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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 723

Brano: [...]le del lavoro, svoltasi a Ginevra. Intanto A. Creech Jones, che più tardi diverrà Segretario coloniale, rielaborava secondo concetti inglesi lo statuto dell’I.C.U. che, così riformata, raggiunse gli 80.000 iscritti, più 250.000 simpatizzanti (da “La mia vita”, di Kadalie) .

F. Brockway, “rivoluzionario” del Partito laburista indipendente, diventò “consigliere personale” di Kadalie, ma il Congresso delle Trade Unions britanniche, cui erano sindacalmente affiliati i “bianchi” del Sudafrica, respinse l’adesione dell’I.C.U..

Nel dicembre del 1927 il presidente del C.P.S.A. W.H. Andrews e il sindacalista laburista R. Stuart, consigliarono anche al Congresso delle Trade Unions sudafricane di respingere l’adesione dell'I.C.U., con il pretesto che i 100.000 membri africani dell’I.C.U. avrebbero sommerso

100.000 forti “bianchi” delle Trade Unions. In effetti, il 15.1.1928, su una mozione di Andrews appoggiata da Weinbren (anch’egli del C.P.S.A.), le Trade Unions del Sudafrica votarono contro l’ingresso dell’I.C.U..

In luglio il Congresso delle Trade Unions di Motherwell inviò come “consigliere” a Kadalie W.G. Ballinger (che più tardi diverrà un “rappresentante nativo” nel Senato “bian[...]

[...]n effetti, il 15.1.1928, su una mozione di Andrews appoggiata da Weinbren (anch’egli del C.P.S.A.), le Trade Unions del Sudafrica votarono contro l’ingresso dell’I.C.U..

In luglio il Congresso delle Trade Unions di Motherwell inviò come “consigliere” a Kadalie W.G. Ballinger (che più tardi diverrà un “rappresentante nativo” nel Senato “bianco”). Kadalie scriverà in seguito a questo proposito: « Ho avuto un dittatore ». Sta di fatto che il sindacalista inglese « organizzò l’I.C.U. fuori dall’esistenza », come si dirà più tardi nei circoli liberali: nel 1929, per il convergere di pressioni liberali, fabianiste e del C.P.S.A., Kadalie fu allontanato dall'I.C.U. e la potente organizzazione I.C.U. presto crollò.

La “repubblica nera"

L’altro aspetto della “politica laburista bianca” che garantiva la perfetta integrazione dei lavoratori europei nel sistema colonialista era costituito da una serie di misure per assicurare illimitate scorte di mano d'opera africana a bassissimo costo, facilmente spostabile, e contemporaneamente per impe[...]

[...]rali: nel 1929, per il convergere di pressioni liberali, fabianiste e del C.P.S.A., Kadalie fu allontanato dall'I.C.U. e la potente organizzazione I.C.U. presto crollò.

La “repubblica nera"

L’altro aspetto della “politica laburista bianca” che garantiva la perfetta integrazione dei lavoratori europei nel sistema colonialista era costituito da una serie di misure per assicurare illimitate scorte di mano d'opera africana a bassissimo costo, facilmente spostabile, e contemporaneamente per impedire l’urbanizzazione di questa forzalavoro con il sistema della ghettizzazione, ma anche per prevenire nello stesso tempo la trasformazione di elementi ex tribali in contadini stabili. Queste misure erano rese necessarie dall'espansione delle manifatture e dal ricordo del fallimento del tentativo, compiuto tra il 1900 e il 1905, di sostituire i minatori africani con mano

d'opera cinese importata. Tra queste misure fu il decreto di tassazione dei nativi, introdotto nel 1925 per cacciare la mano d’opera dalle riserve imponendo forti tasse in d[...]

[...]lavoro con il sistema della ghettizzazione, ma anche per prevenire nello stesso tempo la trasformazione di elementi ex tribali in contadini stabili. Queste misure erano rese necessarie dall'espansione delle manifatture e dal ricordo del fallimento del tentativo, compiuto tra il 1900 e il 1905, di sostituire i minatori africani con mano

d'opera cinese importata. Tra queste misure fu il decreto di tassazione dei nativi, introdotto nel 1925 per cacciare la mano d’opera dalle riserve imponendo forti tasse in denaro. Nel 1926 si ebbe la Convenzione di Mozambico, stipulata con il ministro delle Finanze portoghese Salazar, per reclutare 100.000 mozambicani all'anno destinandoli alle miniere d’oro del Sudafrica, in cambio di un premio da pagarsi appunto in oro al governo portoghese per ciascun lavoratore deportato (questo sistema sarà continuato da S. Machel dopo l’indipendenza del Mozambico nel 1974). Seguì, nel 1927, il decreto dell’Amministrazione nativa che estendeva la rete delle “autorità native”, aprendo la strada al decreto delle autorità bantù che, nel 1951, avrebbe istituzionalizzato i “bantustan”.

In questa elaborazione razzista del dominio indiretto, il C.P.S.A. inserì

10 slogan di Bucharin per una “repubblica nera”, riportato da La Guma che nel 1928 aveva partecipato a! Ili Congresso deH’Internazionale Comunista. Ma Andrews, Bunting e E. Roux si opposero a tale idea, adducendo il fatto che avrebbe « provocato l’ostilità dei [...]

[...]trada al decreto delle autorità bantù che, nel 1951, avrebbe istituzionalizzato i “bantustan”.

In questa elaborazione razzista del dominio indiretto, il C.P.S.A. inserì

10 slogan di Bucharin per una “repubblica nera”, riportato da La Guma che nel 1928 aveva partecipato a! Ili Congresso deH’Internazionale Comunista. Ma Andrews, Bunting e E. Roux si opposero a tale idea, adducendo il fatto che avrebbe « provocato l’ostilità dei bianchi ». L Bach, anche lui membro europeo del partito, interpretò da parte sua la “repubblica nera” come « una federazione di repubbliche native indipendenti », che sarebbe stata poi una forma di segregazione territoriale.

Nel 1934 II 90% del Comitato esecutivo bianco del C.P.S.A. aveva abbandonato lo slogan della “repubblica nera” come imbarazzante per

11 lavoro da compiere tra i lavoratori tessili sudafricani e per il nuovo “fronte popolare” antifascista da realizzare con gli europei “democratici”. Il Primo maggio 1934 il Lenin Club (precursore del Partito dei lavoratori) si oppose alla “repubblica [...]

[...] poi una forma di segregazione territoriale.

Nel 1934 II 90% del Comitato esecutivo bianco del C.P.S.A. aveva abbandonato lo slogan della “repubblica nera” come imbarazzante per

11 lavoro da compiere tra i lavoratori tessili sudafricani e per il nuovo “fronte popolare” antifascista da realizzare con gli europei “democratici”. Il Primo maggio 1934 il Lenin Club (precursore del Partito dei lavoratori) si oppose alla “repubblica nera” perché faceva « dei contadini nativi arretrati l’avanguardia della rivoluzione ». Lo stesso club dibattè una lettera di Trotzky dell’aprile 1934, che proponeva un programma basato suH’antirazzismo e su rivoluzione agraria. Il Lenin Club si divise in Partito dei lavoratori e in Sezione della Quarta Internazionale. Dopo l’assassinio di Trotzky (1940) entrambe le organizzazioni abbandonarono la Quarta Internazionale avendo questa accettato la spartizione della Palestina e dell’india, e negli anni Quaranta considereranno i “paesi socialisti” dell’Europa Orientale come stati “borghesi”. Entrambe saranno poi soppres

se, insieme al C.P.S.A., dalla legge del 1950 contro il comuniSmo.

Rappresentanze indigene “bianche”

Nel 1936, quando il governo di coalizione tra il filoinglese Smuts e il boero Hertzog varò le nuove leggi sulla terra e suH’amministrazione indigena e quella sulla rappresentanza indigena (Native Land and Trust Act; Native Representation Act), provvedimenti che miravano esattamente al contrario di quanto[...]

[...]egli anni Quaranta considereranno i “paesi socialisti” dell’Europa Orientale come stati “borghesi”. Entrambe saranno poi soppres

se, insieme al C.P.S.A., dalla legge del 1950 contro il comuniSmo.

Rappresentanze indigene “bianche”

Nel 1936, quando il governo di coalizione tra il filoinglese Smuts e il boero Hertzog varò le nuove leggi sulla terra e suH’amministrazione indigena e quella sulla rappresentanza indigena (Native Land and Trust Act; Native Representation Act), provvedimenti che miravano esattamente al contrario di quanto veniva indicato nel loro nome, 500 delegati di tutte le organizzazioni noneuropee sindacali, religiose, politiche e culturali si incontrarono a Bioemfontein per fondare la Convenzione di tutti gli africani [A.A. C.), la prima organizzazione nazionale che superava le divisioni tra africani, coloureds e indiani. La conferenza adottò la risoluzione di boicottare qualsiasi elezione di rappresentanze indigene “bianche” per un Parlamento che era compietamente “bianco” e la elezione di africani al Consiglio dei rappresentanti indigeni (N.R.C.) che veniva instaurato dalla nuova legge. In questa stessa occasione il dottor G.H. Gool propose di creare un « movimento di liberazione nazionale[...]

[...] elezione di rappresentanze indigene “bianche” per un Parlamento che era compietamente “bianco” e la elezione di africani al Consiglio dei rappresentanti indigeni (N.R.C.) che veniva instaurato dalla nuova legge. In questa stessa occasione il dottor G.H. Gool propose di creare un « movimento di liberazione nazionale », la prima proposta mai formulata di questo tipo.

In seguito alle pressioni della Chiesa anglicana e dei liberali, i capi deH'A.A.C., compreso Mfutsinyana del C.P.S.A., accettarono tuttavia il cosiddetto “compromesso della Città del Capo” e in luglio, in una seconda conferenza deH'A.A.C., cui parteciparono 206 delegati in rappresentanza di 112 organizzazioni, entrambi i progetti di legge del 1937 vennero accettati. Una mozione di C. Kadalie per boicottarli fu “rimandata”.

Nella successiva conferenza dell’A. A.C., svoltasi in ottobre, il rappresentante del Partito dei lavoratori Dladla propose un’altra mozione di boicottaggio, chiedendo un « parlamento separato e indipendente ».

