico; basti pensare che confluisce nel concetto di « divenire » . Proprio a proposito del divenire, della distinzione fra progresso e divenire, ci si imbatte in quest'uso del termine: « Nel " divenire " si è cercato di salvare ciò che di piú concreto è nel " progresso ", il movimento e anzi il movimento dialettico (quindi anche un approfondimento, perché il progresso è legato alla concezione volgare dell'evoluzione) » 3. È chiaro che qui con « movimento dialettico » si vuole indicare, in contrapposizione alla concezione evolutiva del corso storico, una concezione per cui il corso storico procede per negazione e negazione della negazione. Altrove: « La fissazione del momento " catartico" diventa cosí, mi pare, il punto di partenza di tutta la filosofia della prassi; il processo catartico coincide con la catena di sintesi che sono risultate dallo svolgimento dialettico» 4. Del resto, l'importanza che ha questo uso di [...]

[...]rico, una concezione per cui il corso storico procede per negazione e negazione della negazione. Altrove: « La fissazione del momento " catartico" diventa cosí, mi pare, il punto di partenza di tutta la filosofia della prassi; il processo catartico coincide con la catena di sintesi che sono risultate dallo svolgimento dialettico» 4. Del resto, l'importanza che ha questo uso di « dia
M. S., pp. 3839.
2 M. S., pp. 3940. Il corsivo è mio. Si veda anche p. 230.
3 M. S., p. 33. Il corsivo è mio.
4 M. S., p. 40. Il corsivo è mio.
Norberto Bobbio 79
lettica » in confronto al precedente risulterà da quel che diremo nel paragrafo successivo. Basti dire, ancora, in questa sede di analisi puramente terminologica, che la dialettica come concezione della storia (e della natura) è legata strettamente all'idea che la realtà storica (e, secondo le interpretazioni del marxismo, anche quella naturale) sia contraddittoria,
e che la dialettica sia lo strumento adeguato per comprenderla, e, cornprendendola, superarne le contraddizioni. Ora, il rapporto fra filosofia
e consapevolezza delle contraddizioni è sempre presente nel pensiero di Gramsci, nel quale il marxismo è, in quanto filosofia, superiore alle filosofie precedenti, e quindi anche allo hegelismo, solo nella misura in cui ha acquistato piú piena consapevolezza delle contraddizioni, e si pone, anzi, da se stesso came un elemento della contraddittorietà della storia. « In un certo senso, pertanto, la filosofia della prassi è una riforma
e uno sviluppo dello hegelismo, è una filosofia liberata (o che cerca liberarsi) da ogni elemento ideologico unilaterale e fanatico, è la coscienza piena delle contraddizioni, in cui lo stesso filosofo, inteso individualmente
o inteso come intiero gruppo sociale, non solo comprende le contraddizioni ma pone se stesso come elemento della [...]

[...]nno distrutto l'unità dialettica, ed è toccato alla filosofia della prassi di ricostruirla, ma questa volta ponendo l'uomo sulle gambe 1. Quanto al materialismo tradizionale, il suo vizio fondamentale è di essere evoluzionistico, cioè, appunto, di non essere dialettico. Nel passo già ricordato, in cui il concetto di divenire vien distinto da quello di progresso, è proprio il concetto di dialettica che offre il criterio di discriminazione. Poiché anche alla filosofia della prassi è toccato lo stesso destino della filosofia di Hegel, cioè di scindersi, e « dall'unità dialettica si è ritornati da una parte al materialismo filosofico, mentre l'alta cultura moderna idealistica ha cercato di incorporare ciò che della filosofia della prassi le era indispensabile per trovare qualche nuovo elisir » 2, la battaglia su due fronti continua, e spetta ad una ripresa genuina della filosofia della prassi (è il compito che Gramsci si pone) di ricostruire l'unità dialettica perduta.
Com'è noto, nei frammenti gramsciani il fronte materialistico è rappresent[...]

[...]assive e non consapevoli, come un elemento non dissimile dalle cose materiali, e il concetto di evoluzione volgare, nel senso naturalistico, viene sostituito al concetto di svolgimento e di sviluppo » '2.
Per quel che riguarda l'atteggiamento di Gramsci verso Croce, è noto che per lui fare i conti colla filosofia crociana voleva dire compiere la stessa opera distruttivacostruttiva, di critica e di inveramento, che Marx aveva compiuto con Hegel, anche se talora il novello Hegel gli si presenta piuttosto nelle vesti di un nuovo signor Dühring 3. Chi abbia presenti le pagine che il giovane Marx dedica alla critica della filosofia speculativa di Hegel (pagine che peraltro Gramsci non poteva conoscere), troverà frequenti analogie in alcune pagine che Gramsci dedica a Croce. Il vizio fondamentale della filosofia di Croce è per Gramsci di essere ancora una filosofia speculativa, e in tal modo egli ritorce l'accusa che Croce aveva mosso al marxismo di essere una filosofia teologizzante per
1 M. S., p. 132. Il corsivo è mio.
2 P., p. 190.
3 Si [...]

