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Questo era lo spirito [...] questo era lo spirito con cui gli [...] vennero a centinaia da ogni parte del [...] la speranza che ci cantava dentro. Firenze, [...] è un [...] come sci-volata fra le mani [...] tutti noi. Inutile tentare di telefonare [...] Sole era chiusa a [...]. I treni fermi e [...] elettrica e le colonne di soccorso dei [...] partite in gran fretta da Roma e [...] Bologna, [...] erano riuscite a superare le gigantesche «pozzan-ghere» [...] che stringevano la città in una morsa [...]. Insomma, possibile che tutta [...] non fosse in grado di trovare una [...] quello che stava avvenendo? Davvero [...] era spezzata in due? Possi-bile [...] elicotteri, gli aerei, i soldati, la polizia [...] non sapessero a che santo votarsi? In [...] per ore, a chiamare Firenze con la [...] telefoni. Poi avevamo chiama-to a [...] degli amici, dei redat-tori, dei conoscenti, della Prefettura, [...] Comune, dei vigili del fuoco. /// [...] /// Linee mute, morte, «staccate», [...]. Come se una grande [...] di strappare tutto: fili, cavi, collegamenti, bi-nari, [...]. Riandiamo a quelle ore, tra [...] privati e di lavoro. Al giornale, gli inviati [...] ma poco dopo alcuni di loro aveva-no [...] la città era irraggiungi-bile. La radio e la [...] a trasmettere ridicole e [...] cronache sui festeggiamenti ufficiali [...] e su Firenze solo qualche vago accenno [...] grandi silen-zi. Chi aveva, come me, [...] in città, era stato autorizzato [...] giornale ad una immediata partenza. Prima di tutto, ovvia-mente, [...] parenti. Poi, se fosse stato [...] dettare qualche servizio da qualunque parte e [...]. Così, la sera, con [...] preparammo in gran fretta e partimmo. Avevamo caricato la macchina [...] grandi filoni di pane, pacchi di pasta [...] bottiglie di acqua mi-nerale. Dai tempi della guerra, [...] rima-sta addosso questa mania. Anche allora, negli anni [...] nazista, dei bombardamenti e nei [...] sotto i colpi di mortaio [...] pane e acqua erano preziosi. /// [...] /// Non sapevamo niente, in [...] nostra città e dei nostri cari. Poi eravamo nei «fortunati» [...] Sessanta. Le urla nel buio Che [...] essere successo? Ma non dimenticammo pane e [...] un gran bene. Non smetteva un attimo [...]. Deviammo [...] del Sole e tra [...] stradine, raggiungem-mo Montespertoli, poi Scandicci, e poi [...] delle colline intorno a Firen-ze. Non potemmo scendere nelle [...] tutto bloccato e tutto [...]. Gente [...] coperta da teli impermeabili, [...] e urlava di fermarsi. Ogni vol-ta scendevamo e [...] in basso, sentivamo arrivare verso di noi, [...] terribile e incomprensibile ansimare: co-me uno spaventoso [...] il rumore orrendo di acque impetuose che [...] chissà verso dove. Quel-la notte tra il [...] 5 novembre sembrava non [...] finire più. Il giorno non arrivava [...]. Indietreggiammo lentamente con [...]. Qualcuno ci aprì di [...] e un uomo, bagnato dalla testa ai [...] «Voi con la macchina, andate a pren-dere i Bastianelli. Sono sul tetto di [...] la notte e chiedono aiuto. Lui spara con il fucile [...] caccia da ore per far sentire che sono vivi [...] aspettano di essere presi». Difficile spiegare che noi [...] e scendere su Firenze da piazza Gavinana [...] e arriva-re a casa dei genitori. Ancora altre ore di [...] pioggia e in un caos ango-scioso. Sempre buio e sempre [...] ogni incrocio e a ogni angolo. Scen-demmo, finalmente, da Bagno [...] Ripoli, [...] Bandino e verso piazza Gavinana. Poi, im-boccammo la strada [...]. Incro-ciammo qualche anfibio dei [...] e gruppi di persone con le materasse [...] di sedie, un televisore. Altri, con bambini in [...] pezzi di plastica e i genitori con [...] torce elettriche guardavano lontano. Solo allora cominciammo a [...]. Piano piano, sotto la [...] a mar-ciare con [...] che cresceva sotto le [...]