Il C.P.S.A. sospese dal partito M. Kotane e altri africani per aver criticato la nuova linea di “sicurezza collettiva” che vedeva schierarsi il C.P.S.A. con i razzisti liberali, sionisti e laburisti in una Lega antifascista (ma contro il fascismo tedesco, non quello del Sudafrica). Dissidenti noneuropei del C.P.S.A. si raccolsero allora intorno a G.H. Gool (che verrà per questo classificato “asiatico”), il quale diede vita [...]

[...]Partito dei lavoratori Dladla propose un’altra mozione di boicottaggio, chiedendo un « parlamento separato e indipendente ».

Il C.P.S.A. sospese dal partito M. Kotane e altri africani per aver criticato la nuova linea di “sicurezza collettiva” che vedeva schierarsi il C.P.S.A. con i razzisti liberali, sionisti e laburisti in una Lega antifascista (ma contro il fascismo tedesco, non quello del Sudafrica). Dissidenti noneuropei del C.P.S.A. si raccolsero allora intorno a G.H. Gool (che verrà per questo classificato “asiatico”), il quale diede vita alla Lega nazionale di liberazione (N.L.L.), che diverrà la seconda organizzazione

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 462

Brano: Carli, Giovanni

co, partecipò fin dall’8.9.1943 alla Resistenza, nella Brigata «Sette Comuni » della Divisione Fiamme verdi « Ortigara ». Per le capacità dimostrate nella lotta, divenne poi Commissario politico della divisione.

Nelle giornate insurrezionali, alla testa di un distaccamento attaccò un'autocolonna tedesca catturando numerosi prigionieri e una grande quantità di materiale; ma, sopraggiunti rinforzi al nemico, nella ripresa del combattimento fu mortalmente colpito.

Carli Ballala, Renato

N. a Porto Garibaldi (Ravenna) il 30.4.1904, m. il 18.3.1963; impiegato. Militante della Federazione^giovanile socialista, fu direttore del settimanale La Scintilla. In seguito alle leggi eccezionali fasciste (1926) e durante gli anni del regime, fu sottoposto a vigilanza speciale e a continue vessazioni.

Dopo T8.9.1943 prese parte alla Guerra di liberazione nelle file della Resi[...]

[...]rese parte alla Guerra di liberazione, nelle file della Resistenza. Con i professori Elio Pochettini (Aldo Red) del Conservatorio Musicale di Pesaro e Aldo Col Hard (Ivano Ivani) dell'Università di Trento, costituì il Comando della 79a Brigata Garibaldi, operante nell'alto e nel basso Monferrato, e ne fu vicecomandante. Quando, nell'ottobre 1944, la formazione si trasformò in X Divisione Garibaldi (comprendente le brigate 79a, 107a, 108a e 181a) A.C. assunse (col nome di Piero) la funzione di vicecomandante della divisione stessa e la carica interinale di capo di stato maggiore.

Nel febbraio 1945, in seguito al considerevole aumento degli effettivi della X Divisione (circa 3.000 uomini), il Comando militare regionale piemontese decise di staccarne la 79a Brigata, di dare a questa il nome di Divisione Garibaldi « Viganò » e di affidarne il comando ad A.C.. Tale unità, operante soprattutto sui colli dell'Acquese, il 25.4.1945 liberò Acqui Terme e si spinse fino ad Alessandria, dando un efficace contributo alla insurrezione popolare. Autore del Diario Storico della Divisione Garibaldi « Viganò », dopo la Liberazione A.C. ha ripreso servizio nell'esercito ed è attualmente colonnello del 40° Reggimento fanteria a Bologna.

C.Bo.

Cariucci, Carlo

N. a Siena il 7.11.1902; impiegato. Membro del Partito comunista fin dalla fondazione, nel 1927 fu condannato dal Tribunale speciale per aver svolto attività antifascista. Dopo I'8.9.1943 è stato tra gli organizzatori della Resistenza in provincia di Siena, membro del locale Comitato di Liberazione Nazionale.

Carnaio, Passo del

Il Passo del Carnaio, sul colle omonimo (alt. m 776), lungo la carrozzabile e da Santa Sofia a San Piero in Bagno (Forlì), durante [...]

[...] stato tra gli organizzatori della Resistenza in provincia di Siena, membro del locale Comitato di Liberazione Nazionale.

Carnaio, Passo del

Il Passo del Carnaio, sul colle omonimo (alt. m 776), lungo la carrozzabile e da Santa Sofia a San Piero in Bagno (Forlì), durante la Guerra di liberazione fu teatro di una sanguinosa rappresaglia tedesca.

Il passo era divenuto insidioso per le colonne tedesche in transito che vi venivano spesso attaccate dalle unità dell'8a Brigata Garibaldi operante nella zona. I nazisti, non riuscendo a sorprendere \ partigiani, decisero di ricorrere alla rappresaglia. Il 25.7.1944, operando un ampio rastrellamento nella zona di San

Piero in Bagno, i tedeschi arrestarono tutti gli abitanti del luogo e incendiarono numerose case. Un ragazzo quindicenne che aveva cer* cato di nascondersi, certo Buccheri ni, fu preso e impiccato a un albero. . .

Al termine della giornata erano state catturate e concentrate al Passo del Carnaio una settantina di persone, per la maggior parte vecchi, donne e bambini. A[...]

[...]ttantina di persone, per la maggior parte vecchi, donne e bambini. Alle 21, fatte allontanare le donne ed i bambini, i nazisti fucilarono 7 uomini. Altri 21 rastrellati, condotti sul passo da squadre tedesche sopraggiunte più tardi, furonó anch'essi fucilati. Un padre missionario che si trovava casualmente sul posto, don llario Lazzaroni, fratello del parroco di Montegranelli, conoscendo la lingua tedesca si rivolse al comandante nazista perché facesse cessare la carneficina. Al rifiuto deH'ufficiale il coraggioso sacerdote disse che si sarebbe rivolto al Comando superiore, ma mentre si allontanava fu freddato con una ràffica sparatagli alle spalle.

Nella stessa giornata, in un'altra località della stessa zona, a Cigno di Civitella, i tedeschi catturarono e fucilarono i 5 partigiani Stefano Baravelli, Alvaro Monti, Secondo Castellucci, Silvano Rocco e Benito Valbonesi.

P.D.C.

Carnevali, Francesco

N. a Cuasso al Monte (Varese) il 9.10.1894; edile. Comunista e attivo antifascista, nel 1932 fu arrestato alla frontiera mentre stava entrando in Italia con valige a doppio fondo contenenti stampa comu[...]

[...]e) il 9.10.1894; edile. Comunista e attivo antifascista, nel 1932 fu arrestato alla frontiera mentre stava entrando in Italia con valige a doppio fondo contenenti stampa comunista. Deferito al Tribunale speciale, fu condannato a 5 anni e 8 mesi di reclusione. Dopo J’8 settembre 1943 prese parte alla Guerra di liberazione nazionale, combattendo nella 121a Brigata partigiana.

Carnia, Zona libera della

La regione montuosa comprendente l'alto bacino del Tagliamento (Friuli), nell'udinese, durante la Guerra di liberazione fu teatro di un’intensa attività partigiana e, in certi periodi, divenne « zona libera » (v.). La « zona libera » della Carnia comprese l’intera regione carnica (escluso Tolmezzo) e le tre valli dell’Arzino, della Meduna e del Cellina con 40 comuni, tra cui Ampezzo, Arta, Cavazzo Carnico, Claut, Clauzetto, Comeglians, Erto e Casso, Forgaria nel Friuli, Forni di Sopra, Forni di Sotto, Meduno, Ovaro, Pin

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 202

Brano: [...]to sociale e politico dell’Italia: e anche se questa esperienza non è riuscita, in definitiva, a infrangere il tradizionale moderatismo dei dirigenti cattolici ufficiali, subito rinfocolato nel dopoguerra dal risorgente anticomunismo, essa ha posto le condizioni di una rinnovata presenza democratica dei cattolici nella vita del paese ed ha aperto la strada alla possibilità di nuovi rapporti fra le diverse componenti politiche e ideali in cui si raccolgono le masse popolari.

G.Ch.

L'Azione cattolica, organizzazione di làici che si propone di fiancheggiare l’attività pastorale del clero con opere di apostolato nei più importanti campi della vita sociale, è presente in tutti i paesi cattolici. Con questa denominazione essa è sorta in Italia nel 1906, per iniziativa di Pio X, dopo la soppressione dell’Opera dei congressi e dei comitati cattolici italiani che — dal settembre 1875 — guidava il pensiero e l’azione dei cattolici italiani. Con la sua enciclica II fermo proposito (11.6.1905), Pio X indicò le linee generali della nuova organ[...]

[...]ti campi della vita sociale, è presente in tutti i paesi cattolici. Con questa denominazione essa è sorta in Italia nel 1906, per iniziativa di Pio X, dopo la soppressione dell’Opera dei congressi e dei comitati cattolici italiani che — dal settembre 1875 — guidava il pensiero e l’azione dei cattolici italiani. Con la sua enciclica II fermo proposito (11.6.1905), Pio X indicò le linee generali della nuova organizzazione (la quale avrebbe dovuto raccogliere « i cattolici di tutte le classi sociali, ma specialmente le grandi moltitudini del popolo, intorno a un solo centro comune di dottrina, di propaganda e di organizzazione centrale»); è nel febbraio del 1906 fu chiamato a dirigerla l’avvocato Paolo Pericoli, affiancato da G. Toniolo e dal conte Medolago Albani. Sorse così, con sede in Firenze, l'Unione popolare dei cattolici italiani. Nel corso dello stesso anno sorse l’Unione elettorale cattolica; l’insieme delle già esistenti opere economiche e sociali dei cattolici si costituì in Unione economica sociale e, a fianco di queste organi[...]

[...]to a dirigerla l’avvocato Paolo Pericoli, affiancato da G. Toniolo e dal conte Medolago Albani. Sorse così, con sede in Firenze, l'Unione popolare dei cattolici italiani. Nel corso dello stesso anno sorse l’Unione elettorale cattolica; l’insieme delle già esistenti opere economiche e sociali dei cattolici si costituì in Unione economica sociale e, a fianco di queste organizzazioni, continuò a operare la Società della gioventù cattolica (che già faceva parte dell'Opera elei congressi). Fu infine creato un organo centrale di coordinamento delle quattro associazioni, chiamato Direzione generale deM’associazione cattolica italiana (1908).

