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Il segmento testuale Adesso è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 72Analitici , di cui in selezione 4 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Saverio Montalto, Memoriale dal carcere in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 7 - 1 - numero 3

Brano: [...] lui, non mi avrebbe sposata più nessuno e che perciò quello che hai fatto fino ad ora è niente e che devi dargli ancora le cinquemila lire».

«Ah sì? Allora digli che facciamo i conti di tutto quello che ho sborsato fino ad ora, togliamo le cinquemila ed anche il valore della casa di M... che resta per me e la differenza me la restituisca. Fino ad ora credo che ho speso oltre le ventimila a dir poco».

«Queste dice che non contano».

« Io adesso lo voglio chiamare e parlargli ».

« No, no; per carità; sarà peggio! Per ora fai in conto che non sai niente. In seguito si vedrà».

«Lo so quello che vogliono! Ma è possibile che dopo che mi sono sacrificato fino a questo punto, vogliono anche che sposi la loro figlia? E poi, con simile gente, chi vorrebbe mai avere a che fare? ».

«Lo so anch’io. Ma intanto loro lo pretendono, perché dicono che tu non sei meglio di loro e che non sei neanche meritevole di apparentare con loro. Certo finché hanno avuto bisogno di te e la cosa si poteva sopportare in qualche modo, ma ora che vedono che[...]

[...]e io dico in casa per il motivo che io ho più esperienza di lei; non debbo essere disturbato, perché intendo studiare e per il fatto che non sa né cucinare, né fare altro non importa perché si abituerà insieme a me. Come sai, io so fare tutto. Desidero infine che dopo sposati nessuno deve venire in casa mia a rompermi il capo, perché ora basta; e, certo, non devono pretendere più nulla da me, comprese le trecento lire al mese che vi ho date fino adesso, perché ormai col negozio che è a buon punto e col fratello Lorenzo che sta all’Africa potete vivere, facendo un po’ di economia, s’intende, abbastanza bene».

« Certo, ormai, queste cose le devono capire anche loro ».

« Ah! Dimenticavo di dirti che la cosa essenziale è che sua madre non dovrà comparire mai in casa mia e neanche in chiesa la sera del matrimonio. E su ciò non transigo in modo assoluto! ».

«E se non accettano?».

« Allora il matrimonio non si fa ».

« E se Giacomo mi domanda perché non sposi la grande? ».

« Gli dirai che non sposo la grande perché non mi va il su[...]

[...]a situazione peggiorò di colpo e più di prima, anche perché ora non si poteva più rimediare.

Si era, mi sembra, verso il maggio del 1937. Un giorno mi mandò a chiamare mia sorella mentre suo marito era assente. Mi portò nel solito sottoscala e mi raccontò con le lagrime agli occhi che di nuovo avevano incominciato a martirizzarla, che suo marito l’aveva picchiata diverse volte e che se prima del matrimonio le soleano usare un po’ di riguardo, adesso niente del tutto e che il cagnolino che avevano contava in quella casa assai più di lei ed era trattato assai più di lei.

Io non volli sapere altri particolari per non indignarmi di più, la pregai di sopportare e me ne andai. Mentre mi ritiravo a casa intesi che non vedevo più dagli occhi e che la testa mi girava come un mulino. Arrivato a casa non ero capace di sopportare la presenza di mia moglie e senza ragione, si può dire, sfogai con lei la mia disperazione. Li trattai d’ingrati e di gente perfida e tutto quanto sapevo della sua famiglia di poco pulito glie lo scaraventai in faccia se[...]

[...]questa casa! Ma io perciò non volevo venire ad abitare qua, perché lo sapevo! ».

«Ma che vogliono, insomma?» e mentre parlavo guardavo nella stanza appresso perché avevo paura che arrivasse qualcuno.

« Che vogliono? Ormai lo so che vogliono! Vogliono che io scomparisca, perché ormai son di più! Ma io l’ho detto al mio signor marito! Avevo la proprietà e ve l’ho data; avevo l’onore e ve l’ho dato; avevo un fratello impiegato e ve l’ho dato! Adesso volete che scomparisca perché avete bisogno di una bambolina come le vostre sorelle e non di una vecchia sdentata e di una tisica come me? E me ne vado! Io non ero tisica! Mi avete ridotta voi tisica! E per questo mi ha preso a schiaffi mentre stavo nel letto ad allattare la bambina. Immagina che se la pigliano anche con me perché ho tre figlie femmine! Io li volevo meglio di loro i maschi e non per me, ma per accontentare loro. Ma164

SAVERIO MONTALTO

mi posso mettere io contro la volontà di Dio o della natura, chi è che li manda? Parla? Dici tu che sei un uomo che capisci? ».

«Calm[...]

[...]ante! Vuole fare la donna aristocratica ed ammanierata! Ah bagasciona vecchia! Mettetevi a fare il bucato ed a lavare piatti. Ti riesce, che hai trovato a noi, per farti il servo?! ». Son cose, ti assicuro, che tagliano il core dei santi! Ma io voglio fare tutto. Ma come posso fare se con loro non si può stare e solo posso trovare un momento di pace quando sono nel negozio? Ma io ormai li lascio liberi tutti, compreso mio marito! ».

«Va bene! Adesso manderò a chiamare tuo marito!». Mi alzai ed uscii.

Mentre ritornavo a casa mi sentivo avvilito e pensavo : « Ma perché, perché tanta malvagità sulla terra? Che cosa ha fatto per essere trattata così dagli uomini? Adesso se ne vuole andare! E dove andrà? Ed io poi come potrei continuare a vivere con mia moglie? ».