. Chiedemmo: una donna [...] il [...] bagnati si chinò verso la [...] e urlò: «Ha dato di fuori [...] stiamo scappando tutti: [...] scampo. Si muore, si muore». Tronchi, acqua, gasolio Intorno, [...] incrocio, macchi-ne rovesciate, tronchi [...] e fango, fan-go. Tanto fango schifoso, scivoloso, [...] di gasolio. Tra ombre in fuga [...] sparivano sotto il diluvio univer-sale, raggiungemmo la [...]. Ri-na e Donato stavano [...]. [...] non era arrivata al loro [...]. Scaricammo, con [...] dei vicini, la minerale e [...] pane. Ci sentivamo un [...] ridicoli. Mio padre, tranquillo e [...] mogio mogio, disse: «Come in tempo di [...]. Vi ricorda-te? Proprio come [...] guerra. Ora dovete andare a [...]. Chissà che sarà successo alla Nicoletta, [...] a Franco e a tutti [...] altri». Tornammo lenta-mente indietro e [...]. Stava arrivando il giorno. Ci fermammo ad una curva [...] allora vedemmo e capimmo. Giù in basso, [...] mugghiava terribile e ovunque acqua, [...]. Un lago in tem-pesta [...] e in mezzo a quel lago, sotto [...] e carico di pioggia, la nostra città [...] ecco Santa Maria del Fiore, la torre [...] Santa Croce, il massiccio cubo della Biblio-teca Nazionale. Eppoi, laggiù le cascine. Sotto di noi, il Ponte Vecchio [...] andava non da un Lungarno [...] ma [...] ad altra acqua senza [...]. Uno spettacolo tremendo che [...] e faceva salire il pianto in gola. /// [...] /// Trovammo i parenti e [...] della casa del [...] che su bar-coni [...] verso la parrocchia. Là, il prete panificava [...] ad alcuni amici. Ogni tanto, anco-ra dai [...] contadine di Campi, Sesto, Osmannoro, si sentivano [...] fu-cile di chi chiedeva di essere soccorso. Ed era tutto un [...] ab-bracciarsi e piangere. Con i parenti avevamo [...]. Ora, era il momento [...] scrivere e raccontare. In mezzo al fango [...] tra i mucchi di carcasse di auto [...] dei negozi sventrati, vidi quella mattina del [...] di fiorentini al la-voro. Gli artigiani in ogni [...] con il fango, tirando fuori dalle botteghe [...] dalla poltiglia. Lavoravano stanchi e distrutti, [...] occhi pieni di una sfida antica. Che ci faceva quel [...] le logge degli Uffizi? Le bottegucce del Ponte Vec-chio [...] porte e finestre trasformate in occhiaie piene [...] e sudiciu-me. Tutto a pezzi, tutto [...]. Il Lungar-no era crollato [...] a pezzi e tut-to distrutto. Arrivai in Santa Croce, [...] cielo azzurro, mentre i frati e un [...] stavano tirando su dal [...] funi, il crocifisso del Cima-bue. Solo [...] sciaguattava sotto gli sti-vali. Intorno, un gran silenzio. Alcuni solda-ti, [...] salutavano e i vigili [...] toglievano i caschi. Un gruppo di giovani [...] entrando era ammu-tolito vedendo quel grande crocifisso [...] che stava di nuovo tornando in alto. [...] del pane Fuori, proprio in [...] momento, due o tre autobus [...] erano arrivati carichi di pane. Mille mani si erano [...] pane, verso i soldati che stavano dentro. La lotta contro il [...] la battaglia per rinascere, erano appena cominciate. Alla Biblioteca Nazionale, qualche [...] parlato con tanti di quei ragaz-zi che [...] libri dai depositi sotterranei. Ti guardavano con aria [...] i ragazzi. Ma quale giornalista? Vieni [...] insieme a noi, se vuoi davvero bene [...]. Era quello che dicevano [...]. Tu, dopo qualche [...] SETTIMELLI CHE LA CITTÀ FOSSE [...] morte, si sentiva da lontano. Un greve odo-re di [...] raggiungeva [...] e le cam-pagne. Eravamo partiti da Roma [...] il malaugurio: non vi mettete in viag-gio, [...] sono interrotte, a Fi-renze non si arriva. Sulla macchina aveva-mo caricato [...] minerale, scatolette di carne, medicinali di pronto [...]. La voce era questa: [...] som-mersa, le dighe a monte sono crollate, [...] acque venute giù senza ostacoli attraverso monti [...] aveva rotto gli argini e la piena [...] nelle vie e nelle piazze. Lungo [...] incontrammo sola-mente una colonna militare. Un soldato rispose: «Si [...] un disastro. Si soffoca, non sentite?». Era un odore misto [...] di vecchie cose disseppellite. Aumentava via via che [...]. Quando scendemmo in città [...] San Gaggio e Porta Romana, quel tanfo ci avvol-se. Lo spettacolo era molto [...] di [...] addietro, quando, raggiunto Palazzo Pitti, [...] in città bisognava passare di là dalle [...] Guicciar-dini e, oltre il Ponte Vecchio, di Por Santa Maria. Non [...] macerie, ma fango ri-gurgitato dalle [...]