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[...] Luca [...] e [...] visto la morte in faccia [...] ho conosciuto la solidarietà di cen-tinaia [...]. [...] e la spe-ranza mi [...] da quel maledetto 26 settembre, quando fummo [...] banditi mentre tentavamo di raggiungere [...]. Ed ora che tutto [...] per il meglio tro-vo giusto raccontare la [...] mesi trascorsi [...] ceceno». Sandro Calcaterra, 41 anni, [...] volontari [...] non governativa Inter Sos [...] Roma [...] tempo impegnata [...] alle vittime del devastante [...] per due mesi da una banda di [...]. È appena tornato nella [...] casa di Ferrara, ma nonostante [...] stan-chezza che traspare dalla [...] voce accetta di ripercorrere i [...] più drammatici di una storia che, dice, «non potrò [...] mai». La cattura Era il [...] state le 8-8. Eravamo sulla strada tra [...] e [...] aveva-mo appena attraversato la [...] e la Cecenia. Porta-vamo con noi, sulla [...] scatoloni di materiale ospe-daliero e attrezzature chirurgiche. Avevamo fretta di raggiungere [...] di [...] ogni minuto di ritardo poteva [...] una vita umana. Un attimo e dietro [...] lampeggiare i fari di una [...]. A bordo ci sono [...]. Ci sorpassano e fanno [...] e, perchè capissimo meglio le loro intenzioni, [...] auto di traverso sulla strada. Siamo costretti ad accostarci: [...] ci vengono incontro, sor-ridono, ci chiedono chi [...] dove veniamo. Tutto è durato po-chi [...]. Provo a mettere in [...]. Il sorriso scompare dalle [...] sequestratori. Tira-no fuori le armi, [...] entrano nella nostra auto. Il rapimento è ini-ziato. I banditi non danno [...] sanno come [...] sono dei professionisti. Della nostra auto, e [...] che trasportavamo, si è persa ogni traccia. La prigionia Appena presi, [...] un boschetto distante poche centinaia di metri [...] sequestro. Ci tengono lì per [...] alle due di notte, sotto la minaccia [...]. Siamo in settembre, per [...] temperatura è ancora accettabile. A quel punto, nel [...] veniamo bendati e fatti salire [...] che ci aveva blocca-ti. Veniamo condotti in un [...] piano di una pa-lazzina in un villaggio [...] capitale cecena, sempre sulla direttrice [...]. [...] che ha le finestre [...] lo capiamo [...] che vi regna, dalle [...] le voci dei vicini. Questo ci rassicura un [...] faranno fuori in mezzo alla gente, ripetiamo [...]. Per una settimana [...] sarà la nostra prigione, la [...]. Il giovedì successivo al [...] notte, i nostri sequestra-tori ci dicono di [...] fare in fretta. Siamo di nuovo bendati [...] una casa isolata in un villaggio poco [...]. La casa è totalmente [...] sono riscaldamenti e le tubature [...] sono saltate. Ci sono so-lo due [...]. È un posto fetido, [...] farci compagnia, indesiderata, ci sono i topi. Il man-giare era sempre [...] pomodori e salsicce. I rapitori cer-cano di [...] ogni giorno ci offrivano del tè. Quella ca-sa diroccata sarà [...] sino al giorno del rilascio. I carcerieri Dal giorno [...] 22 ot-tobre sono le stesse persone che [...] ad alternarsi ogni 24 ore nei turni [...]. Suc-cessivamente se ne aggiungono [...]. Sin dal primo momento [...] noi vogliono soldi, solo soldi. Nessun riferimento politico che [...] lotta condotta dai separatisti [...]. [...] ci avevano anche detto che [...] guadagnare tempo pensa-vano di [...] libero uno di noi. [...] che avevamo subito ac-cettata, [...] Valen-ti -il più anziano di noi tre [...] problema di salute -quello che doveva essere [...] assieme il riscatto. Per la prima volta [...]. È fatta, pensavamo, forse [...] di questa brutta avventura. /// [...] /// Ben presto, infatti, i [...] cambiato idea. Ci [...] in continuazione che tutto [...] in pochi giorni, ma intanto il tempo [...] spe-ranze di restare in vita si affievoliva-no. Una volta, ci hanno [...] perchè: non certo per spirito umanitario, ma [...] della rappresaglia russa. Insomma, era troppo perico-loso [...]