Dopo pranzo mandai a chiamare mio cognato Giacomo. Lo feci sedere nello studio e gli parlai così: «Vi prego, abbiate un po’ di carità per quella donna! Vostra madre lo sapete, è insopportabile con166

SAVERIO MONTALTO

noialtri, immaginate poi con la nuora. Io non vi dico di non trattarla e non crediate che io le voglia del male, no; però non è giusto che per causa sua voi dobbiate malmenare così mia sorella. Vostra madre è così e forse neanche lei ci ha colpa! Ma se non ha fatto mai pane co[...]

[...]O

noialtri, immaginate poi con la nuora. Io non vi dico di non trattarla e non crediate che io le voglia del male, no; però non è giusto che per causa sua voi dobbiate malmenare così mia sorella. Vostra madre è così e forse neanche lei ci ha colpa! Ma se non ha fatto mai pane con nessuno? E se è nemica con suo fratello, volete proprio che vada d’accordo con mia sorella? Vi prego, cambiate casa, giacché son disposto di pagarvi anche l’affitto. Adesso dice che se ne vuole andare! Capirete che un fatto simile, porterà varie conseguenze anche per mia moglie ».

<c Ma io in questo momento non posso cambiare abitazione, perché la mia famiglia ha bisogno di me e specie che ci sono ancora le mie sorelle in casa».

« Ed allora, vi prego, abbiatele un po’ di carità! ».

« Ma che volete; anch’io son fatto così! Quando perdo la bussola non vedo più nessuno e più di una. volta ha schiaffeggiato e preso a calci anche mia madre ed anche mio padre ».

« Male; perché coi genitori non si deve arrivare mai a questo punto! Però se vi dicono di andar[...]

[...]

SAVERIO MONTALTO

mia completa rovina, per opera di un Castagna che io, fra l’altro, avevo stimato sempre amico. Ora più di prima non potevo sopportare la gente e specie la casa del Castagna che avevo di rimpetto. A mia sorella non la odiavo, però le sue sofferenze non mi facevano più né caldo e né freddo e così fu, si può dire, fino alla fine. Dopo un certo tempo mi calmai un po’ perché pensavo di aver trovato la via d’uscita. Mi dissi : « Adesso farò di tutto per farmi richiamare, a fine guerra me ne andrò all’estero e così lascerò per sempre questa terra maledetta ». Cercai d’impormi la calma e di mostrarmi piuttosto cortese con mia moglie per quanto le mie forze me lo acconsentirono, sia per non rivelarle in qualche momento di maggior stravolgimento il suo fallo, altrimenti sapevo che lei sicuramente si sarebbe rivolta alla sua famiglia ed i fratelli, dato che mi permettevo di calunniare una Santa come mia moglie, chi sa che cosa avrebbero fatto nei miei riguardi. Una sera più tardi per evitare che la faccenda si propagasse di più,[...]

[...]do: «Alzati e cammina!». Mia moglie si mise a piangere, fece per vestirsi, ma poi si coricò di nuovo, continuando a piangere. Mio cognato per consolarla le disse che lui era sicuro che lei non aveva fatto niente e che seppure l’avesse fatto di non avere paura che c’erano quattro fratelli a suo lato per difenderla e così uscì.

Rimasto solo lo strano individuo incominciò a ridere sarcasticamente nella mia testa: «Ah, ah! Ti dissi di star zitto? Adesso te laMEMORIALE DAL CARCERE

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sbrighi tu! Cornuto e bastonato! E non solo bastonato ma per quanto vogliono addossare la colpa a te ed a tua sorella! ». Mi fece ricordare anche che qualche giorno prima la suocera era andata in casa di mia sorella per bastonarla e che con mio cognato Giacomo c’era poco da scherzare, giacché, pur essendo ancora ragazzo, una volta l’onorevole Barca aveva dovuto, per non farsi strappare un documento dalle mani, metterlo alla porta colla pistola in pugno. A questo punto lo strano individuo mi lasciò ed al suo posto si sostituì nella testa una morsa di ferro[...]

[...] Aurora ».192

SAVERIO MONTALTO

« Si? E come? ».

«Dicono che tempo fa, una sera è venuta da te l’Aurora, e così l’avete concertata! ».

«E come poteva venire da me Aurora se io sono carcerata? Io ancora non conosco il suo bambino. Se l’abbia scritta o meno l’Aurora io non lo so! E poi, dico io, andavo a menarmi la zappa nei piedi? Loro non possono che non possono vedermi ora; immaginiamo quando tu fossi diviso dalla figlia! Ma se loro adesso vogliono affermare questo, vado dritta a buttarmi a mare! ».

«Sei sicura del fatto tuo? ».

« E lo puoi mettere in dubbio? ».

« Già! Hai ragione! Non so più quel che dico! ».

In questo mentre intesi bussare giù al portone. Aprii il balcone della stanza da pranzo e vidi mio cognato Giacomo. Dopo un pò lo raggiungemmo nella stanza da letto ove c’era anche mia moglie già alzata. Mio cognato mi disse con aria di comando: «Ti sei deciso a darmi la lettera? ».

Io non risposi e stetti al mio posto guardandolo. Lui allora fece: «Lo so, lo so chi ha scritto la lettera, perché stamattina [...]



da Natalia Ginzburg, Le piccole virtù in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 9 - 1 - numero 46

Brano: [...]re. Questa è forse l'unica reale possibilità che abbiamo di riuscir loro di qualche aiuto nella ricerca di una vocazione, avere una vocazione noi stessi, conoscerla, amarla e servirla con passione: perché l'amore alla vita genera amore alla vita.
NATALIA GINZBURG
AVVENTURA DI UN COMMISSARIO
Non è che stessi male in casa mia con mia madre, fino a quattro mesi fa, quando ho dovuto andarmene. Spesso, nel piccolo appartamento di via Lanciani dove adesso vivo solo, la nostalgia mi prende; e insieme a mia madre e alla casa mi torna in mente anche mio padre, che pure é morto tanti anni fa. E l'immagine di lui che mi ritorna é sempre la stessa, e mi porta di tanto indietro nel.tempo: é mio padre che stappa champagne e brinda con gli occhi pieni di lacrime quando io ho appena vinto il concorso per la polizia. (Lui é seduto accanto a me sul divano del salotto, ha riempito le coppe, piange e mi stringe un poco il collo; mia madre è seduta in un angolo, taciturna, e mi guarda; Giuseppina, che si è tolta il grembiule e la crestina, è in piedi, é. com[...]

