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[...] sarebbe stato tri-ste [...] ma in quel mese [...] freddo, quasi di primavera (mentre dovunque sul [...] Mediterraneo il termometro se-gnava lo zero), i [...] po-vere stanze, sembravano, nel loro squallore, nella [...] di memorie, di passi, di sogni, strana-mente [...]. Finivo di vestirmi, quando [...] ragazzo magro, con gli occhi neri e [...] ma-no, della cui necessità, in quel mo-mento, [...] convinta, mi avvertì dolcemente che delle perso-ne [...]. Sentendo [...] il cuore, come quel [...] i suoi giocattoli saltellare lumi-nosi verso di [...] sotto la finestra lo schiocco impaziente e [...] frusta, e il cigolio di una ruota [...] stare fer-ma, e le voci pacate dei [...] bella e giovane di [...] miagolante e confusa del Musi [...] ansiosa, discesi le scale. Ec-co [...] modesto, la porta a [...] dipinta sul vetro, la carrozza antiquata, gialla [...] due capi-tani. Si scusarono di [...] indicato un albergo così [...] sembrava addirittura mortificato: era [...] con un certo impac-cio, come se una [...] di-ventata più corta: seppi così che po-co [...] (sup-pongo in qualche marinaio che ave-va urtato [...] e si era fatto «un [...] male». Fosse questo particolare, o [...] gli attraversasse la mente, una malinco-nia di [...] sente la im-possibilità di esprimersi, fosse quel [...] che illimpidiva e rendeva struggente [...] il [...] per qualche tempo non [...] tranquillo a uno dei lati del-la carrozza, [...] giro con la stessa indifferenza delle bestie [...] nulla di quello che non le riguarda, [...] loro ambiente si mostrano misere e annoiate. Il Mu-si si guardava bene [...] o semplicemente [...] con una parolina. Anche lui zitto, ma [...] scorgere nel [...] una mestizia umana, girava [...] soddisfatto, il raggio dei suoi occhi quasi [...]. Ecco il centro, coi [...] pieni [...] di mosaici azzurri e [...] velate che bisbiglia-no; ecco viali ordinati, bellissimi, [...] da palazzine tra [...] e il colonia-le; ecco [...] di fontane, di fiori, [...] a strisce, a quadri, di un verde [...]. Ec-co chiese col frontale [...] colorate, o chiese bianche, con cupole color [...]. La città che al [...] mi era par-sa modesta, qualunque, pur senza [...] una voce, si era [...] animata. Bellissimi giovani e donne [...] giù, [...] per i marciapiedi, conversando [...] e som-messo, con un languore di cigni. E le campane! E il profumo acuto [...] mandorla, del man-darino! Sì, era forse troppo [...]. Suppongo che non corressero, [...] pensieri [...]. Que-sta sensazione, che un [...] al continente, alle capitali o ai deserti [...] una immaginazione calda e dolo-rosa tenesse, quasi [...] mano, la strana isola, e [...] anzi fermata nel tempo, [...] decrepita insieme, mi attraversò la mente mentre [...] dirigeva verso il mare. Vi sono momenti in [...] si rivela interamente ai nostri oc-chi, senza [...] un gesto, un passo, spostato un ciglio. Vidi quel mare illuminato [...] sole [...] mare azzurro e remoto [...] immobili im-barcazioni; vidi, come se non in [...] mi fosso trovata, ma in un altro [...] quello che era nei loro occhi; ora [...] posava vuota nel por-to, e lontana, quasi [...] di un nuovo viaggio -il rammarico sordo [...] con-sumato quasi tutta [...] svolto il gomitolo fino [...] filo. ANNA MARIA ORTESE Il [...] Parigi [...] Theoria, 1986 Fra convalli [...] sali-scendi continuo e nelle svol-te della [...] strada, corriamo ora il [...] Vomano al Tordino. Bosco e bel cielo [...] cui vadano i sogni con [...] e quasi anche la [...] e delle donne di bianca gola, al [...] e perle sui raziocinanti cavalli, nei sen-tieri [...]. Ge-me ivi forse la fontana [...] do-ve bere è perdizione, e [...] salute [...]