[...]ti del '44 di Marx è sorprendente: Marx aveva rimproverato Hegel di aver trasferito il movimento della storia reale nella coscienza e di aver descritto un movimento storico che non era quello dell'uomo reale, ma della coscienza con se stessa.
5. La polemica di Gramsci con Croce ha molti aspetti. Quello che abbiamo sinora toccato è uno degli assalti ch'egli muove alla roccaforte crociana. E da notare ora che il concetto di dialettica è impegnato anche in un'altra critica, che per essere piú volte ripetuta e per il fatto di involgere insieme con Croce una piú ampia tradizione di pensiero,
1 M. S., pp. 190, 230.
2 M. S., pp. 190191.
3 M. S., p. 191.
4 M. S., p. 217.
Norberto Bobbio 83
ritengo sia uno dei punti nodali per l'interpretazione della filosofia gramsciana. Non si tratta piú dell'antitesi di dialettica speculativa e dialettica reale, ma del contrasto nel modo stesso di concepire i momenti del processo e il passaggio dall'uno all'altro; non piú, si potrebbe dire, di una divergenza nel modo di usare la dialettica, ma nel modo di[...]

[...]ppone " meccanicamente " che la tesi debba essere " conservata " dall'antitesi per non distruggere il processo stesso, che pertanto viene " preveduto " come una ripetizione all'infinito, meccanica, arbitrariamente prefissata. In realtà si tratta di uno dei tanti modi di " mettere le brache al mondo ", di una delle tante forme di razionalismo antistoricistico » 3. Ciò che la posizione del tipo ProudhonCroce (Gramsci pone sempre accanto a Proudhon anche Gioberti) rappresenta attraverso la pretesa di conservare la tesi nell'antitesi, è proprio la sconfessione di quella forza della negatività che costituisce il nerbo della dialettica. « Nella storia reale, — prosegue Gramsci — l'antitesi tende a distruggere la tesi, la sintesi sarà un superamento, ma senza che si possa a priori stabilire ciò che della tesi sarà " conservato" nella sintesi, senza che si possa a priori " misurare " i colpi come in un "ring " convenzionalmente regolato » 4. Ci troviamo di fronte, indubbiamente, a uno dei nodi, forse al nodo principale del pensiero gramsciano, in [...]