Il 2.10.1922 Pio X! riorganizzò l’Azione cattolica, dandole la fisionomia che a grandi linee conserva tuttora, e ne nominò presidente l’avvocato Luigi Colombo, di Milano. Pio XII, eletto Papa nel 1939, procedette a riforme dello statuto che comportarono, tra l’altro, l’abolizione del presidente laico e l’istituzione, al suo posto, di un direttore generale ecclesiastico, assistito eia una Consulta. Alla [...]

[...]
L’azione cattolica comprende attualmente 7 diverse organizzazioni: l’Unione Uomini, l’Unione Donne, la Gioventù maschile, la Gioventù femminile, la Federazione Universitaria Cattolica Italiana (F.U.C.I.), il Movimento Laureati e il Movimento Maestri. Le prime 4 sono a base nazionale, diocesana e parrocchiale, le altre soltanto a base nazionale e diocesana.

Dalla Giunta centrale si irradiano 300 Giunte diocesane e 24.000 Giunte parrocchiali. Accanto a queste organizzazioni principali esistono numerose altre associazioni, sempre connesse con l’Azione cattolica, operanti nei diversi settori della vita sociale: i Comitati civici, l'Associazione cattolica dei lavoratori italiani (A.C.L.I.), la U.C.I.T. (che raggruppa i tecnici), la G.I.O.C. (gioventù operaia), la U.C.I.D. (imprenditori e dirigenti), la A.M.C.l. (medici), la A.S.V.I. (associazione scoutistica), il C.S.I. (centro sportivo), il C.C.C. (centro cinematografico), il C.C.T. (centro teatrale), il C.C.R. (centro radiofonico), I’A.V.E. (attività editoriale), VO.P.P.I. (attività pubblicitaria), e altre ancora.

Bibliografia: F. Olgiati, Storia dell'Azione Cattolica in Italia, Milano, 1922; G. De Rosa, L'Azione Cattolica, Il voi., Bari, 1954; G. Candeloro, L’Azione Cattolica in Italia, Roma, Ì949; R. Carli Bai loia,[...]

[...](centro radiofonico), I’A.V.E. (attività editoriale), VO.P.P.I. (attività pubblicitaria), e altre ancora.

Bibliografia: F. Olgiati, Storia dell'Azione Cattolica in Italia, Milano, 1922; G. De Rosa, L'Azione Cattolica, Il voi., Bari, 1954; G. Candeloro, L’Azione Cattolica in Italia, Roma, Ì949; R. Carli Bai loia, L’Azione Cattolica alla conquista dell'Italia, Milano, 1953.

Azione Comunista, L’

Periodico fondato a Firenze nel 1921 da Spartaco Lavagnini, subito dopo la scissione di Livorno e la nascita del Partito Comunista d’Italia (v.). Il primo numero uscì il 29 gennaio, come organo della Federazione comunista fiorentina. Nel suo articolo di presentazione, affermava la òontinuità di La Difesa, rivendicando l’eredità degli ideali e degli obiettivi di lotta di quel periodico fiorentino di cui, solo tre giorni prima, i fascisti avevano devastato e incendiato i locali di via Laura, sede della redazione e della tipografia.

« L’Azione Comunista » ebbe la sua redazione nella sede del Sindacato ferrovieri (in via Taddea, 2) e fu sta[...]

[...]o numero uscì il 29 gennaio, come organo della Federazione comunista fiorentina. Nel suo articolo di presentazione, affermava la òontinuità di La Difesa, rivendicando l’eredità degli ideali e degli obiettivi di lotta di quel periodico fiorentino di cui, solo tre giorni prima, i fascisti avevano devastato e incendiato i locali di via Laura, sede della redazione e della tipografia.

« L’Azione Comunista » ebbe la sua redazione nella sede del Sindacato ferrovieri (in via Taddea, 2) e fu stampata nella tipografia L’industria, in Borgo S.S. Apostoli. Spartaco Lavagnini vide uscire soltanto 5 numeri del giornale che aveva fondato. Il 27 febbraio, 29 giorni dopo l’uscita del primo numero, egli fu trucidato dai fascisti nell’ufficio di via Taddea, mentre stava revisionando il sesto.

Alla direzione del periodico, che continuò ad uscire fino al è>u9no del 1921, subentrò il deputato comunista Fernando Garosi. In tutto il periodo della sua pubblicazione, il giornale fu impegnato a sostenere l’organizzazione del Partito comunista, a spiegare il valore politico e storico della sua polemica coi rifor

misti e con i massimalisti unitari, a denunciare l[...]

[...]il deputato comunista Fernando Garosi. In tutto il periodo della sua pubblicazione, il giornale fu impegnato a sostenere l’organizzazione del Partito comunista, a spiegare il valore politico e storico della sua polemica coi rifor

misti e con i massimalisti unitari, a denunciare la complicità del governo e delle autorità dello Stato con i delitti del fascismo, a incoraggiare e guidare la resistenza dei lavoratori contro il padronato e le squadracce fasciste.

Ventanni dopo, alla caduta del regime, L’A.C. riprese clandestinamente le pubblicazioni. Il primo numero della nuova serie uscì il 9.9. 1943, sempre come organo della Federazione comunista fiorentina, ora diretta da Giuseppe Rossi (v.), e chiamava il popolo a vigilare contro i tedeschi e i fascisti, a formare la Guardia Nazionale armata per affiancare l’esercito nella difesa della patria.

Dal settembre 1943 all’agosto 1944, durante il periodo dell’occupazione tedesca, il giornale uscì regolarmente ogni 15 giorni, come organo di informazione, di propaganda e di organizzazione della guerra partigiana. Esso veniva stampato, sotto la vigi[...]

[...] il popolo a vigilare contro i tedeschi e i fascisti, a formare la Guardia Nazionale armata per affiancare l’esercito nella difesa della patria.

Dal settembre 1943 all’agosto 1944, durante il periodo dell’occupazione tedesca, il giornale uscì regolarmente ogni 15 giorni, come organo di informazione, di propaganda e di organizzazione della guerra partigiana. Esso veniva stampato, sotto la vigilanza armata dei G.A.P., nella tipografia di Bindo Maccanti, in via del Palazzo Bruciato; disponeva di diversi redattori e di una rete capillare di distribuzione, a compar timenti stagni, per la città di Firenze (rioni e fabbriche), per la provincia e per la regione. La tiratura oscillava dalle 4.000 alle 5.000 copie, ma per certi numeri superò le 10.000. Nei giorni della liberazione di Firenze (agosto 1944), si trasformò in quotidiano, ma subito dopo tornò a uscire periodicamente, sempre sotto la direzione di Giuseppe Rossi.

Cessò definitivamente le pubblicazioni nel luglio 1946, per lasciare il posto al nuovo periodico della Federazione comu[...]

[...]00 copie, ma per certi numeri superò le 10.000. Nei giorni della liberazione di Firenze (agosto 1944), si trasformò in quotidiano, ma subito dopo tornò a uscire periodicamente, sempre sotto la direzione di Giuseppe Rossi.

Cessò definitivamente le pubblicazioni nel luglio 1946, per lasciare il posto al nuovo periodico della Federazione comunista: Toscana Nuova. Un numero unico venne ancora pubblicato il 27.2.1949 dalla sezione comunista « Spartaco Lavagnini » che volle così commemorare il 28° anniversario della morte del valoroso dirigente antifascista di cui aveva preso il nome.

M.Fa.

Azione, Partito d’

La sera del 26.7.1943 apparve ufficialmente per la prima volta a fianco dei preesistenti partiti antifascisti (socialista, comunista, cattolico, liberale) il Partito d’Azione, che con essi prendeva posizione unitaria dopo l’annunzio della caduta di Mussolini e della contemporanea formazione del governo Badoglio (v.). Per l’opinione pubblica era un partito costruito in pieno fascismo e allineato agli altri partiti dell’opposiz[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 692

Brano: Cosenza

Dopo I'8.9.1943 sorse a Cosenza il

C.L.N., ma la sua attività cominciò a essere fortemente ostacolata dal prefetto fascista Enrichi fu così che una massa di antifascisti, guidata dai comunisti, il 4.11.1943 invase la prefettura, ne scacciò il dirigente fascista e acclamò capo della provincia l’on. Fausto Gullo. La folla, direttasi poi al comune, insediò sindaco l’avvocato Francesco Spezzano, oggi senatore. Il tutto durò

lo spazio di un sol giorno perché la polizia alleata non convalidò quanto era avvenuto, riunì i dirigenti della manifestazione, li minacciò di esilio e nominò prefetto e sindaco nelle persone dei socialisti on. Francesco Mancini e avvocato Francesco Vaccaro.

F.Sp.

Durante la dittatura fascista furono condannati dal Tribunale speciale 6 antifascisti originari della provincia di Cosenza (tra parentesi, gli anni di reclusione inflitti): Carmine Aronna (3) ; Giacomo Bottino (3) ; Raffaele Caravetta (16); Giuseppe Castiglione (7); Francesco Cundari (3); Achille D’Atri (12). Numerosi gli assegnati al confino, tra cui gli onorevoli Fausto Gullo e Pietro Mancini, il ragioniere Fortunato La Camera, gli avvocati Francesco Crispino e Angelo Corrado, Cesare Curdo, il tipografo Federico Adami, l’impiegato postale Ubaldo Montalto, Salvatore Martire, il dottore Luigi Prato.

Cosmo, Umberto

N. a Vittorio Veneto (Treviso) l’8.6.1868, m. a Corio Canavese (Torino) il 18.11.1944; letterato e giornalista. Storico della letteratura, per diversi anni insegnò all’università di Torino ove ebbe come allievo anche Antonio Gramsci (v.). Redattore de « La Stampa [...]

[...]ità di Torino ove ebbe come allievo anche Antonio Gramsci (v.). Redattore de « La Stampa » negli anni della prima guerra mondiale,^ antifascista attivo di orientamento socialista, fu perseguitato dal fascismo; nel 1926 fu allontanato, sia dal giornale che dall’insegnamento e confinato per qualche tempo a Ustica.