. Teramo venne, do-po i [...] della valle; [...] a notte, quando già vi [...] gli ufficiali del presidio e della tutela con tutta [...] gente, e dal bar della piazza, sotto il bel [...] in un elisio di luce [...] manopole [...] il garzone a tutto il [...] la cattedrale ni-chelata degli espressi. E non imma-ginate quanto [...] bo-narie dopo ogni giornata del mio vi-vere, [...] rosso coi fiocchi: non la rete metallica [...] il materasso: perché la malvagia [...] voglio il quarantottesco elasti-co [...] con le molle a spirale, di cui [...] la preghiera, il buon sonno. E, alla locanda del Giardino In-cantato, [...] li trovai. [...] della Madonna bleu mi accompagna, [...] in quella nuova sicurezza, verso il per-dono e [...] nel mentre che un ronzio [...] timpani aveva prin-cipiato a fasciarmi [...] pensiero, [...] il viaggio notturno della mia [...]. Sulla mensola del caminetto [...] era un candeliere [...] con copia di zolfanelli, [...]. Il pulsante della pera [...] per errore premetti e continuavo a premere [...] luce, non dava suono: continuava a tacere. E voi, es-senze della [...]. Non suonavano neppur quelli [...]. Nessun campanello suonava, in [...] del Giardino Incantato. Nessuno, al tocco dopo mezzanotte, [...] un tratto sulla pendula pera, [...] alle due del-la tenebra, poteva pretendere «una brocca [...] calda! Dunque era dolce, era sicura [...] notte. [...] calda non sarebbe stata [...] il soli-to: così la squilla non avrebbe [...] nobile imperio. Tutte le mosche erano [...]. Il sonno [...] le teneva appese al soffitto, [...] quelle dieci o dodici [...] potute arrivare [...] pieno di glicine e di [...]. Di bautte, di timpani, [...]. La camera era col-ma [...] batteva quieta la luce sui muri bianchi, [...] la [...] conduttori li per-correva rattenuta [...] di porcellana, che son detti, nei cataloghi, [...] Milano. Due [...] staccati [...] ed era lei a [...] reggere. Il cassettone di noce, così [...] e sanfedistico in sul primo [...] il cappello, si benignava ora [...] via di emanare un suo vecchio e [...] spirito, a mano a mano [...] fra quella suppellettile del dolce [...]. Era un odor buono [...] ispessi panni, lini e fiore di lavanda: [...] briciole tenevano ancora, in profondo, i cassetti, [...]. Le pietose ossa dei [...]. CARLO EMILIO GADDA Le [...] Torino, Einaudi, 1964 Ma il completo ristoro [...] mi venne dato più [...] del Cia-ne, nella pianura accanto a Siracusa. Nelle campa-gne attorno i [...] terra raccoglievano i pomodori ed erano simili [...] la linfa sul rovescio di una foglia. Il sole si avvicinava [...] lontani e il mare mandava le sue [...]. La sorgente non è [...] acque sono limpide e profon-de, rigurgitano lente [...] scorrere verso il mare vicino. Dalle rive per tutto [...] elevano alti i papiri terminanti nei loro [...]. Un contadino era so-praggiunto [...] e vedendo che mi scalzavo, mi av-vertì [...] fare il bagno, credendo mi volessi tuffare. Volevo soltanto immergere le [...] acque sicuro di attrarre a tutto il [...] freschezza. Egli sape-va che quei [...] da-gli antichi per fare carta da scrivere [...] anche il modo. Ne strappò uno di [...] delle acque e con il coltello ne [...] biancheggiante che stava sommersa per [...] per lungo in fette [...] intrecciò le [...] alle altre in modo [...] foglio compatto. Mi disse che [...] a essicare al sole [...] inestricabi-le e bianchissimo. Come per chiede-re un [...] spiegazio-ne volle gli rivelassi il mistero delle [...] sorgente. Così limpi-de, così fresche [...] Avrei forse potuto [...] del mito della ninfa Giane [...] avere pian-to il ratto di Proserpina era [...] quella sorgente, ma di cer-to egli se [...] come di uno scherzo alla [...] intelligenza. In-vece presi a [...] della terra co-me di [...] di cavità sotterranee dove le acque delle [...] nevi disciolte a prima-vera per le lunghe [...] raccol-gono, in lenta filtrazione tra rocce e [...] riemergere altrove, quando quelle cavità ne sono [...]