[...]io movimento, gli orari del mio ritorno a casa, lo svolgimento del mio lavoro in ufficio; né, se uscivo dopo
cena, mi era gravosa l'immancabile istruttoria : « dove vai... con chi vai... ma se sei uscito ieri sera... chi svolge il tuo lavoro non può fare vita di mondo ».
Così per dieci anni. Quando poi ebbi toccato i quaranta, mia madre decise per me il matrimonio. Cominciò ad accennarvi vagamente; poi prese a portarmi esempi di amici cari che adesso godevano di figli,
di affetti. Finalmente, adottò una specie martellante di lamento: le restavano pochi anni di vita, ripeteva a non finire, e non sarebbe morta contenta a sapermi « solo come un cane ». Inoltre, si rifaceva in continuazione a parenti o conoscenti « finiti in mano alla serva », o a casi di scapoli in un modo o nell'altro caduti e svergognati; ricordandomi i miei anni, e rinfacciandomi il mio temperamento portato ai comodi, ai sentimenti domestici.
Io, su questo punto, anche se dolendomene, ero assolutamente deciso a non obbedirle. Non volevo cambiare bruscamente la mia vita [...]

[...]o con rade parole, ad abbandonare l'argomento. Giuseppina origliava, nascosta dietro la porta.
In due anni saranno sfilate in casa mia trenta ragazze: alcune una sola volta, altre — quelle che mia madre riteneva le più idonee — più volte. Ma ad un certo punto la ribellione s'è fatta strada in me, e non sono riuscito a reprimerla: sicché vivevo nel timore continuo che la stizza crescente mi facesse esplodere contro mia madre. Il sangue, infatti, adesso mi affluiva copioso alla faccia ogni volta che lei al mattino entrava nella mia stanza, si sedeva sul mio letto e diceva: «Oggi viene a trovarci una ragazza simpaticissima, la figlia di... », e nominava un amico di mio padre. Io dicevo di non ricordarlo, e lei incalzava : « Ma se ti ha tenuto tante volte sulle ginocchia »; oppure: « Ma se ti ha fatto da padrino alla cresima ». Riuscivo a dire « non so... non mi ricordo », mi passavo le mani sulla faccia per calmarmi, poi la pregavo di andare di là e di lasciarmi alzare.
In un pomeriggio nel quale doveva esserci una di queste visite, sono usc[...]

[...]a trovato te stesso, ti posso aiutare ».
« Non capisco » ho ripetuto.
« Ti devi sposare » ha asserito.
«
E stata mamma che ti ha fatto venire a Roma » ho detto secco. Lui si è schermito, ma malamente.
« Sappi una volta per sempre » ho strillato andando verso la porta, « che non ho nessuna intenzione di sposarmi ».
« Aspetta un momento » ha detto lo zio scandendo le sillabe. « Te l'ho suggerito per il tuo bene... Io l'ho fatto lo sbaglio, e adesso lo pago... La serva mi ruba... I parenti mi danno fastidi... La sera torno a casa, e chi trovo? Nessuno... E che vuoi riparare, a sessantacinque anni? ».
« Ti ringrazio ma il matrimonio non fa per me, e so pensare da solo alla mia vita » l'ho interrotto.
« La fregatura tua è stata quella di essere figlio unico » ha ribattuto. « Questo è il fatto ».
Ci siamo messi a strillare tutti e due. Non ho un ricordo preciso perché ero in preda all'agitazione, ma devo essere stato violento e forse anche volgare, perché ad un certo momento lo zio ha detto « quand'è così... », ed è andato in cucina da m[...]

[...]a.
L'ho guardato con affetto. Richiudendo la porta mi sono tornati tanti pomeriggi di festa lontani: mi portavano in giro per le case dei parenti, zio Alfonso era quello che m'incuteva la soggezione maggiore, fumava sempre ed aveva tutte le dita marroni per la nicotina.
Ho respinto ricordo e dolcezza e sono andato in cucina per redarguire mia madre. L'ho trovata che preparava un dolce con Giuseppina.
« Così non può andare, mamma » ho detto. « Adesso non ti bastano più le ragazze, adesso mi cacci in casa anche i parenti».
Mia madre non mi ha risposto; ha tratto dalla tasca un fazzoletto e si è messa a piangere. Giuseppina è andata via.
Io sono uscito e sono andato in ufficio, e quella sera ho conosciuto Wanda.
La stava interrogando il maresciallo Porzio, intorno ad una rissa assai violenta che era scoppiata la mattina su un tram. Io ero entrato da lui perché mi pareva di aver dimenticato un'agenda sul suo tavolo, e il grande corpo di Wanda mi aveva subito impressionato. Lei aveva volto di scatto il capo verso di me, e mi aveva guardato con diffidenza.
Stava deponendo a fa[...]

