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La fotografia, in grande [...] centro della parete. Mostra un giovane con [...] spruzza del li-quido da una specie di [...] un dipinto. [...] non si distingue be-ne, [...] la ritrae in tralice, ma è il Cristo [...] Cimabue, il capolavoro che il 4 no-vembre del [...] furia delle acque [...] quando queste eruppero dalle [...] tutto: la città, la gente e [...]. Il Cristo sofferente divenne [...] tragedia, ma anche della capacità di recupero [...]. La tavola di Cimabue [...] un restauro che è rimasto nella storia [...] sperimen-tate tecniche pionieristiche, con risultati ec-cellenti. E rieccoci alla foto. Il giovane con la [...] spruzzando [...] per bloccare la crescita [...] il restau-ratore del Cristo: Massimo Seroni. Aveva appena 23 anni, [...] «un ragazzo di bottega». [...] del [...] lo colse nel bel [...] trasloco, e in quelle prime ore dopo [...] si aggirò per la cit-tà in bicicletta [...] fra i due ap-partamenti. Poi però non resistette [...] vedere quello che era successo al laborato-rio [...] Santa Croce, alle chiese e ai musei. E lo spettacolo, dove [...] la melma e la nafta [...] arrivate alle opere [...] era agghiacciante. Massimo Seroni apre una [...] delle fotografie, appena appena ingiallite. In una si vedono [...] giovani, tutti restauratori: sorridono con i loro [...] ai piedi portano degli stivaloni. La foto è stata [...] novembre, [...] di salvatag-gio era già [...] di un mese, un mese e mezzo [...] 350 tavole e 1200 tele, sarebbero state [...]. Niente volti affranti, però, [...] tragedia si reagisce con forza [...] e con [...] di chi, giovane, è [...] cattiva sorte, e vuole mostrare quello di [...]. [...] fotografia, una partita di pallone. Risultato, due a uno, [...]. [...] foto finisce sul tavo-lo: mostra [...] specie processione, il croci-fisso del Cimabue viene portato a [...] da una piccola folla lungo un viale albera-to, sembra [...] rievocazione della salita al Golgota, [...] invece il Cristo sta andando [...] dove è stato allestito un [...] di fortuna con un ambiente climatizzato e dove sarà [...] amorevolmente. Come spesso accade a [...] a usare le mani e non la [...] Seroni [...] è molto a suo agio quando deve [...] vissuto quei primi momenti in mezzo alla [...] nafta. Il peri-colo, qualche volta [...] vol-te no. Sul sagrato di Santa Croce [...] messo un cartello: [...]. Bisognava stare molto attenti. Ci avevano dato un [...] e stop. E entrare in Santa Croce [...] quelle tombe andate [...] beh se lo immagini [...]. Il 6 mattina Seroni e [...] suoi giovani colle-ghi vengono spediti [...] soprinten-dente Procacci e dal direttore [...] laborato-rio di restauro Baldini a fare una ricognizio-ne e [...] intervenire [...] sui casi più gravi. È Santa Croce [...] del disastro con il [...] Cristo [...] Cimabue completamen-te corroso dal fango, il «ferito [...]. La leggenda narra che [...] ripescare i pezzettini del dipinto con un [...]. Ci sono stati anche [...] contestazione. Io fui fra quelli [...] arrivare il presi-dente della Repubblica gli gridarono: [...] venuto a fare? togliti quel cappotti-no e [...]. Ma la lucidità non è [...] venuta meno. Ad esempio Edo Masini, [...] mio maestro, e altri con lui, allesti-rono [...] quel laboratorio di [...] come ricovero [...] e il laboratorio della Fortezza, [...] operante nel giugno del [...] e che oggi è [...] il mondo». Ma di quei momenti Seroni [...]. Firenze era nel cuore di [...] come dimostra lo straordinario afflusso di persone che volevano [...] una mano. I famosi angeli del [...] che facevano turni di 24, 48 ore. Non chiedeva-no niente a [...] di lavorare su opere che appartene-vano a [...]. A mezzogiorno si mettevano [...] panini e si mangiava tutti insie-me. E magari poi scoprivi [...] così alla mano erano direttori di musei, [...]