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Mezzo secolo di lavoro dentro [...] il sangue e [...] le vene storiche. A Giancarlo De Carlo [...] decano degli archi-tetti italiani non sta proprio [...] è uno splendido e [...] occhia-lini tondi, barba incolta, [...] e cravatta scura. Insignito dalla Regina Elisabetta [...] per [...] per anni docente di [...] Venezia e Genova, autore di importanti vo-lumi come «Questioni [...] ed urbanistica», «Nelle città del mondo» e «La [...] De Carlo ha posto in suo sigillo [...] Urbino, sui muri di Terni, sui capannoni [...] Breda [...] Pi-stoia, sulle chiese di Catania, sulle case [...] importanti città. Il suo cuore batte [...] Genova, [...] è nato, dove ha insegnato e, perché [...] suo studio è a Milano; il suo [...] deposi-tato in una progettualità che non si [...] pause, dalla critica al razionalismo alla fondazione [...] Team X, dalla rivolta del Sessantot-to intesa anche come [...] alla teoria del [...]. Professor De Carlo, decine [...] centri storici italiani lan-guono nel degrado. Basta pensare a Genova: [...] più grande [...] 150 ettari, 40 chilometri [...] palaz-zi dei Cinque e [...] esempio di medioevo marittimo [...] salvato nel disordine e [...]. Alle soglie del Duemila cosa [...] pen-sare, che nei centri storici [...] è meglio della moderni-tà? «È [...] in un centro storico inserire [...] moderna? [...] risponderebbe [...]. Io invece rispondo di sì, [...]. [...] prendiamo città storiche come Ve-nezia [...] Genova notiamo un conti-nuo stratificarsi di linguaggi [...] epoche in [...]. [...] storico [...] dire che esiste uno stile [...] e che va tenuto fuori dai centri storici. Quello che si chiede [...] un livello di alta qualità nella progettazione. Creati-vità, comprensione del [...] di lettura devono portare [...] legata al contesto particolare e unico nel [...]. Nel 1951 ha cominciato [...] Urbino, diventando una sorta di pioniere del [...] riqualificazione [...]. È passato quasi mezzo [...]. La coscienza della qualità del [...] «Sì, direi che è cresciuta. Il nostro [...] più questo problema, altri Paesi [...] molto dal caso ita-liano. Questo non vuol dire [...] la questione. Citando Urbino, una parte diretta [...] mia storia, credo di [...] fatto degli edifi-ci [...]. Dunque, se si priva [...] possibilità di avere ulteriori stratificazioni di linguaggio, [...] fuori dalle possibilità creative, [...] diventare un fatto di [...] poi in sostanza non esiste perché ogni [...] mettono le mani, si mette lavoro e [...] di [...]. Lei ha fatto interventi [...] ma ha anche progettato recuperi di manufatti [...] ex officine Breda di Pi-stoia. Non le pare che [...] Italia [...] sia costruito troppo e adesso il campo [...] ormai [...] «Secondo me bisogna demolire [...] non ha significato. Definire se ha significato o [...] è il [...] o [...] hanno significato per strati di [...] che non hanno voce. Faccio proprio [...] della Breda di [...] sono na-ti i sindacati, [...] il Pci, ci sono state lotte sociali [...] grande industria. Dunque per i la-voratori [...] han-no un significato che va al di [...] fisica, anche se al-cuni sono bellissimi perché [...]. [...] per fare delle case po-polari [...] non ha senso, biso-gna invece costruire delle case [...]. Siamo alla fine [...] pesante. Intere perife-rie, nate attorno [...] vedono private del loro riferi-mento naturale, il [...]. Nono-stante le difficoltà oggettive ed [...] il quartiere operaio ha una [...] caratterizzazione so-ciale che adesso rischia [...] scom-parire. Ecco, in questi quartieri [...] «Facendo [...] conversione, riutiliz-zando le aree industriali, conser-vando tutto [...] significa-to e che può essere ancora usato. Quindi non costruire per [...] il nuovo in omaggio [...] i soldi delle imprese. Questa operazione permetterà anche [...] non dequalificare la ma-nodopera, come invece accade [...]