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Voci del «dopo Mostra». Dice Lino Miccichè: «È una [...] balla [...] che la Mo-stra sia un [...] culturalmente rilevante. [...] della Mostra sta altrove: nel [...]. /// [...] /// Pole-mizza Massimo Ghini: «Dobbiamo [...] Vene-zia [...] cara, anche se il gioco al massacro [...] cinema italiano che lì vi si consuma [...] e registi a cercare una chance al-trove». Precisa Bruno Torri: [...] smoda-ta dei [...] ha finito con il sacrificare [...] stesso della Mostra: i film. Che sono la realtà [...]. E invece sui giornali e [...] tv ci sono solo fantasmi. La chiacchiera prevale [...] il pettegolezzo [...] critica». Insi-ste Edoardo Bruno: [...] i premi sono un [...]. [...] direttore [...] a punto una selezione di [...] rigorosa e propositiva, senza preoccuparsi di soddisfare tutte le [...]. E infine Laudadio, curatore [...] «La [...] è che i critici a Venezia non [...] niente, e vale lo stesso discorso per [...] e Berlino. Se [...] crea [...] inutile andarci: perché poi i [...] pubblicheran-no [...]. Per questo io dico [...] il [...] solo così possiamo dare un [...]. A dieci giorni dalla [...] Mostra, giornali-sti, registi, curiosi e addetti ai lavori [...] come ogni anno alla libreria romana «Il Leuto» [...]. [...] i giudizi [...] testé conclusasi hanno evidenziato umori [...] schieramenti. Che Mostra è stata? Soddisfacente, [...] so-pravvalutata, isterica? Ognuno ha detto la [...] ma tutti si [...] la stampa, o meglio [...] cui i giornali (e anche la tv) [...] dal Lido. Troppa chiac-chiera [...]. /// [...] /// È vero che la Mostra [...] Venezia, e con essa [...] da qualche anno sono [...] specchi deformanti. Rispecchiano [...] di un cinema forte, [...] «gla-mour», sacrificando [...] (intesa in senso lato) [...] ricerca, della scoperta, della novità. Ma è giusto che un [...] faccia da cassa [...] in contemporanea? Forse ha ragione Miccichè quando suggerisce, ridimensionando la discussio-ne, che «la vera abilità [...] un direttore consiste nel rendere [...] importante un film [...]. Felice Laudadio IL DECLINO DELLE SCENE USA Langue la creatività sui grandi palcoscenici e [...] il formalismo che insidia anche i maestri [...] Judith Malina: «A [...] il teatro è morto» [...] Meredith Monk, [...] la grande onda è [...]. [...] si salva la danza Nella [...] grande, [...] di [...]. In alto a sinistra, Judith Malina; [...] Meredith Monk MARIA GRAZIA GREGORI [...] da quando, in un [...] al Festival di Avignone, Ju-lian Beck, fondatore [...] Judith Malina del mitico [...] aprì le porte della [...] cui si rappresenta-va [...] invitando pub-blico e attori [...] stra-da, luogo privilegiato degli scontri e della [...]. Di quel-la grande fiammata, [...] anni prima, di quel radicale rinnovamento che [...] si è propagato nella [...] la «ditta-tura» di [...] che cosa ri-mane oggi? Morto [...] si-lenzio uno dei «padri» [...] happening Michael [...] or-mai trasformato in un [...] di lusso del teatro del mondo Bob Wilson; [...] Meredith Monk (mentre il suo compagno di [...] Ping [...] lavora un [...] dappertutto facendo un teatro [...] così come il Tea-tro Campesino [...] dove non è riuscito [...] coreografica il genio di Lucinda [...] ; quasi atterra-to da [...] con difficoltà di parola Joseph [...] si può ricor-dare di [...] teatro durata circa [...] Qual-che spettacolo provocatorio di Peter [...] peraltro ormai catturato [...] del gran-de mestiere (e [...] come Salisburgo), [...] commovente rigore del [...] e poco più. Un noto agente e [...] Andres [...] è lapidario: «Non [...] più nulla. Le cose Usa interessanti [...]. Il nuovo teatro sembra [...] altrove. Incrollabile, inve-ce, Judith Malina, [...] New York e [...] difende le sorti di [...] di «ragionare politica-mente». Sostiene: «Ho visto della [...] fuori dai grandi teatri. A [...] al mio ritorno negli Stati Uniti, [...] ho proprio messo piede. Il teatro che mi [...] colpisce di più è quello che si [...] strada o nelle prigioni con grandi diffi-coltà [...]. È il teatro che [...]. Noi, per esempio, recitiamo [...] spettacolo Non in nome mio contro la [...] per la strada. Lo abbia-mo fatto anche [...] e non è certo [...] gente è favorevole a questa barbarie». Per comprendere come si [...] massima creativi-tà a quello che potremmo chiamare [...] in forte crisi, è necessario creare una [...] pri-ma ondata violentemente po-litica [...] Teatro Campesi-no, [...] si è ar-rivati a [...] con-centrata sulla ritualità, su se stessi (per [...] di Joseph [...] ri-cordate la scena [...] di gruppo nel deserto [...] di Michelangelo Anto-nioni?) e [...] uno spazio scenico emozionale (Ri-chard [...] del quale -spiega Bianchi [...] trasformazio-ne che si provocava sul pubbli-co». Poi ci sono stati Robert Wilson, Richard [...] re-gisti che [...] la pro-pria visione [...] a un gruppo. Pericolo capitale il for-malismo: Bob Wilson [...] met-te in scena Ibsen sia pure filtra-to [...] Susan Sontag ma anche Büchner e Saint Exupe-ry; [...] che firma [...] da tre soldi del [...]