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Regine e capi di Stato [...] arrivati. Le Tv di tutto [...] combattono a suon di mi-lioni per ottenere [...]. È tutto pronto. Lo spettacolo [...]. [...] finalmente sepolta. Madre Teresa avrà funerali [...] Stato [...] il villaggio globale [...] trasmet-terà in tutto il [...]. Come da Londra, per [...] Diana. E come una settimana [...] britanni-ca anche a Calcutta oggi ci sono [...]. Regole dettate [...] ieri ha preso in consegna [...] fere-tro di Madre Teresa. E una di queste [...] in questo funerale di Stato non ci [...] «i più po-veri dei poveri». Né al corteo [...] Sodano celebrerà la funzione re-ligiosa. Il feretro, che sarà trasporta-to [...] di [...] peri [...] sarà seguito da dieci o [...] macchine. Forse [...] o due di queste vettu-re [...] sarà posto per una [...] le [...]. È [...] che avrebbero ot-tenuto le [...] carità, le eredi di Madre Teresa. Ma i mi-litari -come [...] di Calcutta -se alla fine dovessero ce-dere [...] missionarie lo fareb-bero ad una precisa [...] dei poveri» dovrà proce-dere [...] dalle altre vetture ufficiali. Perché i leb-brosi, gli [...] non sono tele-genici. E allora, perché mai [...] quando invece le te-lecamere potranno fa-re zoomate [...] di qual-che regina o presiden-te, magari per [...] contriti? Durante tutto [...] si pensa poco e [...] di meno per le varie Calcutta sparse [...]. [...] caste sono dure [...]. Gli ul-timi sono gli [...]. /// [...] /// Anche se ora il [...] parlamento, [...] è un figlio di [...] più basso della società. [...] cancellare [...] ordinamento sociale che non ha [...] in nessuna altra parte del mondo. [...] e quanti rappresentanti di questo [...] di disgraziati, per il quale Madre Teresa ha speso [...] vita, potrà avere accesso allo [...]. Ep-pure sono stati preparati [...]. Roba da far rivoltare nella [...] un Santo. Figuriamoci Madre Tere-sa. E se non fosse [...] in questa scatola di vetro nella chiesa [...] San Tommaso, sopra [...] hanno po-sto una bandiera [...] che le lascia alla [...] e i piedi avremmo pure potuto [...]. E invece è costretta [...] a combattere la [...] ultima battaglia insieme ai medici [...] hanno fatto il miracolo di far decomporre il corpo [...] questa lunga attesa prima della tumulazione. Perché a Calcut-ta la [...] oscilla tra i 35 e i sette [...]. È un caldo che [...] che costringe a bagni di sudore. Guardiamo la gente davanti [...] San Tommaso e restiamo sbigottiti. A migliaia sono in attesa [...] ore per dare un ultimo saluto, per rendere omaggio [...] una donna che sentivano vicina, una suora famosa in [...] il mondo [...] con i potenti della terra [...] che però stava da [...] parte, vicino a chi soffre, [...] chi ha conosciuto solo la faccia più dura, crudele, [...] vita. Passo dopo passo, per [...] dietro [...] pazienti e forse rassegnati, [...] del loro turno. E quando alle sedici [...] chiuso in mi-gliaia scoprono di [...] sfilato inva-no. Ma forse non importa. Forse pensano di [...] fatto qualcosa di «dovuto». [...] tra questa marea umana [...] giorni è in processione davanti alla vetrina [...] della Ma-dre? Pochissimi. Perché pochissimi [...] il [...] cento. E cioè ventidue milioni. Ben ottocento milioni sono [...] milioni sono i musulmani. Ed è questo che [...] straordinario. Cattolici, musulma-ni, indù, per una [...] marciano in-sieme senza far pesare differenze, [...]. Saida, [...] su un viso da ul-tra [...] è musulmana. La incontriamo lungo la strada [...] braccio del [...] che collega le città gemelle [...] Calcutta e [...]. Le chiediamo se oggi [...] di Madre Teresa. [...] ci chiede di [...] nella [...] casa», come lei la chiama. Cioè dietro un grande [...] armato. È [...] che vive. Le arcate in cemento [...] fanno da tetto, la riparano dal sole [...] furia del [...] quando decide scarica già [...] e acqua da far paura. Per terra una stuoia [...] più di un metro per sessanta, le [...]