. E [...] resterà per anni. La sorpresa fu quella [...] riseppe in tutto il mondo. La gente era calma, [...] persino a mostrarsi ele-gante in quegli abiti [...]. La domanda era sempre [...] «Che cosa hai salva-to?» e anche la risposta [...] «Nien-te». I [...] erano sventrati, e quello che [...] era chissà dove, ri-succhiato [...] o era esibito impudi-camente sui [...]. Si facevano le prime [...] facile fare il bilancio delle cose rimaste. La sorpresa era doppia [...] quel torno di tempo Fi-renze [...] sulla propria decaden-za. Uno sguardo al passato [...] che accomunava Firenze a tutte le altre [...] illustre: la misura del passato è così [...] presente ci sfi-gura. Presa in questo [...] era ripiegata su se stessa. [...] aveva risvegliato antiche energie, [...] di cittadini troncava il piagnisteo ri-portando alla [...] volontà capace di porre ripari e argini [...] Machiavelli) alle malefatte di quanti, a [...] avevano trascurato la forza [...]. [...] le maniche è un detto [...] ma mai fu giusto come in quei giorni a Firenze. I cittadini, le maniche [...] veramente, e si vedeva: ognuno aveva il [...] sé e per gli altri. Tutti raspavano nel fango [...] salvabile. Non fu soltanto una somma [...] volontà indi-viduali: fu [...] di comitati che si mosse [...] intelligenza e rapidità. Se la città non [...] che ne sarebbe oggi del Cristo di Cimabue [...] codici della Biblioteca nazionale? La me-moria segue [...]. [...] co-mincia dal cuore più [...] la mafia ha colpito ai giorni nostri: Lungarno [...] Arco delle Carrozze, via [...] Georgofili, [...] gli Uffizi. [...] aveva rotto anche a [...] e di là; di là, via Guicciardini [...] Pitti era andato [...]. Si usciva dal centro [...] il segno umido del livello raggiunto [...]. A occhio e croce, [...] metri. La memoria rimanda [...] delle voci, delle domande e [...] risposte: «Più di [...] «Peggio». Si cer-ca la via [...] prima si corre alla chiesa di Santo Stefano [...] Ponte. È spalan-cata, dentro qualcuno [...]. È dunque vero che [...] via di shock e sorprese. /// [...] /// Per conoscere il bene [...] ba-stata la guerra. Nessuno, poteva pensare che [...] dopo [...] le bom-be della mafia avrebbero [...] il dolo-re. Le grandi porte di Santa Croce [...] chiuse. Non fu inutile continuare [...] alla fine qualcuno venne ad aprire. Il Cristo di Cimabue [...] terra nel corridoio della navata centrale. Uno dei primi dispacci [...] per perduto. Invece era salvo, era [...] noi. Danneggiato in modo forse [...]. [...] di che farsi prendere da [...] particolare sindrome [...] le nostre non erano [...] ma rabbie impotenti. Quel Cristo non è [...] a un sapiente restau-ro. È [...] davanti una fotografia [...] presa dalla prospettiva delle colli-ne. Si vede la Biblioteca [...] acque. Quando non rimase che [...] di quei pellegrinag-gi che fanno storia, e [...] mito. Gli anni Sessana si [...]. Testimoni quali fummo, vor-remmo [...] alla nuda cro-naca. Si è già detto [...] da fare per tempo furono i comitati [...] nelle sedi dei partiti e nelle parroc-chie. I primi a [...] nei pozzi della Na-zionale [...] di ragazzi e ragazze. Il primo libro che [...] in mano fino a un carrello che [...] fuori fu un ammasso grondante acqua, fango [...]. La pri-ma voce che echeggiò [...] quel disastro fu quella di una ragazza: «Forza gente, [...] mi dà una mano?». In quella voce risuo-nò [...] da ogni interessata e arbitraria periodizzazione per [...] Sessantotto [...] destinato a prolungarsi fino [...] muro di Berlino. Oggi chi entra alla Nazionale [...] Firen-ze e chiede un libro deve sapere che [...] salvato dalla distruzione da migliaia di ragazzi [...] il mondo. /// [...] /// Oggi chi entra alla Nazionale [...] Firen-ze e chiede un libro deve sapere che [...] salvato dalla distruzione da migliaia di ragazzi [...] il mondo. (0)
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