. Oggi è più importante [...] urbani o le periferie post-industriali? «La vita [...]. Oggi, direi, le periferie [...] maggiori. Sono sta-te costruite secondo [...] del [...] della gente e secondo [...]. La questione del loro recupero [...]. Le grande città italiane [...] ultimi anni segni di ri-sveglio oppure [...] una stagnazio-ne della progettazione [...] «Ci [...] stati dei ritardi, ma il passo [...]. Farei il caso di Napoli [...] Venezia. Na-poli è in pieno [...] Venezia [...] un nuovo tono. Altre metropoli so-no state più [...] o hanno avuto meno [...] rispetto al passato è evidente, [...]. Sulle questioni urbanistiche, secondo lei [...] sinistra italiana ha aggiornato le sue teorie, [...] stata insomma una nuova [...] «No, mentre ci sono stati [...] risultati non [...] una elaborazione da parte della [...] italiana. Direi che faccio fatica [...] un pensiero di sinistra su questa mate-ria. Una gran parte degli [...] oggi si dedicano a que-stioni del tutto [...] hanno più relazioni con i problemi della [...] sembrano ahimé neanche venire da quella sorgente». E allora, secondo lei, [...] la chiave di [...] progressista [...] «Quella di cominciare a capire [...] confusi, cercando di comprende-re la [...] unicità e quindi la necessi-tà di avere strumenti appropriati. Sulla spinta di sogni [...] generici, si corre il rischio di essere [...] e [...] su alte tecnologie, su [...] vero senso delle parola, come simbolica-mente testimoniano [...] grattacieli nel cielo di [...] fi-gure della modernità che [...]. Secondo alcune teorie america-ne, [...] questo secolo gli architetti hanno lavoro contro [...]. Il distacco tra ideologie [...] «È vero che una gran [...] degli architetti ha lavorato contro [...] nel Novecento, ma è altrettanto [...] che è nata una consapevolezza del rapporto tra architettura, [...] e società come non [...] mai stata nel passato. Per esempio la consapevolezza [...] movimento moderno è stata fondamentale. [...] che è stata portata dai [...] architetti del movimento moderno di questo se-colo al problema [...] ha avuto [...] notevole. Poi possiamo anche [...] erano univoci e schematici, ma [...] at-tenzione [...] creata loro. Tocca a noi, invece, [...] pro-blematici, visto che abbiamo alle spalle un [...]. Un periodo di grandi [...]. La grande promessa sta negli [...]. Veniamo [...] parlando del recupero della Dar-sena, [...] un recente convegno ad [...] detto che [...] il cuore. In quel dolore ingloba anche [...] Expo disegnata da Renzo Piano che ha restituito lo [...] non mi piace, lo tro-vo [...]. Non [...] di trattare questa zona come [...] vi-cina alla città, come città che si espande verso [...] mare. Invece, [...] sia negli usi della gente. Persino i magazzini sono [...] con altri che non [...]. Per concludere, da quale [...] il recupero dei [...] «Il recupero di Barcellona, [...] degli anni Ottanta, è partito dagli spazi [...] è occupato [...]. I Comuni, dunque, non [...] diritto di [...] progettazione, di dirigere e [...]. [...] occuparsi [...] città». Marco Ferrari Così sarà [...] futuro De Carlo, decano degli architetti, spiega [...] recupero e restauro millefoglie La salvezza? Solo [...] i linguaggi [...] 1. [...] Intervista a Renzo Piano: [...] di progetti raccolti in un [...] appena uscito «Giornale di bordo» [...] del Duemila torni [...] I mali, iniziati nel dopoguerra, [...] sono acuiti negli anni Sessanta. Colombo, Magellano, Cook, [...] hanno già scoperto tutto. A noi resta [...] del pensiero. Che dà ansia, smarrimento, paura [...] una spedizione nei ghiacci. Che è soggetta agli [...] co-me una diligenza del Far West. [...] un certo senso. Si parte per conosce-re, [...]