[...]mendo con la sua faccia la mia nuca contro il finestrino. Allora l'ho respinta fino a ricollocarla al suo posto, l'ho baciata anch'io con forza e l'ho toccata un po' dappertutto.
Poco dopo siamo andati in una trattoria della Cassia. Mangiando di lena i ravioli grassi, o giocando con le posate, Wanda mi ha detto che si sentiva tanto sola: il padre era morto, la madre s'era messa a vivere con un rigattiere, e lei viveva in una stanza ammobiliata. Adesso poi aveva perso anche il fidanzato, per la rissa. Costui, che si chiamava Lucio, sosteneva che lei s'era accorta di quei toccamenti e aveva lasciato correre. « Ho capito che donna sei » le aveva detto appena erano scesi dal tram, poco prima che lo arrestassero; le aveva dato due schiaffi e le aveva strillato « non ti voglio più vedere ». « Io invece non me n'ero accorta » ha continuato Wanda; «credevo che quello non lo facesse apposta, il tram era pieno e stavamo stretti ». Lei gli voleva bene ma era stanca. Lui faceva una brutta vita e non dava affidamento: una condanna a tre mesi per un'alt[...]

[...]rgo mi disturbava sempre di più. Mi pareva di vivere in uno stabilimento industriale, per l'andirivieni continuo, il personale numeroso davanti al quale dovevo passare, il rumore delle macchine che la mattina pulivano i pavimenti. In più, dovevo scegliere fra lo stare nella sala in mezzo agli altri, e il ridurmi nella mia camera, dove non potevo fare nient'altro che non fosse il dormire. Sicché una sera, lungo l'Appia Antica, ho detto a Wanda: « Adesso cerchiamo un appartamento e andiamo a vivere insieme, se ti va ». Wanda
120 RAFFAELE CRIVARO
mi ha guardato incredula, ma vedendo che non scherzavo, si é prodotta in una pantomima gioiosa: ha battuto le mani, ha saltellato coi fianchi sul sedile, mi ha baciato con foga. Poi mi ha voluto aggiustare il nodo della cravatta.
Abbiamo visto insieme diversi appartamenti ammobiliati, ma presto ho capito che era impossibile fare quelle ricerche con Wanda. Per la verità alcuni di questi appartamenti ci erano mostrati da vecchie oscene, altri da gente svergognata; ma i modi di Wanda m'irritavano. Fac[...]

[...]moniale e da una stanza per il soggiorno. Wanda ha disdetto subito la stanza di via Famagosta; e quando ha portato la sua roba nell'appartamento ha pianto. Ha spiegato che quella per lei era una gioia nuova. Quando poi le ho detto che avrebbe fatto la donna di casa, e che poteva lasciare il lavoro, il pianto le si è fatto dirotto. Mi ha abbracciato a lungo appoggiandomisi, mi ha bagnato tutta la faccia e mi ha appannato gli occhiali.
Mi sentivo adesso più libero e pieno, più affondato nella vita; mi pareva di esistere come una persona nuova. Quando la mattina mi alzavo Wanda dormiva ancora, Giuseppina era lontana ed io dovevo badarmi da me. Mi alzavo in una maniera svelta, quasi sportiva. Durante la toilette non pensavo; i particolari impiccianti del corso della vita non mi pungevano piú. Anche le parole che dicevo erano diverse, come se avessi buttato via tutto il vecchio repertorio. In ufficio ero allegro, e tutto dell'ambiente mi pareva accettabile: i mobili vecchi e scalfiti, la luce blanda e triste che filtrava attraverso i vetri opac[...]

[...]lla vita non mi pungevano piú. Anche le parole che dicevo erano diverse, come se avessi buttato via tutto il vecchio repertorio. In ufficio ero allegro, e tutto dell'ambiente mi pareva accettabile: i mobili vecchi e scalfiti, la luce blanda e triste che filtrava attraverso i vetri opachi delle finestre, l'odore delle pratiche e dell'inchiostro per timbri. Analizzavo poco le cose, mettevo meno veleno nel comando, comprendevo di piú.
Ogni giorno, adesso, telefonavo a mia madre. Lei si limitava a chiedermi notizie sulla salute, e a domandarmi se il riscaldamento, dove mi trovavo, era sufficiente; al massimo accennava a qualche novità, che per solito riguardava i parenti: sua cugina s'era aggravata, zio Alfonso era stato fatto commendatore. Per la sicurezza che le traspariva dalla vo
AVVENTURA DI UN COMMISSARIO 121
ce, e per l'astensione da qualsiasi tentativo di carpirmi l'indirizzo, mi pareva che stesse ordendo fiduciosa una qualche insidia per riavermi. Ma non me ne curavo.
La sera, adesso, dall'ufficio uscivo un po' prima. A casa trovav[...]

[...]l riscaldamento, dove mi trovavo, era sufficiente; al massimo accennava a qualche novità, che per solito riguardava i parenti: sua cugina s'era aggravata, zio Alfonso era stato fatto commendatore. Per la sicurezza che le traspariva dalla vo
AVVENTURA DI UN COMMISSARIO 121
ce, e per l'astensione da qualsiasi tentativo di carpirmi l'indirizzo, mi pareva che stesse ordendo fiduciosa una qualche insidia per riavermi. Ma non me ne curavo.
La sera, adesso, dall'ufficio uscivo un po' prima. A casa trovavo Wanda che mi aspettava ascoltando canzonette alla radio, tenuta a pieno volume. Mi cambiavo, poi uscivo con lei. Andavamo al cinema, o a passeggio per il centro, o a comprare biancheria. Al cinema. Wanda mi spingeva sempre verso il fondo della sala. Mi abbracciava, ma nei momenti salienti del film ritornava composta. Mentre camminavamo per le strade del centro mi tratteneva davanti alle vetrine dei negozi, era allegra e m'indicava ad alta voce gli oggetti esposti. Molti la notavano, e spesso mi arrivavano parole salaci.
Un giorno mi ha chiest[...]

