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Un colloquio a due [...] sé e la Turchia [...] Zana. Mi chiamo Me-hdi Zana. /// [...] /// Curdo del-la Turchia. Sono nato nella città [...] Silvan nel 1940. Mia ma-dre ha avuto [...] quattro femmine; quattro moriro-no ancora piccoli. La mia famiglia non [...] a scuola, così a [...] già in una sartoria: da noi sono [...] cucire. Già la mia infanzia [...] dai racconti delle rivolte curde [...] tempi. Ho conosciuto Leyla perché [...] mia famiglia, la mia numerosa fa-miglia. Preferivo che mia moglie [...] una persona già vicina; ero impegnato nella [...] mia vita non era stata, e non [...] futuro, né semplice né facile. Una donna qualsiasi non [...] mio modo di vivere. Mia madre mi aveva [...] Leyla. La conoscevo di vista [...] stesso vil-laggio. /// [...] /// A 14 anni mio [...] sposata con Mehdi, mio cu-gino. Quando ero piccola veniva [...] fare propaganda per il suo partito, il [...] (Partito ope-raio della Turchia). Io non avevo mai prestato [...] a lui. A quel tempo aveva [...] di tre anni in prigione, per [...] te-nuto una riunione pubblica [...] di [...]. Un giorno [...] madre mi ha do-mandata [...] mio padre. Mio padre accettò. Credo di [...] sorpreso: «Tutto questo è comi-co». Ma ormai era già [...] si discuteva. Quando lo in-contrai la [...] ero già fidanzata. Non riuscivo a [...] come marito, e aveva [...] più di me. In quel momento sentii [...] vita sarebbe stata dura: io volevo vivere [...] e Mehdi era già un uomo. /// [...] /// Ci siamo sposati il [...]. In quegli anni si [...] del [...] curdo tra [...] di persone. Era sufficiente essere trovati [...] solamente di un testo o di una [...] curda, op-pure una semplice conversazione privata in [...] arre-stati e incarcerati in una prigione militare, [...]. Leyla trovò un giorno [...] un piccolo scritto che avevo preparato sulla [...] curdo nella struttura politica turca. Questo le fece pia-cere [...] fui molto orgoglioso. /// [...] /// [...] il movimen-to nazionalista curdo non [...]. I militanti di questa [...]. Io ero nata in una [...] tradizionale, quindi anticomunista. Ricordo che mio padre [...] Mehdi: «Io ti dò mia figlia, ma [...] alla Moschea». Mehdi gli rispose: «Va [...] vedremo». /// [...] /// E i problemi comin-ciarono [...]. Un mese do-po il [...] capo de-gli [...] turchi [...] arrivò a [...]. Ci furono grandi manifestazioni [...] molti morti. Stavano iniziando gli anni [...]. Già dopo il colpo [...] Stato [...] 1970 da parte dei milita-ri, il [...] era stato sciolto, perché [...] dei curdi. Tra il 1977 e [...] un durissimo blocco economico delle regioni curde. Nel 1977 ci furono [...] eleggere il sindaco di [...] la capitale [...] del Kurdistan. [...] ci viveva-no poco più di [...]. Ora ne conta più [...] e mezzo a causa del forzato esodo [...] di [...] -distruzione dei villaggi da [...]. Mi presentai alle elezioni [...]. Non avevo né denaro [...] di partito; ero sostenuto solo da amici [...] condizioni. Ho fatto tutta la [...] curdo, parlando dei diritti [...] e della giustizia sociale. Era la prima volta [...] della Repubblica turca un uomo di sini-stra [...] propria identità. Fui eletto con il [...] rispetto al candidato del partito allora al [...] intimidazioni e le minacce della polizia e [...]. In se-guito lo stesso [...] voleva convalidare le ele-zioni. Ma ero stato eletto [...]. /// [...] /// [...] mi tro-vai proiettata in [...] più vasto e diverso da quello del [...] cresciuta. Quan-do cominciai a vivere [...] Mehdi [...] piena di contraddizioni; quella vita mi era [...]