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La sabbiera [...] per 70) atten-de in una [...] silenziosa, di es-sere animata; nella stanza atten-dono anche molti [...] e picco-lissimi oggetti (animali , figure [...] rappresentati come personaggi di un [...] attivo, ad incarnare il [...]. Nella stanza entrano due [...] metterà di fronte alla sabbia e comincerà [...] gioco (mettendo oggetti scelti, o crean-do piste [...] laghi) rac-contando così senza [...] le [...] plasmare nella sabbia le [...] dolore della esistenza. [...] persona starà accanto, in silen-zio. È la sabbia ad [...] tera-peuta con le sue interpretazioni. È la parola viva [...] che si faccia voce di qualcuno) ad [...] simboli collettivi -la casa, [...] raccontare [...] figurina di donna alla [...] o quel pescatore) un mo-mento di vita, [...] cresci-ta, qualcosa di inesprimibile in pa-role o [...] nella coscienza. La sabbia diventa il luo-go [...] si sta « sognando con le [...] Paolo Aite pubblicato dalla Rivista [...]. Bambini e adulti La [...] play [...] è un me-todo terapeutico inventato [...] junghiana Dora [...] a [...] per affrontare nuclei problemati-ci refrattari [...] altri interventi. Pres-so [...] Pediatrico Bambin Gesù di Roma [...] di psicote-rapeuti (Marinucci, Montecchi, Tortolani tra gli altri) sta [...] anni la-vorando con bambini e adolescenti utilizzando la [...] play [...]. [...] usata da colleghi psichiatri [...] USL per la cura di pazienti psico-tici. Le sabbie raccolgono le [...] chi non ha modo di co-municare se [...] invalidanti. Problemi gravis-simi, anoressia, abusi [...] curati: attraverso il «gioco della sabbia» parla [...] non può essere detta. La sabbiera è [...] protetto» nella definizione di Dora [...] lo «spazio potenziale» nel [...] in cui [...] esistere gli oggetti come [...] di paure antichissime, divoranti, [...] abissale incapsula-ti nella psiche. Le mani si muovono [...] sabbia, e si attiva il [...] immagi-nario al di là del controllo razionale [...]. Questa tecnica [...] usata [...] diagnostico e analitico anche con [...] adulti. Ma dire tecnica o me-todo [...] inadeguato: è piuttosto lo sviluppo di un pensiero, di [...] for-ma di [...] nella terapia analitica «da una [...] di [...] secondo una felice immagine di Marco [...] al Convegno sulle sabbie [...]. Nel «gioco» ci si trova [...] vivere [...] che in modo strano, inafferrabile, [...] oltre la nostra com-prensione, proprio perché attiva un processo [...] forse più che altrove [...] e [...] si trovano nel luogo li-bero [...] protetto, ma anche nel cer-chio magico [...] coin-volti a [...] apparire nella sabbia immagini di [...] lontani, deser-to e silenzio, in un «gioco del mon-do» [...] racconta la vita. E appare la visione [...] da [...] lasciavamo di noi il [...] un attimo delle nostre piccole or-me. Lella [...] Una pronuncia secca, una pa-rola [...]. Come un in-sulto che [...] bocche a fior di labbra: [...] ossia Sahara. O meglio, il miti-co [...]. Una spe-cie di enorme tazza [...] ha una circonferenza di otto milioni e mezzo di [...] quadrati, [...] settentrionale. Sab-bia rovente, oasi, rocce, [...]. Una ri-petizione infinita di [...] di chilometri e la in-credibile sensazione di [...] tempo, fermo per [...]. Un mondo a parte [...] il cuore di Borges, di [...] di Thomas Edward Lawrence, [...] William [...] di Moravia, di mi-gliaia [...] tanti fa-mosi registi cinematografici, dei soldatacci della Legione, [...] Alessandro Magno e di [...]. Miraggi e follie, mor-te [...] acqua, il mito di [...] la città [...] ricerca di Atlan-tide, la [...] interi inghiottiti dalla sabbia, i [...] gradi di caldo al [...] più di quaranta [...] il gelo della notte, [...] le trombe [...] le tempeste di sabbia, [...] allucinogena, fuori da [...] sulle rocce, che, me-scolata [...] faceva piombare nel delirio esplorato-ri e militari [...]. E anco-ra, le straordinarie incisioni [...] e nel [...]. Poi la vita leggendaria [...] di padre de [...] sulla vetta [...] e i racconti sulla [...] alle dune, di intere spedizioni sepolte dal [...] «nulla». Nel de-serto, verità e [...] da sempre. Tutto è vero e [...]. Tanto, quando arriva il Kham-sin, [...] del Sud, spazza via tutto e si [...]