. Già negli anni Ottanta, [...] fatto strada in teatro quello che, in [...] su di un quotidiano, Furio Colombo ha [...] dei mali della cultura americana: la stanca [...] che è già stato. Il teatro non fa [...]. Per trovare qualche spunto [...] di là delle eccentriche performance nei locali [...] gay, di quella delle donne e di [...] por-toricana), bisogna -secondo Barbara Lanati docente di Let-teratura [...] Torino -fare riferimento a un «ritorno alla [...] un modo analitico di guardare, sia pure [...] alla realtà». Oltre agli ormai [...] Sam [...] e Da-vid [...] continua a essere rappresentato, con [...] di pubblico, il vecchio Arthur Miller. Ma i casi come [...] Gray, attore e regista, [...] pubblicato anche in Italia [...] Garzanti, [...] prima con un tavolino, una sedia, una [...] mette di fronte a un pubblico e [...] e, poi, rielabora il tutto per [...] in narrazione, sono rari». E tutti gli altri, [...] sulle nostre sce-ne? «Approdano a università lontane [...] New York, in Colo-rado, in California o nel [...]. /// [...] /// Così [...] man show di ieri ora [...] il disagio [...] teatrale. /// [...] /// [...]. E testi durissimi ma [...] NOSTRO SERVIZIO ALFIO BERNABEI LONDRA [...] del nuovo nel teatro [...] dalla ridefinizione post impe-rialista della cultura e [...]. Un gruppo di giovani [...] in campo aprendo degli squarci, con un [...] da dare [...] di violenza scatenata, vo-glia [...]. /// [...] /// Sono picco-nate di [...] verso [...] più vera e più ricca [...] piano sociale e ses-suale. Dicono: [...] veramente per ciò che siamo [...] che potremmo essere. /// [...] /// Le opere teatrali che scrivo-no [...] una forza ruvida, animale, una struttura tagliente che pur [...] come archetipo Look back in Anger di John Osborne [...] più da vicino Lord [...] the [...] (Il signore delle mosche), proprio [...] se [...] delle certezze britanniche si fosse [...] in qual-che parte di giungla e lì, per sopravvi-vere [...] vivi, si rendesse necessa-rio ferirsi [...] cercare nuovo nutrimen-to essenziale e far valere solo delle [...] di fondo. Una componente di otti-mismo [...] teatro febbri-citante [...]. Questi giovani autori, sfuggendo alla [...] nichilista del «no future» così di moda fino a [...] decina [...] fa insistono [...] di valori umani positivi. Contano i legami [...] i sentimenti della lealtà. Dopo spettacoli che sembrano [...] elettriche, il pub-blico generalmente lascia la sala [...]. Gli autori più affer-mati [...] leva sono Mark [...] Patrick [...] e Sarah Ka-ne. Rispetto ad un teatro [...] Harold Pinter ed Edward Bond) che a [...] in Germania o in Francia in ter-mini [...] è rimasto ancorato a [...] questi [...] autori presentano degli scostamenti importanti. [...] autore di Shop-ping and [...] è entrato in campo [...] con Faust, anche [...] in [...] mentre la Kane ha [...] dentro [...] allucinata dalle droghe, una [...] se i topi, il testo specifica, devono [...] devono perfino ballare). [...] ha appena messo in [...] ultimo lavoro al [...] di Londra intitolato [...] (borsetta) tratto da The [...] Earnest di Oscar Wilde. La Kane ha portato [...] Londra [...] Edimburgo il suo [...]. [...] tratta la questione dei genitori [...]. La famosa tazzina da thé, [...] della tranquillità inglese, viene usata per [...] desti-nata a dare un figlio [...] una coppia le-sbica. [...] mette in questione la [...] la quale solo dei genitori etero hanno [...] dei figli e batte sul fatto che [...] genitori a venire spes-so accusati di molestie [...]. La Kane, come già [...] dove una donna si [...] membro maschile per essere più vicina al [...] trattare il [...] sessuale, uno dei temi [...] autori. Il clima in cui [...] questo teatro è emerso gradualmente negli ul-timi [...] al con-cretizzarsi del fatto storico che [...] del comfort e della [...] in senso geopoliti-co, ma non [...] popo-lare, come pure [...] del [...] dove tutti potevano star [...] alla tomba», come diceva il motto -è [...]. Il conser-vatorismo [...] rivelato un fallimento sociale per [...] suoi aspetti di-visivi e per [...] della povertà. La cultura grintosa, venata [...] disgustato molti giovani che non si sono [...] es-sa. [...] fatto [...] il discorso [...] di identità con atti dimostra-tivi, [...] punk, [...] di intere strade per fer-mare [...] auto) sia come sfida alle con-venzioni dominanti, sia per [...] trionfa-re il diritto alla diversità di esperienze nel quadro [...] una più onesta dialettica sociale. È un discorso che ha [...] fortissima nel teatro. E nel pub-blico. /// [...] /// E nel pub-blico. (0)
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