. Non ave-vo scelto il [...]. /// [...] /// Inizio a governare la [...] stampa di si-nistra e da qualche funzionario [...] dalla popo-lazione. Il blocco economico è [...] a portare nei quartieri popolari i servizi [...] fognature, elettricità. Ma la situazione politica [...] stava precipitando. La situazione economica si [...]. Il 12 settembre 1980 con [...] pretesto di restaurare [...] con brutalità provoca un colpo [...] Sta-to. Il 24 settembre fui [...]. /// [...] /// Nel 1980 Mehdi fu [...]. Vi restò per undici [...]. Avevo un figlio picco-lo, [...] ed ero incinta. Mi do-mandavo come avrei [...] e i miei figli. La mia fa-miglia non [...]. Per più di un [...] potuto smettere di piangere. Fino ad allora non [...] da Mehdi. La [...] generazione non mescolava la vi-ta [...] e la politica. Mehdi voleva che io [...] per lui. Non era contento che [...] per me. [...] andavo alla prigione solo per [...] «Noi siamo [...]. Alla porta del-la prigione [...] altre famiglie di detenuti. Durante questi incontri, iniziai [...] domande sulla mia identità. Fi-no ad allora non sentivo [...] forte [...] di essere curdi. [...] era essere turchi, bisognava comprendere [...] della Re-pubblica [...] ideale. I turchi dicevano «i [...] e noi accettavamo. Essere curdi era un [...]. Ricordo quando ero ancora [...] madre, ma-lata, andò [...] di [...] vestita con i normali [...] tutti i giorni. Fu subito maltratta-ta. Poco a poco incominciavo [...]. /// [...] /// Durante le visite alla [...] maltrattavano e umiliavano furiosamente le no-stre donne, [...] che venissero a [...]. Per la stessa ragione [...] tutto il tragitto che andava dalla cella [...] visite. Queste funzionavano con una suoneria. Al primo squillo si [...] al secondo bisognava [...]. Ma nel momento in [...] entra-re nella cabina, suonava già la se-conda [...]. Il più delle volte [...] ci atten-devano nella loro cabina non riusci-vano [...] e iniziava la loro disperazione. Domandava-no di noi piangendo, [...] forse eravamo morti sotto tortura. Mi ricordo che un mese [...] la nascita di mia fi-glia, un avvocato venne a [...] per [...] che avevo una figlia e [...] mi assomigliava. Ma durante il percorso [...] fui pic-chiato talmente forte che mi ritro-vai [...] non riuscii neppure a [...]. Quando ritornai in cella, guardai [...] mia foto e mi domandai in che cosa potesse [...] assomigliar-mi, e cominciai a piangere. Di-ciassette mesi dopo Leyla [...] di venire a [...] con mia figlia [...] entra nella cabi-na ma [...] il tempo di [...] che già la obbligano [...]. Ritornò quando mia fi-glia [...] mi guardò e mi chiese in curdo: «Come [...]. I militari hanno subito [...]. Da allora in poi, [...] che veniva a [...] non mi parlava più. /// [...] /// Durante tutti quegli anni, [...] prigione una volta per settimana; ma mi [...] «Niente visite». Fu in quel periodo [...] leg-gere dei libri, anche se non capivo [...] turco. Il primo si intitolava «La [...] partigiano». Sapevamo, io e le [...] i nostri compagni erano torturati e che [...] protestare anche con lo sciopero della fame. Era il 1984, e [...] a del-le attività politiche, scioperando davanti alle [...] manifestazioni. Cominciai a scoprire che ero [...] fu una ri-velazione. Ero sola, ma esistevo. Avevo scoperto la mia [...]. Le donne sono ancora [...] in gran parte del mondo, ma nella [...] Kurdi-stan, sono come un oggetto, un animale. Mia madre si occupava [...] animali al lavoro nei campi. Mio padre dormiva dalla [...] e [...] occu-pazione era parlare con [...]