. Parve soddisfatto come se [...] fosse stata inutile nella [...] vita. Il sole declinava e [...] mi sentivo tem-prato e [...] nella città che sapeva di salmastro come [...] una barca. Passando da una strada [...] gaiezza della gente si sco-priva come essa [...] sue pene quella del rigido inverno, giunsi [...] entro un al-to muro, [...] popolata di anitre e di pesci neri. Per uno stretto varco del [...] usciva in ma-re, ma quando [...] si alzava pene-trava nella fonte. La strada proseguiva sul [...] case beate. Un pastore con le [...] ingenuo nella dolcezza dello sguar-do. Dalle finestre attraverso le [...] di donne si al-lungarono per [...]. Una donna dalla porta [...] bicchiere. Si susseguirono bisbigli e [...]. Una bocca rise. Il pastore prese una [...] gonfie e si fermò a [...]. Era una casa di cortigiane [...] cala-bresi e di Turchia. Risero ancora e si [...]. Le anitre facevano un [...] nella fonte [...]. Più [...] una piazza deserta [...] sperone che chiude il porto. Lun-ghe ombre segnavano il [...]. Una cupoletta bianca spuntava [...] brevi. Una grande casa, una caserma [...] un convento allungava la [...] parete rosa fino a un [...] sul mare. Sotto, il mare aperto [...]. Una vela bianca stava [...]. Mi ba-stava godere di [...] dove il silenzio veniva ogni tanto rotto [...] onde. Go-devo delle ombre che [...] più larghe sul pavimento terroso della piazza [...] di quella parete che scemando la luce, [...] del gelato di fra-gola. Impaziente mi mossi e [...] piazza del Duomo con la facciata barocca, [...] con raggi di luce [...] colomba dello Spirito Santo. Svoltai subito e mi [...] parete della chiesa da questo lato era [...] massicce co-lonne interposte alla muratura che le [...] di [...]. Altre colonne doriche, com-poste [...] pareva che di esse ora se ne [...] materiale secondario di so-stegno. Vi stavano sepolte, private [...] di quella luce che un tempo circolavano [...] e in rapporto alle quali erano state [...]. GIOVANNI COMISSO Al sud Vicenza, Neri Pozza, 1996 A Firenze in agosto, per sba-digliare. /// [...] /// Per la-sciare che il [...]. Seduti al tavo-lo di [...] di piazza della Repubblica. Piacere per voyeur. Turismo abborracciato e chapliniano quello [...] attorno. Firenze acropoli di vivi [...] nel cono e ciucciano dalle cannucce [...] con zuccheri e anidridi. Affastellamento di dorsi su-dati [...] in relax, in reggi-seno. Brulichio di comitive corredate [...]. [...] dei bertoldi dinoccolati che passano [...] quello di chi -in [...] -si nutre di bibite ghiacciate [...] co-comeri squartati. Anche la cupola del Brunelleschi [...] e secca, ma bastano due gocce di [...] lei è aggrondata di sudore, anche se [...] del Bru-nelleschi la fa restare composta e [...] del cielo, accanto [...] cam-panile che fa ombra [...] la [...] allocchito per colpa del [...] becco [...]. Il calore e la [...] stravaccano. La gente diventa scom-posta. [...] temperatura fa smagare anche [...] al look e alla piega dei calzoni. Gelati, chiacchiere e campari [...] di queste ore. Le giacchette bianche dei [...] attorno che più bianche non si può [...] di gente in short, mini, ciabatte, camicie [...] goffi. Ma la grande [...] di Firenze -e forse del [...] in questo modo di ma-scherarsi, [...] trasformarsi, ma soprat-tutto nella bambocceria che ha in genere [...] -consuma-tore omologato e guardone -di [...] vivere in [...]. Per cui si viag-gia [...] pianeta di una [...] senza frontiere. Ma anche in questo [...] sotto il sole. Ieri non era meglio [...]. Perché si tratta di [...] e «occi-dentale». Basti ricordare la signorina Mary Kingsley, [...] del romanzie-re Charles, che, viaggiando [...] fa in Gabon, non [...] alla lunga sottana, alla camicia [...] e al cappellino di [...] vittoriana, fede-le al motto che «non bisogna [...] per [...] con un abbiglia-mento di [...] in pa-tria». La [...] amica May [...] Shel-don (detta «Lady Boss» [...] ca-ratteraccio) andò invece da [...] al [...] in portantina, presentandosi ai [...] dei villaggi che attraversava in abito da [...] bionda. Oggi -ago-sto, afa, fine [...] cor-digliera o in santa Maria Novella, nel-la [...] palazzo