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[...] con i giovani emarginati di Palermo [...] PALERMO «Pessimismo della ragione, ottimismo [...] volontà», rac-comandava un vecchio sardo. È il precetto cui anche Lino ha confor-mato la [...] vita. Sebbene pertenga [...] la traccia più vistosa [...] sé -un disarmato e di-sarmante sorriso -, [...] anni Lino li ha trascorsi distri-cando, o [...] fili di entrambe queste complicate ma-tasse. Prese a [...] a Napoli, fra le [...] Vicarìa, quando ancora coi calzoncini corti aiutava [...] spingere il suo carretto di erbivendolo. Continuò a [...] più tardi a Roma, [...] nei tu-guri, secondo che di qua o [...] portasse un promettente mestiere di barman o [...] operatore sociale. E ancora adesso quei [...] a Palermo -allo Zen, alla [...] a Borgo Nuovo, [...] -, in quel dolente [...] e speranze, di conquiste e delusioni dentro [...] di fermarsi, dentro cui tenta di imparare [...]. Perché -dice -vivere è [...] assai meno facile di quanto si creda. È una pratica che richiede [...] costante. Alzarsi la mattina e [...] giornata non basta se dentro non hai [...] un sogno. E se i sogni [...] desideri posso-no diventare realtà: ma devi [...]. Il sogno di Lino, [...] Lino [...] di molti suoi amici, è questo: dimostrare [...] di Palermo, messi in-sieme, possono produrre ben [...] o devianza; piuttosto cultura, socialità, allegria, beni [...] una più al-ta qualità di vita. Utopia? Lino non si [...] gliela rim-provera. Ne è lieto invece: «Sì, [...] dispiace affatto essere un co-struttore di utopie». A rigore, Lino è [...] fi-li che gli sono affidati sono quelli [...] e la qualità di [...] è -come dice il mansionario aziendale -la [...]. Ma lo scrupolo con [...] un ventennio ormai svolge i suoi compiti [...] vieta [...] anche in un al-tro [...] a Palermo ben più disturbata: quella tra [...] la democrazia. E la «qualità totale», [...] in questi luoghi ove [...] anche la vita, è formula che suona [...]. Figlio del bisogno Imparare [...]. Qual-cuno dice che bisognerebbe di-sporre [...] una doppia esistenza, una per sbagliare, [...] per far le cose giuste. Ma è uno scialo [...] permettersi. Sicché Lino, figlio del [...] di fa-re le cose due volte in [...]. Sorride: «Ho imparato via [...] un sen-so alla mia vita, a riconoscervi [...] anche a ripercorrere stagioni che sembravano perdute». Nella villetta di [...] a due passi dal [...] ri-scoperta lo aiutano persone impor-tanti per lui: Licia, [...] «atten-ta», «riflessiva», «capace di pensieri profondi e [...] e ha sposato nel [...] dopo alcuni anni di [...] Antonio, giunto in quel tempo anche lui, [...] e Francesca, nata [...] anni fa da un [...] di un affet-to intatto che [...] aiutata ieri a non [...] a non sentirsi fi-glia unica. Ha continuato a vivere [...] Roma, Francesca, nella casa della madre, ma per lei [...] Palermo non è solo la nuova famiglia di [...] un pezzo della [...] famiglia. Lino guarda i ragazzini [...] Paler-mo [...] mercato di [...] tra i pun-telli della Zisa, [...] del [...] -e rivede se stesso [...] Vicarìa, quar-tiere fra i più difficili di Napoli: «Era-vamo [...] tre famiglie in tre stanze, con uso [...] bagno in comune. Fu una festa quando riuscimmo [...] conquistare una casa tutta nostra, grande due stanze e [...]