Costa, Andrea

Dirigente socialista. N. a Imola (Bologna) il 30.11.1851, ivi m. il 19.1. 1910, Giovane irrequieto e coraggioso, di acuta, brillante intelligenza, d’animo generoso, nel 1866, quindicenne appena, si presentò per essere arruolato tra i garibaldini, ma non fu accettato dalla commissione di arruolamento a causa della sua ancor verde età. Non datosi per vinto, il giorno della partenza dei volontari da Imola si unì a loro nascondendosi in un vagone, ma fu scoperto dalla polizia a Bologna e

rispedito a casa. Negli anni attorno al 1871 (la Comune di Parigi esercitò su di lui grande fascino) visse la crisi del mazzinianesimo tra le nuove generazioni, affrettata dal contemporaneo estendersi della propaganda bakuniniana. Frequentando l’università di Bologna, seguì le lezioni di Giosuè Carduòci, invano sollecitando dall’amministrazione comunale (che mal fi[...]

[...]ndosi in un vagone, ma fu scoperto dalla polizia a Bologna e

rispedito a casa. Negli anni attorno al 1871 (la Comune di Parigi esercitò su di lui grande fascino) visse la crisi del mazzinianesimo tra le nuove generazioni, affrettata dal contemporaneo estendersi della propaganda bakuniniana. Frequentando l’università di Bologna, seguì le lezioni di Giosuè Carduòci, invano sollecitando dall’amministrazione comunale (che mal fidava della sua già acquisita fama di « ribelle ad ogni tradizione ») un sussidio ai suoi promettenti studi. Né egli smentì questa fama, partecipando a Bologna (4.12.1871) alla costituzione del primo Fascio Operaio sorto in Italia, nonché alla redazione del giornale omonimo che convogliava attorno a sè i primi internazionalisti di Romagna. Il 4.8.1872, a Rimini, partecipò al I Congresso della Federazione italiana dell’Associazione internazionale dei lavoratori e ne venne nominato segretario della Commissione di corrispondenza dell’intemazionale.

Il rivoluzionario e Tesule

Attivissimo e animato da profondo spi[...]

[...]ituzione del primo Fascio Operaio sorto in Italia, nonché alla redazione del giornale omonimo che convogliava attorno a sè i primi internazionalisti di Romagna. Il 4.8.1872, a Rimini, partecipò al I Congresso della Federazione italiana dell’Associazione internazionale dei lavoratori e ne venne nominato segretario della Commissione di corrispondenza dell’intemazionale.

Il rivoluzionario e Tesule

Attivissimo e animato da profondo spirito di sacrificio, A. Costa s'imr pose rapidamente come il capo indiscusso degli internazionalisti romagnoli, acquistando un nome nelle assise internazionali come uno degli esponenti più autorevoli del movimento anarchico prima e socialista poi. Mosso più dalla passione che da un chiaro orientamento teorico, partecipò al tentativo insurrezionale bolognese del luglio 1874, che si risolse con l’arresto suo e di alcuni altri e con un trionfale processo a Bologna due anni dopo. Nel 1877, un secondo fallito tentativo insurrezionale, a San Lupo (Benevento), lo costrinse all’esilio. In Svizzera conobbe Anna Kulisciòff e con lei si trasferì a Parigi. Anche qui attivo nel movimento in

Andrea Costa

ternazio[...]

[...]a due anni dopo. Nel 1877, un secondo fallito tentativo insurrezionale, a San Lupo (Benevento), lo costrinse all’esilio. In Svizzera conobbe Anna Kulisciòff e con lei si trasferì a Parigi. Anche qui attivo nel movimento in

Andrea Costa

ternazionalista, fu arrestato e condannato (maggio 1878) a due anni di carcere. Amnistiato dopo un anno ed espulso dalla Francia, raggiunse in Svizzera la sua compagna.

Quello con la Kuliscioff non fu per A.C. solo il più intenso legame affettivo della sua vita, ma anche il più fecondo intellettualmente. Quando si ritrovarono a Lugano, ad accelerare il processo di decantazione in atto del suo primitivo attivismo anarchico contribuì l’incontro con il noto dirigente socialista francese Benoìt Malon. Da questa evoluzione che era soprattutto ricerca di più efficaci e fecondi metodi di lotta, nasceva nel 1879 la lettera «Ai miei amici di Romagna» sulla cui base, più intenzionale che programmatica, nel 1881 Costa fondò il Partito socialista rivoluzionario. In realtà il. distacco dagli internazionalisti anarchici, nonostante la violenza con cui questi lo attaccarono, fu dal Costa più subito che provocato e, più tardi, il suo ingresso nel Partito socialista fu il frutto, un po’ malinconico, di un processo di reimpostazione della « rivoluzione sociale » che egli aveva fortemente voluto, ma che altri avevano portato avanti con maggior vigore e consapevolezza. Filippo Turati scriverà in proposito: « L’uomo che, a tanto prezzo di persecuzioni, di arresti e di carcere era stato ribelle a tutte le autorità della terra e del cielo... sentì che egli non doveva mettersi a traverso ».

Il parlamentare

Nel 1882 A.C. fu eletto deputato e fu poi riconfermat[...]

[...]rutto, un po’ malinconico, di un processo di reimpostazione della « rivoluzione sociale » che egli aveva fortemente voluto, ma che altri avevano portato avanti con maggior vigore e consapevolezza. Filippo Turati scriverà in proposito: « L’uomo che, a tanto prezzo di persecuzioni, di arresti e di carcere era stato ribelle a tutte le autorità della terra e del cielo... sentì che egli non doveva mettersi a traverso ».

Il parlamentare

Nel 1882 A.C. fu eletto deputato e fu poi riconfermato in tutte le successive legislature, venendo infine chiamato, nell’ultimo anno di vita, alla vicepresidenza della Camera. Dopo il Martello, diede vita (22.8. 1881) a un altro settimanale; effimero ma dal nome foriero, VAvanti!. In Parlamento fu ancora il Costa battagliero dei primi anni. Nel 1889, in seguito ad una nuova condanna, gli fu tolta l’immunità parlamentare e, sia pure per poco, dovette tornare in esilio. Con Nicola Badaloni rappresentò alla Camera dei deputati il Partito socialista sorto nel

1892. La repressione crispina del 1894 lo costri[...]

[...]eguito ad una nuova condanna, gli fu tolta l’immunità parlamentare e, sia pure per poco, dovette tornare in esilio. Con Nicola Badaloni rappresentò alla Camera dei deputati il Partito socialista sorto nel

1892. La repressione crispina del 1894 lo costrinse ancora a rifugiarsi a Lugano, ma con una nuova elezione potè rientrare in patria, per fare l’ennesimo ingresso in carcere in seguito alla repressione di Pelloux nel 1898. Particolarmente vivace fu il suo anticrispismo che si identificava nell’opposizione più recisa a ogni avventura coloniale. Fu il Costa a forgiare il motto « Né un uomo, né un soldo » che sarebbe rimasto, dopo la sua morte, la bandiera di altre battaglie anticolonialiste del movimento operaio italiano (v. Colonialismo e anticolonialismo in Italia).

Declinando fisicamente, visse quasi tutto l’arco dell’età giolittiana assolvendo ormai a una pura funzione



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 31

Brano: [...]o di crescente radicalizzazione delle proprie posizioni, sia nei confronti delle vecchie impostazioni dell'interclassismo che nei confronti dei rapporti con i gruppi di opposizione laica ispirati da Piero Gobetti, nonché con le forze dell’avanguardia del movimento operaio rappresentata da Antonio Gramsci e dall'“Ordine Nuovo”.

Sostenuti dal cardinale arcivescovo Gamba e da una parte della stessa Azione cattolica torinese, Rapelli e i suoi seguaci si trovarono tuttavia ben presto sotto il fuoco delle accuse, non solo da parte della stampa dichiaratamente clericofascista ma anche della dirigenza nazionale di A.C. e dell’alta gerarchia ecclesiastica.

Lo scontro interno all’area cattolica raggiunse l’apice allorché “Il Lavoratore” pubblicò un invito indirizzato da un gruppo di lavoratori cattolici ai loro compagni di lavoro e di fede affinché fossero raccolti fondi per inviare nell Unione Sovietica una delegazione incaricata di accertare direttamente le condizioni di vita e di lavoro dei proletari russi. Era, di fatto, un atto di concretezza (soprattutto in quelle circostanze e in quel clima) per l'unità dei lavoratori auspicata calorosamente dalla corrente politicosindacale rapelliana. Giunse immediata la sconfessione dell’Azione cattolica e, su tutta la stampa controllata dalle gerarchie vaticane, si scatenò l’offensiva contro quella Che era definita un’inammissibile pretesa di rappresentare le autentiche opinioni di masse di lavoratori cattolici.

Nel contempo, giornali della grande stampa d’opinione, come il “Corriere della Sera” di Milano, badavano ad accreditare l’ipotesi che dietro l’iniziativa vi fosse lo stesso Partito Popolare.

Il cardinale segretario di Stato del Vaticano Gasparri intimò allora all’arcivescovo Gamba di prendere i necessari provvedimenti « per il bene stesso delle anime »; e difatti l'autorità ecclesiastica torinese intervenne presso la società stampatrice del giornale (la Società Editrice Piemontese) per impedire che il foglio proseguisse nelle pubblicazioni.

Negli ultimi mesi di vita della Confederazione italiana di lavoratori, Rapelli condivise con Achille Grandi e Giovanni Gronchi la responsabilità di “triumvir[...]

[...] cardinale segretario di Stato del Vaticano Gasparri intimò allora all’arcivescovo Gamba di prendere i necessari provvedimenti « per il bene stesso delle anime »; e difatti l'autorità ecclesiastica torinese intervenne presso la società stampatrice del giornale (la Società Editrice Piemontese) per impedire che il foglio proseguisse nelle pubblicazioni.