. A queste parole ci [...] lasciarci andare. Ma nessuno di noi [...] se ci vogliono uccidere non ce lo [...]. Tra paura e speranza Tra [...] ero quello che cono-sceva meglio la realtà [...]. Sa-pevo di altri casi [...] nella zona, e tutti si erano con-clusi [...] degli ostag-gi. Forte di questi precedenti, [...] i miei compagni, di infondere coraggio, a [...] che a loro: vedrete, dico, ce la [...] successo ad altri malcapitati prima di noi. Ma tutti quei sequestri [...] giorni. Ecco perchè, col passare [...] mia fiducia viene me-no. A dominare resta la [...]. Sino a quel 7 [...] nostri rapitori ci «mettono in posa» per [...] voluta da Nino Sergi (segretario generale di [...] che aveva aperto un [...] con la banda cece-na. In mano avevamo una copia [...] come richiesto da Sergi per avere conferma che eravamo [...] vivi. Solo in quel momento [...] qualcosa si stava muovendo. Pas-sano altri quindici giorni [...] rapitori ci fanno delle foto, stavolta su [...]. Una settimana dopo, torniamo [...]. La liberazione . Quel giorno nulla aveva [...] eravamo [...] di questa brutta storia. Era il 28, sa-ranno [...] di notte. Nella casa entra uno [...]. [...] «Vestitevi, che vi portiamo via», [...] intima. Non scorderò mai quei [...] se abbrac-ciarci perchè stavamo per essere li-berati, [...] stavamo per essere uccisi. Usciamo e venia-mo subito [...]. Cominciamo a camminare per [...] cam-pagna. Percorriamo non più di [...]. Poi dicono di fermarci. Ecco, ora ci ammazzano, [...]. No, non avevo più speranza [...] vivo da [...]. Non capivo perchè ci [...] in aperta campagna, se non per abbandonare [...] i nostri cadaveri. Quei secondi sono lunghi come [...] vita. Poi sentiamo un rumore: [...] che si ferma vicino [...]. Ci fanno cen-no di [...]. E ripartiamo, a velocità [...]. Saranno trascorsi 30-40 mi-nuti [...] percorso più di una quindicina di chilometri. /// [...] /// Sentiamo la por-tiera aprirsi. Uno dei due banditi scende, [...] rimette in moto. Altri due chilometri, e di [...] si ferma. Il secondo rapitore, senza dire [...] parola, esce. /// [...] /// Bendati, impauriti, non troviamo [...] di parlare. Pas-sano alcuni minuti quando [...] portiere. È finita, mi sono [...] ammazzano. E invece riassaporiamo la [...]. Al-cuni uomini ci tolgono [...] sorridono, facendoci capire che erano amici. Poi uno di loro [...] e si mette al posto guida. Il nostro rifugio è una [...] a trenta chilometri di distanza. Ad [...] Adriano [...]. /// [...] /// Se oggi sono [...] a raccontare questa storia [...] merito suo. Noi e i [...] In questo momento faccio [...] in ordine i miei sentimen-ti e a [...] di questa esperienza. Nei due mesi da [...] chiesto mille volte se ne valeva la [...]. Ed oggi posso dare una [...] affermativa a [...]. Sì, ne è valsa [...] che non mi ha [...] due, terribili mesi. Ne è valsa la [...] una situazione di sof-ferenza tutti noi abbiamo [...] parte migliore del [...] ceceno. Penso alle decine di [...] sono impegnate nel-la nostra ricerca, che si [...] ottenere la nostra libera-zione e questo mentre [...] tutto parlava di morte. Quello ce-ceno è un [...] abituato a combattere e a convive-re con [...] guerra. Ma è anche un [...] forte il senso [...] e della giustizia, che [...] giusto peso alla vita di un individuo. Per quella gente, noi [...] che si prodiga-vano per alleviare, le loro [...]. La nostra morte sarebbe stata [...] tutti loro [...] insopportabi-le. Per questo hanno fatto [...] liberarci. Era il modo migliore per [...] «grazie». Ed io tornerò tra [...]. La speranza di essere [...] la certez-za di essere uccisi. /// [...] /// A raccontare il tut-to [...] Sandro [...] uno dei tre volontari [...] tenu-ti in ostaggio per [...] una banda di [...]. Per loro, eravamo degli [...]. /// [...] /// È un uomo impor-tante [...] a Mosca come a [...]. Con [...] e [...] fino a due mesi [...] dalla procura russa co-me «terroristi» e oggi [...] della repubblica cecena, si conoscono e si [...]