[...]i aiutava a svincolarmi dal passato mio. Ne risultava una grande libertà: sempre di più si dileguava la paura di vivere. Non avevo più il gusto affannato di scandagliare le miserie delle donne, come quando dovevo accontentarmi di conoscerle nell'intuizione, in virtù degl'interrogatorî fatti a quelle che incappavano nel mio mestiere; non era più necessario che io fantasticassi sulla rovina di donne e di uomini, e me ne alimentassi per rabbonirmi. Adesso i racconti sereni che Wanda mi faceva, di stenti e di brutture, mi cancellavano ogni residuo di una giovinezza solitaria, e mi rendevano l'ansia passata accettabile come una cronaca.
Inoltre, se è vero che a sentirmi senza mia madre, così solo con Wanda di fronte alla vita, provavo qualche brivido di disperazione, tuttavia la voce di Wanda, o il suo lavarsi veloce, o il suo farsi scattare addosso le giarrettiere, o il suo girare discinta nello stesso spazio dove an
AVVENTURA DI UN COMMISSARIO 123
ch'io vivevo, se appena vi badavo, mi ridavano subito la fede nella giornata, nella gente.
Ho[...]

[...]hiocchezza, ma che partiva dal cuore, ed io dovevo badare al pensiero.
Wanda è tornata e si è seduta. Porzio ha preso a parlarmi di certi lavori murari che in ufficio ormai urgevano, ma io non l'ho seguito perché Wanda aveva intanto accavallato le gambe e le stava muovendo, in maniera che la veste le salisse. Mi sono messo gli occhiali per seguire bene la moina, e ho guardato Wanda malamente. Porzio, continuando a parlare con la voce fattaglisi adesso fessa, ha fatto una faccia tragica: cercava di non guardare le cosce di Wanda ma non ci riusciva. Io ho portato il discorso ad una conclusione, e l'ho congedato.
Subito dopo avergli chiuso dietro la porta, ho schiaffeggiato Wanda con violenza. Lei s'è riparata la faccia, e ha negato di aver voluto mostrare alcunché. « Troia » le ho detto. « Sarai sempre una troia ». Lei si è messa a piangere. Ho guardato le lacrime che le percorrevano la faccia, ho alzato di più la voce e l'ho ingiuriata ancora. Poi un pensiero preciso mi ha attraversato il cervello: « Col maresciallo... » ho detto, e le ho [...]

[...]iostre ed autopiste).
Al luna park, ha voluto innanzi tutto sparare al tiro a segno. Poi sia mo andati sulle montagne russe. Quando il vagoncino pareva che preci pitasse, rideva in una maniera brutale. Ha anche strillato, e le é uscita un po' di bava.
Qualche giorno dopo, entrando una sera nella stanza di Porzio, l'ho trovato che parlava al telefono a bassa voce, confidenziale e compreso. Appena ha visto che ero io ad essere entrato ha detto « adesso la lascio, scusi... ». Chi parlava con lui deve aver insistito per trattenerlo, perché Porzio ha detto .« abbia pazienza, signora, la devo proprio salutare ». Detto « signora » mi ha guardato con timore evidente, forse simultaneo al pentimento di aver pronunziato la parola superflua; poi rapido ha collocato il microfono al suo posto. Io dovevo parlargli dei lavori murari da farsi, ma il sospetto mi ha assalito, e gli ho detto « vieni da me più tardi ».
Sono tornato nella mia stanza. L'atteggiamento di Porzio mi faceva certo che chi parlava al telefono con lui era mia madre, o era Wanda. Ho f[...]

[...]ei a non ostinarsi a volermi vedere sposato. In più, questa condizione di scapolo solitario mi pare ingiustificata, per qualche verso eccessiva.
430 RAFFAELE CRIVARO
Qualche volta mi prende un'ansia carezzevole di tornare da mia madre (che non mi ha più cercato), di ricomparire di sorpresa davanti a Giuseppina. Ma poi succede che debbo correre in ufficio, o che ho sonno, o che debbo lamentarmi con la serva perché le camicie sono stirate male.
Adesso, mi trattengo in ufficio più del solito e cerco di allargare i miei interessi, perché se ne giovi la carriera. Pare che nessuno sia venuto a conoscenza dei miei casi, e questo è assai importante. Con Porzio, corrono i rapporti di sempre; sebbene, una tal quale maggiore rigidità, da parte mia, stia agevolando lo svolgimento del lavoro.
La sera, vado spesso al cinema. Se non esco, mi faccio cocktails di frutta col frullatore, e leggo romanzi gialli. Ho anche comprato un fonografo, e alcuni dischi di canzoni. Ogni tanto li ascolto, mi prende uno struggimento breve e penso a Wanda, che fa all'am[...]



da Raffaele Crivaro, Avventura di un commissario in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 9 - 1 - numero 46

Brano: AVVENTURA DI UN COMMISSARIO
Non è che stessi male in casa mia con mia madre, fino a quattro mesi fa, quando ho dovuto andarmene. Spesso, nel piccolo appartamento di via Lanciani dove adesso vivo solo, la nostalgia mi prende; e insieme a mia madre e alla casa mi torna in mente anche mio padre, che pure é morto tanti anni fa. E l'immagine di lui che mi ritorna é sempre la stessa, e mi porta di tanto indietro nel.tempo: é mio padre che stappa champagne e brinda con gli occhi pieni di lacrime quando io ho appena vinto il concorso per la polizia. (Lui é seduto accanto a me sul divano del salotto, ha riempito le coppe, piange e mi stringe un poco il collo; mia madre è seduta in un angolo, taciturna, e mi guarda; Giuseppina, che si è tolta il grembiule e la crestina, è in piedi, é. com[...]