Negli ultimi mesi di vita della Confederazione italiana di lavoratori, Rapelli condivise con Achille Grandi e Giovanni Gronchi la responsabilità di “triumviro” nella Direzione deH’ormai condannato organismo sindacale cattolico (Grandi, del resto, si era associato alla condanna contro il presunto “estremismo” dei

“rapelliani”, e Gronchi da parte sua aveva seguito le direttive del P.P.I. nel prestarsi a coprire il posto di sottosegretario nel primo gabinetto Mussolini).

Costretto alla solitudine politica, Rapelli si ritrasse a vita privata e, fino al 1937, il suo nome comparve regolarmente nelle liste dei “sovversivi” sottoposti a speciale sorveglianza dalla polizia fascista.

Nella Resistenza

Nel settembre del 1942, iniziatasi la ricostituzione a Torino del nuovo partito che si sarebbe denomi[...]

[...]sorveglianza dalla polizia fascista.

Nella Resistenza

Nel settembre del 1942, iniziatasi la ricostituzione a Torino del nuovo partito che si sarebbe denominato Democrazia cristiana, Rapelli partecipò alla rinascita dell’organizzazione cattolica e, durante i 45 giorni del governo Badoglio, a partire dall’agosto 1943 (con il socialista Luigi Carmagnola e il comunista Giorgio Carretto) resse in qualità di commissario l’Unione torinese dei sindacati dell’industria.

Iniziata la Guerra di liberazione, divenne membro del triumvirato sindacale della D.C. per l’Alta Italia e fece parte anche del Comitato sindacale clandestino torinese nominato dal C.L.N. regionale.

Arrestato a Milano nell'ottobre 1944, scontò cinque mesi di carcere e potè riacquistare la libertà solo grazie a uno scambio di ostaggi.

Secondo dopoguerra

All’indomani della Liberazione fu tra i segretari della Camera del lavoro di Torino. Dall’ottobre del 1946 all’aprile del 1947 ricoprì la carica di dirigente della corrente cattolica nella C.G.I.L. (v.), subentrando ad Achille Grandi al momento della sua scomparsa.

Deputato alla Costituente eletto nelle liste della D.C., conservò il mandato parlamentare fino al 1963. Fondatore delle A.C.L.I. torinesi, ne tenne a lungo la presidenza provinciale e regionale, lasciando in esse un’impronta di marcato legame con la base operaia, destinato a durare e a qualificare più tardi un filone dell’organizzazione per il suo forte accento di sinistra.

Promotore del S.I.D.A.

Nella realtà di tensioni sindacali e politiche acutissime intervenute a «partire dagli anni Cinquanta nella “capitale deH'automobile”, con un imprevisto scarto rispetto al suo precedente percorso sindacale Rapelli si fece promotore del Sindacato italiano dell’automobile [S.I.D.A.), associato alla Confederazione internazionale dei sindacati cristiani (C./.S.C.), creatura palesemente asservita alla politica padronale della FIAT e di cui egli tardò a comprendere il ruolo di stru

mento di rottura antioperaia. Quando la funzione del S.I.D.A. divenne persino smaccata, Rapelli lo sconfessò: ma il suo grave abbaglio compromise l’immagine di Rapelli presso i lavoratori cattolici, respingendolo ai margini della vita sindacale e anche di quella politica.

Si spense dopo lunga malattia, quasi ignorato dagli antichi collaboratori.

M.Gi.

Raphael Mafai, Antonietta

N. nel 1902 a Wilno (Lituania); scultrice.

Figlia di un rabbino, diplomata in pianoforte, dopo aver studiato scultura a Londra con Jacob Epstein e poi a Parigi, nel 1923 arrivò a Roma, dove nel 1924 incontrò Mario Mafai (v.) che sposò l’anno seguente.

Con il marito e con Scipione (Gino Bonichi), Marino Mazzacurati e altri contribuì a dar vita al gruppo artistico che sarà chiamato Scuola Romana, oggi considerato la prima esperienza di un movimento di dissenso e antagonista rispetto alla retorica classicheggiante del “novecentismo” fascista.

A partire dalla metà degli anni Trenta si dedicò sempre più decisamente alla creazione plastica e scultorea, condividendo con Mario Mafai una speciale attrazione per il mondo artistico parigino e frequenti soggiorni a Parigi.

Durante la Seconda guerra mondiale, con il marito e le tre figlie si rifugiò a Genova dal 1940 al 1943 per sfuggire alle persecuzion[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 444

Brano: Lunense, Divisione

per ragioni di carattere militare, ai Comandi delle Brigate Apuane se accettano di incorporarsi in una nuova Divisione in via di formazione.

Detta divisione comprenderebbe le Forze patriottiche di alta montagna delle Zone Apuana e Parmense; sarebbe alle dipendenze gerarchiche del Comando unico di Parma (colonnello Gloria, patriota di indiscusse alte qualità militari).

Come Comandante di Divisione sarebbe nominato un maggiore designato dal colonnello Gloria.

1 motivi che dettano la formazione di tale divisione sono dovuti alle speciale conformazione del terreno montuoso e per la maggiore sicurezza militare delle Brigate Apuane. Inoltre per porre fine alle [...]

[...]ria.

1 motivi che dettano la formazione di tale divisione sono dovuti alle speciale conformazione del terreno montuoso e per la maggiore sicurezza militare delle Brigate Apuane. Inoltre per porre fine alle forti difficoltà alimentari delle Brigate Apuane che ne risentirebbero un immediato miglioramento.

Si prega porre la questione in seno ai Patrioti delle formazioni in oggetto e dare immediata risposta.

LA MISSIONE MILITARE ALLEATA Ft° A.C. Holland Major »

Di fronte allo spettro della fame che si faceva duramente sentire tra i partigiani per la grande scarsità dei prodotti locali e per l’enorme massa di sfollati residenti nella zona, il Comando della « Lunense » fu indotto a subire il ricatto: il 31.3.1945, la « Lunense » venne così ufficialmente sciolta e le sue due Brigate, la « Borrini » e la « Apuana », furono incorporate nella nuova Divisione « Montorsaro » dipendente dal Comando unico di Parma.

In realtà gli accordi rimasero sulla carta: le due Brigate continuarono a sentire la fame, in quanto non un chicco del grano promesso giunse ai partigiani. Esse rimasero quindi, di fatto, militarmente autonome e si diedero a spazzar via tutti i presidi nazifascisti della Lunigiana. Alla metà di aprile 1945 la 4a Brigata « Apuana » ricevette dal Comando unico di Parma 2 mortai da 81 con poche granate. A questa stessa Brigata, dopo aspri combattimenti fra Fivizzano e Licciana, il 26 aprile si arresero agli alpini della « Monterosa » rimasti in Garfagnana e i resti della 146a Divisione tedesca. fì.Ja.

Bibliog[...]

[...] via tutti i presidi nazifascisti della Lunigiana. Alla metà di aprile 1945 la 4a Brigata « Apuana » ricevette dal Comando unico di Parma 2 mortai da 81 con poche granate. A questa stessa Brigata, dopo aspri combattimenti fra Fivizzano e Licciana, il 26 aprile si arresero agli alpini della « Monterosa » rimasti in Garfagnana e i resti della 146a Divisione tedesca. fì.Ja.

Bibliografia: R. Battaglia, Un uomo, un partigiano, RomaMilano 1945; R. Jacopini, Canta il gallo, Milano 1960; Emidio Mosti, La Resistenza apuana, Milano 1973.

Luneto, Battaglia di

Località del comune di Bore (Parma), al punto d’incontro delle strade che da Fiorenzuola d’Arda e da Salsomaggiore portano a Bardi, il

14.7.1944 Luneto fu teatro di un importante scontro tra forze partigiane e nazifascisti.

Preavvertito di un vasto rastrella

mento iniziato dal nemico in tutta la zona, il Battaglione « Forni » della 12a Brigata Garibaldi si spostò presso Luneto e, al sopraggiungere di una forte colonna nazifascista, impegnò battaglia.

I partigiani si batte[...]

[...]etti da un’autoblindo, stimarono conveniente ritirarsi portandosi dietro i loro morti.

Nello scontro caddero 5 partigiani: Carlo Bottoni, Armando Leone, Vittorio Sorenti, i fratelli Emilio e Rolando Vignali.

Lunigiana

Regione naturale costituita dall’estremità nordoccidentale della Toscana, tra i confini deH’Emilia e della Liguria; comprende la valle del fiume Magra e i suoi affluenti. Amministrativamente compresa nella provincia di MassaCarrara (v.), ha come centro provinciale la città di Pontremoli. Dall’8.9.1943 vi operarono numerose e combattive formazioni partigiane che, dopo un grande rastrellamento compiuto dai nazifascisti tra il 4 e T8.5.1944, furono riorganizzate e unificate con la costituzione della Divisione Lunense (v.). Praticamente questa venne a raggruppare tutte le bande che si stendevano per la Lunigiana fino ai monti di Massa. A ciascuna formazione dipendente dalla Divisione fu assegnata una zona della Garfagnana o della Lunigiana. Si vedano anche le voci La Spezia e Lucca.

Luogotenenza del Regno

Delega[...]

[...]ati angloamericani avevano già espresso chiaramente il loro pensiero (ancor più drasticamente si sarebbe pronunciato Winston Churchill alla Camera dei Comuni, il 22 febbraio, con il famoso discorso detto « della chicchera », recisamente contrario alle rivendicazioni del Congresso di Bari). L’intransigenza delle parti in causa rendeva praticamente la situazione senza sbocchi: fermi alla richiesta di abdicazione i partiti antifascisti, contrari ad accettarla gli Alleati, il governo Badoglio e soprattutto il monarca, tenacemente abbarbicato al trono.

In questa cornice si fece lentamente strada la proposta elaborata da Benedetto Croce e da Enrico De Nicola già prima del Congresso di Bari e avente lo scopo di aggirare l’ostacolo del contrasto fra fautori e oppositori dell’abdicazione mediante un artificio giuridico: la delega, da parte del sovrano, delle proprie prerogative al principe ereditario Umberto di Savoia, nominato Luogotenente del Regno.

Questo artificio, sosteneva l’avvocato De Nicola (che ne era stato di fatto l’ideatore, venendo così incontro alle preoccupazioni filomonarchiche di Benedetto Croce), aveva un precedente: la delega concessa durante il conflitto 191518 dallo stesso Vittorio Emanuele

III a suo zio Tommaso di SavoiaGenova, nominato appunto « luogotenente » del Regno. Se accettata, la [...]

