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Le sue parole ro-tonde, smaltate, [...] immagini nitide come fotogrammi. Solenne, confidenziale, ironica, inquieta, [...] riempie la piccola stanza della casa genovese [...] e di foto, dove tintinnano le taz-zine [...]. La ascolto [...] ma a tratti mi [...] echeggiare in altri luoghi, in altri tempi: [...] della maestra tra i banchi della scuola [...] Langa-sco («Dieci anni, [...] cosa so-cialmente valida della [...] voce sommessa della ragazzina che -era il [...]. Se ogni pagina vale [...] roman-zo di Liana è giunto a pagina [...]. Con qualche incertezza intorno [...] il momento dei festeg-giamenti che la municipalità [...] Ge-nova [...] progettato di riservare a questa speciale concittadina. Sorri-de maliziosamente: «Volevo la [...] questo aumentavo un [...]. Come per mettermi al [...]. Ma fra qualche settimana sono [...]. Pesano? Pesano gli anni [...] questa fragile piccola canuta signora cui il [...] con la [...] faccia peggiore? Risponde con [...] «Io mi considero ormai ospite della terra, e [...] il dovere di com-portarmi educatamente. La mia è una [...] ma non esclude qualche impegno ufficiale, che [...] testimonianza. Ai giovani, ai quali [...] mi presento proprio con [...] sono una testimone, sono la prigioniera marchiata [...] A 5384, che per cinque mesi è stata [...] per sette mesi è stata [...]. [...] tutte le domande che volete. [...] perché domani avrete soltanto i [...]. Auschwitz è in ciascuno [...] Ma ai giovani Liana dice qualco-sa di più. Dice che Auschwitz non [...] remoto [...] Au-schwitz è in loro, [...] ciascuno di noi, [...] stesso in cui la [...] più repulsio-ne, si fa abitudine, prassi quotidia-na, [...] che di una persona si possa disporre [...] cosa: «Violenza e in-differenza sono facce di [...] ed è scandalosamente semplice lasciare che si [...]. Ricorda le parole di [...] Non ho bisogno di [...] Ger-mania i nazisti eliminarono i [...] e io non dissi niente. Perché non ero comunista. Poi eliminaro-no gli ebrei, [...] dissi niente. Perché non ero ebreo. Poi elimina-rono i sindacalisti, [...] dissi niente. Perché non ero un [...]. Poi eliminarono me. E a quel punto [...] nessuno che osasse dire [...]. Ci si abitua, già. Guardi la violenza che [...] scodella ogni sera, [...] di cena. Il primo morto era [...] lì sul tavolo, come se mac-chiasse la [...] rivoli di sangue. Molti di noi smisero [...]. Oggi, [...] qualcuno oggi che smetta di [...]. Un [...] dunque. E un cronista che fruga [...] con indiscretezza. Ma chi, come Liana, [...] e molto sof-ferto, ha pazienza bastante a [...]. E persino a riassumere: [...] malinconica, vissuta da orfana [...] adole-scenza infelicissima in casa dei nonni, circondata, [...] da troppo amore; una giovinezza tragica. Vuol [...] Ho cominciato a vivere [...] alla vecchiaia; la pace, la tranquillità, le [...] la vecchiaia». Ma -se la parola [...] lei -non le fa paura questa stagione? Risponde: «No, [...] paura. Potevano forse dispiacermi i [...] la mia vita fosse piena: patente e [...] presi ormai cinquan-tenne. Ma gli ottanta. È [...] che va accettata, e [...] ac-cetta perde i suoi connotati spiace-voli. Trovo penoso e anche [...] quel tira e molla con la vec-chiaia [...] fre-quentatrici di palestre, sempre in tuta, tutte [...] biondo pal-lido. Meglio darci un taglio, entra-re [...] dimensione. È indice di consapevolezza. Sebbene sia tri-ste quando [...]. Una delle poche cose che [...] alla gioventù è [...]. Liana ha una mirabile [...] parole: non quelle effime-re del giornalismo, che [...] avrebbe prescelto; ma quel-le severe della testimonianza, [...] memoria, quelle lampeggianti del racconto. Le ha adoperate per [...] come «Il fumo di [...] (tradotto in molte lingue), «I [...] (finalista al Viareggio del [...] «La [...] di Josepha». Parole di rara forza [...]. Può [...] ancora, adesso, per of-frirci [...] per illustrare il libro della [...] vita? La prima immagine, [...] al 1930. Mostra la dicias-settenne Liana [...] redazione pisana del «Telegrafo», quotidiano influente [...] (i Ciano erano di Livorno). Ma io mi vedevo [...] alla scoperta del mondo. Quel giorno feci una deviazione [...] percorso verso la farmacia, [...] allora [...] entrai e al re-dattore domandai: [...] molto difficile diventare giornalista? Quello mi guardò incredulo: provi, [...]. Leggevo a quel tempo una [...] di Byron. Poco distante [...] il palazzo dove il poeta [...] fermato, con [...]