. [...] lo sa-peva fin da [...] per caso [...] che otto mesi fa [...] la prima volta in Cecenia. Ma non immaginava che un [...] avrebbe potuto [...] di usare la [...] influen-za per liberare i tre [...] ita-liani. [...] con [...] ce lo aveva raccontato [...] a Mosca di ritorno da [...]. Il pilota, preso a [...] accomodare in un angoletto ri-servato [...]. Durante il viaggio, quattro [...] ce-ceno grande e grosso si prese cu-ra [...]. Immagina un grande orso [...] mi appar-ve [...]. Quando gli spiegai che [...] paese per raccontare quello che era avve-nuto [...] dei russi, mi promise: mi occupo di [...] devi far altro che [...]. Chi è stato anche per [...] sola volta in Cecenia sa che questa gente, che [...] essere appena uscita dal secolo dei cavalieri, delle armi [...] non par-la mai per parlare. Se un ceceno dice, [...] sicuro che lo farà. E chi non è [...] volta nel Caucaso non può capire il [...] pa-rola «ospitalità». Da quel momen-to in [...] Adriano [...] un gior-nalista italiano sconosciuto [...] Cecenia), era diventato sacro, tutto quello che accadeva [...] a chi lo ospitava. [...] aiutò [...] a incontrare guerriglieri importanti [...] anziani, donne e bambini dei villaggi bombardati. Ne ero a tratti [...]. Trascorsero più di due [...] tornò prima a Mosca [...] Italia. An-che in Russia [...] «protegge-va» [...]. Era suo ospite, conti-nuava a [...] consigli e informa-zioni. Si lasciarono come ci [...] in questi casi: ci ve-diamo quando vieni [...] Italia. Ma [...] aveva detto «verrò», e, [...] quando un ceceno pro-mette, promette. [...] andò sul serio a trovare [...] in estate e [...] non solo fu ricambiata ma [...] trasformarsi in amicizia. E così quando alla [...] si diffonde la notizia che San-dro [...] Augusto Lombar-do e Giuseppe Valenti, [...] di Inter Sos, sono spariti in Cecenia, [...] ottenere un riscatto, Adriano pensa subito al [...] «John Wayne». Ero quindi coinvolto anche [...]. Ma che fa-re? Devo [...] quando ho raccontato del mio contatto ceceno [...] -ho visto che [...] che fa-ceva il mio [...] per-plessità se non addirittura di diffi-denza. Il solito mitomane, avran-no [...] di uno. Eppu-re ero sicuro che [...] ci sarebbe riuscito. Ma come [...] E chi avrebbe do-vuto [...] cercare? [...] cosa era andare di persona. E Adriano [...] è tornato in Cecenia. Confesso: munito di telecame-ra, [...] che vede-vo io potesse essere visto poi [...] Italia». Trovare [...] ov-viamente non era stato [...]. Con chi parli in [...] I [...] han-no già imparato? «No -ride [...] -Sono gli ultimi volontari [...] stanno rientrando, li saluta-vo. Io resto ancora un [...] altri amici e poi rientro [...]. Ma che stavo dicendo? Mi ricordo che gli [...] una piccola foto-tessera di Augusto. È lui, conclusi, me [...] data la [...] compagna Erminia. [...] prese la piccola foto, [...] la mise in tasca. [...] capì che aveva deciso di [...] in cam-po. Per trenta giorni («trentadue» [...] Valenti e Lombardo) [...] talvolta so-lo, talvolta con [...] ha girato per lungo [...] Cecenia. Nel frattempo anche la [...] dato pieno assen-so al tentativo garantendo [...] necessario. Il gruppo di guerriglieri [...] ma anche potente. Avevano chiesto milioni di [...] volevano cedere. [...] si è rivolto ai suoi [...] il comandante delle trup-pe [...] e il guerri-gliero più amato [...] quello del sequestro di [...]. E si arriva finalmente [...] liberazione. I tre italiani so-no [...] alzare nel cuore della notte, mitra piantato [...] occhi bendati, portati su [...] in piena campa-gna. Pensavano al peggio quan-do [...] era finita: i rapitori erano spariti e [...] un gruppo di italiani. Era la piccola foto [...] aveva dato prima di partire per la Cecenia». /// [...] /// Era la piccola foto [...] aveva dato prima di partire per la Cecenia». (0)
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