[...]rie prerogative al principe ereditario Umberto di Savoia, nominato Luogotenente del Regno.

Questo artificio, sosteneva l’avvocato De Nicola (che ne era stato di fatto l’ideatore, venendo così incontro alle preoccupazioni filomonarchiche di Benedetto Croce), aveva un precedente: la delega concessa durante il conflitto 191518 dallo stesso Vittorio Emanuele

III a suo zio Tommaso di SavoiaGenova, nominato appunto « luogotenente » del Regno. Se accettata, la scappatoia avrebbe lasciata impregiudicata la questione istituzionale, venendo incontro alla volontà dei partiti del C.L.N. e, nello stesso tempo, alle preoccupazioni degli Alleati di tutelare l’istituto monarchico in quanto tale.

Umberto di Savoia lascia per sempre il Quirinale dopo il referendum del 2.6.1946

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 426

Brano: Galletti, Albino

Liberato dopo alcuni anni in seguito ad amnistie, riprese subito la lotta antifascista. Dopo 1*8 settembre

1943 fu tra i primi organizzatori delle unità partigiane nel Novarese. Entrato nella formazione del capitano Beltrami in valle Strona, combattè tenacemente contro le tendenze all’attesismo e al compromesso, e per impedire la creazione della cosiddetta « zona franca » proposta, su ispirazione nazifascista, dal prefetto e dal vescovo di Novara monsignor Ossola. Nel maggio 1944 fu nominato comandante della I Divisione Garibaldi « Fratelli Varalli » in Valsesia.

Dopo la Liberazione A.C. fu tratto in arresto per alcune settimane dalla polizia militare alleata per ragioni politiche. Nel 1951 venne nuovamente arrestato per aver manifestato contro il Patto Atlantico e, dopo quattro mesi di carcere, fu assolto dal Tribunale militare di Milano. Sempre nel 1951 condusse la lotta sindacale che portò all’occupazione dello stabilimento SIAlMarchetti di Sesto Calende, e dal 1955 dirige nello stesso comune la Cooperativa di produzione e lavoro « Mazzoleni » costituita dagli operai licenziati dallo stabilimento.

È stato per quattro anni consigliere comunale di Arona e da 12 anni è assessore del comune di Castelletto Ticino. Fa parte del Direttivo provinciale deH'A.N.P.I. di Novara.

Calliano Monferrato

Comune di circa 2.000 abitanti a 15 km da Asti, nella zona collinosa tra Casale ed Alessandria; durante la Guerra di liberazione nazionale fu teatro di numerose operazioni [...]

[...]comune di Castelletto Ticino. Fa parte del Direttivo provinciale deH'A.N.P.I. di Novara.

Calliano Monferrato

Comune di circa 2.000 abitanti a 15 km da Asti, nella zona collinosa tra Casale ed Alessandria; durante la Guerra di liberazione nazionale fu teatro di numerose operazioni partigiane e in particolare vide le gesta della 45a Brigata Garibaldi « Atheo Garemi ».

Il 19.10.1944 una colonna di nazifascisti in fase di rastrellamento, attaccata, fu costretta a ripiegare lasciando nelle mani dei partigiani alcuni prigionieri, tra cui certo capitano Monti della Legione autonoma «Ettore Muti ». Nel corso dell’azione cadde il garibaldino Sergio Penna. Altri scontri si svolsero a Calliano il 3.9.1944, e nella frazione di San Desiderio il 6.7.1944 e il 28 febbraio 1945. In quest’ultima località ebbe sede per qualche tempo un distaccamento della IX Brigata Matteotti, al comando di Piero Beccuti (v.).

Caliigaris, Giacinto

Enrico. N. a Povoletto (Udine) il

18.8.1901, fucilato nel 1944; impie

gato. Aderì al Partito comunista dalla sua fondazione. Attivo antifascista, dirigente della Federazione comunista di Udine, espatriò clandestinamente, chiamato a operare nell’apparato centrale del P.C.I.. Rientrato più volte in Italia, fece parte di centri interni del partito, distinguendosi nella lotta contro il fascismo. Arrestato, nel 1932, fu condannato dal Tribunale speciale a 12 anni di reclusione. _

Dopo I ’8 settembre 1943 fu tra i più attivi organizzatori del movimento partigiano nel Friuli e il pri[...]

[...]il fascismo. Arrestato, nel 1932, fu condannato dal Tribunale speciale a 12 anni di reclusione. _

Dopo I ’8 settembre 1943 fu tra i più attivi organizzatori del movimento partigiano nel Friuli e il primo comandante della Brigata Garibaldi « Friuli ». Catturato il 12.1.1944 da militi fascisti comandati dall'ufficiale Primo Persello, tentò la fuga ma venne ferito e poi fucilato sul posto (dopo la Liberazione il Persello sarà condannato in contumacia a 20 anni di reclusione).

Calò, Eugenio

Medaglia d’oro al valor militare alla memoria. N. a Pisa nel 1906, caduto nel 1944. Dopo aver frequentato le scuole professionali, lavorò per diversi anni nell’azienda paterna. Prestato il servizio militare, si trasferì nel 1929 ad Arezzo ove diede vita a una modesta officina per la produzione di attrezzi agricoli.

Al momento deH'armistizio, da Pistoia, dove si trovava perché richiamato alle armi, raggiunse subito la montagna unendosi alle unità partigiane che si andavano formando nel Casentino. Si distinse in rischiose missioni attraversando[...]

[...]ttime qualità organizzative. Catturato dai tedeschi il 14.7.1944, ferocemente seviziato, si rifiutò fino alla fine di rivelare i nomi dei suoi compagni di lotta. Fii, seppellito ancora vivo dal nemico, inferocito per il suo sprezzante contegno.

Calogero, Guido

N. a Roma il 4.12.1904. Docente di filosofia e storia della filosofia all’istituto superiore di magistero in Firenze, poi a Roma, dove attualmente ricopre la carica di preside della Facoltà di filosofia. Appartenente a quella generazione di giovani che « non avevano mai propriamente partecipato alla vita del fascismo e anzi spesso s’erano ritratti istintivamente » « in una privata attività di studi », pur avendo avuto « la loro prima formazione mentale in un ambiente politico e scolastico fascista », negli anni della dittatura divenne il teorico e uno degli animatori del movimento det

to « liberalsocialista » (v. Antifascismo giovanile organizzato).

Nel 1940 Calogero redasse il primo manifesto del movimento. Arrestato nel febbraio 1942, si ritrovò al carcere delle Mura[...]

[...] dedicato al magistero, in forma che costituisce un arricchì, mento ed una proiezione delle sue specifiche convinzioni e che si condensa nella filosofia del dialogo, secondo il principio che « né la libertà può essere un futuro rispetto alla giustizia, né la giustizia un futuro rispetto alla libertà. Entrambe debbono essere presenti ed operanti, a garantirsi e a promuoversi a vicenda ».

Nel volume Difesa del liberalsocialismo (Roma, 1945) ha raccolto II frutto della sua esperienza di lotta antifascista e i principali documenti del movimento liberalsocialista.

B.An.

Calosso, Umberto

N. a Belveglio d’Asti il 23.9.1895, m. a Roma il 10.8.1959. Si iscrisse alla facoltà di lettere dell’università di Torino e, in quegli anni, conobbe Gramsci, Passoni, Martorelli, Tasca, Togliatti. Nel 1918 aderì al Partito socialista.

Laureatosi nel 1920, si diede all’insegnamento e contemporaneamente, con il pseudonimo di Mario Sarmati, collaborò alla terza pagina dell’« Ordine Nuovo » (1921), sostituendo alla critica teatrale, per un certo periodo, Piero Gobetti, di cui era amico. Divenne in seguito redattore politico del quotidiano comunista e va ricordata in particolare la sua rubrica « Il terrore bianco », dedicata alle imprese degli squadristi che il Calosso defi[...]

[...]gnamento e contemporaneamente, con il pseudonimo di Mario Sarmati, collaborò alla terza pagina dell’« Ordine Nuovo » (1921), sostituendo alla critica teatrale, per un certo periodo, Piero Gobetti, di cui era amico. Divenne in seguito redattore politico del quotidiano comunista e va ricordata in particolare la sua rubrica « Il terrore bianco », dedicata alle imprese degli squadristi che il Calosso definiva « vitelloname fascista ». Alcune sue cronache servirono da pretesto per le aggressioni ai redattori del giornale. Per testimonianza del Leonetti

426



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 693

Brano: Costituente, Assemblea

di simbolo; un simbolo tuttavia suggestivo, come dimostrò il largo concorso di popolo che accolse con immenso dolore, il 19.1.1910, la notizia della sua morte e ne seguì i funerali.

Tipico rappresentante della giovinezza del movimento socialista italiano, di quella fase di ardite illusioni, di audaci rivolte, di quella azione armata precorr^rice della lotta partigiana, Costa si sforzò di adattarsi ai tempi e ai modi nuovi della sua parte « e di secondarli, e sovente trasfuse in essi quanto tuttavia di vitale fremeva in lui del periodo eroico delle origini di cui egli rimaneva il simbolo palpitante ». Bruciò la sua gioventù passando da una prigione all'altra, sempre pronto a riprendere la lotta non appena riguadagnava la libertà, sempre presente nell’azione, sempre in prima linea con le avanguardie combattenti anche quando reputava il moto intempestivo; sempre attivo anche nel carcere, do[...]

[...]e militante e dirigente: si preoccupava perciò di stabilire contatti, riprendere collegamenti, ritessere la tela dell’organizzazione, così come faranno dal 1927 al 1943 gli uomini dei « centri interni ».

Né le sommosse e le insurrezioni organizzate dal Costa e dai suoi compagni, per quanto ingenue, erano così avventuristiche e scervellate come qualcuno amerebbe far credere. È vero, come ha giustamente osservato A. Romano, che quei pionieri audaci precorrevano generosamente I tempi, si mettevano fuori dalla realtà storica, ma ciò che rende degne di rispetto le loro temerarie imprese, oltre all’audacia, è lo spirito che animava quegli uomini: «Erano convinti che, perché le masse acquistassero coscienza politica e propria capacità rivoluzionaria, occorresse l'impulso degli iniziatori ». Noi troviamo nei disegni, ^gli elementi vivi, lo stesso spirito che avrebbe nutrito 60 anni dòpo l’azione politica e militare deM’antifascismo attivo e della Resistenza.