. Ci dor-mono in due. Saida e [...] figlia [...] la più piccola. Gli altri tre bambini [...] terra. /// [...] /// Nella «casa» di Saida [...] qualche pentola, ma senza fornello. Un secchio per andare [...] qualche indu-mento ammucchiato in un angolo. Per fare i bisogni [...] di qualche metro, davanti a tutti quasi [...] strada dove il traffico costringe spesso le [...] a passo [...]. E non perché sono [...]. /// [...] /// Ha la febbre e [...]. /// [...] /// Non ho nien-te da [...]. Mi dispiace per la [...] morte. So che aiutava i [...]. In pochi minuti, sotto [...] raccolgono decine di persone. Tutti musulmani, accampati un [...] più in là. Hanno voglia di parlare. Di far sapere che sì, [...] ai funerali ci andranno. Staranno die-tro le transenne del [...] perché «è [...]. Noi al funerale ci [...]. Anche se [...] da noi le suore non [...] mai venute a portarci aiuti. Sappiamo però che lo [...]. Siamo in tanti [...] a [...]. E per [...] in macchina alcuni chilometri. Lungo la [...] proprio alle [...] dove [...] presidenti seguiranno i funerali, [...]. Poche centinaia di metri [...] persone vivono in condi-zioni disumane, lottano giorno [...] per ora per non morire. Un dedalo di vicoletti da [...] paura, [...] stretti. [...] sono venuti su -già [...] fa -dei tuguri, costruiti con [...] nera, proprio come quelli che [...] per la spazzatura. Solo che [...] il tanfo, il fetore [...] ci sembra peggio della peggior discari-ca. /// [...] /// Né acqua, né luce. Nelle baracche non ci [...] in piedi tanto sono basse. Le porte [...] saranno alte appe-na un metro [...]. Alcune hanno [...] bassi giusto per sdraiarsi. E dentro vediamo dei [...] spo-stano la tenda per guardarci perché disturbati [...] si forma al nostro seguito. È un girone inferna-le. Neanche nelle favelas del Brasile [...] quartieri più degradati del Centro America avevamo [...] simile. [...] si muore di fa-me, ma [...] solo. Uccidono anche la povertà, [...] mancanza di medicine. Guardi i bimbini e [...] fare il [...] con i no-stri figli [...] vita-mine. /// [...] /// [...] che allattano neonati [...]. [...] Parla Nirmala [...] la suora che ha [...] posto: «Non ci interessa perché sono poveri Vogliamo [...] la loro condizione in completa serenità» [...] Nino [...] di Firenze, 59 an-ni, [...] del Polo alle elezioni del Mugello, contro Di Pietro. I giornali elencano i suoi [...] (dal caso Lavorini di Viareggio alla strage [...] dal [...] Prince al proces-so [...] ricordano che è scrittore di [...] e concludono invariabilmente «ha assistito molti terroristi di sinistra»: [...] da cui hanno tratto la [...]. /// [...] /// Un [...] mia memoria. /// [...] /// Avo-la, provincia di Siracusa. Uno sciopero di braccianti. Scop-piano disordini, la polizia [...] due dimostranti. Suc-cedeva anche questo in Italia, [...]. La notte alcuni membri [...] Pci «Yuri [...] di Firenze, con barattoli [...] pennelli, uscirono per fa-re le scritte sui [...]. /// [...] /// Un me-tronotte in bicicletta [...] gruppi intenti al lavoro e corre subito [...]. Arriva a fari spenti [...] «Giu-lia» [...] Carabinie-ri, quando i ragaz-zi se ne accorgo-no [...] vicina. Scappano in varie direzioni per [...] stradine buie dominate da Palazzo Pitti; Isan-na rimane col [...] ancora fresco in mano, tenta una fuga ma viene [...] portata nella ca-serma dei [...] di Borgo Ognissanti, interrogata, poi [...] con una denuncia per «diffamazione di notizie [...] pubblico» e [...]