. Ricordo il trasloco, con [...] alle stanghe della car-retta, ed io e [...] a spingere. Spingevo con una mano, e [...] reggevo la scatola coi soldatini. Non andavamo molto lontano [...] forte: quel giorno mangiammo pane e mortadella. Avrebbe ereditato la carretta [...] di fruttivendolo ambulan-te, Lino, se non avesse [...] un istituto alberghiero. La mattina a scuola [...] nei risto-ranti, nei bar, a fare pratica [...] qualche soldo. E la dome-nica, mentre [...] finita la messa dai salesiani entravano in [...] la partita, lui tor-nava svelto a pesare [...]. Durò così fino ai [...]. Poi cominciò a viaggiare [...] bianca nella valigia -came-riere, «cascherino», banchista -, [...] qualche lingua e spiava il mondo. Fece il militare e [...] Roma. Trovò un buon lavo-ro [...] in un al-bergo, un ottimo guadagno, una [...] parve adatta a lui. Di soldi ne vedeva [...] persino, quasi a sfidare il fresco ri-cordo [...] «Fi-nalmente potevo dimostrare al mondo che ero [...]. Ma quel mestiere, ricco [...] si conciliava col decoro piccolo bor-ghese della [...]. E neppure il padre fruttivendolo [...] ne mostra-va entusiasta, pronto [...] se non più ad [...] il carretto del-la frutta almeno [...] che si cercasse un posto [...] fisso, sicu-ro. Così nel [...] il [...] Lino appese il farfallino al [...] e fece ingresso nella grande famiglia [...]. Era quello un collettivo [...]. Si agiva sul territorio, [...] si occupavano asili e case, e si [...] un inter-vento che produceva [...] dei tassi di devianza [...] in quegli anni e in quelle zone». I giochi [...] quelli che gli erano [...] Napoli, Lino li ritrovò a Roma fra [...] borgate ove ora impegnava il suo tempo [...]. I passi che quei [...] conquista del mondo era come se lui [...] per la prima volta insieme con loro. Una infanzia tardiva. Cui si ac-compagnò una tardiva [...] trascorsa a Palermo -ecco [...] approdo -dove per lunghi pe-riodi [...] lo comandava perché vi tenesse corsi di formazione di [...] tecnici. Palermo non mostrava [...] di Napoli, di Napoli [...] gaiezza e neppure la speranza, ma negli [...] che ora gli si affida-vano Lino riconobbe [...] lo stesso senso di rivol-ta che avevano [...] gior-nate alla Vicarìa. Perché -doman-dava -questa città [...] Perché deve essere conside-rata «irredimibile»? Gli rispondeva-no [...] e di compatimento: tu [...] non vivi [...]. Fu come una sfida. Per lavoro, per amicizia, [...] anche per amore, il bruciante amore ado-lescente [...] Licia, [...] ormai sop-piantava [...] precocemente adulto ma volto [...] mese Lino tornava a Palermo, città [...] e vi si fermava [...] «Il tempo di una bocca-ta [...] come un sub in [...]. Coi suoi [...] amici [...] dei quartieri, ne esplorava gli umori, ne [...] servendosi di quella chia-ve formidabile che è [...]. Il teatro Si chiamò «I [...] il loro gruppo, parola [...] il riferimento regionale e [...] al «Cali», il Circolo [...] Italcable. In-contri, scoperte, amicizie forti, di-scussioni [...] grigliate e canzoni sulla spiaggia, [...] un diploma [...] dei 35 anni e perfino [...] una seconda adolescenza, appun-to. In capo a tre [...] il tra-sferimento fu completo. Quel che segue [...] e [...] si suole definire maturi-tà, [...] che, pur nei tardivi recuperi, sia quella [...] adatta a misurare i cicli della vita [...] Lino. Nel suo orizzonte di [...] sono più ragazzi oggi -più giochi, più [...] -che in ogni altro momento. Ma non è il segnale [...] un indu-gio: piuttosto [...] di una ri-flessione antica. Dice: «E da chi [...] dai ragazzi, può partire un progetto per [...] Abbiamo un dovere verso di loro: di [...] di verità. Ma non sono parole [...] aspettano da noi. Ne hanno sentite fin [...]