. Quando mia madre ha [...] figlia di seguito, la famiglia di mio [...] parlò più, e quando di notte una [...] piangeva, mio padre prende-va mia madre e [...] e le cacciava fuori con qualsiasi tempo. Amo molto mio padre, [...] comportamento è quello dei curdi. Imita nella casa la [...] quella della polizia e [...]. /// [...] /// Nella prigione milita-re di [...] fui torturato per diciotto [...] di quattro o cinque volte per settimana. Erava-mo intasati in [...] in uno spazio che [...] ven-tidue. Costretti a vivere tra [...] ci obbligavano a mangiare topi. Ci facevano spo-gliare e [...] Jo, il pasto-re tedesco, che era addestrato per [...] ed i testicoli. Se degli avvocati denunciavano [...] essi stessi arre-stati, come nel caso di Huseyin [...] e [...] Kaya, e orri-bilmente torturati. Molti furono i compagni [...] più a casa. /// [...] /// Nel luglio del 1988 [...]. Eravamo in molti da-vanti [...] con i lo-ro bambini, giovani, anziani. Ad un tratto ci [...] giar-dino. Dicendo che non ci [...] i detenuti, divise-ro gli uomini dalle donne [...]. Allora noi ci siamo [...] co-minciato a tirare sassi. Negli scon-tri me la vidi [...] un militare, che mi accusò di [...] tentato di [...] il fucile. Mi arrestarono as-sieme ad [...] accusati di [...] «incitato il [...] alla [...]. I sette giorni di [...] furono terribili. Mi spogliarono e mi [...] fino al-lo svenimento. Ho ancora degli in-cubi. Risale ad allora il [...] mio impe-gno politico. Quando ho saputo che [...] curde che pren-devano il fucile, mi sono [...] cam-biava tutto: la donna era diventata un [...]. /// [...] /// Nel maggio del 1991, [...] 11 anni dei 32 a cui ero [...] concessa dopo la fine [...] Golfo, mi liberarono. Rimasi abbagliato nello scoprire [...] i colori al levare del sole. Mi ci vollero più [...]. E facevo fatica a [...]. Il 24 marzo 1992, [...] al mio ritorno dalla Fran-cia, dove ero [...] le conseguenze delle torture. Mi libe-rarono tre mesi [...]. Il 30 lu-glio nuovo [...] gior-ni. Il 12 maggio 1994 [...] una nuova pena di 4 an-ni per [...] al Parlamento europeo. Inoltre ho ancora dei [...] libri che ho scritto. Ora rientro in Turchia. Forse sarò arrestato. /// [...] /// È in questa logica che [...] partito social-democratico [...] di [...] ha espulso dai suoi ranghi [...] dei suoi de-putati, solamente per [...] assisti-to, senza prendere la parola, [...] una conferenza curda sui diritti [...] organizzata [...] del 1989 a Parigi. Nel 1990 fu costituito un [...] partito, [...] che concluse [...] elettora-le con il [...]. Nel novembre del 1991 [...] 24 deputati al Parla-mento. Ma il clima si [...] duro, tanto che [...] fu costretto a sciogliersi [...] Corte Costituzionale. Fondammo un nuovo partito, [...] partito della democrazia, che [...] curdi e ai turchi per proporre una [...] problema curdo in Turchia. È stato sufficiente questo [...] di «separatismo» e di «terrorismo». Siamo diventai il ne-mico [...] della [...] turca che in que-sti [...] assassinato 82 dei nostri dirigenti, compreso il [...] Mehmet [...] poeta Musa [...] che non chiedeva che [...] pace e 34 tra giornalisti e distribu-tori. In carcere ci sono [...] universitari e scrittori. Il giorno del giuramento [...] Parla-mento [...] sono detta: «Ecco arriva-ta [...] della verità, la piccola [...] nella fossa dei leoni». Ho letto in turco [...] giuramento che formalizzava la validità del mio [...] aggiunto in curdo: «Ho compiuto questa formalità [...]. Io mi batterò per la [...] fraterna dei popoli [...] e turco [...] della de-mocrazia». Delle scene di isteria [...] scandalo. I deputa-ti gridavano: «Una [...] Par-lamento -sporca curda -questo non è il tuo [...]