[...]io movimento, gli orari del mio ritorno a casa, lo svolgimento del mio lavoro in ufficio; né, se uscivo dopo
cena, mi era gravosa l'immancabile istruttoria : « dove vai... con chi vai... ma se sei uscito ieri sera... chi svolge il tuo lavoro non può fare vita di mondo ».
Così per dieci anni. Quando poi ebbi toccato i quaranta, mia madre decise per me il matrimonio. Cominciò ad accennarvi vagamente; poi prese a portarmi esempi di amici cari che adesso godevano di figli,
di affetti. Finalmente, adottò una specie martellante di lamento: le restavano pochi anni di vita, ripeteva a non finire, e non sarebbe morta contenta a sapermi « solo come un cane ». Inoltre, si rifaceva in continuazione a parenti o conoscenti « finiti in mano alla serva », o a casi di scapoli in un modo o nell'altro caduti e svergognati; ricordandomi i miei anni, e rinfacciandomi il mio temperamento portato ai comodi, ai sentimenti domestici.
Io, su questo punto, anche se dolendomene, ero assolutamente deciso a non obbedirle. Non volevo cambiare bruscamente la mia vita [...]

[...]o con rade parole, ad abbandonare l'argomento. Giuseppina origliava, nascosta dietro la porta.
In due anni saranno sfilate in casa mia trenta ragazze: alcune una sola volta, altre — quelle che mia madre riteneva le più idonee — più volte. Ma ad un certo punto la ribellione s'è fatta strada in me, e non sono riuscito a reprimerla: sicché vivevo nel timore continuo che la stizza crescente mi facesse esplodere contro mia madre. Il sangue, infatti, adesso mi affluiva copioso alla faccia ogni volta che lei al mattino entrava nella mia stanza, si sedeva sul mio letto e diceva: «Oggi viene a trovarci una ragazza simpaticissima, la figlia di... », e nominava un amico di mio padre. Io dicevo di non ricordarlo, e lei incalzava : « Ma se ti ha tenuto tante volte sulle ginocchia »; oppure: « Ma se ti ha fatto da padrino alla cresima ». Riuscivo a dire « non so... non mi ricordo », mi passavo le mani sulla faccia per calmarmi, poi la pregavo di andare di là e di lasciarmi alzare.
In un pomeriggio nel quale doveva esserci una di queste visite, sono usc[...]

[...]a trovato te stesso, ti posso aiutare ».
« Non capisco » ho ripetuto.
« Ti devi sposare » ha asserito.
«
E stata mamma che ti ha fatto venire a Roma » ho detto secco. Lui si è schermito, ma malamente.
« Sappi una volta per sempre » ho strillato andando verso la porta, « che non ho nessuna intenzione di sposarmi ».
« Aspetta un momento » ha detto lo zio scandendo le sillabe. « Te l'ho suggerito per il tuo bene... Io l'ho fatto lo sbaglio, e adesso lo pago... La serva mi ruba... I parenti mi danno fastidi... La sera torno a casa, e chi trovo? Nessuno... E che vuoi riparare, a sessantacinque anni? ».
« Ti ringrazio ma il matrimonio non fa per me, e so pensare da solo alla mia vita » l'ho interrotto.
« La fregatura tua è stata quella di essere figlio unico » ha ribattuto. « Questo è il fatto ».
Ci siamo messi a strillare tutti e due. Non ho un ricordo preciso perché ero in preda all'agitazione, ma devo essere stato violento e forse anche volgare, perché ad un certo momento lo zio ha detto « quand'è così... », ed è andato in cucina da m[...]

[...]a.
L'ho guardato con affetto. Richiudendo la porta mi sono tornati tanti pomeriggi di festa lontani: mi portavano in giro per le case dei parenti, zio Alfonso era quello che m'incuteva la soggezione maggiore, fumava sempre ed aveva tutte le dita marroni per la nicotina.
Ho respinto ricordo e dolcezza e sono andato in cucina per redarguire mia madre. L'ho trovata che preparava un dolce con Giuseppina.
« Così non può andare, mamma » ho detto. « Adesso non ti bastano più le ragazze, adesso mi cacci in casa anche i parenti».
Mia madre non mi ha risposto; ha tratto dalla tasca un fazzoletto e si è messa a piangere. Giuseppina è andata via.
Io sono uscito e sono andato in ufficio, e quella sera ho conosciuto Wanda.
La stava interrogando il maresciallo Porzio, intorno ad una rissa assai violenta che era scoppiata la mattina su un tram. Io ero entrato da lui perché mi pareva di aver dimenticato un'agenda sul suo tavolo, e il grande corpo di Wanda mi aveva subito impressionato. Lei aveva volto di scatto il capo verso di me, e mi aveva guardato con diffidenza.
Stava deponendo a fa[...]

[...]mendo con la sua faccia la mia nuca contro il finestrino. Allora l'ho respinta fino a ricollocarla al suo posto, l'ho baciata anch'io con forza e l'ho toccata un po' dappertutto.
Poco dopo siamo andati in una trattoria della Cassia. Mangiando di lena i ravioli grassi, o giocando con le posate, Wanda mi ha detto che si sentiva tanto sola: il padre era morto, la madre s'era messa a vivere con un rigattiere, e lei viveva in una stanza ammobiliata. Adesso poi aveva perso anche il fidanzato, per la rissa. Costui, che si chiamava Lucio, sosteneva che lei s'era accorta di quei toccamenti e aveva lasciato correre. « Ho capito che donna sei » le aveva detto appena erano scesi dal tram, poco prima che lo arrestassero; le aveva dato due schiaffi e le aveva strillato « non ti voglio più vedere ». « Io invece non me n'ero accorta » ha continuato Wanda; «credevo che quello non lo facesse apposta, il tram era pieno e stavamo stretti ». Lei gli voleva bene ma era stanca. Lui faceva una brutta vita e non dava affidamento: una condanna a tre mesi per un'alt[...]