. [...] cate-gorico e provocatorio: [...] è un ruolo in via [...] estinzione, bisogna tornare alle [...] le discipline, diventando come Leonardo [...] un [...] scienziati, lavorando con il coraggio [...] e la prudenza della storia. Quale sarà dunque [...] del Duemila? «A me -sostiene Piano -interessa [...] insieme: scolpire fortemente il [...] o [...] precedente; an-che rendere [...] complice, partecipe, intrisa [...] del territorio». Alle soglie del nuovo [...] celebra i suoi [...] e [...] di pro-getti con un [...] («Giornale [...] bordo», Passigli editore) che è già di [...] viatico alle nuove forme. Il Novecento, secondo il [...] degenerare la [...] e tutti i valori [...]. I mali sono ini-ziati [...] si sono [...]. [...] anni Settanta [...] stato un arresto delle [...] anni Ottanta è iniziato a riassorbimento dei [...] dalla deindustrializza-zione. La città, dunque, è [...] sanare le proprie ferite? Forse. Ma il cammino appare [...]. Anche [...] della rapidità cerca il suo [...] il lin-guaggio del nostro tempo. Per Renzo Piano le [...] ambiente e tecnologia. Nel primo caso deve [...] verde, scegliere bene i ma-teriali, trovare soluzioni [...] energetico; nel secondo deve adeguarsi [...] (elettroni-ca, telematica, controllo del [...]. [...] è quello di ri-spondere ai [...] bisogni della [...] -alla qualità della vita e [...] lavoro, con la consapevo-lezza che [...] corrisponde tanta parte del disa-gio [...]. Ma Piano demolisce anche uno [...] che assilla [...] «Dob-biamo liberarci della retorica della [...]. In che modo? [...] di ragionare in termini [...] dal [...] trovando nel materiale, nella [...] più [...]. Nella ricerca del giusto [...] del luogo e forma del prodotto (un [...] suo amico Kenneth [...] valo-rizzare soprattutto la «leggerezza», [...] rapporto [...] sia nei termini poetici [...] Italo Calvino, giocando sul ruolo degli elementi immateriali: [...] trasparenze, le vibrazioni, le grane, i colori. In qualche modo il [...] Piano è parso emulare la natura, an-che se [...] di allusio-ni: «Si riconosce qualcosa, come spesso [...] ma non si sa cosa. Ed è [...] ancora il rapporto tra struttura, [...]. [...] di progettualità. Dal 1966 Piano inizia [...] la flessibilità e la facilità di co-struzione [...]. Sono tipici de-gli anni Sessanta [...] lui defini-sce «spazi senza forma», lavori un [...] impossibili. Ap-partengono a quel ciclo la [...] mobile per [...] dello zolfo a Pomezia, il Padiglione per la X IV Triennale di Milano, [...] labora-torio di Genova, il padiglione [...] italiana [...] inter-nazionale di Osaka. E da lì che [...] progetto del Beaubourg (ora in ristrutturazione), una [...] della sacralità museale, il pri-mo esempio di [...] e pieno di percorsi trasparenti. Da lì Renzo Piano [...] suo pro-gramma di riabilitazione e ammo-dernamento delle [...] Laborato-rio di quartiere di Otranto, la ristrut-turazione degli [...] di [...] il progetto per [...]. Negli anni Ottanta ecco [...] per un dialogo tra edifici e natura, [...] parchi: la [...] di Houston, il pa-diglione [...] le stazioni della metropolitana [...] Genova [...] in costruzione, la ristrutturazione del Lingotto di Torino, [...] co-munale San Nicola a Bari, il recupero [...] di Osaka, gli interventi [...] di Pompei e nei Sassi di Matera. [...] realizza il suo nuovo [...] Punta Nave nel ponente genovese, una struttura completamente [...] del cielo e nei riflessi del mare. Piano definisce così il concetto [...] architet-tura sostenibile, una seconda natura che si [...] a quella vera. Si iscrivono a questo [...] Centro culturale [...] a [...] in Nuova [...] lo [...] dedica-to a Padre Pio [...] San Giovanni Roton-do, la ricostruzione della [...] a Berlino, il Centro [...] scienza e la tecnologia ad Am-sterdam, il Museo [...] Fondazione [...]. Se questo è il percorso [...] Piano [...] dove sposterà [...]. Non senza una punta di [...] ambiguità, pare di capire. No, niente di oscuro. [...] frutto del mestiere: il gusto [...] e il rispetto [...]. /// [...] /// [...] frutto del mestiere: il gusto [...] e il rispetto [...]. (0)
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