. Scrissi di notte il [...] Byron a Pisa. Lo consegnai, fu pubblicato, [...] mio nome. Toccavo il cielo con [...] aspettavo il trionfo fa-miliare. E invece fu una tragedia, [...] scandalo: una ragazzina in una redazione? Il nome della [...] sul giornale? Come avevo osa-to? Come avevo potuto?». Il dado era tratto. Fu quello il momento [...] avrebbe studiato da sola, avrebbe preso un [...] sarebbe andata via di casa. Quanto al no-me, se [...] uno suo: avrebbe tolto la elle finale [...] giorno si sarebbe chiamata non più [...] ma [...] Liana [...]. [...] immagine è di poco più [...] 1936. La valigia in una mano [...] il diploma magistra-le [...] la [...] Liana, non giornalista ma maestra [...] di concorso, prende servi-zio nella scuola elementare di Vol-terra. Ballare, che passione «La [...] ripenso, mi faccio compassione: ventidue an-ni, ma [...] avevo alle spalle era come se fossero [...]. Ero sola, andavo su [...] alla porta [...] senza il coraggio [...]. Mi guar-davano con un [...] e di malizia. Per le scale, il camerie-re [...] il seno col gomito. Che altro poteva essere [...] poco di buono questa girovaga che viveva [...] e la sera se ne andava a [...] sempre pia-ciuto ballare -nei paesi intorno? Ma [...] dice oggi, mi realizzavo». Liana ballò una sola estate. Vennero le leggi razziali, [...] cominciò una vita di espedienti. Poi, per amore, appro-dò [...] Genova. La terza immagine è [...] 1944, ad Auschwitz, voivodato di Cracovia, Polonia. Camminiamo in una campagna che [...] vedo bellissima, piena di pri-mavera. Davanti a me, qualche fila [...] in là, [...] una ragazza di Bolo-gna. Si volta, mi vede, [...] vieni accanto a me. Fac-cio tre passi [...] a camminare fianco a fianco. Siamo ai cancelli [...] uomini di qua, donne di [...]. Ci sono tre ufficiali, [...] levato. Passiamo tutte, sino alla mia [...] poi [...] abbassa il frustino. Noi entriamo, quelli dietro [...] gas. Lo sapremo dopo. Arrivammo in 800 quel [...]. /// [...] /// Ne entrarono solo 170. Io fui fortunata». Nel lager di [...] re-stò cinque mesi. Poi, per altri sette, [...] un piccolo campo di [...] Germania del nord. Quando la morte è [...] vale né pian-gere né disperarsi. Si pensa ad al-tro. Si vuole e si [...] al-tro. La vita vuole vivere, [...]. Di più: ciò che [...] po-teva sembrare frivolezza e fantasia, ecco che [...] donne, si trasformava in resistenza e forza. La canzoncina macabra che [...] dei forni distilla-va voglia di vivere; e [...] mar-garina che -sofferto risparmio di [...] razione settimanale -ci si [...] occhi come una crema antirughe, quello pure [...] orgoglioso gesto di vita». La conquista di una [...] Dalla [...] del lager al sole sma-gliante di Genova: [...]. E [...] immagine, del 1958: Liana che [...] la porta di casa, la [...] pri-ma vera casa, e [...] a ba-ciare il pavimento. Sempre camere [...]. Non aven-do mobili, abbondavo [...] quale promessa di una nuova vita. A Langasco, nella campagna [...] per dieci anni. Le [...] alunne [...] ora madri e perfino nonne, [...] ancora a salutarmi. Poi a Ponte-decimo, in una [...] grande, bellis-sima, per la quale feci spese pazze, quasi [...] per la vita. Ma durò solo un [...] mi ingi-nocchiai più». [...] con Liana volge al ter-mine. La casa genovese ove [...] da cui intravede un barba-glio di mare [...]. Mi fissa negli occhi: «La [...] la mia età le vieta di chiedere [...] vita sentimentale, vero? Le dirò che anche [...] una anticipatrice. Non mi so-no mai sposata [...] mai ho convissu-to per assoluto desiderio di non perdere [...] mia libertà, che conside-ro preziosa più [...] altra cosa. Ho amato [...] ma non al pun-to [...] mia libertà». Per il commiato possono [...] parole di [...] «E se non puoi [...] desideri/ cerca al-meno questo/ per quanto sta [...] nel troppo com-mercio con [...] troppe parole in un viavai frenetico. Liana annuisce, sorride: «È [...]. Sono in vantaggio perché è [...] che tento di fare. Fino a [...] non avrei capito ma adesso. Sì, ho così poco tempo [...] non posso [...]. E immagini di parole: [...] orizzonte domestico, la tragedia del lager, la [...] sé, e poi la scuola, i libri, [...]. Un itinerario percorso con [...] adolescente, con immutato spirito da esploratrice. Ed è [...] che si conclude il [...] nelle «età della vita». /// [...] /// Ed è [...] che si conclude il [...] nelle «età della vita». (0)
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