[...]rgo mi disturbava sempre di più. Mi pareva di vivere in uno stabilimento industriale, per l'andirivieni continuo, il personale numeroso davanti al quale dovevo passare, il rumore delle macchine che la mattina pulivano i pavimenti. In più, dovevo scegliere fra lo stare nella sala in mezzo agli altri, e il ridurmi nella mia camera, dove non potevo fare nient'altro che non fosse il dormire. Sicché una sera, lungo l'Appia Antica, ho detto a Wanda: « Adesso cerchiamo un appartamento e andiamo a vivere insieme, se ti va ». Wanda
120 RAFFAELE CRIVARO
mi ha guardato incredula, ma vedendo che non scherzavo, si é prodotta in una pantomima gioiosa: ha battuto le mani, ha saltellato coi fianchi sul sedile, mi ha baciato con foga. Poi mi ha voluto aggiustare il nodo della cravatta.
Abbiamo visto insieme diversi appartamenti ammobiliati, ma presto ho capito che era impossibile fare quelle ricerche con Wanda. Per la verità alcuni di questi appartamenti ci erano mostrati da vecchie oscene, altri da gente svergognata; ma i modi di Wanda m'irritavano. Fac[...]

[...]moniale e da una stanza per il soggiorno. Wanda ha disdetto subito la stanza di via Famagosta; e quando ha portato la sua roba nell'appartamento ha pianto. Ha spiegato che quella per lei era una gioia nuova. Quando poi le ho detto che avrebbe fatto la donna di casa, e che poteva lasciare il lavoro, il pianto le si è fatto dirotto. Mi ha abbracciato a lungo appoggiandomisi, mi ha bagnato tutta la faccia e mi ha appannato gli occhiali.
Mi sentivo adesso più libero e pieno, più affondato nella vita; mi pareva di esistere come una persona nuova. Quando la mattina mi alzavo Wanda dormiva ancora, Giuseppina era lontana ed io dovevo badarmi da me. Mi alzavo in una maniera svelta, quasi sportiva. Durante la toilette non pensavo; i particolari impiccianti del corso della vita non mi pungevano piú. Anche le parole che dicevo erano diverse, come se avessi buttato via tutto il vecchio repertorio. In ufficio ero allegro, e tutto dell'ambiente mi pareva accettabile: i mobili vecchi e scalfiti, la luce blanda e triste che filtrava attraverso i vetri opac[...]

[...]lla vita non mi pungevano piú. Anche le parole che dicevo erano diverse, come se avessi buttato via tutto il vecchio repertorio. In ufficio ero allegro, e tutto dell'ambiente mi pareva accettabile: i mobili vecchi e scalfiti, la luce blanda e triste che filtrava attraverso i vetri opachi delle finestre, l'odore delle pratiche e dell'inchiostro per timbri. Analizzavo poco le cose, mettevo meno veleno nel comando, comprendevo di piú.
Ogni giorno, adesso, telefonavo a mia madre. Lei si limitava a chiedermi notizie sulla salute, e a domandarmi se il riscaldamento, dove mi trovavo, era sufficiente; al massimo accennava a qualche novità, che per solito riguardava i parenti: sua cugina s'era aggravata, zio Alfonso era stato fatto commendatore. Per la sicurezza che le traspariva dalla vo
AVVENTURA DI UN COMMISSARIO 121
ce, e per l'astensione da qualsiasi tentativo di carpirmi l'indirizzo, mi pareva che stesse ordendo fiduciosa una qualche insidia per riavermi. Ma non me ne curavo.
La sera, adesso, dall'ufficio uscivo un po' prima. A casa trovav[...]

[...]l riscaldamento, dove mi trovavo, era sufficiente; al massimo accennava a qualche novità, che per solito riguardava i parenti: sua cugina s'era aggravata, zio Alfonso era stato fatto commendatore. Per la sicurezza che le traspariva dalla vo
AVVENTURA DI UN COMMISSARIO 121
ce, e per l'astensione da qualsiasi tentativo di carpirmi l'indirizzo, mi pareva che stesse ordendo fiduciosa una qualche insidia per riavermi. Ma non me ne curavo.
La sera, adesso, dall'ufficio uscivo un po' prima. A casa trovavo Wanda che mi aspettava ascoltando canzonette alla radio, tenuta a pieno volume. Mi cambiavo, poi uscivo con lei. Andavamo al cinema, o a passeggio per il centro, o a comprare biancheria. Al cinema. Wanda mi spingeva sempre verso il fondo della sala. Mi abbracciava, ma nei momenti salienti del film ritornava composta. Mentre camminavamo per le strade del centro mi tratteneva davanti alle vetrine dei negozi, era allegra e m'indicava ad alta voce gli oggetti esposti. Molti la notavano, e spesso mi arrivavano parole salaci.
Un giorno mi ha chiest[...]

[...]i aiutava a svincolarmi dal passato mio. Ne risultava una grande libertà: sempre di più si dileguava la paura di vivere. Non avevo più il gusto affannato di scandagliare le miserie delle donne, come quando dovevo accontentarmi di conoscerle nell'intuizione, in virtù degl'interrogatorî fatti a quelle che incappavano nel mio mestiere; non era più necessario che io fantasticassi sulla rovina di donne e di uomini, e me ne alimentassi per rabbonirmi. Adesso i racconti sereni che Wanda mi faceva, di stenti e di brutture, mi cancellavano ogni residuo di una giovinezza solitaria, e mi rendevano l'ansia passata accettabile come una cronaca.
Inoltre, se è vero che a sentirmi senza mia madre, così solo con Wanda di fronte alla vita, provavo qualche brivido di disperazione, tuttavia la voce di Wanda, o il suo lavarsi veloce, o il suo farsi scattare addosso le giarrettiere, o il suo girare discinta nello stesso spazio dove an
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ch'io vivevo, se appena vi badavo, mi ridavano subito la fede nella giornata, nella gente.
Ho[...]