. Il tempo passa, si [...] giudice archivi il pro-cedimento, invece ad un [...] il messo con tutti quei fogli stampati, [...] timbri e di firme, che nella loro [...] nella prosa spagnolesca sem-brano esemplificare [...] della giustizia e la [...] gente comune. Il giorno stesso il [...] Federazione comu-nista di via [...] poi Isan-na suona il [...] legale [...]. I [...] sono due, padre e [...] Pa-squale [...] Antonio, detto Nino. Il padre è un [...] consigliere comunale comuni-sta, [...] travolgente, [...] meridionale che tan-ti anni [...] Firenze [...] hanno del tutto spento. Nino studia la causa: [...] Avola i morti ci sono stati davvero le [...] né false, né tenden-ziose. Viene il giorno del [...]. Il tribunale è un [...] a piazza S. Marco, a pochi passi [...] dal Beato Angelico. La con-vocazione è per [...]. [...] ed io, in veste di [...] arrivia-mo in lieve anticipo, cerchia-mo di orizzontarci in corridoi [...] ricordo pieni di gente [...]. Ci dice che prima [...] non succede niente, [...] stato un rinvio, o un [...] o un altro processo. Lui sta andando via, [...] la mattinata, deve andare a Montepulciano a [...] in cancelleria. Perché [...] La paura di perdere [...] appiglio che abbiamo in quel [...] è grossa. E poi, cosa fare per [...] nella macchina [...] per uno scherzo [...] lo ricordo benissimo, è una [...] in pelle rossa. Isanna è seduta dietro, [...] io accanto al guidatore che corre [...] con la [...] bor-sa di pelle piena [...] van-no depositati di persona in quella cancelleria [...] Montepul-ciano, [...] la giustizia vuole ignorare [...] moderne for-me di comunicazione. Parlia-mo del più e [...] che ci difende, che [...] nostri, con quella stra-na macchina, in un [...]. Il tribunale di Montepulcia-no [...] principale, quella col grande pozzo rina-scimentale che [...] le [...] timbro [...] pra-tica e poi via, [...] Fi-renze, mentre noi temiamo di arrivare tardi, [...] chiama Isanna lungo un corri-doio affollato, e [...] saranno generati da quel ritardo. Invece torniamo in tempo [...] finché ci chiamano per [...]. Ecco la guardia notturna, [...] che racconta come durante il suo giro [...] metteva sotto le serrande dei ne-gozi quegli [...] aveva scorto pri-ma le scritte [...] ragazzi che le fa-cevano, [...] suo do-vere» avvertire su-bito i Carabinieri; per [...] e le sorti della Nazione fos-sero salve. Il briga-diere al comando [...] prontamente intervenuta è in-vece fasciato nella [...] divisa; fa un cenno [...] guardia, poi spiega che Isanna tentò di [...] ma fu subito bloccata. Su un tavolo, [...] asciutti e inutiliz-zabili, ci [...] e il [...]. CHE FARÀ il giudice? La [...] aria annoiata può [...] dire tutto e il suo [...]. Interrogato per un pronostico sulle [...] del magistrato, [...] ha fatto un gesto della [...]. /// [...] /// [...] di Nino non può [...] il fatto [...] perché Isanna è stata colta [...] flagrante, con quel pennello inutilmente gettato per strada e [...] e repertato dai mili-tari. Tralascia che Isanna, inter-rogata, [...] i nomi de-gli altri; batte e ribatte [...] muro, rigorosamen-te vera, anche se la polizia [...]. È misurato e poi a [...] ironico, con i [...] non [...] che ora gli vedo nelle [...]. Il giudice ha dato [...] Isanna e anche a [...]. [...] assolta «perché il fatto [...] una piccola contravvenzione al [...] ma a quella nessuno pensa, la pagherà [...] Federazio-ne [...] a centinaia di altre per i manifesti [...] notte, da piccoli gruppi con i secchi [...] come quella sera. /// [...] /// [...] è contento e noi gli [...] una sola parola: «Grazie». Di parcelle [...]. Adesso siamo nel cortile. Isanna è emozionata e [...] peso, [...] mette la toga spiegazzata [...] dietro della [...] auto sportiva, in mezzo [...] alle carte, saluta e mette in moto. Non ho più visto, da [...]. /// [...] /// Non ho più visto, da [...]. (0)
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