« Innanzi tutto — scrisse C. Ceccarei li, uno degli organizzatori, insieme a Costa, a Cafiero, a Malatesta del movimento insurrezionale del Matese — non bisogna giudicare la banda dal punto di vista della vittoria. Noi non pretendevamo di vincere, poiché sapevamo che alcune decine di individui armati di fucili quasi inservibili non possono vincere del te battaglie[...]

[...]anche, e la popolazione è composta^ su per giù di contadini che, allogati di giorno in giorno per il lavoro della terra, non. hanno giammai preso parte ad una vita sociale qualsiasi. (...) Si trattava dunque di provocare un movimento di popolo, o a mal andare, di propagare

almeno le nostre idee per mezzo della dimostrazione pratica della lorp attuazione. Quando pure il movimento avesse fallito, il tentativo solo sarebbe stato di larga ed efficace propaganda. (...) Noi crediamo che l'azione sia il miglior mezzo di propaganda. Ciò vi spieghi perché in Italia sono avvenuti certi fatti, che giudicati dall’ignoranza e dalla partigianeria, sono stati chiamati putsch, ragazzate e anche peggio. No, cittadini, non si tratta né di putsch né di ragazzate, ma di atti compiuti da uomini convinti e sicuri, che non ebbero altro torto se non quello di non riuscire. Ma se voi giudicherete dal successo dovrete condannare anche la Comune di Parigi ».

A.C. non dimenticò quelle prime entusiasmanti esperienze, alle quali riandava con non celata nostalg[...]

[...]il miglior mezzo di propaganda. Ciò vi spieghi perché in Italia sono avvenuti certi fatti, che giudicati dall’ignoranza e dalla partigianeria, sono stati chiamati putsch, ragazzate e anche peggio. No, cittadini, non si tratta né di putsch né di ragazzate, ma di atti compiuti da uomini convinti e sicuri, che non ebbero altro torto se non quello di non riuscire. Ma se voi giudicherete dal successo dovrete condannare anche la Comune di Parigi ».

A.C. non dimenticò quelle prime entusiasmanti esperienze, alle quali riandava con non celata nostalgia: « Era un periodo necessario e fecondo (scriverà nel suo diario) ed è detto tutto quando si dice: era inevitabile; corrispondeva a nostre condizioni di temperamento, di cultura, di tradizioni, di condizioni economiche dei luoghi. Bene o male non poteva dare altro (...). Occorreva un bagno freddo di economia politica. Occorreva esperienza. Venne. E venne socialismo più moderno ». Ma anche dopo la sua grande svolta; anche quando, dopo essere stato il veterano dell’azione diretta, divenne il veteran[...]

[...] anche dopo la sua grande svolta; anche quando, dopo essere stato il veterano dell’azione diretta, divenne il veterano dell'azione parlamentare, egli rimase se stesso. Sentiva l’aula grigia del. Parlamento, il freddo dei sapienti discorsi sulle programmazioni, conditi solo dalla retorica; non poteva non soffrire per le ipocrisie, i calcoli opportunistici, i meschini ripieghi, le imposture quotidiane della vita parlamentare, che sostituivano l'audacia e i sacrifici di un tempo. E neppure nutrì mai eccessivo entusiasmo per Critica Sociale, la rivista del riformismo, italiano e del socialismo universitario: « In tutta quella sociologia egli sentiva spegnersi il gran soffio ribelle del suo socialismo».

« Venticinque anni fa — disse Filippo Turati nell’orazione ai funerali del Costa — egli entrava e usciva a intermittenza per tutte le carceri ed è morto vicepresidente della Camera italiana. Allora aveva i poliziotti sempre allei, calcagna che spiavano il movimento del vigilato speciale, dell’ammonito, del vagabondo, ora avrà le regie truppe a far a[...]

[...] Romano, Storia del movimento socialista in Italia, Roma, 1956; A. Costa, Bagliori di socialismo, Firenze, 1900; ^\. Costa, Annotazioni autobiografiche per servire alle Memorie della mia vita, Milano, 1952; P.C. Masini, Gli Internazionalisti, Milano, 1958; L. Lipparini, Andrea Costa, Milano, 1952.

Costa, Don Antonio

Medaglia d’oro al valor militare alla memoria. N. a Massalombarda (Ravenna) nel 1898, fucilato a Massa Carrara il 10.9.1944; sacerdote. Appartenente all’ordine dei cistercensi della Certosa di Farneta (Lucca), subito dopo I’8.9.1943 si schierò con le forze della Resistenza e dall’ottobre fece parte della formazione partigiana « Pippo », operante nella zona di Lucca.

« Dopo aver reso alla lotta di liberazione — dice la motivazione della m.d’o. — servizi veramente eminenti, costituendo e in se stesso impersonando un importante centro di raccolta, vaglio e trasmissione di informazioni, e dando con cristiana pietà asilo nel monastero di Farneta a molti perseguitati dalla furia tedesca, cadeva per delazione nelle mani delle S.S. germaniche. Duramente interrogato e sottoposto a tortura, manteneva nobile ed esemplare contegno, molti salvando col silenzio e dando, con la sua eroica morte, nobile esempio di fedeltà alla Religione ed alla Patria ». Venne fucilato assieme ad altri undici confratelli.

CostitMente, Assemblea

L’impegno di convocare un’assemblea costituente fu assunto per la prima volta dai partiti antifascisti italian[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 743

Brano: [...]deschi.

Il 25.4.1945 guidò le unità partigiane dell’Ossola alla liberazione della Lombardia occidentale, fino a Milano. Promosso generale di brigata per meriti di guerra, chiese il collocamento nella riserva, (dedicandosi ad attività amministrative. Presidente della società Autostrada CevaSavona, consigliere di amministrazione della Società Autostrada TorinoMilano e della Società per il traforo del Gran San Bernardo, ricoprì l’incarico di sindaco di Lequio Tanaro (Cuneo).

Curzon, Linea

La linea così chiamata dal nome del ministro degli esteri inglese (il conservatore Lord Curzon) che la propose nel primo dopoguerra, è un tracciato convenzionale che separa

i territori della Polonia dalla Bielorussia e dalTUcraina, approssimativamente secondo la composizione etnica della popolazione: passa per Grodno, Jalovska, Nemirov, Brest, Dorogusk, Ustiling a oriente di Grubesciov, attraverso Krilov e oltre a occidente di RavaRuskaia, a oriente di Peresmysel fino ai Carpazi.

La linea Curzon ebbe origine nelle contraddizioni delle grandi potenze dopo la rivoluzione russa del 1917 e alla fine della prima guerra mondiale: da un lato, l’intervento armato contro la giovane repubblica dei Soviet aveva bisogno del sostegno dei n[...]

[...]esmysel fino ai Carpazi.

La linea Curzon ebbe origine nelle contraddizioni delle grandi potenze dopo la rivoluzione russa del 1917 e alla fine della prima guerra mondiale: da un lato, l’intervento armato contro la giovane repubblica dei Soviet aveva bisogno del sostegno dei nazionalisti ucraini, di Wrangel e degli altri gruppi reazionari russi; dall’altro, lo stesso intento presupponeva una Polonia antisovietica forte ed estesa. Non era però facile conciliare le pretese territoriali della Polonia espansionista con quelle dei nazionalisti ucraini e dei generali bianchi; per cui, dopo il fallimento dell’ intervento diretto contro la rivoluzione bolscevica, le potenze dell’Intesa (Francia, Inghilterra, Stati Uniti, ecc.) I’8.12.1919 decisero, non senza contrasti, di tracciare alla Polonia frontiere orientali che arrivassero soltanto sin dove vi era effettivamente popolazione polacca.

La Polonia non accettò tale limitazione e si spinse in territorio bielorusso e ucraino, nell’intento di arrivare al Mar Nero. Si giunse così alla guerra russopolacca del 1920, durante la quale i sovietici ricacciarono i polacchi, giungendo fin sotto Varsavia. Vista la critica situazione, il 10.7.1920 il primo mi

nistro polacco W. Grabski dichiarò alla Conferenza di Spa che la Polonia era pronta a riconoscere la frontiera etnica provvisoria fissata dall’Intesa e, due giorni dopo, Lord Curzon inviò al governo sovietico una ^lota, nella quale intimava all’Armata Rossa di arrestare la sua avanzata alla linea indicata dall’Intesa. Da quel momento la linea prese il nome di Curzon. Il trattato di Riga, concluso nel 1921 fra Polonia e Unione Sovietica, concesse alla prima una frontiera che passava addirittura a oriente della Linea Curzon in quanto l’Unione Sovietica, malgrado l’aggressione subita, era tanto bisognosa di [...]

[...] dopo, Lord Curzon inviò al governo sovietico una ^lota, nella quale intimava all’Armata Rossa di arrestare la sua avanzata alla linea indicata dall’Intesa. Da quel momento la linea prese il nome di Curzon. Il trattato di Riga, concluso nel 1921 fra Polonia e Unione Sovietica, concesse alla prima una frontiera che passava addirittura a oriente della Linea Curzon in quanto l’Unione Sovietica, malgrado l’aggressione subita, era tanto bisognosa di pace da esser costretta a subire passivamente il sacrificio di vasti territori bielorussi e ucraini.

Nel settembre 1939, quando la Germania nazista invase la Polonia, la Armata Rossa passò le frontiere del

1921, occupò i territori bielorussi e ucraini che — secondo la linea Curzon — erano stati riconosciuti come non polacchi, e in alcuni punti si spinse anche oltre. Alla conferenza di Teheran (1943) I’Unione Sovietica dichiarò di non considerare definitive le frontiere del 1939 e nel 1944 affermò di essere disposta ad accettare la linea Curzon co

la linea Curzon

me base di una futura definizione. La successiva Conferenza di Yalta (1945) stabilì infatti che la frontiera sovieticopolacca avrebbe seguito fondamentalmente la linea Curzon, con alcune correzioni a favore della Polonia, la quale avrebbe avuto compensi a nord e ad occidente. Così avvenne.