[...]un pensiero che tenta di mettere l'accento sulla tesi sia che pretenda di conservare nell'antitesi una parte della tesi (il « lato buono » di Proudhon) sia che, come si legge in un altro passo, pretenda di sviluppare tutta la tesi fino af punto di riuscire ad incorporare una parte dell'antitesi stessa 5 : questo pensiero è una falsificazione della dialettica e sfocia nel riformismo. II
Miseria della filosofia, trad. it., Roma, 1949, p. 91. Vedi anche pp. 9899.
2 Op. cit., p. 99.
3 M. S., p. 185.
4 M. S., p. 185. L'identico concetto viene esposto con parole analoghe a pp. 221222. I due passi si illuminano a vicenda.
5 Mach., p. 71. Questo passo contrasta col passo già citato di M. S., pag. 185. Che sia l'antitesi a conservare qualche cosa della tesi o che sia invece la tesi ad assorbire parte dell'antitesi, il risultato è identico: l'attenuazione del contrasto fra tesi e antitesi.
Norberto Bobbio 85
pensiero dialettico genuino, invece, è quello che mette l'accento sull'antitesi, che considera l'antitesi come negazione reale e totale [...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Anche, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---Basta <---Già <---Gli <---Lasciatelo <---Ogni <---Quale <---Sei <---Storia <---Tua <---antagonista <---autista <---siano <---Abbandonò <---Abbatterla <---Ahi <---Allargò <---Allentò <---Allontanò <---Altro <---Alzi <---Andiamo <---Anzi Quattro Témpora <---Aosta <---Aprì <---Asciugati <---Aspettò <---Attaccati <---Attilio Glarey <---Auguri vivissimi <---Avaro <---Baldassarre Labanca <---Bambin Gesù <---Bambino Gesù <---Basterà <---Bel <---Belfront <---Belfront Augusto <---Bernstein <---Biella <---Bisogna <---Boja <---Bordeaux <---Borgne <---Brunod <---Bucaneve <---Buffoni <---Bukharin <---Buona <---Cambia <---Capito <---Cercò <---Certo <---Che César Borgne <---Chenoz <---Chiacchiera <---Chiacchierò <---Chiamatela <---Chissa <---Chissà <---Chénor <---Chénoz <---Ciò <---Cogne <---Come <---Cominciò <---Compi <---Compito <---Con Claretta <---Con César <---Contò <---Cosa <---Cosi <---Così <---Croux <---Cyprien Berthod <---César <---César Borgne <---César a Salomone <---Dei <---Del resto <---Di Claretta <---Di César <---Di Luigino Brunod <---Dialettica <---Dialettica dei Padri Liberatori <---Dialettica di Baldassarre Labanca <---Dico <---Dietro Salomone <---Dinamica <---Diritto <---Diteglielo <---Dogmatica <---E César Borgne <---E Quattro Témpora <---Ecco <---Eccola <---Eliseo Chénoz <---Engels <---Evaristo Grange <---Facciamo un bel corteo <---Fagioli <---Fai <---Fammi <---Ferdinando Berthod <---Fermala <---Feuerbach <---Fiato <---Fidatissimi <---Filosofia <---Fosse <---Giolitti <---Giù <---Gnoseologia <---Gramsci <---Grappa <---Grave <---Gridò <---Guardò <---Hai <---Hegel <---Hotel Royal <---Impiccala <---In Abissinia <---La Pavana <---La banda <---La lotta <---La notte <---Lasciò <---Laurent Pascal <---Lentini <---Lino Guichardaz <---Lino Guicherdaz <---Lo vendevi si <---Logica <---Logica formale <---M.S. <---Ma Attilio <---Ma Bucaneve <---Ma Giolitti <---Ma Libertario <---Macché <---Maiale <---Maltoni <---Mandò <---Mangione <---Marconi <---Marx <---Meccanica <---Meglio <---Mezzo <---Molta <---Mon djeu me <---Morirà <---Muoio <---Muovetevi <---Negus Neghesti <---Nel Saggio <---Non voglio <---Norberto Bobbio <---Oh Dio <---Oltre <---Parola di César Borgne <---Patria <---Pavana <---Pecos Bill <---Perché <---Però <---Pession Eliseo <---Piagnucolò <---Più <---Più Attilio <---Plekhanov <---Pochi <---Portavo un paragone <---Portò <---Posta <---Potete <---Povera <---Povera Claretta <---Povero Eliseo <---Pratica <---Problemi <---Proudhon <---Proudhon-Croce <---Prova <---Puntò <---Quando sei sbronzo sei intelligente <---Quattro Tèmpora <---Quattro Témpora <---Qui Marx <---Quinet <---Reagì <---Ricontali <---Sacra <---Sacra Famiglia <---Sacremon <---Sacrenom <---Saggio <---Salomone Croux <---Saltò <---San Wuilliermo <---Sarai <---Scambiò <---Scese <---Scienza della politica <---Scienza politica <---Scolò <---Scoppiò <---Sessanta <---Sessantacinque <---Settantacinque <---Smettetela <---Smettila <---Sollevò <---Statica <---Storiografia <---Sulla <---Tarquinio Andò <---Tentò <---Teologia <---Teoria della conoscenza <---Torniamo pure al bicchiere <---Tornò <---Tu Attilio <---Una Pavana <---Uno di noi <---Urtò <---Va bene <---Vacci <---Vai <---Valtournanche <---Viene <---Voglio <---Vorresti <---Vuota <---commercialista <---crociana <---crociano <---d'Africa <---d'Attilio <---d'Europa <---d'Ivrea <---dilettantismo <---engelsiana <---estremismi <---evoluzionismo <---fagiani <---fascisti <---gnoseologia <---gramsciana <---gramsciani <---gramsciano <---hegeliana <---hegeliani <---hegeliano <---hegelismo <---idealismo <---ideologia <---ideologico <---indiana <---italiano <---mangiano <---marxiana <---marxismo <---marxista <---materialismo <---mitologica <---neoguelfismo <---psicologico <---razionalismo <---riformismo <---rispecchiano <---ruffiano <---sahariana <---spiritualismo <---storicismo <---teologia <---teologico <---terminologica <---virtuosismo