. Ci giudicheranno sui fat-ti concreti. E dunque, invece di [...] del lavoro proget-tiamo [...] invece di esalta-re astratti [...] un laboratorio; invece di invo-care a parole [...] ugua-glianza e solidarietà mettiamoci ac-canto un ragazzo [...] omo-sessuale. E se è un [...] quello che attende i no-stri figli, incertezza [...] quella che abbiamo incontrato noi, ebbene gli [...] di [...] non possono continuare a [...]. Con gli adolescenti È [...] concreto che [...] di cui Lino è [...] in questi mesi; in esso spera di [...] giovani palermitani, appartenenti non solo a fasce [...] ma anche a ceti relativamente «protetti»: per-ché [...] del disagio; e perché [...] democrazia e della solidarietà, la sola che [...] mafia, ha bisogno di tutti. È questa la trin-cea di Lino, [...] scu-gnizzo della Vicarìa: «Sono un [...] ma non lo faccio per [...] il paradiso. È il mio modo [...] politica oggi, dopo le delusioni che ho [...] sinistra. [...] così che continuo ad ali-mentare [...] che mi ha sorretto da ragazzo, la speranza di [...] i più deboli. [...] già detto: i so-gni [...] i desideri posso-no diventare realtà. /// [...] /// Ex scugnizzo «Insegno la speranza [...] ragazzi di strada» [...] 3. [...] Dino [...] A [...] anni, Lino sta ancora imparando [...] vivere: impara la fatica della coerenza personale, il coraggio [...] solidarietà, il gusto delle imprese difficili. /// [...] /// Nei quartieri di Palermo, [...] dopo Na-poli e Roma, è approdato, fra [...] quali ha scelto di dedicare il suo [...] Lino [...] un apprendistato sen-za fine. Non ne prova imbarazzo. Da esso trae anzi [...] ricominciare, ripercorrere stagioni scivolate fra le dita. DAL NOSTRO INVIATO EUGENIO MANCA RICHMOND [...] in un posto qualunque [...]. Prende in prestito le [...] Martin Luther King, Joseph [...] per rispondere alla domanda [...] vuol lasciare detto al mondo se davvero [...] a morte sarà eseguita, mercoledì prossimo, in Virginia. Lui però ha ormai [...] prove della [...] innocenza, tra cui anche [...] Dna, e spera ancora di [...]. Per salvare [...] in Italia, si sono [...] e «Nessuno tocchi Caino», [...] senatori e de-putati, perché il governo intervenga [...] forza con il governo statunitense, il governatore [...] Virginia [...] la Corte Suprema. E do-mani mattina ci sarà [...] in da-vanti [...] americana. Ie-ri [...] ha lanciato [...] a spedire fax al governatore Allen. Il numero: 001. Quella frase [...] detta alla fine di una [...] telefoni-ca riportata ieri da [...]. Quan-do fu arrestato non [...] in carcere che ha letto. Come ha passato gli [...] lo di-ce lui stesso: «In totale privazione, [...]. E ho dedicato quasi tutto [...] mio tempo ad [...] a diventare una persona miglio-re». Era [...] febbraio [...]. [...] aveva 44 anni. Viveva con una don-na che [...] la [...] padrona di casa ed era [...] anche la [...] com-pagna. Ma era gelosa, molto. Fu lei a [...] nei guai. Adesso è [...] donna, diventata [...] moglie do-po [...] conosciuto in carcere, che sta [...] di [...] con tutte le sue forze. Lori [...] era vicino a lui, mentre [...] parlava al tele-fono. Ha [...] ma dopo [...] conosciuto [...] lavorando per [...] che aiuta i de-tenuti, ha [...] di studiare legge. Vuole diventare avvocato. La fidan-zata [...] invece, di [...] non si fidava proprio. Quando lo vide tornare [...] cinque di mattina ubriaco, e con camicia [...] di san-gue, lei chiamò la polizia. Quella notte, 4 febbraio, [...] die-tro Virginia Beach, vicino Ri-chmond, una donna [...] e uccisa. Si chiamava Helen [...]. Pochi giorni, e per [...] scattò [...]