[...]hiocchezza, ma che partiva dal cuore, ed io dovevo badare al pensiero.
Wanda è tornata e si è seduta. Porzio ha preso a parlarmi di certi lavori murari che in ufficio ormai urgevano, ma io non l'ho seguito perché Wanda aveva intanto accavallato le gambe e le stava muovendo, in maniera che la veste le salisse. Mi sono messo gli occhiali per seguire bene la moina, e ho guardato Wanda malamente. Porzio, continuando a parlare con la voce fattaglisi adesso fessa, ha fatto una faccia tragica: cercava di non guardare le cosce di Wanda ma non ci riusciva. Io ho portato il discorso ad una conclusione, e l'ho congedato.
Subito dopo avergli chiuso dietro la porta, ho schiaffeggiato Wanda con violenza. Lei s'è riparata la faccia, e ha negato di aver voluto mostrare alcunché. « Troia » le ho detto. « Sarai sempre una troia ». Lei si è messa a piangere. Ho guardato le lacrime che le percorrevano la faccia, ho alzato di più la voce e l'ho ingiuriata ancora. Poi un pensiero preciso mi ha attraversato il cervello: « Col maresciallo... » ho detto, e le ho [...]

[...]iostre ed autopiste).
Al luna park, ha voluto innanzi tutto sparare al tiro a segno. Poi sia mo andati sulle montagne russe. Quando il vagoncino pareva che preci pitasse, rideva in una maniera brutale. Ha anche strillato, e le é uscita un po' di bava.
Qualche giorno dopo, entrando una sera nella stanza di Porzio, l'ho trovato che parlava al telefono a bassa voce, confidenziale e compreso. Appena ha visto che ero io ad essere entrato ha detto « adesso la lascio, scusi... ». Chi parlava con lui deve aver insistito per trattenerlo, perché Porzio ha detto .« abbia pazienza, signora, la devo proprio salutare ». Detto « signora » mi ha guardato con timore evidente, forse simultaneo al pentimento di aver pronunziato la parola superflua; poi rapido ha collocato il microfono al suo posto. Io dovevo parlargli dei lavori murari da farsi, ma il sospetto mi ha assalito, e gli ho detto « vieni da me più tardi ».
Sono tornato nella mia stanza. L'atteggiamento di Porzio mi faceva certo che chi parlava al telefono con lui era mia madre, o era Wanda. Ho f[...]

[...]ei a non ostinarsi a volermi vedere sposato. In più, questa condizione di scapolo solitario mi pare ingiustificata, per qualche verso eccessiva.
430 RAFFAELE CRIVARO
Qualche volta mi prende un'ansia carezzevole di tornare da mia madre (che non mi ha più cercato), di ricomparire di sorpresa davanti a Giuseppina. Ma poi succede che debbo correre in ufficio, o che ho sonno, o che debbo lamentarmi con la serva perché le camicie sono stirate male.
Adesso, mi trattengo in ufficio più del solito e cerco di allargare i miei interessi, perché se ne giovi la carriera. Pare che nessuno sia venuto a conoscenza dei miei casi, e questo è assai importante. Con Porzio, corrono i rapporti di sempre; sebbene, una tal quale maggiore rigidità, da parte mia, stia agevolando lo svolgimento del lavoro.
La sera, vado spesso al cinema. Se non esco, mi faccio cocktails di frutta col frullatore, e leggo romanzi gialli. Ho anche comprato un fonografo, e alcuni dischi di canzoni. Ogni tanto li ascolto, mi prende uno struggimento breve e penso a Wanda, che fa all'am[...]



da Ernesto De Martino, Apocalissi culturali e Apocalissi Psicopatologiche in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1964 - 7 - 1 - numero 69

Brano: [...]oposito del sedile del tram, sul quale si trova seduto:
Appoggio la mano sul sedile, ma la ritiro precipitosamente. Questa cosa sulla quale sono seduto, sulla quale appoggiavo la mano si chiama sedile. L'hanno fatta apposta perché uno possa sedersi, hanno preso dei cuoi, delle molle, delle stoffe, e si son messi al lavoro con l'idea di fare un sedile, e quando l'hanno fatto era questo che avevano fatto. L'hanno portato qui, in questa scatola, e adesso la scatola rotola e traballa, coi vetri che tremano, e porta nei suoi fianchi questa cosa rossa. Mormoro: è un sedile, un pò come un esorcismo. Ma la parole mi resta sulle labbra; rifiuta di andarsi a posare sulla cosa. Questa rimane quella che è, con la sua felpa rossa, con migliaia di striscette rosse, tutte rigide, che sembrano zampette morte. Questo enorme ventre che fluttua in questa scatola, nel cielo grigio, non è un sedile. Potrebbe essere altrettanto bene un asino morto, per esempio, gonfiato dall'acqua, e che fluttua alla deriva, a pancia all'aria, in un gran fiume d'inondazione: ed[...]

[...]a, 1960, p. 56. Per la «banalità» degli ambiti percettivi coinvolti nel vissuto di mutamento e di spaesamento (p.es. alcune sedie messe in fila, il riflesso del sole sulla strada, tre tavole bianche in un caffè), cfr. MEYERGRoss, Clinical Psychiatry, London 1958, p. 238.
130 ERNESTO DE MARTINO
tocca, con un certo compiacimento, la scrivania, la macchina da scrivere, il tavolo, ne descrive la materia. Poi prende in mano un portacenere e dice: « Adesso lo sento vivo nelle mie mani, so chi è di maiolica: prima sembrava finto ».
L'inizio della crisi di spaesamento, oltre che repentino, é — per riprendere la notazione di Camus — «derisorio », «miserabile »: tutto pub cominciare dal più ovvio e dal più banale, dai pomodori del mercato come — nell'avventura di Roquentin — dal sassolino della spiaggia. La destrutturazione dello sfondo di domesticità implica appunto questa continua dissipazione nel derisorio, questo restar senza margine di ripresa davanti a dati banali, senza potersi mai raccogliere in quel centro operativo che alimenta il suo ca[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Adesso, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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