Pitti -ci si veste tutti nello [...] giramon-do. E si pensano le [...] fanno gli stessi gesti, si mangiano e [...] stessi sapori, le medesi-me [...] e si indossano le [...] medesima borraccia a tra-colla -quella che adottò [...] Livin-gstone [...] attraversare [...] del Lago Vittoria e [...] Uf-fizi. Perché è in fondo [...] vestire, di camminare, di guarda-re, di fare [...] e pipì, a dare [...] e di-vertito non solo alla grande clowne-rie [...] giro per Firenze ma anche agli altrimenti [...] bomboniere smancerose di marmo, facciate intarsiate, palazzi [...] e assessore al turismo [...] qua e in là per piazze e [...]. E hanno lavorato con [...] allumato al tavolino di un bar, scrutato [...] sembra un luogo per bene. Bisogna forse [...] a fondo per capire [...] Firenze [...] solo un ambu-lacro stretto per gente di [...]. Del resto anche i Savoia [...] ca-pitale e Bengodi [...] anche se poi tutto [...] capatina di po-che ore. Eppure, anche [...] il luogo conserva la [...] stregoneria mista a un sussiego [...]. Di sera diventa un [...] sba-vature e agli eritemi del tramonto sulle [...] e intonaci che, facendo bene agli occhi, [...] al cuore. È di sera che Firenze [...]. Allora smette di essere [...] diventa una cit-tà da trincare a lenti [...]. E se la lasci [...] se non ci si [...] è lei che, alla fi-ne, finisce per [...]. ALFREDO ANTONA ROS Moto [...] Bologna, Edizioni Pendragon, 1994 Vesuvio [...] a Firenze Tedeschi, inglesi, [...]. In grande prevalenza erano [...] che venivano in Italia nel Settecento. Ed erano quasi sempre [...] minor misura borghesi benestanti: per lo più [...] venivano ad arricchire la loro formazione. Gli americani vennero dopo [...] ancora i giapponesi). Vi vennero a industrializzazione [...] distanze cominciarono a ridursi, e sempre più [...] il globo in lungo e in largo. Poche ore bastano per [...] di strada che in altri tempi avrebbero [...]. Per un paio di [...] di visitare luoghi diversi da quelli abituali [...] di pochi. Viaggiare era un privilegio, [...] proprio «status [...] distingueva un gruppo esiguo [...] popolazione. Chi vi apparteneva aveva [...] direttamente luoghi sui quali gli altri avevano [...] mano o che magari ignoravano del tutto. Con lo sviluppo dei [...] miglioramento delle condizioni di vita il numero [...] viaggiano per diletto e per curiosità è [...]. Ed è un fatto [...] un processo generale di democratizzazione che ha [...] civile e il costume. Il viaggio si laicizza, [...] aura: diventa un modo comune di godimento [...] da tutti o quasi i ceti sociali. Gli italiani che al [...] parte delle loro entrate, diventano a loro [...] si impongono a partire dagli anni Settanta [...] principali del turismo internazionale. Le conseguenze della massificazione [...] tutte positive. La fretta, [...] alle mode, la concentrazione [...] negli stessi periodi [...] e negli stessi pochi [...] tanti i motivi che rischiano di svalutare [...] in qualcosa che ha [...] fare con lo stress e il conformismo [...] il piacere e la curiosità. Lo nota con intelligente [...] Alfredo [...] nel suo gustoso, corrosivo «Moto [...]. Intanto, va detto, sono [...] di resoconto diverse dal tradizionale, classico «journal». Quello che si impone [...] reportage giornalistico compiuto alla ricerca dei lati [...] contraddizioni sociali che i turisti distratti e [...] non vedono. Non scompare tuttavia del [...] nota di diario alla quale il viaggiatore [...] non tanto le cose [...] sensazioni provate. Ricompare spesso proprio sulle [...] quotidiani. La scrittura perde però [...] di funzionalità, si fa più varia, avvicinandosi [...] ai modi della prosa [...] le impressioni di viaggio [...] del Novecento ci hanno lasciato sono anzitutto [...] letteratura. E non conta se [...] per utilità propria o su commissione. /// [...] /// E non conta se [...] per utilità propria o su commissione. (0)
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