. Anche i re-stauratori arrivarono [...] del mondo: era un enorme cantiere dove [...] lingue diverse: «Ci sentiva-mo [...] del mondo. Per me è stata [...] importantissima. Oggi se uno volesse [...] che ho imparato io in quei giorni [...] giro del mondo». Intanto iniziava il restauro [...] Cristo [...] Cimabue. Seroni è quasi insofferente di [...] che è riservata a [...] capolavoro. Ma è toccato a lui [...] un simbolo: le sue ferite parlavano del di-sastro subito [...] tutta [...] di Firenze. Era [...] messo in croce, che [...] di fronte alla violenza della natura. Ma capi-sco anche la [...]. Si diceva: [...] anche agli altri poveri cristi! Esistono molte analogie fra [...] il restauro. Por-tano un ferito con [...] che si fa? Occorre intervenire chirurgica-mente -spiega Seroni -Nel [...] del Cristo [...] si era abbattuta su [...] aveva già settecento anni. Insomma non era nelle [...] parare il colpo e aveva assorbito una [...]. Il legno si era [...] esagerata, il gesso e la colla sciolti». [...] è delicatissimo: «Non era [...] degrado e recuperare quello che era stato [...]. La soluzione fu se-parare [...] tela. In questo modo abbiamo [...] legno e consoli-dare la pittura. Poi le parti sono [...] però fra di loro è stato inserito [...] e delle molle un elemento intermedio, una [...] poliestere di spessore inferiore al millimetro, che [...] insieme ma non li vincola: cioè se [...] muove il movimento non viene trasferito alla [...]. Prima di arrivare al Cimabue [...] molte prove. E dire che al [...] Cimabue vennero i più grossi cervelli del mondo. Guardavano sconsolati il Cristo [...] cosa migliore è la-sciare le cose come [...] a posto da sole». Seroni a causa del Cristo [...] anche delle accuse: lo hanno imputato di [...] modo troppo disinvolto, perché [...] di trasferimento della pellicola [...] supporto a un altro comporta la distruzione [...] «E io rispon-do: andate in Santa Croce [...] che vedete. [...] non è però un capitolo [...]. Ci sono ancora molte [...]. La grande stagione del [...] nella mostra del [...] si è esaurita: «For-se [...] il ritmo, o [...]. O forse i finanziamenti». Nella voce di Seroni [...] una punta di amarezza. Dal fango [...] nac-que la moderna scienza del [...] lunga di quelle acque melmose [...] maleodoranti risorse con nuove funzioni e capacità [...] delle pietre dure. Ma nei giorni in [...] ragazze spalavano nel fango, si adoperavano per [...] era possibile salvare, nacquero an-che degli amori. Alcuni sono durati una vi-ta. Come quello [...] studente di lette-re e [...] delle pietre dure Giorgio [...] nella facoltà di lettere, [...] e gli scaffali rovinati della biblioteca, [...] e la ragazza che [...] moglie, Donata Orsi Battaglini, si conobbero, scambiarono [...] complici. /// [...] /// Ricorda la preoccupazione, la [...] della morte di una città, della ferita [...] patrimonio cultura-le, il fetore per le strade, [...] un sorriso, pur nella drammaticità, il clima [...] chi ce la metteva tutta nel dare [...]. Suo padre era Alessandro [...] alla guida del Gabi-netto Vieusseux. Non per niente [...] di [...] figlio si divise tra il [...] dei libri prima, quello delle opere [...] poi. Cosa ricorda di quel [...] Lì [...] lì fu terribile. Ricordo uno scenario al-la [...] la melma, le carogne [...] cani. Ma [...] fu anche esal-tante. Intendo tra noi ragazzi: [...] insieme, in [...] allegra, ci dava-mo da [...]. Certo, non lo fu [...] vera-mente colpito, per chi era disperato. Come fu la giornata [...] Era festa e con la squadra di Lettere [...] campo Padovani, di fronte al-lo stadio. Pioveva e non se [...]. Tornai a dormire e mi [...] una telefona-ta di [...]. Io stavo alla Badia [...] subito la percezione del problema del Vieusseux, [...] totalità dei libri stava nei sotterranei. Mio padre era nello [...] scendemmo in città. [...] tra via [...] e piazza San Lorenzo ci [...] davanti a un flusso [...] for-tissimo che scorreva da via Cavour. [...] era alta 30-40 centimetri e [...]. /// [...] /// Tornammo indietro, a casa, [...] di gomma, secchi. Fuori città il telefono [...] cui cercammo contatti. Il giorno dopo mio [...] scendemmo a piazza Strozzi. Era coperta [...]