. Straordinario potere della parola! È vero che è [...] volta nella storia della Re-pubblica turca che [...] pro-nunciare una frase in curdo alla tribuna [...]. Ed è stato necessario [...] donna a compiere questo gesto iconocla-sta. Fui classificata come «irrecu-perabile». Il presidente del mio [...] che divenne in seguito [...] sociali-sta, pretese le [...] dimissioni e quelle del [...] che aveva ugualmente rifiutato [...] Costituzione [...] di concezione militare. Da quel giorno mi [...] parlare in Par-lamento. Perfino i colori dei [...] un «crimine separatista». Il mio ritratto fu [...] di tiro della poli-zia e delle [...] del ne-mico da battere. Ero la prima nel-la [...]. I militari cercaro-no per [...]. Non credo più a [...] Parlamen-to. Il suo ruolo è [...] le azioni della polizia e dei milita-ri. Il grande cineasta e [...] aveva senza dubbio ragione [...] a volte una parola o un canto [...] più temibili delle ar-mi, come un granello [...] inceppa la più sofisticata del-le macchine. Parlare liberamente è già [...] cammino verso la libertà. /// [...] /// Sono soddisfatto del-la mia [...]. Fino ad ora ho [...] in prigione. Ma questo non rappresenta [...]. So-no cresciuto vedendo la [...] sentendo le canzoni popolari curde che [...] di maltratta-mento subite, delle numerose in-surrezioni spente [...] dal 1806 al 1937). Lo stesso presi-dente [...] aveva definito [...] movimento di guerriglia, la [...] insurrezione». Continuerò fino alla fine [...]. Nessuno e in nessun [...] cam-biare opinione. Ma mi attendo an-cora [...]. La democrazia, co-me noi [...] ancora lontana. Sta per uscire un [...] ho intitolato «Lettere alla mia cara Leyla». [...] marzo, pochi giorni dopo [...] le ho scritto questa lettera: «Sei venuta [...] i giorni alla prigione. Io farò lo stesso, [...] fermarmi sulla porta». Non atten-derò molti anni. Andrò a [...] molto presto. È la prima donna [...] deputata al Parlamento di Istanbul. Fu arrestata la prima [...] per il suo impegno a favore dei [...]. Eletta nel [...] è arrestata assieme ad altri [...] deputati [...]. Nel dicembre del [...] viene prima privata del [...] quindi processata e condannata a 15 anni [...] le dichiarazioni in favore del suo [...] suo impegno parlamentare. Il Parlamento europeo, che [...] Leyla Zana e chiede al governo turco la [...] liberazione, le ha assegnato [...] premio «Sakharov» per la libertà [...]. Nel febbraio di [...] le è stato conferito [...] «Premio Internazionale Rose» [...] del movimento operaio danese [...] dei diritti umani. Mehdi Zana, suo marito, è [...] degli attori più importanti della storia [...] degli ultimi [...] in Turchia. Nel 1968 è tra [...] «meeting [...] partecipa alla [...] del [...] nel 1977 viene eletto sindaco di [...]. Arrestato nel 1980 per [...] nazionali», è condannato a 32 anni di [...]. Amnistiato nel 1991, viene di [...] incarcerato e condannato a quattro anni per [...] testimoniato [...] europeo. È privato a vita [...] diritti politici. Questo colloquio a due [...] di incontri avuti con loro in più [...] Parigi. Vuol essere un ritratto [...] omaggio a due intellettuali e due democratici [...] carcere ma uniti da una grande passione. È un ritratto pacato, [...] enfatici che pure le vicende di Leyla [...] Mehdi Zana potrebbero avere. /// [...] /// Lui già attivo politicamente, lei [...] una bambina. Poi per Mehdi ci [...] di carcere. /// [...] /// Poi per Mehdi ci [...] di carcere. (0)
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