. Il Sahara, secondo alcuni, [...] il fondo di un mare o una [...] piena di animali magnifici. In una antichissima mappa [...] romano, su quella enorme distesa, [...] la scritta: «Campi deserti inopia [...] (territori disabitati perché privi di [...]. Quando la grande ventata islamica [...] fu il viaggiatore arabo [...] ad inventare quel nome: Sahara. Vuol dire semplice-mente «il [...]. In quel «nul-la» vivevano [...] bedui-ni, i nomadi, i berberi, i tuareg, [...] Mali e del Niger, gli uomini della Nigeria [...] Su-dan, della Libia e [...] della Mauritania, della Tunisia [...]. Ammucchiati lungo le coste [...] tra le dune (erg), [...] (i letti dei tor-renti [...] secchi) i gebel e le catene montagnose. Tutti, in un modo [...] da sempre, segnati dal grande deserto. Cammelli e [...] Niente più [...] ora. Le lunghe carovane di [...] di dro-medari) sono state quasi sop-piantate completamente [...] che percorrono il Sahara, da certi autobus [...] dalle [...] dai piccoli aerei e [...] che tut-to vedono e tutto scoprono. Ma la malia e [...] de-serto è ancora li, intatta, come migliaia [...] anni fa. I simpatici matti che [...] tra [...] e [...] tra [...] e [...] e [...] (nel [...] El [...] e [...] arrivano ancora da ogni [...] per viaggiare, annusare, farsi terrorizzare dal-le tempeste [...] correre, ubriachi di caldo e di stanchez-za, [...] fino allo sfinimento. Sì, nel deserto, i [...] da padroni. Sono buoni o cattivi. Non si vedono, ma [...] lavoro e accan-to al viaggiatore. A volte lo prendono [...]. Altre, lo spingono semplicemente via, [...] una dona o un oasi. Sot-to una palma o [...] quei mucchietti di pietre che segnano i [...]. Sì, nel Sahara, i [...] le sembianze di chiunque, come dice il Cora-no. Una signora di Parigi, [...] a spillo, come se cam-minasse a due [...] Trionfo, e con una vecchia «due cavalli» [...] per traversare il Sahara che al-tro poteva [...] un «ginni»? E Paul, quel ragazzo-ne americano [...] nel cuore del Mali, [...]. Un la-voro inutile e [...]. /// [...] /// [...] volta, dopo un di-luvio [...] viaggiava con il surf dentro [...] pozzanghera. E non era uno [...] vicino a [...] colava la sabbia attraverso [...] solo soletto, sotto un sole spaventoso, come [...] Allah [...] avesse affidato il com-pito di passare al [...] sabbia del Sahara. No, quel-lo era un [...]. Un altro, una mattina presto, [...] lungo il crinale di una duna, ma [...] del sole e [...] del troppo caldo, era misteriosamente [...]. Si era scavato una buca, [...] si era cala-to dentro e poi, con una tavo-letta, [...] chiuso [...]. Al riparo del sole [...] si era appisolato e aveva dormito fino [...] Sole non ave-va di nuovo perso forza. Dunque era un uomo [...] Sì, [...]. O meglio, forse. An-che questo è il Sahara. Mai fer-mo, senza precisi [...] perché il vento muta in continuazione il [...] è un mondo straordi-nario. È [...] posto della ter-ra dove si [...] spengere il mo-tore [...] e ascoltare, per ore, il [...] del silenzio. Un silenzio inquietante che [...]. Poi, piano piano, si [...] di vento e allora si sente il [...] ru-more della sabbia bianca o dol-cemente rosa [...]. Più piccolo della formica Uno [...] misterioso lie-ve sgranocchio che cambia di nuovo, [...] poche ore, il paesaggio che avevi imparato [...]. Tutto, allora, rico-mincia da [...] senti solo come non mai. Nudo e più piccolo e [...] di una formi-ca. Ecco, il deserto, come [...] tanti, è una specie di grande specchio [...] ti devi guardare. Così puoi scoprire quanto [...] che cosa hai paura, se sei razionale, [...] risparmiare [...] o sce-gliere il percorso [...] da dove sei venuto. Se hai capito o [...] quel mondo. Puoi piangere, ignorato [...] universo e circondato dal «nulla». O ride-re come un [...] alle dune. Li, le [...] chiacchiere e i tuoi [...] a nul-la. Ci vuole ben altro. Puoi per-derti comunque e [...]. Non ci sono i [...] anco-raggio. Sei davvero niente e [...]. Puoi seguire, per ore, [...] un fennec, la picco-la volpe del deserto, [...] evoluzioni di uno [...] bianco. Quando arriva la not-te, [...] per due o tre ore sul cammello, [...] le ossa e se ci si deve [...] avere dietro un batuffolo di spine. Allora scendi, togli il [...] leghi le zampe [...] con un laccio corto, [...] vada lontano, e poi di sdrai sul [...] e sulla sabbia. Allora le stelle, nel [...] (non si accet-tano spiegazioni scientifiche) sembrano grandi, [...]