. Era stato visto nello [...] cui era stata la vitti-ma. Poi [...] il sangue, che i [...] stabilirono essere dello stesso gruppo di quello [...] Helen [...] e la prova del [...] nel corpo della vitti-ma. Che fu valutato come [...] quello di [...]. Il quale peraltro aveva [...] furto. E un pessimo avvocato, [...] i soldi per [...] uno in gamba, che [...] venute poi tutte fuori dopo il processo. Allora, infine, non era [...] prova del Dna. Il processo si celebrò [...]. Contro [...] ci fu an-che la [...] altro de-tenuto, Steven Watson. Disse che lui in [...] il delitto. [...] fu condannato alla sedia elettrica. Secondo la legge della Virginia, [...] punto [...] an-cora 21 giorni di [...] prove a discarico del condannato. Ma nessuno stava facendo [...]. Solo dopo, molto dopo, [...] la prova del Dna: quel sangue sui [...] né di [...] né della vittima. E so-no venute fuori [...]. Quella del buttafuori del locale, [...] di tutto, che disse di [...] vi-sto [...] fino a mezzanotte. Men-tre [...] chi aveva visto la [...] prima e litigare nel parcheggio con un [...] andare con lui. Resta vero che a [...] non andò a casa [...] i suoi giri notturni per bar. Finendo coinvolto, come disse [...] in una rissa in un altro parcheggio, [...] sporcò di sangue. Per quello poi ci [...] vide comprare [...] e andare a ripulirsi [...]. Infine, vicino alla vittima [...] terreno che non coincidono con quelle di [...]. Ma di tutto questo, [...] che due anni fa annullò la condanna [...] di forma, [...] non potè parlare. La legge non lo [...]. /// [...] /// Mentre il mese scorso [...] corte ha ro-vesciato [...] sentenza, fissando la data [...] compagno di cella, Steven Watson, [...] ritrattato, scrivendo: «Quello che feci è sbagliato, voglio aiutarvi. [...] non mi ha mai confessato [...]. Ho detto quelle cose [...] in quel periodo avevo paura di una [...]. E dunque voleva ingraziarsi [...]. Infine, i compagni di [...] altro detenuto giustiziato anni fa, il serial [...] David [...] hanno raccontato che [...] prima di entrare nel [...] aveva rivelato di averla uccisa lui, Helen [...]. Ora, [...] chiede aiuto alla gente. Anche da un sito Internet, [...] «Grazie anco-ra per il vostro interessamento, e [...]. Joseph [...] è scagionato anche da un [...]. Appello di 140 parlamentari [...] «Il [...] intervenga» Innocente per il Dna, condannato a [...] Che Joseph [...] non ha ucciso Helen [...] lo dice persino il Dna. Ma il 18 dicembre [...] stesso sulla sedia elettrica. Perché la legge della Virginia [...] revisioni processuali di merito dopo il primo [...]. Appello di [...] e dei parlamen-tari italiani [...]. E dal carcere lui [...] «Vivo [...] tota-le privazione, tormento e orrore. Grazie ancora per il [...]. ALESSANDRA [...] Assolto dal test genetico ergastolano [...] in carcere Franco Cavazza, il giostraio condannato [...] per il sequestro e [...] Bruno Adami «è innocente». Lo sostengono il suo [...] Francesco [...] e il «Movimento per [...]. La corte [...] di Brescia ha respinto il [...] per il riesame della vicenda che prende le mosse [...] quando [...] venne rapito nella [...] villa di Mantova. Testimone del sequestro la [...] il volto di uno banditi a cui [...] riuscito a strappare il passamontagna. Al processo riconobbe Cavazza, [...] Dna sui capelli trovati dentro il copricapo [...] anche il pentimento di uno dei quattro [...] Adami. /// [...] /// Al processo riconobbe Cavazza, [...] Dna sui capelli trovati dentro il copricapo [...] anche il pentimento di uno dei quattro [...] Adami. (0)
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