Cussino, Antonio

N. a Fontaine (Francia) I’1.8.1924 da genitori italiani, fucilato dai tedeschi na Parigi il 18.8.1944. Militante nel Partito comunista francese, prese parte alla Guerra di liberazione come comandante di squadra nei Francstireura partisans della « Compagnia di Parigi ». Nei giorni della liberazione della capitale francese si batté sulle barricate, a Villepinte, alla testa di*un gruppo di altri italiani. Cat[...]

[...]hi na Parigi il 18.8.1944. Militante nel Partito comunista francese, prese parte alla Guerra di liberazione come comandante di squadra nei Francstireura partisans della « Compagnia di Parigi ». Nei giorni della liberazione della capitale francese si batté sulle barricate, a Villepinte, alla testa di*un gruppo di altri italiani. Catturato in combattimento, fu immediatamente passato per le armi dai tedeschi. Sulla Route des Petits Ponts, ove cadde A.C., una lapide posta dalla popolazione del luogo ne ricorda il sacrificio.

Cuteiii, Salvatore

Medaglia d’oro al valor militare alla memoria. N. a Chiaramonti Gulfi (Ragusa) nel 1894, fucilato a Bussi (Chieti) il 14.12.1943. Partecipò alla prima guerra mondiale come ufficiale di fanteria. Richiamato nel

1935 col grado di capitano, fu inviato in Africa Orientale al comando di una batteria della Divisione Sabauda.

L’8.9.1943, maggiore del 58° Reggimento artiglieria della Divisione Legnano, fu colto dall’armistizio nella zona di Chieti, e si schierò senza esitazione con le forze della Resistenza. Catturato dai tedeschi durante un’azione, fu condannat[...]

[...] un’azione, fu condannato a morte e fucilato.

Dice la motivazione della m.d'o.: « ... in trasferimento ferroviario verso le Puglie, impossibilitato a proseguire, troncati per forzia di cose i collegamenti con i Comandi superiori, si prodigava per la difesa contro i tedeschi dei materiali e delle artiglierie, sottraeva alle requisizioni armi e munizioni, trasfondeva in militari fedeli e in civili ammirati la sua volontà ed il suo coraggio, si faceva promotore e capo di azioni partigiane. Tradito, processato, condannato a morte, sosteneva e incoraggiava fino all’ultimo i suoi collaboratori più fidi con lui condannati e offriva poi con ammirevole fierezza ai suoi carnefici il suo purissimo cuore



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 84

Brano: [...]ato il suo voto contrario alla Conciliazione: « [...] Agli uomini che stimano Parigi valer bene una messa, sono altri pei quali l’ascoltare o no una messa è cosa che vale infinitamente più di Parigi perché affare di coscienza [...] e alla nostra intima coscienza non possiamo rifiutare l’obbedienza che ci domanda ».

Proprio per una questione di coscienza, di lì a poco l’intero campo cattolico avrebbe ampiamente sofferto le contraddizioni degli accordi diplomatici appena conclusi: risolta la Questione romana sotto il profilo politico territoriale e giuridico (grandiose le manifestazioni di giubilo alla firma di Palazzo Laterano; scarsi i dissensi, cauti o silenziosi), cominciarono presto a emergere le situazioni scottanti: come il contrasto tra regime fascista e Azione cattolica (v.), origine della prima mentalità resistenziale sul piano interno, mentre all’estero i pochi esuli cattolici si trovavano spiazzati in polemica aperta con le altre frange dell'opposizione (che a Parigi erano in larga misura raccolte sotto la sigla della “Conc[...]

[...]randiose le manifestazioni di giubilo alla firma di Palazzo Laterano; scarsi i dissensi, cauti o silenziosi), cominciarono presto a emergere le situazioni scottanti: come il contrasto tra regime fascista e Azione cattolica (v.), origine della prima mentalità resistenziale sul piano interno, mentre all’estero i pochi esuli cattolici si trovavano spiazzati in polemica aperta con le altre frange dell'opposizione (che a Parigi erano in larga misura raccolte sotto la sigla della “Concentrazione antifascista” (v.), la più valida manifestazione unitaria degli oppositori al regime).

Fuoruscitismo cattolico

Tra i fuorusciti di matrice religiosa e di maggior impegno politico erano, oltre a don Sturzo, riparato a Londra, il giornalista Giuseppe Donati (morirà a Parigi nel 1931), il professore Francesco Luigi Ferrari (v.) che insegnava a Bruxelles (morirà nel 1933, anch’egli prematuramente), l’ex popolare Guido Miglioli (v.) calamitato in campo marxista con l’amico Giuseppe Stragi iati, e diversi intellettuali come Angelo Crespi, Domenico Rus[...]

[...]eri (v.), se la polizia non lo avesse bloccato a tempo: dopo una breve reclusione a Regina Coeli e poi in una clinica romana, egli si inseriva in Vaticano lavorando in biblioteca e utilizzando quell’angolo tranquillo per mantenere contatti con gli ultimi amici. Contatti rivelatisi proficui negli sviluppi successivi.

Complicità e opposizioni

L'effetto dei Patti Lateranensi (v.), a livellò di opinione pubblica portò a una interpretazione di pace tra istituzioni religiose e civili: il crocefisso nelle scuole, i carabinieri di scorta alle processioni, le benedizioni alle prime pietre, l’intesa di base tra parroco e federale fascista, tutto ciò creava nella maggioranza dei casi una sorta di automatica complicità tra Chiesa e regime. Passavano in secondo piano invece, a uso della storiografia, i contrasti verbali sull’educazione dei giovani, la repressione di ogni autonomia culturale per l’Azione cattolica, i tentativi di mantenere distinti piano politico e piano spirituale. Certi preti scomodi, alla maniera di don Primo Mazzolari (v.) [...]

[...]o e piano spirituale. Certi preti scomodi, alla maniera di don Primo Mazzolari (v.) nella Bassa padana, erano messi in quarantena; dirigenti irrequieti, tipo il napoletano Angelo Raffaele Jervolino, presidente della Gioventù di azione cattolica, venivano indotti alle dimissioni; circoli e testate di ispirazione religiosa dovevano subire le ire di un risuscitato squadrismo; si revocava (temporaneamente) la compatibilità di iscrizione tra P.N.F. e A.C.; era persino sospeso il Congresso eucaristico diocesano di Roma per la festa del Corpus Domini

1931. Si trattava di scaramucce più che di guerra.

L’unico grosso episodio di opposizione concreta al regime invece maturava al Nord, grazie a un gruppo di cattolici che fin dal 1928 si erano uniti sotto la denominazione di Movimento Guelfo (v.) : essi erano guidati da un bancario milanese, Piero Malvestiti (v.), intorno al quale erano affluiti numerosi ex combattenti e intellettuali decisi a contrastare quella che essi consideravano « la passività degli italiani », e allo scopo avevano stabil[...]

[...] e intellettuali decisi a contrastare quella che essi consideravano « la passività degli italiani », e allo scopo avevano stabilito contatti anche con “Giustizia e Libertà”.

Queste trame non passarono inosservate alla polizia politica che, nel marzo 1933, operava una retata tra Milano, Genova e Torino. Il relativo processo, davanti al Tribunale speciale a fine gennaio 1934, si concluse con alcune condanne: lo stesso Malvestiti e l’avvocato Gioacchino Maìavasi (v.) a 5 anni, l’impiegato Armando Ridolfi a 3, il tipografo Oliviero Ortodossi a 2; condanne in fondo miti e relative soltanto alla diffusione di manifestini con il simbolo di Cristo Re, nei quali si denunciava il fascismo quale nemico della Chiesa, della pace, della libertà, e si invitavano gli insegnanti a non dare un'educazione fascista ai giovani.

La sentenza del T.S. definiva i condannati « pessimi cattolici, indisciplinati alle direttive delle gerarchie, direttive che sono di pieno riconoscimento e consenso verso il fascismo ».

Altri aderenti all’organizzazione guelfa riuscivano a eludere la vigilanza poliziesca. Tra essi, don Ernesto Vercesi, Enrico Falck, Enrico Caso, Luigi Nebuloni, Giovanni Pullara, Federico Sor baro, Gaetano C arcano e i bresciani Pina, Cenini, Cazzani. Ricomposto più tardi il gruppo, vennero stabiliti ulteriori c[...]

[...] direttive che sono di pieno riconoscimento e consenso verso il fascismo ».

Altri aderenti all’organizzazione guelfa riuscivano a eludere la vigilanza poliziesca. Tra essi, don Ernesto Vercesi, Enrico Falck, Enrico Caso, Luigi Nebuloni, Giovanni Pullara, Federico Sor baro, Gaetano C arcano e i bresciani Pina, Cenini, Cazzani. Ricomposto più tardi il gruppo, vennero stabiliti ulteriori contatti in Lombardia con uomini di ispirazione cattolica: Achille Grandi (v.), Stefano Marazza (v.), Giuseppe Brusasca, Giovanni Gronchi (v.), Edoardo Clerici, Giovanbattista Migliori (v.) e Luigi Meda (v.), insieme ai quali si preparava la futura Democrazia cristiana.

La crisi del 1931 aveva fatto temere in Vaticano una necessaria rottura con il regime e, preparandosi all’eventualità, Pio XI (v.) il 29 giugno promulgò l’Enciclica “Non abbiamo bisogno”: una esplicita denuncia delle durezze e delle violenze verso le organizzazioni cattoliche, una ripulsa del tentativo fascista di monopolizzare l’educazione della gioventù dalla fanciullezza all'età ad[...]

[...]toliche, una ripulsa del tentativo fascista di monopolizzare l’educazione della gioventù dalla fanciullezza all'età adulta.

Truculenta fu la risposta del P.N.F. perché, secondo i suoi dirigenti, il documento pontificio costituiva « un vero e proprio appello allo straniero » e diventava « diffamatorio nei confronti delle camicie nere ».

Il clima si arroventò senza mai giungere al punto di frattura: anzi, il 2 settembre venne sottoscritto un accordocompromesso, nel quale si garantiva l'esistenza all’Azione cattolica posta sotto il diretto controllo dei vescovi; gli ex popolari invece venivano definitivamen

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Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine A.C., nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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