. A due passi dal [...]. Nel buio puoi andare [...] bisogno, pochi metri più in là. E se si avvicina qualche [...] di viaggio, batti pure, [...] con-tro [...] due sassi che hai trovato [...]. Così insegnano, perché tutti [...] di-re e girano al largo. Ogni tanto, lontano dal [...] si sentono dei lievi colpi secchi. Come un suono strano. Ancora i «gin-ni»? Se [...] zona sassosa sono soltanto le pietre che, [...] gran cal-do, si spaccano. Quando si tor-na verso [...] o [...] che dire del fondo [...] La-go [...] il [...] La strana acqua di [...] ogni buco scavato, lascia a bocca aperta [...] come non mai, il cam-melliere che, accanto [...] Sole grande e rosso scende [...] si prostra sulle schegge [...] prega in silenzio, con una fede che [...]. Nel deserto [...] tempo per pensare, tanto tempo. E [...] tempo per cono-scere se stessi. O meglio, per ri-trovarsi. A volte si può [...] qualche giorno in attesa che passi la [...]. In pieno giorno, diven-ta [...] si vede più che a qualche centimetro. La sabbia ti sommerge [...] pelle scoperta come milioni di spilli. Bisogna chiudere gli occhi [...] terra. Quando tut-to è finito, [...] chilo-metri di distanza, le piccole trombe [...] che corrono via e [...] in alto, in alto, in alto. E i miraggi? Di [...] accettano spiega-zioni scientifiche. Sono un so-gno, un [...]. Un qualcosa che si [...] ma che non [...]. Che fluttua e «balla» [...]. Il deserto è davvero una [...] metafora della vita e una incredibile seduta di auto-coscienza. Un libro aperto di [...] ed eterno romanzo senza finale. O, meglio ancora, un [...] ti misura tutte le febbri: quelle dentro [...]. Bisogna andarci almeno una volta [...] vita. Come alla Mecca. Wladimiro Settimelli Enrica [...] sabbia Riverberi di sabbia Il [...] Principe, le stelle e i fiori invisibili del [...] Eravamo [...] giorno della mia «panne» nel deserto, e [...] storia del mercante bevendo [...] goccia della mia provvista [...]. Non capì il mio [...] rispose: -Fa bene [...] avuto un amico, anche [...] muore. Io, io sono molto contento [...] avuto un amico volpe. Non misura il pericolo, [...]. Non ha mai né fame, [...] sete. Gli basta un [...] di sole. Ma mi guardò e rispose [...] mio pensiero: [...] ho sete. Ebbi un gesto di [...] cercare un pozzo, a caso, [...] del deserto. Tuttavia ci mettemmo in [...]. Dopo [...] camminato per ore in silenzio, [...] la notte, e le stelle cominciarono ad accendersi. Le vedevo come in [...] febbre che mi era venuta per la [...]. Le parole del piccolo [...] mia memoria. Ma non rispose alla [...]. Mi disse semplicemente: -Un [...] può far bene anche la [...]. Non compresi la [...] risposta, ma stetti zitto. /// [...] /// Mi sedetti accanto a [...]. E dopo un silenzio [...] -Le stelle sono belle per un fiore che [...]. Risposi: -Già -e guardai, [...] pieghe della sabbia sotto la luna. Ed era vero. Mi è sempre piaciuto [...]. Ci si siede su una [...] di sabbia. Non si vede nulla. Non si sente nulla. E tuttavia qualche cosa [...]. Fui sorpreso di capire [...] tratto quella misteriosa irradiazione della [...]. Quando ero piccolo abitavo in [...] casa antica, e la leggenda raccontava che [...] un tesoro nascosto. Naturalmente nessuno ha mai potuto [...] né forse [...] mai cercato. Eppure incantava tutta la [...]. La mia casa nascondeva [...] fondo del cuore. Incominciava ad addormentarsi, io [...] le braccia e mi rimisi in cammino. /// [...] /// Mi sembrava di portare [...]. Mi sembrava pure che [...] niente di più fragile sulla Terra. Guardavo, alla luce della [...] pallida, quegli occhi chiusi, quelle ciocche di [...] al vento, e mi dicevo: «Questo che [...] è che la scorza, il più importante [...]. E siccome le sue labbra [...] abbozzavano un mezzo sorriso mi dissi ancora: «Ecco ciò [...] mi commuove di più in questo piccolo principe addormentato: [...] la [...] fedeltà a un fiore, è [...] di una rosa che risplende in lui come la [...] di una lampada, anche quando dorme. E lo pensavo ancora [...]. Bisogna ben proteggere le [...] di vento le può spegnere. E così, camminando, scoprii il [...] al [...] del sole. /// [...] /// E così, camminando, scoprii il [...] al [...] del sole. (0)
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