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[...] la diagnosi del [...] e ci si ritrovano, [...] di sollievo, tanti intellettuali francesi. [...] ve-ro che la rivista [...] Jean Daniel vuol bene ai socialisti, ma non [...] dubbio che il sollievo [...] amici della politica in quanto tale. [...] la fine di quello che Sami [...] figura emergente della cultura della [...] chiama il partito del «TINA» [...] Is No Alternative», non [...] alternativa), il [...] dei diktat degli economisti [...] ça e [...]. Insomma «o così o [...]. Il dogmatismo [...] della mondializzazione come destino, della [...] come valore assoluto (e la stabili-tà? e la sicurezza [...] valori da buttare?), la fiducia nella perfezione [...] del mercato, [...] per la finanza glo-bale non-stop, [...] raggiunto e superato [...]. Visti da Parigi (ma [...] da Seoul e Giacarta) sono valori offusca-ti. [...] vero che in Francia [...] per una politica coraggiosa, visionaria, [...] non è propria soltanto dei socialisti (che anzi spesso [...] hanno voltato le spalle), ma anche del gaullismo; è [...] anche che [...] una lunga tradizione tecnocratica ha [...] lo Stato di mezzi e forza sconosciuti altrove. Ma è pur vero [...] è riuscito miraco-losamente a [...] in una miscela vincente. Le alternative dunque «ci [...] compito del governo non è sol-tanto quello [...]. An-che se [...] si chiama Maastricht. La ricchezza del possibile [...] miserie del presente, direbbe André [...] che ha dedicato a [...] titolo del suo ultimo libro [...] du présent, [...] du [...] Galilée). Questo studioso un [...] appartato, [...] con Sartre, noto per [...] sul «socialismo difficile» e sulle «metamorfosi del [...] Jacques Robin della rivista [...] presente nella discussione tedesca [...] in quella italiana (anche se spes-so si [...] distanza con la sinistra e i sindacati [...] Ingrao, Revelli, Trentin, Foa, [...] rappresenta bene -sia pure [...] punto di vista, di particolare audacia e [...] che ha dominato il dibattito france-se alla [...] alternativa alle politi-che [...]. Il punto di partenza [...] è che non si [...] una società a piacere, ma di «riconoscere [...] realizzate che sonnecchiano tra le pieghe del [...]. La forza del disegno viene [...] sue radici [...]. Siamo moti-vati dai fatti [...] una società che muore e che non [...] rinascere da sola. Tutti i nostri problemi [...] dentro uno solo: il lavoro. Il si-stema economico che [...] con il declino [...] e della produ-zione di [...] modo tale da abolire massicciamente il «lavoro». Scriviamo con [...] tra virgolette il «lavo-ro» [...] forma particolare che è [...] su comando e retri-buito ai valori di [...] dal lavoro, senza virgolette, inteso come at-tività, [...] quale esprimiamo noi stessi producendo qualcosa di [...] o per gli altri, ma senza necessariamente [...] di un artista, la [...] genitore per i bambini, [...] volontaria di anziani). La cosa che accade [...] è drammatica e contraddit-toria: sempre più «lavoro» [...] nuove tecnologie, dalle nuove logiche di organizzazione [...] di più il «lavoro» diventa un bene [...] di disoccupati ufficiali in Europa), ma nello [...] continua a preten-dere «come obbligo, come norma, [...] dei diritti e della dignità di tutti [...] di cui si aboliscono le norme, la [...]. Dobbiamo quindi «osare [...] -dice [...] -dalla «società del lavoro», [...] salario. Bisogna che in qualche [...] mente un colpo di fantasia im-maginativa faccia [...] la cen-tralità che ha avuto finora. [...] un processo che riguarda la [...] il pensiero, [...] di tutti. Il «lavoro» di cui Jere-my [...] ha previsto la fine [...] la attività umana in generale, non è [...] senso antropologico o filosofico, non è la [...] «lavoro» in senso spe-cifico, si tratta senza [...] proprio del capitalismo industriale», non è il [...] fa (che non finirà mai) ma quello [...] (che a quanto pare è con-tingentato). La [...] Il superamento della fase [...] del capitalismo ha portato a uno sfrutta-mento [...] partecipe della risorsa umana, del cosiddetto «capitale [...]. Come possa funzionare un [...] cui il capitale più importante, il ca-pitale [...] più proprietari, è una domanda alla quale [...] ri-spondere Lester [...]. Le risposte parziali e [...] la prima è [...] individuale in cui [...] tratta se stesso co-me [...] valorizza in quanto tale. È il caso [...] dei [...] (come li chiama [...] i lavoratori del sapere); so-no [...] quattro per cento degli americani attivi che guadagnano insieme [...] la metà di tutti i salariati [...] una piccola élite di americani [...] in un paese di la-voratori sempre più impoveriti. Sono i no-madi [...]