. [...] dei li-bri del Vieusseux, [...] sotterranei, era finito [...]. Al momento pensam-mo che [...]. E pensammo: questa è [...]. Dopo cosa faceste? Il [...] nuovo lì. [...] già gli impiegati più [...] Mauro Fab-bri, Alessandro Fondelli, e Umberto Giunti, [...] Comune. Tirammo a sorte su [...] doveva scendere nei sotterra-nei. /// [...] /// Lo legammo con una corda, [...] immerse fino alla vita. Nei giorni successivi [...] defluì e iniziò il recupe-ro. Andammo [...] così per [...] i libri, facendo delle «catene» tra noi. Per ironia della sorte [...] avevo avuto febbri reumatiche e [...] potei mai fa-re il bagno. Dopo [...] ero guarito. Come si comportò suo [...] Gli [...] fortissime pressioni per non recuperare i libri, [...] non conveniva. Non era la Biblioteca [...] era una biblioteca circo-lante [...]. Invece lui decise per [...]. Ad esempio la collana [...] Gialli Mon-dadori. Inoltre nessuno era esperto [...] libri, non era mai successo pri-ma. Mio padre ebbe [...] corretta, di non [...] in fretta ma volle un [...] lento e progressivo. Così co-primmo i pavimenti [...] del pri-mo e secondo piano e [...] di Palaz-zo Strozzi di [...]. Mesi dopo andarono alla Certosa [...] Galluzzo. Erano più o meno [...]. Lavorò sempre per il Vieusseux? No, [...] il primo mese passai a lavorare con Ugo Procacci, [...] alle gal-lerie, cioè alle [...] materie. Mi mandarono alla Limonaia [...]. Il mio compito era [...] di dimensione delle tavole, di controllare la [...]. Da dove venivano i [...] Per [...] più dalle chiese. I musei non furono [...] lo Horne, Casa Buo-narroti, il laboratorio di [...] Uffizi, a pianterreno. Subì molti danni Santa Cro-ce. Due quadri, una Deposizione [...] France-sco Salviati di metà Cinquecento e un Cristo del Bronzino [...] al laboratorio [...]. Per non dire del Crocifisso [...] Cimabue. Ma bisogna ricordare che [...] i problemi si sono presentati anni do-po, [...] che era penetrata nelle [...]. Cosa ha significato per la [...] Un punto di non ritorno [...] la diffusione delle botteghe [...] in [...]. Dopo hanno riaperto, ma [...] senza più la capillarità di un tempo. Vor-rei però notare una cosa. Con il senno di [...] come non allora non fu-rono adottati provvedimenti [...] commisurati al disastro, diversa-mente da quanto è [...] terremo-ti. Probabilmente questo è accaduto [...] non hanno voluto chiedere, nel tradizionale desiderio [...] soli. Ed è stato un [...] ritorno soprattut-to per quel patrimonio artistico diffuso [...]. Gli effetti sulla scienza del [...] Paradossalmente [...] ha funzionato come una molla [...] per aumen-tare le conoscenze. Per gli affreschi e [...] si sono inventate tecnologie tuttora in uso [...] sono imposte nel mondo. Ha conosciuto un nuovo [...] dei marmi e delle pietre, prima po-co [...] vitale il contributo del Victoria [...] Albert museum di Londra. [...] soprattutto è nato [...] moderno: senza [...] di recuperare il patrimonio artistico [...] avremmo avuto la legge del [...] che unificò sotto [...] i vari laboratori di restauro [...] della città. Cosa resta ancora da [...] Molto. Anzi, [...] da fare molto più di [...] comunemente si immagini. /// [...] /// Cosa provò? Dispe-razione, impotenza, [...]. Maurizio [...] direttore del servizio di [...] Gabinetto Vieusseux, cerca una definizione che, evitando la [...] del fango», corrisponda a quel lon-tano stato [...]. Sì, [...] è stata una guerra. Qualcuno si meraviglia e ancora [...] do-po [...] ci chiede: [...] come state an-cora [...] Ebbene sì. Il nostro la-voro continua, [...] pochez-za dei mezzi e dello spazio», dice [...] minuscolo studio al piano terra di via Maggio [...] 43. Malgrado le difficoltà, comunque, di [...] ne avete fatta tanta, conquistan-dovi una reputazione di [...] nel mondo. Non dimentichiamo che non [...]. Fin dal 1938 esisteva [...] Italia [...] Istitu-to, oggi Istituto centrale per la patologia [...] avanzato non solo per [...] del restauro ma anche [...] così, archeologico, dello studio dei materiali. [...] semmai, ci costrinse ad una [...] di salto di qualità, fa-cendoci passare [...] sul libro «prezioso», al restauro [...] massa». Insom-ma, eravamo in guerra. E dalla sera alla [...] trovati con intere bibliote-che allo sfascio: il Vieusseux, [...] Biblioteca nazionale centrale, [...] di Stato. [...] memoria storica del nostro Paese [...]. Ho fatto un calcolo, [...]. Da un censimento [...] del 1968, risulta che [...] ha sommerso circa 50 milioni [...] volumi, di do-cumenti, di preziosi materiali, se conside-riamo tutta [...] valle [...] e lo stesso Ve-neto, [...] colpito dalla furia delle ac-que. Quanti libri sono passati per [...] sue mani? Chilometri. E quanti ancora ne [...]. Pensi che come Gabinetto Vieusseux [...] circa sessantamila vo-lumi. Una quantità enorme se [...] nel restauro, nonostante la sofistica-zione degli strumenti, [...] è ancora la mano e il cervello. E ne dobbia-mo ancora [...] mila. Circa quattro chilometri lineari [...] Certosa del Galluzzo. Ricordo come erano le [...] del centro storico: una melma puzzolente impastata [...] quale affondarono anche migliaia di li-bri. Quali difficoltà incontraste, che [...] recupero di un codice miniato? Le sembrerà [...] problema maggiore lo incontriamo per i libri [...]. In particolare per quelli [...] che richiedono interventi lunghi e costosi e [...] anche esclusioni dolorose. Il restauro della carta [...] più difficile del documento antico. Una carta del Quattrocento [...] una del 1960 non la si può [...] sbriciola. È materiale nato malato, [...]. In questo senso ci siamo [...] in una situazione anomala. Eravamo abituati al restauro [...] abbia-mo dovuto imparare il recupero del volu-me [...]. Vede, io sono tra [...] vogliono pensare solo al restauro del materiale [...] definitiva, è in qualche modo, «fortunato», perchè [...] la precedenza. [...] un problema di conservazione [...] prezioso che ci arriva in continuazione e [...]. Penso, ad esempio, ai [...] documenti raccolti in un centinaio di fondi, [...] e che oggi costituiscono uno degli archivi [...]. È un approccio nuovo [...] quindi, alla conservazione. Quanta consapevolezza [...] nelle istitu-zioni di questa vostra [...]. Lo chiedo perchè vedo [...] non solo con la pochezza dello spa-zio, [...] personale. /// [...] /// Subito dopo [...] arrivarono a centinaia i [...] da tutto il mondo. Noi arrivammo a 112 [...]. Oggi il nostro personale [...] restauratori, a cui si aggiungono cin-que tirocinanti [...] fuori, ma che restano con noi per [...]. In [...] avevamo due collaboratori e [...] solo uno che a dicembre se ne [...]. Dovremo fare un con-corso per [...] e, considerando i tem-pi della burocrazia, se non facciamo [...] convenzione rischiamo di dover chiudere il laboratorio. Il problema del ricambio [...]. Non basta la formazione [...]. In questo campo ci [...] esperienze che chiedono un lungo tirocinio, senza [...] difficile pas-sare il testimone. Lei sta lanciando un [...]. Le assicuro che girando per [...] archivi, per le biblioteche della nostra [...] To-scana, [...] continua. Ci sono chi-lometri di [...] la nostra storia e che non si [...] altrimenti si sbriciolano. Il nostro labora-torio di restauro, [...] opera [...] del servizio di conservazione, è [...] una sala chirurgica in tempo di guerra. Ora [...] biso-gno di un piano [...] preveda solo la sala chirurgica. E ci occorre spazio. Penso al materiale ancora [...] quei 135 mila volumi in stato di [...] a gran parte di quelli che abbia-mo [...] sono [...] a ri-schio. Con [...] si salvò solo il [...] Ferri del Vieusseux. Tutta la parte che [...] fu sommersa [...] e dal fango. È un patrimonio im-menso [...] quel giorno, non può anco-ra essere utilizzato. Dobbiamo trovare lo spazio perchè [...] Certosa torni nella [...] casa. /// [...] /// Dobbiamo trovare lo spazio perchè [...] Certosa torni nella [...] casa. (0)
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