. La seconda risposta è [...] aziende che prendono possesso del «capitale umano» [...] che sono nella loro essenza [...] feudali, di vassal-laggio e [...]. Le tendenze distruttive, [...] organizzazione [...] sono evidenti, se solo si [...] il coraggio di alzare lo sguardo proprio sulla condizione [...] in tutto il mondo sviluppato. [...] un intreccio difficile da [...] blocca la capacità di inventare politica a [...] perché il capitalismo industriale identifica due cose [...] dovranno, di [...] in [...] distinte: 1) il bisogno [...] red-dito sufficiente e stabile e 2) il [...] operare, di misurarsi con gli altri, di [...] loro. Le due cose non coincidono, [...] se tendiamo a [...] insieme e a [...]. Tendenze antisociali Il fatto [...] richiede sempre meno un «lavoro» e si [...] e di-venta perciò sempre più difficile procurarsi [...] e stabile a mezzo di un lavoro [...]. Si dice «il lavoro [...] si occulta la situazione reale: ciò che [...] evidentemente il «lavo-ro», ma la distribuzione di [...] produzione delle quali il capitale impiega un [...] ridotto di lavoratori. Il rimedio a questa [...] -non è evidentemente quello [...] ma di ripartire al meglio tutto il [...] e tutta la ric-chezza socialmente prodotta. Per [...] una via [...] che blocca [...] dei governi sulla que-stione del [...] come trasformare una evoluzione antisociale in forme nuove di [...] (e la disoccupazione in «tempo li-berato per fini sociali»)? Questa «società della [...] e del tempo convenuto» deve [...] in virtù della [...] intrinseca desiderabilità. La reclamano proprio quelle [...] autonome, di cui [...] non può fare a [...]. Detto nella ma-niera più [...] il salariato che deve [...] capitalismo con lui». Almeno per come esso [...] «lavoro» finora, pro-prio quel «lavoro» che non [...] a tutti. [...] invita a guardare come [...] cooperative di [...] le reti di scambi [...] gruppi di ricerca e di sperimentazione scientifica, [...] i cori, un atelier di arte dramma-tica, [...] di pittura, un club sporti-vo, una scuola [...] di judo, etc. Si fa strada [...] di strutture che non [...] di «eliminare e gerarchizza-re ma di incoraggiare [...] rin-novarsi e [...] perpetuamente nella cooperazione competitiva [...] il perseguire [...] è uno scopo comune [...]. In questo la società [...] di-stingue dalla società del lavoro». Il progetto politico La [...] questa analisi consiste nel tentativo di rovesciare [...] e distinguere tra «lavoro» e attività, tra [...] da vivere e modo di realizzarsi. Un progetto politico che [...] può fare affidamento solo fino a un [...] riduzione [...] di lavoro (che però [...] a fare un tratto [...]. Occorrono politiche che tendano [...] a tutti un reddito sufficiente, 2) combinare [...] e controllo individuale e colletti-vo del tempo, [...] fioritura di nuo-ve socialità, di [...] modi [...] di scambio al di là della dimensione [...]. La proposta chiave che [...] tiene insieme questi obiettivi [...] è la garanzia incondizionata a tutte le [...] reddito a vita. Ben di-versa dalla proposta [...] reddito minimo di sostentamento che ha lo [...] la flessibilità assoluta alle im-prese. Per [...] questa è una strada «ultraconser-vatrice», [...] senso che porta [...] della [...] del lavoro. [...] dello studioso francese di assegnare [...] ogni cittadino un reddito sociale sufficiente, ha una logica [...]. Il potere del reddito [...] sociale», non è pensato [...] individui potere di contrattazione nei confronti delle [...] bilanciare il potere [...] con maggiore facoltà di [...] degli in-dividui. Non è dunque una [...] sociale o di assistenza, ma appartiene piuttosto [...] «politiche generati-ve» escogitate da Anthony [...] che hanno avuto una [...] pro-gramma del Nuovo [...]. [...] confronta tutte le ipotesi avanzate [...] i tanti esperimenti tentati allo scopo di in-dividuare una [...] dal maggiore gua-sto antisociale della [...] epoca: la disoc-cupazione. E tenta ogni varco [...] tendenza distruttiva si trasformi in una spinta [...] dallo scambio locale, allo sviluppo dei lavori [...] regime non di mercato, dal servizio civile [...] forme di associa-zione cooperativa. Credo che dobbiamo [...] grati della [...] funzione di coraggioso esploratore [...] se le conclusioni cui approda sono tutte [...]. Se la sinistra non [...] pensare, sperimentare, cercare, anche in Italia, non [...]. Così pu-re se fingerà [...] tasca soluzioni che non ha. /// [...] /// Così pu-re se fingerà [...] tasca soluzioni che non ha. (0)
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